mercoledì 16 novembre 2011

I “salvataggi” che non ci salveranno

Intervenendo su lavoce.info prima della manovra di luglio prevedevo che essa difficilmente avrebbe placato i mercati. La previsione si è avverata e i motivi che ne hanno determinato il successo sono gli stessi che determineranno, purtroppo, l’insuccesso delle attuali strategie di salvataggio della zona euro.

Lo squilibrio strutturale
Si parla solo di debiti “sovrani”, ma la scansione dei fatti mostra che la crisi dei PIGS nasce dall’accumulazione di debito privato verso creditori esteri. Dal 2000 al 2007 nei PIGS è cresciuto il debito estero (in Grecia, Portogallo e Spagna per circa 60 punti di Pil; Fig. 1), ma il debito pubblico era stazionario (come in Grecia) o in calo (Spagna, Irlanda, Italia). Il debito estero era quindi essenzialmente privato (questo è chiaro ad esempio a De Grauwe). Certo, il debito “nato” privato è poi “morto” pubblico: dal 2008 la perdita di credibilità dei PIGS chiude il rubinetto dei capitali esteri e i salvataggi pubblici della finanza privata fanno esplodere l’indebitamento pubblico. Ma se non si ricorda che il problema è il debito privato, non si capisce perché le manovre non hanno risolto nulla e perché i “salvataggi” autunnali si avviano sulla stessa strada.


Moneta unica, inflazioni diverse
L’indebitamento privato estero ha una causa strutturale nota: i tassi di inflazione dell’eurozona non stanno convergendo1. Dal 2000 al 2007 la Germania ha avuto l’inflazione media più bassa (1.6%). All’estremo opposto Irlanda (3.4%), Grecia (3.2%), Spagna (3.1%) e Portogallo (2.9%) hanno avuto l’inflazione più alta: la competitività è diminuita, le importazioni di beni dai paesi “virtuosi” dell’eurozona sono aumentate, le esportazioni diminuite. Per finanziare il deficit estero i PIGS hanno fatto ricorso al credito dei paesi virtuosi, e il resto è storia. La Fig. 2 mostra come nei PIGS l’indebitamento estero si sia mosso in simmetria con lo scarto fra prezzi interni e prezzi tedeschi: a maggior inflazione cumulata corrisponde maggior indebitamento estero (in maggior parte privato).



Ti piace vincere facile?
Dicono che il successo della Germania sia dovuto alla sua capacità di innovare, che le permette di vincere la sfida posta dalla Cina, e la rende “locomotiva” dell’Europa. I dati raccontano una storia diversa. Dal 1999 al 2007 la Germania ha avuto un deficit crescente verso i BRIC (quello verso la Cina è aumentato di circa 20 miliardi di dollari; Tab. 1). I 239 miliardi di aumento del surplus tedesco sono spiegati per due terzi dagli scambi con i paesi europei, di cui un terzo da quelli coi paesi meridionali. L’innovazione c’entra poco: queste dinamiche sono spiegate dalla competitività di prezzo (Fig. 2). Insomma, la Germania fa crescere la Cina acquistandone i beni coi soldi ricavati vendendo beni a noi. Ha ragione De Nardis: la locomotiva tedesca tira nella direzione sbagliata.


La deflazione competitiva
Quando un paese è in surplus evidentemente i suoi beni sono molto richiesti. La legge della domanda e dell’offerta vuole allora che i prezzi di questi beni aumentino rispetto a quelli dei concorrenti: si chiama rivalutazione reale. Se in più il paese ha una valuta propria, il cambio si apprezzerà perché la valuta dell'esportatore viene domandata per acquistarne i beni: si chiama rivalutazione nominale. Ma in Germania non va così. La rivalutazione nominale verso i partner dell’eurozona è scongiurata dell’euro. L’aumento dei prezzi da una politica di crescente moderazione salariale, per cui a produttività crescente corrispondono salari reali calanti. Il patto sociale tedesco si basa su una deflazione competitiva che equivale a una svalutazione reale competitiva e trasforma l’eurozona in un gioco a somma nulla: il nucleo si alimenta a spese della periferia, causandone il dissesto finanziario, e accumulando crediti esteri per oltre mille miliardi di dollari dal 1999 al 20092.

Palliativi e terapie
Ecco perché nel lungo periodo i “salvataggi” falliranno, come nel breve sono fallite le "manovre": "manovre" e "salvataggi" intervengono sulla finanza pubblica, a valle di uno squilibrio reale privato, lasciando inalterato quest’ultimo. Che l’acquirente sia un fondo “salva-Stati” o la Bce cambia poco: l’acquisto di titoli pubblici è un palliativo che non risolve i problemi di competitività (causati da diversità strutturali dei mercati del lavoro), né quelli del debito privato (causato dagli sbilanci esteri). Anzi: visto che i paesi periferici hanno tassi di inflazione più elevati, il livellamento dei tassi nominali porterebbe in questi paesi a tassi reali più bassi di quelli del nucleo, e al limite negativi, con il rischio di innescare ulteriori bolle immobiliari o comunque una ulteriore espansione del debito privato. La Bce questo lo sa benissimo, e infatti fin da agosto ci ha proposto una norma che opera sul vero squilibrio: quella sui licenziamenti. Se il problema fosse il debito dei governi periferici, facilitare l’uscita dal lavoro dei dipendenti privati cosa risolverebbe? Ma se il problema sono i differenziali di inflazione, questa norma, inducendo “moderazione salariale”, aiuta. Perché la “moderazione” tedesca ha una spiegazione vecchia come il mondo: più disoccupazione, cioè un eccesso di offerta sul mercato del lavoro. In Germania la legge della domanda e dell’offerta non funziona per la valuta e per le merci, ma per il lavoro sì, e come! Prima della crisi la Germania aveva la disoccupazione più alta dell’eurozona (Fig. 3). E se i prezzi devono convergere verso il basso, far convergere la disoccupazione verso l’alto può essere una soluzione.



Goofynomics
Ed è anche l’unica soluzione, se si opera col paraocchi mercantilista, per cui chi esporta è bravo, mentre chi importa è cattivo, e lo squilibrio deve sanarlo lui. Se le cose stanno così, il “cattivo” non ha alternative: “o svaluta la moneta (ma nell'euro non si può più) o svaluta il salario”. Ma un’Unione Economica può basarsi su deflazioni competitive, cioè sulla guerra commerciale, anziché sulla cooperazione? Qui ci soccorre la Goofynomics: è strano come un’esportazione vista dall’estero somigli a un’importazione. Insomma, la logica mercantilista non spiega come fai a essere bravo (cioè a esportare) se nessuno è cattivo (cioè importa). La verità è che se gli squilibri persistono non ci sono buoni e cattivi: gli sbilanci esteri hanno due lati e vanno gestiti dai due lati: chi ne ha beneficiato deve contribuire al loro riequilibrio quanto e più di chi ci ha rimesso, per il semplice motivo che ha più risorse per farlo.

Del resto, supponiamo che i paesi periferici adottino le strategie di rigore proposte: combattendo questa battaglia perderebbero in ogni caso la guerra. Infatti, se le politiche di “tagli” non riuscissero a incidere sul differenziale di inflazione, i sacrifici sarebbero vani, perché persistendo lo squilibrio esterno proseguirebbe l’accumulazione di debito privato (a fronte di riduzioni del debito pubblico rese modeste dal rallentamento della crescita, e vanificate periodicamente dalla necessità di salvare la finanza privata). Ma anche se i tagli avessero successo, riportando l’inflazione dei paesi periferici in linea o leggermente al di sotto di quella della Germania, la risposta tedesca non si farebbe attendere: ulteriori ribassi competitivi dell’inflazione, come sperimentato anche nel passato recente (vedi sempre il lavoro di Cesaratto e Stirati), e così via. L’eurozona si avviterebbe in una spirale recessiva senza uscita. E questo i mercati lo intuiscono benissimo: ecco perché sono così nervosi.

L’unica vera terapia sarebbe indurre la Germania a sostenere la propria crescita con la propria domanda interna, espandendo i consumi, anziché, come ha fatto finora, con la nostra domanda, espandendo le esportazioni. La Germania ha le risorse per farlo: facendolo contribuirebbe a sanare gli squilibri europei, rilanciando crescita e occupazione e diventando veramente la locomotiva d’Europa.

I veri costi della politica
Ma questa soluzione trova due ostacoli politici: uno interno alla Germania, perché dopo aver raccontato per motivi elettoralistici che la colpa è dei meridionali pigri, i politici tedeschi, indipendentemente dal loro colore, non possono proporre ai loro elettori di  cooperare coi “cattivi” (anche se i primi a beneficiarne sarebbero proprio i “buoni”); uno esterno alla Germania, perché solo un’azione coordinata dei governi periferici, guidati da quello del paese periferico più importante (che rimane il nostro) potrebbe far ragionare il governo tedesco. Ma il nostro governo precedente aveva la credibilità nulla che la “politica del cucù” gli ha procurato, e quello attuale è incline a seguire la strategia di deflazione proposta dalla Bce. Soluzioni cooperative non sembrano quindi realizzabili, il che mette una seria ipoteca sulla sostenibilità dell’euro. Per chi tiene veramente a mantenere la moneta unica sarebbe allora molto più razionale valutare l’ipotesi di “exit rules”: all'estero se ne parla serenamente. In loro assenza, allo stato attuale l’alternativa più plausibile rimane quella di una disgregazione dell’eurozona, subita e non gestita, con tutti i costi economici e politici che questo comporta.

Busetti, F., Forni, L., Harvey, A.e Venditti, F. (2006) “Inflation convergence and divergence within the European Monetary Union”, ECB Working Paper Series, No. 574 (Gennaio).
Cesaratto, S., Stirati, A. (2010) “Germany and the European and global crises”, International Journal of Political Economy, 39(4).

Fonti dei dati
Per debito pubblico, inflazione cumulata e differenziali di disoccupazione: World Economic Outlook database, settembre 2011.
Per il debito estero: Lane, P.R., Milesi-Ferretti, G.M., “The External Wealth of Nations Mark II” , Journal of International Economics 73, 223-250, 2007.
Per il saldi commerciali della Germania: CHELEM, vers. 11.0 (marzo 2009).

53 commenti:

  1. Se è vero che manca una convergenza nei tassi d'inflazione tra i diversi paesi, perchè Draghi ha adottato una politica monetaria espansiva? Così facendo non peggiora la situazione? Se è vero che le persone "spenderanno" di più la maggior quantità di moneta in circolazione non andrebbea far crescere ulteriormente i prezzi?

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  2. Ottima idea quella di aprire un blog! Sono un amico di Fabrizio Tringali e Marino Badiale, e sarà sicuramente piacevole ed istruttivo leggere i suoi articoli.
    Claudio Martini

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  3. All'anonimo: penso in effetti che l'errore sia quello di ragionare in termini di inflazione "europea", ignorando le differenze strutturali fra i paesi. In altre parole, Draghi sta dando la risposta giusta... alla domanda sbagliata! Cercherò presto di chiarire questo punto.
    A Claudio: più che "ottima", quella di aprire un blog è una scelta obbligata. Rinuncio a spiegare il perché... tanto si capisce! Grazie per l'incoraggiamento.

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  4. Dottor Bagnai,
    potrebbe spiegare concretamente a cosa sono dovuti i differenziali di inflazione tra i virtuosi franco-tedeschi e i piigs? Quali sono le "diversità strutturali del mercato del lavoro" che incidono sui prezzi dei prodotti dei rispettivi paesi? La Germania riesce a fare prezzi minori SOLO grazie alla moderazione salariale, oppure ci sono altre cause? Per esempio, quanto incidono le differenze di costi per i consumi energetici (la bolletta)? Sento imprenditori italiani lamentarsi perchè qui da noi si paga di più che all'estero, ed incolpano di ciò i monopoli dell'energia (e quindi i politici che li tollerano e li proteggono). Altri inveiscono contro la burocrazia (un'altra componente che va ad incidere sul prezzo), e altre simili contestazioni che raffigurano una economia zavorrata da inefficienze e malversazione. In molti ritengono che le storture dell'Italia siano duvute alla politica corrotta dei governi (sia di destra che di sinistra), ai corporativismi eccetera, cose che indubbiamente ci fanno sembrare "viziosi" rispetto a Germania e Francia. Per questo in molti dicono (li sento con le mie orecchie) "ci vuole più liberismo". Credo che in parte abbiano ragione, ma come fargli capire che gli svantaggi dell'Euro sono maggiori, e che le politiche liberiste non sono una soluzione?

    Bàtjushka

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  5. Al piccolo padre.

    La domanda è interessante e ben posta. Richiede una risposta articolata che mi ripropongo di dare con più spazio in un post futuro. Per ora mi limito a osservare che in economia nulla dipende SOLO da una cosa, ma certo è possibile graduare gli effetti. Diciamo che la moderazione salariale, aiutata da qualche punto di disoccupazione in più, ha avuto un ruolo determinante, anche se, come avrà visto, nessuno ne parla. E un motivo c'è. In un periodo nel quale come soluzione ci viene proposto di "diventare tutti un po' più tedeschi", ovviamente è meglio non farci sapere che significa ANCHE diventare un po' più disoccupati.

    Ai suoi amici liberisti intanto dica che sono liberista anch'io: vorrei liberalizzare il mercato delle valute!

    A presto con una risposta (spero) più soddisfacente e grazie per gli spunti.

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  6. Salve Prof. Bagnai, leggo con grande attenzione da molto tempo i suoi interventi che trovo illuminanti. Avrei però una domanda da farle in merito agli squilibri di bilancia commerciale e bilancia delle partite correnti. In particolare, vediamo che la Gran Bretagna ha un andamento di questi 2 indicatori non molto dissimile da quello italiano in termini di incidenza sul prodotto interno lordo. Entrambi registrano ormai da diversi anni un dato passivo fra il 2 e il 4%. Anche il volume delle esportazioni totali dei 2 paesi non è molto diverso. Perché i mercati non sfiduciano anche i britannici? Non lo fanno solo perché c'è una banca centrale meno rigida della BCE o forse perché quel paese puo' ancora svalutare la sterlina? O forse le motivazioni sono anche di natura politica? Grazie

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  7. Caro Precario,

    grazie per l'apprezzamento. Il tema è interessante, meriterebbe più risalto. Il caso UK è abbastanza simile al caso USA. Se ti vai a vedere i dati dettagliati sull'indebitamento estero inglese, che sono qui: http://www.ons.gov.uk/ons/publications/re-reference-tables.html?edition=tcm%3A77-231886, scoprirai che è vero che il Regno Unito si sta indebitando a tassi simili a quelli italiani, ma è anche vero che nonostante questo incassa (anziché spendere) una ventina di miliardi di sterline (a spanna, circa l'1.5% del Pil) di interessi sul debito estero.
    Come fa?
    Perché il debito estero viene (giustamente) considerato in termini netti: è la differenza fra quanti soldi chiediamo all'estero e quanti soldi prestiamo all'estero. Stati Uniti e Regno Unito riescono a pagare poco i soldi che chiedono (i loro debiti) e a farsi pagare molto i soldi che prestano (i loro crediti). Un motivo è che in entrambi i casi le esportazioni di capitali (i soldi prestati) sono in gran parte investimenti diretti (creazione o acquisizione di imprese estere), che generalmente sono più remunerativi degli investimenti di portafoglio (acquisto di titoli esteri). Un altro motivo è che le importazioni di capitali (i soldi presi a prestito) sono, simmetricamente, investimenti di portafoglio, sui quali USA e UK possono pagare tassi bassi grazie anche alla loro "reputation" come piazze finanziarie, al basso rischio paese, ecc. Ho spiegato queste cose "in negativo" per il caso dell'Irlanda in questo articolo: http://www.lavoce.info/articoli/pagina1002054.html. Rispetto all'Italia poi c'è un'altra differenza, che riguarda il profilo temporale: il nostro indebitamento è in aumento da venti anni a questa parte, mentre quello UK non mostra un trend così pronunciato. E metà del nostro indebitamento, quindi, è per pagare interessi all'estero. E pagare è peggio che riscuotere, no? Insomma: stiamo messi bene...

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    1. Non è che per caso il fatto di possedere valuta sovrana (US, UK, Giappone, Canada) aiuti?

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  8. Quando a ottobre ho incontrato un ex-studente che lavora a Dublino per una banca italiana gli ho chiesto se avessero un piano B. Risposta: noi lavoriamo sull'area euro, quindi ai nostri clienti proponiamo euro. Domanda: sì, ma voi coi vostri soldi che ci fate? Risposta: compriamo franchi svizzeri.

    Comunque sul debito UK ho dato una spiegazione più dettagliata qui.

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  9. Differenziale di prezzo Grecia Deutschland al tempo t == rapporto del prezzo al tempo t normalizzato a 1 nel 2007 in H col prezzo al tempo t normalizzato a 1 nel 2007 in D?

    Ossia (1.032/1.016)^6-1=0.151 nell'arco temporale 1999-2007.

    Igor P

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    1. Ma perché elevi alla sesta? Veramente è solo il rapporto fra prezzi (il tasso di cambio reale, per capirci) normalizzato in effetti a uno nell'anno di partenza. Lo ho chiamato "differenziale di prezzo" per farmi capire, ma ho sbagliato perché, anche se rimane vero che i più non sanno cosa sia il tasso di cambio reale, sono sempre i meno che... rompono con le domande! Scherzi a parte: è il rapporto prezzi greci/prezzi tedeschi. Mi sembra di aver banalmente preso un deflatore del Pil. Se vuoi controllo. Se ti guardi i tassi di cambio reali effettivi dell'IFS vedi che si "aprono" secondo la stessa forchetta (ovviamente oscillando tutti insieme rispetto al rdm). Non so se è chiaro, ma visto che hai elevato alla sesta... penso di sì! Grazie per la precisazione.

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    2. Elevo alla 6 perche' ho sbagliato ha scrivere... sorry.
      Era ^9 perche' tali sono gli anni intercorsi.
      Elevando ^6 avrei ottenuto .098 che non coincide coi grafici.
      Si' cmq alla fine quello che scrivevo e' il rapporto dei deflattori da cui si e' ottenuta l'inflazione media direi a naso.

      Poi sai sono come S. Tommaso i numeri devono tornarmi, anche se credo preferisco toccare con mano :)

      Cmq blog interessante perche' da' dati e gli strumenti per interpretarli (anche le note in pdf da studiare...), inoltre a differenza di molti liberisti che sembrano vedere le cose in termini di equilibri (che non esistono) qui si da' maggior peso alla dinamica perche' nel lungo siamo tutti morti.

      Igor P

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    3. Ho capito, ma perché hai bisogno di elevare a potenza? In fondo il tasso di cambio reale, considerato che il tasso di cambio nominale è identicamente uguale a 1 (per ora!) è semplicemente il rapporto fra i prezzi.

      Quindi:

      cambioreale(t)=prezzogreco(t)/prezzotedesco(t)

      senza esponenti. Se vuoi i dati te li mando.

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  10. Hai ragione pero' il dato dei prezzi non e' presente nell'articolo e quindi il mio problema era come ricostruire il grafico dai dati presenti. Questo piiche' leggendo l'articolo avevo avuto l'impressione che il grafico riproducesse in maniera visiva i dati sull'inflazione.

    Poi non riuscivo a capire perche' differenziale siccome questo termine mi fa venire in mente una differenza che non poteva esser positiva siccome i prezzi tedeschi sono piu' alti.

    Ora che ho capito mi propongo di fare questo esercizio partendo dai dati oecd (quando li trovo).
    Il grafico suggerisce una correlazione fra il "differenziale" e l'indebitamento estero, vale quindi la pena IMHO prendere tutta l'europa e controntarla contro tutta l'europa. In particolare chiedersi quale sia la distribuzione dei coefficienti di correlazione e vedere se questa e' multimodale.
    La domanda alla base e' che cosa e' successo fra D e NL o FI: c'e' stato lo stesso fenomeno? Della stessa entita'? Oppure e' stato possibile per questi paesi compensare con una produzione piu' tecnologica?
    Ed infine qual'e' la significativita' statistica di questi risultati.

    Come scrivevo: credo ma se tocco preferisco :D

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  11. Una domanda hai usato CHELEM perche' http://statsbeta.oecd.org/ -> Bilateral Trade e' inaffidabile?
    Infatti l'export totale (01T99) di Austria verso Francia, per esempio, non e' uguale all'import totale di Francia dall'Austria. Il che mi rende perplesso. C'e' qlc motivazione di questo fatto (ok potrei leggre il fine print pero' e' piu' semplice chiedere).

    Cmq chiudendo gli occhi e prendendo quei dati per buoni c'e' sempre un'altissima correlazione fra il "differenziale" e il debito estero

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    1. Carissimo: la risposta è molto più banale. Ho scritto il post in aereo e non potevo accedere alle statistiche OCSE. Il mio CHELEM su CD-Rom va indietro fino al 1967, ma purtroppo si ferma al 2007. Sto usando le due basi dati in parallelo e non mi sembra di aver visto finora discrepanze molto rilevanti (l'OCSE risale fino al 1986, se non ricordo male).

      Comunque, sai, il fenomeno che stiamo osservando è talmente macroscopico, che anche una decina di miliardi di differenza cambiano poco. Averli in tasca sarebbe una buona cosa, ma rimangono sempre meno del 5% del surplus tedesco dei bei tempi!

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  12. buonasera professore,

    innanzitutto la ringrazio.

    ho trovato il suo blog da poco e da bravo ignorante ho cominciato dal primo post, mettendomi a testa bassa alla scoperta del tempo perduto.
    questo per me vuol dire anche prendere familiarità con la teoria economica.
    ho perciò qualche domanda "di base". spero di non chiederle troppo.

    la prima domanda è questa: lei dice che, nel caso di mercati nazionali ognuno con valuta propria, una forte domanda di beni di uno stato causa un aumento dei prezzi di quei beni dato da due fattori: (1) aumento dei prezzi secondo dinamica domanda-offerta; (2) rivalutazione della moneta dello stato i cui beni sono richiesti.

    e fin qui ok. quindi, i prezzi aumentano (secondo i due fattori), finché gli aquirenti (esteri) ritengono ragionevole (equilibrato) il prezzo.

    nel caso di mercati nazionali con un'unica moneta però, il (semi)riequilibrio dato dall'apprezzamento della moneta non ci può essere, e quindi i prezzi salgono meno (la faccio un po' corta).

    ma scusi, ma in questo secondo caso (€peo), l'aumento dei prezzi dei beni tedeschi non dovrebbe essere mangiato interamente dal primo fattore? pace se non c'è il marco che si apprezza, i prezzi dei beni tedeschi (in euro) non dovrebbero salire fino all'incontro tra domanda e offerta?

    o forse la mia è un interpretazione troppo elementare?

    dico questo perché (da tecnico quale sono), mi sembra che nella sua analisi manchi (e lo dico con umiltà) la considerazione che comunque i "beni tedeschi" sono in generale di buona qualità (sono piddino dicendo questo? mi bevo un mito a occhi e naso chiusi?).

    fatto sta che i prezzi non si allineano, e continuiamo a comprare tedesco. questo è perché i costi di produzione (salari + costi vari di processo) sono più bassi degli equivalenti beni italiani. lei parla di limitazione salariale in germania. ok. ma dipende tutto da quello? siamo sicuri che non faccia la sua parte anche l'efficenza tedesca?

    questo per dire che lo squilibrio alla base della crisi ha sì una spiegazione finanziaria, ma potrebbe anche avere un complemento di spiegazione più "reale".

    infine una seconda domanda. quando si parla di "acquisto di beni tedeschi" cosa si intende esattamente? mi potrebbe dare (svp) alcune percentuali indicative? non trovo i dati... ad esempio, quanta parte è fatta dai consumatori finali (macchine audi, tritacarne braun, tosacapelli siemens, ecc), quanta parte è fatta da imprese (che so, semilavorati industriali, materie prime), ecc.

    mi scuso del tempo presole, spero di non aver fatto domande a cui marzullianamente avrei potuto rispondermi da solo.

    michele

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  13. Gentile Professore,
    ripercorro il suo blog dall'inizio, sforzandomi di capire. E se proprio non ce la faccio, chiedo a lei (incoraggiata da quello che ha scritto a un altro commentatore).
    Le sembreranno domande stupide e soprattutto tante perchè sono tanto ignorante...

    1) Perchè paesi che hanno la stessa moneta hanno una diversa inflazione? L'inflazione non è legata alla moneta?

    L'Italia e, in generale i PIGS, esportano meno perché i loro prodotti sono meno concorrenziali di quelli tedeschi, ma se noi abbiamo più inflazione i nostri prodotti non dovrebbero essere più concorrenziali? O sarebbe così solo se avessimo le nostre monete e non l'euro?
    Perchè è diminuita la nostra competitività?

    Anche se, abbassando i salari nella logica masochista teutonica, riuscissimo a rendere i nostri prodotti più competitivi all'estero, sul loro prezzo graverebbe comunque la cifra esorbitante che paghiamo di interessi sul debito? Potranno tornare ad essere competitivi con l'euro?

    Se, per pura ipotesi, boicottassimo i prodotti tedeschi a favore di quelli nazionali, noi italiani avremmo dei benefici? Ma diminuiranno i benfici della Germania, quindi a livello di Europa, siamo sempre in pari?

    2)"la Germania ha avuto un deficit crescente verso i BRIC (quello verso la Cina è aumentato di circa 20 miliardi di dollari; Tab. 1). I 239 miliardi di aumento del surplus tedesco sono spiegati per due terzi dagli scambi con i paesi europei"

    Se ho capito bene, è la stessa cosa che ha detto Fitoussi alla Dandini, e con parole mie, il surplus della Germania e il debito dei Piigs, in gran parte, sono la stessa cosa (la salita-discesa di Pippo)

    Ma in uno degli ultimi post non ha scritto invece che la Germania esporta molto in Cina facendo riferimento alla fig.2 di "Reichlin vs tutti, ovvero Germany vs Eurozone"?


    3) La coalizione dei PIIGS: la Francia non si è messa dalla parte sbagliata? Non sarà nella stessa situazione nostra, ma scodinzolare intorno alla Merkel le porterà dei vantaggi?

    GRAZIE 1.000.000.000
    silvia

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    1. Ma tu mi fai un milione di domande! Non so se riesco a rispondere a tutte, eventualmente insisti.

      Punto (2): era sarcasmo. L'economia tedesca vive (e oggi muore) sulle spalle dei Pigs, rispetto ai Brics prende legnate, come avrai visto fin dal primo post;

      Punto (3): la Francia è dalla parte sbagliata ma non lo sa. Quando toccherà a lei (come nel 1993) forse si comincerà a ragionare in modo più equilibrato. Riallacciandomi a altri commenti, segnalo che la Francia ha un deficit commerciale molto peggiore del nostro, pur avendo settanta (70) centrali nucleari (quindi, a differenza di noi, non è "piombata" dalla bolletta energetica). Nel 2010 stava sotto di 43 miliardi (noi di 29) e adesso di circa 50 (noi di una decina). Parlo di saldo commerciale. Poi, però, sta meglio in termini di redditi netti dall'estero (eventualmente rivedi questo post per i concetti). Ma il made in Italy rimane più competitivo nonostante tutto!

      Punto (1): sono mille domande. Se noi abbiamo più inflazione i nostri beni costano sempre di più. Tu preferisci comprare lo stesso oggetto dove costa di più o dove costa di meno? Quindi se abbiamo più inflazione siamo meno competitivi. Ma... per te cosa significa competitivo?

      Gli interessi sul debito (suppongo pubblico...) cosa c'entrano col prezzo dei beni che vendiamo all'estero? O parli di debito privato?

      L'inflazione non è meccanicamente legata alla moneta. Le dinamiche dei prezzi sono legate a quelle dei salari e quindi alle condizioni del mercato del lavoro. Questo rimane un punto dibattuto in economia, ma oggi anche i "professional forecasters" preferiscono affidarsi a variabili come la disoccupazione per prevedere l'andamento dei prezzi. Più disoccupati, meno richieste di aumenti salariali, meno inflazione. Del resto, tutto il discorso sull'art. 18 serve a questo. Per ristabilire competitività di prezzo ci vuole più disoccupazione, quindi intanto cominciamo col licenziare, poi si vedrà...

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    2. Scusa, c'è una imprecisione: nel 2011 abbiamo chiuso la bilancia commerciale a -24, non -10. Meglio che nel 2010, ma peggio di quello che ti avevo detto. Questo -24 è sempre la metà del risultato francese (nel senso che è meglio: -24 è meglio di -50) ed è la somma di:

      agricoltura: -7
      prodotti dell'estrazione (petrolio): -67
      manifatturiero: +56
      energia elettrica: -2
      attività di trattamento rifiuti: -4

      Il manifatturiero va molto bene, poi ci sono una serie di evidenti problemi (il dettaglio dei dati è qui).

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  14. Mi scusi, mi è venuta in mente un'altra domanda che forse non c'entra niente.

    Parlo di quote latte, della distruzione di arance (ricordo montagne di arance schiacciate da bulldozer e mi chiedevo se almeno non potessero regalarle a qualche stato del terzo mondo) e aranceti in Sicilia, e di altre norme simili che ci vietano di produrre qualcosa o comunque ci limitano.
    Non le ho mai capite e non le ho mai trovate eque. Perché, ad esempio, i tassi di interesse che pagano gli stati devono seguire le regole di mercato e la produzione di latte no?

    Grazie ancora
    Silvia

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  15. Egr.gio Professor Bagnai,
    seguo da qualche tempo il suo blog che trovo assolutamente interessante e utilissimo. Non avendo sempre fatto i compiti a casa durante la mia carriera scolastica e non essendo assolutemnte un esperto di economia faccio molta fatica a comprendere sempre appieno i suoi post. Me lo devo stampare leggere e rileggere. le chiedo scusa se perciò mi permetterò di farle alcune domande anche su post ormai vecchi. Spero di non farle perdere troppo tempo e di non farla arrabbiare troppo se dirò stupidaggini.
    Mentre navigavo nei vari link che si trovano anche nei vari commenti stamattina mi sono imbattuto in questo:
    http://vocidallagermania.blogspot.de/2012/04/la-bce-semina-inflazione.html
    Mi sembra di capire che la Germania stia facendo esattamente quanto lei ipotizzava nel post: "...L’unica vera terapia sarebbe indurre la Germania a sostenere la propria crescita con la propria domanda interna, espandendo i consumi, anziché, come ha fatto finora, con la nostra domanda, espandendo le esportazioni. La Germania ha le risorse per farlo: facendolo contribuirebbe a sanare gli squilibri europei, rilanciando crescita e occupazione e diventando veramente la locomotiva d’Europa..."
    Quello che credo sia grave è che si tende a diffondere l'idea che la Germania sia il paese perfetto e d aesempio per tutti. Chi sbaglia sono sempre gli altri. Non mi sembra una buona propaganda se davvero si vuole mirare ad un'unione europea.
    Marcello

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    1. Veramente l'articolo che citi dice che in Germania sono molto preoccupati del fatto che la Bce possa seminare inflazione, il che dimostra (indirettamente) che la Germania è tutt'altro che pronta a sostenere la crescita con la propria domanda interna. Il punto politico però è corretto: il problema è proprio che la gente parla di Unione, ma pensa in effetti a tutt'altro...

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  16. Buon pomeriggio professore,

    ho da poco scoperto il suo blog e ne sono davvero entusiasta, complimenti sinceri.

    Mi piacerebbe molto avere un suo commento su un pezzo che ho scritto qualche giorno fa: http://www.forexinfo.it/Debito-Pubblico-ripagarlo-e-giusto

    In particolare mi piacerebbe una risposta su quanto ho scritto nel commento (riforma delle pensioni con cap alla prestazione pro capite versus aliquote insostenibili e pensioni d'oro per alcuni e insufficienti per altri).

    Grazie in anticipo,

    Dimitri

    Grazie in anticipo,

    Cordiali saluti.

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  17. Salve
    premetto di essere ignorante in materia economica, mi ha incuriosito la teoria che si abbia interesse a mantenere alta la disoccupazione per mantenere basse le retribuzioni e l'inflazione. Le mie perplessità riguardano due aspetti, il primo che più disoccupati e meno piccole imprese caricherebbe i contributi sociali e la spesa pubblica sui "superstiti" con un innalzamento dei costi di produzione (a meno ché non si taglino i servizi); il secondo è che se questa regola fosse riconosciuta da tutti paesi industrializzati ed in via di sviluppo si rischierebbe di non avere più consumatori facendo implodere l'intero sistema economico.
    Henry Ford diede retribuzioni adeguate ai propri dipendenti di modo ché fossero i primi clienti per le sue auto, dando il via al benessere sociale ed economico, cosa è cambiato da allora? Grazie

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    1. Capisco che può sembrare strano, ma è semplicemente la legge della domanda e dell'offerta (di lavoro). Non si tratta di crederci o di non crederci. Tu puoi anche non credere alla forza di gravità, ma ti suggerirei comunque di non sporgerti troppo dalla finestra. Un imprenditore lungimirante (se lo fu, per i suoi tempi) non è il mercato del lavoro.

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  18. mi scusi professore cosa vul dire che : " IL DEBITO NATO PRIVATO E' POI MORTO PUBBLICO"

    grazie

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    1. Voglio dire quello che è scritto una riga e mezza dopo la frase che tanto ti ha colpito: i salvataggi della finanza privata da parte dello Stato hanno trasformato in debiti pubblici quelli che inizialmente erano debiti privati. Se una banca sta per fallire perché i suoi debitori privati sono insolventi, e lo Stato le dà un sacco di soldi (emettendo titoli pubblici), ecco che il debito privato diventa debito pubblico. Difficile? Più chiaro?

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  19. Chiarissimo Prof Bagnai credo inutile esternare gratitudine per l'opera divulgativa da Lei egregiamente semplificata anche per me che non sono addetto ai lavori e non mi occupo di economia.Una prima domanda:che significa che lo Stato ha salvato la finanza privata? Desidererei sapere se è vero o sentire la sua opinione circa il fatto che il liberismo sono degli "assiomi" che non stanno in piedi come dice il Prof.Ioppolo e Nino Galloni che confermano quanto da Lei detto in termini di macro e micro economia.Il Prof.Ioppolo citava una frase di Roosvelt che affermava"tutto quello che mi hanno insegnato nell'Università di Economia si è rivelato totalmente falso."Continui così che la seguo con stima ed affetto oltre a essermi scritto sul suo blog da un anno.
    Rosario

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  20. Chiedo scusa proff.Bagnai, ho una (anzi tante,ma questa è fondamentale per risolvere le altre) questione irrisolta : leggendo le spiegazioni, i grafici e le discussioni sull'economia si può arrivare a capire quasi tutto (il "quasi" è dovuto a scarsa attitudine mia personale verso un certo tipo di argomenti)... La domanda : i grafici e le discussioni sui dati reali, prendono in considerazione la variazione degli stessi se una Nazione (piu intesa come cittadinanza che il resto) cambiasse radicalmente il proprio comportamento? Mi spiego : che senso potranno mai avere i dati inerenti all'Italia se sappiamo dai dati stessi (di altri argomenti) il livello di corruzione, evasione fiscale, malavita, omertà (nessuno denuncia), clientelarismo (il migliore non ricopre il posto meritato, ma l"amico di amici)? Come applicare certi concetti (economici) che sembrano limpidi a sistemi che vivono al di fuori di ogni concetto citato? Esempio : proposta reddito di cittadinanza... potrebbe esser un ottima cosa per alzare i consumi e mettere in moto l'economia reale... salvo poi scontrarsi con la vita reale, perché quei soldi non verrebbero reinseriti in commercio, ma semplicemente spesi in una slot machine di un bar che sia,a reinforzare le casse già piene dei gestori dei giochi che non pagano le tasse e portano quei soldi nei paradisi fiscali (per poi dichiarare fallimento qualora lo Stato dicesse :"adesso basta, dammi gli 80 MILIARDI che mi devi"). Come agire realmente se nell'economia moderna si è sempre passibili di scacco da paesi stranieri?(non fai quel che dico,bene,compro un fracasso di tuoi bond o debito or whatever per tenerti in pugno

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    1. Carissimo, vedi, senza volerlo, condizionato da anni di informazione, stai facendo del luogocomunismo. Nessuno qui dice che "'a coruzzzione" non ci sia o che sia lodabile. Al contrario: diciamo che è odiosa e che c'è, anzi, c'è sempre stata. E allora perché la crisi dell'economia italiana inizia (nei dati, non negli aneddoti) esattamente quando ci siamo agganciati al marco?

      Se mi rispondi a questa domanda, da domani smetto di accettare mazzette e andare a minorenni, con la certezza che questo salverà il nostro paese. Buona lettura e grazie per il confronto.

      P.s.: a scanso di equivoci, sono sempre andato a quarantenni anche quando ero minorenne!

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    2. Proff., l´ho seguita, e capisco il perché abbia inteso le mie domande con tono perbenista o moralista. Non é cosí (tutti l´additano di cose assurde, per le quali, probabilmente, ora risponde con metodo standard pensando che tutti le facciano accuse standard in tal senso). Sono pienamente consapevole dei modi del nostro Paese e non era il mio ogetto di discussione... Io, seppur inetto ignavo e inconsapevole, vorrei poter scorgere nelle statistiche, che tutti usano come spade, una veritá che é parte della materia stessa. Esempio : mi dicono che il Pd(L) é al (esempio) 50%, ma la percentuale dei votanti é 50%, quindi io non tralascio un informazione statistica determinante per presentarne una non-veritiera :"NOI SIAMO AL 50%" (seppur tutti sappiano che é un 25%). Allo stesso modo intendevo la mia domanda sulla statistica e comportamento della nostra Nazione. Tralascio il fatto che ho vissuto in Germania per 4 anni e ne ho 33, e só di cosa parla in termini di vita vissuta quando menziona, attraverso le porcate nazionali fatte, le discrepanze (in)spiegabili per le scelte fatte (non fatte). Io vorrei solo avere una statistica piú o meno plausibile sulle questioni poste anche se queste non debbano esser necessariamente determinanti.

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  21. Professore, il link all'articolo di De Nardis necessita di un aggiornamento. Quello corretto è questo. (Notevole poi il disclaimer asteriscato al titolo del suddetto.)

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  22. Il link dell'articolo su voce.info non funziona (l'avranno cancellato?), consiglio questo: https://web.archive.org/web/20120706215000/http://www.lavoce.info/articoli/pagina1002453.html

    Saluti.

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  23. Più rileggo questo post, e più mi convinco che, a suo modo, fa storia. Mi sforzo di ricordare cosa stessi facendo in quel novembre 2011: mi stavo preparando per una presentazione che avrei dovuto tenere di lì a poco, a dicembre, a una conferenza a Greifswald, in Germania (combinazione!); mio figlio aveva appena cominciato l'asilo nido, ed era più a casa malato che altro. Però ricordo anche qualcosa di vagamente preoccupante (in campo economico), cosa che per me (che di economia non capisco una ceppa) è abbastanza inconsueta. Mi ricordo che io e mia moglie eravamo molto impegnati a vendere la nostra casa vecchia, in quanto l'agenzia immobiliare era preoccupatissima che "qualcosa succedesse". In effetti, qualcosa stava succedendo... Mi segnerò il 16 novembre sul calendario, come data da ricordare!

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    1. Suggerisco di stamparlo. Va anche ricordato che quattro anni dopo, i Soloni che avevano sostenuto, dall'alto della loro auctoritas di cartapesta, le politiche di Monti che io qui, quattro anni prima, avevo chiaramente indicato come fallimentari, sono stati costretti, sotto pena di coprirsi di ridicolo, a sposare totalmente la mia diagnosi, ovviamente senza citarla (ma se fossero stati onesti intellettualmente semplicemente non avrebbero mai detto che la terra era piatta - cioè la crisi dovuta al debito pubblico...).

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  24. Salve, Professor Bagnai una domanda alla luce di tutte le sue considerazioni, le quali condivido pienamente, mi sorge spontanea. Se al governo andasse un partito euroscettico come la Lega Nord(Ipotesi per assurdo) mi chiedo:
    La classe politica, che si dichiara euroscettica, avrebbe la forza e la convinzione di avventurarsi in questo percorso tortuoso? Come lei ha sempre sottolineato, seppur alla luce dei fatti la soluzione migliore sarebbe uscire dall'euro, non è una decisione da prendere alla leggera. Non si rischierebbe di far più danni se la strada fosse percorsa a metà come fece a suo tempo il governo Tsipras in Grecia? Non converrebbe avvissare e convincere seriamente la classe politica di ciò che potrebbe accadere? Concludo chiedendole lei pensa che i partiti che si dichiarano oggi per la sovranità monetaria siano davvero convinti di voler percorrere questo sentiero, compreso il Professor Borghi Aquilini ?

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    1. Carissimo: se c'è una persona consapevole dei problemi nei quali si potrebbe incorrere, e al tempo stesso disposto a mettersi in gioco di persona con coerenza, questo è Claudio. Per il resto, il tuo periodare un po' contorto e sgrammaticato (avvissare) ti qualifica come troll. Cosa vai cercando qui? Chi è che non starebbe informando la classe politica? Stai parlando all'autore dell'unico articolo scientifico sul tema, ti prego di ricordartene. Grazie.

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    2. Carissimo professore ringrazandola per la sua risposta, innanzitutto tengo a precisare che ho massima fiducia in Claudio Borghi Aquilini e pienissima fiducia in lei. Premettendo che il mio non è un attacco, chiedevo un suo parere sulla questione politica ed economica con la seguente domanda: I politici a parte la Lega secondo lei appoggeranno la linea dura, Forza Italia appoggerà la linea di uscire dall'euro in extremis o alla fine faranno alla Tsipras 2.0 accettando la ricetta lacrime e sangue dell'Europa estromettendo la Lega? Colgo l'occasione per farle gli auguri per la sua neo candidatura nella lega.

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    3. "Ipotesi per assurdo" ora è realtà.

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  25. Mi piacerebbe approfondire alla luce dei dati economici delle economie dei paesi UE con dati ulteriori dal 2007 in avanti.Grazie per chi mi aiuta e buona Pasquetta!

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  26. Buonasera Dott.Bagnai, le segnalo un altro link non funzionante:
    "Ha ragione De Nardis: la locomotiva tedesca tira nella direzione sbagliata."
    Ho trovato l'articolo e le riporto il link aggiornato:
    https://www.lavoce.info/archives/26557/se-la-locomotiva-va-nella-direzione-sbagliata/

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  27. la tua spiegazione e stata esaustiva... ho capito su per giù molte cose che hai detto... grazie per farci piano piano aprire gli occhi...

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  28. https://ale92musicaearte5.blogspot.com/2021/07/i-salvataggi-che-non-ci-salveranno.html?m=1 ho scritto ciò che hai tu nel tuo blog con la fonte e delle mie considerazioni su ciò che hai scritto pertinenti 🤗

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  29. Testo dell'articolo su "La voce.info" citato all'inizio del post e non più disponibile.

    Conti Pubblici

    LO SPETTRO DEL 1992

    di Alberto Bagnai 26.07.2011

    Si dice che la sfiducia espressa dai mercati nei riguardi dell'Italia la scorsa settimana sia dovuta al dissesto delle finanze pubbliche e alla debolezza del governo. Che però sono un tratto costante del nostro paese. Quello che è cambiato, invece, è il saldo delle partite correnti della bilancia dei pagamenti. Peggiorato di circa un punto di Pil dal 2006, proprio come era avvenuto negli anni precedenti la crisi del 1992. Se la causa del nervosismo dei mercati è almeno in parte il debito estero, l'approvazione della manovra difficilmente chiuderà la partita.

    La sfiducia espressa dai mercati nei riguardi dell’Italia la scorsa settimana viene attribuita dai commentatori al dissesto delle finanze pubbliche e alla debolezza del governo. Tuttavia, se queste fossero le uniche cause, verrebbe da chiedersi: perché ora?

    BUSINESS AS USUAL

    Certo, il livello del debito pubblico italiano ora è preoccupante, ma è mai stato rassicurante? Il suo rapporto al Pil ha raggiunto quota 119 per cento alla fine del 2010: la crisi ha vanificato 13 anni di sforzi, riportandolo ai valori del 1997. Tuttavia, il debito pubblico è allarmante da almeno venti anni a questa parte (dal 1992 non è mai sceso sotto al 100 per cento del Pil). Inoltre, in caso di recessione un suo aumento in rapporto al Pil è fisiologico, da un lato per l’operare degli “stabilizzatori automatici” (il calo del gettito fiscale, eccetera), dall’altro per la diminuzione del Pil. La performance dell’Italia in questo senso è più che discreta: il Fmi prevede che alla fine del 2011 il rapporto debito pubblico/Pil in Italia sarà cresciuto rispetto al 2008 solo di 14 punti, esattamente come in Germania, a fronte di incrementi ben maggiori in Francia (20 punti), Usa (28 punti), Regno Unito (31 punti), Giappone (34 punti). (1) Anche la debolezza del governo è un dato costante del nostro quadro politico: in termini di instabilità (vi prego di registrare questa precisazione) abbiamo visto di peggio negli ultimi venti anni. E allora perché tanto nervosismo proprio adesso?

    LA SPIRALE DEL DEBITO ESTERO

    Una chiave di lettura la offre chi evoca la crisi del 1992. In effetti, se da un lato le condizioni del nostro paese sono ovviamente diverse da quelle di venti anni fa (non c’è più la lira, stiamo uscendo dalla recessione più grave del dopoguerra), dall’altro ci sono interessanti e meno ovvie similarità. La figura 1 mostra l’andamento dei redditi netti da capitale della bilancia dei pagamenti (Bdp). (2) Il saldo esprime la differenza fra quanto gli italiani ricavano in termini di interessi e profitti dai loro investimenti all’estero, e quanto pagano all’estero per i capitali importati in Italia. In altri termini, è l’onere del debito estero (netto). Sia la crisi del 1992 che la situazione di sofferenza odierna sono state precedute da un rapido aggravamento di questo onere, più o meno dell’ordine di un punto di Pil in tre o quattro anni.

    La figura 2 mostra il saldo delle partite correnti della Bdp, che esprime l’accreditamento o indebitamento estero, e la componente dovuta agli interessi. La dinamica precedente alla crisi del 1992 è significativa. Dal 1988 al 1992 partite correnti e onere del debito si sono mossi pari passu: il peggioramento delle partite correnti (pari a -1.7 punti di Pil) è spiegato per circa il 60 per cento dall’aggravio dell’onere del debito estero (-0.9 punti). La storia si ripete dal 2006 al 2010: il saldo peggiora di -2.3 punti, di cui metà per l’onere del debito. Più che l’endemica fragilità dei nostri governi, o il cronico livello di guardia del debito pubblico, quello che sembra destare il nervosismo dei mercati è l’aumento dell’esposizione estera dell’Italia, soprattutto quando si profila la spirale del debito estero (indebitarsi con l’estero per pagare gli interessi all’estero).
    1/2

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  30. 2/2
    CHI HA DATO. E CHI HA AVUTO

    I debiti si classificano in base a chi prende i soldi e a chi li dà: se parliamo di debito pubblico, ci riferiamo al fatto che i soldi vanno allo Stato, se parliamo di debito estero segnaliamo che i soldi vengono dai mercati finanziari internazionali. Dopo anni in cui il debito per antonomasia era quello pubblico, le crisi di Stati Uniti, Islanda, Irlanda (fra le altre) hanno riportato all’attenzione la distinzione fra debito interno ed estero e l’esistenza del debito privato. Il Fmi segnala che dal 1988 al 2007 (l’anno precedente alla crisi) il debito pubblico italiano è aumentato di 13 punti di Pil, mentre quello estero (privato e pubblico) di ben 21 punti di Pil.
    L’aumento del debito estero non può essere dovuto solo al settore pubblico, il cui debito è cresciuto meno di quello estero. In effetti, gli studi sui “deficit gemelli” segnalano che la relazione fra indebitamento pubblico ed estero è tenue: un punto di deficit pubblico si scarica, nella media Ocse, per solo un terzo sull’estero. (3) Di converso, un aumento del debito estero è per due terzi dovuto ad aumenti di passività (o diminuzioni di attività) del settore privato, cioè di famiglie e imprese. Ai fini della capacità di un paese di onorare i propri impegni, è ben diverso se i capitali esteri sono avviati a impieghi produttivi dalle imprese, o se invece alimentano i consumi delle famiglie (vedi ancora gli Usa o l’Islanda). Sotto questo profilo l’Italia suscita qualche timore. L’incremento di 10 punti di Pil del debito estero dal 2002 al 2008 ha coinciso con un calo di 18 punti di Pil della ricchezza finanziaria netta delle famiglie, determinato per 14 punti di Pil da un aumento di debiti, con un raddoppio (da 3 a 7 punti di Pil) del credito al consumo. (4) L’aumento del debito estero è quindi almeno in parte riconducibile al tentativo delle famiglie di mantenere i propri livelli di consumo, intaccando la propria ricchezza netta, in presenza di redditi stagnanti o in calo.
    L’Italia ha dunque (anche) un problema di debito estero, che non è tutto di origine pubblica. La manovra dei saldi pubblici può agire su di esso al più indirettamente, forse anche in modo perverso, laddove non riesca a rilanciare i redditi delle famiglie. Se il nervosismo dei mercati, come la sequenza dei dati suggerisce, è causato almeno in parte dal debito estero, cioè dai soldi che i mercati legittimamente si attendono di riavere indietro, l’approvazione della manovra difficilmente chiuderà la partita.
    Link a seguire.


    (1) http://www.imf.org/external/pubs/ft/weo/2011/01/weodata/download.aspx.
    (2) http://www.istat.it/dati/dataset/20110415_00/tavole.zip.
    (3) Bartolini, L., Lahiri, A. (2006) “Twin deficits, twenty years later”, Current Issues in Economics and Finance, 12, 1-7.
    (4) http://www.bancaditalia.it/statistiche/stat_mon_cred_fin/banc_fin/ricfamit/2010/suppl_67_10.pdf.

    Link dei riferimenti:

    (1)

    (4)
    Spero di aver fatto cosa utile e che il tutto funzioni.

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  31. Riprovo con i link modificati scusandomi col moderatore:

    (1): http://web.archive.org/web/20110221234600/http://www.imf.org/external/pubs/ft/weo/2011/update/01/pdf/0111.pdf
    .
    (2): https://www.istat.it/it/files//2011/04/testointegrale20110215.pdf
    .
    (4): https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/ricchezza-famiglie-italiane/2010-ricchezza-famiglie/suppl_67_10.pdf
    .

    Link dell’articolo: http://web.archive.org/web/20111016011749/http://www.lavoce.info/articoli/pagina1002453.html
    .

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  32. Professore, è possibile ripristinare la visualizzazione dei Grafici ?
    Grazie in anticipo,
    Saluti
    Giuseppe

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    1. Sì, perdonami, c'è un problema col server dell'università, cerco di capire che cosa è successo e comunque in una decina di giorni al massimo rimedio.

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    2. Grazie mille Professore; vorrei rileggere (bella impresa) tutti gli articoli del Blog nel corso di tutto il 2023.
      Un caro saluto,
      Giuseppe

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    3. Sì vedono correttamente ora i grafici su tutti gli articoli. Grazie Professore, nonostante i tanti impegni da parlamentare e uomo politico, non si dimentica di mantenere fede alla parola data. Non è scontato e soprattutto non è da tutti. Dovremmo essere tutti un po' più saggi e meno piagnucolanti e lamentosi quando si inizia con la solita storiella delle mancate rivoluzioni. Io, per quello che vale, sto apprezzando molto l'evoluzione degli eventi a cui stiamo assistendo. Avanti tutta.
      Un caro saluto,
      Giuseppe

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