Nel tentativo vano di mettere ordine nella mia posta mi imbatto in questa lettera:
Caro Senatore Bagnai
in un recente discorso al Senato Lei si è rivolto al Presidente Conte come “giurista e seconda carica dello Stato”, purtroppo la seconda carica dello Stato era in Aula in quel momento e Le aveva appena affidato la facoltà di parlare......
Che c'entra col 25 aprile? Secondo me c'entra.
Tutti avete visto che in aula mi stavo appunto rivolgendo al mio Presidente, quello che ho eletto, e che, come sa chi non è sceso oggi da Saturno, vuole essere chiamato "signor Presidente" (non "signora Presidenta"), perché ama l'Italia e la sua lingua. Tant'è che quando poi ho voluto rivolgermi a quello che invece non vorrei come Presidente del Consiglio, perché disprezza la democrazia e il Parlamento, l'ho chiamato esplicitamente Signor Presidente del Consiglio. Ma poi tutti sanno che in aula ci si rivolge al Presidente dell'Assemblea, e anche chi non lo sa dopo un po' lo impara: sono frequenti i richiami all'ordine in questo senso (l'art. 85 esplicitamente dice che "gli oratori parlano all'Assemblea", il che vale ad evitare battibecchi, e siccome "Signora Assemblea" non starebbe bene, all'Assemblea ci si rivolge per il tramite del Presidente, cosa che il Presidente appunto ricorda ogni volta che parte il battibecco, onde evitare che scatti l'art. 87 del Regolamento - e visto che siete così bravi, quello ve lo studiate da voi...).
Ma soprattutto, tutti dovrebbero sapere quello che voi qui avete imparato. La lunga strada di questo blog, quella percorsa insieme, e quella ancora da percorrere, è lastricata di attacchi kamikaze da parte di sconsiderati ebbri della propria sicumera e obnubilati dalla propria crassa ignoranza dei fatti, delle cose e delle persone, come il nostro nuovo amico diversamente ortografico (la punteggiatura è il marker sovrano: i puntini di sospensione sono rigorosamente tre).
Ecco, volevo dirvi questo: festeggiare il 25 aprile, per me, significa lavorare, come sto lavorando, per liberare anche un poverino simile, uno che pensa di insegnare a me che Maria Elisabetta Alberti Casellati, non Giuseppe "Pacchetto" Conte, è la seconda carica dello Stato. A uno così non possiamo pensare di spiegare la precisa intenzione politica e retorica di rivolgermi esattamente alla seconda carica dello Stato in un discorso in cui denunciavo il più violento attacco alla Costituzione mai perpetrato dal 1948 ad oggi: ci sono cose che se potessero essere capite non andrebbero spiegate. Una scarsa lucidità di simile ampiezza preoccupa, in un momento come questo. Ma non bisogna soggiacere alla tentazione di pensare: "Meno male che c'è la crisi: ora verrà a prenderti, e avrai meno tempo per disturbare chi ne sa più di te!"
Perché anche lui, anche questa persona cui ho dovuto dedicare pochi, preziosi secondi del mio tempo, devastati dall'inutilità e dalla sciocchezza della sua osservazione, è un italiano. Oppure, più prosaicamente, perché anche questa persona che non aveva niente di meglio da fare che mettere il suo nome e cognome sotto questa monumentale prova di ignoranza è un contribuente, è il cliente di qualcuno, ed è il fornitore, o il lavoratore, di qualcun altro.
Piaccia o meno.
Un organismo è fatto di tante cellule. O ci salviamo tutti, o non si salva nessuno. Questo è quello che mi avete chiesto, e questo è quello che sto cercando di fare. Magari ricordatevene anche voi. Capita sempre lo sciocco che ti dà ai nervi. Basta evitarlo. Se dovessimo ripartire solo con quelli che hanno capito che cosa è successo, diciamo che dovremmo affrontare una crisi demografica di ampie proporzioni. Non dimenticatelo mai. Il Paese lo dovremo ricostruire anche con chi lo ha distrutto e lo sta distruggendo.
(...no man left behind...)
L’economia esiste perché esiste lo scambio, ogni scambio presuppone l’esistenza di due parti, con interessi contrapposti: l’acquirente vuole spendere di meno, il venditore vuole guadagnare di più. Molte analisi dimenticano questo dato essenziale. Per contribuire a una lettura più equilibrata della realtà abbiamo aperto questo blog, ispirato al noto pensiero di Pippo: “è strano come una discesa vista dal basso somigli a una salita”. Una verità semplice, ma dalle applicazioni non banali...
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sabato 25 aprile 2020
domenica 19 aprile 2020
Il paese più colpito
Ieri, a pranzo, ascoltavo distrattamente il Gr su Radio3.
"La pandemia nel mondo conta oltre 150.000 vittime. Gli Stati Uniti il paese più colpito. Il Presidente Trump è accusato dai governatori democratici di fomentare le proteste contro il lockdown. La Casa Bianca rassicura: avremo 65.000 decessi, meglio del previsto. In Spagna superati i 20.000 morti, nel Regno Unito oltre 14.000 vittime."
(la mia memoria è scarsa, ma il podcast lo trovate qui).
Insomma, #hastatoTrump, ma questo, ormai, si sa, quasi non varrebbe la pena di dirlo. Eh, poveri statunitensi, mandati al macello da un leader irresponsabile...
La previsione di 65.000 decessi è impressionante: noi dolorosamente oltre i 23.000, e, purtroppo, la Spagna ci sta raggiungendo di gran carriera.
Ma...
Per quanto la previsione possa essere plausibile, e senz'altro interessante, a modo suo, dato che non è confrontabile con un dato effettivo mi è venuta la curiosità di andare a cercare quest'ultimo dove sapevo di poterlo trovare: alla Johns Hopkins University. Ora, le cose stanno così: negli Usa le vittime finora sono 38.664. Quindi, secondo Trump, ci sarà quasi un raddoppio prima della fine dell'epidemia. Speriamo che non vada peggio. In Spagna finora 20.043, in Italia 23.227 (dati di ieri).
Eh, sì: gli Usa sono il Paese che ha contato più vittime, quindi il più colpito...
Bè...
Ricordo a me stesso che gli Usa contano 329.311.764 abitanti, l'Italia 60.359.546 abitanti, la Spagna 47.198.000. E quindi le vittime sono finora: lo 0.01% della popolazione Usa, lo 0.04% della popolazione italiana e lo 0.04% della popolazione spagnola. Voglio dire che sono poche? Assolutamente no. Si tratta di una catastrofe di proporzioni innegabili. Voglio dire che se e quando gli Usa saranno colpiti come l'Italia e la Spagna, le sue vittime arriveranno a 329.311.764 x 0.0004 = 131.725 (il doppio di dove ritiene che si arriverà Trump).
Sarò più chiaro.
Ho capito che bisogna comunque veicolare l'idea che #hastatoTrump, ma descrivere come paese "più colpito" quello dove ci sono stati più morti semplicemente perché ci sono molti ma molti più abitanti (per la precisione: oltre il quintuplo) è senz'altro corretto (certo, ci sono stati più morti!) ma... ci aiuta a capire?
Secondo me no, e infatti io i media non li capisco. Ad esempio, sto ancora cercando di capire quella storia del tasso di disoccupazione "come nel 1977", per non parlare delle varie inflazioni che schizzano negli anni '90 et similia...
Credo che morirò senza capirlo, ma almeno, visto che sono in un paese "meno colpito", anche perché il contagio qui era impossibile (me lo hanno detto i detentori della verità "a due cifre"), sono ragionevolmente sicuro del fatto di non morire di coronavirus.
Siate prudenti e, soprattuttissimo, pazienti, perché di pazienza ce ne vuole veramente tanta ma tanta tanta tanta...
"La pandemia nel mondo conta oltre 150.000 vittime. Gli Stati Uniti il paese più colpito. Il Presidente Trump è accusato dai governatori democratici di fomentare le proteste contro il lockdown. La Casa Bianca rassicura: avremo 65.000 decessi, meglio del previsto. In Spagna superati i 20.000 morti, nel Regno Unito oltre 14.000 vittime."
(la mia memoria è scarsa, ma il podcast lo trovate qui).
Insomma, #hastatoTrump, ma questo, ormai, si sa, quasi non varrebbe la pena di dirlo. Eh, poveri statunitensi, mandati al macello da un leader irresponsabile...
La previsione di 65.000 decessi è impressionante: noi dolorosamente oltre i 23.000, e, purtroppo, la Spagna ci sta raggiungendo di gran carriera.
Ma...
Per quanto la previsione possa essere plausibile, e senz'altro interessante, a modo suo, dato che non è confrontabile con un dato effettivo mi è venuta la curiosità di andare a cercare quest'ultimo dove sapevo di poterlo trovare: alla Johns Hopkins University. Ora, le cose stanno così: negli Usa le vittime finora sono 38.664. Quindi, secondo Trump, ci sarà quasi un raddoppio prima della fine dell'epidemia. Speriamo che non vada peggio. In Spagna finora 20.043, in Italia 23.227 (dati di ieri).
Eh, sì: gli Usa sono il Paese che ha contato più vittime, quindi il più colpito...
Bè...
Ricordo a me stesso che gli Usa contano 329.311.764 abitanti, l'Italia 60.359.546 abitanti, la Spagna 47.198.000. E quindi le vittime sono finora: lo 0.01% della popolazione Usa, lo 0.04% della popolazione italiana e lo 0.04% della popolazione spagnola. Voglio dire che sono poche? Assolutamente no. Si tratta di una catastrofe di proporzioni innegabili. Voglio dire che se e quando gli Usa saranno colpiti come l'Italia e la Spagna, le sue vittime arriveranno a 329.311.764 x 0.0004 = 131.725 (il doppio di dove ritiene che si arriverà Trump).
Sarò più chiaro.
Ho capito che bisogna comunque veicolare l'idea che #hastatoTrump, ma descrivere come paese "più colpito" quello dove ci sono stati più morti semplicemente perché ci sono molti ma molti più abitanti (per la precisione: oltre il quintuplo) è senz'altro corretto (certo, ci sono stati più morti!) ma... ci aiuta a capire?
Secondo me no, e infatti io i media non li capisco. Ad esempio, sto ancora cercando di capire quella storia del tasso di disoccupazione "come nel 1977", per non parlare delle varie inflazioni che schizzano negli anni '90 et similia...
Credo che morirò senza capirlo, ma almeno, visto che sono in un paese "meno colpito", anche perché il contagio qui era impossibile (me lo hanno detto i detentori della verità "a due cifre"), sono ragionevolmente sicuro del fatto di non morire di coronavirus.
Siate prudenti e, soprattuttissimo, pazienti, perché di pazienza ce ne vuole veramente tanta ma tanta tanta tanta...
sabato 18 aprile 2020
Quando un totem incontra un dogma...
Esco dalla diretta, e trovo questo commento assolutamente perfetto, che quindi vi evidenzio senza ulteriori commenti:
Diegolas ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Istituzioni europee (ancora sul MES)":
A me un'altra cosa colpisce (ma forse non dovrebbe, dopo vari anni qui). I piddini continuano a spingere sugli Eurobond, che sono irrealizzabili perché (legittimamente) manca la volontà politica dei Paesi centrali.
Continuano ad abbracciare un feticcio, quello della solidarietà europea, che non c'è. O almeno non esiste nelle forme che loro sperano, oramai "piatiscono": condividere il portafoglio (mutualizzare debiti, avere trasferimenti significativi). E probabilmente sono pure infastiditi, incazzati nel loro supplicare: se potessero, costringerebbero il loro fratelli tedeschi e olandesi a mutualizzare il debito, e traferire fondi.
Perché ovviamente hanno ragione loro, i piddini: "li Tedeschi nun capischeno che DEVONO da esse solidali! Li mortacci loro! Sinnò er sogno de Spinelli..."
(perdonate il Romano incerto, sono nordico...)
"Ahhh" - pensano - "se solo anche i Tedeschi fossero piddini..." (ma poi, non dovevamo farecomelagermania?!)
Invece di aprire gli occhi sull'altra soluzione più ovvia (almeno nel contesto attuale, senza l'eurobreak-up che tanto aborrono): la BCE fa la Banca Centrale, e monetizza il debito necessario ad uscire alla meno peggio da 'sto casino, come il prof e Claudio Borghi ci spiegano.
Insomma, sono disposti a fare a pugni con il totem della solidarietà europea, ma non col dogma della scarsità di moneta...
Un saluto
Diego
Postato da Diegolas in Goofynomics alle 17 aprile 2020 16:39
(...un commento lo faccio: se ci arrivano perfino i finlandesi, come vi dicevo in diretta, perché non dovrebbero arrivarci i piddini? E la risposta credo sia la più semplice: perché odiano l'Italia più dei finlandesi...)
Diegolas ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Istituzioni europee (ancora sul MES)":
A me un'altra cosa colpisce (ma forse non dovrebbe, dopo vari anni qui). I piddini continuano a spingere sugli Eurobond, che sono irrealizzabili perché (legittimamente) manca la volontà politica dei Paesi centrali.
Continuano ad abbracciare un feticcio, quello della solidarietà europea, che non c'è. O almeno non esiste nelle forme che loro sperano, oramai "piatiscono": condividere il portafoglio (mutualizzare debiti, avere trasferimenti significativi). E probabilmente sono pure infastiditi, incazzati nel loro supplicare: se potessero, costringerebbero il loro fratelli tedeschi e olandesi a mutualizzare il debito, e traferire fondi.
Perché ovviamente hanno ragione loro, i piddini: "li Tedeschi nun capischeno che DEVONO da esse solidali! Li mortacci loro! Sinnò er sogno de Spinelli..."
(perdonate il Romano incerto, sono nordico...)
"Ahhh" - pensano - "se solo anche i Tedeschi fossero piddini..." (ma poi, non dovevamo farecomelagermania?!)
Invece di aprire gli occhi sull'altra soluzione più ovvia (almeno nel contesto attuale, senza l'eurobreak-up che tanto aborrono): la BCE fa la Banca Centrale, e monetizza il debito necessario ad uscire alla meno peggio da 'sto casino, come il prof e Claudio Borghi ci spiegano.
Insomma, sono disposti a fare a pugni con il totem della solidarietà europea, ma non col dogma della scarsità di moneta...
Un saluto
Diego
Postato da Diegolas in Goofynomics alle 17 aprile 2020 16:39
(...un commento lo faccio: se ci arrivano perfino i finlandesi, come vi dicevo in diretta, perché non dovrebbero arrivarci i piddini? E la risposta credo sia la più semplice: perché odiano l'Italia più dei finlandesi...)
Come (non) negoziare in Europa
Scusate, molto rapidamente fra una riunione e l'altra voglio mettere nel giusto risalto il commento fatto da un membro di questa community che però (congiunzione avversativa) capisce come stanno le cose:
Mich Don ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Istituzioni europee (ancora sul MES)":
E' proprio così. Non esiste nessuna firma materiale. I termini “firma”, “firmare”, “firmato” sono usati a sproposito (sorprende – o forse neanche tanto - che lo facciano politici, giornalisti, commentatori persino docenti che per mestiere dovrebbero essere informati). Alle riunioni, per prestare il proprio consenso basta stare zitti al momento in cui vengono tirate le conclusioni. Il consenso è l'assenza di un dissenso espresso (storicamente: per facilitare le decisioni, adesso: per...). In pratica: potresti anche parlare e opporti per tutta la riunione, ma se al momento della decisione non alzi il ditino, magari da solo, e non ti opponi apertamente: hai dato il tuo accordo (ma potrai poi dire che non hai firmato, perché materialmente non lo hai fatto, poiché non serviva firmare per essere d'accordo). La decisione del Consiglio Europeo, come ci spiega il Prof. Bagnai, indica solo un indirizzo, una direzione, non è legislativa. I dettagli (cioè tutto quello che veramente conta) verranno elaborati nei Gruppi di Lavoro del Consiglio a livello funzionari, che poi li passeranno per la decisione ai Ministri (EUROGRUPPO, ECOFIN). Ergo, se non stai attentissimo a cosa passa già in gruppo di lavoro, sarai poi fregato alle riunioni ministeriali (provate a remare contro tutti gli altri 26 che ti sfottono perché già c'era un accordo in Gruppo e non sei più in grado di confermarlo). A tutti questi livelli, mai firma, basta stare zitti,e raro anche si arrivi a procedura di voto vera e propria. Se la decisione riguarda il MES, suppongo bisogna passare agli organi del MES (diretto da Regling, il signore che ci hanno detto che si aspetta che noi e gli spagnoli ci presenteremo in ginocchio) e se si tratta di materia di spesa non già regolata dallo specifico trattato MES (inclusa la proclamata eliminazione delle condizioni per i debitori) immagino si debba emendare il trattato e passare dai Parlamenti (anche da quelli che non intendono usare i prestiti, poiché rischieranno i soldi pur se non li prenderanno). Da quello tedesco direi sicuramente sì, dal nostro...
Postato da Mich Don in Goofynomics alle 16 aprile 2020 18:51
Ho messo in evidenza i punti centrali, di cui il secondo è quello determinante ed è meramente psicologico. Mica vai a fare una figuraccia con i tuoi "omologhi", no!? E così quando si arriva al punto decisivo ti trangolli con un bel sorriso la minestra rancida che ti trovi sul piatto, quand'anche tu capisca che è rancida, e amen.
Altro punto psicologico molto importante, che ci mette in condizioni di sistematica inferiorità negoziale. L'atteggiamento italiano (da me riscontrato in numerosi vertici a palazzo Chigi) è sempre: "Eh, ma se su questo diciamo di no poi restiamo isolati, eh, ma non possiamo sempre dire di no, eh, ma su questo ci vengono dietro solo i paesi sfigati...". Il punto è un altro: non dovremmo sempre dire di sì! Un po' come nel bilanciamento fra diritto alla salute e altri diritti costituzionali, così anche nei negoziati a Bruxelles occorrerebbe trovare un equilibrio, decidere dove cedere (nel caso in cui valga la pena per ottenere qualcosa da altre parti), e dove non cedere. Ma questo Governo non sa trovare in nessun caso un punto di equilibrio: la pretesa supremazia del diritto alla salute (quando c'è la salute c'è tutto, signora mia...) è stata il pretesto per instaurare la dittatura di quelli che a inizio febbraio dicevano che non c'era rischio contagio (i virologi); analogamente, sui tavoli europei ogni pretesto è stato colto per cedere irremissibilmente sull'agenda economica, senza che sulle altre eventuali agende si sia visto un bruscolo di progresso (forse perché non lo si voleva ottenere).
Terzo e ultimo punto per spiegarvi certi meccanismi (i punti sarebbero molti di più, ma non posso esaurirli tutti per mancanza di tempo), e in particolare per chiarire il ruolo del deep state. Una volta la classe politica era costituita o da politici o da persone competenti cooptate dalla politica. Il sorteggio degli scappati di casa o la cooptazione dei compagni di merende non venivano contemplati fra le possibilità, o almeno non così apertamente! Di conseguenza, chi accedeva a un tavolo negoziale aveva già maturato rapporti con le sue controparti in occasione delle normali frequentazioni stabilite in seno alle famiglie politiche europee, oppure, in mancanza di questo, almeno aveva per motivi professionali contezza dei dossier. L'aggressione alla politica, in nome dell'onestah, ha raggiunto il suo scopo: sgretolare la politica. I corridoi dicono quindi che oggi chi va a negoziare parte spesso battuto perché gli uffici, anche astraendo dalla nota solfa del "nessuno ci dà la linea" (che nel caso del MES abbiamo riscontrato essere una balla), adottano una strategia di minimizzazione del danno consistente nel dare al politico di turno una posizione negoziale coincidente con il punto di caduta, nella ragionevole presunzione che il politico, essendo ignorante della materia, rischierebbe di cadere in un punto più svantaggioso se gli si desse una posizione iniziale più challenging. Mi spiego: se vuoi ottenere 100, normalmente chiedi 200. Nel fogliettino che gli uffici danno al ministro non scrivono 200 ma 100, per paura che quello torni a casa con zero. Così, invece, torna a casa con 50. Banalizzo, ma questo è ovviamente un tema, e non è strettamente un "tradimentooooooh! Piazzale Loretooooooh!" secondo gli stilemi cari a quelli di voi a me meno cari.
Inutile dire che in tutto questo il mito dell'alternanza, del maggioritario, dell'asso pigliatutto in nome della governabilità fa i suoi danni. Quando l'Italia era "ingovernabile", paradossalmente era governata: Forlani passava dalla Difesa agli Esteri, ecc., ma alla fine quelli erano, quella cultura avevano, quei gabinettisti conoscevano, e quegli ambienti frequentavano. Fra i vari side effects di questa prassi c'è anche quello che i nostri interessi, se non erano difesi meglio di oggi, comunque non erano difesi peggio. Va anche capito che nell'attuale Neue Kurs, tutto onestah e governabilitah, non basteranno due legislature per costruire un tessuto e una sinergia fra parte politica e parte amministrativa tale da consentire una trasmissione fluida dell'indirizzo politico. Naturalmente come lo sappiamo noi, così lo sanno i nostri nemici (vedi alla voce: "infilare il cappio del MES al collo del Paese...").
Adesso cominciate a capire un po' meglio?
(...ah, la congiunzione avversativa ci sta tutta...)
Mich Don ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Istituzioni europee (ancora sul MES)":
E' proprio così. Non esiste nessuna firma materiale. I termini “firma”, “firmare”, “firmato” sono usati a sproposito (sorprende – o forse neanche tanto - che lo facciano politici, giornalisti, commentatori persino docenti che per mestiere dovrebbero essere informati). Alle riunioni, per prestare il proprio consenso basta stare zitti al momento in cui vengono tirate le conclusioni. Il consenso è l'assenza di un dissenso espresso (storicamente: per facilitare le decisioni, adesso: per...). In pratica: potresti anche parlare e opporti per tutta la riunione, ma se al momento della decisione non alzi il ditino, magari da solo, e non ti opponi apertamente: hai dato il tuo accordo (ma potrai poi dire che non hai firmato, perché materialmente non lo hai fatto, poiché non serviva firmare per essere d'accordo). La decisione del Consiglio Europeo, come ci spiega il Prof. Bagnai, indica solo un indirizzo, una direzione, non è legislativa. I dettagli (cioè tutto quello che veramente conta) verranno elaborati nei Gruppi di Lavoro del Consiglio a livello funzionari, che poi li passeranno per la decisione ai Ministri (EUROGRUPPO, ECOFIN). Ergo, se non stai attentissimo a cosa passa già in gruppo di lavoro, sarai poi fregato alle riunioni ministeriali (provate a remare contro tutti gli altri 26 che ti sfottono perché già c'era un accordo in Gruppo e non sei più in grado di confermarlo). A tutti questi livelli, mai firma, basta stare zitti,e raro anche si arrivi a procedura di voto vera e propria. Se la decisione riguarda il MES, suppongo bisogna passare agli organi del MES (diretto da Regling, il signore che ci hanno detto che si aspetta che noi e gli spagnoli ci presenteremo in ginocchio) e se si tratta di materia di spesa non già regolata dallo specifico trattato MES (inclusa la proclamata eliminazione delle condizioni per i debitori) immagino si debba emendare il trattato e passare dai Parlamenti (anche da quelli che non intendono usare i prestiti, poiché rischieranno i soldi pur se non li prenderanno). Da quello tedesco direi sicuramente sì, dal nostro...
Postato da Mich Don in Goofynomics alle 16 aprile 2020 18:51
Ho messo in evidenza i punti centrali, di cui il secondo è quello determinante ed è meramente psicologico. Mica vai a fare una figuraccia con i tuoi "omologhi", no!? E così quando si arriva al punto decisivo ti trangolli con un bel sorriso la minestra rancida che ti trovi sul piatto, quand'anche tu capisca che è rancida, e amen.
Altro punto psicologico molto importante, che ci mette in condizioni di sistematica inferiorità negoziale. L'atteggiamento italiano (da me riscontrato in numerosi vertici a palazzo Chigi) è sempre: "Eh, ma se su questo diciamo di no poi restiamo isolati, eh, ma non possiamo sempre dire di no, eh, ma su questo ci vengono dietro solo i paesi sfigati...". Il punto è un altro: non dovremmo sempre dire di sì! Un po' come nel bilanciamento fra diritto alla salute e altri diritti costituzionali, così anche nei negoziati a Bruxelles occorrerebbe trovare un equilibrio, decidere dove cedere (nel caso in cui valga la pena per ottenere qualcosa da altre parti), e dove non cedere. Ma questo Governo non sa trovare in nessun caso un punto di equilibrio: la pretesa supremazia del diritto alla salute (quando c'è la salute c'è tutto, signora mia...) è stata il pretesto per instaurare la dittatura di quelli che a inizio febbraio dicevano che non c'era rischio contagio (i virologi); analogamente, sui tavoli europei ogni pretesto è stato colto per cedere irremissibilmente sull'agenda economica, senza che sulle altre eventuali agende si sia visto un bruscolo di progresso (forse perché non lo si voleva ottenere).
Terzo e ultimo punto per spiegarvi certi meccanismi (i punti sarebbero molti di più, ma non posso esaurirli tutti per mancanza di tempo), e in particolare per chiarire il ruolo del deep state. Una volta la classe politica era costituita o da politici o da persone competenti cooptate dalla politica. Il sorteggio degli scappati di casa o la cooptazione dei compagni di merende non venivano contemplati fra le possibilità, o almeno non così apertamente! Di conseguenza, chi accedeva a un tavolo negoziale aveva già maturato rapporti con le sue controparti in occasione delle normali frequentazioni stabilite in seno alle famiglie politiche europee, oppure, in mancanza di questo, almeno aveva per motivi professionali contezza dei dossier. L'aggressione alla politica, in nome dell'onestah, ha raggiunto il suo scopo: sgretolare la politica. I corridoi dicono quindi che oggi chi va a negoziare parte spesso battuto perché gli uffici, anche astraendo dalla nota solfa del "nessuno ci dà la linea" (che nel caso del MES abbiamo riscontrato essere una balla), adottano una strategia di minimizzazione del danno consistente nel dare al politico di turno una posizione negoziale coincidente con il punto di caduta, nella ragionevole presunzione che il politico, essendo ignorante della materia, rischierebbe di cadere in un punto più svantaggioso se gli si desse una posizione iniziale più challenging. Mi spiego: se vuoi ottenere 100, normalmente chiedi 200. Nel fogliettino che gli uffici danno al ministro non scrivono 200 ma 100, per paura che quello torni a casa con zero. Così, invece, torna a casa con 50. Banalizzo, ma questo è ovviamente un tema, e non è strettamente un "tradimentooooooh! Piazzale Loretooooooh!" secondo gli stilemi cari a quelli di voi a me meno cari.
Inutile dire che in tutto questo il mito dell'alternanza, del maggioritario, dell'asso pigliatutto in nome della governabilità fa i suoi danni. Quando l'Italia era "ingovernabile", paradossalmente era governata: Forlani passava dalla Difesa agli Esteri, ecc., ma alla fine quelli erano, quella cultura avevano, quei gabinettisti conoscevano, e quegli ambienti frequentavano. Fra i vari side effects di questa prassi c'è anche quello che i nostri interessi, se non erano difesi meglio di oggi, comunque non erano difesi peggio. Va anche capito che nell'attuale Neue Kurs, tutto onestah e governabilitah, non basteranno due legislature per costruire un tessuto e una sinergia fra parte politica e parte amministrativa tale da consentire una trasmissione fluida dell'indirizzo politico. Naturalmente come lo sappiamo noi, così lo sanno i nostri nemici (vedi alla voce: "infilare il cappio del MES al collo del Paese...").
Adesso cominciate a capire un po' meglio?
(...ah, la congiunzione avversativa ci sta tutta...)
giovedì 16 aprile 2020
Istituzioni europee (ancora sul MES)
"Ha firmatooooooo! Fucilatelooooooo! Processoooooooo! Alto tradimentooooooo!" eccetera eccetera.
Che barba, che noia...
Poi però se vi dico di studiare vi offendete.
Allora, vi ricordo che:
1) l'Eurogruppo (EG) è un organo informale, disciplinato dal protocollo n. 14 al Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea (TFUE), che non ha alcuna funzione, né di indirizzo né legislativa. Il protocollo testualmente dice che "i ministri degli Stati membri la cuireligione moneta è l'euro si riuniscono a titolo informale. Tali riunioni hanno luogo, a seconda delle necessità, per discutere questioni attinenti alle responsabilità specifiche da essi condivise in materia di moneta unica". La fonte è questa, o questa per diversamente europeesi.
2) Il Consiglio europeo, la cui prossima riunione è prevista il 23 aprile prossimo, "1. dà all'Unione gli impulsi necessari al suo sviluppo e ne definisce gli orientamenti e le priorità politiche generali. Non esercita funzioni legislative. 2. [...] è composto dai capi di Stato o di governo degli Stati membri, dal suo presidente e dal presidente della Commissione" (art. 15 TUE, il cui testo è qui).
3) Il Consiglio tout court, cioè non il Consiglio europeo, talora detto anche Consiglio dell'Unione Europea, "è composto da un rappresentante di ciascun Stato membro a livello ministeriale, abilitato a impegnare il governo dello Stato membro che rappresenta e ad esercitare il diritto di voto". Questo perché il Consiglio "esercita, congiuntamente al Parlamento europeo, la funzione legislativa e la funzione di bilancio. Esercita funzioni di definizione delle politiche e di coordinamento alle condizioni stabilite nei trattati (art. 16 TUE, il cui testo è sempre qui). Siccome ci sono tanti ministri, perché ci sono tante cose da amministrare, il Consiglio ha diverse composizioni, e quello dei ministri dell'Economia si chiama Ecofin.
Quindi, mettiamola così: l'Eurogruppo è una specie di "preconsiglio" dell'Ecofin. Di per sé non decide nulla, e in teoria non darebbe nemmeno indirizzi politici, ma siccome prepara (insieme con la sua galassia di comitati tecnici: EWG, EFC, ecc.) le carte che poi vanno all'Ecofin, che invece ha funzione legislativa, di fatto comanda lui, in modo improprio e deprecato da tanti, come voi ben sapete, ma questo passa casa.
Capito quindi perché non ha molto senso dire "l'Eurogruppo ha firmatoooooooh! Tradimentoooooh!", come fanno molti espertoni, fra cui, ahimè, alcuni di voi? Perché l'Eurogruppo non firma (il che non vuol dire che non decida: ma non firma - la cosa grave è proprio questa!).
E capito che cosa dovrebbe succedere il 23 aprile prossimo, quando si riunisce il Consiglio europeo, quello che non ha funzioni legislative ma di indirizzo politico ("definisce gli orientamenti e le priorità politiche generali")? Affinché noi stessimo tranquilli, il capo del nostro Governo si dovrebbe opporre a considerare il MES fra gli strumenti ammissibili per il sostegno ai paesi contro l'emergenza pandemica, secondo la proposta che risulta dal comunicato stampa dell'ultimo Eurogruppo. Ma di firma, in quella sede (che non è una sede né esecutiva né legislativa) non si può parlare, tanto più che, anche se il punto non è affatto chiaro, la proposta dell'Eurogruppo non prevede modifiche del Trattato MES (né le altre modifiche della legislazione europea che sarebbero necessarie a rassicurare chi teme che le condizioni possano essere modificate ex post).
E se non lo fa?
"Norimbergaaaaaa! Piazzale Loretoooooo!" ecc., come alcuni fra i più stupidi ragliano in giro per i social, forse non a titolo gratuito? No, ovviamente no. Il premier si prenderà, consapevolmente e apertamente, la responsabilità di aver attirato l'Italia in una trappola, che è tale per i motivi ampiamente chiariti qui e altrove, come sono stati ampiamente chiariti le ragioni squisitamente politiche di questo suo gesto disperato: infilare la testa dell'Italia in un cappio che il PD potrebbe stringere da Bruxelles quando le elezioni avranno dato al Paese un Parlamento con una maggioranza allineata agli intendimenti politici del corpo elettorale. Questa responsabilità con lui se la prenderanno i suoi sostenitori, fra cui i 5 Stelle, la cui strenua opposizione in capigruppo ci ha impedito oggi di calendarizzare questa mozione.
Ormai lo avete capito, no?
Ma,per cortesia, fatemi un regalo e fatelo anche a voi: andatevi a leggere almeno il Titolo III del TUE "Disposizioni relative alle istituzioni". Non ce la faccio più a sentirvi esprimere con la sciatta superficialità di quei cialtroni degli unionisti! Noi, fra l'altro, non possiamo permettercelo. Loro, se dicono scemenze, hanno dietro l'Invincibile Armata del politicamente corretto, che applicando i saggi insegnamenti di Goebbels trasforma in verità ad uso dei gonzi qualsiasi inverosimile menzogna (come l'idea che in Europa cresca l'albero degli zecchini d'oro). Voi, se sbagliate a citare un comma o un paragrafo di un articolo, fosse pure l'articolo sette (che in effetti molti, troppi citano a sproposito), venite messi in croce dall'orda dei nuovi farisei. E a me dispiace quando vi sbriciolano. Pensate! Vi voglio così bene, che mi dispiace anche quando ve lo meritate, cioè, purtroppo, quasi sempre...
Resta ora aperta un'altra questione: se verrà presa la decisione di indebitarsi col MES, con tutte le conseguenze che sappiamo (di cui la più immediata ma non la meno grave sarà quella di dare un pessimo segnale al mercato, come vi ho sempre detto e come ora vi dicono perfino loro: vedi in particolare il punto 4), se la scellerata decisione verrà presa, il Parlamento sarà chiamato a ratificarla? Secondo me no, ma la questione è controversa. Una possibile base per argomentare la necessità di ratifica è l'art. 80 della Costituzione. Se infatti fosse vero che, come dicono gli unionisti, il MES verrà modificato (e il rifiuto del principio di rigida condizionalità è una modifica in re ipsa), allora la ratifica sarebbe necessaria, per un motivo molto semplice e assolutamente ortodosso, direi germanico. Visto che a noi è stato detto che "siamo d'accordo per consentire l'uso del MES che però non useremo" (questa era una delle quarantasette posizioni che il Governo ha espresso sul tema in qualsiasi sede che non fosse quella deputata a esprimerle, cioè le Commissioni e l'Assemblea), allora è chiaro che i nostri soldi saranno utilizzati da altri, e io, che sono più tedesco di molti tedeschi (diciamo che Goethe lo conosco meglio del tedesco mediano), desidero essere assolutamente certo che essi ci verranno restituiti: quindi, #facciamocome la Germania e portiamo in Parlamento il dibattito, non per piagnucolare, ma per esigere il rispetto delle norme.
E, qualora mi fossi dimenticato di dirvelo: studiate! I testi sono tutti pubblici, e se avete dubbi sapete che qui potete chiedere...
(...ah, un'ultima cosa: come Antistene, anch'io vedo le condizioni, non vedo le condizionalità. Non le vede neanche il correttore ortografico, che infatti mi sottolinea in rosso questa parola, traduzione maccheronica di "conditionality". Questa parola in italiano non esiste. Lasciamo che siano gli unionisti, da bravi ascari, a usare la lingua del loro padrone colonialista. Noi usiamo la nostra, se la sappiamo, e quindi diciamo prestito sottoposto a condizioni. Altrimenti, si può anche tacere: un'opportunità della quale pochi si sono pentiti di essersi avvalsi, in tanti millenni di fonazione umana...)
Che barba, che noia...
Poi però se vi dico di studiare vi offendete.
Allora, vi ricordo che:
1) l'Eurogruppo (EG) è un organo informale, disciplinato dal protocollo n. 14 al Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea (TFUE), che non ha alcuna funzione, né di indirizzo né legislativa. Il protocollo testualmente dice che "i ministri degli Stati membri la cui
2) Il Consiglio europeo, la cui prossima riunione è prevista il 23 aprile prossimo, "1. dà all'Unione gli impulsi necessari al suo sviluppo e ne definisce gli orientamenti e le priorità politiche generali. Non esercita funzioni legislative. 2. [...] è composto dai capi di Stato o di governo degli Stati membri, dal suo presidente e dal presidente della Commissione" (art. 15 TUE, il cui testo è qui).
3) Il Consiglio tout court, cioè non il Consiglio europeo, talora detto anche Consiglio dell'Unione Europea, "è composto da un rappresentante di ciascun Stato membro a livello ministeriale, abilitato a impegnare il governo dello Stato membro che rappresenta e ad esercitare il diritto di voto". Questo perché il Consiglio "esercita, congiuntamente al Parlamento europeo, la funzione legislativa e la funzione di bilancio. Esercita funzioni di definizione delle politiche e di coordinamento alle condizioni stabilite nei trattati (art. 16 TUE, il cui testo è sempre qui). Siccome ci sono tanti ministri, perché ci sono tante cose da amministrare, il Consiglio ha diverse composizioni, e quello dei ministri dell'Economia si chiama Ecofin.
Quindi, mettiamola così: l'Eurogruppo è una specie di "preconsiglio" dell'Ecofin. Di per sé non decide nulla, e in teoria non darebbe nemmeno indirizzi politici, ma siccome prepara (insieme con la sua galassia di comitati tecnici: EWG, EFC, ecc.) le carte che poi vanno all'Ecofin, che invece ha funzione legislativa, di fatto comanda lui, in modo improprio e deprecato da tanti, come voi ben sapete, ma questo passa casa.
Capito quindi perché non ha molto senso dire "l'Eurogruppo ha firmatoooooooh! Tradimentoooooh!", come fanno molti espertoni, fra cui, ahimè, alcuni di voi? Perché l'Eurogruppo non firma (il che non vuol dire che non decida: ma non firma - la cosa grave è proprio questa!).
E capito che cosa dovrebbe succedere il 23 aprile prossimo, quando si riunisce il Consiglio europeo, quello che non ha funzioni legislative ma di indirizzo politico ("definisce gli orientamenti e le priorità politiche generali")? Affinché noi stessimo tranquilli, il capo del nostro Governo si dovrebbe opporre a considerare il MES fra gli strumenti ammissibili per il sostegno ai paesi contro l'emergenza pandemica, secondo la proposta che risulta dal comunicato stampa dell'ultimo Eurogruppo. Ma di firma, in quella sede (che non è una sede né esecutiva né legislativa) non si può parlare, tanto più che, anche se il punto non è affatto chiaro, la proposta dell'Eurogruppo non prevede modifiche del Trattato MES (né le altre modifiche della legislazione europea che sarebbero necessarie a rassicurare chi teme che le condizioni possano essere modificate ex post).
E se non lo fa?
"Norimbergaaaaaa! Piazzale Loretoooooo!" ecc., come alcuni fra i più stupidi ragliano in giro per i social, forse non a titolo gratuito? No, ovviamente no. Il premier si prenderà, consapevolmente e apertamente, la responsabilità di aver attirato l'Italia in una trappola, che è tale per i motivi ampiamente chiariti qui e altrove, come sono stati ampiamente chiariti le ragioni squisitamente politiche di questo suo gesto disperato: infilare la testa dell'Italia in un cappio che il PD potrebbe stringere da Bruxelles quando le elezioni avranno dato al Paese un Parlamento con una maggioranza allineata agli intendimenti politici del corpo elettorale. Questa responsabilità con lui se la prenderanno i suoi sostenitori, fra cui i 5 Stelle, la cui strenua opposizione in capigruppo ci ha impedito oggi di calendarizzare questa mozione.
Ormai lo avete capito, no?
Ma,per cortesia, fatemi un regalo e fatelo anche a voi: andatevi a leggere almeno il Titolo III del TUE "Disposizioni relative alle istituzioni". Non ce la faccio più a sentirvi esprimere con la sciatta superficialità di quei cialtroni degli unionisti! Noi, fra l'altro, non possiamo permettercelo. Loro, se dicono scemenze, hanno dietro l'Invincibile Armata del politicamente corretto, che applicando i saggi insegnamenti di Goebbels trasforma in verità ad uso dei gonzi qualsiasi inverosimile menzogna (come l'idea che in Europa cresca l'albero degli zecchini d'oro). Voi, se sbagliate a citare un comma o un paragrafo di un articolo, fosse pure l'articolo sette (che in effetti molti, troppi citano a sproposito), venite messi in croce dall'orda dei nuovi farisei. E a me dispiace quando vi sbriciolano. Pensate! Vi voglio così bene, che mi dispiace anche quando ve lo meritate, cioè, purtroppo, quasi sempre...
Resta ora aperta un'altra questione: se verrà presa la decisione di indebitarsi col MES, con tutte le conseguenze che sappiamo (di cui la più immediata ma non la meno grave sarà quella di dare un pessimo segnale al mercato, come vi ho sempre detto e come ora vi dicono perfino loro: vedi in particolare il punto 4), se la scellerata decisione verrà presa, il Parlamento sarà chiamato a ratificarla? Secondo me no, ma la questione è controversa. Una possibile base per argomentare la necessità di ratifica è l'art. 80 della Costituzione. Se infatti fosse vero che, come dicono gli unionisti, il MES verrà modificato (e il rifiuto del principio di rigida condizionalità è una modifica in re ipsa), allora la ratifica sarebbe necessaria, per un motivo molto semplice e assolutamente ortodosso, direi germanico. Visto che a noi è stato detto che "siamo d'accordo per consentire l'uso del MES che però non useremo" (questa era una delle quarantasette posizioni che il Governo ha espresso sul tema in qualsiasi sede che non fosse quella deputata a esprimerle, cioè le Commissioni e l'Assemblea), allora è chiaro che i nostri soldi saranno utilizzati da altri, e io, che sono più tedesco di molti tedeschi (diciamo che Goethe lo conosco meglio del tedesco mediano), desidero essere assolutamente certo che essi ci verranno restituiti: quindi, #facciamocome la Germania e portiamo in Parlamento il dibattito, non per piagnucolare, ma per esigere il rispetto delle norme.
E, qualora mi fossi dimenticato di dirvelo: studiate! I testi sono tutti pubblici, e se avete dubbi sapete che qui potete chiedere...
(...ah, un'ultima cosa: come Antistene, anch'io vedo le condizioni, non vedo le condizionalità. Non le vede neanche il correttore ortografico, che infatti mi sottolinea in rosso questa parola, traduzione maccheronica di "conditionality". Questa parola in italiano non esiste. Lasciamo che siano gli unionisti, da bravi ascari, a usare la lingua del loro padrone colonialista. Noi usiamo la nostra, se la sappiamo, e quindi diciamo prestito sottoposto a condizioni. Altrimenti, si può anche tacere: un'opportunità della quale pochi si sono pentiti di essersi avvalsi, in tanti millenni di fonazione umana...)
domenica 12 aprile 2020
Sovranità usurpata
Come le pecorelle escon del chiuso
a una, a due, a tre, e l'altre stanno
timidette atterrando l'occhio e 'l muso;
e ciò che fa la prima, e l'altre fanno,
addossandosi a lei, s'ella s'arresta,
semplici e quete, e lo 'mperché non sanno
così i costituzionalisti stanno uscendo dalla loro turris eburnea, a uno, a due, magari domani a tre, e noi, che tante volte e in tanti modi abbiamo cercato di coinvolgerli (ad esempio qui e qui), restiamo comunque nel dubbio che lo 'mperché ancora non sappiano, cioè che ancora non sia a tutti loro chiaro, per motivi antropologici, epistemologici e sociologici (in ordine alfabetico), quale dovrebbe essere il punto focale di questa loro preoccupazione che finalmente si estrinseca, ovvero il fatto che un sistema che prevede come unica valvola di sfogo la compressione dei salari, (De Grauwe dixit: "ridurre salari"), necessariamente dovrà comprimere i diritti politici. Questa deriva autoritaria è oggettiva: dato che i salari sono la fonte di reddito della maggioranza, questa, vistasi lesa nei suoi diritti economici, prima o poi voterà contro. L'unico modo che il sistema ha di perpetuarsi è comprimere, insieme ai salari, la democrazia.
As simple as that.
Bene così, e mi perdonino gli autorevoli colleghi per quello che suona come un amaro sarcasmo, perché lo è. D'altra parte, le due terzine che ho citato sono immediatamente precedute dal mio endecasillabo preferito:
ché perder tempo a chi più sa più spiace.
Oh, quanto tempo è andato perduto, sprecato! E quanto ci ha addolorato, questa perdita di tempo, quanto lancinante è stato l'assillo di noi che vedevamo il nostro Paese scivolare lungo un piano inclinato al termine del quale non poteva che esserci la compiuta metamorfosi del fascismo finanziario (Tremonti dixit) in fascismo politico!
Noi vedevamo, noi denunciavamo...
Ma non dobbiamo guardare indietro! Non è perché si sveglia solo quando l'acqua lambisce il lino delle sue candide lenzuola in prima classe che chi sa fare cose sia inutile, anzi! Capita che le conversioni tardive siano assistite dal sacro zelo del neofita, che, quando non è un intralcio, è una risorsa, e quindi noi, che siamo il dibattito, esattamente come dobbiamo bloccare senza remissione né misericordia i provocatori, dobbiamo accogliere senza rampogne né diffidenza questi risvegli tardivi, dobbiamo valorizzarne il contenuto, dobbiamo nel modo più neutrale e asettico possibile portarli a conoscenza dei nostri concittadini.
Con questo spirito ecumenico voglio segnalarvi un bellissimo articolo che ho letto oggi, il cui autore è stato niente meno che Presidente della Corte Costituzionale in un periodo in cui il dibattito già esisteva.
Partendo dall'affermazione che è improprio e pericoloso parlare di sospensione delle garanzie costituzionali, perché sarebbe sufficiente "per fronteggiare lo stato di necessità, applicare quanto è scritto nella Carta costituzionale" (e se una cosa non serve a nulla serve a qualcos'altro, come qui sappiamo), l'articolo descrive con preoccupazione due processi degenerativi in corso da tempo: il disprezzo verso la democrazia parlamentare, su cui qui tante volte ci siamo spesi in inutili allarmi, che non incombevano a noi per settore scientifico-disciplinare (in particolare quando abbiamo criticato la raison d'être dei nostri amici ortotteri), e la progressiva alterazione della gerarchia delle fonti, cioè l'effetto domino che ha portato "il decreto legge al posto della legge, l’atto amministrativo al posto del decreto legge" (anche di questo qui ci siamo occupati, quando vi ho spiegato in dettaglio che cosa sia diventato il processo legislativo ordinario: "la vera attività legislativa infatti si svolge ormai in un altro modo, cioè "agganciando" a un treno-decreto un vagone-emendamento"). Un effetto domino nella sfera legislativa che si affianca ad un altro, in quella esecutiva: "Il Parlamento è troppo lento e rissoso per essere in grado di sfornare atti normativi con la tempestività imposta dalle drammatiche circostanze determinate dall’espandersi del contagio. Ci pensa il Governo; anzi, siccome lo stesso Governo è lento e litigioso al suo interno, ci pensa il Presidente del Consiglio dei ministri".
Con squarci storici suggestivi e impressionanti l'autore mette in evidenza i tremendi rischi di queste derive che il mito del "decisionismo" rende tollerabili se non addirittura auspicate da popolo ed élite: "quel benefico decisionismo, il cui deficit sarebbe alla radice di tutti i mali. Si diceva lo stesso nella Germania di Weimar. Sappiamo come è andata a finire".
L'autore riconosce poi con saggezza l'esistenza di alcuni vincoli oggettivi e soggettivi allo svolgimento della normale attività parlamentare: ravvisa vincoli soggettivi in "eventuali atteggiamenti non collaborativi dell’opposizione", e vincoli oggettivi nella "difficoltà di riunirsi delle Camere, a causa della necessità di osservare rigorosamente le precauzioni necessarie ad evitare la diffusione del contagio, anche all’interno delle sedi parlamentari". Per ovviare a entrambi questi limiti l'autore propone, in assenza di riserve di legge di rango costituzionale o di altro tipo, di modificare i regolamenti parlamentari in modo tale che la conversione dei decreti possa avvenire in sede redigente o addirittura (non è chiaro) deliberante, con un duplice vantaggio: tempi più rapidi (questi in effetti si avrebbero solo nella sede deliberante, che elimina il passaggio in assemblea, e credo che a questo si riferisca l'autore quando parla di "procedimento decentrato"), e ovviamente il coinvolgimento di un minor numero di parlamentari, con minori rischi di contagio.
L'ultimo paragrafo è ugualmente interessante e riguarda un altro grande tema sollevato dalla crisi, il rapporto fra emergenza e sistema delle autonomie, su cui non entriamo per non appesantire il discorso.
La prima è che, suppongo per economia di trattazione, nel denunciare l'aggressione "bottom-up" alla potestà parlamentare, tale per cui argomenti oggetto di riserva di legge come le libertà personali vengono in nome del decisionismo gestiti per atto amministrativo, l'autore non si sofferma su un'altra aggressione, ben più risalente e penetrante, quella che avviene "top-down" in base all'affermazione del principio della supremazia del diritto comunitario sul diritto nazionale. Come qui abbiamo ampiamente discusso, grazie al lavoro di Luciano Barra Caracciolo e di Vladimiro Giacché, i principi fondamentali dei Trattati sono in larga parte incompatibili con quelli della nostra Costituzione. Vale la pena di ricordare la semplice radice di questa antinomia: la Costituzione di una Repubblica fondata sul lavoro (Art. 1 comma 1 Cost.) oggettivamente entra in conflitto con quella di una Unione basata sulla stabilità dei prezzi (Art. 3 comma 3 TUE), per il semplice motivo che la dinamica dei prezzi è legata non all'offerta ("stampa") di moneta, come ha dimostrato il fallimento di Draghi nel raggiungere l'obiettivo di inflazione al 2%, ma alla dinamica della disoccupazione (curva di Phillips, esercito industriale di riserva, ecc.).
Quindi, se vuoi prezzi stabili, devi sacrificare lavoro (occupazione), e se vuoi tutelare il lavoro (piena occupazione), devi sacrificare la stabilità dei prezzi (o ridefinirla in modo compatibile).
Ciò pone ovviamente il tema di chi debba cedere il passo quando questo conflitto si estrinseca, tanto più che, come è stato autorevolmente ricordato se non erro da Omar Chessa nel convegno sopra citato, il principio della supremazia del diritto unionista di fatto legittima l'aggressione di norme di rango costituzionale, o comunque di rango primario, da parte di norme di rango secondario: i Regolamenti UE, che sono, per definizione, immediatamente esecutivi (come i decreti legge). A titolo di esempio, riallacciandomi a un tema che qui abbiamo visto venire prima di altri, il diritto costituzionale alla tutela del risparmio è stato aggredito dal complicato intreccio di due direttive (la BRRD e la CRD) e un regolamento (il CRR), aggiungendo al vulnus di una aggressione alla Costituzione a colpi di normativa secondaria quello di una totale opacità, tale per cui la stessa Autorità Bancaria Europea si è sentita in dovere di emettere delle linee guida per aiutare le autorità nazionali ad orientarsi (!) in questo complesso inviluppo.
Non è solo il cesarismo nostrano, che pure c'è (ci sarà pure un motivo se nell'ultima discussione sulla fiducia qualcuno in aula ha "cripto-citato" Shakespeare...), a mettere in crisi la gerarchia delle fonti: l'imperialismo altrui fa la sua parte. Mi piacerebbe sinceramente sentire il parere dell'autore su questo punto: appartiene anche lui al consesso di chi nell'art.11 della Costituzione legge il termine "limitazione" (restringo l'uso di un "oggetto", la sovranità, che appartiene a me popolo) come "cessione" (cedo - a chi precisamente? - un oggetto che solum è mio, la sovranità, e che quindi da lì in poi non mi appartiene più)?
Sarebbe utile saperlo, perché la summa divisio si pone a quel livello.
C'è poi una sfumatura, che però a me pare importante. L'autore sembra ritenere che Schmitt non ci aiuti a inquadrare la situazione attuale, e su questo mi permetto di dissentire, assistito dall'incipit della Politische Theologie: Souverän ist, wer über den Ausnahmezustand entscheidet. "Entscheiden über" significa decidere (su qualcosa), non comandare (in o durante qualcosa). L'etimologia rimanda insomma a una opzione radicale, una cesura fra due alternative: lo skeidan del tedesco antico è parente dello scindere latino e italiano (Martinetus saprà aiutarci a trovare il nonno sanscrito di questi nipotini...). Ma insomma, a me pare che Schmitt semplicemente (etimologicamente) dica che sovrano è chi "ci dà un taglio" e decide che si è in stato di eccezione, indipendentemente dal fatto che sia poi in grado di governarlo o sia chiamato a governarlo. Certo, come dice l'autore "lo stato di eccezione schmittiano – di questi tempi spesso evocato – presuppone uno spazio vuoto" che non sarebbe ipotizzabile "nell'Italia repubblicana e democratica". Concordo. Ma uscendo dal condizionale e entrando nell'indicativo, a me viene da dire che questo Governo che decide su tutto ma non governa niente, in virtù di questo stesso modus operandi certifica di aver usurpato la sovranità al popolo.
Insomma, se diamo della frase di Schmitt una lettura positiva, più che normativa, essa ci aiuta a capire che molta, troppa strada è stata già fatta. Detto ancora in un altro modo: non leggerei la frase di Schmitt come una giustificazione per quanto sta accadendo (come l'autore deplora che alcuni facciano), ma anzi, a contrario, come il più elevato grido di allarme circa la piega che le cose stanno prendendo.
Intanto, parto dal dato incontestabile: la gestione dell'Assemblea e della Commissioni è in effetti resa piuttosto difficile dal pericolo di contagio. Al Senato, in particolare, sono pochi gli spazi che consentono una sicura operatività per le Commissioni: la Sala Koch, la Sala Nassiriya, l'aula Difesa, e più o meno basta. Quanto all'Assemblea, per riunirla mantenendo le distanze di sicurezza si sono spostati gli stenografi in uno dei due balconi soprastanti al banco della Presidenza, si sono fatti accomodare nei due ordini di tribune alcuni senatori, scelti ovviamente fra quelli non iscritti a parlare, e si sono chiamati gli iscritti al parlare al banco delle Commissioni, per evitare che aspergessero i colleghi (asperges me et aegrescor...).
Il distanziamento sociale è quindi gestibile, ma inibisce una parte importante, forse la più importante, perché meno visibile e non codificata, del lavoro politico, fatta di lavoro degli uffici (come vi ho spiegato in dettaglio qui), anch'esso inibito a causa di restrizioni di orari e di spazi, di accordi giustamente riservati presi in corridoio sussurando all'orecchio del vicino (cosa ora vietatissima), di decisioni prese nella concitazione delle votazioni coordinandosi con la mimica facciale (ovviamente impossibile se si è mascherati). Questo significa che nel momento in cui si ha meno tempo a disposizione, occorre più tempo per mettersi d'accordo, cioè per comunicarsi le proprie reciproche posizioni. Quindi, per riassumere: la parte "scenica" del lavoro politico, la sacra rappresentazione, è preservata, ma quella sostanziale è sostanzialmente intaccata, e su questo nessuna modifica del Regolamento può incidere. Starà a noi politici creare altre forme di coordinamento informale, e lo stiamo facendo, ma qui il Regolamento non può aiutarci.
Vorrei ora sfatare una mitologia cui l'autore mi sembra soggiacere, quella del già citato "Parlamento lento e rissoso" (che asintoticamente riconcilia con la sua trasformazione in bivacco di manipoli...) e degli "atteggiamenti non collaborativi delle opposizioni" (che a tendere giustificano la derubricazione a odio di qualsiasi espressione di dissenso). Mi preme dimostrare che nulla di tutto questo incide sul tema che l'autore affronta, ovvero sulla rapidità di conversione dei decreti legge, e quindi nulla di tutto questo giustifica, se non a livello del più becero gossip giornalistico, il rifiuto del Governo di servirsi dello strumento del decreto legge.
La dimostrazione si basa su due dati di fatto: primo, questa opposizione non sta facendo ostruzionismo; secondo, se anche facesse ostruzionismo, non riuscirebbe a ritardare i tempi di un provvedimento su cui in ogni caso il Governo intende porre la questione di fiducia.
So che questa sembra un'opinione politica (cioè, per il PD, una manifestazione di odio da denunciare al Ministro della Verità!), perché equivale alla dichiarazione di un membro dell'opposizione che se ci sono stati ritardi la colpa è della maggioranza! Ma la ritualità del Parlamento, che ai decisionisti (non all'autore) spiace, serve proprio a separare le opinioni dai fatti e dal loro resoconto.
Servendomi appunto del resoconto, chiarisco il primo passaggio (questa opposizione non sta facendo ostruzionismo). Vi ho fatto vedere qui in che modo la maggioranza ha fatto ostruzionismo a se stessa presentando 533 emendamenti e perdendo una marea di tempo nel ritirarli (il relativo verbale è qui). Posso dire con cognizione di causa, perché è il mio lavoro, che questa seconda parte della storia avrebbe potuto essere gestita in modo più efficiente; deploro qui che manchi a verbale il mio intervento sull'ordine dei lavori a tal proposito.
A contrario, posso farvi vedere come funziona l'ostruzionismo quando deriva non dall'inconsistenza della maggioranza, ma dalla pertinacia dell'opposizione. Un esempio è qui, nella discussione del decreto dignità. Semplicemente, una volta passati all'esame degli articoli, su cui ci si premura di presentare una mole esorbitante di emendamenti (quindi 2000, non 204 come abbiamo fatto noi), si chiede di intervenire in dichiarazione di voto su ogni singolo emendamento (per non più di dieci minuti, art. 89 comma 3 del Regolamento). Il Regolamento consente un intervento per gruppo (art. 109 comma 2), ma naturalmente, per tutelare le opinioni di tutti, è altresì consentito a ogni parlamentare di intervenire per motivare il suo eventuale dissenso dal gruppo, purché il numero dei "dissociati" sia inferiore a quello della metà degli appartenenti al gruppo. In pratica, nella lunga notte del 5 agosto 2018 le nostre opposizioni, in particolare quelle di sinistra, utilizzarono questa tattica intervenendo sistematicamente in dichiarazione sia a favore che in dissenso (divertentissime le dichiarazioni di voto in dissenso del senatore Laus).
Ma, alla fine, questo a che cosa porta?
Nei lavori di Commissione non vengono contingentati i tempi per gruppo, e quindi ogni gruppo interviene quanto desidera purché nei limiti del Regolamento (quelli appena ricordati). Tuttavia, più di tanto non puoi tirarla in lungo perché la durata complessiva dell'esame in Commissione è comunque limitata: è la capigruppo a decidere quando va in Aula (cioè in Assemblea) il provvedimento. Di conseguenza, il massimo risultato che un feroce ostruzionismo può ottenere è che non si termini il lavoro in Commissione, cioè che non si riesca a votare il mandato al relatore. Ciò costringe il Governo a elaborare un maxiemendamento su cui porre la fiducia per recuperare il lavoro emendativo della maggioranza (altrimenti decaduto), oppure a rivotare tutto in Assemblea, dove comunque i tempi sono contingentati e il canguro consente di andare spediti. In altre parole: l'opposizione non può far perdere tempo alla maggioranza, e in particolare non lo ha fatto col Cura Italia, tant'è che il provvedimento è andato in Assemblea col relatore (su quello che è successo dopo taccio per carità di Patria). Ancora in altri termini: in questo assetto regolamentare, che, come ha spiegato tanto bene Azzariti a questa comunità, comprime fortemente i diritti dell'opposizione, il massimo che questa possa ottenere con l'ostruzionismo è di dover rinunciare ai propri emendamenti!
Quindi, non solo in questa fase di emergenza l'opposizione non sta facendo ostruzionismo, e per un lungo periodo non ha fatto nemmeno opposizione (la famosa storia della cabina di regia), come vi ho appena dimostrato per tabulas, esercitando la pedagogia dell'esempio e dell'esperienza, ma se anche facesse ostruzionismo non riuscirebbe a prolungare più di tanto i tempi dell'esame.
Questo significa che da un lato è ancor più incomprensibile e ingiustificabile il ricorso ai DPCM, e dall'altro, per quanto pregevole, è probabilmente superflua la proposta di spostare la conversione dalla sede referente alla deliberante. Una proposta che anzi, a mio avviso, crea più problemi di quanti non ne risolva, e mi affretto a spiegare perché, anche allo scopo di evidenziare un'altra dimensione del malcostume legislativo che ci affligge.
Fatto fermo il principio che le decisioni sull'assegnazione sono prerogativa esclusiva del Presidente, resta comunque che l'esclusione del passaggio in Assemblea renderebbe piuttosto cogenti le richieste delle altre Commissioni coinvolte per materia. Si potrebbe infatti argomentare che senza passaggio in Assemblea i senatori specializzati in un determinato ambito (la fiscalità, la sanità, la giustizia, ecc.) non avrebbero modo di esaminare compiutamente il provvedimento e di incidere su di esso. Questo è chiaro anche all'autore, tant'è che correttamente cita la facoltà di passare "al procedimento ordinario, su richiesta del Governo, di un quinto dei membri della commissione competente e di un decimo dell’assemblea" (art. 35 comma 2 del Regolamento).
Non solo: questo è anche successo. Nella conferenza dei capigruppo che ha disposto l'esame del provvedimento, a fronte di una posizione del PD, che sostanzialmente voleva che si svolgesse l'esame in sede referente nella sola Commissione 5a senza sedi consultive (privando così la Commissione Finanze del diritto di esprimersi su un provvedimento che per due quinti la riguardava!), mi sono trovato a portare avanti la necessità di esaminare il provvedimento in sede referente nelle Commissioni riunite 5a, 6a e 12a coinvolgendo in sede consultiva le Commissioni interessate (Giustizia, Affari costituzionali, Agricoltura). Il punto di caduta è stato l'esame in sede referente nella Commissione 5a con l'esame in sede consultiva in tutte le altre Commissioni (quella di coinvolgere tutte le altre Commissioni è stata una posizione presa dal PD semplicemente a titolo di ricatto, visto che da parte nostra ci siamo rifiutati di dare l'unanimità a un calendario che non accoglieva la nostra richiesta di avere il premier in aula per comunicazioni sul MES: dovendo così portare il calendario in votazione, il PD si è fatto autostruzionismo imponendo la convocazione di Commissioni anche non interessate - e che infatti i rispettivi presidenti poi non hanno convocato, per poi poter dire che "i leghisti cattivi mettono in pericolo la salute dei parlamentari..."). Quattro ore di conferenza dei capigruppo... la vita è fatta anche di queste cose, come il Presidente Silvestri sicuramente saprà!
E qui si arriva a un punto cruciale. La proposta del Presidente Silvestri avrebbe perfettamente senso se il Governo si attenesse, nella decretazione d'urgenza, a quel principio di omogeneità di materia su cui mi pare che la giurisprudenza della Corte, dopo alcune oscillazioni, abbia poi definitivamente allargato le maglie (ma qui confesso di non essere un esperto, e chiederei l'aiuto al costituzionalista di turno).
Chiarisco il tema dal mio punto di vista operativo: se, come nella Lega avevamo auspicato, il Governo fosse intervenuto con provvedimenti puntuali (visto che comunque ne ha emessi una selva, senza minimamente concordare con l'opposizione questo percorso), e se, in particolare, avesse fatto un decreto molto semplice: sono sospesi gli adempimenti fiscali e i pagamenti delle rate dei mutui full stop, questo decreto, nello scenario ipotizzato dal Presidente Silvestri, sarebbe stato facilmente convertibile in sede deliberante (quindi senza passaggio in Assemblea) dalla Commissione 6a, rientrando pienamente nell'alveo delle sue attribuzioni. La linea scelta dal Governo, invece, cioè quella di scrivere di fatto una specie di legge di bilancio con collegato fiscale incorporato, avrebbe di fatto reso obbligatorio il procedimento scelto dal Presidente Alberti Casellati anche se le modifiche regolamentari auspicate dal Presidente Silvestri fossero state apportate.
Spero di aver chiarito il punto: il fatto che la Corte Costituzionale (e, devo credere, la Presidenza della Repubblica) si sia progressivamente orientata verso un'interpretazione molto estensiva dell'art. 15, comma 3 della L. 400/1988, che recita "i decreti devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo", ritenendo che "l'urgente necessità del provvedere può riguardare una pluralità di norme accomunate dalla natura unitaria delle fattispecie disciplinate ovvero dall'intento di fronteggiare situazioni complesse e variegate, che richiedono interventi oggettivamente eterogenei, afferenti a materie diverse, ma orientati all'unico scopo di apportare rimedi urgenti" (tradotto: tana liberi tutti!), complica in modo significativo il lavoro degli organi parlamentari competenti. Già il lavoro di due Commissioni riunite non è agevole per motivi logistici e organizzativi, figuriamoci con tre o quattro, come sarebbe giustificabile data l'eterogeneità dei provvedimenti che il Governo sta emanando! Tre Commissioni sono una settantina abbondante di persone, esclusi i funzionari: neanche la sala Koch può contenerle in sicurezza, bisognerebbe lavorare in Assemblea, con tutte le complicazioni del caso.
Questo vale in emergenza, ma le cose non vanno molto meglio in tempi normali: la disomogeneità dei decreti è solo un altro dei sintomi tramite cui si manifesta quel degrado della democrazia parlamentare che l'autore stigmatizza. Un sintomo subdolo, ma non per questo il meno letale.
Tuttavia, come ho cercato di farvi capire, il problema non esiste.
Questo Governo decide per DPCM e non per decreto legge per i motivi che il Presidente Silvestri correttamente individua (una risposta "decisionista" alle scissioni insanabili della maggioranza, che si riflettono nella compagine governativa), e perde tempo non per colpa del Parlamento, ma semplicemente perché sta aspettando da Bruxelles il permesso di impegnare ulteriori risorse, permesso che gli verrà dato quando avrà infilato il collo del paese nel cappio del MES, cioè di quel meccanismo in grado di imporre condizioni sufficientemente draconiane a garanzia di chi ritiene di essere nostro creditore. La possibilità di ricorso al MES andava semplicemente tolta dal tavolo del negoziato. Il non averlo fatto è una capitolazione, come correttamente rilevano qui altri due costituzionalisti in un altro bell'articolo che vi segnalo. In che modo il Governo sia stato ricattato, se con la minaccia di scatenargli contro "i mercati", o con quella di una feroce procedura di infrazione a emergenza finita, non so dirvelo. Ma è andata così, e ora il nostro paese è a un bivio, il bivio che Dani e Menéndez lucidamente descrivono (alla buon'ora!).
Il tempo è stato perso così, aspettando in pista l'autorizzazione al decollo. L'opposizione e il Regolamento del Senato c'entrano ben poco. La compressione della democrazia ha altre origini, quelle che in queste poche pagine ho affrontato in sintesi, e alla cui denuncia ho dedicato gli ultimi dieci anni. Se vorremo riconoscere l'esistenza del vero problema, sapremo trovare insieme una soluzione vera.
Benvenuti?
a una, a due, a tre, e l'altre stanno
timidette atterrando l'occhio e 'l muso;
e ciò che fa la prima, e l'altre fanno,
addossandosi a lei, s'ella s'arresta,
semplici e quete, e lo 'mperché non sanno
così i costituzionalisti stanno uscendo dalla loro turris eburnea, a uno, a due, magari domani a tre, e noi, che tante volte e in tanti modi abbiamo cercato di coinvolgerli (ad esempio qui e qui), restiamo comunque nel dubbio che lo 'mperché ancora non sappiano, cioè che ancora non sia a tutti loro chiaro, per motivi antropologici, epistemologici e sociologici (in ordine alfabetico), quale dovrebbe essere il punto focale di questa loro preoccupazione che finalmente si estrinseca, ovvero il fatto che un sistema che prevede come unica valvola di sfogo la compressione dei salari, (De Grauwe dixit: "ridurre salari"), necessariamente dovrà comprimere i diritti politici. Questa deriva autoritaria è oggettiva: dato che i salari sono la fonte di reddito della maggioranza, questa, vistasi lesa nei suoi diritti economici, prima o poi voterà contro. L'unico modo che il sistema ha di perpetuarsi è comprimere, insieme ai salari, la democrazia.
As simple as that.
Bene così, e mi perdonino gli autorevoli colleghi per quello che suona come un amaro sarcasmo, perché lo è. D'altra parte, le due terzine che ho citato sono immediatamente precedute dal mio endecasillabo preferito:
ché perder tempo a chi più sa più spiace.
Oh, quanto tempo è andato perduto, sprecato! E quanto ci ha addolorato, questa perdita di tempo, quanto lancinante è stato l'assillo di noi che vedevamo il nostro Paese scivolare lungo un piano inclinato al termine del quale non poteva che esserci la compiuta metamorfosi del fascismo finanziario (Tremonti dixit) in fascismo politico!
Noi vedevamo, noi denunciavamo...
Ma non dobbiamo guardare indietro! Non è perché si sveglia solo quando l'acqua lambisce il lino delle sue candide lenzuola in prima classe che chi sa fare cose sia inutile, anzi! Capita che le conversioni tardive siano assistite dal sacro zelo del neofita, che, quando non è un intralcio, è una risorsa, e quindi noi, che siamo il dibattito, esattamente come dobbiamo bloccare senza remissione né misericordia i provocatori, dobbiamo accogliere senza rampogne né diffidenza questi risvegli tardivi, dobbiamo valorizzarne il contenuto, dobbiamo nel modo più neutrale e asettico possibile portarli a conoscenza dei nostri concittadini.
Con questo spirito ecumenico voglio segnalarvi un bellissimo articolo che ho letto oggi, il cui autore è stato niente meno che Presidente della Corte Costituzionale in un periodo in cui il dibattito già esisteva.
La tesi
L'articolo è molto leggibile ma ve ne riassumo comunque per sommi capi il contenuto.Partendo dall'affermazione che è improprio e pericoloso parlare di sospensione delle garanzie costituzionali, perché sarebbe sufficiente "per fronteggiare lo stato di necessità, applicare quanto è scritto nella Carta costituzionale" (e se una cosa non serve a nulla serve a qualcos'altro, come qui sappiamo), l'articolo descrive con preoccupazione due processi degenerativi in corso da tempo: il disprezzo verso la democrazia parlamentare, su cui qui tante volte ci siamo spesi in inutili allarmi, che non incombevano a noi per settore scientifico-disciplinare (in particolare quando abbiamo criticato la raison d'être dei nostri amici ortotteri), e la progressiva alterazione della gerarchia delle fonti, cioè l'effetto domino che ha portato "il decreto legge al posto della legge, l’atto amministrativo al posto del decreto legge" (anche di questo qui ci siamo occupati, quando vi ho spiegato in dettaglio che cosa sia diventato il processo legislativo ordinario: "la vera attività legislativa infatti si svolge ormai in un altro modo, cioè "agganciando" a un treno-decreto un vagone-emendamento"). Un effetto domino nella sfera legislativa che si affianca ad un altro, in quella esecutiva: "Il Parlamento è troppo lento e rissoso per essere in grado di sfornare atti normativi con la tempestività imposta dalle drammatiche circostanze determinate dall’espandersi del contagio. Ci pensa il Governo; anzi, siccome lo stesso Governo è lento e litigioso al suo interno, ci pensa il Presidente del Consiglio dei ministri".
Con squarci storici suggestivi e impressionanti l'autore mette in evidenza i tremendi rischi di queste derive che il mito del "decisionismo" rende tollerabili se non addirittura auspicate da popolo ed élite: "quel benefico decisionismo, il cui deficit sarebbe alla radice di tutti i mali. Si diceva lo stesso nella Germania di Weimar. Sappiamo come è andata a finire".
L'autore riconosce poi con saggezza l'esistenza di alcuni vincoli oggettivi e soggettivi allo svolgimento della normale attività parlamentare: ravvisa vincoli soggettivi in "eventuali atteggiamenti non collaborativi dell’opposizione", e vincoli oggettivi nella "difficoltà di riunirsi delle Camere, a causa della necessità di osservare rigorosamente le precauzioni necessarie ad evitare la diffusione del contagio, anche all’interno delle sedi parlamentari". Per ovviare a entrambi questi limiti l'autore propone, in assenza di riserve di legge di rango costituzionale o di altro tipo, di modificare i regolamenti parlamentari in modo tale che la conversione dei decreti possa avvenire in sede redigente o addirittura (non è chiaro) deliberante, con un duplice vantaggio: tempi più rapidi (questi in effetti si avrebbero solo nella sede deliberante, che elimina il passaggio in assemblea, e credo che a questo si riferisca l'autore quando parla di "procedimento decentrato"), e ovviamente il coinvolgimento di un minor numero di parlamentari, con minori rischi di contagio.
L'ultimo paragrafo è ugualmente interessante e riguarda un altro grande tema sollevato dalla crisi, il rapporto fra emergenza e sistema delle autonomie, su cui non entriamo per non appesantire il discorso.
La diagnosi
La diagnosi dell'autore è a mio avviso tanto illuminante quanto condivisibile, anche se, a mio avviso, necessita di due integrazioni.La prima è che, suppongo per economia di trattazione, nel denunciare l'aggressione "bottom-up" alla potestà parlamentare, tale per cui argomenti oggetto di riserva di legge come le libertà personali vengono in nome del decisionismo gestiti per atto amministrativo, l'autore non si sofferma su un'altra aggressione, ben più risalente e penetrante, quella che avviene "top-down" in base all'affermazione del principio della supremazia del diritto comunitario sul diritto nazionale. Come qui abbiamo ampiamente discusso, grazie al lavoro di Luciano Barra Caracciolo e di Vladimiro Giacché, i principi fondamentali dei Trattati sono in larga parte incompatibili con quelli della nostra Costituzione. Vale la pena di ricordare la semplice radice di questa antinomia: la Costituzione di una Repubblica fondata sul lavoro (Art. 1 comma 1 Cost.) oggettivamente entra in conflitto con quella di una Unione basata sulla stabilità dei prezzi (Art. 3 comma 3 TUE), per il semplice motivo che la dinamica dei prezzi è legata non all'offerta ("stampa") di moneta, come ha dimostrato il fallimento di Draghi nel raggiungere l'obiettivo di inflazione al 2%, ma alla dinamica della disoccupazione (curva di Phillips, esercito industriale di riserva, ecc.).
Quindi, se vuoi prezzi stabili, devi sacrificare lavoro (occupazione), e se vuoi tutelare il lavoro (piena occupazione), devi sacrificare la stabilità dei prezzi (o ridefinirla in modo compatibile).
Ciò pone ovviamente il tema di chi debba cedere il passo quando questo conflitto si estrinseca, tanto più che, come è stato autorevolmente ricordato se non erro da Omar Chessa nel convegno sopra citato, il principio della supremazia del diritto unionista di fatto legittima l'aggressione di norme di rango costituzionale, o comunque di rango primario, da parte di norme di rango secondario: i Regolamenti UE, che sono, per definizione, immediatamente esecutivi (come i decreti legge). A titolo di esempio, riallacciandomi a un tema che qui abbiamo visto venire prima di altri, il diritto costituzionale alla tutela del risparmio è stato aggredito dal complicato intreccio di due direttive (la BRRD e la CRD) e un regolamento (il CRR), aggiungendo al vulnus di una aggressione alla Costituzione a colpi di normativa secondaria quello di una totale opacità, tale per cui la stessa Autorità Bancaria Europea si è sentita in dovere di emettere delle linee guida per aiutare le autorità nazionali ad orientarsi (!) in questo complesso inviluppo.
Non è solo il cesarismo nostrano, che pure c'è (ci sarà pure un motivo se nell'ultima discussione sulla fiducia qualcuno in aula ha "cripto-citato" Shakespeare...), a mettere in crisi la gerarchia delle fonti: l'imperialismo altrui fa la sua parte. Mi piacerebbe sinceramente sentire il parere dell'autore su questo punto: appartiene anche lui al consesso di chi nell'art.11 della Costituzione legge il termine "limitazione" (restringo l'uso di un "oggetto", la sovranità, che appartiene a me popolo) come "cessione" (cedo - a chi precisamente? - un oggetto che solum è mio, la sovranità, e che quindi da lì in poi non mi appartiene più)?
Sarebbe utile saperlo, perché la summa divisio si pone a quel livello.
C'è poi una sfumatura, che però a me pare importante. L'autore sembra ritenere che Schmitt non ci aiuti a inquadrare la situazione attuale, e su questo mi permetto di dissentire, assistito dall'incipit della Politische Theologie: Souverän ist, wer über den Ausnahmezustand entscheidet. "Entscheiden über" significa decidere (su qualcosa), non comandare (in o durante qualcosa). L'etimologia rimanda insomma a una opzione radicale, una cesura fra due alternative: lo skeidan del tedesco antico è parente dello scindere latino e italiano (Martinetus saprà aiutarci a trovare il nonno sanscrito di questi nipotini...). Ma insomma, a me pare che Schmitt semplicemente (etimologicamente) dica che sovrano è chi "ci dà un taglio" e decide che si è in stato di eccezione, indipendentemente dal fatto che sia poi in grado di governarlo o sia chiamato a governarlo. Certo, come dice l'autore "lo stato di eccezione schmittiano – di questi tempi spesso evocato – presuppone uno spazio vuoto" che non sarebbe ipotizzabile "nell'Italia repubblicana e democratica". Concordo. Ma uscendo dal condizionale e entrando nell'indicativo, a me viene da dire che questo Governo che decide su tutto ma non governa niente, in virtù di questo stesso modus operandi certifica di aver usurpato la sovranità al popolo.
Insomma, se diamo della frase di Schmitt una lettura positiva, più che normativa, essa ci aiuta a capire che molta, troppa strada è stata già fatta. Detto ancora in un altro modo: non leggerei la frase di Schmitt come una giustificazione per quanto sta accadendo (come l'autore deplora che alcuni facciano), ma anzi, a contrario, come il più elevato grido di allarme circa la piega che le cose stanno prendendo.
Su alcuni falsi miti
Passiamo dalla diagnosi alla terapia, cioè al suggerimento di modificare i Regolamenti parlamentari consentendo che la conversione dei decreti legge avvenga in sede deliberante anziché referente (e cioè eliminando il passaggio in assemblea). Vorrei valutare con voi se queste modifiche siano effettivamente necessarie e quale forma dovrebbero prendere.Intanto, parto dal dato incontestabile: la gestione dell'Assemblea e della Commissioni è in effetti resa piuttosto difficile dal pericolo di contagio. Al Senato, in particolare, sono pochi gli spazi che consentono una sicura operatività per le Commissioni: la Sala Koch, la Sala Nassiriya, l'aula Difesa, e più o meno basta. Quanto all'Assemblea, per riunirla mantenendo le distanze di sicurezza si sono spostati gli stenografi in uno dei due balconi soprastanti al banco della Presidenza, si sono fatti accomodare nei due ordini di tribune alcuni senatori, scelti ovviamente fra quelli non iscritti a parlare, e si sono chiamati gli iscritti al parlare al banco delle Commissioni, per evitare che aspergessero i colleghi (asperges me et aegrescor...).
Il distanziamento sociale è quindi gestibile, ma inibisce una parte importante, forse la più importante, perché meno visibile e non codificata, del lavoro politico, fatta di lavoro degli uffici (come vi ho spiegato in dettaglio qui), anch'esso inibito a causa di restrizioni di orari e di spazi, di accordi giustamente riservati presi in corridoio sussurando all'orecchio del vicino (cosa ora vietatissima), di decisioni prese nella concitazione delle votazioni coordinandosi con la mimica facciale (ovviamente impossibile se si è mascherati). Questo significa che nel momento in cui si ha meno tempo a disposizione, occorre più tempo per mettersi d'accordo, cioè per comunicarsi le proprie reciproche posizioni. Quindi, per riassumere: la parte "scenica" del lavoro politico, la sacra rappresentazione, è preservata, ma quella sostanziale è sostanzialmente intaccata, e su questo nessuna modifica del Regolamento può incidere. Starà a noi politici creare altre forme di coordinamento informale, e lo stiamo facendo, ma qui il Regolamento non può aiutarci.
Vorrei ora sfatare una mitologia cui l'autore mi sembra soggiacere, quella del già citato "Parlamento lento e rissoso" (che asintoticamente riconcilia con la sua trasformazione in bivacco di manipoli...) e degli "atteggiamenti non collaborativi delle opposizioni" (che a tendere giustificano la derubricazione a odio di qualsiasi espressione di dissenso). Mi preme dimostrare che nulla di tutto questo incide sul tema che l'autore affronta, ovvero sulla rapidità di conversione dei decreti legge, e quindi nulla di tutto questo giustifica, se non a livello del più becero gossip giornalistico, il rifiuto del Governo di servirsi dello strumento del decreto legge.
La dimostrazione si basa su due dati di fatto: primo, questa opposizione non sta facendo ostruzionismo; secondo, se anche facesse ostruzionismo, non riuscirebbe a ritardare i tempi di un provvedimento su cui in ogni caso il Governo intende porre la questione di fiducia.
So che questa sembra un'opinione politica (cioè, per il PD, una manifestazione di odio da denunciare al Ministro della Verità!), perché equivale alla dichiarazione di un membro dell'opposizione che se ci sono stati ritardi la colpa è della maggioranza! Ma la ritualità del Parlamento, che ai decisionisti (non all'autore) spiace, serve proprio a separare le opinioni dai fatti e dal loro resoconto.
Servendomi appunto del resoconto, chiarisco il primo passaggio (questa opposizione non sta facendo ostruzionismo). Vi ho fatto vedere qui in che modo la maggioranza ha fatto ostruzionismo a se stessa presentando 533 emendamenti e perdendo una marea di tempo nel ritirarli (il relativo verbale è qui). Posso dire con cognizione di causa, perché è il mio lavoro, che questa seconda parte della storia avrebbe potuto essere gestita in modo più efficiente; deploro qui che manchi a verbale il mio intervento sull'ordine dei lavori a tal proposito.
A contrario, posso farvi vedere come funziona l'ostruzionismo quando deriva non dall'inconsistenza della maggioranza, ma dalla pertinacia dell'opposizione. Un esempio è qui, nella discussione del decreto dignità. Semplicemente, una volta passati all'esame degli articoli, su cui ci si premura di presentare una mole esorbitante di emendamenti (quindi 2000, non 204 come abbiamo fatto noi), si chiede di intervenire in dichiarazione di voto su ogni singolo emendamento (per non più di dieci minuti, art. 89 comma 3 del Regolamento). Il Regolamento consente un intervento per gruppo (art. 109 comma 2), ma naturalmente, per tutelare le opinioni di tutti, è altresì consentito a ogni parlamentare di intervenire per motivare il suo eventuale dissenso dal gruppo, purché il numero dei "dissociati" sia inferiore a quello della metà degli appartenenti al gruppo. In pratica, nella lunga notte del 5 agosto 2018 le nostre opposizioni, in particolare quelle di sinistra, utilizzarono questa tattica intervenendo sistematicamente in dichiarazione sia a favore che in dissenso (divertentissime le dichiarazioni di voto in dissenso del senatore Laus).
Ma, alla fine, questo a che cosa porta?
Nei lavori di Commissione non vengono contingentati i tempi per gruppo, e quindi ogni gruppo interviene quanto desidera purché nei limiti del Regolamento (quelli appena ricordati). Tuttavia, più di tanto non puoi tirarla in lungo perché la durata complessiva dell'esame in Commissione è comunque limitata: è la capigruppo a decidere quando va in Aula (cioè in Assemblea) il provvedimento. Di conseguenza, il massimo risultato che un feroce ostruzionismo può ottenere è che non si termini il lavoro in Commissione, cioè che non si riesca a votare il mandato al relatore. Ciò costringe il Governo a elaborare un maxiemendamento su cui porre la fiducia per recuperare il lavoro emendativo della maggioranza (altrimenti decaduto), oppure a rivotare tutto in Assemblea, dove comunque i tempi sono contingentati e il canguro consente di andare spediti. In altre parole: l'opposizione non può far perdere tempo alla maggioranza, e in particolare non lo ha fatto col Cura Italia, tant'è che il provvedimento è andato in Assemblea col relatore (su quello che è successo dopo taccio per carità di Patria). Ancora in altri termini: in questo assetto regolamentare, che, come ha spiegato tanto bene Azzariti a questa comunità, comprime fortemente i diritti dell'opposizione, il massimo che questa possa ottenere con l'ostruzionismo è di dover rinunciare ai propri emendamenti!
Quindi, non solo in questa fase di emergenza l'opposizione non sta facendo ostruzionismo, e per un lungo periodo non ha fatto nemmeno opposizione (la famosa storia della cabina di regia), come vi ho appena dimostrato per tabulas, esercitando la pedagogia dell'esempio e dell'esperienza, ma se anche facesse ostruzionismo non riuscirebbe a prolungare più di tanto i tempi dell'esame.
Questo significa che da un lato è ancor più incomprensibile e ingiustificabile il ricorso ai DPCM, e dall'altro, per quanto pregevole, è probabilmente superflua la proposta di spostare la conversione dalla sede referente alla deliberante. Una proposta che anzi, a mio avviso, crea più problemi di quanti non ne risolva, e mi affretto a spiegare perché, anche allo scopo di evidenziare un'altra dimensione del malcostume legislativo che ci affligge.
Omogeneità
Premesso che l'articolo del Regolamento del Senato su cui intervenire non sarebbe il 78 citato dall'autore (che semplicemente descrive l'ordine dei lavori sulle leggi di conversione), ma il 35, che riserva all'esame in sede referente una serie di provvedimenti (quelli in materia costituzionale e elettorale, quelli di delegazione legislativa, le ratifiche di trattati internazionali, le conversioni di decreti legge e poco altro), immaginiamo che cosa sarebbe successo se il Presidente Alberti Casellati avesse potuto decidere di assegnare alla Commissione 5a in sede deliberante il Cura Italia (cioè se l'articolo 35 del Regolamento non fosse esistito). Il Presidente Bagnai, vistosi sottratto l'esame di un articolo composto da 5 titoli di cui due di materia della sua Commissione (uno sul fisco e uno sulle banche), per tutelare il ruolo dell'organo parlamentare da lui presieduto avrebbe sollevato immediatamente un problema di attribuzione chiedendo l'assegnazione alle Commissioni riunite 5a e 6a. Ma dato che il primo titolo del provvedimento tratta di materia sanitaria, altrettanto avrebbe potuto fare il Presidente Collina. E saremmo arrivati a tre Commissioni riunite.Fatto fermo il principio che le decisioni sull'assegnazione sono prerogativa esclusiva del Presidente, resta comunque che l'esclusione del passaggio in Assemblea renderebbe piuttosto cogenti le richieste delle altre Commissioni coinvolte per materia. Si potrebbe infatti argomentare che senza passaggio in Assemblea i senatori specializzati in un determinato ambito (la fiscalità, la sanità, la giustizia, ecc.) non avrebbero modo di esaminare compiutamente il provvedimento e di incidere su di esso. Questo è chiaro anche all'autore, tant'è che correttamente cita la facoltà di passare "al procedimento ordinario, su richiesta del Governo, di un quinto dei membri della commissione competente e di un decimo dell’assemblea" (art. 35 comma 2 del Regolamento).
Non solo: questo è anche successo. Nella conferenza dei capigruppo che ha disposto l'esame del provvedimento, a fronte di una posizione del PD, che sostanzialmente voleva che si svolgesse l'esame in sede referente nella sola Commissione 5a senza sedi consultive (privando così la Commissione Finanze del diritto di esprimersi su un provvedimento che per due quinti la riguardava!), mi sono trovato a portare avanti la necessità di esaminare il provvedimento in sede referente nelle Commissioni riunite 5a, 6a e 12a coinvolgendo in sede consultiva le Commissioni interessate (Giustizia, Affari costituzionali, Agricoltura). Il punto di caduta è stato l'esame in sede referente nella Commissione 5a con l'esame in sede consultiva in tutte le altre Commissioni (quella di coinvolgere tutte le altre Commissioni è stata una posizione presa dal PD semplicemente a titolo di ricatto, visto che da parte nostra ci siamo rifiutati di dare l'unanimità a un calendario che non accoglieva la nostra richiesta di avere il premier in aula per comunicazioni sul MES: dovendo così portare il calendario in votazione, il PD si è fatto autostruzionismo imponendo la convocazione di Commissioni anche non interessate - e che infatti i rispettivi presidenti poi non hanno convocato, per poi poter dire che "i leghisti cattivi mettono in pericolo la salute dei parlamentari..."). Quattro ore di conferenza dei capigruppo... la vita è fatta anche di queste cose, come il Presidente Silvestri sicuramente saprà!
E qui si arriva a un punto cruciale. La proposta del Presidente Silvestri avrebbe perfettamente senso se il Governo si attenesse, nella decretazione d'urgenza, a quel principio di omogeneità di materia su cui mi pare che la giurisprudenza della Corte, dopo alcune oscillazioni, abbia poi definitivamente allargato le maglie (ma qui confesso di non essere un esperto, e chiederei l'aiuto al costituzionalista di turno).
Chiarisco il tema dal mio punto di vista operativo: se, come nella Lega avevamo auspicato, il Governo fosse intervenuto con provvedimenti puntuali (visto che comunque ne ha emessi una selva, senza minimamente concordare con l'opposizione questo percorso), e se, in particolare, avesse fatto un decreto molto semplice: sono sospesi gli adempimenti fiscali e i pagamenti delle rate dei mutui full stop, questo decreto, nello scenario ipotizzato dal Presidente Silvestri, sarebbe stato facilmente convertibile in sede deliberante (quindi senza passaggio in Assemblea) dalla Commissione 6a, rientrando pienamente nell'alveo delle sue attribuzioni. La linea scelta dal Governo, invece, cioè quella di scrivere di fatto una specie di legge di bilancio con collegato fiscale incorporato, avrebbe di fatto reso obbligatorio il procedimento scelto dal Presidente Alberti Casellati anche se le modifiche regolamentari auspicate dal Presidente Silvestri fossero state apportate.
Spero di aver chiarito il punto: il fatto che la Corte Costituzionale (e, devo credere, la Presidenza della Repubblica) si sia progressivamente orientata verso un'interpretazione molto estensiva dell'art. 15, comma 3 della L. 400/1988, che recita "i decreti devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo", ritenendo che "l'urgente necessità del provvedere può riguardare una pluralità di norme accomunate dalla natura unitaria delle fattispecie disciplinate ovvero dall'intento di fronteggiare situazioni complesse e variegate, che richiedono interventi oggettivamente eterogenei, afferenti a materie diverse, ma orientati all'unico scopo di apportare rimedi urgenti" (tradotto: tana liberi tutti!), complica in modo significativo il lavoro degli organi parlamentari competenti. Già il lavoro di due Commissioni riunite non è agevole per motivi logistici e organizzativi, figuriamoci con tre o quattro, come sarebbe giustificabile data l'eterogeneità dei provvedimenti che il Governo sta emanando! Tre Commissioni sono una settantina abbondante di persone, esclusi i funzionari: neanche la sala Koch può contenerle in sicurezza, bisognerebbe lavorare in Assemblea, con tutte le complicazioni del caso.
Questo vale in emergenza, ma le cose non vanno molto meglio in tempi normali: la disomogeneità dei decreti è solo un altro dei sintomi tramite cui si manifesta quel degrado della democrazia parlamentare che l'autore stigmatizza. Un sintomo subdolo, ma non per questo il meno letale.
Concludendo
Se il problema procedurale della farraginosità (o della rissosità) delle sedi referenti esistesse, per risolvere la questione aggirando l'ulteriore problema della disomogeneità dei provvedimenti si potrebbe anche pensare di assegnarli in sede deliberante a una Commissione speciale (facoltà già concessa al Presidente dall'art. 35 comma 1 del Regolamento, ma ovviamente non per le leggi di conversione).Tuttavia, come ho cercato di farvi capire, il problema non esiste.
Questo Governo decide per DPCM e non per decreto legge per i motivi che il Presidente Silvestri correttamente individua (una risposta "decisionista" alle scissioni insanabili della maggioranza, che si riflettono nella compagine governativa), e perde tempo non per colpa del Parlamento, ma semplicemente perché sta aspettando da Bruxelles il permesso di impegnare ulteriori risorse, permesso che gli verrà dato quando avrà infilato il collo del paese nel cappio del MES, cioè di quel meccanismo in grado di imporre condizioni sufficientemente draconiane a garanzia di chi ritiene di essere nostro creditore. La possibilità di ricorso al MES andava semplicemente tolta dal tavolo del negoziato. Il non averlo fatto è una capitolazione, come correttamente rilevano qui altri due costituzionalisti in un altro bell'articolo che vi segnalo. In che modo il Governo sia stato ricattato, se con la minaccia di scatenargli contro "i mercati", o con quella di una feroce procedura di infrazione a emergenza finita, non so dirvelo. Ma è andata così, e ora il nostro paese è a un bivio, il bivio che Dani e Menéndez lucidamente descrivono (alla buon'ora!).
Il tempo è stato perso così, aspettando in pista l'autorizzazione al decollo. L'opposizione e il Regolamento del Senato c'entrano ben poco. La compressione della democrazia ha altre origini, quelle che in queste poche pagine ho affrontato in sintesi, e alla cui denuncia ho dedicato gli ultimi dieci anni. Se vorremo riconoscere l'esistenza del vero problema, sapremo trovare insieme una soluzione vera.
Benvenuti?
sabato 11 aprile 2020
#hastatosalvini (sesto addendum al manuale di logica eurista)
(...ci sono dei momenti in cui sono fiero di voi, e questo è uno di quelli. Li celebro con animo lieto, anche perché mi sollevano dall'ingrato lavoro di seminatore di odioh...)
(... per i turisti del dibattito: la logica eurista in questo blog è stata sviscerata in diverse occasioni: l'ultima credo fosse questa, dove trovate anche un riassunto delle puntate precedenti. Se siete arrivati da poco, penso che valga la pena di dargli un'occhiata: affilerà la katana della vostra dialettica...)
Ferdyfox ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Venerdì santo":
Io credo che, tra le varie cose che ha detto stasera Conte, ce ne sia una di una fallacia logica impressionante (ex multis): ovvero il fatto che "Salvini e Meloni indeboliscono la posizione negoziale del governo ai tavoli europei".
Mettiamoci nei panni di Conte e immaginiamo che davvero lui non voglia utilizzare il MES, siccome a Pasqua siamo tutti più buoni, come a Natale. Ora, come tutti sappiamo qua e come è stato opportunamente spiegato, in virtù della Legge 234/12 Conte avrebbe la possibilità di ricevere un mandato negoziale fortissimo con Leuropa. Siccome, a detta sua, il Governo non richiederà mai l'intervento del MES... Allora perché Conte non vai in aula a chiedere un atto di indirizzo in tal senso? Atto di indirizzo che sarebbe votato a larghissima maggioranza? Potresti benissimo così andare ai tavoli dicendo: "ragazzi, sapete che c'è? Il 90% del mio Parlamento, che rappresenta quindi il 90% dei cittadini italiani, rifiuta anche solo di pensare al MES come possibile strumento di gestione della crisi, che si fa?".
Invece no, Conte oggi ci ha detto che lui vorrebbe tanto non usare il MES e invece adottare gli Eurobond. Quindi, ci dice sempre Conte: "Italiani, sapete, io ieri ho mandato a negoziare un ministro delle finanze che fino all'altro giorno era a favore del MES (ma ci ho parlato bene, tranquilli l’ho convinto eh!) e per di più privo di qualsiasi atto di indirizzo parlamentare in tal senso... Vedete: l'Olanda ha mandato un ministro delle finanze fortemente convinto delle sue posizioni e con un mandato parlamentare fortissimo. Il risultato è che, purtroppissimo, Gualtieri è stato sbriciolato. Ma non è colpa nostra, italiani, la colpa è di Salvini che inquina il dibattito spargendo fake news!".
Ma continuiamo a pensare che davvero Conte sia convinto di non utilizzare il MES e di spingere per gli Eurobond (in bocca al lupo!). Invece di blaterare di Salvini e Meloni, perché non va in Parlamento e dice: "Ragazzi, qua siamo uniti su una cosa, non utilizzeremo mai il MES in alcun senso e, per di più, lo abrogheremo... So che su cosa mettere al suo posto non siamo altrettanto d'accordo, lo so, c’è chi dice Eurobond, chi dice BCE, ma su quello possiamo trovare magari una sintesi insieme, tanto una cosa o l’altra per essere approvata richiederà tempi biblici e abbiamo tutto il tempo per pensarci… Intanto rifiutiamo e cancelliamo il MES tutti insieme". Perché io credo che chi, almeno a parole aspiri a fare lo "statista" in momenti come questo dovrebbe usare parole simili e compiere azioni simili, per lo meno quando si dice di voler ricercare l’"unità nazionale" nei momenti di difficoltà. E l’unità nazionale ce l’hai lì, a un passo, nel Parlamento che rappresenta noi cittadini.
La verità è, caro Conte, che se davvero la tua posizione negoziale è debole, lo è perché nemmeno la tua maggioranza ti sostiene. Perché se oggi andassi in Parlamento a chiedere "chi non vuole il MES come me?" ti risponderebbe "io" la Lega, FdI e qualche 5S. PD e Italia Viva invece ci sperano, non vedono l'ora, magari qualcuno sta già preparando i contratti di vendita di porti e aeroporti (ogni riferimento a senatori esistenti o interviste rilasciate è puramente casuale). Quindi, se proprio sei contrario al MES, vai in Parlamento e chiedilo, no? Scopriamo le carte, io mi preparo i popcorn.
Postato da Ferdyfox in Goofynomics alle 11 aprile 2020 01:17
(...allora: questo commento va messo nel giusto risalto, perché in esso si interseca una grande quantità di piani di lettura. L'autore non lo conosco, non so se e quanto esso sia consapevole della polisemia di queste poche righe. Sembra persona familiar with the matter, ma non so a che livello.
Partiamo dal primo punto: il dato politico-cronachistico. Il giurista inurbato è sostenuto da una maggioranza rissosa e variopinta. La sua debolezza è questa, e il giochino di serrare i ranghi cacciando balle e ragliando al nemico esterno lascia il tempo che trova, soprattutto se ci si lascia prendere la mano dal nervosismo e da una stanchezza umanamente comprensibile - ma istituzionalmente evitabile.
Questo è un primo livello di lettura. Poi ce n'è un secondo, più "carsico" (aggettivo caro a uno di voi). Gli unionisti per bene (perché ce ne sono) nei due anni in cui la mia attività istituzionale mi ha condotto a discorrere con loro di come promuovere l'interesse del Paese nelle sedi europee, mi tornavano sempre, insistentemente, allo stesso punto, allo stesso argomento. Un argomento intriso di quella stucchevole esterofilia provinciale che è la dimensione estetica dell'eurismo, così come la sua dimensione dialettica è l'autogol: "Eh, ma per sostenere nel negoziato gli interessi del Paese dovremmo sapere quali sono, eh, ma a Roma la politica litiga, quando chiamavamo per sapere che cosa fare nessuno ci rispondeva... Eh, se fossimo un paese civile, come l'Olanda, come la Finlandia, in cui il Parlamento segue la fase ascendente dei provvedimenti e dà sempre un mandato negoziale al Governo prima dei Consigli dell'Unione Europea...". Insomma: il fallimento dell'Italia nelle sedi negoziali europee, per loro, invece di essere quel dato politologico che qui abbiamo imparato ad analizzare grazie all'eccellente lavoro di Kevin Featherstone, era un dato sociologico riconducibile alla categoria del facciamocome.
L'unionista per bene tende cioè a negare un dato scientificamente acquisito e sufficientemente evidente (oltre che confessato): l'uso da parte di una élite tecnocratica del "vincolo esterno" europeo per disciplinare la partitocrazia italiana, comprimendo gli spazi del decisore politico - il cui indirizzo non era sollecitato, ma anzi sgradito ed eluso - perché non coincideva con l'agenda politica che le burocrazie transnazionali si erano date nel loro interesse. Questo dato è una sufficiente spiegazione del perché la politica sia stata messa da parte (disturbava i manovratori) e del perché il Paese sia stato avviato su una spirale deflazionistica (orientava la distribuzione dei redditi in modo vantaggioso per i manovratori). La spiegazione dell'unionista per bene - che sia un funzionario parlamentare, ministeriale o europeo - è basata non sulle dinamiche oggettive, ma sugli aneddoti, e si riassume nella nota tesi secondo cui la colpa degli insuccessi per il Paese ai tavoli di Bruxelles non era dovuta principalmente all'ansia dei negoziatori di conseguire successi personali, ma esclusivamente alla sciatteria e alla negligenza della classe politica italiana, incapace di interiorizzare le regole del gioco di Bruxelles, e colpevolmente disinteressata, qui a Roma, delle dinamiche legislative europee.
Ora, questa spiegazione sociologica, inutile dirlo, una sua certa coerenza, un suo certo fascino, ce l'ha. In effetti, il fatto che della legge Moavero si fosse sostanzialmente persa traccia finché non sono arrivato
IO
(scusate, un piccolo ritorno ai bei tempi per non far sentir solo Conte nel suo narcisismo!), il fatto che questa legge fosse disapplicata da anni, e che sia stata riesumata dall'ultimo arrivato, con l'involontaria complicità di qualche funzionario colto e amante della legalità, come sono generalmente i nostri funzionari, sembrerebbe intervenire ad adjuvandum. Il fatto che questa legge "introdotta post-Lisbona come un lip-service su pressioni di alcuni parlamenti nazionali":
fosse ignota al 90% dei politici sembrerebbe avvalorare, prima facie, l'idea un po' ortottera che "hastatolapoliticacorotta" a non occuparsi della cosiddetta Europa. Insomma, la solita tesi dei travaglisti secondo cui è colpa nostra se in quelle sedi ci trattano come quei cialtroni che siamo. Ah, naturalmente in questi discorsi "siamo" è sempre seconda persona plurale! Ma vedete, questa tesi frutto della migliore sociologia da bar dello Sport non regge più di tanto uno scrutinio un po' meno superficiale di quello di certi colleghi sciatti e ideologizzati (e per questo motivo incapaci di intuire il potenziale politico di certe norme...). Perché intanto non esistono "i politici" come non esistono "gli economisti", "i medici", e "la Germania". Un "politico" può avere vari orientamenti (e questo è ovvio), varie specializzazioni e vari ruoli. Chi la politica l'ha vissuta sul serio, non come il povero Piero qua sopra, sa ad esempio che oggi le dinamiche parlamentari sono completamente egemonizzate dal Governo. Lo sapete anche voi, grazie alla faticosa paideia cui vi sottopongo nei rari lacerti di tempo che la mia attività mi lascia. Quante volte ad esempio vi ho spiegato la storia del parere del relatore e del Governo (sintesi brutale: la Commissione non può votare se il Governo non ha deciso come deve votare...)? Ora: se veramente il Governo avesse mai sentito il desiderio di rinforzare le proprie posizioni con un mandato parlamentare serio, se veramente i funzionari che a Bruxelles, nella rappresentanza permanente o altrove, curano gli interessi italiani avessero mai sinceramente desiderato che il Governo avesse una posizione forte e condivisa col Parlamento, la soluzione sarebbe stata a portata di mano: la legge che nessuno conosceva l'avrebbero utilizzata loro, perché gli sarebbe stata utile per arrivare ai tavoli del negoziato con pari dignità dei loro colleghi di altri Paesi.
La lettura dello sconclusionato discorso di Conte da parte del nostro sagace amico mette invece in luce come stanno realmente le cose. Di avere un indirizzo parlamentare alle burocrazie - e Conte di quelle è espressione: nessuno lo ha eletto, e a loro risponde, attraverso l'economista di turno prestatogli da Banca d'Italia - di avere un simile indirizzo, dicevo, alle burocrazia non passa neanche per la testa! Quello che c'è da fare lo sanno, o credono di saperlo, loro, e quindi evitano rigorosamente di prendere, e ancor più di sollecitare, un mandato dai rappresentanti del popolo sovrano. L'interesse di chi amministra (le burocrazie) a non ricevere un mandato è, nella mia personale esperienza, molto superiore al disinteresse da parte di chi rappresenta il popolo a conferirlo.
Quindi, di che cosa stiamo esattamente parlando? Nel suo essere internamente incoerente, il discorso di Conte riflette, come è chiaro, le intenzioni di chi lo consiglia. Non è mica la prima volta: così come dietro alla difesa dell'idea fasulla, illegale e smentita dalla Bce che le riserve auree fossero proprietà di Banca d'Italia c'era ovviamente l'impulso dell'allora consigliere economico, dietro l'idea che "hastatoSalviniaindebolirminelnegoziato" non credo ci sia solo Casalino (che non è uno stupido). Ci sarà senz'altro, anzi: senz'altramente anche l'attuale consigliere economico (oggi l'amministrazione è trasparente), e naturalmente chi gestisce le vicende di Bruxelles. Nella follia del lamentarsi di essere indeboliti in quella che forse è una delle poche situazioni nella storia italiana in cui il Governo potrebbe avere un mandato forte e bipartisan c'è quindi del metodo: il metodo fascista e antidemocratico che è intrinseco alla filosofia politica unionista. Ma di questo abbiamo parlato tante volte. Oggi vi ho solo mostrato una delle tante sfaccettature del noto problema...)
(...e la sintesi in termini di logica eurista? Ma, potrebbe essere una cosa del tipo: "Non vado in Parlamento a ricevere un mandato perché potrebbe conferirmelo"...)
(..."questo governo non lavora col favore delle tenebre"... Ma in Parlamento ci vieni o no? Perché noi sappiamo come fartici venire, lo sai, vero? Mica vorrai continuare a nasconderti dietro al collega Perilli!? E parlaci col Ministro dell'Interno, dai, che insultare troppo il Parlamento non ti conviene. Fidati di un nemico, che gli amici non ti consigliano molto bene, come già ho avuto modo di dirti nella sacralità dell'aula...)
(... per i turisti del dibattito: la logica eurista in questo blog è stata sviscerata in diverse occasioni: l'ultima credo fosse questa, dove trovate anche un riassunto delle puntate precedenti. Se siete arrivati da poco, penso che valga la pena di dargli un'occhiata: affilerà la katana della vostra dialettica...)
Ferdyfox ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Venerdì santo":
Io credo che, tra le varie cose che ha detto stasera Conte, ce ne sia una di una fallacia logica impressionante (ex multis): ovvero il fatto che "Salvini e Meloni indeboliscono la posizione negoziale del governo ai tavoli europei".
Mettiamoci nei panni di Conte e immaginiamo che davvero lui non voglia utilizzare il MES, siccome a Pasqua siamo tutti più buoni, come a Natale. Ora, come tutti sappiamo qua e come è stato opportunamente spiegato, in virtù della Legge 234/12 Conte avrebbe la possibilità di ricevere un mandato negoziale fortissimo con Leuropa. Siccome, a detta sua, il Governo non richiederà mai l'intervento del MES... Allora perché Conte non vai in aula a chiedere un atto di indirizzo in tal senso? Atto di indirizzo che sarebbe votato a larghissima maggioranza? Potresti benissimo così andare ai tavoli dicendo: "ragazzi, sapete che c'è? Il 90% del mio Parlamento, che rappresenta quindi il 90% dei cittadini italiani, rifiuta anche solo di pensare al MES come possibile strumento di gestione della crisi, che si fa?".
Invece no, Conte oggi ci ha detto che lui vorrebbe tanto non usare il MES e invece adottare gli Eurobond. Quindi, ci dice sempre Conte: "Italiani, sapete, io ieri ho mandato a negoziare un ministro delle finanze che fino all'altro giorno era a favore del MES (ma ci ho parlato bene, tranquilli l’ho convinto eh!) e per di più privo di qualsiasi atto di indirizzo parlamentare in tal senso... Vedete: l'Olanda ha mandato un ministro delle finanze fortemente convinto delle sue posizioni e con un mandato parlamentare fortissimo. Il risultato è che, purtroppissimo, Gualtieri è stato sbriciolato. Ma non è colpa nostra, italiani, la colpa è di Salvini che inquina il dibattito spargendo fake news!".
Ma continuiamo a pensare che davvero Conte sia convinto di non utilizzare il MES e di spingere per gli Eurobond (in bocca al lupo!). Invece di blaterare di Salvini e Meloni, perché non va in Parlamento e dice: "Ragazzi, qua siamo uniti su una cosa, non utilizzeremo mai il MES in alcun senso e, per di più, lo abrogheremo... So che su cosa mettere al suo posto non siamo altrettanto d'accordo, lo so, c’è chi dice Eurobond, chi dice BCE, ma su quello possiamo trovare magari una sintesi insieme, tanto una cosa o l’altra per essere approvata richiederà tempi biblici e abbiamo tutto il tempo per pensarci… Intanto rifiutiamo e cancelliamo il MES tutti insieme". Perché io credo che chi, almeno a parole aspiri a fare lo "statista" in momenti come questo dovrebbe usare parole simili e compiere azioni simili, per lo meno quando si dice di voler ricercare l’"unità nazionale" nei momenti di difficoltà. E l’unità nazionale ce l’hai lì, a un passo, nel Parlamento che rappresenta noi cittadini.
La verità è, caro Conte, che se davvero la tua posizione negoziale è debole, lo è perché nemmeno la tua maggioranza ti sostiene. Perché se oggi andassi in Parlamento a chiedere "chi non vuole il MES come me?" ti risponderebbe "io" la Lega, FdI e qualche 5S. PD e Italia Viva invece ci sperano, non vedono l'ora, magari qualcuno sta già preparando i contratti di vendita di porti e aeroporti (ogni riferimento a senatori esistenti o interviste rilasciate è puramente casuale). Quindi, se proprio sei contrario al MES, vai in Parlamento e chiedilo, no? Scopriamo le carte, io mi preparo i popcorn.
Postato da Ferdyfox in Goofynomics alle 11 aprile 2020 01:17
(...allora: questo commento va messo nel giusto risalto, perché in esso si interseca una grande quantità di piani di lettura. L'autore non lo conosco, non so se e quanto esso sia consapevole della polisemia di queste poche righe. Sembra persona familiar with the matter, ma non so a che livello.
Partiamo dal primo punto: il dato politico-cronachistico. Il giurista inurbato è sostenuto da una maggioranza rissosa e variopinta. La sua debolezza è questa, e il giochino di serrare i ranghi cacciando balle e ragliando al nemico esterno lascia il tempo che trova, soprattutto se ci si lascia prendere la mano dal nervosismo e da una stanchezza umanamente comprensibile - ma istituzionalmente evitabile.
Questo è un primo livello di lettura. Poi ce n'è un secondo, più "carsico" (aggettivo caro a uno di voi). Gli unionisti per bene (perché ce ne sono) nei due anni in cui la mia attività istituzionale mi ha condotto a discorrere con loro di come promuovere l'interesse del Paese nelle sedi europee, mi tornavano sempre, insistentemente, allo stesso punto, allo stesso argomento. Un argomento intriso di quella stucchevole esterofilia provinciale che è la dimensione estetica dell'eurismo, così come la sua dimensione dialettica è l'autogol: "Eh, ma per sostenere nel negoziato gli interessi del Paese dovremmo sapere quali sono, eh, ma a Roma la politica litiga, quando chiamavamo per sapere che cosa fare nessuno ci rispondeva... Eh, se fossimo un paese civile, come l'Olanda, come la Finlandia, in cui il Parlamento segue la fase ascendente dei provvedimenti e dà sempre un mandato negoziale al Governo prima dei Consigli dell'Unione Europea...". Insomma: il fallimento dell'Italia nelle sedi negoziali europee, per loro, invece di essere quel dato politologico che qui abbiamo imparato ad analizzare grazie all'eccellente lavoro di Kevin Featherstone, era un dato sociologico riconducibile alla categoria del facciamocome.
L'unionista per bene tende cioè a negare un dato scientificamente acquisito e sufficientemente evidente (oltre che confessato): l'uso da parte di una élite tecnocratica del "vincolo esterno" europeo per disciplinare la partitocrazia italiana, comprimendo gli spazi del decisore politico - il cui indirizzo non era sollecitato, ma anzi sgradito ed eluso - perché non coincideva con l'agenda politica che le burocrazie transnazionali si erano date nel loro interesse. Questo dato è una sufficiente spiegazione del perché la politica sia stata messa da parte (disturbava i manovratori) e del perché il Paese sia stato avviato su una spirale deflazionistica (orientava la distribuzione dei redditi in modo vantaggioso per i manovratori). La spiegazione dell'unionista per bene - che sia un funzionario parlamentare, ministeriale o europeo - è basata non sulle dinamiche oggettive, ma sugli aneddoti, e si riassume nella nota tesi secondo cui la colpa degli insuccessi per il Paese ai tavoli di Bruxelles non era dovuta principalmente all'ansia dei negoziatori di conseguire successi personali, ma esclusivamente alla sciatteria e alla negligenza della classe politica italiana, incapace di interiorizzare le regole del gioco di Bruxelles, e colpevolmente disinteressata, qui a Roma, delle dinamiche legislative europee.
Ora, questa spiegazione sociologica, inutile dirlo, una sua certa coerenza, un suo certo fascino, ce l'ha. In effetti, il fatto che della legge Moavero si fosse sostanzialmente persa traccia finché non sono arrivato
IO
(scusate, un piccolo ritorno ai bei tempi per non far sentir solo Conte nel suo narcisismo!), il fatto che questa legge fosse disapplicata da anni, e che sia stata riesumata dall'ultimo arrivato, con l'involontaria complicità di qualche funzionario colto e amante della legalità, come sono generalmente i nostri funzionari, sembrerebbe intervenire ad adjuvandum. Il fatto che questa legge "introdotta post-Lisbona come un lip-service su pressioni di alcuni parlamenti nazionali":
fosse ignota al 90% dei politici sembrerebbe avvalorare, prima facie, l'idea un po' ortottera che "hastatolapoliticacorotta" a non occuparsi della cosiddetta Europa. Insomma, la solita tesi dei travaglisti secondo cui è colpa nostra se in quelle sedi ci trattano come quei cialtroni che siamo. Ah, naturalmente in questi discorsi "siamo" è sempre seconda persona plurale! Ma vedete, questa tesi frutto della migliore sociologia da bar dello Sport non regge più di tanto uno scrutinio un po' meno superficiale di quello di certi colleghi sciatti e ideologizzati (e per questo motivo incapaci di intuire il potenziale politico di certe norme...). Perché intanto non esistono "i politici" come non esistono "gli economisti", "i medici", e "la Germania". Un "politico" può avere vari orientamenti (e questo è ovvio), varie specializzazioni e vari ruoli. Chi la politica l'ha vissuta sul serio, non come il povero Piero qua sopra, sa ad esempio che oggi le dinamiche parlamentari sono completamente egemonizzate dal Governo. Lo sapete anche voi, grazie alla faticosa paideia cui vi sottopongo nei rari lacerti di tempo che la mia attività mi lascia. Quante volte ad esempio vi ho spiegato la storia del parere del relatore e del Governo (sintesi brutale: la Commissione non può votare se il Governo non ha deciso come deve votare...)? Ora: se veramente il Governo avesse mai sentito il desiderio di rinforzare le proprie posizioni con un mandato parlamentare serio, se veramente i funzionari che a Bruxelles, nella rappresentanza permanente o altrove, curano gli interessi italiani avessero mai sinceramente desiderato che il Governo avesse una posizione forte e condivisa col Parlamento, la soluzione sarebbe stata a portata di mano: la legge che nessuno conosceva l'avrebbero utilizzata loro, perché gli sarebbe stata utile per arrivare ai tavoli del negoziato con pari dignità dei loro colleghi di altri Paesi.
La lettura dello sconclusionato discorso di Conte da parte del nostro sagace amico mette invece in luce come stanno realmente le cose. Di avere un indirizzo parlamentare alle burocrazie - e Conte di quelle è espressione: nessuno lo ha eletto, e a loro risponde, attraverso l'economista di turno prestatogli da Banca d'Italia - di avere un simile indirizzo, dicevo, alle burocrazia non passa neanche per la testa! Quello che c'è da fare lo sanno, o credono di saperlo, loro, e quindi evitano rigorosamente di prendere, e ancor più di sollecitare, un mandato dai rappresentanti del popolo sovrano. L'interesse di chi amministra (le burocrazie) a non ricevere un mandato è, nella mia personale esperienza, molto superiore al disinteresse da parte di chi rappresenta il popolo a conferirlo.
Quindi, di che cosa stiamo esattamente parlando? Nel suo essere internamente incoerente, il discorso di Conte riflette, come è chiaro, le intenzioni di chi lo consiglia. Non è mica la prima volta: così come dietro alla difesa dell'idea fasulla, illegale e smentita dalla Bce che le riserve auree fossero proprietà di Banca d'Italia c'era ovviamente l'impulso dell'allora consigliere economico, dietro l'idea che "hastatoSalviniaindebolirminelnegoziato" non credo ci sia solo Casalino (che non è uno stupido). Ci sarà senz'altro, anzi: senz'altramente anche l'attuale consigliere economico (oggi l'amministrazione è trasparente), e naturalmente chi gestisce le vicende di Bruxelles. Nella follia del lamentarsi di essere indeboliti in quella che forse è una delle poche situazioni nella storia italiana in cui il Governo potrebbe avere un mandato forte e bipartisan c'è quindi del metodo: il metodo fascista e antidemocratico che è intrinseco alla filosofia politica unionista. Ma di questo abbiamo parlato tante volte. Oggi vi ho solo mostrato una delle tante sfaccettature del noto problema...)
(...e la sintesi in termini di logica eurista? Ma, potrebbe essere una cosa del tipo: "Non vado in Parlamento a ricevere un mandato perché potrebbe conferirmelo"...)
(..."questo governo non lavora col favore delle tenebre"... Ma in Parlamento ci vieni o no? Perché noi sappiamo come fartici venire, lo sai, vero? Mica vorrai continuare a nasconderti dietro al collega Perilli!? E parlaci col Ministro dell'Interno, dai, che insultare troppo il Parlamento non ti conviene. Fidati di un nemico, che gli amici non ti consigliano molto bene, come già ho avuto modo di dirti nella sacralità dell'aula...)
venerdì 10 aprile 2020
Venerdì santo
L'Eurogruppo del 16 marzo:
Gualtieri all'Eurogruppo del 9 aprile:
Gli ortotteri:
Il blogger:
Il giorno dopo, gli elettori e le opposizioni:
Gualtieri viene scaricato dalla sua maggioranza:
L'Italia accede al MES:
Poi vengono modificate le condizioni:
Arriva la crisi: Conte viene travolto dal risultato della sua stessa ignavia...
...e finalmente cambia musica:
(...per quanto uno le cose possa averle dette prima, c'è sempre Uno che le ha dette prima di lui, perché era prima che le cose potessero essere dette. Quindi, calma...)
giovedì 9 aprile 2020
Lettera alla Germania
(...oggi Matteo Salvini ha pubblicato su Facebook questa lettera alla Germania, che vi ripropongo qui in versione illustrata...)
Gentile "Die Welt",
ho visto con stupore il vostro titolo odierno che parla di "mafia che aspetta i soldi dall'Europa". Vorrei ricordare ai vostri lettori, che meritano un’informazione equilibrata, che l'Italia è contribuente netto dell’Unione Europea dal 1989.
Da allora, gli italiani hanno versato al bilancio dell’Unione un totale di 81 miliardi di euro. L'Italia ha anche fatto la sua parte con i fondi salvastati, versando a vario titolo oltre 57 miliardi.
Come documentano studi di università tedesche, fra cui l’ESMT di Berlino, in molti casi, incluso quello della Grecia, il 95% dei fondi versati da paesi come l’Italia sono stati immediatamente girati alle banche creditrici, fra cui quelle tedesche.
Siamo stati in grado di contribuire al progetto europeo anche perché dal 1992 l’Italia ha sempre avuto un avanzo primario del bilancio pubblico, tranne che nei due anni più gravi della crisi.
Quello che appesantisce il bilancio pubblico italiano è la spesa per interessi, e in questo senso la decisione della signora Merkel di coinvolgere nel salvataggio della Grecia gli investitori privati (Private Sector Involvement), scatenando il fenomeno dello spread, ci ha penalizzato, mentre ha permesso alla Germania di finanziarsi a tassi negativi e di attirare capitali in cerca di un porto sicuro. Il Leibniz Institut di Halle ha dimostrato che grazie a questa mossa la Germania ha beneficiato di circa 100 miliardi di afflussi di capitali, sottratti ai mercati finanziari degli altri paesi membri.
Vorrei infine ricordare che dall'inizio della crisi la Germania sta violando la regola che limita al 6% il surplus estero.
Il successo delle imprese esportatrici tedesche, per il quale vi facciamo i nostri complimenti, significa però che l’economia tedesca prospera sulla spesa di altri paesi, che sono suoi clienti, e che quindi converrebbe trattare con rispetto.
In sintesi: i miliardi non sono mai arrivati in Italia dall'UE, né via bilancio comunitario, né via fondi salvastati, ma hanno preso sempre e solo direzione contraria, dall'Italia verso l’Europa, e noi non abbiamo mai chiesto se andassero a finanziare la malavita tedesca. Ci rimane invece qualche curiosità su chi finanzi, e per quali motivi, le tante navi delle ONG che nel Mediterraneo traghettano immigrati clandestini. Saremmo lieti di leggere su "Die Welt" un’inchiesta su questo problema, magari basata su fatti e non su insulti, per capirne un po’ di più su un fenomeno che avviene in violazione delle leggi nazionali e comunitarie e che riguarda e danneggia tutti, a partire dagli stessi immigrati.
Cordialmente,
Matteo Salvini
(...prima o poi qualcuno doveva dirglielo. Rispettosamente. Non credo contaste su Conte per dire queste quattro verità. Temo purtroppo che siano state dette troppo tardi, ma meglio tardi che mai...)
Gentile "Die Welt",
ho visto con stupore il vostro titolo odierno che parla di "mafia che aspetta i soldi dall'Europa". Vorrei ricordare ai vostri lettori, che meritano un’informazione equilibrata, che l'Italia è contribuente netto dell’Unione Europea dal 1989.
Da allora, gli italiani hanno versato al bilancio dell’Unione un totale di 81 miliardi di euro. L'Italia ha anche fatto la sua parte con i fondi salvastati, versando a vario titolo oltre 57 miliardi.
Come documentano studi di università tedesche, fra cui l’ESMT di Berlino, in molti casi, incluso quello della Grecia, il 95% dei fondi versati da paesi come l’Italia sono stati immediatamente girati alle banche creditrici, fra cui quelle tedesche.
(fonte: Jörg Rocholl, Axel Stahmer (2016), Where did the Greek bailout money go? ESMT White Paper No. WP-16-02)
(fonte: World Economic Outlook Database 2019)
Quello che appesantisce il bilancio pubblico italiano è la spesa per interessi, e in questo senso la decisione della signora Merkel di coinvolgere nel salvataggio della Grecia gli investitori privati (Private Sector Involvement), scatenando il fenomeno dello spread, ci ha penalizzato, mentre ha permesso alla Germania di finanziarsi a tassi negativi e di attirare capitali in cerca di un porto sicuro. Il Leibniz Institut di Halle ha dimostrato che grazie a questa mossa la Germania ha beneficiato di circa 100 miliardi di afflussi di capitali, sottratti ai mercati finanziari degli altri paesi membri.
(Dany, G., Gropp, R. E., Littke, H., & von Schweinitz, G. (2015). Germany's Benefit from the Greek Crisis (No. 7/2015). IWH Online)
(fonte: World Economic Outlook Database 2019)
Il successo delle imprese esportatrici tedesche, per il quale vi facciamo i nostri complimenti, significa però che l’economia tedesca prospera sulla spesa di altri paesi, che sono suoi clienti, e che quindi converrebbe trattare con rispetto.
In sintesi: i miliardi non sono mai arrivati in Italia dall'UE, né via bilancio comunitario, né via fondi salvastati, ma hanno preso sempre e solo direzione contraria, dall'Italia verso l’Europa, e noi non abbiamo mai chiesto se andassero a finanziare la malavita tedesca. Ci rimane invece qualche curiosità su chi finanzi, e per quali motivi, le tante navi delle ONG che nel Mediterraneo traghettano immigrati clandestini. Saremmo lieti di leggere su "Die Welt" un’inchiesta su questo problema, magari basata su fatti e non su insulti, per capirne un po’ di più su un fenomeno che avviene in violazione delle leggi nazionali e comunitarie e che riguarda e danneggia tutti, a partire dagli stessi immigrati.
Cordialmente,
Matteo Salvini
(...prima o poi qualcuno doveva dirglielo. Rispettosamente. Non credo contaste su Conte per dire queste quattro verità. Temo purtroppo che siano state dette troppo tardi, ma meglio tardi che mai...)
mercoledì 8 aprile 2020
Tre domande sui Coronabond
(...da Charlie Brown, che non sono io, perché lui non è me, come vi ho già spiegato altre volte, anche se credo che voi non lo abbiate capito, perché non siete né lui né me. Lui è un ragazzetto sveglio, che a vostra insaputa è dietro ad alcune vicissitudini recenti che vi hanno tanto appassionato. Qui vi spiega in modo molto piano le contraddizioni di ogni progetto di mutualizzazione del debito di qualsiasi tipo, viste dall'ottica tedesca, che noi rispettiamo, non solo perché siamo umani, ma anche perché l'ottica del più forte non può che essere presa in considerazione da qualsiasi processo politico che voglia conseguire qualche risultato...)
Tre domande per quelli che “Mamma, i tedeschi non ci danno i Corona-bond!” .
1) Può davvero la Germania farsi carico di garantire l’enorme spesa necessaria per rimettere in piedi l’Italia? È essa davvero abbastanza forte finanziariamente per assumersi questo impegno di fonte ai mercati, nonostante il suo sistema creditizio disastrato e il suo sistema pensionistico in disequilibrio?
2) Può il modello di business tedesco, basato sul deflusso del risparmio europeo verso l’estero (via un export prevalentemente tedesco), reggere ad un reindirizzo di quel risparmio verso la spesa interna nei paesi periferici?
3) Può la Germania permettersi di ipotecare future tasse tedesche per usi diversi dal supporto all’industria chiave dell’automotive, la quale uscirà devastata da una crisi sistemica che ridurrà drasticamente i consumi durevoli per molti anni?
Tre domande per quelli che “Mamma, i tedeschi non ci danno i Corona-bond!” .
1) Può davvero la Germania farsi carico di garantire l’enorme spesa necessaria per rimettere in piedi l’Italia? È essa davvero abbastanza forte finanziariamente per assumersi questo impegno di fonte ai mercati, nonostante il suo sistema creditizio disastrato e il suo sistema pensionistico in disequilibrio?
2) Può il modello di business tedesco, basato sul deflusso del risparmio europeo verso l’estero (via un export prevalentemente tedesco), reggere ad un reindirizzo di quel risparmio verso la spesa interna nei paesi periferici?
3) Può la Germania permettersi di ipotecare future tasse tedesche per usi diversi dal supporto all’industria chiave dell’automotive, la quale uscirà devastata da una crisi sistemica che ridurrà drasticamente i consumi durevoli per molti anni?
(...ecco: vedete quanto è utile mettersi dal punto di vista del nemico? La politica serve a questo, Goofynomics serve a questo. Apprezzate il privilegio di essere qui...)
(...ah, a proposito: voi come rispondereste?...)
martedì 7 aprile 2020
Lettera dal futuro
Panagiotis Grigoriou ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Un requiem italiano":
Cher Alberto, chers lecteurs de Goofynomics, chers amis Italiens,
Je te suis sur ton blog et je suis rassuré, t'es en bonne santé. Depuis la Grèce nous suivons le drame Italien très émus;les yeux ouverts devant l'effondrement économique qui très probablement suivra.
Chaque économie et chaque nation devront trouver les réponses qui sont les leurs, suivant leurs propres structures économiques en brisant le cadre germano-compatible de l'Union européiste et de sa zone mark, celle de l'euro.
Je me trouve confiné à bord de notre radeau de sauvetage, notre petit et vieux voilier, amarré dans un village du Péloponnèse, avec ma femme et nos deux chats. J’écris souvent sur mon blog greekcrisis.fr tandis que mon autre activité liée au voyage greceautrement.fr est au point mort, d'après les estimations d'ici le Tourisme qui représente 25% du PIB grec ne redémarrera presque pas cette année.
Le gouvernement grec pro-Berlin offre en théorie 800 euros aux indépendants, mais c'est soumis à de conditions et que surtout, comme votre lecteur le dit cela ne couvrira même pas les frais de base.
Nous revenons à case survie, le dette grecque si je ne me trompe pas représente déjà 118% du PIB, et d'après des estimations le confinement enlève de l'économie grecque 500 millions d'euros par jour plus le trou comme on dit actuel des finances. Donc c'est la mort assurée, et le non redémarrage d'une bonne partie des petites et moyennes entreprise. L'économie grecque si le confinement prend fin en mai aura beosin de plus de 6 mois pour revenir à son niveau de février 2020, et encore c'est un scénario optimiste. La Grèce aura besoin de 100 milliards d'euros en 2020 et le danger c'est qu'un mémorandum No 4 avec la Troïka de Berlin, puisse être imposé, de même que son analogue en Italie et partout ailleurs.
Ce qui est remarqué à défaut d'être remarquable, c'est la non-surprise des Grecs devant la nouvelle crise qui risque d'être encore plus radicale que celle de la Troïka, car la production industrielle a baissé de 40% en moins d'un mois. C'est si possible la survie, mais le gouvernement vient d'interdire la pêche et la population est très choquée par cette interdiction, la pêche ici c'est autant pour survivre, pour en vendre un peu en informel, et pour compléter le pain quotidien. Certains sortent de nuit pour revenir avant le jour dans le petit port de pêche, mais c'est risqué, météo, accidents, et grosse verbalisation si ils sont pris, de 5000 euros.
Les gens ont donc si possible quitté Athènes pour les campagnes avant le confinement. Sauf que faire du survivalisme à la campagne n'est guère possible à 100%, nos besoins sont certes réduits, encore plus réduits que d'habitude, nous ramassons des citrons et des clémentines chaque jour, mais les spaghettis ne poussent pas sur les arbres, les yaourts non plus et les factures à Athènes, loyer, électricité etc ne sont pas annulées.
Finalement c'est un moment de basculement, cela-dit et pour l'instant, les gens d'ici du petit Péloponnèse, se préparent comme ils le peuvent...
Drôle de guerre... courage Amis Italiens,
Panagiotis Grigoriou
Historien Ethnologue
greekcrisis.fr
Postato da Panagiotis Grigoriou in Goofynomics alle 6 aprile 2020 18:51
(...cari diversamente europei, voi che per le lingue non siete portati: guardate il bicchiere mezzo pieno! Forse oggi è meglio non capire, altrimenti vi si rovina la sorpresa...)
Cher Alberto, chers lecteurs de Goofynomics, chers amis Italiens,
Je te suis sur ton blog et je suis rassuré, t'es en bonne santé. Depuis la Grèce nous suivons le drame Italien très émus;les yeux ouverts devant l'effondrement économique qui très probablement suivra.
Chaque économie et chaque nation devront trouver les réponses qui sont les leurs, suivant leurs propres structures économiques en brisant le cadre germano-compatible de l'Union européiste et de sa zone mark, celle de l'euro.
Je me trouve confiné à bord de notre radeau de sauvetage, notre petit et vieux voilier, amarré dans un village du Péloponnèse, avec ma femme et nos deux chats. J’écris souvent sur mon blog greekcrisis.fr tandis que mon autre activité liée au voyage greceautrement.fr est au point mort, d'après les estimations d'ici le Tourisme qui représente 25% du PIB grec ne redémarrera presque pas cette année.
Le gouvernement grec pro-Berlin offre en théorie 800 euros aux indépendants, mais c'est soumis à de conditions et que surtout, comme votre lecteur le dit cela ne couvrira même pas les frais de base.
Nous revenons à case survie, le dette grecque si je ne me trompe pas représente déjà 118% du PIB, et d'après des estimations le confinement enlève de l'économie grecque 500 millions d'euros par jour plus le trou comme on dit actuel des finances. Donc c'est la mort assurée, et le non redémarrage d'une bonne partie des petites et moyennes entreprise. L'économie grecque si le confinement prend fin en mai aura beosin de plus de 6 mois pour revenir à son niveau de février 2020, et encore c'est un scénario optimiste. La Grèce aura besoin de 100 milliards d'euros en 2020 et le danger c'est qu'un mémorandum No 4 avec la Troïka de Berlin, puisse être imposé, de même que son analogue en Italie et partout ailleurs.
Ce qui est remarqué à défaut d'être remarquable, c'est la non-surprise des Grecs devant la nouvelle crise qui risque d'être encore plus radicale que celle de la Troïka, car la production industrielle a baissé de 40% en moins d'un mois. C'est si possible la survie, mais le gouvernement vient d'interdire la pêche et la population est très choquée par cette interdiction, la pêche ici c'est autant pour survivre, pour en vendre un peu en informel, et pour compléter le pain quotidien. Certains sortent de nuit pour revenir avant le jour dans le petit port de pêche, mais c'est risqué, météo, accidents, et grosse verbalisation si ils sont pris, de 5000 euros.
Les gens ont donc si possible quitté Athènes pour les campagnes avant le confinement. Sauf que faire du survivalisme à la campagne n'est guère possible à 100%, nos besoins sont certes réduits, encore plus réduits que d'habitude, nous ramassons des citrons et des clémentines chaque jour, mais les spaghettis ne poussent pas sur les arbres, les yaourts non plus et les factures à Athènes, loyer, électricité etc ne sont pas annulées.
Finalement c'est un moment de basculement, cela-dit et pour l'instant, les gens d'ici du petit Péloponnèse, se préparent comme ils le peuvent...
Drôle de guerre... courage Amis Italiens,
Panagiotis Grigoriou
Historien Ethnologue
greekcrisis.fr
Postato da Panagiotis Grigoriou in Goofynomics alle 6 aprile 2020 18:51
(...cari diversamente europei, voi che per le lingue non siete portati: guardate il bicchiere mezzo pieno! Forse oggi è meglio non capire, altrimenti vi si rovina la sorpresa...)
domenica 5 aprile 2020
Il consenso di Conte (rally around the flag)
(...ve lo metto qui perché poi non mi rimproveriate di non avervene parlato, ma sono sicuro che non ci sia molto da commentare: sarete in grado di farlo da voi...)
venerdì 3 aprile 2020
Un requiem italiano
Emanuele T. ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Ein deutsches Requiem":
Scrivo da Brescia, 12 km dal centro cittadino in direzione Bergamo, in pratica vivo nel posto più pericoloso d'Italia o giù di lì.
Le giornate sono state scandite non più dalle campane della chiesa del paese, ma dalle sirene delle ambulanze; ora sembrano in calo, ma non troppo. Considerando che di ospedali non ce ne sono nel raggio di quasi 10 km, ognuna di quelle che passano molto probabilmente trasporta un compaesano o uno dei paesi limitrofi, qui il tam tam del paese dice che ai 110 casi ufficiali se ne dovrebbero aggiungere 5 volte tanti, i morti sono almeno 20 solo nel mese di Marzo.
Seguo Goofynomics da ormai 8 anni, ho conosciuto (virtualmente) prima il professore e sono molto contento che ora sia senatore di un partito che sotto la precedente leadership non mi era particolarmente gradito (non tutti i bresciani sono leghisti dopotutto, molti lo stanno diventando da un paio d'anni a questa parte), ma ora va nella direzione giusta e finché resterà quella, continuerò a farlo (riesco a leggere dietro ogni strategia per fortuna, non sono un tuttosubista).
Ho molta fiducia in lei e nei suoi colleghi e ringrazio tutti per il lavoro difficile e pesante che state facendo e soprattutto di riuscire a trovare le energie e il tempo per tenerci informati.
Ho provato negli anni a spiegare agli amici piddini ciò che avevo faticosamente appreso qui, ma per alcuni si tratta di convinzioni religiose, quindi impossibili da scalfire e quindi ho appreso la verità insita in quel post del 2013 "l'importante è desistere" o come ha commentato lei poco sopra "Fatica sprecata".
Ora sono qui a ricordare un amico deceduto oggi pomeriggio, mentre la mia attività è chiusa (dal 10 marzo, per senso di responsabilità) e per svariati motivi con i quali non voglio annoiarla, non rientro nemmeno nei famosi 600 euro per gli autonomi, con i quali sinceramente non pagherei manco un mese di affitto del negozio.
Io resisto, ce la faccio ora e ce la farò per qualche mese, mi preoccupa più il rientro (se va bene a metà Maggio, ma deve andare bene davvero) visto che la mia attività non vende certo prodotti di prima necessità e l'impoverimento della popolazione lo stavo già sperimentando da anni.
In questi giorni sono riuscito anche a sedare quella rabbia "distruttiva" nei confronti degli incompetenti che stanno attualmente al governo, ma non significa che mi sia arreso o rassegnato, anzi... l'ho forgiata in una determinazione e in una solida convinzione che tutto questo forse farà aprire gli occhi a molta gente, certamente non ai religiosi del piddinismo, ma a tutti quelli che non avevano mai approfondito le questioni politiche ed economiche e forse ora iniziano a capire; nella mia limitatissima statistica telefonica (quante chiamate fiume in questi giorni!) i più svegli hanno aperto gli occhi, alcuni sono ancora un po' dubbiosi o non hanno ben compreso il motivo e si aggrappano a questo o quel trend dei media.
La ringrazio per tutto quello che ha fatto e continua a fare e così i suoi colleghi.
Ora cerco di capacitarmi che per la prima volta in vita mia non potrò portare il mio saluto ad un amico che se ne è andato e nemmeno quella briciola di conforto che potrei offrire alla sua famiglia con la mia presenza, potrà abbandonare le mie mura domestiche.
Postato da Emanuele T. in Goofynomics alle 2 aprile 2020 02:45
(...vi ho sempre detto che non sareste stati voi a dover convincere chi poteva essere convinto...)
Scrivo da Brescia, 12 km dal centro cittadino in direzione Bergamo, in pratica vivo nel posto più pericoloso d'Italia o giù di lì.
Le giornate sono state scandite non più dalle campane della chiesa del paese, ma dalle sirene delle ambulanze; ora sembrano in calo, ma non troppo. Considerando che di ospedali non ce ne sono nel raggio di quasi 10 km, ognuna di quelle che passano molto probabilmente trasporta un compaesano o uno dei paesi limitrofi, qui il tam tam del paese dice che ai 110 casi ufficiali se ne dovrebbero aggiungere 5 volte tanti, i morti sono almeno 20 solo nel mese di Marzo.
Seguo Goofynomics da ormai 8 anni, ho conosciuto (virtualmente) prima il professore e sono molto contento che ora sia senatore di un partito che sotto la precedente leadership non mi era particolarmente gradito (non tutti i bresciani sono leghisti dopotutto, molti lo stanno diventando da un paio d'anni a questa parte), ma ora va nella direzione giusta e finché resterà quella, continuerò a farlo (riesco a leggere dietro ogni strategia per fortuna, non sono un tuttosubista).
Ho molta fiducia in lei e nei suoi colleghi e ringrazio tutti per il lavoro difficile e pesante che state facendo e soprattutto di riuscire a trovare le energie e il tempo per tenerci informati.
Ho provato negli anni a spiegare agli amici piddini ciò che avevo faticosamente appreso qui, ma per alcuni si tratta di convinzioni religiose, quindi impossibili da scalfire e quindi ho appreso la verità insita in quel post del 2013 "l'importante è desistere" o come ha commentato lei poco sopra "Fatica sprecata".
Ora sono qui a ricordare un amico deceduto oggi pomeriggio, mentre la mia attività è chiusa (dal 10 marzo, per senso di responsabilità) e per svariati motivi con i quali non voglio annoiarla, non rientro nemmeno nei famosi 600 euro per gli autonomi, con i quali sinceramente non pagherei manco un mese di affitto del negozio.
Io resisto, ce la faccio ora e ce la farò per qualche mese, mi preoccupa più il rientro (se va bene a metà Maggio, ma deve andare bene davvero) visto che la mia attività non vende certo prodotti di prima necessità e l'impoverimento della popolazione lo stavo già sperimentando da anni.
In questi giorni sono riuscito anche a sedare quella rabbia "distruttiva" nei confronti degli incompetenti che stanno attualmente al governo, ma non significa che mi sia arreso o rassegnato, anzi... l'ho forgiata in una determinazione e in una solida convinzione che tutto questo forse farà aprire gli occhi a molta gente, certamente non ai religiosi del piddinismo, ma a tutti quelli che non avevano mai approfondito le questioni politiche ed economiche e forse ora iniziano a capire; nella mia limitatissima statistica telefonica (quante chiamate fiume in questi giorni!) i più svegli hanno aperto gli occhi, alcuni sono ancora un po' dubbiosi o non hanno ben compreso il motivo e si aggrappano a questo o quel trend dei media.
La ringrazio per tutto quello che ha fatto e continua a fare e così i suoi colleghi.
Ora cerco di capacitarmi che per la prima volta in vita mia non potrò portare il mio saluto ad un amico che se ne è andato e nemmeno quella briciola di conforto che potrei offrire alla sua famiglia con la mia presenza, potrà abbandonare le mie mura domestiche.
Postato da Emanuele T. in Goofynomics alle 2 aprile 2020 02:45
(...vi ho sempre detto che non sareste stati voi a dover convincere chi poteva essere convinto...)