"...tu vai sul territorio e vedi che dal vino al formaggio ai macchinari sofisticati ai robot del distretto di Pisa un problema di euro sull'export, che sta crescendo al passo tedesco... In una cosa abbiamo tenuto il passo tedesco nel periodo della crisi: le esportazioni, in euro! Sia nell'area euro, che sono cresciute, sia fuori. Quindi, che all'Italia siano venuti danni, nel core business dell'export, su cui credo che questi governi abbiano investito con politiche importanti, io credo che non è così...".
(al minuto 2:20:35, anacoluti e congiuntivi del relatore).
Siamo alla vigilia di una campagna elettorale che, come le precedenti e le successive (finché starà in piedi il carrozzone di Bruxelles), farà "tremare l'Europa" (come dicono i gazzettieri), perché verterà, inevitabilmente, sull'Europa (nonostante i tentativi dei politici e dei gazzettieri di divertere l'attenzione del pubblico). Faccio questa premessa perché sto per darvi plastica rappresentazione di come i politici siano informati sull'Europa e sulle sue conseguenze: da qui capiremo quale potrà essere la qualità del dibattito che ci attende.
Altra premessa essenziale: do per scontato che vi rendiate conto di come la provenienza di Della Vedova da un partito fortemente filo-atlantico (i radicali) lo induca a difendere a spada tratta il più ambizioso progetto dell'imperialismo liberista USA: l'Unione Europea. Insomma: cosa Della Vedova voglia non è poi un mistero, né deve esserlo. Dato che lui è un politico, direi che il fatto che ciò che desidera sia noto mi sembra il requisito minimo perché chi lo voti sappia se i propri interessi saranno rappresentati! Against this backdrop, ci possono essere modi più o meno disinformati di difendere le proprie opinioni. Chi è affezionato a un minimo di onestà intellettuale dovrebbe chiedere ai politici, e in particolare ai propri politici, quello che abbiamo rinunciato a chiedere ai giornalisti, ovvero di esercitare sì il diritto alla propria opinione, ma senza arrogarsi il diritto ai propri dati. Questo sarebbe doveroso sempre, ma tanto più in dibattiti condotti in sedi scientifiche, perché in caso contrario si riverberebbe su queste ultime il discredito che affermazioni infondate necessariamente emettono.
L'imbarbarimento del dibattito italiano, dovuto in primo luogo alla scarsa deontologia professionale dei giornalisti (come qui mille volte abbiamo rimarcato), ha fatto delle importanti vittime collaterali, fra cui spiccano prestigiose istituzioni scientifiche, spesso onuste di tradizioni secolari, che sono scadute a livelli di una bassezza sinceramente inimmaginabile. Cito, come esempio eloquente (ab uno disce omnes), queste slides ospitate non si sa bene perché sul sito dell'Accademia dei Lincei, delle quali vi evidenzio in particolare la quindicesima (non che le altre siano molto migliori...):
Ditemi voi se è possibile che un uomo di scienza possa citare le copertine di un giornale in evidente conflitto di interessi come fonte autorevole per la valutazione del merito delle politiche di un governo nazionale! E questo, notate bene, commettendo un discreto falso storico, dal momento che, come ben sappiamo (e come era visibile già alla data in cui queste sorprendenti slides vennero pubblicate), le politiche di Monti non hanno risanato le finanze italiane, anzi!
Incrementando di più di un punto di Pil il surplus primario (barre arancioni), in presenza di un rapporto debito/Pil superiore al 100% (con le conseguenze esposte qui) e di un moltiplicatore largamente superiore a uno (come ormai la letteratura scientifica concordemente riconosce, e come qualsiasi economista non pre-keynesiano avrebbe tranquillamente detto anche prima), Monti ha peggiorato la situazione del debito pubblico italiano (linea nera), portandolo oltre il 130%, per cui, come tutti sanno e come molti hanno detto da subito, il calo dello spread non ha nulla a che vedere con il "risanamento fiscale italiano" (come suggerisce con un'impudenza che lascia esterrefatti, soprattutto per la sede in cui è riposta, il titolo della slide), ma dipende esclusivamente dal whatever it takes di Draghi.
Ecco: i Lincei li abbiamo persi. Proviamo a difendere la Treccani, che ha una storia meno lunga, e un ruolo più importante, in quanto istituzione con una missione divulgativa, nel formare la coscienza civile del paese. A questo scopo, qui mostrerò quale sia il fondamento fattuale e teorico dell'affermazione che l'on. Della Vedova, senza possibilità alcuna di verifica e di contraddittorio, ha profferito nel dibattito: quella secondo cui non ci sarebbe un problema di euro sull'export.
Parto dai dati: non da quelli cui l'on. Della Vedova crede di aver diritto, ma da quelli che le fonti statistiche ufficili riportano, cominciando dalla bislacca asserzione secondo cui non esiste un problema di euro perché le esportazioni stanno crescendo a ritmi tedeschi dall'inizio della crisi. I dati Eurostat in milioni di euro a valori concatenati, prezzi 2010, sono questi:
(li trovate qui), e diciamo che a prima vista non raccontano esattamente la storia che abbiamo sentito dalla bocca di Della Vedova. Tuttavia, noi siamo intellettualmente onesti, e quindi, a differenza dei faciloni di destra e di sinistra, sappiamo che quando si parla della dinamica di un fenomeno occorre esaminarne le tendenze in scala logaritmica (il motivo venne spiegato qui, parlando dell'onestà intellettuale dei "marziani"). In sintesi: se si usa una scala logaritmica, le pendenze di due spezzate sono direttamente confrontabili. Mentre in scala naturale un aumento di una unità è un aumento del 10% se si parte da 10 o dell'1% se si parte da 100, in scala logaritmica un aumento di 0.01 è sempre un aumento dell'1%, indipendentemente dal punto di partenza.
E allora vediamo i dati in scala logaritmica: non è perché i nostri interlocutori sono superficiali che dobbiamo esserlo anche noi!
E qui l'occhio esperto qualche problemino lo afferra: sì, le spezzate dei due tassi di crescita si muovono abbastanza in fase (per forza: sia la Germania che l'Italia dipendono, per il loro commercio, dalla congiuntura mondiale), ma la linea rossa, che saremmo noi, sta sempre un po' sotto alla linea blu, che sarebbero loro. Se andiamo a calcolare la crescita media mensile dell'export "nel periodo della crisi" (ipse dixit) troviamo questi risultati, a seconda di dove vogliamo far iniziare la crisi:
Se partiamo dal trimestre dopo Lehman, vediamo che la crescita delle esportazioni tedesche è stata dello 0.72% contro lo 0.39% per quelle italiane. Se partiamo dall'arrivo di Monti liberatore, cioè, per capirci, dalla cosiddetta crisi dei debiti sovrani, il divario è più contenuto, ma sempre a svantaggio dell'Italia. Quindi, l'affermazione secondo cui nel periodo della crisi le nostre esportazioni abbiano marciato al passo dell'oca è smentita dai dati.
Ora, bisognerebbe approfondire un altro pezzo del "ragionamento" dell'on. Della Vedova, quello secondo cui "io credo che non è che al core business dell'export sono venuti danni dall'euro" (Gianni Minà non avrebbe saputo dir meglio). Il modo più ovvio per analizzare questa bislacca asserzione (poi vi chiarirò perché è bislacca) è quello che usiamo spesso: allargare lo zoom. Per farlo, però, non possiamo servirci di Eurostat, che non ci dà tutti i dati. Conviene usare il World Economic Outlook database del Fmi, che trovate al solito posto, e che vi fornisce il tasso di crescita delle esportazioni di beni e servizi in volume per tutti i paesi registrati al Fmi. I dati che interessano noi sono qui:
Un occhio minimamente allenato, o minimamente non accecato dall'ideologia di odio verso l'Italia che va sotto il curioso nome di europeismo, dovrebbe vedere subito una cosa: mentre prima del 1996 le esportazioni italiane (riga rossa) erano qualche volta sopra e qualche volta sotto quelle tedesche (linea blu) dal 1997 in poi l'Italia diventa sottona: non c'è più un singolo anno nel quale il tasso di crescita del suo export superi quello dell'export tedesco. Cosa sia successo nel 1997 lo sapete e ne abbiamo parlato ad esempio qui, e l'argomento ci ha aperto uno squarcio sull'abisso di ignoranza della classe politica che ha gestito l'ingresso nell'euro (qui e qui): nel 1997 siamo entrati nell'euro de facto (de jure ci saremmo entrati nel 1999).
Ma naturalmente l'euro non c'entra, dice Della Vedova. Solo che siccome un problema c'è, forse, oltre a negare una causa concomitante, sarebbe opportuno che un politico desse una spiegazione alternativa, in modo da permetterci di valutare dove stia indirizzando i propri sforzi, e se quella sia la direzione giusta... Cosa altro può essere successo, nel 1997, di così disastroso per la nostra economia? Siamo diventati tutti corrotti? Improvvisamente è emersa la Cina dal Mar Giallo? Abbiamo perso il treno della rivoluzione digitale, che passava solo il primo gennaio 1997? Altra scemenza a piacere? Qualche argomento bisognerebbe portarlo, altrimenti... altrimenti si rischia di sembrare incompetenti!
E allora, grazie alle IFS del FMI, allarghiamo ancora lo zoom, perché sia chiara la dimensione del disastro che i nostri politici negano, non riuscendo a trovare una spiegazione seria che non sia quella che per motivi ideologici non vogliono dare:
Qui avete 68 anni di esportazioni italiane e tedesche. Ho fatto base nel 1950 (1950=100) per consentirvi di apprezzare come fino all'inizio degli anni '90 la dinamica dell'export italiano e tedesco sia sostanzialmente analoga. Poi l'Italia prende il sopravvento, nel 1992. Poi arriva l'euro, che impedisce alla Germania di rivalutare: gli effetti del dumping valutario tedesco sono ben evidenti, e nulla cambia se il fenomeno lo si osserva in scala logaritmica (dove si apprezzano molte sfumature che saranno evidenti a molti di voi):
Addendum delle 13:24
(...scusate, mi sono distratto per una telefonata di Rockapasso e ho dimenticato di fornirvi qualche dato in più...)
Gli occhi allenati non hanno bisogno di nulla, ma agli altri farà probabilmente comodo avere qualche summary statistics. Qui vedete i tassi di crescita media annua dell'export italiano e tedesco sul campione e su vari sottocampioni:
Fra il 1951 e il 2016 le esportazioni tedesche e italiane sono cresciute a tassi di crescita medi annui non molto distanti: 7.2% la Germania, 6.5% l'Italia. Tuttavia, fra il 1951 e il 1996 l'Italia era in vantaggio, con una crescita di 0.5 punti percentuali superiore a quella tedesca (8.4% contro 7.9%). Dall'aggancio all'ECU/EUR, nel 1997, la situazione si ribalta drasticamente: il tasso di crescita delle esportazioni italiane piomba al 2.5%, 3.4 punti sotto (anziché 0.5 punti sopra) il tasso di crescita di quelle tedesche. In termini assoluti, un tonfo di 5.9 punti, e in termini percentuali di 3.9. Notate anche che fra 1997 e 2008 il tasso di crescita delle esportazioni tedesche esplode rispetto a quello italiano, situandosi in media 7.7-3.2=4.5 punti al di sopra. Ogni riferimento a svalutazioni competitive dei salari è puramente intenzionale.
Fine addendum delle 13:24
I Soloni che disquisiscono della neutralità dell'euro dovrebbero spiegarci bene come mai prima dell'adozione di questa valuta noi tenevamo testa ai nostri concorrenti. La teoria economica una spiegazione la dà. Se il cambio riflette i fondamentali, quello di una valuta comune riflette la media dei fondamentali di paesi forti e deboli. Come tale, il valore risultante non è di equilibrio per nessuno: è forte per i deboli (ostacolandoli) e debole per i forti (attribuendo loro un ingiusto vantaggio). In virtù di questa ovvia caratteristica, la valuta unica agisce come un cuneo che si insinua fra paesi forti e deboli, divaricandone sempre più le prestazioni. Lo abbiamo visto per la produzione industriale, e naturalmente la stessa cosa vale per le esportazioni.
Direi che possiamo dedicare una prece alla credibilità delle analisi economiche dell'on. Della Vedova, che sarà senz'altro autorevole quando si occupa delle cose che conosce (non so quali siano e non mi interessa), ma che ha dimostrato di non essere esattamente a proprio agio con i fatti stilizzati più importanti del paese che ancora per poco è chiamato a governare.
Voglio solo sottolineare un punto metodologico. L'on. Della Vedova gioca al piccolo liberale, o meglio al piccolo liberista. Ciò rende ancor più paradossale il suo diniego del fatto che il tasso di cambio conti! Alla radice dell'ideologia liberal-liberista (non me ne vogliano gli amici che si dilungano in sottili e appassionanti distinguo: avrete modo di farli nei commenti) si situa, come assoluto cardine, il fatto che l'egoismo individuale aiuti a conseguire l'ottimo collettivo, valorizzando al meglio le risorse scarse disponibili, e questo perché sia consumatori che produttori, che agiscono in modo atomizzato e indipendente, sono coordinati dal sistema dei prezzi, la cui flessibilità è garanzia al tempo stesso di piena occupazione delle risorse e di corretta informazione dei partecipanti all'economia di mercato.
Questo punto fondamentale (la funzione allocativa del sistema dei prezzi), che qualsiasi libro di testi di economia vi chiarirà, ci mette di fronte a due scenari, tutti ugualmente svantaggiosi per l'on. Della Vedova:
1) o l'on. Della Vedova non sa che il tasso di cambio è un prezzo, il che, dando per scontato che egli sia in buona fede quando dice di aderire a un'ideologia liberale, spiegherebbe perché egli non capisca quanto sia pericoloso inibirne la giusta flessibilità;
2) o l'on. Della Vedova non è, in effetti, un liberale, ma piuttosto un amico dei monopoli, il che spiegherebbe perché difenda a spada tratta quel sistema europeo che sappiamo essere piuttosto vulnerabile all'azione delle grandi lobby, e piuttosto impermeabile agli interessi delle piccole e medie imprese.
Insomma: mettetela come vi pare, ma io dall'on. Della Vedova, pur nell'ovvio rispetto umano e nel piacere di ascoltare le sue esilaranti analisi, non comprerei una teoria economica usata, e naturalmente non gli darei il mio voto. Decidere per chi votare sarà difficilissimo: ma in compenso decidere per chi non votare sarà molto facile, e oggi ve ne ho dato un esempio.
Chiudo auspicando che un giorno, sui siti delle prestigiose istituzioni culturali del nostro paese, si possano leggere o ascoltare, se non solo, almeno anche i dati corretti circa l'evoluzione della nostra storia economica più o meno recente. Sarebbe un requisito minimo di civiltà senza assicurare il quale piagnucolare sul populismo resta un esercizio sterile, al quale non si può che rispondere con la saggezza popolare: chi semina vento, raccoglie tempesta!
Voglio una legge elettorale che permetta il voto negativo: PD -1. Bye. Gila.
RispondiEliminaL'Handicappellum.
Eliminail Delendellum
EliminaIl Gamberellum e non ne parliamo più.
EliminaBocconiano, dopo la militanza radicale il Nostro milita negli Sdoganati di Gianfranco Fini, per poi passare nelle fila di Mario Monti e della sua Scelta Civica.
RispondiEliminaNon a caso il Nostro sta attualmente lavorando per "allargare il campo del PD".
Non sono un economista ma.......
...ma il PD non è il nuovo PNF: è peggio.
EliminaAridatece Carlo Scorza che prende a pizze in faccia un giovane arrivista di nome Eugenio...
EliminaA parte gli scherzi, il PD va raso al suolo per dare l'esempio di come, nonostante tutto, l'uomo medio-merda (citando gli eleganti corsivisti de linkiesta) possa ancora opporsi a chi lo vuol vedere morto (o schiavo, fa lo stesso).
Aggiungerei, se posso umilmente permettermi, come dal grafico " tasso di crescita esportazioni e servizi" emerge chiarissimamente ciò che è successo in concomitanza con la rottura dello SME, ovvero la prova generale dell'euro: boom di esportazioni italiane e Germania a picco. Negare l'evidenza è impossibile ma nasconderla si, a quanto pare. Ma poi siamo sicuri che Della Vedova (nomen omen), conosca l'esistenza della scala logaritmica?
RispondiEliminaAddendum: Il Cannonau è un gran vino.
Saluti.
Errata corrige: negare l'evidenza non è possibile, nasconderla si: effetti del cannonau.
RispondiEliminaVa bè, ora vado a portare i fiori nuovi alle tombe dei miei genitori. Mia madre, quando vide Napolitano andare da Kissinger, disse: quest'uomo mi sta antipatico, farà qualcosa di brutto. Mio padre, tesserato comunista da sempre, li mandò a fan culo il giorno dell'inizio dei bombardamenti in Jugoslavia. Avevano fatto la 5 elementare fatta ai tempi del dux,quello che ci ha regalato le pensioni (però mio padre, dei contributi versati all'epoca non trovò traccia e sgobbò sui cantieri edili fin quando non gli si ruppe la schiena), ma capivano molto di più di tanti plurilaureati a libro paga della confindustria.
RispondiEliminaQuando si dice: "la saggezza dei vecchi".....Quanta verità in queste poche righe e quanta sofferenza da parte di coloro che hanno vissuto il tradimento politico dell' elite della sinistra.
EliminaAbbiamo l' occasione di saldare il conto con questo ceto politico alle prossime elezioni. Non facciamocelo sfuggire.
"Siccome ho smesso di essere un mediocre economista tanti anni fa, la butto in politica".
RispondiEliminaSì, infarcita di dati economici tendenziosi, ma siccome ammette di essere scarso, passiamo alla materia in cui evidentemente si ritiene più che mediocre: la politica.
"Pensare che sarebbe stato possibile per un grande paese esportatore in Europa (...) come l'Italia (...) pensare che all'Italia avrebbero consentito a esportare con le svalutazioni competitive, era un film che non avremmo mai visto. E idem oggi, è evidente che se tu pensi - perché qualcuno dei mie colleghi politici: usciamo dall'euro e poi esportiamo in Germania - sì sono, così, pronti a farsi trafiggere"
Per un politico italiano, anche solo mediocre, non dovrebbe essere altrettanto inammissibile lasciare che l'Italia sia stata e continui ad essere trafitta dalla svalutazione reale e sleale della Germania, che non rivaluta (grazie alla moneta unica) e che ha sussidiato l'abbassamento dei costi di produzione (cioè del lavoro grazie alla riforma Hartz)?
Basta che non rivoti PD ciascuno di quelli che l'hanno votato l'ultima volta, alle politiche, a sindaco o che.
RispondiEliminaCiò basterebbe anche per farlo sparire, ma capisco che è utopia.
Per ridurlo, spero, di molto: che non lo voti ciascuno di quelli a cui aveva cominciato a non piacere ma "altrimenti non so chi votare", "gli altri sono rozzi", "mio padre votava PCI", "non cambio idea"...(Casistica da completare)
"Però poi non lamentatevi", mi verrebbe da dire avanti, facendo mia l'osservazione di uno degli "altri", in base alla quale avevo deciso che alla prossima avrei votato uno degli altri anziché scheda pasticciata come la volta precedente - e dopo anni di PD.
Oltretutto, essendo graficamente inabile, faccio meglio una croce che qualsivoglia disegnino :-)...
A quelli che: "mio padre votava PCI" se vuoi puoi dire: "ma che c'entra allora il PD?". È un partito che non ha né gli ideali, né la forza, e neppure il nome di quel partito lì che nel bene e nel male un po' in riga il capitalismo italiano lo teneva (nel primo libro di Bagnai c'è un grafico molto interessante che lo fa vedere chiaramente). Tra l'altro il PCI quello di Rizzo (non quei traditori del popolo di rifondazione) è fuori dal PUDE e da certe logiche; personalmente dovrò comunque turarmi il naso (non condivido molte delle loro posizioni) ma questa volta, per la prima volta in vita mia (dato che siamo in guerra) anch'io metterò la famosa crocetta. Se non altro, come segnale.
EliminaSaluti cordiali
Sarà perché dalla tv vengono in questo momento voci tipicamente siciliane, ma "incaprettamento" è il termine che mi viene in mente e che bene descrive l'effetto dell'€uro sull'Italia, magistralmente illustrato dai tuoi grafici in questo e nel precedente post sulla crisi, che sarebbe finita ... (DAR).
RispondiEliminaDiciamo che, anche non votando chi facilmente sappiamo di non dover votare, chi non dobbiamo votare può comunque essere avvantaggiato votando invece uno fra i tanti che, seppur difficilmente, possiamo votare. Bisognerà scegliere quale obiettivo si vuole raggiungere
RispondiEliminaApplausi. Solo sinceri applausi. E sempre più mesti e rattristati
RispondiEliminaAttendo, non senza cupidigia emotiva, la parte dedicata al Sig. Micossi, quello, per intenderci, appassionato di filmini pornografici da proiettare a beneficio degli adolescenti affinché rigettino il cambio libero e, conseguentemente, il brigatismo rosso, l'autarchia e la guerra.
RispondiEliminaVoglio proprio vedere come sia possibile mantenersi, in quella circostanza, in questa compassata soavità di linguaggio verso gli interlocutori "scientifici".
Prima ancora del PD devono scomparire i radicali, che dietro il pretesto dei diritti cosmetici hanno sempre combattuto i diritti sociali all'insegna del più becero ultraliberismo.
RispondiEliminaSarebbe bello cercare qualche studio di storico o altro tipo di intellettuale sulla vera essenza del fascismo. Magari c'e' gia'. Basta che sostituisca il noto elenco di tratti caratteristici di Eco. I
RispondiEliminaVoglio solo sottolineare un punto metodologico. L'on. Della Vedova gioca al piccolo liberale, o meglio al piccolo liberista. Ciò rende ancor più paradossale il suo diniego del fatto che il tasso di cambio conti!
RispondiElimina***
Egregio Professore, si vuole fare quattro risate alle spalle di questi fasulli? Faccia come me.
Quando incontro uno di questi sedicenti liberali che proclamano con toni roboanti la loro fedeltà al libero mercato e all’individualismo e ai diritti dell’individuo lo abbracci simulando commozione e dico
CARISSIMO. CHE PIACERE INCONTRARE UN LIBERALE COME ME E PERDIPPIU’ CONVINTO ED INCAZZATO COME ME
PENSA CHE STO ORGANIZZANDO UNA MANIFESTAZIONE CONTRO
1) LE TASSE TROPPO ELEVATE CHE CI HANNO MOLLATO DAL 2011 IN POI
2) L’ANAGRAFE TRIBUTARIA E TUTTE LE ALTRE SCHEDATURE COMUNISTOIDI CON CUI CI CONTROLLANO DAL 2011
3) CONTRO LE BUROCRAZIE MA NON SOLO QUELLA NAZIONALE MA SOPRATTUTTO QUELLA DELL’UNIONE EUROPEA CHE E’ LA PIU RAPACE E PIU’ STRAPAGATA E PIU’ INVASIVA
TU SARAI SICURAMENTE AL MIO FIANCO IN PRIMA FILA. DAMMI NOME E COGNOME PER IL MANIFESTO ORGANIZZATIVO
Unica precauzione: si assicuri prima di non avere a che fare con un cardiopatico.
Nel frattempo, in una galassia lontana lontana...
RispondiElimina"Diagnosing the Italian Disease"
by Bruno Pellegrino, Luigi Zingales
NBER Working Paper No. 23964
Issued in October 2017
NBER Program(s): EFG PR
We try to explain why Italy’s labor productivity stopped growing in the mid-1990s. We find no evidence that this slowdown is due to trade dynamics, Italy’s inefficient governmental apparatus, or excessively protective labor regulations. By contrast, the data suggest that Italy’s slowdown was more likely caused by the failure of its firms to take full advantage of the ICT revolution. While many institutional features can account for this failure, a prominent one is the lack of meritocracy in the selection and rewarding of managers. Familyism and cronyism are the ultimate causes of the Italian disease.
Ma stra-#DAR! Poi me lo leggo. Povero Zingy: sempre col treno del digitale, quello che abbiamo perso il primo gennaio 1997... Comunque, vedete: il tema che questo blog ha portato all'attenzione del pubblico il primo maggio 2013 è IL TEMA. E Zingales ha ovviamente torto, anche se non può agire altrimenti: ammettere ciò che è ovvio implicherebbe la necessità assoluta di lasciare immediatamente l'euro, cosa per la quale lui non è pronto. Sarà carino vedere come hanno fatto dire ai "data" quello che ci raccontano nell'abstract...
EliminaTry try Zinghy!
Elimina"Eight miles high and when you touch down
You'll find that it's stranger than known"
Oggi ho visto il video e mi è apparso in molte scene grottesco, spaventosamente grottesco, ciò non mi ha consentito di riderne come sarebbe opportuno fare.
RispondiEliminaSono questi video che permettono di vedere e sentire la protervia di certi personaggi.
Non provare un sentimento di rancore mi è difficile, di certo non nascondo il disgusto che mi provocano, ancor più quando sfoggiano qualche parola in lingua straniera, per sentirsi più europei e meno italiani, i quali secondo qualcuno essendo del sud sono sudici...
...e qui devo essere daccordo perchè anche in Italia ci sono persone davvero sudicie, per nostra fortuna non sono poi tante.