mercoledì 18 settembre 2019

Leuropa e Lapace: la parola alla scienza

(...mentre a Pontida i fascioleghisti si dedicavano al loro sport preferito, il linciaggio dei martiri della democrazia, dei non violenti, due fascioleghisti, caratterizzati, com'è noto, da un livello di istruzione insufficiente, si intrattenevano, scambiando fonemi gutturali accompagnati da un rude linguaggio gestuale, su un tema speculativo, e quindi per ciò stesso fuori dalla loro portata: è scientificamente fondato affermare che Leuropa ci abbia dato Lapace, così come si sente affermare comunemente nei dibattiti? Il riassunto di quella conversazione è nell'email che vi riporto, che uno dei due fascioleghisti, quello che l'ha inviata, ha fatto tradurre dal bergamasco in italiano avvalendosi di un traduttore "de sinistra" - quindi uomo di mondo - e l'altro fascioleghista, quello che l'ha ricevuta, cioè io, fa leggere a voi, un po' perché io ormai capisco solo il bergamasco, e un po' perché se anche fosse scritta in bergamasco sicuramente non capirei quello che c'è scritto, non avendo conseguito presso la Facoltà di Statistica della Sapienza un dottorato in Scienze Economiche, a differenza di certi scienziati...)


Buongiorno Senatore Bagnai,

Come mi ha chiesto ieri a Pontida le invio l’articolo peer reviewed in cui si arriva alla conclusione che l'ultimo periodo di pace in Europa non è statisticamente significativo e che servirebbero ancora circa 150 anni di pace perché si possa dire che l’Europa è diventato un posto più pacifico dalla fine della Seconda guerra mondiale.

In questi mesi negli USA l’articolo è stato ripreso da diversi giornalisti.

L’autore è Aaron Clauset, Professore alla Colorado Boulder e membro del Santa Fe Institute for Complexity Studies. Clauset è considerato uno dei massimi esperti di analisi dei processi complessi. Suoi alcuni lavori molto citati sull’analisi quantitativa del terrorismo, e suoi alcuni metodi statistici oggi diffusamente usati per il test di ipotesi e la stima di parametri nel caso di distribuzioni power-law (NdCN: che personalmente avrei chiamato "leggi di potenza", con la "p" minuscola...).

Qualora possa interessarle, aggiungo alcune considerazioni personali.

(NdCN: qui ho tremato per lui, ma invece, come vedrete...)

L’articolo è molto rilevante perché pone fine a un dibattito che negli ultimi anni ha diviso la comunità di scienziati politici che si occupano di guerre e sicurezza internazionale. Fino a questo studio era predominante la corrente liberale, secondo cui la guerra sta diventando via via meno frequente per effetto dei processi di integrazione economica e del libero mercato.

Massimi esponenti di questa corrente di pensiero i liberali Azar Gat e Steven Pinker. In ultima analisi questi due sono i discendenti di Normann Angell, che nel 1909, in « The Great Illusion », argomentava che l’integrazione economica e politica degli stati europei aveva ormai reso la guerra in Europa un’opzione improponibile (NdCN: spectacularly ill-timed, un po' come il noto articolo di Frankel e Phillips, 1992, che affermava la raggiunta credibilità dello SME, o l'altrettanto - a voi - noto articolo di Jonung e Drea, 2010, che sosteneva come l'euro non se la stesse poi cavando così male, al contrario di quanto le solite malelingue avevano previsto).

Verso la fine di quest’anno dovrebbe uscire in italiano https://twitter.com/matteosalvinimi/status/1174069679809277953?s=20n iii« Only the dead : the persistence of war in the modern age », del Prof. Braumoeller, della Ohio State, che si propone di ricapitolare tutto quello che si sa ad oggi sull’analisi quantitativa dei conflitti e arriva alla conclusione che la guerra permane un rischio concreto, a dispetto del pensiero liberale.

A questo proposito mi viene in mente il lavoro di ricerca di Susan Woodward, del King’s College (NdCN: veramente mi sembra che sia a CUNY...), pubblicato in « Socialist Unemployment » in cui analizza come il dissolvimento della Ex-Yugoslavia e l’esplosione della violenza etnica siano stati resi possibili dalle politiche di austerity del FMI, dal debito denominato in dollari, dalle privatizzazioni.

In effetti, i lavori di Manus Midlarsky sull’eziologia del genocidio nel ventesimo secolo (« The Killing Trap ») e i lavori di Thomas Schelling sui processi di polarizzazione delle comunità multi-etniche portano al risultato che, per citare Midlarsky, « impoverimento della popolazione e società multiecnica sono una miscela esplosiva ».

Un’ultima nota: Libermann, in « Does Conquest Pay ? The exploitation of Occupied Industrial Societies » si pone il problema di quanto PIL si possa estrarre da una società industriale occupata militarmente, usando il case study delle occupazioni naziste. Se ricordo bene arriva a un limite del 30%. Si potrebbe usare questo dato come unità di misura per calcolare quanto sia distante da un’occupazione di tipo nazista il danno prodotto dalla Trojka in Grecia: tot anni di Trojka economicamente corrispondono a tot anni di occupazione nazista.

Ovviamente, essendo io un becero fascio-leghista, questa letteratura scientifica non l’ho mai letta, ma se l’avessi letta penserei che, posta in chiave divulgativa, sarebbe un interessante seminario per la scuola di formazione della Lega.

Grazie.

Cordiali saluti.

Fascio Leghista


(...compagno? Sì, tu, che ti aggiri per curiosità fra queste pagine! Come faccio a sapere che ci sei? Lo so, e basta. Volevo rassicurarti: la conversazione cui alludo non è mai avvenuta, e questa lettera non è mai stata scritta, quindi non è mai stata da me ricevuta, perché voi, solo voi, a sinistra, solo voi, il sale della Terra, i buoni, siete in grado di accedere alle fonti del sapere scientifico, che comunque non sono tali se non avvalorano le scemenze verità da voi propugnate. Quindi, ad esempio, se anche la lettera fosse stata scritta, non sarebbe comunque vero che Clauset ha 20731 citazioni, che Midlarsky insegna alla Rutgers, ecc. Tranquillo, tranquillo, noi siamo rozzi, noi non ci arriviamo: ci arrivate solo voi, i buoni, quelli che, in quanto buoni, possono esercitare qualsiasi violenza sui loro avversari, perché gli avversari dei buoni sono i cattivi, cioè quelli contro cui qualsiasi violenza, qualsiasi sopruso, qualsiasi squadrismo è lecito. Ecco: volevo proprio dirti che siccome oltre che cattivi siamo anche stupidi, puoi continuare a dormire tranquillo. Poi, noi, nella nostra ansia di redenzione, nel nostro anelito di elevarci al livello dei buoni, quando una lunga espiazione ci avrà purificato, quando ci saremo redenti dalla nostra tara originale, in poche ore faremo quello che voi, i buoni, vi proponete di fare. Ma siccome noi siamo cattivi, e stupidi, tranquillo, rilassati: quel momento non arriverà mai! Fidati! Si sa che io le previsioni le azzecco: e questa - quale? - è la previsione fondante di questo blog...)

(...ah, ovviamente voi vedrete come al solito il bicchiere mezzo vuoto. Io invece vedo quello mezzo pieno, ma per spiegarvi perché dovrei, con quelle competenze storiche e geografiche che da fascioleghista non ho, raccontarvi di quando, a 27°04′00″N 142°12′30″E, alcuni giapponesi cenarono col fegato. Eh, no, non il loro... ma non voglio tediarvi con questi dettagli! Ci ho già annoiato a lungo il capogruppo Molinari, nel corso di un alterco gutturale, di quelli che a noi sono propri. E poi, che ve ne importa!? A voi, Leuropa ha dato Lapace, e quindi voi state tranquilli, mentre noi ci mangiamo o comunque ci mangeremo il fegato, incapaci di comprendere le meraviglie della deflazione salariale, e dell'intrinseca instabilità sociale, determinate dall'esercito industriale di invasione...)

(...per i turisti del dibattito: il motivo per cui qui c'è la parte sana della nazione è che solo qui ci sono persone in grado di leggere un post simile e tutti i suoi link, o almeno di sforzarsi a farlo. Provateci anche voi, cari turisti del dibattito: capirete che in questo paese, senza che ne foste consapevoli, stava succedendo qualcosa. Non senza fatiga si giunge al fin. Ma questo, se sei di sinistra, non sai né chi l'ha scritto, né dov'è scritto...)

44 commenti:

  1. "L'alterco gutturale" tra il Prof. e Molinari. Magnifico.

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  2. Insomma... un altro ingegnegnere

    https://www.colorado.edu/cs/aaron-clauset

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  3. Una conversazione davvero interessante.
    Se fosse avvenuta, ovviamente.

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  4. Prof. che dire ... semplicemente di livello superiore!

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  5. Prof. che dire ... semplicemente di livello superiore!

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  6. Nel lontano 1997 nacque uno psefologo...E voi chi cazzo siete!? Ma tornate a pascolare a Pontida, capre!

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  7. Steven Pinker è un linguista chomskyano che non ci ha capito mai una mazza in linguistica: naturalmente insegna a LHarvard e fa il liberale che ama i poveri con uno stipendio da favola.

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  8. Un gutturale: brao scet.
    Vun fascioleghista debla prima ura.

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  9. Me lo ricordo molto bene, Ante Marković e la “sua moneta forte e stabile” (7 dinari per un marco tedesco).
    Riporto questo brano da Wikipedia. Può darsi che non piacerà al “compagno”, ma tranquillo, questo non c’entra niente con Leuropa e Lapace.

    “Marković divenne primo ministro jugoslavo nel marzo 1989 a seguito delle dimissioni di Branko Mikulić. Dopo che tale decisione era diventata pubblica, gli Stati Uniti avevano anticipato la loro cooperazione con Marković, riconosciuto come "favorevole alle riforme in direzione del mercato". La BBC dichiarò che egli era "il migliore alleato di Washington in Jugoslavia ". Alla fine dell'anno, Marković, in obbedienza alle direttive del Fondo monetario internazionale, lanciò un nuovo e ambizioso programma di riforme economiche senza precedenti, tese al superamento del socialismo autogestionario, su cui si basava l’economia jugoslava; tra cui la stabilizzazione della moneta e le privatizzazioni, così come un programma di liberalizzazione degli scambi limitati. Il risultato della sua riforma monetaria fu un arresto temporaneo dell'inflazione che portò ad un aumento di breve durata nei livelli di vita, altrimenti in forte calo. Tuttavia, la breve durata dell'effetto delle riforme economiche intraprese da Marković portò a un declino nel settore industriale della Jugoslavia.”

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  10. Eniente, come al solito non è avanti, molto di più.
    Saluti

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  11. Scusi Prof. Però così non vale! In mezza pagina mi squaderna due anni di letture da fare! Di già che sono in affanno con l'arretrato!

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  12. Un gran lavoro, questo articolo, e molto importante. Complimenti. Forse diviso in dosi più piccole, ma è da diffondere il più possibile.

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  13. Mi chiedo uno come Bagnaia che ci fa nella lega. O per meglio dire: che ci fa nella lega di salvini?

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    1. Beh, Bagnaia non so chi sia, ma sono contento che Bagnai stia nella Lega :)

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    2. Lo stesso si potrebbe dire, a maggior ragione, per tutti gli altri partiti, che per anni hanno deliberatamente ignorato (e talvolta denigrato) le spiegazioni del Professor BAGNAI.

      Quindi, ben venga la Lega.

      Per rubare le parole del Senatore "de hoc, satis".

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    3. Bagnaia è nella MotoGp, non nella lega!
      Fa il pilota di moto.

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    4. ....eniente....un altro che s'è perso i fondamentali....

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  14. Grazie. È un piacere leggere un contenuto di qualità.

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  15. La cosa, secondo me, da capire è: Se l'impoverimento della popolazione e società multietnica sono una miscela esplosiva,chi alimenta questa miscela vuole la guerra? O vuole usare il pericolo della guerra per imporre dittature?

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    1. @ francesco Forse entrambe le cose oppure,a secondo delle situazioni e delle contingenze geopolitiche o storico-geografiche,l'evento più efficace e/o conveniente.

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  16. "La conquista del potere politico è divenuto il grande dovere della classe operaia"~Marx 1864~( associazione internazionale dei lavoratori ). Essere compagno del movimento operaio o essere di "sinistra" sono due concetti distinti.

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  17. Quella che Leuropa ci ha dato Lapace è sempre stato argomento risibile da sé; che esistano ricerche più serie sulle cause della guerra e della pace è cosa che rasserena, ed elimina quel senso di fastidio che si prova di fronte a giornalisti e media in genere, ben bene foraggiati, che in bella copia trascrivono le veline che gli vengono passate. Del resto di gente che “fa” il fascista pro domo sua, ce n'era, ce n'é, e ce ne sarà sempre. Di loro il mondo manterrà memoria solo per le latrine piene, direbbe Leonardo da Vinci.
    Per quanto riguarda invece l' “esercito industriale di invasione” l'esempio della Bellanova, in vario modo giustamente dileggiata, è un esempio ambiguo; chi la fa troppo facile non riflette a sufficienza.
    Chi ritiene che gli eredi della sinistra si vadano smascherando in ogni cosa che dicono, chi ritiene che costoro siano italiani solo anagraficamente e collaborazionisti dell'asse nei fatti, ha ogni ragione; e allora?
    Beh, c'è da prendere in considerazione che la Bellanova, raccolta proprio intorno alla sua contraddizione e dunque pochezza, è infine pugliese, e con ogni probabilità, alta probabilità, quando parla si riferisce al suo territorio; a quello in cui in anni passati combatteva il caporalato, cosa di cui ora, evidentemente, sente meno l'oppressione morale.
    Ma, dunque, perciò stesso, la questione si fa cornuta. Altamente ambigua!

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  18. ho letto lo studio e lo trovo veramente interessante: ho delle conoscenze di base di statistica che purtroppo per ora non si avventurano nei metodi montecarlo ecc. e quindi non ho la piena comprensione delle analisi numeriche trattate, ma vorrei fare un paio di domande che mi sono sorte leggendo sperando che qualcuno nei commenti possa darmi delucidazioni in merito:

    ho visto che lo studio classifica le guerre per battle deaths, cioè morti in battaglia, immagino sia riferito ai soli soldati morti o al più sia esteso ai civili morti come "collaterals" (come si dice oggi) delle suddette battaglie, escludendo quindi una fetta di vittime non indifferente, non solo per il numero, ma soprattutto perchè nelle guerre più recenti sta diventando sempre più marcatamente la parte maggioritaria delle vittime (per fare esempi concreti, prendo wikipedia come fonte, mentre nella 1 guerra mondiale abbiamo 8-10 milioni di morti militari e 5-6 milioni di morti civili (rapporto 2 a 1) https://en.wikipedia.org/wiki/World_War_I_casualties , nella seconda abbiamo 21-25 milioni di morti militari e 48-58 milioni di morti civili (rapporto 1 a 2 circa) https://en.wikipedia.org/wiki/World_War_II_casualties , e ancora guerra in vietnam https://en.wikipedia.org/wiki/Vietnam_War_casualties circa 250000 militari e 587000 civili (1 a 2 circa), guerra del golfo https://en.wikipedia.org/wiki/Gulf_War#Casualties circa 66000 militari e 140000 o 200000 civili (1 a 3 circa), ecc. ecc. e queste sono guerre in cui ancora non c'erano i droni, il che fa supporre che la proporzione andrà via via peggiorando a sfavore dei civili.
    considerando questo, la scelta di considerare solo le battle deaths va ovviamente a sottostimare la mortalità della guerra e tanto più la sottostima quanto più ci avviciniamo ai giorni nostri (a spanne). posso capire i perchè di questa scelta (le battle deaths sono sicuramente più precise del computo totale, non bisogna avere a che fare con barre di incertezza enormi con tutta la conseguente analisi delle incertezze da fare sul dato di base che magari può essere considerata trascurabile, non avere il problema di decidere quali morti vanno considerati nel computo (es: i morti di spagnola li considero come vittime della guerra perchè morti anche a causa della scarsità di mezzi e risorse dei paesi in guerra o non li calcolo perchè la spagnola è un virus che si faceva i fatti suoi e non c'entra niente con la guerra?) ). ma considerando che la frequenza delle guerre (fig.1) non cambia ma il numero delle vittime sì se consideriamo i civili, come cambierebbe il grafico di fig 1 e il calcolo di alfa in fig. 2? così a naso mi aspetto un alzarsi delle colonnine delle vittime nella metà destra del grafico, ma sono abbastanza da cambiare le conclusioni in maniera rilevante o diventano solo una variabilità aggiuntiva in un dato tutto sommato inalterato in larga scala? mi aspetto anche che il parametro alfa abbia una pendenza un pò meno negativa e che in qualche modo cambi la stima sull'anno in cui ci possiamo aspettare una guerra sanguinosa come la seconda guerra mondiale (fig 5). quest'ultima come cambierebbe considerati questi fattori? si avvicinerebbe contando un aumento delle vittime negli ultimi anni o si allontanerebbe considerando l'aumento delle vittime totali della seconda guerra mondiale considerati i civili? e infine, considerando che ci sono delle guerre rimaste fuori dall'analisi (che arriva al 2003 e quindi mancano libia, dombass, ecc.ecc.) cambia qualcosa in modo sostanziale o sono nei valori di aspettazione del modello?

    grazie a chi mi saprà rispondere

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  19. .. in questo paese stava succedendo qualcosa, eccome! Quando ne avranno consapevolezza sarà tardi. Per loro

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  20. Perdonatemi, ho seguito il link, mi sono scaricato l'articolo peer reviewed di Clauset, ho letto l'abstract, e qualcosa non mi tornava. Ho cercato le occorrenze della parola "Europe" trovando solo 2 "European" di cui una in "References and Notes". Quindi di cosa stiamo parlando? Di come l'interdipendenza economica a livello mondiale possa ridurre i conflitti, o di come l'Unione Europea li abbia eliminati?

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    1. Lo studio di Clauset analizza il "Correlates of War interstate conflict data set" che comprende TUTTE LE GUERRE NEL MONDO TRA il 1823 e il 2003. Queste guerre worldwide vengono utilizzate per costruire un modello che fornisca la verosimiglianza di una guerra mondiale nel futuro.

      Lapace come contrario de Laguerra è il focus, ma i dati su Leuropa non sono minimamente disaggregati.
      Utilizzare quindi questo modello per trarre conclusioni sull'UE non mi pare la scienza, ma Lascienza.
      A meno che non si pensi, e potrei essere d'accordo, che l'UE debba non solo evitare la guerra in Europa ma anche quella in Siria.

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  21. "If the statistics of interstate wars are genuinely stationary, the risk over the next century of a very large war is uncomfortably high".

    Ovvero: amici, non fatela tanto lunga sulla Germania, sulla Francia il franco CFA e via discorrendo. La probabilità che ci daremo legnate a livello globale è molto più alta.

    Commento del turista del dibattito (in fondo lo siamo tutti):
    1. Il liberismo ci deve preoccupare. Ci vorranno altri 150 anni per dimostrare se riduce statisticamente le guerre. Ovviamente saremo tutti morti.
    2. (auto-commento ripreso dal testo dell'articolo) "A lungo termine, alcuni dei processi che promuovono la guerra da uno stato all'altro potrebbero essere intimamente correlati a quelli che la riducono a breve termine, attraverso circuiti di feedback, compromessi o effetti di contraccolpo. Ad esempio, il persistente fascino del nazionalismo, la cui diffusione può aumentare il rischio di guerre inter-statali, non è indipendente dall'approfondimento dei legami economici attraverso la globalizzazione. L'indagine su queste interazioni sarà una direzione vitale per il lavoro futuro nella ricerca sui conflitti. Tuttavia... non è chiaro se il modello di pace del dopoguerra continuerà o se la formazione e l'eventuale scioglimento dei periodi di pace siano parte integrante di un dinamismo... del sistema."

    Quindi, cari leghisti, se non l'avete capito, siete la nuova sinistra in questo paese. Volete un modello economico scandinavo, perseguite la redistribuzione del reddito ma, soprattutto, osteggiate il liberismo che ci condurrà alla guerra (e l'euro che ne è il braccio armato).

    Io sono favorevole e voterò Lega ma tanto ERO di sinistra!




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  22. Mi pare tutto coerente, anche la Madonna ha un sacco di citazioni

    Parcere subiectis, debellare superbos

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  23. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  24. G. Lazzati, Il fondamento di ogni ricostruzione, Milano, Vita e Pensiero, 1947. Citato in Paolo Pombeni, Il gruppo dossettiano e la fondazione della democrazia italiana (1938 - 1948).

    Solo i titoli, hanno notevole forza evocativa per alcuni di noi, ma vediamo perché. Chi mi conosce sa che non sono mosso da smania polemica.

    "Le riflessioni che Lazzati aveva pensate, scritte e dette in campi di concentramento germanici vennero tardivamente pubblicate, nel 1947, dall' editrice dell' Università Cattolica perché fossero guida ferma ed illuminata sulla via di un verace ed integrale umanesimo. L' opuscolo mostra con evidenza di essere la pubblicazione di uno scritto preparato nella prigionia, senza aver subito, sembra, ritocchi: la stampa in un momento abbastanza lontano (finito di stampare il 31 luglio 1947) rispetto alla stesura fornisce un' idea dell' affetto dell' autore per le idee in esso esposte.
    E' uno scritto eminentemente religioso, ma proprio per questo importante nel dare una traccia del sentimento religioso che mosse buona parte del gruppo dossettiano e che sta alla base della sua aggregazione, mentre di questo specifico aspetto della riflessione è rimasta scarsissima traccia[...]

    [...](Scrive Lazzati) Ed è qui, soprattutto, che coloro che per divina sorte sono chiamati a conoscere il mistero di Cristo ... sentono il valore religioso di ogni conoscenza pur solo razionale; per essi a tale certezza consegue il culto della verità con le norme di umiltà e di rispetto che la ricerca della verità esige.

    Si rifletta sul salto quantitativo che questo portava a compiere nell' approccio verso le scienze umane, non più viste come semplice appendice apologetica a verità preconosciute nello studio della dottrina religiosa[...]

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  25. [...]Da questa premessa segue una impostazione sostanzialmente pessimistica circa la situazione dell' uomo nella storia [...] La storia è vista come momento di documentazione del limite umano:

    Lazzati Tale incapacità è largamente documentata dalla storia, la quale meglio si comprenderebbe se, invece di farne, come vuole la corrente umanistica, una esaltazione dell' uomo, se ne facesse una dimostrazione del suo limite. Questo non vuole dire negare ogni valore all' uomo, privo di Rivelazione e di Grazia, che di fatto dimostra nella sua realtà storica di poter giungere bene in alto sebbene il suo cammino sia lento e non privo di errori.

    Su questo sostrato interpretativo Lazzati costruisce sia la sua analisi della crisi che la sua proposta ricostruttiva.
    La crisi è spiegata principalmente in una deviazione edonistica dello spirito sociale che ha sostituito al fine-uomo il fine-ricchezza o il fine-piacere [...]

    Lazzati C' è modo e modo di intendere la libertà ed in questo particolare momento storico, per noi usciti da una esperienza politica negatrice di fatto delle libertà connesse ai diritti fondamentali della persona umana, c' è pericolo che la fascinosa parola venga presa nel suo significato più superficiale o esteriore, come, cioè, quel complesso di condizioni ambientali in cui ciascuno possa esercitare i propri diritti senza ingerenze statali che ne lo impediscono. Non voglio screditare il valore di tale significato; anzi sostengo che la libertà così concepita, condizione cioè dell' esercizio delle personali libertà di coscienza, di professione, di istruzione, ecc. è condizione indispensabile allo sviluppo della persona stessa. Il guaio è che pure in così fatta apparente libertà, è possibile vivano degli schiavi...."

    La faccio breve Prof., La critica di Lazzati al LIBERALISMO non è sommaria, ma ferma nel ritenere necessario l' intervento dello stato in economia e le esperienze sociali come concepite appunto nel secondo comma art. 3 della Costituzione italiana.

    Chiudo con Lazzati Certo sono ben lontane dalla preghiera certe usanze che riducono l' uomo a biascicare tiritere e baciucchiare immagini o medaglie come troppo spesso ho veduto fare nei campi di concentramento e che non fanno che attirare disprezzo sui cristiani, mentre restano ignorate le forme delle vere preghiere dalla liturgica alla privata. "La proposta religiosa è fatta con rigore, conclude Pombeni, come incentrata sulla preghiera e sulla meditazione, oasi di raccolto silenzio, fuori quindi di ogni identificazione attivistica in pubbliche funzioni."

    W la Resistenza = #goofynomics Le mie riflessioni sui pericoli che stiamo correndo in merito all' operazione politica di Alberto le ho esposte su twitter. Spazio e tempo.

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    1. L'esperienza degli IMI fu molto dura. Per alcuni durissima; per i militari ebrei o socialisti fatale. Per tutti quelli che rifiutarono di aderire alle varie campagne di reclutamento per combattere al fianco dei tedeschi o nella RSI, va grande rispetto per la loro coerenza con il loro giuramento al re e coraggio, visto che ne scontavano subito le conseguenze. A parte gli ebrei e quelli di orientamento politico socialista che morirono quasi tutti, ne morirono un altro 5%, di fame, stenti e malattie, pagando con la vita la loro coerenza.
      Dobbiamo qui supporre che il pensiero di Lazzati prenda legittimità dal solo fatto che fu un internato?
      Certo il suo discorso può prenderne vigore, e questa sua drammatica esperienza va tenuta in conto e rispettata, ma tuttavia occorre considerare che su altri fronti, in altre circostanze, quello stesso filo del discorso cattolico, che in alcuni casi portò ad atti d'eroismo anche più alti e fatali, in altri casi portò a commistioni che successivamente, a pace riconquistata, divennero fonte di imbarazzo.
      La figura di Lazzati viene forse rivalutata anche per qualche forma di scrupolo in proposito dunque, la qual cosa è sempre lodevole ed elogiabile; restano però quelle ambiguità irrisolte del pensiero cattolico, il quale pare a me ancora lacerato, e complessivamente non riscattabile dalla semplice adesione ad un generico keynesismo per polemica contro il liberalismo. Il cattolicesimo può fare molto di più, ha gli strumenti ideali e la storia secolare alle spalle che lo consentono. E, dunque, ci si attenderebbe molto di più; l'esito del cristianesimo non può essere un generico ecologismo.

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    2. Non fraintendiamoci Matteo, anche se non è agevole, un po' per limiti miei, e un po' perché il prof. Pombeni scrive questo bel libro sul gruppo dossettiano e la fondazione della democrazia italiana nel 1979, e chi non mi segue su twitter, o si compra il libro e lo sfoglia, oppure non ha accesso ad alcune pagine che ritengo significative per "grezze", spero utili, analogie e per stuzzicare la mia (e la vostra) corazza culturale nel cogliere come lavora uno storico.
      Come fai Matteo a parlare di generico keynesismo? siamo negli anni '40, nel '47 si sta pensando e scrivendo una Costituzione, ciò che tu chiami keynesismo, se esiste, è sostanzialmente quello militare, la Teoria generale di Keynes è del '36 se ricordo, la sua influenza carsica è una ricerca fuori dalla mia portata, non a caso in un commento cito Sergio Cesaratto. Su Cronache sociali solo Caffè fa esplicito riferimento alla Teoria generale, ma non lo assume dogmaticamente, anzi, non rispamia critiche al governo laburista.
      In prima battuta direi che l' Italia, con pochi storici, non va lontano.

      Il punto è: perché la sensibilità storica di Pombeni si concentra sull' apporto del gruppo di intellettuali di casa Padovani, combattendo contro altri lavori apologetici sul leader Dossetti (leader per caso del resto), in un momento nel quale la cristianità (l'azione cattolica, il gruppo dei laureati, gli ex-popolari, l' episcopato, i cattolici di sinistra, i cattolici comunisti, Pio XII, i cardinali...) post concordato, e post rivoluzione russa s' interroga sul #famoerpartito?

      La risposta la fornisce lo stesso Pombeni, non si comprendono le divisioni e le dinamiche interne alla DC che accompagnano la storia della Repubblica, se non capiamo la frattura che si consuma all' interno di questo gruppo, e il contrasto politico tra Dossetti e De Gasperi.
      Io del resto tra i La Pira, Lazzati, Fanfani, Moro, Amorth, Caffé, Mortati ho voluto portare qui Lazzati per due motivi: il primo è che il lavoro di scrematura delle fonti lo aveva fatto Pombeni trent' anni fa, quindi uso il suo libro come monografia, ma anche come manuale per un primo orientamento. Il secondo motivo lo illustra sempre Pombeni, non si capisce l' apporto di questo gruppo alla costituente, e l' influenza che questi intellettuali, di estrazione culturale affatto omogenea, esercitarono nel mondo cattolico, se perdiamo traccia della dimensione religiosa di questa composita aggregazione, fatta di incontri privati, spontanei, che matureranno di agire nella politica nazionale più come gruppo di opinione, piuttosto che come corrente organizzata di un partito, che all' inizio della loro riflessione manco esisteva: Dossetti scrisse: fate politica nei partiti che che ci sono, (ma i voti degli ex-popolari se li ricordavano in molti). Come si doveva porre questo partito? (E siamo nel 1944).

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    3. Passiamo alle analogie (utili?), spero di sì.
      La scelta di Alberto ha posto alla nostra comunità una esigenza dialettica con il partito che lo ha candidato ed eletto. E stando a quanto scrive Claudio su twitter, ma lo ha chiarito anche al goofy7 (o era il 6?) forse si porrà l' esigenza di un nostro contributo diretto. Questo ci dovrebbe far riflettere su come si sta in un partito, dopo la violenza che ci è stata fatta in questi 8 anni (per me 5, o 25, a seconda del focus che uso), interrogandoci sul perché Dossetti ritenne, dopo l' esperienza costituente e la scelta di Fanfani di farsi nominare ministro da De Gasperi nel 1947, di non candidarsi al parlamento (dovette però fare marcia indietro per pressioni vaticane, e risultò eletto).

      Dalla lettura emergono due punti significativi di contrasto tra Dossetti e De Gasperi, due uomini che si stimano molto.
      Il primo riguarda il partito, Dossetti ne coglie lucidamente la funzione di acculturazione politica nella società, mentre per De Gasperi è il semplice strumento per ottenere la fiducia in Parlamento (quell' appiattimento del partito alle esigenze di governo che denunciai su twitter questo inverno).

      Il secondo, è intrisicamente legato al primo, riguarda l' ideologia: la crisi della democrazia è risolta con la caduta del fascismo, oppure, citando Lazzati, lo scopo è darsi ragione di questa nostra sventura. Se la "società di massa" ha posto le fondamenta della crisi del sistema liberale, allora sono necessari nuovi modelli entro cui costruire un diverso rapporto tra forze sociali, tra esseri umani. Pensiero estraneo a De Gasperi. Per Lazzati l' origine della crisi è il peccato, quindi l' invito all' OASI DI RACCOLTO SILENZIO ha significato di proposta politica che verte sull' interiorità.
      Ho cercato di interrogarmi sul concetto PECCATO, e seguendo Mauro Scardovelli l' ho identificato col concetto laico di NARCISISMO.

      Ma se i libri non si leggono, e se perdiamo l' abitudine ad ascoltare gli uomini, Dossetti direbbe:"non ci sono le condizioni politiche". Grazie Alberto per la replica.
      Spero Matteo che ti risulti più chiaro il perché del mio commento.

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    4. Non ho nulla da dire su una cosa di cui non so nulla, e cioè riguardo alla sollecitazione di Alberto posta alla vostra comunità. Nulla so della sollecitazione e men che meno della comunità vostra. Né è mia intenzione di affrontare l'attraversamento del deserto per formarmi quelle specifiche condizioni politiche che sembrano essere necessarie per dialogare con la vostra comunità. Assisterò in silenzio , esternamente, con la curiosità di vedere come va a finire.
      Posso solo aggiungere che il generico keynesismo veniva addirittura ulteriormente derubricato e classificato come marxismo spurio, perché tante erano le anime e avrà pure un peso il fatto che a prevalere furono i falchi, dunque di riflessioni da fare ce ne sarebbero tante, e in ultimo che, già trovando singolare declinare la crisi in termini confessionali, resto frastornato che s'approdi al narcisismo. La vostra comunità deve essere cosa ben strana. Lo dico con il massimo rispetto.

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  26. Di questo parliamo spesso nel Circolo Operaio di Lotta Comunista. Ogni volta che leggo i suoi post, mi chiedo come lei faccia a stare accanto ad un soggetto come MS. Boh, mistero...

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    1. E io mi chiedo come fa un operaio a stare ancora accanto a Lotta Comunista :-)

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  27. L'articolo del Prof. Clauset mi sembra un lavoro molto interessante. Quello che non mi convince tanto è l'assunzione iniziale che il numero di morti in battaglia, utilizzato come indice per il "war size", sia generato da una funzione di probabilità con due soli parametri. Non vi pare un po' troppo azzardato?
    Non pensate che il numero dei morti in guerra sia un processo che dipende da eventi come sviluppo tecnologico, crisi finanziarie, ascesa dei nazionalismi, trattati internazionali? Ed inoltre, la ricerca di un trend per la pace in europa debba tener conto, che so, partecipazione degli Stati al conflitto? In sostanza, non credo che il numero dei morti in guerra sia una variabile casuale, ma un processo stocastico da filtrare con componenti deterministiche, altrimenti Napoleone sarebbe stato solamente un piccolo corso fortunato.

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