domenica 8 gennaio 2023

"È arrivato l’arrotino!" Dimensioni, esportazioni e crescita

 (...e tte pareva?...)

Marco ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Il Pil e il tramonto dell'euro (lebbasi)":

E io che pensavo che la maggiore crescita italiana fosse dovuta alla maggior caduta avuta con il covid. Vedremo se continuerà su questi ritmi, ma temo proprio di no.

Le PMI agili alle quali dobbiamo questa crescita miracolosa sono forse le stesse degli ultimi 30 e passa anni di declino? Sono forse le stesse che non fanno un investimento in ICT mango a pagarglielo perché non sanno cosa sia e che in media hanno al loro interno competenze manageriali limitatissime? Sono quelle che pagano salari bassi perché hanno bassa produttivà? Si potrebbe andare avanti....

Per chiudere, cosa serve avere la globalizzazione se poi non si può esportare nei mercati esteri? Si sa benissimo che le aziende esportatrici sono grosse.

Pubblicato da Marco su Goofynomics il giorno 8 gen 2023, 19:50


In un post precedente abbiamo evocato i gianninisti, e l'amico Marco si offre come esemplare a scopo didattico. Vediamo quante fregnacce affermazioni controvertibili ha messo in fila, e poi andiamocene a dormire preoccupati. Non sono cattivi, non lo fanno apposta, ma sono tanti, sono ovunque, e non trovano mai uno che li controbatta, sicché i giannini, come i poverini, sono pericolosi. C'è il rischio che la politica, e soprattutto quegli organi di indirizzo politico che sono le alte corti, prendano per buona la visione del mondo un pochino démodé da essi offerta. L'austerità è stato il frutto marcio di questa egemonia culturale. Vorremmo evitare di ricascarci di nuovo.

L'Italia è cresciuta di più perché è caduta di più

Prima fregnaccia affermazione controvertibile. Basta guardare questo grafico:


I dati vengono da questa tabella dell'ultimo Economic Outlook dell'OCSE:


convertiti in indice con base 100 nel 2019.

Se per crescere di più bastasse andare in una recessione più profonda, allora la Spagna ci dovrebbe aver raggiunto e superato. Invece noi, che abbiamo avuto una recessione comparativamente meno grave, abbiamo recuperato più di lei. Dai dati dell'OCSE risulta che nel biennio della ripresa (2021-2022) la nostra è stata la crescita media più alta (5.2%), seguita da quella della Spagna (5.1%), della Francia (4.7%) e della Germania (2.2%). Ricordiamo anche che per il 2022 abbiamo stime che molto probabilmente verranno riviste al rialzo nel caso del nostro Paese. Aggiungo che abbiamo ottenuto questa performance con un livello relativamente contenuto di inflazione (finora):


Germania e Spagna hanno visto un'evoluzione molto più rapida dei prezzi, nonostante che la Spagna sia farcita di GNL, e quindi in qualche modo risenta di meno dei vincoli di offerta posti dalla crisi energetica. Meglio di noi fa solo la Francia, che invece è farcita di centrali nucleari (speriamo bene!).

La produttivà dipende dalle dimensioni dell'azienda

Sì, lo so: volevi dire produttività.

Non sei stato molto produttivo.

Vedi, ora per colpa tua mi trovero intasato di spam osceno perché mi è venuta la curiosità di andare a vedere quanto costa una falloplastica. Sì, perché questa ossessione per avercela grossa, l'azienda, secondo me è freudiana, un po' come l'ossessione per la monetona durona il cui cambio si impenna. Forse ci vorrebbero effettivamente più donne al potere, anche se, a rigor di logica, non so se questo attenuerebbe il problema...

Qui con la storia che la produttività delle imprese dipende dalla loro dimensione e quindi il "nanismo" è causa del declino (peraltro, i nani sono noti per le loro virtù), abbiamo chiuso molti anni fa, tendiamo a considerarla una fregnaccia un argomento controvertibile, e il risultato delle nostre riflessioni (che poi sono legate strettamente a quelle di Smith, citate due post fa), è stato sottoposto a peer review e pubblicato su rivista tre anni dopo. Secondo noi il declino dell'economia italiana dipende da altri fattori, noi la pensiamo un po' più come Smith, Kaldor, e Thirlwall, che come i tanti giannini egemoni sui media, ma se non sei d'accordo con noi, nel caso non ti interessi la falloplastica (come credo e auspico) ti segnalo una seconda opzione: prendi carta e penna, scrivi un articolo per confutarmi, mandalo a una rivista più importante dell'International Review of Applied Economics (suggerisco l'American Economic Review) e torna a trovarci. Siamo sempre curiosi di apprendere. Le frasi fatte ci interessano di meno (sulle dimensioni siamo laici).

Le aziende esportatrici sono grosse

Aridanga! Sempre con questa storia delle dimensioni...

Ma prima di entrare nel merito di questo argomento, ti chiederei sinceramente di spiegarmi il significato di questa frase sibillina (o, se preferisci, sibillona, così sembrerà più produttiva di pensiero): 

cosa serve avere la globalizzazione se poi non si può esportare nei mercati esteri?

Veramente non ne capisco il senso. Qui pensiamo, in molti, che la globalizzazione sia andata troppo oltre, sia entrata nella fase dei rendimenti decrescenti, la fase in cui crea più problemi di quanti ne risolva, quindi una prima riflessione è che, appunto, avere tutta questa globalizzazione non ci serve. Poi, chi ha detto che "non si può esportare nei mercati esteri"? Se si vuole, e dall'estero acquistano, perché no? Il punto che è sempre stato sottovalutato (dagli altri, non da noi) è che chi esporta beni importa problemi. Che cosa voglio dire? Semplice: che se il tuo modello di sviluppo è mercantilista, alla tedesca, cioè tutto basato sulla domanda altrui, la tua economia sarà sensibilissima a qualsiasi shock geopolitico che chiuda i mercati esteri (e a quel punto rimpiangerai di non aver alimentato la domanda interna). Questo è il ragionamento che facciamo qui, da tempo, e che ora cominciano a fare, con comodo, anche altri.

Quanto alla tua ossessione per le dimensioni, che cosa vuoi che ti dica? Le evidenze non sono così granitiche come le tue certezze. In letteratura non mancano studi secondo i quali l'idea che l'intensità delle esportazioni dipenda delle dimensioni dell'azienda è una fregnaccia controvertibile: già nel 1992 Bonaccorsi confutava questa asserzione nel caso dell'Italia, nel 2001 Wagner dimostrava che la maggior parte degli studi sul tema erano distorti a causa della natura delle variabili utilizzate e una volta tenuto conto di questa distorsione le dimensioni in molti settori non sembravano costituire un problema, un suo studio più recente trova una relazione fra dimensioni ed export nella Germania Ovest ma non nella Germania Est, ecc. ecc. ecc. Però di questi studi ora possiamo fare a meno: è arrivato l'arrotino e ci ha detto che esportazione fa rima con dimensione. Meglio così, sempre meglio leggere la lettera di un amico che un noioso paper pieno di numeri.

Comunque, con il massimo rispetto per tuo cuggino, che penso sia l'ispiratore delle tue brillanti analisi, ti segnalo che l'ICE la vede in un modo un po' diverso. Nel suo ultimo rapporto L'Italia nell'economia internazionale ci dice che:


il 51,2% dell'export italiano è generato da PMI, e la percentuale di export proveniente dalle microimprese è assolutamente in linea con quella di Germania e Francia. Siccome la performance delle nostre esportazioni non è deludente:


(qui la Spagna fa marginalmente meglio di noi, ma prima aveva fatto molto peggio, mentre la Germania si sta spiaggiando), non vedo in che modo il fatto che il nostro export provenga per oltre metà dalle PMI possa essere visto come indicatore di una fragilità... che non c'è!

Conclusioni

Marco ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "La situazione è grave, ma non è seria":

Bagnai, come mai temi di pubblicare il commento che ho provato più volte a caricare?

Pubblicato da Marco su Goofynomics il giorno 17 nov 2022, 11:41

Marco caro e stimato, come vedi non sono io a temere di pubblicare i tuoi commenti: sei tu che dovresti temere che vengano pubblicati. Tu sei nuovo di queste parti. Siamo un piccolo villaggio di alcune decine di migliaia di persone, e ogni tanto, come si fa nei villaggi, ci divertiamo affettuosamente con chi non ci arriva, ma solo se lo fa con arroganza, e sempre in modo argomentato, costruttivo, e pedagogico.

A Roma dicono: come me sòni, te canto.

Torna a trovarci!

(...ah, comunque se trovi scritto sullo specchio "Benvenuto nell'AIDS!" non siamo stati noi. Qui siamo laici, tolleranti, e soprattutto prudenti. Dovresti ispirarti almeno all'ultima delle nostre virtù...)

35 commenti:

  1. Se a Marco interessasse approfondire mi sia concesso di suggerire un link https://www.europarl.europa.eu/factsheets/it/sheet/63/piccole-e-medie-imprese

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    1. Che risate! Però intanto in dodici anni di televisione quella è stata una delle tre volte in cui mi è stato consentito di mostrare dei dati. Chi ricorda le altre due?

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    2. Un'altra è sicuramente questa qui.
      Sinceramente l'altra ora non mi viene in mente, ma sono curioso...

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    3. Peccato che nel 97 non succeda proprio niente alla produttività del lavoro.

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  3. Professore, con tutto il rispetto, non possiamo continuare a ignorare il fatto che l'economia è a basso contenuto tecnologico\scientifico e che il lavoratore medio italiano si specializza all'incontrario (dalla laurea al runner della pizza) e che questa situazione va avanti da un tempo immenso, sia che i governi siano di dx che di sx che di...boh. Sembriamo i palestinesi a cui gli Israeliani auguravano di diventare "cuochi e camerieri". I soldi entreranno anche ma qua si butta via continuamente la possibilità di creare vera cultura aziendale (quella che i nostri figli poi vanno a cercarsi all'estero) e se vogliamo anche cultura del senso dello Stato (tanto ci governano gli altri...)

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    1. Recentemente ho constatato, uscendo di casa, che il ritorno del terrore degli italiani per il covid raccontato dai media non è affatto reale.
      Lo stesso, come dice il prof., occorrerebbe farlo con le imprese: se vai a vedere e le conosci ti puoi fare un'idea delle loro capacità.
      Nel mio piccolo lavoro per imprese che hanno anche commesse dall'estero, che esportano e mio figlio parte stamattina per l'ennesima trasferta all'estero, causa l'installazione di un macchinario.
      Certo la situazione non è idilliaca ovunque e per chiunque ma la soluzione non si ottiene vituperando qualcosa che dimostra di funzionare.

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    2. Qui mi pare che questo commento sia un po' troppo discriminatorio. D'altronde se le aziende assumono personale non adeguato senza specializzazione per avere manodopera a basso costo... non è solo un contesto a livello italiano lo ha già chiarito l'onorevole nei post precedenti

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    3. L'idea che il problema sia il laurearsi (se va bene, se va male in lettere) non ti sfiora, Amara?
      In Veneto (fonte: Bussola del Mercato del lavoro di Veneto Lavoro che devo ritrovare) c'è quasi un'identità tra vacanze di lavoro specializzato e disoccupazione post-universitaria.

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  4. Avevo già riflettuto sull'ossessione alle dimensioni leggendo alcuni post di un paleontologo
    che si pone gli stessi dubbi sulla parallela ossessione di taluni circa le dimensioni dei dinosauri.

    A mio parere non è una questione di virilità, ma maturità mentale, in altri termini l'ossessione delle dimensioni non dipende da una insicurezza maschile ma da una insicurezza infantile. Molto spesso i bimbi chiedono "ma è più grande qull'animale o quell'altro?". Secondo me è più dovuto al fatto che il bambino, trovandosi subalterno ad un adulto, ritiene, dato il proprio sviluppo cognitivo fisiologico, che la propria subalternità dipenda dalle dimensioni, non dalla maturità cerebrale identificando quindi nelle dimensioni un significato di superiorità.

    PS: ricordiamo poi che i dinosauri sopravvissuti alla grande estinzione erano piccoli.

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    1. Molto divertente quel blog. Grazie! Ricominciate a portare cose interessanti, questo è un ottimo segno. Siete abbastanza vivi, considerando che non esistete...

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    2. Ha anche un podcast, se non sa cosa fare mentre attende la dott.ssa Merlino

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  5. Per quanto riguarda la prima affermazione, allargando l'analisi all'intera area euro (WEO code NGDP_RPCH), il coefficiente di correlazione tra caduta di PIL del 2020 e tassi di ripresa post-covid19 è 0,92. Perciò, Marco ha ragione all'86%.

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    1. Ma il fatto che i tassi di crescita dipendono dalle condizioni di partenza è abbastanza noto e qui se n'è parlato tanto. Questo non confuta minimamente l'argomento del post, mentre confuta, come sappiamo, gli argomenti dei cialtroni del declino, che nonostante siano quello che sono, cioè dei cialtroni ignoranti dei rudimenti di macroeconomia (peggio ancora: della loro macroeconomia!), evidentemente affascinano il nostro nuovo amico!

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  6. Forse il nostro caro amico Marco non sa che nel '97 siamo entranti, de facto, in un regime di cambi fissi, (ECU), che ha reso la nostra valuta più "pesante", penalizzando a sua volta le esportazioni delle nostre PMI, sulle quali si basano gli aumenti di produttività (legge di Kaldor-Verdoorn)...

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    1. Bravo, ha ripetuto bene la lezione. Peccato che non c'entra nulla con quello che dicevo io.
      Le aziende grandi usano per caso una moneta diversa da quelle piccole?

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  7. ho lavorato un anno in un pub che aveva una marea di dipendenti,penso molti di più di quanti servissero. Essere 'grandi' non rende necessariamente più produttivi poiché spesso un numero maggiore di dipendenti può implicare disorganizzazione nella gestione della divisione del lavoro oltre che problemi di rapporto coi piani alti i quali, sapendo che siamo molti, tengono a delegare ad altri il rapporto coi dipendenti . Oltre a questo , essere grandi significa avere maggiori costi e quindi significa necessitare sempre un numero inimmaginabile di clienti che possa far recuperare in fretta i costi che un'enorme azienda deve affrontare . Paradossalmente,lavorare in un'azienda piccola può aumentare la produttività,poiché si ha meno possibilità di delegare ad altri i propri compiti e,inoltre, è meno probabile che vi sia una sovrapposizione di ruoli tali da creare confusione. Naturalmente,il discorso è complesso ma riferisco questa esperienza proprio per dire che essere grandi non è sufficiente per esser produttivi. Inoltre,anche paesi come la Germania son pieni di piccole e medie imprese ma questo non la rende meno produttiva

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    1. Tutto questo dibattito è viziato da un problema freudiano e da un'infinità di problemi statistici, relativi alla misurazione stessa delle variabili. Siamo ampiamente legittimati nel nostro desiderio di credere ai nostri occhi e non alle articolesse dei grandi industriali!

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  8. Lei scrive:“ se non sei d'accordo con noi, nel caso non ti interessi la falloplastica (come credo e auspico) ti segnalo una seconda opzione: prendi carta e penna, scrivi un articolo per confutarmi, mandalo a una rivista più importante dell'International Review of Applied Economics (suggerisco l'American Economic Review) e torna a trovarci.”
    Nessuno di noi è in grado di farlo, però credo esista evidenza empirica sulla maggiore produttività delle imprese grandi…evidenza che lei, immagino, conoscerà benissimo.

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    1. Sì, naturalmente, e ve la nascondo perché sono una bbruttaperZona. Purtroppo però potete trovarla da voi su Google Scholar. Il mio articolo ha 47 citazioni. A spanne, quelli che mi pare vogliano confutarlo sono Pellegrino e Zingales, che ringrazio per l'attenzione, ma che non attribuiscono alle dimensioni (e quindi alla falloplastica) il problema di produttività italiano. La loro idea è che l'Italia ha perso il treno della rivoluzione digitale, e per quanto bene argomentata non mi convince moltissimo.

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    2. Peraltro, se un autore intelligente e furbo come Zingales (ricordate lo scherzetto che fece a "FARE per fermare il Giannino"?) si sgancia dalla "narrative" delle dimensioni, questo dovrebbe far riflettere chi invece ancora oggi "ci imbocca con tutte le scarpe" (come dicono a Roma). Ma insomma, ognuno si regola come crede...

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    3. L'analisi di Pellegrino e Zingales che il problema di produttività in Italia sia legato al mancato utilizzo dell'ICT mi sembra un po' inficiata da un impostazione moralistica che negli Stati Uniti sono state le prassi gestionali meritocratiche che hanno permesso alla rivoluzione dell'ICT (che, sostengono, favorisce intrinsecamente la trasparenza) di dispiegare i suoi vantaggi, mentre in Italia questo effetto benefico non si è potuto avere perché siamo non trasparenti.
      Devo dire che mi riesce incomprensibile nel loro approccio giustificare come le PMI possano aver rinunciato ad un aumento di produttività per mancanza di trasparenza. Qui non stiamo parlando di una grande PA in cui un sistema gestionale informatico può mettere in luce eventuali inefficienze organizzative e quindi magari un direttore generale si oppone al suo utilizzo per i suoi interessi personali. Fino agli anni '90 le PMI hanno sfruttato ogni possibile avanzamento tecnologico per mantenere o conquistare quote di mercato. Improvvisamente sul finire del decennio hanno deciso che alle loro aziende, nelle quali in gran parte c'è il lavoro di una vita o più generazioni, l'ICT non serviva? Mi suona stonato...
      Non sono un economista e quindi non ho analizzato in profondità il loro modello: osservo solo che mi sembra che in esso tengano presente solo la spesa ICT in conto capitale e non la spesa in servizi ICT, che è invece la parte più importante per dare valore all'uso della tecnologia digitale. Un'analisi più aderente a quella che è la realtà dell'ICT per le aziende, e quindi più convincente per chi ha consapevolezza di queste problematiche, l'ha fatta Francesco Quatraro (ICT Capital and Services Complementarities. The Italian Evidence. Applied Economics, Taylor & Francis (Routledge), 43(20). http://halshs.archives-ouvertes.fr/docs/00/72/76/11/PDF/Quatraro_Applied_Economics_revised.pdf e ne ho discusso nel mio libro La rivoluzione informatica: conoscenza, consapevolezza e potere nella società digitale.

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  9. Se posso dare il mio punto di vista il concetto di dimensione aziendale e di esportazione sono un mantra attorno al quale si sono costruite varie teorie. La prima è che aziende più grandi saranno più efficenti per definizione. Se voi guardate gli incentivi alle imprese a livello nazionale sono tutti costruiti a favore di imprese al limite delle PMI o almeno mid small cap. Ovviamente abbiamo anche alcuni incentivi alle grandi. In base a questa impostazioni le PMI più piccole sono tagliate fuori in quanto inefficienti e poco patrimonializzare. Chi segue questa teoria pensa che una volta chiuse le piccole tutta la manodopera ed i dipendenti saranno assorbiti da quelle più grandi. E qui posso solo dire chi segue questo indirizzo è necessariamente un talebano della flessibilità dei contratti di lavoro. In pratica si vogliono sostituire le piccole imprese piccole di natura e pertanto flessibili con lavoratori flessibili in modo da competere sui costi fissi nella diciamo così guerra sull'esportazione. La seconda teoria è quella che imprese più grandi sono più patrimonializzate e generano più ricavi quindi sono più bancabili e pertanto il sistema del credito sarebbe più disposto a finanziarle senza correre i rischi di NPL dovuti al default. In pratica si vuole evitare il sostegno agevolato alle PMI in quanto inefficienti pertanto gli strumenti attualmente operativi sono tagliati a livello UE è a livello stato, per la maggior parte, su una certa tipologia di imprese in modo da fare risparmiare risorse (spesa pubblica). Ora premesso che la natura del contributo a fondo perduto è giusta in caso di necessità dovuta ad eventi eccezionali (lockdown) l'utilizzo di altre forme di agevolazioni (finanziamenti, garanzie, equity ecc.) e importante in quanto un minimo di selezione deve esserci. Il problema è quello degli importi di questi tagli di intervento, necessariamente piu' bassi, che attualmente è presente solo in iniziative demandate agli enti locali. Senza interventi agevolati con importi più bassi le PMI rischiano di essere falcidiate. La Riforma sugli incentivi a livello nazionale rischia di penalizzare le imprese più piccole senza interventi attuati, non dallo stato, ma dagli enti locali che necessitano pertanto di enti di sviluppo locali che conoscono meglio le realtà territoriali. Accentrare tutto su CDP o Sace non mi pare una scelta fatta sulla sullo sviluppo territoriale ma sul risparmio della spesa pubblica. Pertanto realtà locali già esistenti dovrebbero necessariamente avere lo status di Cdp come agenzie per l'attrazione degli investimenti come previsto da normative comunitarie questo agevolerebbe il trasferimento di risorse e il sostegno alle PMI del territorio.
    Chiudo mettendo sul piatto un'altra questione il concetto europeo insito nella cosiddetta "smart specialization". in buona sostanza un paese dovrebbe puntare solo nei settori in cui eccelle. Questa altra teoria mi sembra non molto logica. Lo abbiamo visto nel lockdown quando alcuni prodotti e lavorazioni erano stati abbandonati perché tanti si riteneva di recuperarli da grandi imprese globalizzate. In buona sostanza rivolgendosi solo ad alcuni settori lo stato non distribuisce diciamo così i rischi quindi se un settore in cui è specializzato o ha puntato è in crisi non avendo altre soluzioni l'economia si impianta.

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    1. La smart specialization, come dici tu, ha dimostrato tutti i suoi limiti negli ultimi tre anni. Presuppone una visione astratta di mondo totalmente privo di rischio geopolitico (di qualsiasi natura: bellica, sanitaria, ambientale...).

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  10. Prima di tutto, il commento “Bagnai, come mai temi di pubblicare il commento che ho provato più volte a caricare?” riguardava un altro post. Il commento che non hai pubblicato parlava di come la crisi avuta in UK a seguito degli annunci di aumento di deficit fatti da Truss, era un’evidenza dell’utilità della BCE e dell’essere nell’euro. Non voglio pensare male, e mi limiterò ad ipotizzare che ci sia stato qualche problema con Blogger.

    1. L'Italia è cresciuta di più perché è caduta di più
    Nel grafico “pil ai prezzi di mercato in termini reali” solo la Spagna si comporta diversamente dalla regola “più cadi prima più sali dopo”. Italia, Francia e Germania la rispettano. Quel grafico, a parte dare più ragione a me che a te (3 a 1), non dimostra niente, perché servirebbe un campione più grande per riuscire a vedere qualche pattern mettendo in correlazione caduta e ripresa. La Spagna tra l'altro è un'eccezione negativa nel recupero post covid, quindi è un gran bel cherry picking quello che hai fatto.
    È ovvio che la crescita italiana a 3 e qualcosa percento sia dovuta in larghissima parte alla caduta precedente, in quanto un tasso di crescita del genere non lo vediamo da parecchio tempo e tempo che dopo il riassestamento ai livelli precedenti le cose cambieranno un pochino. Questa crescita elevata degli ultimi due anni non c’entra niente con la dimensione d’impresa. Ripeto: vedremo se continuerà su questi ritmi, ma temo proprio di no.

    2. La produttività dipende dalle dimensioni dell'azienda
    Domanda: come mai gli stipendi aumentano all’aumentare della dimensione dell’impresa? A me viene in mente che sia per la maggiore produttività (che per altro è incontestabilmente nei dati), però se hai altre spiegazioni sarei felice di vederle.
    Ovviamente la ridotta dimensione non è l’unica spiegazione del declino e questo fattore non esclude quanto detto nel tuo paper. Quindi attendo ancora una reale falsificazione della mia affermazione secondo la quale, mediamente, la produttività cresce con la dimensione dell’impresa.

    3. Le aziende esportatrici sono grosse
    Prima di tutto, la fonte che usi è biased.
    Secondo, io considero dannose le imprese micro e piccole, quindi come classe dimensionale divido 0-49 e 50+ dipendenti.
    Usando i dati OECD, se si divide il numero di imprese esportatrici per il numero totale di imprese per ogni classe dimensionale, si vede che esportano circa 5% di tutte le imprese, il 3% di quelle con 0-9 dipendenti, il 28% di quelle 10-49, il 48% di quelle 50-249 e il 56% di quelle 250+. Il 4% di quelle 0-9 e il 49% di quelle 50+. Ciò significa che la tendenza ad essere un’azienda esportatrice cresce con la dimensione. Se si fa il conto per la sola manifattura la sostanza non cambia. Tra l'altro la relazione dimensione-produttività nella manifattura diventa precisissima in tutti i paesi oecd.
    La motivazione teorica è abbastanza ovvia e sta negli elevati costi fissi e affondati che bisogna sostenere per esportare.

    In ogni caso l’esportazione dipende anche dal settore di specializzazione e sinceramente mi interessa poco quanto esporta un paese. L’importante è quanto valore aggiunto si produce per ogni ora lavorata, e questa quantità cresce al crescere della dimensione aziendale.

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  11. Gentile dott. Bagnai,
    le sue argomentazioni sono ineccepibili sotto un profilo prettamente tecnico. Che l'euro sia nato con un problema genetico di fondo, ossia l'assenza di un area ottimale, è un dato incontrovertibile e il suo funzionamento è legato a tecnicismi di deficit (3%) e debito (60%) che non hanno alcun riscontro economico sulla efficacia. Manca la fiducia reciproca in campo fiscale e pertanto si cerca di imbrigliare gli stati per evitare che facciano deficit e debito a spese di tutti
    Questo non significa che una moneta "sovrana" sia una soluzione migliorativa. La Lira, svalutata sovrana, poteva funzionare in un mondo in cui "comandavano 7 nazioni, non nella globalizzazione finanziaria. Lo stanno imparando gli inglesi della Brexit, in cui è bastato una proposta di finanziaria con buchi di bilancio da far rischiare il fallimento a catena dei fondi pensionistici inglesi. Rischio che ha portato alla caduta di un governo democraticamente nominato dal parlamento eletto. Come vede è la politica fiscale, non già monetaria, a non essere di fatto piu' sovrana
    Ma andiamo a casa nostra. Quello che da commentatori come Lei non leggo o sento perchè costa milioni di voti è parlare del sistema pensionistico. Non parlo di chi oggi sta versando per NON vedere una pensione, ma di chi è in pensione da oltre 10-20-30-40 anni. Quasi 2 generazioni andati in pensione con sistema retributivo e una media di anni contributivi di 25-30 anni.
    Quelle stesse generazioni a cui se riconvertissimo le loro pensioni con i meccanismi a cui andrà la mia geberazione (ho 36 anni) non raggiungerebbero la minima.
    Spesa pensionistica che ha raggiunto quasi 300 miliardi di euro e che non è piu' sostenibile. E non lo dico io ma il Mercer Cfa Institute Global Pension Index 2022. Ormai la spesa pensionistica assorbe quasi il 40% della spesa pubblica complessiva e in nome dei "diritti acquisiti" è intoccabile. A tal proposito un diritto non puo' essere acquisito per definizione in quanto sarebbe un modo gentile per chiamarlo privilegio. Un diritto è tale se tutti possono accedervi.
    Si parla di pensione minima ma mai di massima. Massima che dovrebbe essere calcolata secondo i meccanismi vigenti. Se prendi una pensione di 3.000 euro presa nel 1995 con retributivo pieno e 30 anni di contributi, non ne hai diritto perchè non lo ha tuo nipote
    Tutto questo per sottolineare che è inutile disquisire di convenienza e bravura delle PMI se le stesse PMI e relativi dipendenti devono sostenere generazioni di privilegiati che manderanno in definitiva in fallimento il paese con o senza euro.
    Ma lo capisco, sono 18 milioni di voti e soprattutto tutti questi RDC ante litteram riguardano per lo piu' i pensionati del nord, perchè quelli del sud sono tutti con la minima regalta

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    1. Abbiamo qui un grande classico: quello che ci viene a dare lezione di politica. Poteva essere divertente nel 2012, oggi è un po' sconsolante (suggerisce una certa distrazione), ma lasciamo stare. Vedo che dovremo parlare di Regno Unito. Non contesto peraltro che il mondo della finanza abbia un potere di influenza sulle decisioni politiche: è quel potere che i politici le hanno lasciato per un complesso di motivazioni che qui sono state analizzate per lunghi anni (sostanzialmente, per non sostenere la responsabilità politica di un esito del conflitto di classe che si voleva vedesse la vittoria della rendita finanziaria sul lavoro). Ma il fatto che le cose stiano così, non significa che le cose debbano stare così, e infatti questo è il principale asse di critica portato avanti dal nostro lavoro. La sostenibilità del sistema pensionistico dipende dalla crescita ed è sufficientemente ovvio a chi segue il Dibattito che non può esserci crescita sostenuta in un mondo dominato dagli interessi della rendita finanziaria, perché questa si vede avvantaggiata nel conflitto distributivo dalla deflazione, non dalla crescita. Ne abbiamo parlato diffusamente, non possiamo ricominciare ogni volta, ma possiamo indirizzare gli uomini di buona volontà verso buone letture.

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  12. Farsi un giro in Veneto no? Qui la maggior parte delle aziende è medio/piccolo/micro se non addirittura nano eppure non ne conosco una che non abbia sbocchi sui mercati esteri.
    Per esempio: poco distante, ci sono due capannoni attigui. In uno si producono pannoloni per incontinenti a nell'altro ha sede una software house che implementa sistemi anti hackeraggio per la NASA. Direi che più che le dimensioni conta la diversificazione merceologica.
    Come soleva dire un vecchio adagio: mejo picolo e xugatolon, che grosso e mandolon.
    Ad majora. (La i lunga l'ho scritta apposta giusto per restare in tema)

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  13. Io intanto continuo ad attendere la pubblicazione della mia risposta...
    Sarà un altro bug del sito Internet immagino

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    1. Ma no, figurati! Io adoro passare il tempo con l'arrotino (me ne servirebbe uno, sul serio!), ma purtroppo qui in Parlamento di cose da fare ce ne sono tante e conseguentemente il tempo da dedicarvi si prosciuga. Tranquillo, come vedi ti pago sempre con gli interessi. Comunque, faccio notare che la pubblicazione di commenti brillanti come lo sono i tuoi non è un'obbligo per il gestore del blog. Stammi bene!

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    2. Continua pure a nascondi dietro l'ironia.
      Tranquillo, capisco che pubblicare ti farebbe fare una pessima figura, soprattutto per il cherry picking brutale che hai fatto con i tassi di crescita post covid.

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  14. Bella la NASA e gli aneddoti da miocugginomics, ma sai cosa manca? I dati.

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    1. Che sono quelli che mancavano anche a te, quindi ti consiglierei di solidarizzare con alessandro.

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    2. Caro Marco piuttosto che leggere dati (che sono questi qui https://statistica.regione.veneto.it/banche_dati_economia_commercio_estero.jsp) fatti un giro per le aziende del Veneto che ti diverti di più (oltre che a mangiare bene).
      Proprio oggi parlavo con un imprenditore che fa impianti di verniciatura in tutto il mondo (ultimo lavoro in Kazakistan durato 3 anni... robetta insomma).
      Se decidi di venire ti faccio ospitare da miocugginoh che lavora nell'ospitalità e ha prevalentemente clienti esteri (detti anche turisti). Pensa te che culo... esporta senza muoversi da casa...

      PS: fammelo sapere per tempo che sovente ha il tutto esaurito.

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