domenica 28 dicembre 2025

Appunti per l'aula

Vi ricordate quelli che avevano abolito la povertà?


Lo avevano fatto nel 2018 (bei tempi quelli!) con un DEF (all'epoca di chiamava così) che prevedeva per il 2019 un deficit del 2,4%:


con un avanzo primario dell'1.3%. Sapete come andò? Andò così:


con un deficit all'1,5% e un avanzo primario all'1,7%! Il Fmi prevede per l'anno prossimo un avanzo primario di un ordine di grandezza decisamente inferiore: 1,1%. Sulla sua opportunità si può naturalmente discutere, ma perché tutto questo stracciavestismo da parte degli abolitori della povertà, visto che hanno fatto molto peggio?

Aggiungiamo un dettaglio al quadro: la spesa per interessi, e quindi l'importo del saldo complessivo:

Mentre scrivevo la mia tesi di dottorato sulla sostenibilità del debito pubblico la spesa per interessi era quasi al 12% del Pil. Fra il 1993 e il 1999 è diminuita di 6 punti percentuali di Pil. Fra il 1999 e il 2025 di 2 punti percentuali di Pil. Il grosso è stato fatto senza euro, e dal 2004 circa viaggiamo attorno ai 4 punti percentuali di Pil di spesa per interessi. Il minimo si è toccato a 3,2% proprio nel 2019, sull'onda dei tassi zero o negativi, e un'opposizione intelligente forse lo rivendicherebbe (anche se poi dovrebbe spiegare perché al tempo del COVID non volle seguire il nostro suggerimento di indebitarsi a tassi sostanzialmente nulli aspettando il soccorso europeo, cioè quel PNRR i cui costi finanziari sono ancora sostanzialmente ignoti). Ovviamente l'aumento nel peso della spesa per interessi rispetto al 2019 è determinato dal forte incremento del rapporto debito/Pil nel periodo del COVID, un incremento sostanzialmente recuperato in tre anni:

perché gestito sospendendo le regole europee, a differenza di quanto successo con i due precedenti incrementi, quello del 2009-2010 causato dalla Grande crisi finanziaria globale e quello del 2012-2014 causato dall'austerità, entrambi gestiti applicando le regole europee. Va da sé che la spesa per interessi è il prodotto degli interessi per il debito, e quando di debito ce n'è di più, a parità di interessi si spende un po' di più.

(...vado in Commissione XIV, poi continuiamo qui di seguito...)

(...XIV fatta, prima avevo fatto la VI. Ovviamente quando posso sostituire dei colleghi lo faccio volentieri, è il minimo che possa fare per farmi perdonare di essere un privilegiato, in quanto Presidente di Commissione, e poi trovo affascinante l'atmosfera dei Palazzi quando sono deserti - meno affascinante dal punto di vista degli assistenti parlamentari avere uno fra i piedi, ma capita! Ora la cosa va così: la discussione generale inizia alle 16 e mi sono offerto per evitare a un collega della V di scendere in anticipo, dato che alle 19 si metterà la fiducia. L'ordine degli interventi è questo:


prima di me ne hanno per circa 152 minuti - diciamo per due ore e mezza - io mi ascolterò gli interventi dal mio studio vista Pantheon:


ma anche vista San Pietro, raccogliendo le idee qui con voi, e verso le 18 me ne andrò in aula per deporre le mie perle di saggezza nello scrigno del resoconto che un giorno qualcuno leggerà, fermo restando che carmina sublimis tunc sunt peritura Lucretii, come sanno quelli di voi che hanno fatto le scuole alte. Riprendiamo il percorso...)

I numeri che vi ho fornito, oltre a smascherare la petulante ipocrisia di certe opposizioni, spiegano forse perché di questa manovra si parli in termini lordi, come fa ad esempio il nostro vecchio amico Cottarelli, sostenendo che il suo importo è di appena lo 0,8% del Pil, sostanzialmente analogo allo 0,9% del 2014. Questo 0,8% suppongo che salti fuori dalla divisione 18,8/2249 = 0,008, ed è già obsoleto, perché nel frattempo l'importo lordo è salito a circa 22 miliardi, e quindi siamo allo 0,9% del Pil. A prescindere dall'entità delle somme, l'argomento a me appare sinceramente grottesco. Quello che conta in termini macroeconomici infatti non è tanto l'entità lorda della correzione rispetto agli scenari tendenziali (cioè, appunto, la manovra), quanto il contributo netto del saldo pubblico alla domanda interna, cioè il deficit di bilancio. Mi spiego: la manovra per il 2019 (nominalmente) correggeva la spesa pubblica al rialzo di 1,3 punti percentuali di Pil, ma a consuntivo è risultata nel deficit più basso dai tempi del secondo Governo Prodi (2007), ed è quindi stata la seconda manovra più restrittiva di sempre (per la precisione, dal 1988).

Come può essere successo? Non è difficile capirlo: un conto è stanziare i soldi (questo fa la manovra di bilancio) e un conto è spenderli. Per spenderli ci vuole un minimo di cultura amministrativa, ed è qui che sono caduti gli asini...

Non è nemmeno colpa loro, poverini. La macchina amministrativa era già stata sufficientemente fiaccata e demotivata dalle politiche di austerità. Per averne un'idea, qui vedete la variazione dei dipendenti pubblici dal 2008 al 2024:

e vedete che grazie all'austerità l'Italia ha fatto la più energica cura dimagrante, con un -17% di occupati nella PA, non avendone di per sé particolare bisogno, dato che la sua percentuale di dipendenti pubblici sul totale dei dipendenti era comunque già sotto la media europea:

a differenza, come credo sappiate, di quanto accade ad esempio in Francia.

Non è stato un segno di grande intelligenza sobbarcarsi la quota più alta di PNRR avendo la macchina amministrativa più logorata dell'intera Eurozona, peraltro, ma all'epoca più che dirglielo non potevamo fare (e ora dobbiamo gestire una situazione piuttosto complessa, che avremmo preferito evitare).

C'è poi un altro dettaglio, più tecnico, che sconsiglia di fare gli sboroni in sede di approvazione del bilancio, ed è la struttura delle nuove regole fiscali, che sono basate, come penso sappiate, sul profilo della spesa netta. Il Regolamento 2024/1263 all'articolo 6, punto c, prevede che la correzione della spesa netta sia lineare e proporzionale lungo tutto il periodo del piano (quadriennale o settennale), il che, in soldoni, significa che se non spendi nell'anno t le somme che nella manovra t-1 hai allocato per l'anno t, riportarle all'anno t+1 diventa rischioso, perché potrebbe esporre a una violazione della regola della spesa (si chiama clausola di no-backloading). Esempio banale: se la Corte dei Conti blocca un cantiere importante, devi tenerne conto nel bilancio, altrimenti rischi di andare in infrazione l'anno successivo. Questo è il motivo sottostante a tante polemiche sui "tagli" dei fondi ad alcuni ministeri (in particolare quello delle infrastrutture), che in realtà sono rimodulazioni volte a evitare che le somme residue vadano in economia (cioè in abbattimento ulteriore del deficit) o mandino il Paese in infrazione.

Aggiungo un'altra osservazione. Non ha particolare senso considerare l'importo lordo dell'aggiustamento, o comunque l'entità della manovra, isolatamente dalle precedenti, per il semplice motivo che queste hanno effettuato interventi strutturali. In altre parole, non è che la riduzione della seconda aliquota IRPEF dal 35% al 33% cancelli l'abbattimento del cuneo fiscale esteso fino ai 40.000 euro di reddito e reso strutturale nel 2024. Quelli sono oltre 10 miliardi di euro che restavano e restano in tasca ai cittadini, e naturalmente, essendo "strutturali" (cioè "a decorrere") sono incorporati nello scenario tendenziale. Insomma, per farvi capire, se vi leggete il corposo dossier della manovra precedente, non vi sarà difficile verificare che i commi dal 2 al 9 dell'articolo 1 fanno queste cose:


con questi effetti finanziari:


e quindi, banalmente, nel 2026 gli italiani non beneficeranno solo dei 18 miliardi nel frattempo diventati 22, ma anche del 18 miliardi stanziati dalla legge di bilancio per il 2025, visto che l'impatto della riduzione strutturale delle aliquote e dell'abbattimento del cuneo fiscale disposto a dicembre 2024 vale 18 miliardi nel 2026.

Spero che questo punto sia chiaro, perché in effetti è determinante per avere una visione equilibrata.

Quindi, per essere chiari, i 3 miliardi a regime previsti dalla legge di bilancio per il 2026 (quadro di sintesi):


non portano da 18 a 3 i benefici fiscali di cui godranno gli italiani nel 2026, ma li portano da 18 a 21, che diventano 22,4 considerando anche questa misura:


e altre ne potremmo aggiungere (ma mi attengo al saggio principio suggerito da Claudio, quello di guardare solo i numeri grossi).

Spero che questa spiegazione vi sia stata utile.

(... nel frattempo in aula baruffa a causa della richiesta di informativa a Piantedosi da parte di FdI sul caso Hannoun. Ovviamente opposizione in subbuglio e lavori sulla manovra in vacca: d'altra parte, saltare la cena mi farebbe bene, e siamo sulla strada giusta: ora si inizia coi richiami al regolamento, la DG parte come minimo con un'ora di ritardo, quindi io parlerò verso le 20. E che cosa dirò?...)










sabato 27 dicembre 2025

Ancora su fasheesmo e distribuzione del reddito

Approfitto di una serena e ordinata digestione per soddisfare delle curiosità rimaste insoddisfatte in alcuni post precedenti, in particolare questo e questo, che avevano ad oggetto la dinamica dei salari e la distribuzione del reddito (tema centrale delle nostre riflessioni). Col vostro permesso, parto da una curiosità venuta a me, e poi passo alle vostre.

La quota salari al tempo dei colonnelli

Nel post precedente abbiamo visto che in Grecia la quota salari calò drasticamente al tempo dei colonnelli. Siamo abituati in effetti a pensare che lo scopo del fascismo sia questo: sovvertire la distribuzione dei redditi a vantaggio del capitale, e non importa se chi lo fa sia il Mussolini che piaceva a Churchill o il PD che piaceva a l'Europa: sempre quella roba lì è. La fenomenologia quindi non ci stupisce (con buona pace per chi ancora crede al mito dell'asinistra o della destr'asociale), ma mi era rimasta una curiosità: il crollo della quota salari era dipeso da una repressione del numeratore (salari) o da un'esplosione del denominatore (Pil)? Intendiamoci: se un rapporto diminuisce, è chiaro che la dinamica del numeratore è meno sostenuta di quella del denominatore. La domanda quindi è se si riesca a intravedere nei dati un chiaro cambiamento di struttura in uno (e solo o prevalentemente uno) di questi due elementi.

La formula della quota salari nel database AMECO è questa:

ALCD0 = [(UWCD:NWTD):(UVGD:NETD)]x100

dove UWCD sono i redditi da lavoro dipendente, NWTD sono gli occupati dipendenti, UVGD il Pil (nominale) e NETD gli occupati totali, le variabili sono queste:


(ho evidenziato in azzurro le date corrispondenti al periodo dei colonnelli) e sì, si vede che la crescita del numeratore è stata inferiore a quella del denominatore, ma non si vedono cambiamenti di struttura particolarmente apparenti nelle due serie:


Per razionalizzarlo secondo le nostre categorie ho anche calcolato l'andamento della quota salari come rapporto fra salario reale e produttività:


dove RWGD è il salario reale calcolato come (UWCD/NWTD)/PVGD e PVGD è il deflatore del Pil (nota: noi usiamo invece il deflatore dei consumi), e RVGDE è il prodotto per occupato, calcolato come OVGD/NETD e OVGD è il Pil reale. Il rapporto fra queste due serie ha esattamente la stessa dinamica della quota salari ALCD0:


anche se non le stesse unità di misura (differisce di un fattore di scala costante che dipende dalla scelta delle basi dei prezzi, non vi annoio con inutili dettagli), ma insomma il punto è che se vogliamo riassumere la storia della crescita di salari reali e produttività in Grecia suddividendola per periodi storici non troppo arbitrari quello che otteniamo è una roba simile:


che è come dire che si vede quando i colonnelli se ne sono andati (dal 1975 al 1981 il salario reale recupera sulla produttività, e quindi la quota salari cresce) ma, a differenza di quanto si poteva pensare, non si vede quando sono arrivati (nel periodo precedente al loro arrivo il salario reale cresceva di circa tre punti meno della produttività, più o meno come durante la dittatura, e quindi la quota salari scendeva a un ritmo sostanzialmente analogo a quello che avrebbe manifestato durante la dittatura).

Incidentalmente, l'altro periodo di recupero dei salari reali è stato il 2002-2007, dall'ingresso nell'euro alla crisi, e il nesso credo lo vediate (sia con l'ingresso che con la crisi).

Questa però era una curiosità mia, vengo alle pregiate curiosità vostre.

L'incidenza delle ore di straordinario

marcellocamaioni ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "I salari reali: un aggiornamento":

Una curiosità. Da circa 3 anni si assiste ad un incremento delle ore lavorate marcatamente maggiore rispetto a quello degli occupati, percui durante questo periodo in media ciascun lavoratore lavora più ore all'anno rispetto ai periodi precedenti (qualcosa di simile si vede anche megli anni precedenti l Covid). E' presumibile che ciò sia dovuto ad un aumento delle ore di straordinario, che pur prevedendo un incremento della retribuzione oraria per il lavoratore, probabilmente costa globalmente meno all'impresa (nel computo non si tiene conto di 13°, TFR e vi è uno sgravio dei contributi sociali). E' questo uno dei modi in cui si tenta di aumentare i salari reali per occupato senza compromettere la competitività aziendale? Qual è l'andamento nel tempo del salario medio orario reale o delle unità di lavoro equivalenti?

Pubblicato da marcellocamaioni su Goofynomics il giorno 24 dic 2025, 20:10

Ne abbiamo già parlato quando abbiamo affrontato il tema della scelta dell'input di lavoro nel calcolo del salario reale. Il fenomeno è descritto da questo grafico:


e in effetti, visto che l'andamento delle ore lavorate è più prociclico di quello degli occupati (per il semplice motivo che quando l'attività rallenta, può essere razionale fare labour hoarding anziché affrontare i costi di un licenziamento, e quindi le ore lavorate scendono più rapidamente degli occupati, mentre quando l'attività accelera può essere razionale aumentare le ore lavorate anziché affrontare i costi di una assunzione, e quindi le ore lavorate aumentano più degli occupati), ci aspettiamo che se rapportato all'ora lavorata il salario reale cresca meno nelle fasi di espansione dell'economia (dato che in questo caso il suo denominatore cresce di più).

Anche questo lo avevamo constatato a suo tempo:

ma vi ripropongo le due misure del salario reale (per addetto e per ora lavorata) aggiornate e in modo confrontabile.

Intanto, può essere utile vedere come si sono mosse le tre misure dell'input di lavoro, sia in migliaia:

che sotto forma di numero indice:

Si constata che l'accelerazione delle ore lavorate rispetto agli occupati negli ultimi anni in realtà tende a chiudere il divario che si è aperto con la recessione di inizio secolo ma soprattutto con la Grande crisi globale del 2008 (e successiva austerità), un divario determinato verosimilmente dalla diffusione di lavoro part-time (mentre ovviamente la dinamica delle ore lavorate è fortemente correlata a quella delle unità di lavoro equivalente).

Possiamo poi replicare i calcoli sulla retribuzione in termini reali riferendoli all'ora lavorata:

e confrontare l'andamento delle due misure ottenute:

dove ovviamente siccome al tempo del COVID molti dipendenti erano pagati per non lavorare (e quindi il picco verso il basso delle ore lavorate è molto più pronunciato di quello degli occupati) si assiste al paradosso statistico secondo cui nel Governo Conte II si sarebbe registrato un picco inusitato delle retribuzioni medie orarie, il che influisce anche sulla graduatoria dei Governi, che cambia in questo modo:

sempre con Draghi in ultima posizione, per il cumulo della sorpresa inflazionistica e dell'artefatto statistico che porta il Conte II in prima posizione.

Quindi sì, ci sono ovviamente delle differenze nel profilo del salario reale commisurato all'ora lavorata o agli occupati, ma queste non alterano sostanzialmente le conclusioni del nostro discorso, secondo cui il Governo attuale è quello che ha registrato la migliore dinamica salariale in termini reali (escludendo l'esperienza estrema del Conte II, che operò in condizioni eccezionali a causa dei lockdown).

...e la Spagna?

Omar ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "La quota salari al tempo del fascismo":

A me è venuta la curiosità di vedere l'andamento della mitologica Spagna.

Pubblicato da Omar su Goofynomics il giorno 26 dic 2025, 16:42


La risposta potrebbe essere: "E allora vattela a guardare, visto che ti ho dato tutti i riferimenti per poterlo fare!", ma Omar è un lettore attento e quindi eseguo:

Le dinamiche della Spagna sono simili a quelle dell'Italia ma più accentuate: più accentuata la discesa dopo la crisi del 2009, più accentuata la risalita durante il COVID, con un'unica eccezione: la ripresa della quota salari nell'ultimo triennio è meno accentuata (ma la Spagna dal 2020 si trova su un livello superiore al nostro).

Mi sembra di non aver dimenticato nulla, ma se ci sono altre curiosità potete esprimerle e cercheremo di soddisfarle (la quota salari di Russia e Cina no, non sono riuscito a trovarla da nessuna parte...).

giovedì 25 dicembre 2025

La quota salari al tempo del fascismo

Un ratto di cloaca ha osservato che nel grafico dei salari reali aggiornato qui:


mancherebbe l'unità di misura. Per voi che avete seguito passo passo la sua costruzione la risposta è ovvia e l'informazione è superflua, ma siccome oggi siamo tutti pervasi di spirito natalizio ripropongo il grafico in una versione a prova di ratto:


e così, posto che in questo grafico quanto interessa (o dovrebbe interessare) ai fini del dibattito politicante da cui non si riesce a distogliere alcuni di voi è la dinamica, piuttosto eloquente, abbiamo anche fatto chiarezza sulle unità di misura, a beneficio dei diversamente attrezzati (o diversamente volenterosi di apprendere).

Partendo dall'ultimo dato, che è pari a 6902,16 euro nell'estate di quest'anno (terzo trimestre 2025), questo corrisponde aritmeticamente a un reddito mensile di 2300,72 euro e annuale di 27608,60 euro prima delle imposte e ai prezzi del 2020. Vale senz'altro la pena di sviluppare con calma il tema dell'impatto della tassazione (anche per mettere a tacere le fiscal drag queen), atteso che da quel poco che vedo non so voi, ma certamente molti miei colleghi e antagonisti televisivi non ne capiscono assolutamente nulla! Tornando da casa dei miei (ora ne è rimasto uno) mi è però venuto in mente di affrontare rapidamente, prima dell'ennesimo appuntamento gastronomico, un tema su cui ci siamo esercitati spesso, quello del conflitto distributivo così come evidenziato dalla quota salari, cioè dalla percentuale di prodotto interno lordo che va al reddito da lavoro dipendente.

Lo affrontammo nel lontano 2012 rispondendo al Boldrin "de sinistra", tal Emiliano Brancaccio (meno divertente dell'equivalente di destra), che con toni matterelliani ci aveva ammonito:

Qualcuno forse ritiene che in fondo conti solo il salario reale, e che la quota salari non sia importante? Spero che nessuno si azzardi a pensarla in questi termini: la dinamica delle quote distributive è forse l’indicatore chiave del cambiamento nella struttura socio-politica di un paese.

Insomma: una roba tipo "non si invochi il salario reale per non parlare della quota salari" (eggnente, a sinistra ci hanno il monito nel sangue...).

Ora, noi facemmo notare prima prima con tono conciliante e costruttivo qui, poi con tono lievemente scanzonato e canzonatorio qui (perché alla fine uno si rompe i coglioni e decide di prenderla a ridere quando l'interlocutore è in palese malafede) che bastava un minimo di algebra per capire che parlare come noi facevamo di rapporto fra salario reale e produttività o parlare di quota salari era esattamente la stessa cosa, atteso che fra le variabili citate sussistono queste relazioni:


e non è che ci vogliano grandi competenze in economia matematica: basta un po' di economia aritmetica per capire che il mio discorso sulla dinamica di salario reale e produttività, più volte sviluppato (l'ultima qui) è equivalente a un discorso sulla dinamica della quota salari.

Sviluppiamo questo punto.

Se, come vi ho fatto vedere, il salario reale dal tempo del fasheesmo (cioè dall'ottobre del 2022) è cresciuto di circa lo 0,5% al trimestre, cioè il 2% all'anno, questo significa che è cresciuto più del prodotto interno lordo, che nello stesso periodo è cresciuto di meno dello 0,2% a trimestre, cioè dello 0,8% all'anno, e quindi che la quota salari è aumentata. Questo ci dicono in effetti i dati di AMECO, che riportano la quota salari in percentuale del prodotto interno lordo, così calcolata:

ALCD0 = [(UWCD:NWTD):(UVGD:NETD)]x100

ovvero come rapporto fra i redditi da lavoro dipendente divisi per gli occupati dipendenti e il Pil diviso per gli occupati totali. Per darvi un'idea, i dati si presentano così:


e per la parte che ci riguarda ci ritroviamo quello che era ovvio ci fosse, cioè una vivace ripresa della quota salari dal 2023 in poi. Per darvi un'idea, in Italia al tempo del fasheesmo la quota salari, cioè, nelle vibranti parole del Boldrin "de sinistra", "l'indicatore chiave del cambiamento nella struttura socio-politica del Paese", è aumentata di circa due punti:

più o meno come in Germania, più che nella media europea o dell'eurozona, e molto di più che in Francia (dove però la quota salari è superiore a quella italiana, e quindi in effetti di un aumento non ci sarebbe particolare bisogno) o in Grecia (dove invece la quota salari è inferiore a quella italiana e di un aumento probabilmente qualcuno sentirebbe il bisogno).

Torna sempre utile dare un'occhiata a come si sono andate sviluppando le cose nel tempo.

Dal 2011 al 2017, nel meraviglioso periodo dei governi tecno-piddini, mentre noi subivamo dai colleghi della sinistra "de sinistra" lezioncine sull'importanza della quota salari, questa slittava inesorabilmente verso il basso, perdendo complessivamente 1,3 punti percentuali. Insomma: ha fatto più il fasheesmo per i lavoratori in tre anni che il "comunismo" in sette (soprattutto perché l'ha fatto nella direzione giusta), il che spiega perché alle intemerate di Landini venite presi da accessi di ilarità. Va anche detto che dopo la macelleria sociale portata avanti da quelli là, a fare meglio ci voleva poco. D'altra parte, questo possiamo permetterci di dirlo noi qui, perché lo avevamo detto ex ante e perché capiamo quanto diciamo. Ai vili traditori dei lavoratori non credo convenga dire: "Beh, che ci vuole a recuperare due punti di quota salari dopo il massacro che abbiamo perpetrato!", anche se, detto fra noi, il quoziente intellettivo di chi ancora gli dà ascolto è tale per cui verosimilmente una simile ammissione di colpevolezza non avrebbe un enorme costo elettorale!

Più in generale, il grafico sull'andamento della quota salari conferma una cosa che qui ho cercato di spiegarvi tante volte: l'austerità, prima di essere uno strumento di taglio, è uno strumento di redistribuzione del reddito (l'esempio della Grecia e dell'Italia è eloquente). Vale poi un'altra con cui dovremo convivere a lungo: sta andando meglio, ma certo non va bene.

Possiamo anche allargare lo zoom (anche se per la Germania i dati sono presenti solo dal 1991, cioè da due anni dopo l'unificazione):

giusto per constatare (a proposito di fascismo, quello vero...) che quanto in Grecia hanno fatto i colonnelli a partire dal 1967, qui da noi l'ha fatto l'integrazione monetaria, con la connessa necessità di "trying to lower wage costs relative to each other", a partire dallo SME nel 1979. C'è voluto un po' di più, ma i numeri sono quelli.

Scusate, non volevo guastarvi le feste, e infatti smetto subito. Ci sono tante altre cose che andrebbero dette, ma avremo tanto tempo per dircele...

mercoledì 24 dicembre 2025

Vi faccio un regalo (noi pensavamo)

Con una certa qual sorpresa ieri mi sono imbattuto in questo:


Io pensavo (non “noi pensavamo”) che fosse già online da un pezzo, ma da un male nasce un bene: posso regalarvelo per Natale, anche se temo che questo possa indurvi nella tentazione demoniaca di entrare in tenzone col parente piddino.

Divertitevi, e sappiate resistere!

(…ma soprattutto ricordate: Monti ha salvato il Paese!…)


Dieci anni fa…

parlavamo delle stesse cose (anche se il trauma all’origine del mio sfogo di allora mi è fuggito di mente). Quindi fra dieci anni saremo ancora qua (avendo patito e forse metabolizzato altri traumi) a interrogarci sul senso del nostro impegno.

Ma dieci anni fa c’era iBbomba (il volenteroso carnefice di Draghi), e oggi Giorgia on my mind. Quindi qualche passo avanti s’è fatto, e altri se ne potranno fare, e come avevamo intuito la direzione del percorso allora, forse la stiamo intuendo anche oggi.

Buon Natale!


(… sono capitato sulle statistiche del blog e ho visto che che per motivi imperscrutabili qualcuno era andato a rileggersi questo vecchio post del 2015, un altro momento di sconforto e di amarezza come ce ne sono stati tanti, perché io non seguo i buoni consigli che vi do, primo fra tutti quello di desistere! È stata fra l’altro un’occasione per constatare come sia cambiato il pubblico del blog: molti se ne sono andati, come Mons Colombo o Citodacal, o in tempi più recenti Il Comico, cancellando la loro iscrizione, altri se ne sono andati, purtroppo o per fortuna, senza però cancellarla, come Nat e Martinetus, altri ancora hanno cancellato addirittura le loro tracce, eliminando i loro messaggi in un “momento donna” di cui mi sfuggono le motivazioni. Lutti colmati, nelle statistiche, e quindi evidentemente colmabili, soprattutto nei casi in cui le motivazioni di simili abbandoni sono leggibili - una sciura della buona borghesia come poteva convivere esistenzialmente e socialmente con la svolta leghistah? - e quindi non mi lasciano neanche un punto interrogativo in eredità. Ci sono poi quelli che sono scomparsi temo loro malgrado, come Alberto49, e per i quali sono in pena, ma ci sono anche quelli che sono ancora qui, anche se intervengono di meno, come Celso o robertobocco, e non sono pochi - e tendo a considerarli i migliori -, e quelli che sono arrivati nel frattempo, e forse sono ancora di più, altrimenti quest’anno a Montesilvano non saremmo stati quanti nel 2017, quando credevamo, o meglio credevate - perché io il famoerpartitismo l’ho sempre respinto con perdite e non mi sono mai voluto contare! - di essere mijoni! Dieci anni dopo, poi, Uga studia, er Palla si è laureato, ecc. La vita è andata avanti, e come ogni cosa viva anche questo blog ha, e ha fatto funzionare, un apparato digerente e un apparato escretore. Ogni tanto guardare indietro, a noi che non essendo progressisti possiamo permettercelo, fa bene! Constatare la strada fatta dovrebbe aiutarci a non rovinare le cene di Natale discutendo con l’inevitabile parente piddino. Lasciatelo parlare! Per noi parlano i numeri, come quelli del post precedente, e il vento della storia, leggibile consultando i post di dieci anni fa. Verrà il giorno in cui si vergogneranno di parlare. Per il momento, basta non ascoltarli e soprattutto non rispondergli!…)


martedì 23 dicembre 2025

I salari reali: un aggiornamento

(...il post precedente ha suscitato una lunga discussione, che non credo sia esaurita né esauribile, perché la provocazione che vi ho posto mette in discussione l'essenza stessa di questo blog, cioè di quanto ci lega da anni, e del concetto stesso di rappresentanza politica, cioè della democrazia come la conosciamo e come cerchiamo di difenderla. Non mi sento pronto a replicare alle vostre osservazioni, a trarne una sintesi - necessariamente provvisoria: prima voglio rileggerle con calma e cercare di gerarchizzarle. Altre osservazioni mi sono venute in mente parlando con Gianandrea a colazione dopo il convegno, altre me ne sono venute passeggiando cor Palla per i monti Pizzi, altre me ne verranno dopo averci dormito sopra. Quale che sia la risposta che daremo alla domanda, io resterò qui perché questa è la mia natura, ma intanto, nell'attesa di sottoporre al vostro scrutinio gli insegnamenti che penso di aver tratto, e che penso dobbiamo trarre, dalla discussione, soprattutto perché non si possa rimproverare a noi quello che noi rimproveriamo agli altri, cioè di essere autoreferenziali e non apprendere dalle esperienze altrui, nell'attesa di questa sintesi vi propongo un aggiornamento. Sento piddini e sindacalume giallo assortito strepitare sul livello del salari. Io ero rimasto a maggio, quando avevamo calcolato che questo governo aveva realizzato il massimo tasso medio di crescita trimestrale dei salari reali. Siccome sono persona aperta al dubbio, a differenza degli "antifassisti", degli "ionondimenticoh", e di tutto il bestiario social, sono andato a verificare: non sia mai che dalla fine del 2024 - dove i nostri calcoli si fermavano - i salari reali fossero precipitati e si dovesse correre ai ripari! Non sarete sorpresi di sapere che invece...)


Su come si calcolino i salari medi unitari in termini reali ci siamo ampiamente diffusi qui, qui, qui e qui. Non riprendo quindi l'argomento e rinvio gli interessati ai post relativi per i dettagli tecnici. Da maggio ad oggi sono usciti i dati relativi ai primi tre trimestri dell'anno, quindi abbiamo tre punti dati in più. Dato che l'edizione dei dati è stata aggiornata, e ci sono quindi minuscoli "slittamenti" in tutte le serie coinvolte, invece di "appendere" gli ultimi punti dati alle serie calcolate a maggio ho rifatto completamente i conti. Per darvi un'idea, a maggio i dati si presentavano così:


e a dicembre si presentano così:


Stiamo parlando di revisioni praticamente impercettibili, tant'è che rappresentando insieme le due serie il quadro è questo:


(le due serie sono sostanzialmente indistinguibili) e facendo uno zoom su quello che non è un ventennio, ma lo diventerà a causa  dell'imbecillità di chi si ostina a negazionare i dati, vediamo questo:


cioè la stessa cosa che vediamo nel grafico precedente, quello che riporta tutta la storia a partire dal 1996: nel 2025, dopo una modesta flessione nel primo trimestre, i salari reali hanno ripreso a correre a un ritmo ancor più vigoroso che negli anni precedenti. Draghi ce li aveva lasciati (non per colpa sua, ma di una sorpresa inflazionistica) al secondo livello più basso dal 1996 (il minimo assoluto era stato toccato nel secondo trimestre del 2020), e nel terzo trimestre (estate) del 2025 eravamo già tornati sostanzialmente al livello del terzo trimestre 2019 (più esattamente, sotto quel livello dello 0,06%).

Quindi va tutto bene?

Naturalmente no.

Il problema infatti non è recuperare lo shock inflazionistico subito da Draghi o il disastro del COVID (compito portato quasi a termine), ma recuperare la macelleria sociale inflittaci da Monti (circostanza su cui gli operatori informativi pudicamente non si soffermano), e per quello di strada da fare ce n'è ancora un po'.

Quanto?

Rispetto al quarto trimestre 2011 siamo sotto dell'1,82%. Resta il fatto che siccome questo governo continua ad avere il più rapido tasso di crescita trimestrale dei salari reali, attorno allo 0,49% in ragione di trimestre:


se si mantenesse questa media i salari reali potrebbero tornare al livello pre-macellaio in circa quattro trimestri, cioè per l'estate prossima.

Naturalmente non è detto che lo facciano, né soprattutto che farlo sarebbe opportuno.

Se lo si facesse, infatti, da un lato i traditori dei lavoratori che sono stati a cuccia durante la macelleria montiana continuerebbero ad uggiolare che i salari non crescono per colpa del fassismo e dell'austeritah, ma dall'altro, ragionando in termini macroeconomici e non pseudo-ideologici, ci sarebbe da ragionare su come si potrebbe mantenere la posizione di vantaggio competitivo di cui beneficiamo, atteso che, come qui ben sapete dal 2011, e come Draghi ci ha confessato nel 2024, la competitività nell'Eurozona si basa sul taglio reciproco dei salari, il che comporta che una crescita dei salari troppo rapida esponga il Paese che riesca a conseguirla a una perdita di competitività, con deficit di bilancia dei pagamenti, accumulazione di debito estero, perdita di fiducia dei mercati, downgrade, innalzamento dello spread, e tutta la tiritera che sapete.

Si potrà spingere sull'acceleratore solo se anche gli altri lo faranno, ed è possibile, ma non so quanto probabile, che siano costretti a farlo dalle loro vicende politiche interne (la Francia, in realtà, dovrebbe tagliare, mentre la Germania dovrebbe spingere sulla crescita...). D'altra parte, indipendentemente da che cosa facciano Austrasia e Neustria (oltre a proseguire la loro più che millenaria baruffa), noi abbiamo comunque ancora margine per spingere un po' sulla crescita senza che i conti esteri vadano in rosso. Non so dirvi, perché non ho un modello econometrico trimestrale (e quello annuale l'ho lasciato a fare la muffa) in quanto tempo una spinta sulla crescita tale da mantenere una simile dinamica dei salari reali (ripeto: lo 0,5% al trimestre, cioè il 2% all'anno, che con i tassi di crescita che abbiamo significa un significativo progresso della quota salari), in quanto tempo, dicevo, una crescita così sostenuta dei salari reali porterebbe la bilancia dei pagamenti italiana in deficit. Posso solo darvi una valutazione istintiva: questa dinamica dovrà rallentare un po', ma non tanto da togliere a questo governo il suo primato nella crescita trimestrale dei salari medi in termini reali.

Il PD, naturalmente, continuerà a parlare di fassismo e di diritti QWERTY, ma il suo vero problema è questo: il fatto che i lavoratori due conti in tasca se li fanno, e nonostante il disfattismo seminato manibus plenis da quei pagliacci in caduta verticale di credibilità che sono gli operatori informativi, in media i lavoratori non potranno che vedere quello che è nella media dei dati (atteso che l'ISTAT non avrebbe particolare interessa a fornire un quadro edulcorato della situazione: se mai il contrario!).


(...breve rimando al post precedente: ma voi credete che quelli che erano lì siano in grado di apprezzare questo ragionamento e di capire che cosa ha a che fare con l'unica cosa che li preoccupa? Io no, ma va bene uguale: qui scrivo per me, non per cambiare "er monno", anche se, così facendo, un pochino "er monno" l'ho cambiato...)

sabato 20 dicembre 2025

Dobbiamo veramente salvare il popolo da se stesso?

(…modificato per maggior chiarezza dopo cena…)

Ricevo da un conoscente (io non ho amici, non me li merito!) questo commento a esito del convegno di ContiamoCi! (che troverete sul canale dell’associazione o dell’insorto):


Perché sì, l’amaro calice della politica oggi mi ha riservato anche questo: una grillina che veniva a lamentarsi con me in quanto #aaaaabolidigo di come i 5stelle avevano gestito la pandemia insieme con il PD. Ora, è vero che tutto comprendere è tutto perdonare, è verissimo che un uomo politico, e in particolare un rappresentante del popolo, cioè un parlamentare, deve mantenere un comportamento dignitoso e un contegno all’altezza del mandato che ha ricevuto, è indubitabile che quell’elemento di igiene del pensiero e delle relazioni che va sotto il nome di prima legge della termodidattica:

suggerisce in questi casi di lasciar perdere, eppure, ve lo confesso, avrei voluto per un attimo fare eccezione, e dirle: “Ma brutta cogliona, lo capisci che sei tu che devi chiedere scusa a tutti noi, perché è per colpa tua e di altri imbecilli come te se quella tragedia è stata gestita nel peggiore di tutti i modi possibili? E lo sai a chi stai parlando? A uno che dal 2012 vi sta spiegando che gli ortotteri sarebbero diventati la stampella dei piddini! Tu, a me, gentile amica, lungi dal fare lezioncine, dovresti non baciare le scarpe (non basterebbe poi a me un barile di Amuchina), ma baciare le orme che esse lasciano al suolo!”, o qualcosa di altrettanto sobrio e incisivo.

Ma naturalmente ho lasciato perdere.

Si scagliano, poverini, contro il protocollo “Tachipirina e vigile attesa” (quando basta bastava semplicemente non seguirlo, come non l’ho seguito io, curandomi), ma poi l’unica terapia che riescono a concepire per i mali della democrazia, che identificano con il preciso momento in cui la sfera della loro integrità fisica e morale è stata compromessa (e non con il fatto che la loro splendida individualità se ne andava strafottendo di tutto quanto era andato succedendo per anni ai loro simili) è una terapia sintomatica: chi la declina come vendetta, chi la declina come (peggio ancora!) “Veritah”, attribuendo a questo concetto un valore performativo che l’evidenza concreta di ogni singola interazione umana smentisce.

E questo ci lascia con un grosso interrogativo, quello del titolo: dobbiamo veramente salvare il popolo da se stesso?

Alla fine, l’odiosa grillina rea confessa altro non aveva avuto che quello che si meritava! Se lo meritava per aver perpetrato il crimine supremo di attentato alla democrazia, mettendosi al servizio di un progetto antipolitico.

Vedevamo così compiersi di fronte ai nostri occhi l’auspicio che da veri libertari più volte abbiamo espresso: quanto sarebbe bello se ognuno vivesse nel mondo che ha voluto, se chi vuole l’euro si beccasse i tagli dei salari e chi vuole la lira si beccasse la crescita economica, se chi vuole i 5stelle subisse le conseguenze della subalternità alla Cina e chi vuole un partito normale potesse invece decidere per sé. Il problema è ovvio: la vita è una, e a differenza di tante casse previdenziali non ammette “gestioni separate”. Per colpa di personaggi come quella lì tutti noi abbiamo visto compressi i nostri diritti, e se proprio si dovesse ragionare di vendetta, sarebbe abbastanza facile capire da dove cominciare: da lei, che oltretutto è più attingibile di Conte! Che poi è il motivo per cui qui piazzaleloretisti e norimberghisti non sono mai stati bene accetti: non solo perché la vendetta non è una soluzione, ma soprattutto perché non è indizio di estrema accortezza invocare processi in cui si rischia di essere parte soccombente.

D’altra parte, però, credo che vi siate potuti rendere conto tutti, con i vostri occhi, che proprio la strada che questi poveri, piccoli esseri brancolanti nelle tenebre hanno così chiara davanti, quella in cui l’emersione della verità (cha cha cha) porta all’avvento di un mondo giusto, è sostanzialmente impraticabile (per inciso, oltre ad avervi spiegato che gli ortotteri si sarebbero alleati col PD, vi avevo anche preannunciato che la veritah sarebbe stata la nuova onestah).

Questa sera, credo l’abbiate capito tutti. Spero che abbiate apprezzato anche voi quanto quelle persone così convinte che la loro verità abbia un valore politico fossero in realtà assolutamente impermeabili a qualsiasi lettura della realtà che non cominciasse dalla fatidica punturina.

Mi dispiace per la Gismondo e per tanti “sicceroi” presenti: bisogna proprio non sapere un cazzo di quello che è successo in questo paese (cioè in questo blog) ed essere stati complici di tutte le porcate che c’erano state imposte prima dell’unica che interessa a loro per pensare che basti uno sforzo didattico a determinare un esito democratico. Detto in francese: a che cazzo serve ragliare contro i “poteri forti” se non si accetta di riflettere un momento sulle parole di Lucio Magri (per dirne uno) che spiega in che modo ci siamo messi in mano a quei “poteri forti”? I “poteri forti” (a proposito: qualcuno mi sa dire quali sono i poteri deboli?) fanno semplicemente il loro lavoro, che viene reso più agevole da alcuni assetti istituzionali privi di contrappesi. Magri ne citava solo uno, peraltro, quello europeo, ma il grosso del danno era stato fatto senza che lui se ne accorgesse con il divorzio fra Tesoro e Banca d’Italia, cioè con l’indipendenza della Banca centrale, che è oggi il principale vulnus democratico. Ma i nostri amici, poverini, su questo non vogliono riflettere. Basta dire #aaaaabolidiga e i “poteri forti”, il discorso si esaurisce lì, e Gramsci si rivolta nella tomba.

E a questo punto sorge un altro problema: vi siete mai chiesti voi, come me lo sto chiedendo io, quand’è che un sano e progressivoanelito didattico stringe nell’odioso paternalismo di un Padoa Schioppa? Perché alla fine il problema è questo, lo ripeto: la simpatica ortottera era vissuta nel mondo che aveva desiderato! E chi siamo noi per imporle un mondo diverso, o semplicemente per chiederle di considerarlo?

Metteteci un attimo la testa, perché immagino che la domanda a qualcuno possa non essere immediatamente chiara. Io vado a cena, e dopo ne parliamo.

venerdì 19 dicembre 2025

Il ritorno del terzo Reichlin

 


Ieri “La voce del Colle” accordava inusitato risalto a un articolo relativamente tecnico di un collega relativamente scialbo:


la cui produzione è dwarfed da quella della più prolifica sorella

con cui però condivide, nonostante la discreta divaricazione degli indicatori bibliometrici, un tratto distintivo (che, come poi argomenterò, non credo gli discenda per linea paterna): quello di parlare di Germania senza capirne un accidenti.

L’idea lanciata attorno al 2012 dall’affascinante (non solo bibliometricamente) Lucrezia, secondo cui la Germania sarebbe stata in surplus con la Cina, l’avevamo commentata illo tempore qui, e nonostante nel frattempo fosse diventata uno dei tanti mantra degli espertoni, il tempo, sì come far suole, ci ha dato ragione sbriciolandola, tant’è che due giorni dopo la pubblicazione di questo nostro post perfino il Wall Street Journal ha preso atto:

e, come recita il brocardo, “Wall Street locuta, causa finita”. Il crollo verticale delle esportazioni lorde tedesche negli ultimi anni non implica in alcun modo che le importazioni nette siano mai state positive, perché sono sempre state negative, come vi avevo prefigurato nel 2012 (“Si intende di Cina, Mr. Bagnai?” “No, mi intendo un po’ di donne…” - semicit.).

Il fratello minore (soprattutto scientificamente) non è che se la cavi molto meglio! Guardate un po’ come esordisce:

Non c’è male, eh!? Qui mancano proprio le basi, non solo della geografia (l’Europa non è un continente), ma anche della statistica economica. Scusate, vi chiedo di dispensarmi, in nome della schiettezza e della franchezza che deve contraddistinguere un genuino e proficuo scambio di idee, dall’obbligo di avvalermi del dizionario da me scritto in tempi migliori, e di pormi con semplicità una domanda: ma ancora con questa stronzata della Germania locomotiva? Ma te li vuoi guardare i cazzo di dati, gentile collega?

Ora, la cosa più sconcertante nella simpatica coppia di cheerleader del Reich(lin) millenario non è il rifiuto del dato di realtà! Evidentemente non occorre che il Reich ti scorra nel sangue: basta che ti scorra nel cognome perché tu sia pervaso da quel fremito idealistico che è a un niente dalla Verleugnung, anticamera della Selbstvernichtung.

Ma il problema non è questo, così deliziosamente freudiano.

Il problema di questi esperti, cui i nostri nemici di classe accordano un incomprensibile diritto di tribuna, non è che siano allucinati (senza bisogno di Pervitin): è che sono scarsi!

Ne volete una prova?

À vous:

Vi rendete conto? Ma come si fa a definire “buoni” i frutti delle riforme Hartz, cioè dell’aggressiva politica di deflazione salariale beggar-thy-neighbour con cui la Germania ha tagliato il ramo su cui era seduta, cioè i redditi, e quindi il potere d’acquisto, del mercato unico europeo (date le inevitabili mosse conseguenti degli altri partecipanti, di cui parlammo nel 2011, e per ultimo qui)?

Buoni per chi? Per noi è sufficientemente ovvio che non lo siano mai stati, questi frutti, ma anche ritenerli buoni per la Germania era da sprovveduti, come i fatti hanno dimostrato, e se è concesso a tutti di essere scarsi ex ante, è più difficile concedere a qualcuno di essere negazionista ex post, soprattutto dopo che 🍇 ha spiegato come funziona! Quella del taglio reciproco dei salari è stata (ed è) una strategia suicida, come è oggi scientificamente suicida negazionare che lo sia stata!

Quando sostituiremo il qualunquismo grillino sulla qualità della nostra classe politica con un ragionamento serio sulla qualità delle nostre élite? Al #goofy14 abbiamo visto che hanno ottimi e abbondanti motivi per essere così scarse o distratte.

Il problema è lì, e la soluzione…

martedì 16 dicembre 2025

240

Questo è il 2746° post del blog, e il 240° post di quest'anno, in cui le nostre occasioni di incontro e scontro sono tornate sopra ai livelli del 2017 (231 post). So bene che questa piattaforma è desueta, e che questo modo di comunicazione mal si coniuga con l'accelerazione dei ritmi che ci viene imposta dalle nuove piattaforme. Però noi qui siamo nati, e qui restiamo, in questo luogo di approfondimento e di riflessione, in questo luogo da cui non c'è un algoritmo che ti espelle se osi citare le fonti dei dati (dato che così facendo induci il pollo di turno a uscire dalla piattaforma), in cui non c'è pubblicità perché si presume che nessuno venga a vederla, in cui i troll possono essere tenuti cortesemente alla porta, come nel buon tempo andato.

Ieri lunghissima seduta del consiglio di a/simmetrie, per decidere le linee di sviluppo dell'associazione, nell'ipotesi che io possa, o non possa, tornare a occuparmene a tempo pieno. Abbiamo parecchie sorprese in serbo per voi: vogliamo crescere e col (o senza il) vostro aiuto ce la faremo. Si può fare politica anche senza fare #aaaaabolidiga, qui facciamo politica da sempre e il tempo sta premiando i nostri sforzi. In un mondo in cui "la posizione del mainstream è in rapida evoluzione", dobbiamo affermare il marchio di chi ha precorso i tempi, e forse dopo un convegno #QED quest'anno, l'anno prossimo potremmo permetterci un convegno #VLAD. Certo è che se quest'anno eravamo più di 500, con tanti nuovi ingressi, l'anno prossimo saremo intorno ai 700, recuperando quello che abbiamo perso a causa dei vari shock politici e pandemici. Ricordo (con fastidio) chi quattro o cinque anni fa considerava chiusa l'esperienza del blog e a ricasco quella di a/simmetrie, prendendone le distanze in modo spectacularly ill-timed, e ricordo invece (con gratitudine) chi, come Daniele Capezzone, mi esortò a tenere duro e mantenere accesa la fiammella pilota della libertà e dell'originalità di pensiero. Se ogni anno ve ne tornate a casa dal #goofy rinfrancati, il merito è anche di amici come Daniele, e forse questa è, per me, una delle lezioni più significative e inattese che porterò con me dalla mia esperienza politica: il fatto che anche da un ipotetico avversario dialettico (sul liberismo e sul libberismo abbiamo posizioni lievemente differenziate...), se ci si pone su un piano di lealtà intellettuale, si possono trarre utili consigli.

Volevo solo dirvi questo.

Io ci sono perché so che voi ci siete, ma ci sarei anche se non ci foste.

E voi ci sarete quando io non ci sarò più?


(...e ora vi lascio, devo ricevere una new entry nel nostro comitato scientifico...)

domenica 14 dicembre 2025

Le ore ritrovate?

Seguendo i consigli dell'ottimo Fabio (quanto sono felice quando la community è di aiuto al suo ecclesiarca...) ho ricostruito questo grafico:


che più o meno si parla con questo altro grafico di fonte ILO:


nel senso che entrambi segnalano un'intensificazione dell'attività nel 2002, ma per renderli in qualche modo omogenei (e quindi usare il primo per "allungare" il secondo, che peraltro ha un buco nel triennio 1996-1998) servirebbe il totale delle ore lavorate, che sicuramente da qualche parte si può far saltar fuori, ma ora non ho tempo per mettermici (sono reduce da un Roma-Dragonara-Majelletta-Corropoli-Colleranesco-Fara San Martino-Taranta Peligna-Roma), come non ne ho per commentare i picchi del primo grafico, che presumo possano avere un certo interesse.

Il problema è che l'ISTAT dà le ore lavorate come indice e non come valore assoluto, e quindi risalire da quell'indice al totale delle ore perse richiede un po' di ingenuity. Fosse per me, prenderei il totale delle ore lavorate di fonte OCSE, lo mensilizzerei, applicherei a quella serie le percentuali del primo grafico e poi aggregherei temporalmente i risultati. Ci vuole un po', purtroppo ho perso manualità e le mie procedure per applicare Chow-Lin credo di averle scritte addirittura in RATS, quindi se ne parla alla fine della legislatura se va male (o bene, dipende dai punti di vista)!

Ma qualcuno un po' più evoluto di un trader e che vuole dare una mano si trova?

Intanto, una cosa è evidente: Monti ha placato il conflitto sociale.

Da qui a dire che quindi "er bobolo" si merita tutto sarebbe un passo lungo e naturalmente chi lo percorresse sarebbe una bruttissima persona.

Come il vostro aff.mo ecclesiarca.

Buona notte e a domani (su RaiNews24).


(...a Colleranesco mi hanno dato una cassetta da 6 con 5 bottìe dentro. Non si fa mai abbastanza attenzione, ma io sono uno che si fida. Si sono fidati anche i lavoratori: dei sindacati, dei tecnici, degli operatori informativi... Decisamente, non è una buona idea!...)