Chiedo scusa per l’interruzione: io a queste parole di Antonio Gozzi, relatore al prossimo convegno annuale di a/simmetrie, non trovo nulla da obiettare. E voi?
Eventualmente avrei qualcosa da aggiungere: l’ideologia dell’ecologismo ha forti analogie con quella dell’europeismo, e non è quindi un caso che le due vadano a braccetto.
Il concetto di “transizione” ecologica indica un percorso che parte da un luogo noto, la tecnologia presente, per andare verso l’ignoto, verso un luogo che fisicamente non c’è e forse è impossibile (ripetiamolo: non esiste abbastanza rame per cablare un mondo completamente elettrificato…). Se ci fate caso, è esattamente come il percorso “verso l’Europa”, che parte da una cosa nota (gli Stati nazionali) per andare verso una “unione sempre più stretta” (art. 1 del Trattato sull’Unione Europea), senza che sia specificato quando questa unione sarà abbastanza stretta da poter considerare raggiunto l’obiettivo. La transumanza andava dall’Aquila a Foggia: l’Unione Europea, o la transizione ecologica, dove vanno? Non si sa, non si deve sapere, perché così la responsabilità di qualsiasi incidente evitabile o inevitabile lungo il percorso non possa essere attribuita a chi lo ha proposto, ma a voi, che siete e sarete per sempre colpevoli (nel prezzolato resoconto dei media) di non voler abbastanza di una cosa che non funziona!
Ma la stessa identica cosa vale anche per alcune scadenze temporali perentorie, come l’euro nel 1999 o l’auto elettrica nel 2035! Si propone un obiettivo tecnicamente sbagliato (ma si dice “sfidante”) sperando che il mondo si adatti (ma il mondo segue le sue logiche): lo scopo del gioco alla fine è lo stesso, lo svuotamento della classe media per rimpolpare il reddito degli oligarchi tecnocrati. E anche in questo sacrificio umano la responsabilità viene addossata alle vittime, che non hanno saputo raccogliere le sfide della modernità (cioè che hanno seguito l’ovvia razionalità economica anziché il delirio fascista di quattro idiots savants).
Ci vediamo al #goofy14!
Qui lo dico e lo diciamo da anni. Ne parlammo anche al meeting dello scorso anno (se ben ricordo) presso la camera dei Deputati.
RispondiEliminaD'altra parte le balle insostenibili hanno le gambe corte e si smontano da sole..
È chiaro che lo smantellamento dell'UE sia la conditio sine qua non la de-carbonizzazione europea possa essere portata a termine. Ogni Paese deve arrivarci come e quando vuole. Non a passi forzati, dettati da sensibilità, culture e economie diverse. In Francia, la corrente di pensiero ecologista è pervasiva e ha già attecchito nelle istituzioni. In Italia, per fortuna, no! JM Jancovici parla da anni di "pic pétrolier" et di limiti geologici. Non a caso, la Francia si è completamente de-industrializzata e il mercato dell'elettricità è in crisi perché il modello di EDF non è sostenibile. Un altro esempio pratico: l'espansione della rete ferroviaria a alta velocità. I TGV in Francia hanno prezzi folli, se comparati con quelli del Freccia Rossa. L'aver voluto procrastinare l'apertura alla concorrenza rende ora impossibile trovare la quadra dal punto di vista economico e quindi il perseguimento continuo di obiettivi di de-carbonizzazione francamente troppo stringenti. Costa meno prendere l'aereo!!! Quello che non entra nella testa di nessuno è che il problema è uno e trino: l'UE, l'Euro, le regole europee.
RispondiEliminaQuel che è peggio è che perseguiamo un green che rincorre la Cina e ci fa dipendere da essa sempre di più. Eppure se continuiamo con la politica estera come abbiamo fatto con l'Ucraina la Cina sarà la prossima Russia per la questione Taiwan.
RispondiElimina***lo svuotamento della classe media per rimpolpare il reddito degli oligarchi tecnocrati. E anche in questo sacrificio umano la responsabilità viene addossata alle vittime***
RispondiEliminaEffettivamente. Trasformare i PROPRI ( schifosi) interessi in "religione" è un trucco geniale e vecchio di almeno un paio di millenni, ma il vero asso nella manica è venuto con l' altra genialata di " privatizzare" e "monopolizzare " la fabbricazione della moneta.
Perché si ,il "gregge" è effettivamente coglione da sempre, ma se al "pastore" gli dai pure il diritto esclusivo di gestire "l' erba del pascolo " come può dopo ribellarsi ?
Ormai non c' è più dubbio che saremo "macellati" TUTTI compresi i "pezzi piccoli " che si beano della cosa.
Come si fa a dissentire, ha detto l'ovvio.
RispondiEliminaL'unica cosa che mi sento di dire è che Gozzi fa probabilmente parte di quella schiera di persone e associazioni, a partire da Confindustria, che applaudivano a scena aperta quando venne annunciato il Green Deal, con tutti i soldi che sarebbero arrivati.
Adesso tutti, a partire da LVI, fanno autocritica.
Bene, ma di quelle persone non ci si può piu fidare.
Considerazione interessante, solo bisognerebbe vedere se l'autore dell'articolo abbia fatto, effettivamente, parte della schiera che lei ben descrive.
EliminaIn ogni caso, il suo monito finale è assolutamente da tenere bene a mente.
Studiando la storia è affascinante come i metodi del progetto europeo siano "regrediti" invece di progredire. Mi spiego.
RispondiEliminaI trattati di Roma del 1958 mettevano nero su bianco una visione per il futuro: descrivevano in maniera abbastanza precisa "dove" andare, "cosa" fare, senza imporre scadenze temporali ma avendo cura di delineare una chiara direzione di marcia. Si può pensare tutto il male che si vuole delle istituzioni europee, ma è notevole come questo metodo abbia portato i Paesi membri da Roma (1958) a Maastricht (1993) nel giro di soli 35 anni.
Per avere un confronto: da Maastricht (1993) ad oggi (2025) sono passati 32 anni, quasi lo stesso lasso di tempo, durante il quale l'unico obiettivo veramente messo a segno è stata l'implementazione dell'euro, e solo perché era stato progettato come parte del trattato di Maastricht. Esisteva soltanto una vaga idea di realizzare una unione, un qualcosa di fumoso, espresso forse dalla fallita Costituzione Europea del 2005. Era un'idea confusa, evanescente, certo, ma che ha avuto a lungo una fortissima presa sull'immaginario collettivo.
Nel mio piccolo, immagino che iniziative come l'ecologismo abbiano come obiettivo, oltre al solito impoverimento della classe media, anche il tentativo di darsi una direzione, un collante ideologico, un cavallo di battaglia politico, uno slogan da cavalcare, un "qualcosa da fare" per giustificare e animare un progetto europeo ormai svuotato di scopo.
L'unica obiezione che mi viene è a queste specifiche parole di Antonio Gozzi: "Bisogna cambiare rotta rapidamente senza negare l’obiettivo di decarbonizzare la nostra economia": ma perché non dovremmo negare un obiettivo la cui ragionevolezza non è mai stata dimostrata in modo serio? La "lotta al cambiamento climatico" dovrebbe essere vista come equivalente alla "lotta agli anelli di Saturno": una totale scemenza.
RispondiEliminaStesso mio pensiero. Con tanti agenti inquinanti in giro, prendersela con l'anidride carbonica è folle. Ma la fede, giustamente, deve essere folle, credo quia absurdum.
EliminaPerchè l'obiettivo cmq è nobile e fino a che bisogna decarbonizzare servono incentivi e sussidi che sono piovuti a pioggia in questi anni, anche a Gozzi, tutti finanziati dai poracci da 1200 euro al mese.
EliminaNon farei quell'obiezione, visto che da linfa alla contro-obiezione di chi difende il Green Deal a tutti i costi: la difesa dell'ambiente a tutti i costi.
EliminaCerto, sappiamo tutti che un valore universale come salvaguardare la salute del pianeta è affare complesso, ma la narrazione piddini & co vuole identificare a tutti i costi la difesa dell'ambiente nella loro lotta alla riduzione delle emissioni e piaccia o no il concetto è in buona parte passato.
Quindi Gozzi fa bene a far leva sul fatto che l'obiettivo "meno CO2" è fallito.
Se vi riferite all'intervento di Gozzi qui, penso sia pragmatismo. La propaganda green è soverchiante e genera il paradigma "meno CO2", è inutile combattere il problema conviene quindi salvare l'industria o almeno provarci.
EliminaMa in quell'intervento però descrive anche del suo incontro col braccio (corto) destro della Vestager: chejefregaaloro delle nostre industrie? Vivono nel terziario avanzato!
Questo è il punto dello statone unicone per quanto riguarda l'Europa, economie diverse per forza cozzeranno tra loro, in particolare se si mette al comando persone che non hanno la sensibilità di ciò che accade nel resto dello statone unicone (e una ignoranza prossima all'infinito, a quanto pare).
Io mi domando sempre dal livello comunale al palazzo della commissione: questi oligarchi tecnocrati non dovrebbero essere controllati dai politici eletti ? Questi ultimi non sono lì (anche) per questo ?
RispondiEliminaPer fare una battuta da neo-classico: l'homo oeconomicus ha fatto anche cose buone! (Nel caso specifico, velocizzare la sperabile marcia indietro sul green deal rifiutandosi di comprare le auto elettriche) :-)
RispondiEliminaHo letto e mandato a miei contatti.
RispondiEliminaArticolo con dati fattuali, evidenze e ben scritto.
Sarà un piacere ascoltare l'autore nel suo intervento al Goofy14.
Spero il Goofy sia trasmesso live così da dare modo a chi è all'estero di ascoltare in diretta.
solo che non si capisce (o forse si capisce amaramente) per quale motivo da più parti arriva il:"ooops, mi sa che ci siamo sbagliati" (e comunque sempre espresso nel modo più impersonale possibile) ma continuano a rilanciare come il disperato senza alcun punto in mano fa all in.
RispondiElimina"calciare il barattolo" (o "alzare l'asticella", variante qualitativa) è una strategia che convince gli italiani dai tempi dell'AIRC, (ma che è anche alla base dell'"antisemitismo" post bellico), che i napoletani sintetizzano con l'espressione molto più pregnante "chiagne e fotte". La matrice semantica sottesa, a ben vedere, è molto diffusa, soprattutto per ingannare i gonzi (Trump e Musk sono due tra i massimi esponenti contemporanei, ad esempio), ed anche i politici italiani ne abusano in molte occasioni, o ne sono vittime in quanto "boccaloni". Non è una critica ma un modus operandi, generato dalla innata bravura dell'essere umano di saper mentire: più sei convincente (o potente) nel raccontare panzane, e più il barattolo o l'asticella si muoveranno, fott*ndo il prossimo nel frattempo. A proposito, l'-ismo autunno-inverno 2025 è l'antiputinismo
RispondiEliminaA cosa gli serve la transizione ecologica, peraltro sfuggita di mano, se possono stroncarci con la guerra?
RispondiEliminaQuelle categorie di persone che oggi possiamo definire (in modo altamente impreciso e generalizzante) di "sinistra" (che di sinistra non sono ma si raccontano di esserlo perché "sinistra" = buoni) sono un blocco che personalmente non riesco ad affrontare.
RispondiEliminaAnche con persone di cui si è intimi.
Non so come abbiano fatto a costruir loro un blocco di cemento indurito nella testa che rifiuta qualsiasi dubbio o ragionamento logico.
Attenzione, io non sto parlando di "convertire" o far loro pensare "come me", semplicemente parlarne, allenare l'elasticità di punti di vista diversi e narrazioni diverse.
Io non ci riesco ed è frustrante.
Forse per limiti miei mi sfugge la natura di questo cemento, non so come aggirarlo e mi accorgo che è la causa principale del buco in cui siamo caduti.
Lo stesso meccanismo che si applica a chi perde il lavoro e fatica a trovarne un altro facendolo sentire in colpa perché poco "flessibile".
RispondiEliminaFacciamo un piccolo e banale conticino sul fotovoltaico italiano, paese particolarmente fortunato in termini di insolazione abbiamo, nel 2024 una potenza installata totale di 37.002 MW che hanno prodotto 35.993 GWh lordi di energia. Rapportando energia e potenza abbiamo circa 972 ore medie annue di produzione. Dividendo tale valore per 365 giorni abbiamo 2,66 ore giornaliere di produzione media.
RispondiEliminaOra anche ammesso e non concesso che il sole sia gratuito e ciò non è, chiedo come si possa fare affidamento su una fonte così discontinua anche tenendo conto che tale fonte, per ora non è immagazzinabile e quindi anche portando le ore giornaliere a 18, (esempio) ovvero sestuplicando gli impianti (per assurdo) con costi pazzeschi, rispetto a qualsivoglia impianto alternativo, non sapremmo come stoccare ed utilizzare i surplus per coprire la richiesta di energia elettrica.
Quindi ci prendono perculo da decenni su questi temi e tanti si bevono da decenni questa presa perculo.
Senza contare che se l'energia è prodotta in 100 grandi centrali è un conto e la rete va costruita in un certo modo.
EliminaSe invece la si produce in 10.000.000 di impianti piccoli è tutta un'altra storia e costruire una rete adeguata è una sfida quasi impossibile e mancano proprio i materiali per farlo.
Si deve anche ricordare che l'energia elettrica è solo una frazione delle necessità energetiche italiane, intorno al 20% del totale se non ricordo male. Se anche si trovasse il modo di produrre tutta l'elettricità da fonti rinnovabili si sarebbe risolta solo una parte minoritaria del problema. Sempre ammesso che sia un problema.
EliminaGrazie dei contributi. Sui consumi di EE sul totale nazionale, salvare la tabella qui allegata dove risulta un consumo di 23.959 KTEP (1 TEP corrisponde a circa 5, 347 KWH) su un totale di 107-666 KTEP ovvero il 22,25% del totale(dati MASE 2023).
EliminaCondivido l’analisi sulla fragilità industriale europea, ma credo che il bersaglio non sia tanto il Green Deal in sé, quanto la stagnazione strutturale dell’Europa e i limiti fisici che condizionano qualsiasi politica industriale o ambientale.
RispondiEliminaL’Europa vive da anni una decrescita energetica subita: la disponibilità totale di energia primaria cala lentamente ma inesorabilmente da circa il 2007. Gran parte del mix europeo dipende ancora oggi al 75% dalle energie fossili:
Gas del Mare del Nord: picco di produzione nel 2005, in declino da allora.
Carbone: produzione europea chiusa da decenni, con forte dipendenza dalle importazioni.
Petrolio convenzionale: picco mondiale nel 2008, in calo da allora (escluso shale oil).
Questo significa che l’Europa non può più semplicemente “continuare a fare come prima”: la transizione ecologica non è solo una scelta tecnica, ma una necessità imposta dai vincoli fisici e dalla scarsità di energia accessibile. Ovviamente, essa ha anche una componente legata alla geopolitica e alla sicurezza energetica.
Il problema reale non è che l’UE abbia deciso di decarbonizzare (come è detto esplicitamente nell’articolo), ma che questa transizione si sta facendo senza crescita industriale, senza innovazione sufficiente e senza sicurezza delle filiere strategiche. Al contrario di Cina o USA, l’Europa rischia di limitare la propria produzione e competitività, perché non ha ancora costruito infrastrutture, capacità produttiva e investimenti coerenti con i limiti energetici.
Finché l’Europa non ripenserà come produce, come utilizza l’energia e come innova, qualsiasi obiettivo — euro, Green Deal o industria digitale — rischia di restare una promessa vuota, generando frustrazione sociale e indebolendo le filiere strategiche.
La questione non è la transizione ecologica in sé, ma il fatto che debba diventare realisticamente industriale, non solo ideologica.
La Cina invece ha costruito un sistema coerente con i limiti energetici, nel senso che se ne frega e inquina come non ci fosse un domani. Idem l'India e tutto il resto del mondo. Pure gli USA ormai non sono tanto distanti da questa idea (salvo che in California dove sono ossessionati ed infatti stanno perdendo cittadini e imprese a ritmo devastante). C'è poco da fare: solo in Europa facciamo certi discorsi (non capendo che sono fatti per consentire a chi aveva investito miliardi di dollari nel green a livello planetario di rientrare di una parte delle perdite). In pratica i cittadini europei sono i gonzi ai quali Wall Street ha scelto di far pagare il flop planetario della transizione green. E ha scelto noi perché sa che i politici UE sono sempre pronti a far favori alla grande finanza ammantando il tutto di grandi e progressivi ideali.
EliminaSe parli del Mare del Nord e del carbone significa che stai pensando ai problemi energetici di scandinavi e tedeschi come se fossero i tuoi.
EliminaUno dei miracoli della UE è quello di imporre gli interessi e la visione di un gruppo di paesi forti ma in declino su altri paesi che non c'entrano nulla.
L'Italia ha tutto quello che le serve tra Libia, Chad, Algeria, Russia ed Egitto ma sceglie di affondare assieme agli anseatici legandosi con un cappio al collo a loro.
Capisco le osservazioni, ma credo che vadano precisati alcuni punti.
EliminaÈ vero che Cina e India hanno ancora un mix energetico fortemente fossile, ma al tempo stesso stanno investendo più di chiunque altro nelle tecnologie del futuro: la Cina nel 2023 ha installato più capacità fotovoltaica dell’intera Unione Europea messa insieme, e sta espandendo il nucleare a una velocità che in Europa non si vede da decenni. Negli Stati Uniti l’Inflation Reduction Act ha messo in campo centinaia di miliardi per rinnovabili, batterie e idrogeno: quindi non è affatto vero che “solo l’Europa fa certi discorsi”.
In realtà la partita è geopolitica: chi controlla le filiere delle nuove tecnologie energetiche controllerà l’industria del XXI secolo. Se restiamo fermi, saremo semplicemente relegati al ruolo di consumatori delle tecnologie altrui.
Quanto all’Italia, non possiamo illuderci di avere un destino energetico separato. Importiamo oltre il 75% dell’energia primaria e i nostri fornitori, dalla Libia all’Algeria, operano in contesti fragili e instabili. La Russia, che fino a ieri era un partner fondamentale, è di fatto esclusa dal quadro europeo. In più il mercato energetico è globale: lo abbiamo visto nel 2022, quando il prezzo del gas è esploso indipendentemente dai contratti bilaterali. Parlare di “interessi dei tedeschi o degli scandinavi” come se fossero cosa diversa dalle nostre bollette è un’illusione.
La vera questione non è se l’Europa abbia fatto bene o male a fissare certi obiettivi, ma come affrontare la sfida dei limiti fisici ed energetici senza condannarci all’irrilevanza industriale. Qui sta la differenza tra subire la decrescita energetica, come già succede in Europa dal 2007, o governarla con politiche che permettano innovazione e competitività. In questo senso, la transizione non è solo un fatto tecnico o ambientale, ma anche geopolitico: chi rimane indietro oggi sarà domani dipendente dagli altri per la propria sopravvivenza economica
Segnalo: Pelletier, Philippe. Clima, capitalismo verde e catastrofismo. Tradotto da Carlo Milani, Elèuthera, 2021.
RispondiElimina(Attualmente disponibile anche online in PDF libero.)
Santo cielo!
RispondiEliminaOddio oddio, che gran pia invocazione.
Santo cielo, ha appena proferito Augias a La7.
Lo so che è colpa mia, ma la televisione era stata accesa su questa rete di m. non da me, e io ero in tutt'altre faccende impegnato. Ebbene, pur non guardandola, non sapendo, e non volendo sapere nulla su cosa stessero arrovellando la loro esigua materia grigia, non ho potuto fare a meno di ascoltare al volo questa esclamazione elevata così in alto dall'intellettuale del tempo che fu, seguita da una serie di frasi sconclusionate, che si concludevano in un modo del tipo: dobbiamo rimanere legati Alleuropah perché è la nostra unica ancora. Così, andando subito a ritroso nella memoria sonora appena immagazzinata, più o meno l'audio faceva così: siccome nel 900 noi italiani ci siamo coperti di una reputazione vergognosa (bontà sua) allora l'unica salvezza sarebbe (appunto la frase udita meglio) stringerci Alleuropah nostra unica speranza.
Veramente difficile tenere insieme tutto ciò. Saremmo dunque un popolo di m. , cosa non sorprendente da sentir proferire dai traditori della patria, e dunque … Ma dunque cosa? Boh, forse: dunque dovremmo diluirci in cotanta altra alta moralità estera, che sarebbe poi quella dei tedeschi.
L'unico modo di avere ancora una qualche vera residua speranza sulla tenuta mentale di questo vecchio frequentatore della televisione, è che parli così perché lo pagano bene. E allora deve essere: perché lo pagano molto molto bene! Altrimenti, se s'esprime così liberamente, è evidente che oramai è accompagnato da un processo di fin troppo rapido affievolimento delle sue antiche, supposte, facoltà. Chissà se in precedenza non si sia fatto mancare qualche altra considerazione anche sul riscaldamento climatico globalle. Peccato!, me lo sarò perso.
I cambiamenti climatici ci sono sempre stati,la Groenlandia 1000 anni fa era la "terra verde".La vera necessità per il Nostro Paese,è una minore dipendenza sia per le materie prime sia per le tecnologie riguardo all'energia quindi meno gas e petrolio dall' estero e meno fotovoltaico cinese.Noi abbiamo una possibilità la geotermia .
RispondiElimina"L’Italia ha un potenziale di energia geotermica estraibile e sfruttabile che si stima valga tra i 500 milioni e i 10 miliardi di tonnellate di petrolio equivalente ...tra i 5.800 e i 116mila terawattora di energia, a fronte di un fabbisogno annuo di poco superiore ai 300 terawattora" Fonte https://www.enelgreenpower.com/it/learning-hub/energie-rinnovabili/energia-geotermica/italia .La geotermia è la fonte energetica dal costo minore a fronte di tutte le altre .Vedi qui https://it.wikipedia.org/wiki/Costo_dell%27elettricit%C3%A0_per_fonte.Con grandi quantità di elettricità a basso costo è possibile produrre grandi quantità di idrogeno che può essere usato per l' autotrazione grazie alla tecnologia messa a punto dalla Westport fuel systems.Vedi qui https://hydronews.it/lidrogeno-e-gia-un-business-concreto-per-westport-fuel-systems/.l' idrogeno può essere trasportato senza pericolo di esplosione o incendio immagazzinandolo in un vettore liquido -organico(loch) Vedi qui :https://www.tuv.com/landingpage/it/hydrogen-technology/main-navigation/storage/#:~:text=LOHC%20%2D%20Trasporto%20di%20idrogeno%20organico,sostanza%20veicolante%20per%20l'idrogeno.
Avete (dico per dire) rifiutato il cristianesimo inducendo le masse belanti all'ateismo? Ebbene otterrete masse che si danno alle religioni più assurde e lontane dalle realtà, come ad esempio il green e leuropa. Queste sono religioni a tutti gli effetti, non ideologie, e prevedono pure sacrifici umani per ingraziarsi la divinità. Per precisare, il cristianesimo cattolico non è una religione, ne è anzi l'opposto.
RispondiEliminaCommento arguto; al netto dell'intento provocatorio sulla religione cattolica; la quale altro non è che, né più né meno, una religione, appunto, come tutte le altre; se piace l'articolo!
EliminaSalve prof... un successone alle elezioni... e siamo solo alle prime. Ma certamente sarà colpa di noi elettori storici della lega che non abbiamo capito. o forse che il candidato non era all'altezza. Ma passare dal 22.5 al 4.5... aspetto poi le prossime...Saluti e a presto!!! ( vedi mai sia colpa che il leader non sia più adeguato?)
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