lunedì 25 aprile 2016

La gatta presciolosa fece il 25 aprile


83 commenti:

  1. àncora e ancòra ..

    Così è se vi pare

    Tiremm innanz!!

    ps: grazie Alberto

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  2. Nello stesso giorno in cui tal Marco Seminerio osserva con timore l'orizzonte oltre la Manica per affermare che "non si deve sottolineare la pulsione alla rottura prodotta in elettorati spaventati e stressati dagli effetti di immigrazione e più in generale della globalizzazione", spingendosi a concludere, atterrito, che "in un mondo interconnesso, il concetto di sovranità rischia di rivelarsi illusorio o più propriamente uno specchietto elettorale per allodole" - non sia mai che la sovranità appartenga al popolo e ai suoi umori, essendo invece preferibile che sia trasferita ai Draghi e ai loro fumi -, sullo stesso giornale (il Fatto, n.d.r.) il prof. Giovanni De Luna, storico della Resistenza dell'Università di Torino, rilegge da par suo la ricorrenza del 25 aprile per ricordare come "l'Europa del 25 aprile non è quella tecnocratica, efficientista, degli economisti e delle banche, ma è una democrazia di valori, antifascista e militante". La militanza (sotto qualsiasi bandiera: in questo risiede, dal mio punto di vista, la sola pacificazione possibile) è partecipazione, presenza nella vita politica di un paese: alimenta il dibattito, costringe all'impegno, impone a ciascuno di mettersi in gioco nella convinzione che, solo attraverso tale forma di assunzione personale di responsabilità, si possano servire gli interessi di tutti. E' il mezzo attraverso il quale il popolo si fa sovrano. E' la sfida che ti dice che non ti puoi sottrarre, che non puoi accettare che altri scelgano al tuo posto. E' la voce che ti sussurra che, anche quando "tutti i paradigmi ideologici sono crollati e si vive una condizione di solitudine simile a quella dei combattenti di allora" (sono sempre le parole del prof. De Luna), si può ancora scegliere. Buon 25 aprile a chi ha scelto di non arrendersi alle 'narrazioni' sulla fine della storia e sulle 'magnifiche sorti e progressive' dell'Euro e di un'Europa costruita a sua immagine e somiglianza.

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    1. Segnalo al prof. de Luna che "i combattenti di allora" non erano mica tanto soli. Li accompagnavano le armate angloamericane, che si sono trovate tanto bene in questo Posto da fermarsi qui.

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    2. I portatori di democrazia nel mondo vanno a fare i portatori e rimangono come conquistatori. Sono d'accordo con De Luna............in attesa del TTIP che ci farà ancora più liberi di scegliere tra schiavitù o morire di fame(ma liberi),grazie ad una casta di politici che da 30 anni ci sta continuando a vendere per qualche $$$ in più.

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    3. Ma magari fosse degli economisti (nell'esercizio delle proprie funzioni)

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    4. Il forte si mesce col vinto nemico,
      Col novo signore rimane l'antico
      L'un popolo e l'altro sul collo vi sta.

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    5. Beh e' vero che arrivavano gli americani, pero' ci vuol sempre fegato ad imbracciare un fucile contro un esercito come quello tedesco - pure incattivito dall'imminente disfatta.

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    6. @ a perfect world

      Certo che ci vuole fegato. Ci vuole fegato sempre, per combattere; e infatti, andrebbe SEMPRE reso onore a chi si batte, per il SOLO fatto che si batte.
      Però, se la mettiamo sul piano del fegato, secondo te ci vuole più fegato per combattere sapendo che si vincerà o ci vuole più fegato per combattere sapendo che si perderà?
      E allora perchè non rendere onore agli italiani che combatterono sapendo di perdere? Onore, dico: non approvazione, consenso, compassione ("i ragazzi di Salò", pietà abietta di militesenti), tifo, pensioni, foto ricordo, etc.

      "Rendere onore" vorrebbe dire, nella fattispecie, due cose elementari che però non si possono fare (e il perchè non si possono fare è un perchè tra i più interessanti). Sono:
      1) riconoscere che sono fratelli italiani, non meno italiani dei partigiani che li combattevano
      2) seppellirli dignitosamente, ricordandoli con una lapide decorosa, e parlandone in pubblico senza diffamarli (poi in privato uno dice quello che gli pare e gli dettano le memorie sue o dei suoi parenti e amici).

      Sembra poco, ma a quanto pare è così troppo che a distanza di 70 (settanta) anni dalla guerra civile, queste due elementari misure di pietà religiosa, umana e patriottica sono impossibili, nella nostra bella Italia, questa amatissima troia...
      Tant'è vero che per evitare equivoci e sprechi di tempo mi tocca aggiungere che NON sono mai stato fascista, NON penso che i combattenti della RSI abbiano fatto la scelta politicamente giusta, e che do un giudizio negativo del fascismo nel suo complesso.

      Cristo! Verrà pure il giorno in cui ci assumeremo la responsabilità di TUTTA la storia italiana, con il suo bene e il suo male, i suoi errori e le sue cose giuste, le sue sconfitte e le sue vittorie!
      Quando Napoleone fu incoronato imperatore disse che si assumeva la responsabilità di TUTTA la storia di Francia da Clodoveo in poi.

      Putin ha ridato la bandiera rossa con la stella sovietica alle FFAA, e gli ha ridato il nome di "Armata Rossa", perchè " “La bandiera rossa è stata innalzata a Berlino (…) se accettiamo di non poter usare i simboli di epoche precedenti, inclusa quella sovietica, allora vuol dire che i nostri padri e madri sono vissuti inutilmente, la loro esistenza è stata priva di senso, son vissuti invano”.
      E contemporaneamente ha fatto erigere una statua alta quattro metri dell'ammiraglio Kolchak all'Accademia Navale di S. Pietroburgo. Kolchak fu il comandante in capo dell'Armata Bianca zarista nella terribile guerra civile russa, in confronto alla quale la nostra ultima fu uno scherzetto goliardico un po' pesante. Neanche dei Bianchi si deve dire che "sono vissuti invano", perchè anche loro furono compatrioti russi, fratelli dei Rossi che furono loro nemici.
      E' così che si riconosce,così che si fa una patria, ragazzi. E quel che succede a non riconoscerla, a non farla, adesso cominciamo a vederlo, a patirlo tutti: succede che si vive invano.

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    7. Chi è costretto a combattere finisce sempre per portare rispetto verso il nemico. E' chi non ha mai combattuto che di solito non conosce il rispetto e parla solo con odio.

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    8. Sig Buffagni il suo commento mi ha commosso. Grazie

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    9. @Roberto Buffagni

      CIRANO: Mi sta guardando... Mi pare proprio che mi guardi, che si permetta di fissarmi il naso - lei che sul teschio camuso non ha naso... (si mette in guardia) Che dite? Che è inutile resisterle?...
      Lo so. Ma non si combatte solo per vincere. No, è assai più bello quando è inutile!...
      Vi vedo. Quanti siete? Mille? - Vi riconosco, ci siete tutti... tutti i miei vecchi nemici!
      La Menzogna? (Tira colpi di spada nel vuoto). Tieni! Prendi! Ah ah! Il Compromesso, il Pregiudizio, la Viltà... (Duella). Volete che venga a patti? Mai!... Ah, eccoti anche te, la Stupidità!... Lo so che alla fine l'avrete vinta voi, ma non m'importa: io mi batto! mi batto! mi batto!
      (Fa ruotare vorticosamente la spada e si ferma affannando).
      Sì, m'avete preso tutto: l'alloro e la rosa. Prendete! Prendete!... Ma c'è qualcosa che porto con me, nonostante voi, qualcosa con cui stasera saluterò l'azzurra soglia del cielo nel presentarmi a Dio, qualcosa che non ha piega né macchia...
      (si lancia con la spada levata verso il vuoto) qualcosa che...
      (La spada gli scivola dalle mani, barcolla, cade nelle braccia di Le Bret e Ragueneau).
      ROSSANA (chinandosi e baciandolo): Che cosa?
      CIRANO (riaprendo gli occhi e sorridendo): Qualcosa... qualcosa che...
      (Muore).

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    10. @ Enrico Dandolo
      La ringrazio, mi fa molto piacere del consenso.

      @Citodacal
      Al tempo di Cyrano (del personaggio, non del dramma) si diceva: "L'anima per Dio, la vita per il re, l'onore per me."

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    11. @ Roberto Buffagni
      La sua bellissima risposta mi suggerisce un'ulteriore considerazione riguardo al coraggio. E' possibile paragonare il coraggio del soldato intruppato in un sistema - che lo sostiene nonche' obbliga con la forza (ti sparavano se scappavi) a combattere, con quello dei cani sciolti o quasi che e' l'immagine che ho dei partigiani? Non voglio - e non ne ho le competenze - per giudicare alcunche', ma mi sembra possibile fare un parallelo con i tanti, odierni combattenti pro-euro. Possiamo dividere i combattenti in mainstream vs. controcorrente? Davvero i partigiani sapevano che si stava per vincere? Immagino la complessita' dello scenario, fra chi ingenuamente e generosamente lottava per la propria terra, e chi aveva gia' capito (da posizioni ereditariamente elevate) che il vento stava girando e voleva solo sedersi sulle nuove, liberate poltrone!

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    12. La cosa più difficile in assoluto è essere coraggiosi da soli.
      C'è la solitudine esteriore: intorno a te, non ci sono compagni. C'è la solitudine interiore: nessuno pensa a te con affetto e solidarietà; oppure, nessuno saprà mai di te, del tuo sforzo, del tuo sacrificio. C'è anche la solitudine per così dire storica: quundo sai che tu e chi ti sta accanto perderete, e sai anche che la vittoria ha molti padri, congiunti e amici, la sconfitta è orfana e sola come un cane o un lebbroso.
      Parlando in generale, certo che i partigiani sapevano che avrebbero vinto. Sul finire del 1943, non ci voleva la palla di cristallo per capire che per l'Asse, era questione di COME e quando avrebbe perso la guerra. Una cosa che i partigiani NON potevano sapere era come sarebbe andata per loro: se sarebbero sopravvissuti; se le loro speranze si sarebbero realizzate (e ne nutrivano di molto, molto diverse e tra loro incompatibili). Per unirsi alle bande partigiane, ci voleva certo un sovrappiù di coraggio, come sempre ci vuole per opporsi alle autorità costituite prendendo l'iniziativa, mettendosi contro la legge, rischiando una fine infamante e atroce se catturati.
      Quindi, onore a chi prese le armi nella Resistenza. Non era la scelta più comoda, non era la scelta più facile o più furba. Penso che a sostenere quella scelta ci fossero due motivazioni, molto forti entrambe: la persuasione di essere nel giusto, e la persuasione di combattere dalla parte vincente. Quale delle due fosse la più forte nell'animo di ognuno, solo Dio sa.

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    13. Gentile Roberto, perche' ho la sensazione che per l'uomo moderno sia piu' difficile persino identificare cosa sia giusto o sbagliato? E' possibile che l'era delle mirabolanti scoperte scientifiche - quel valzer di Strauss nell'Odissea di Kubrick - sia anche la piu' conformista mai apparsa sulla Terra? Dove praticamente tutti gli "anticonformismi" sono piu' mainstream che mai?

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    14. Gentile Amico,
      la domanda è molto bella,la risposta difficile in proporzione. Forse, perchè l'enorme progresso materiale è stato pagato cash con un enorme regresso spirituale...

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    15. Anche perché sia il valzer citato, che il comportamento di HAL 9000, pongono molti più quesiti metafisici che scientifici.

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  3. Dopo i liberatori Usa e gli invasori tedeschi, oggi (beh è riduttivo dire oggi, ma è solo per certificare una realtà oggi particolarmente rilevante) ce li ritroviamo entrambi dalla stessa parte. Dobbiamo sperare che vinca lo squalo Usa e che vincano ancora i fascisti in Uem!
    Ma che paradosso la vita!

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  4. Ah, questi aggettivi da #branacademy! Ma "prescia" è zenese, Profe?

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    1. @roberto b.

      Mi inserisco per un saluto e intanto confermo che è "zeneIse", come anche "sprescia".

      Non so dire se in zone diverse del centro e/o delle cosiddette "delegazioni" - quando ero piccola si chiamavano così i municipi periferici (Sampierdarena, Bolzaneto, Pegli etc. etc., che nel 1929 furono denominati complessivamente "la Grande Genova") e in quali zone prevalga una delle due forme e quale.

      Certamente lo sa Bampi, cultore del genovese che credo insegni - e ne sapeva Tonino Canepa, abitante nella delegazione di Pontedecimo (nord-ovest) vincitore di alcuni premi di poesia in dialetto, che mi piace ricordare qui come persona garbata e con senso dell'umorismo.

      Una piccola curiosità su Voltri, la delegazione più occidentale del Comune rispetto al centro: è davvero, topograficamente, come una piccola Genova, con due torrenti a farle da confine a ovest e a est, come per Genova e parte della periferia sono il Polcevera (zona delle fabbriche alla sua foce, quando c'erano) e il Bisagno, ben noto, quest'ultimo, per disastri vari.

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    2. Io che frequentavo P.za Piccapietra ho un dubbio : si dice zenelse o zenese ??

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    3. Non è proprio una "z", tant'è che la rendono con una x: "xenese", che si pronuncia come la "x" in mandarino. La seconda "e" è stretta come nel romagnolo-alto "sei o "Cervia" (vedi la pronuncia di Cino Ricci) e si allunga stringendosi quasi in una "i". Per renderla adeguatamente ci vorrebbe il sistema di accenti del pinyin

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    4. Ha ragione, per il suono consonantico della prima e dell'ultima sillaba, @Il velo di Maya.

      Ho trascritto malamente,
      fuorviata alla scritta
      "Zena" vista talvolta per i
      nome della città in
      dialetto sulle magliette-ricordo.
      Corrisponde, il suono,
      alla"s" di "casa" nella
      dizione italo-
      settentrionale, cioè con la
      "s" sonora o dolce (la
      dizione centro-
      meridionale è, invece, "s"
      sorda come nell'italiano
      "sapone", "sugo",
      "sigaro", "segno"...e non
      scrivo "sogno" solo per
      onorare il metalinguaggio
      fortemente e felicemente
      allusivo e interno al blog,
      in cui la parola diventa "fogno" o forse "Fogno" - e lasciamo perdere il
      falso femminile corrispondente...)

      La trascrizione
      convenzionale anche
      nella poesia in dialetto è
      proprio "x", con
      l'avvertenza di @Maya.
      Così è trascritto il
      cognome del promotore
      dell'eccidio di Bronte,
      Nino Bixio, in realtà di
      suono approssimato "sg", ma già diverso dal nome
      della città, il quale non da
      "ianua" (lat.porta) come secondo gli invasori
      Romani antichi deriva, ma dal
      greco antico "xenos" -
      pronuncia col suono della
      vera "x" diventato poi "s"
      di "casa" alla settentrionale.
      L'etimo è dato dal medievista Roberto
      Sabatino Lopez in quello
      che credo sia stato il suo primo lavoro,
      ampliamento della tesi di
      laurea, lavoro che sembra già quello di uno storico maturo, incentrato sull'imprenditore genovese Benedetto
      Zaccaria ("z" di zanzara),
      il cui titolo preciso non
      ricordo.

      Anche il nome del drammaturgo tardo-ottocentesco Remigio Zena - e chissà come lo chiamavano "veramente" - deve avermi influenzata.

      Grazie a tutti per la sopportazione - quando mi ci metto divento una vera rompi, "r" come "rompi", appunto :-)

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    5. Aggiungo che, nel greco antico, "xenos" era siz "straniero" sia "ospite" e che tal nome ben si adatta a un porto di mare - precisazione dimenticata al momento della pur lunga nota precedente, causa il persistente imbrano (da "imbranata") a scrivere con lo smart.

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  5. Visto che oggi Nat è assente tocca a me
    ORA E SEMPRE RESISTENZA
    Lo avrai
    camerata Kesselring
    il monumento che pretendi da noi italiani
    ma con che pietra si costruira’
    a deciderlo tocca a noi
    non coi sassi affumicati
    dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
    non colla terra dei cimiteri
    dove i nostri compagni giovinetti
    riposano in serenita’
    non colla neve inviolata delle montagne
    che per due inverni ti sfidarono
    non colla primavera di queste valli
    che ti videro fuggire
    ma col silenzio dei torturati
    piu’ duro d’ogni macigno
    soltanto con la roccia di questo patto
    giurato fra uomini liberi
    che volontari si adunarono
    per dignita’ non per odio
    decisi a riscattare
    la vergogna e il terrore del mondo
    su queste strade se vorrai tornare
    ai nostri posti ci ritroverai
    morti e vivi collo stesso impegno
    popolo serrato intorno al monumento
    che si chiama
    ora e sempre
    resistenza

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    1. Grazie per ricordare questo testo di Calamandrei. Un compagno giovane avvocato nella vecchia sezione del P.C.I. di Colleferro amava declinarla e commentarla. Nel suo ricordo sempre e solo RESISTENZA.

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    2. Alle frasi significative aggiungo la seguente, stampata su un manifesto esposto alla mostra curata da una sezione dell'Anpi con tema "Dalla Resistenza alla Costituzione":

      Battetevi sempre per la libertà, per la pace, per la giustizia sociale.
      La libertà senza la giustizia sociale non è che una conquista fragile, che si risolve per molti nella libertà di morire di fame".(Sandro Pertini).

      La signora dell'Anpi addetta alla mostra non ha saputo indicarmi data e circostanza della frase, ma dice che dovrebbe trovarsi in un discorso di Pertini Presidente dell Repubblica.
      Non ho ancora cercato in "Google" (abbiate pazienza ma, dato l'argomento, non mi sento di scrivere "googlare"); se qualcuno ha notizie più precise, per favore scriva.

      Buona serata a tutti.

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  6. Cmq la vignetta l'ho capita in quarta lettura, bellissima

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    1. Ho presentato i vostri complimenti a Bowie perché la vignetta in effetti è molto riuscita. L'allitterazione "partigiano-precipitoso" funziona letterariamente, e il messaggio (mai abbassare la guardia) dovremmo tatuarcelo tutti sull'avambraccio (o altro luogo ben visibile). Ma d'altra parte non dipende solo da noi...

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    2. I tatuaggi sull'avambraccio lasciamoli perdere, quelli appartengono a un'altra "civiltà", non alla nostra.

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    3. No, Porter, quelli purtroppo appartengono anche e soprattutto alla nostra civiltà: il 25 aprile serve a ricordarci anche questo. Non furono i tedeschi in quanto tali e non furono solo loro a rendersi protagonisti del progetto di eliminazione. Lo fu l'intera cultura liberale (non solo l'idealismo, come qualche riduzionista ha provato a far passare), lo fu il pensiero scientifico, lo fu il pensiero giuridico, che hanno animato l'Occidente in quella parentesi storica, che, a mio avviso, va allargata a comprendere già gli inizi del 1900. E’ vero, l'invito del Professore, nella sua plastica durezza, suona come un pugno nello stomaco, ma costringe tutti quanti noi a fare i conti con la nostra storia, una storia che se ci ha resi capaci di marchiare o di lasciar marchiare nostri simili nella convinzione che fosse una cosa normale perché se mai gli anormali (o subumani) erano loro, i marchiati, se ci ha resi capaci alcuni decenni dopo di marchiare i nostri corpi per esporre alla vista altrui le nostre individualità così desiderose di apparire nell'epoca della cultura karaoke, ci deve rendere capaci di sopportare il contrappasso dell'indelebile tatuaggio con impressa la scritta "mai più”.
      Perché, a dispetto di tutte le memorie condivise, o meglio, per effetto di tutte le memorie dimezzate, è successo di nuovo. Non prendiamoci in giro, è successo: insomma, in Grecia i dati sulla natimortalità nel periodo 2010-2013 sono impressionanti e sono stati pubblicati su Lancet, non su Topolino.
      Li abbiamo letti tutti: non li hanno letti solo i tedeschi. E che cosa è successo, dopo? A parte una rovinosa, quanto eutanasicamente nefasta fascinazione, a sinistra, per Tsipras, adulato manco fosse Leonida ed invece rivelatosi al dunque meno attrezzato di un Efialte qualsiasi, quanti hanno mosso un dito per difendere i Greci? Quanti si sono voltati dall’altra parte, borbottando "non mi riguarda" o magari bofonchiando qualcosa tipo “se la sono cercata”? Quanti ancora, persino, si sono comportati da perfetti kapo’?
      A che serve dunque liberarsi de “tedeschi", se, nei fatti, noi stessi abbiamo introitato, tatuato, la stessa logica che muove i loro governanti? A che serve liberarsi di loro, se poi non manca giorno che non si legga di quanto corrotto e insulso sia il mio Paese, manco fosse il peggiore dei mondi possibili, se non proprio per convincere tutti quanti noi che, essendo il peggiore dei mondi possibili, la sola salvezza risieda nella terra promessa degli Spinelli? Solo su questo blog e su poche altre isole si assiste ad una costante, instancabile opera di informazione e di riflessione volta ad offrire un'altra prospettiva.
      Ecco, questo blog, mi si passi questo paragone forse un po troppo ardito, è come se fossero gli Appennini: qui si sale con fatica, come si conviene in tutte le ascese, a volte si prendono pure certi sganascioni che ti buttano giù e ti fanno ritornare alla realtà, ma mentre si sale e si affronta la durezza del percorso dello studio e della conoscenza, si respira aria pura, ci si ossigena, ci si ricarica e poi ci si fionda nelle valli, all’arrembaggio, a liberare gli euroipnotici, persino a rianimare gli zombie.
      E, pensa un po’, qui, sugli Appennini, può persino succedere di imbattersi in tedeschi che, come Heiner Flassbeck, si sono già liberati da soli e non si sono affatto fermati sulla riva del fiume, ma hanno preso a risalire la corrente.

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    4. Prima di diventare appannaggio del più banale, frivolo e sentimentale prêt-à-porter (com'è noto il laser può ormai cancellarne le tracce) e prima ancora d'essere assimilato alla vita carceraria, o alla marchiatura come bestie, pittura dell'epidermide, tatuaggio e scarificazione esistevano come forme rituali e iniziatiche profonde (basti pensare ai Maori, a certe popolazioni africane e agli stessi pellerossa); più che dei desiderata, rappresentavano un simbolo vivente di certe realtà transpersonali di cui si era fatta esperienza interiore, o della quale si ricercava adeguatamente il contatto (mutatis mutandis erano un'equivalente dell'araldica cavalleresca, ovvero qualcosa che non rispecchiava il proprio immediato se stessi, quanto ciò che procedeva oltre). Il senso spiegabile a parole è quello d'incidere indelebilmente anche nella carne qualcosa ch'è raggiungibile appieno soltanto attraverso la mediazione diretta dello spirito: dunque un sigillo analogo all'autodisciplina (la quale, come tale, mai può essere indotta forzatamente dall'esterno) necessaria per approfondire ogni genere di cose, o per salire sulle montagne, in senso sia fisico che metafisico.
      In ambito similare farei rientrare, sebbene in maniera non completa, anche il caso di quel reduce dal Vietnam che si fece tatuare sulle braccia nomi e cognomi dei propri compagni caduti nella sporca guerra: dubito assai che volesse soltanto ricordarli sentimentalmente, o celebrarne il mero ricordo.

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  7. Ogni post è un 25 aprile. Grazie prof.

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  8. Mio padre mi cullava per addormentarmi cantandomi le canzoni dei partigiani. Ieri alla radio in un concerto ne hanno fatta sentire una che credevo di non conoscere, ma ho poi scoperto di ricordarla. La condivido con voi.

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    1. Bellissimo pezzo, forse quello che mi intriga di più, come musica!

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    2. @rockapasso: Grazie. A me piace questa, anche se non è cantata.

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  9. "La gatta saltò dalla finestra, e camminò piano piano sul-
    l'aia, poi fece un balzo di fianco e si mise a correre.
    Forse cercava il topo. La raffica la raggiunse in una
    piccola nube di polvere, la gatta rotolò in terra, si ap-
    piatti. Sembrò uno straccio nero buttato via. La ra-
    gazza e il maresciallo s'avviarono per la cavedagna; si tenevano per mano e ridevano. Kurt entrò in cucina dell'Agnese; sedette presso la tavola. Disse: — Katz kaputt, marna. L'Agnese era rimasta ferma, diritta presso la finestra. La luce le batteva sulla faccia pallida, larga e sudata. Lentamente usci sull'aia, raccolse la gatta morta, si sporcò di sangue le mani e il grembiule, la tenne cosi, senza guardarla. Poi la posò in terra sotto il pesco, sedette sull'erba, si asciugò lungamente le mani col fazzoletto. Quando fu quasi buio si alzò, andò verso la casa, si arrestò sulla porta. Le parve di vedere la gatta accucciata sul ripiano della madia, dove stava sempre. Kurt, il soldato grasso, si era addormentato con la testa appoggiata al braccio. L'Agnese guardava: quella cosa nera che le era parsa la gatta era il mitra di Kurt."

    (Alessandra/Cassandra da Firenze. Dopo l'uccisione di quella gatta, la vita dell'Agnese non sarà più come prima: "Seguì il sentiero sull'argine, svoltò attraverso i campi, contro la valle. Camminando svelta, diceva : — Godeteveli, i tedeschi". Renata Viganò, "L'Agnese va a morire". Estratti.)

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  10. uno dei miei nonni cantava stonatissimo faccetta nera , l'altro molto più intonato l'inernazionale , così ho sentito le 2 storie ... , ambe 2 dicevano che i gli avevano raccontato che lo facevano tutto per la popolazione e per migliorare il tenore di vita , ma ambe 2 che erano alla fine persone intelligenti benchè prive di scolarità , notavano che erano solo parole e alla fine nonostante il tifo di ognuno per la sua fazione erano molto disincantati , avevano visto la prima e poi la 2a guerra mondiale e già alla prima mentre i soldati morivano come mosche , in chiesa il cappellano invitava a pregare per il papa e per il re . Nella seconda invece , portavano via i figli per mandarli a farsi ammazzare , toglievano le vacche e i maiali per sfamare l'esercito o chi contava di più , sia che uno fosse fascista o socialista , alla fine la storia è sempre quella : chi vince la racconta per aumentare i suoi meriti, ma a ben vedere solo chi ha subito avrebbe il diritto ed il dovere di raccontarne i fatti mentre il combattente sia vinto che vincitore dovrebbero pudicamente azzittirsi che di danni ognuno di loro ne ha fatti fin troppi che poi ad accodarsi al vincitore e regolare conti in sospeso è lo sport dei fine combattimenti a cui in tanti si dedicano furiosi, lo sa bene il Prof che già ora incominciano le defezioni e gli accodamenti nel paventare una nuova era. Già anche il puffo che essendo cattivo avendo come diceva de andrè 'il cuore troppo vicino al buco....', facendo sue anche idee del Prof ( che non si sa mai ... ) , ma non rinuciando la crociata della fustigazione e delle pene corporali , cerca di pubblicare qualcosa che nel momento giusto possa apparire diversamente falso .
    Comunque sono passati 70 ormai, ed è pure cambiato secolo , e mentre quelli che hanno combattuto sono ormai morti , ci sono ancora alcuni loro figli o loro nipoti , portatori di meriti altrui e di propri demeriti , che continuano ad avere in mano un potere politico regalato e ribaltando quello che fu un'occupazione , continuano a raccontare le stesse cose che alla fine sono diventate verità. Vorrei solo essere molto più giovane , solo per curiosità di vedere come racconteranno nel tempo le loro prodezze i tanti che ora aspettano il salvatore per poi scrivere 'vangelo' .


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    1. @tino
      La testimonianza di un giovane soldato tedesco, che maneggiava una MG42 in uno dei tanti wiederstandnest sparsi sulle spiagge della Normandia, all'atto dell'invasione alleata fu quella di aver sparato migliaia di colpi in preda alla paura, mentre pregava di non morire. Anni più tardi seppe che molti dei ragazzi a cui sparò quel giorno facevano la stessa cosa, mentre correvano spaventati allo scoperto sul bagnasciuga.

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    2. @tino
      Il tuo commento è il mio preferito per la sincerità.
      A sentire i discorsi del 25 aprile (non in questo blog, in generale) c'è da chiedersi se il fascismo sia mai esistito, siccome erano tutti anti-fascisti tranne tuo nonno (e Mussolini).
      Chissà se Romano Prodi e suo fratello Vittorio hanno mai avuto il coraggio di dire quello che hai scritto tu, benché i loro nomi - incrociati alle loro date di nascita - parlino da soli.
      Non che i figli siano responsabili degli errori dei genitori e comunque Romano ne ha già abbastanza dei suoi.

      Tra i miei nonni nessun partigiano, nessun fascista.
      Erano persone semplici, gran lavoratori che di politica non si occupavano; penso si sarebbero adeguati con mansuetudine e "moderazione" a qualsiasi situazione, come a un qualcosa di ineluttabile che cade dall'alto e non si può fare a mano di accettare, inutile cercare di capirla o di opporsi.

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  11. Il problema del 25 Aprile è che prima o poi ci toccherà fare il bis, per la Liberazione da questi nazisti di Eurotecnocrati di Bruxelles...

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  12. Off topic: Puerto Rico asymmetry funny recap https://www.youtube.com/watch?v=Tt-mpuR_QHQ

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  13. Risposte
    1. O meglio, Behemotha. Ma si sa, per le sue capacità non ha certo bisogno di una vocale.

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  14. Anni fa, per me, il 25 aprile era solo un giorno di festa qualunque, non avendo mai riflettuto bene sul significato di libertà e sulle vite spese per farcene dono (consapevolmente e non).

    Oggi per me non è più un giorno di festa ma un giorno colmo di tristezza, per le vite perse per quel dono e soprattutto perchè il tradimento di quel valore, perpetrato dai nostri politici, è un insulto non solo verso di noi e i nostri figli ma anche e soprattutto per chi la sua vita la perse più di 70 anni fa.

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    1. "... i morti è meglio che non vedano
      quel che son capaci di fare i vivi e
      la strada storta che sta prendendo il mondo,
      ... è meglio che non si accorgano nemmeno
      che noi siamo diventati così poveri e
      tanto miseri che non siamo capaci
      di volerci bene ...... no, è meglio che i morti
      stiano nella neve e nel ghiaccio
      e che non sappiano di noi, altrimenti
      potrebbero pensare di essere morti invano
      ed allora si sentirebbero ancora più soli... "
      Gian Maria Bonaldi, combattente in Adamello.

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  15. OT - Sembra che la caduta dell'URSS segni un 'punto di inversione' anche a livello demografico.

    http://www.zerohedge.com/news/2016-04-25/total-game-changer-over-population-de-population

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  16. Stamane ho sentito alla radio la boldrini che, in non so quale occasione (immagino celebrazioni del 25/4, diceva che . . . avete indovinato?. . . ?
    Si?
    "ci vuole piu' europa"

    Ma dice mai qualcosa d'altro?

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    1. Se non parla del "più europa" sproloquia di termini da porre al femminile rendendosi ridicola al mondo, come se ciò fosse un'arma fondamentale per porre l'attenzione sulla parità.
      I danni che reca alla causa (e alla nazione intera) in termini di immagine con queste stupidaggini sono enormi, fossi donna mi incazzerei non poco.
      In alternativa esalta le altrui culture presentandole come rimedio alla nostra, decadente e da cambiare.
      Poche persone mi risultano così odiose.

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  17. Come giustamente evidenziato, il 25 aprile non fu una mera "liberazione" dall'occupatore nazista, ma l'occasione di affrancarsi da quella sotterranea (e potente, ancorché sempre pronta a mutarsi da farsa in tragedia!) smania autoritarista che contraddistingue popoli come il nostro. Eh già; le cose vanno male, non funziona nulla: affidiamoci allo stivalato di turno!
    Infatti(esemplifico quel che sentii dire una volta dalla Tina Anselmi) le vittorie della libertà non sono mai definitive; e la storia dei nostri giorni mi (ci) porta a riconoscere la crudissima verità di quell'avvertimento! Diamoci da fare.

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    1. "Popoli come il nostro"? In realtà l'uomo solo al comando è stato l'ordinamento naturale dell'umanità per qualche millennio ai quattro angoli del pianeta. La compartecipazione al potere nel rispetto delle minoranze politiche continua ad essere uno stato di cose del tutto minoritario nel pianeta, a dimostrazione che la democrazia, intesa come qualcosa di più complesso del semplice "diritto al voto universale", è il punto di arrivo di un percorso necessariamente lungo e doloroso. Deploro quindi, umilmente ma con forza, non solo l'autorazzismo di quel "popoli come il nostro" ma anche l'imprecisione del voler mostrare l'autoritarismo fascista come una devianza rispetto a un (presunto) passato difforme. Da Bava Beccaris alle varie repressioni contadine e operaie alle centinaia di migliaia di vite bruciate baionetta in canna il regime "liberale" pre-fascista non è stato molto più evoluto rispetto a quanto arrivò dopo.

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    2. Ancora più umilmente. Non sono un frequentatore delle televisioni ma, mettiamola così, relata refero ... dal minuto 27:45 in poi (e lasciamo stare l'autorazzismo!):
      http://www.la7.it/otto-e-mezzo/rivedila7/il-25-aprile-dal-brennero-alla-libia-25-04-2016-181924

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  18. http://youtu.be/djan68CFa28
    Link conferenza vis sapientia del 18/4

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  19. Come dicevo, e capisco che sia o possa sembrare "no politically correct", né forse molto tranquillizzante, ma sta succedendo qualcosa!

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  20. Il commento migliore di questo 25 Aprile l'ho letto da Diego Fusaro sul Fattoquotidiano

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    1. A mio parere anche il commento di Fusaro è più ideologico che critico.

      In primis perché gli "occupanti" erano i nostri ex-alleati. Sicuramente la propaganda ha avuto un ruolo determinante ma le elezioni non erano così truccate e le ovazioni nelle piazze non erano così imposte come si vuol far credere.
      Solo quando le cose hanno cominciato ad andare male per Hitler e per l'Italia, sono diventati TUTTI partigiani e antifascisti, ma quanti lo erano stati fin dall'inizio? E, se avesse vinto in fretta Hitler, se non fossero entrati gli USA, ci sarebbero stati ugualmente tanti partigiani? E quanti (troppi) partigiani dopo la "liberazione" si sono dimostrati meri ruffiani opportunisti?
      Insomma, sono più d'accordo con Flaiano che con Fusaro.

      Ma il punto più importante per me è che l'Italia era una nazione sconfitta. Nella guerra è entrata (abbastanza) deliberatamente. A tirarla fuori sono stati altri (gli ex nemici). Come si poteva pensare che bastasse dirgli "Grazie, adesso però levatevi dai coglioni"?
      Quindi i vincitori, come è normale che sia, si sono spartiti l'Europa e sono nati il blocco americano e quello sovietico.
      Ora, per tanto che io sia enormemente critica nei confronti degli americani e della Nato, mi chiedo come possa Fusaro far finta di credere che l'alternativa sarebbe stata la libertà, l'autonomia.
      Saremmo finiti nel blocco sovietico e, per quanto ne dica Fusaro, sarebbe stato molto peggio della colonizzazione zuccherosa del piano Marshall. Inoltre gli USA all'epoca non erano ancora così orrendi come sono adesso (soprattutto per il contrappeso esercitato dall'URSS che per noi è stato favorevole, per gli abitanti dell'Est molto meno).

      Terzo: le politiche attuali sono più care alla Germania che agli USA e infatti più di una volta la Merkel è stata criticata e redarguita. Non mi dilungo, il concetto è spiegato perfettamente dalla vignetta sopra. Da notare c'è che, se per la terza volta in secolo la Germania cerca di conquistare l'Europa, noi per la terza volta gli siamo andati a braccetto.

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    2. Quel che c'è di buono nell'articolo di Fusaro non è suo, quel che c'è di suo non è buono.
      E' buono, ma quasi testualmente copiato dal suo maestro Costanzo Preve: "Non può esservi democrazia ove il territorio nazionale è occupato da basi militari straniere e la decisione sovrana del popolo è vanificata aprioricamente: un ateniese del tempo di Pericle si sarebbe messo a ridere se gli si fosse detto che viveva in democrazia con, supponiamo, l’Acropoli occupato da una guarnigione spartana."
      E' suo ma non è buono: "Se dovessi spiegarlo a un bambino, impiegherei questa narrativa, semplificante ma, credo, efficace: vi era una casa bella e serena, fintantoché una banda di mascalzoni non la occupò ‘a colpi di revolverate’ (parole di Gramsci)." E non è buono perchè la casa Italia non era nè bella nè serena ma usciva da una guerra tremenda e si trovava in una crisi spirituale, sociale e politica gravissima; e perchè ridurre il fascismo a "una banda di mascalzoni" è sbagliato e stupido. Il fascismo fu un errore della cultura italiana, non un errore contro la cultura italiana. E nel periodo di guerra civile a bassa intensità che precedette l'insediamento del fascismo al governo le revolverate non le sparavano solo i fascisti, ma anche i socialisti e i comunisti. Solo che i fascisti le sparavano meglio, perchè la politica dei socialisti e comunisti nei riguardi dei reduci, specie se ufficiali, si riassumeva negli sputi per strada, nelle bastonate negli angoletti appartati, e così via. Morale, chi sapeva sparare e organizzare le sparatorie stava coi fascisti.

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    3. Silvia, non avrei scritto meglio il mio pensiero di quanto tu non abbia fatto con il tuo.

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    4. @Roberto Buffagni
      Leggerti è sempre un piacere. Ci tengo a precisarlo.

      @Silvia
      Concordo con te e, quindi, con martinet

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    5. @Silvia
      Ma il punto più importante per me è che l'Italia era una nazione sconfitta. Nella guerra è entrata (abbastanza) deliberatamente.
      Esattamente questa è la colpa storica del fascismo, non la dittatura, non la repressione, bensì l'aver deliberatamente trascinato l'Italia in una guerra disastrosa, convinto che qualche migliaio di morti ci avrebbero permesso di sedere al tavolo dei vincitori e spartirci il bottino. Ma soprattutto, l'averla persa quella guerra, con tutte le conseguenze che ne sono derivate.

      Morale: non s'inizia mai una guerra se non per difesa, perché non si sa mai come va a finire, ed anche se ci si crede più forti (e l'Italia non lo era), chi si difende a casa propria è sempre più determinato (ed i 23 milioni di caduti russi sono lì a ricordarcelo).

      Per il resto vale quello che ho scritto in un altro commento: Chi è costretto a combattere finisce sempre per portare rispetto verso il nemico. E' chi non ha mai combattuto che di solito non conosce il rispetto e parla solo con odio.

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    6. @Silvia

      Silvia dici cose condivisibili anche a mio giudizio (e che meriterebbero approfondimento). Naturalmente a Fusaro sfugge che l'Atene periclea era una democrazia aggressiva e imperialista: lo spiega lui stesso in un discorso; certamente avevano chiaro che, se non domini, sei dominato. Io adoro i Greci antichi, ma è bene lasciarli in pace nei discorsi sulla democrazia, non andavano tanto per il sottile. E' vero che la Germania è la terza volta in un secolo che aggredisce l'Europa, ma la prima volta l'Italia non stava con i tedeschi.

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    7. Vorrei ricordare che dietro i fascisti ci stava il capitale italiano e dietro i nazisti il capitale tedesco. Non "la cultura italiana" e nemmeno quella tedesca (che poi le culture sono espressione delle classi dominanti, sicché..).

      E che la dittatura e la repressione non siano un crimine è una tesi che si commenta da sola.

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    8. @Bruno
      sono d'accordo con te, ma non è quello che ha scritto Fusaro che stimo perché sostiene e contribuisce a diffondere molti argomenti condivisibili in fatto di critica all'EU, ma la sua visione/soluzione tende, a mio parere, a diventare astratta e ideologica perché non fa i conti con il fallimento del marxismo.
      Mi ripropongo puntualmente di leggere il Capitale (e non lo faccio mai), ma da quel poco che ricordo di filosofia mi azzardo a ipotizzare che sia un fallimento prima di tutto umano, nel senso che va contro la natura e le pulsioni umane, quindi è predestinato a fallire sempre e comunque.

      @Celso
      Tra i due "litiganti" ha ragione il solito Marco S.
      Dopo il poco onorevole "chi offre di più?" e soltanto perché non furono accettate le sue condizioni, l'Italia sciolse la Triplice Alleanza in zona Cesarini.
      All'ultimo, la buona sorte (e la ruggine con l'Austria) ci assistette, ma la nostra posizione è stata anche quella volta anomala, ambigua e a lungo filo-tedesca.

      @ Roberto
      "Il fascismo fu un errore della cultura italiana, non un errore contro la cultura italiana"
      Una sintesi perfetta.

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  21. E anche questo 25 aprile ce lo siamo levato dalle palle…

    Questo è il regalo del nuovo giorno e intanto, a “cazzeggerò” (sono le 21.17) i collaborazionisti stanno di nuovo menando il tasto delle pensioni (con un tempismo formidabile, visto che oggi i media si sono finalmente accorti che in Italia si inizia mediamente a crepare un po’ prima...).

    http://www.lastampa.it/2016/04/26/economia/il-capo-della-bundesbank-padoan-ottimista-dallitalia-spesso-violazioni-del-patto-europeo-Nttt70ZIcPBSchmyjgJUoJ/pagina.html

    Il capo della Bundesbank: “Padoan è ottimista. Dall’Italia spesso violazioni del Patto europeo”
    Il presidente Weidmann sui rischi dell’Eurozona: «Paesi con debito alto minacciano tutti»

    REUTERS

    26/04/2016

    Un’ampia condivisione dei rischi fra gli Stati dell’Eurozona, senza un meccanismo rafforzato di controllo comune, «rappresenterebbe un percorso sbagliato» e non creerebbe i «forti incentivi a rispettare le regole» che, invece, vede il ministro dell’Economia italiano Pier Carlo Padoan. A dirlo, entrando nel dibattito in corso sulla riforma del patto di stabilità, è il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, all’ambasciata tedesca, spiegando che «su questo punto io non sarei tanto ottimista» visto il rischio di creare azzardo morale.

    “DA ROMA SPESSO VIOLAZIONI DEL PATTO”
    Weidmann ha poi sottolineato (qui il discorso integrale) che qualcuno in passato ha già violate le regole. «Da quando esiste l’Unione monetaria le regole del patto di stabilità e crescita sono state violate da alcuni Stati, fra i quali anche l’Italia, più spesso di quanto siano state» osservate. Il numero della Bundesbank ha ricordato che «anche la Germania, nel biennio 2003-2004, ha contribuito a indebolire la forza vincolante delle regole».

    E SFERZA LA COMMISSIONE
    Weidmann non si risparmia anche sulla Commissione Ue che «tende continuamente a scendere a compromessi a danno del rispetto del bilancio» mediando interessi politici. Secondo il presidente della Bundesbank i compiti della Commissione andrebbero dati a «una autorità fiscale europea» dando così «una soluzione a questo problema». Weidmann ha ricordato che «se si ha timore della rinuncia alla sovranità nazionale, il rafforzamento del quadro esistente rimane l’unica alternativa per rendere l’Unione monetaria più stabile».

    POCHI MARGINI PER UN’UNIONE FISCALE
    Un’Unione fiscale europea vede «ostacoli enormi» e «al momento non vedo la volontà di superare questi limiti, né in Italia, né in Germania, né in altri Paesi», ha anche chiarito Weidmann. In un’unione fiscale «uno Stato membro dovrà adempiere alle richieste di un’autorità fiscale» Ue e in proposito - ha ricordato Weidmann - il premier italiano Matteo Renzi ha detto che «la politica fiscale italiana viene fatta in Italia e l’Italia non permette che essa venga dettata dai burocrati di Bruxelles».

    MA ELOGIA JOBS ACT E RIFORME
    «In Europa sono importanti le riforme come il Jobs Act italiano, che abbattono le barriere alle assunzioni, al fine di creare nuovi posti di lavoro», ha commentato il presidente della Bundesbank. Weidmann ha aggiunto che «con il nuovo strumento rappresentato dal Fondo nazionale di risoluzione creato per assorbire i crediti in sofferenza (Atlante, ndr), anche l’Italia ha intrapreso la giusta strada».

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  22. Spesso ci si chiede (almeno a me succede) cosa possiamo fare per combattere quello che vediamo e subiamo ogni santo giorno.
    Il contributo di opinioni bellissime e profonde arricchiscono questo blog già ricco di suo, naturalmente il prof. basta e avanza per renderlo interessante.
    Ma un contributo più "fisico" è necessario per portare avanti questa che è una lotta di liberazione, anche e soprattutto in chiave futura che vuol dire pensare anche ai nostri figli.
    Ognuno deve fare quel che può, non è mai poco (ricordiamoci anche il 5 per 1000).

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  23. Ma ora che l'aspettativa di vita media è scesa andremo in pensione prima? Qualcuno chiama la Fornero e glielo chiede che io non ho il numero?

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    1. Ottima questione: mi sa che l'età pensionabile funziona un po' come il prezzo della benzina... vedremo se e quando recepiranno l'inversione di tendenza sulle aspettative di vita.
      Bisogna però ammettere che i nostri nemici sanno benissimo quello che fanno:
      - con i tagli alla sanità stanno iniziando a limare quell'utenza della spesapubblicaimproduttiva che sono i pensionati, oltremodo colpevoli di essere poco propensi a spendersi tutti (quando possono) quei 4 spicci di elemosina che gli toccano dopo una vita passata a tirare la carretta, in quanto tendono a risparmiare (parola orrenda, il risparmio: pensare che una volta era una virtù) un po' perché temono per il futuro che gli resta (si sa, la salute non è più quella di una volta) un po' perché temono per il futuro dei figli (sai, casomai te ne rimanesse uno disoccupato, 4 soldi da parte possono sempre fare comodo);
      - in compenso aumenta la spesa pubblica produttiva privata in spese per onoranze funebri, che fa schizzare verso l'alto il fatturato delle imprese di settore, che contribuiscono al PIL.

      Fare fuori, un po' alla volta, senza dare troppo nell'occhio, al riparo del processo elettorale, i figli invecchiati (o in fase di invecchiamento) del baby-boom (a causa dei quali già si prevedono catastrofi per il 2030) è uno degli obiettivi taciti del nuovo ordine finanziario.
      E' la la morte moderna di Wijkmark aggiornata alla durezza del vivere della globalizzazione (e del morire al di fuori della finzione letteraria).

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    2. Per questo non ritengo pianificatori ed esecutori di tutto questo degni di alcun rispetto, né da vivi né da morti*, né vecchi, né giovani.
      Sans haine ni faiblesse.

      *per i sempre numerosi deficienti di passaggio: non si intende una morte violenta.

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    3. Non esiste "l'aspettativa di vita" media.
      Il nome corretto e' "eta' piu' probabile di morte".
      Cresce sempre in una popolazione divenuta sterile oppure se il tasso di natalita' scende troppo.
      Siccome c'e' stato un picco di mortalita' tra gli anziani l'anno scorso (se ne e' parlato anche qui nel blog) e' ovvio che l'eta' piu' probabile di morte sia diminuita un po': i defunti escono dalle statistiche al momento della loro dipartita.
      Sono peraltro ragionevolmente sicuro che in condizioni di vita agiata (cioe' in un buon 'welfare state', con pasti regolari di buona qualita', abitudini di vita sana, ambiente igienico, buona vita sociale/culturale ed equilibrio mentale) la vera 'aspettativa di vita' (al netto di tare genetiche, incidenti ed omicidi) sia sempre la stessa dai tempi di Abramo...

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    4. http://www.treccani.it/enciclopedia/speranza-di-vita_(Enciclopedia-Italiana)/

      (…)
      Vita probabile, corrispondente all'età mediana alla morte.
      (…)
      È allora importante chiarire come la s. di v. possa essere considerata la durata media della vita anche nelle popolazioni reali.
      (…)
      In definitiva la s. di v. calcolata per una popolazione reale in un dato anno dipende unicamente dai tassi specifici di mortalità registrati in quella popolazione e in quell'anno.

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  24. Ho lasciato trascorrere questa celebrazione perché proprio non la sento come mia. Mi ricordo sempre i racconti di mio nonno (ragazzo del '99). Era socialista e le prese in quanto reduce dai comunisti prima, dai fascisti poi. Fu messo due volte al muro dai Tedeschi e una volta dai Partigiani. Non mi ha mai raccontato come riuscì a cavarsela, troppo piccolo per capire, ma mi ricordo le lacrime di mio padre quando sentiva quei racconti.
    Quindi per me il 25 aprile è solo il santo patrono di Vertova, San Marco.

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  25. Per quanto possa essere logora, la data del 25 Aprile resta, per me, un punto di riferimento. Non c'entra - o c'entra poco - la storia familiare (mio padre fu più fuggitivo che partigiano; e poi era nelle Fiamme Verdi, in una zona dove chi combatteva e riceveva aiuti era la Garibaldi). No. E' solo che, nonostante tutti i "caveat" possibili (si, l'Italia la liberarono gli Alleati; si, se non l'avessero liberata gli alleati saremmo stati colonia sovietica; si, i partigiani non erano certo tutti "brava gente"). Insomma, tutto quel che volete, ma ci sono alcune cose che ho letto che non mi convincono:
    1)L'Italia ha perso la II Guerra Mondiale. Ne ha perse anche altre, ma l'Austria non ci chiede di restituirle il Lombardo Veneto perché La Prima Guerra d'Indipendenza ando' come ando', mi pare. Voglio dire: se è passato abbastanza tempo da coonsiderare semplice retorica il 25 Aprile, allora ne è passato abbastanza anche per considerare semplice retorica la nostra partecipazione a una Guerra Mondiale dalla parte del torto. Il tempo è galantuomo; si dice. Proviamo a far finta che sia vero e diciamo che, se si vogliono "chiudere i conti colo passato", occorre chiuderli tutti, non solo qualcunop a caso;
    2) Piaccia o meno, quel 25 Aprile segna anche l'inizio di un percorso diverso, della possibilità di una diversa partecipazione di tanti italiani alla costruzione e alla gestione di uno Stato. La Costituzione apre anche allo Statuto dei Lavoratori, alla possibilità di una democrazia che non si limitasse alle elezioni. Mi pare ce lo si dimentichi spesso. Io non penso che occorra abbandonare una forma di Stato e una legge fondamentale perché una manica di traditori la sta facendo a pezzi. Quindi, va bene San Marco (ogni bergamasco ha in cuor suo un minimo di nostalgia per la Serenissima), ma preferisco San Giuseppe.
    Buona vita
    Guglielmo

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  26. Ero a Sant'Anna il 25 (si, quella) e non c'era discorso che non culminasse con l'Europa (che ci salva). Ponti contro muri. Ma orgoglio, autodeterminazione, sviluppo non pervenuti. Forse era meglio nel '46?

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    1. Proprio questo temo dall'Anpi e simili, e ho letto mi pare proprio qui, tempo fa, che il discorso dell'Anpi è quello.

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  28. @Nicola Baroni
    Grazie, altrettanto.

    @ Silvia
    Grazie, ma la definizione di fascismo come "errore della cultura italiana" non è mia. E' del grande poeta e saggista italiano Giacomo Noventa.

    @ omicron
    Il capitale stava "dietro" al fascismo come stava "dietro" alla Repubblica Italiana, come sta "dietro" alla Unione Europea, eccetera. Ciononostante, io qualche differenza fra i suddetti regimi ce la vedo; tu?
    E' poi vero che parlando in generale, "la cultura è espressione delle classi dominanti". Lo fu anche il marxismo, che non mi risulta sia nato in officina ad opera di un metallurgico.
    Quanto alla dimensione culturale del fascismo, non so; a me sembra che Giovanni Gentile, Giuseppe Tucci, Mario Sironi (e mi fermo qui per non fare la Guida Monaci della cultura fascista)non siano stati fascisti solo perchè prezzolati dal capitale che stava "dietro" al fascismo. Gentile si è anche fatto ammazzare per un discorso nel quale esortava gli italiani alla riconciliazione nazionale, quando gli sarebbe bastato restare buono e zitto per salvare la pelle; quindi, forse non era proprio un cinico opportunista, e nel fascismo del quale fu il principale esponente intellettuale ci credeva sul serio.

    @ Bruno
    Dissento dalla tua affermazione che "questa è la colpa storica del fascismo, non la dittatura, non la repressione, bensì l'aver deliberatamente trascinato l'Italia in una guerra disastrosa, convinto che qualche migliaio di morti ci avrebbero permesso di sedere al tavolo dei vincitori e spartirci il bottino. Ma soprattutto, l'averla persa quella guerra, con tutte le conseguenze che ne sono derivate."
    Questo è il principale ERRORE storico del fascismo. Tra errore e colpa c'è una differenza, e non è questione di sfumature ma di sostanza.
    L'errore storico dell'entrata nella IIGM (ascrivibile in larga misura a Mussolini) è un errore di calcolo politico puro e semplice: Mussolini fraintese la IIGM per una "normale" guerra europea, nella quale le potenze coinvolte sarebbero addivenute, a ostilità finite, a un accordo praticabile, e che dunque non sarebbe stata condotta come guerra di annientamento o di sterminio. Come noto, le cose non andarono così; ma al momento di prendere la decisione, le cose andavano effettivamente così, e nulla ancora determinava il corso bellico futuro. Era ad esempio ancora possibile che l'Impero britannico addivenisse a una trattativa armistiziale con Hitler, che la caldeggiava. Inoltre, conservare la neutralità non sarebbe stato per nulla facile, per l'Italia, a cagione della sua posizione strategica nel Mediterraneo. In seguito a una vittoria tedesca in Europa e a un ritiro dell'Impero britannico dal teatro mediterraneo, un'Italia neutrale sarebbe stata direttamente minacciata dal vincitore tedesco, neanche allora celebre per i suoi scrupoli nell'uso della forza a sua disposizione. Intendiamoci: voci contrarie all'entrata in guerra, previsioni sostanzialmente corrette delle conseguenze terribili di un nostro intervento, ci furono eccome; espresse, tra l'altro, al massimo livello politico da Galeazzo Ciano, allora Ministro degli Esteri (che ebbe il torto di non dimettersi quando la sua linea fu respinta). Quindi, l'errore fu tale, ed errore catastrofico. Ma errore, non colpa: come sarebbe stata erronea, non colpevole, una decisione di VEIII di entrare nella IGM a fianco delle potenze mitteleuropee.
    A mio parere, la COLPA storica del fascismo è il rifiuto pregiudiziale del pluralismo politico, e la sua identificazione tra vera italianità e fascismo; che poi l'antifascismo replicherà con l'identificazione tra vera italianità e antifascismo. Colpa, perchè identificare la nazione e la patria, che sono e devono restare per sempre di tutti i compatrioti, con un partito - necessariamente parziale e transeunte - prepara la guerra civile e la catastrofe nazionale.

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    1. @Roberto Buffagni
      "A mio parere, la COLPA storica del fascismo è il rifiuto pregiudiziale del pluralismo politico, e la sua identificazione tra vera italianità e fascismo; che poi l'antifascismo replicherà con l'identificazione tra vera italianità e antifascismo."

      Ovvero: affermazioni che non capitalizzano voti (perché, innanzi a queste, gli allocchi si chiedono "Sì, ma tu da che parte stai...?"), ma allietano la coscienza (di chi ne ha ancora una). Andrebbe innalzata l'asticella a qualcosa di più archetipico, insito profondamente a priori nella natura umana. Come ben sai, esempio era stato dato dal codice cavalleresco, ove esistono osservanze morali ed etiche anche nei confronti dell'avversario, essendo anch'egli un Cavaliere (il che è alquanto dissimile dal "fare cartello" insieme). La dimostrazione del giovane samurai avversario che attende rispettosamente il compiersi del seppuku del vecchio Torii Mototada entro l'ormai espugnato castello di Fushimi, facendogli da "kaishakunin" (ruolo per cui veniva scelto il compagno d'arme più fidato), è più che sublime.

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    2. @Roberto Buffagni
      Ottima precisazione. Non ci soffermiamo a sufficienza sul significato delle parole.

      @Omicron
      "Vorrei ricordare che dietro i fascisti ci stava il capitale italiano e dietro i nazisti il capitale tedesco. Non "la cultura italiana" e nemmeno quella tedesca"
      Dietro al nazismo stava il capitale NON SOLO TEDESCO (anche americano e perfino ebreo all'inizio. L'appoggio occidentale a Hitler con funzione anti-sovietica è andato ben oltre il "lasciar fare").
      Riguardo la "cultura" invece credo che sia sempre dalla parte del capitale, davanti, dietro e in mezzo.
      La "cultura" ha più bisogno dei finanziamenti del capitale che di (buone) idee e di buoni pensatori.
      Quello dell'intellettuale/artista maledetto e anti-sistema è più che altro un mito dell'800. L'intellettuale ha bisogno dell'editore, della radio, della tv... se no finisce in esilio o resta un emarginato e nessuno sa che esiste.
      Qualcuno tra questi ultimi viene rispolverato a posteriori, nei cambi di regime: quando non danno più fastidio o diventano funzionali al nuovo regime.

      Con "cultura" intendo la cultura ufficiale, che è l'unica ad avere diffusione e riconoscimento di massa.
      Il resto, come ben sappiamo, viene ridotto a silenzio o bollato di "populismo", "leghismo", "semplicismo", ecc. ecc.

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  29. @ Citodacal

    Ben detto, un allargamento dell'orizzonte fa sempre bene. In questo caso, risalta un aspetto dell'etica che di solito resta in ombra: e cioè, che rispettarla è utile, oltre che buono, bello, nobile, etc.
    Qui la colpa (avversario = falso italiano) comporta conseguenze gravi anche sul piano direttamente politico (governato dell'etica della responsabilità), e non solo sul piano personale (governato dall'etica dell'intenzione).

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  30. Buongiorno Presidente,
    questa pagina e i commenti che porta mi toccano nel profondo del cuore, un grazie a Lei e ai commentatori.
    Mi permetto di parafrasare queste toccanti letture con il, "Non di solo pane vive l'uomo".

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