Dopo le mie riflessioni sull'art. 18, Marco Basilisco mi segnala che sulla voce del padrone sono arrivate le confessioni sull'art. 18. Divertente l'atteggiamento del giurista: "gli imprenditori non sono obbligati a venire a investire in Italia". Certo. Aggiungo: e chi ce li vuole!?
Gli investimenti diretti esteri in entrata (così si chiamano in economia, caro giurista, gli acquisti da parte di non residenti di aziende nazionali) sono una componente del debito estero di un paese. Perché? Ma per i motivi detti tante volte. Non ci sono free lunch. Niente è gratis (neanche lei, suppongo). Non lo sono nemmeno i capitali esteri. L'imprenditore estero che viene a portare i suoi capitali in Italia creando lavoro e occupazione (anzi, scusi, illustre giurista, so che anche questa è tutta una parola nel linguaggio corrente: imprenditoreesterochevieneaportareisuoicapitaliinItaliacreandolavoroeoccupazione) non lo fa gratis, e questo a lei non sfugge: infatti, come Ella osserva, l'imprenditore viene solo se in Italia il suo investimento "rende più che altrove". Le sfugge, illustre giurista, il passaggio successivo, una quisquilia, una pinzillacchera, un dettaglio tecnicistico che mi permetto di sottoporre all'attenzione dei miei lettori. Ella si riposi, che il suo lavoro lo ha già fatto egregiamente e altre fatiche la attendono.
Il dettaglio che sfugge al giurista è, banalmente, che l'imprenditoreesterochevieneaportareisuoicapitaliinItaliacreandolavoroeoccupazione i profitti che fa in Italia poi li rimpatria a casa sua. Quei profitti sono quindi un reddito prodotto nel paese (e pertanto entrano nel Pil), ma guadagnato da un non residente (e pertanto non entrano nel Pnl), un reddito che esce dal paese come reddito da capitale negativo in bilancia dei pagamenti, contribuendo (come ogni pagamento di reddito a un capitale estero impiegato in Italia) ad aggravare il saldo delle partite correnti.
Eh già!
Sorpresa! Il debito di un paese non è solo debitosovrano (tutto attaccato) fatto di pezzi di carta venduti in Italia o all'estero, è anche lo stock di Ide in entrata, fatto di imprese italiane vendute a imprenditori esteri.
Visto, illustre, che bella fine ha fatto l'Irlanda attirando tanti capitali esteri? È andata a gambe all'aria, schiacciata dal peso del pagamento di profitti agli investitori esteri.
Vede, lei fa il suo lavoro, un lavoro utile, non lo contesto, e certamente lo fa bene perché altrimenti non accederebbe a un quotidiano così prestigioso. Però mi consenta (sì: mi consenta) un'osservazione. Il problema non sta nei termini nei quali lo mette lei. Il problema non è che "gli imprenditori esteri non sono obbligati a venire in Italia". Il problema è che l'euro ha distrutto il risparmio delle famiglie, e quindi noi siamo obbligati a cercare capitali esteri. E allora la soluzione, mi scusi, sa, non può essere quella di aggiungere un problema all'altro, indebitandoci ulteriormente con l'estero. No: la soluzione di solito la si ricerca rimuovendo la causa del problema. Non si preoccupi, lei non deve far nulla: ci penserà il mercato.
Ma...
Ma l'imprenditoreesterochevieneaportareisuoicapitaliinItaliacreandolavoroeoccupazione porta lavoro e occupazione e reddito, quindi poi aumenta il risparmio...
Ah sì?
Ma scusi, non ci ha appena detto il contrario, cioè che agli imprenditori esteri, come mi ero umilmente permesso di sottolineare alcuni mesi fa, quando pochi lo capivano e nessuno lo diceva, serve la flessibilità in uscita?
Be', certo, però poi dopo c'è la flessibilità "buona" in entrata, quindi, dopo, si crea occupazione.
Questo argomento, secondo molti studiosi, fra cui Emiliano Brancaccio, è lievemente impreciso, ma un merito ce l'ha: quello di farmi tornare in mente uno dei più arguti sonetti di Giuseppe Gioacchino Belli: "Eppoi te sposo".
Eppoi me sposi, eh? Ppovero sciuchetto,
fàteme un po’ ssentí ccor un detino
si vv’amancassi mai cuarche ddentino!
Sciavete mamma? Volete er confetto?
Bravo er zor cascamorto innoscentino!
Co ste bbelle promesse de l’ajjetto,
se scerca d’abbuscà cquarche ffiletto,
eppoi fume de cappa de cammino.
Dàmmela e ppoi te sposo: quant’è ccaro!
Er patto è ggrasso assai, ma nun me torna:
rivienite a li trenta de frebbaro.
E ttant’e ttanto me credevi sciorna?
Nò cco mmé: tte conosco, bbicchieraro.
Cqua, pprima de sposà, nnun ce s’inforna.
Che, come ogni lettore vede, ben si adatta alle circostanze: "dammela (la flessibilità in uscita) e poi ti assumo (col cazzo)!" Perdoni il francesismo.
Quanto dovremo, o vorremo, sopportare ancora questa informazione?
L’economia esiste perché esiste lo scambio, ogni scambio presuppone l’esistenza di due parti, con interessi contrapposti: l’acquirente vuole spendere di meno, il venditore vuole guadagnare di più. Molte analisi dimenticano questo dato essenziale. Per contribuire a una lettura più equilibrata della realtà abbiamo aperto questo blog, ispirato al noto pensiero di Pippo: “è strano come una discesa vista dal basso somigli a una salita”. Una verità semplice, ma dalle applicazioni non banali...
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venerdì 29 giugno 2012
giovedì 28 giugno 2012
Have you seen the inflation monster?
No comment. O forse sì. L'Eurotower è una sola. Quando venne il momento, l'Europa, quella vera, seppe sbarazzarsi di ben altre, più temibili, torri.
martedì 26 giugno 2012
Confermata Cesena
Con le buone maniere si ottiene tutto. Grazie all'intercessione di Ecodellarete e rockapasso (santi subito dopo), il cavaliere nero, che è flessibile come i tempi vogliono, torna sulle sue decisioni, anche perché nel frattempo qualcuno si è degnato di dirgli dove stiamo!
La locandina dell'incontro è questa:
Ora è ufficiale, mi dispiace per lo stop and go, ma come Frenkel insegna, sono cose che capitano in un regime di cambi fissi. Mi dispiaceva troppo rinunciare a incontrarvi.
Ora devo andare dal dentista, poi se ne parla.
P.s.: qualcuno sa cos'è un docente associato?
La locandina dell'incontro è questa:
Ora è ufficiale, mi dispiace per lo stop and go, ma come Frenkel insegna, sono cose che capitano in un regime di cambi fissi. Mi dispiaceva troppo rinunciare a incontrarvi.
Ora devo andare dal dentista, poi se ne parla.
P.s.: qualcuno sa cos'è un docente associato?
Comunicazione di servizio: Pescara giorno 2 (in ritardo)
Salutati tutti, accompagnato Panizza alla stazione, fatto un minimo sonno (una tranche di un'ora, praticamente niente rispetto al debito accumulato con deficit di quattro ore a notte... temo il default!), siamo a cena con Frenkel. Seguendo i divini precetti del fondatore della Goofynomics, frittino di paranza e pescatrice alla cacciatora (suona un po' strano, ma funziona...).
Gli argomenti non mancano, ma, si sa, la lingua batte dove il dente duole, e così, fatalmente, nella più tetra costernazione delle rispettive consorti (sante subito dopo), si torna a parlare di crisi argentina, e di quella italiana, il cui assoluto isomorfismo con quella argentina è un pezzo del mio ultimo lavoro (e su quel pezzo Frenkel è d'accordo).
Se ne dicon tante, non ve le dico tutte, anche perché non me le ricordo, ma una mi colpisce. Quando noto, agganciandomi a cose dette da Panizza la mattina (mentre spiegava i motivi politici per i quali i default necessari vengono rinviati, aumentandone a dismisura il costo - vedi Grecia), che l'ingerenza della trojka nella crisi è molto più profonda e ideologica di quella del Fondo Monetario Internazionale (Fmi) nella gestione delle crisi dei mercati emergenti, Roberto osserva (se capisco bene) che l'Argentina in effetti non venne ostacolata dal Fmi nella sua decisione di rinnegare il debito. Il motivo è semplice: gli Usa erano in campagna elettorale, i repubblicani volevano dare al tempo stesso un esempio di dove avevano portato le politiche dei democratici riguardo ai paesi emergenti, e una lezione ai creditori: scottandosi ben bene le mani con il debito argentino, questi avrebbero imparato a essere più prudenti in futuro. L'Argentina era il più grande debitore "emergente", e quindi la lezione sarebbe stata salutare.
E qui mi è venuto spontaneo obiettare: "vedi, caro Roberto, io capisco benissimo che di fronte a un fallimento del mercato qualcuno cerchi meccanismi per risolvere il problema del moral hazard (quel problema, per chi non lo sapesse, che si manifesta quando uno dei due contraenti non può controllare il comportamento dell'altro dopo l'esecuzione di un contratto: ti do i soldi, non so cosa ci fai, se li usi male non sei in grado di restituirmeli, e nasce il problema). Però... però... vedi, io sento puzza di bruciato, per due o tre motivi.
Intanto, i repubblicani Usa volevano risolvere il problema dando una lezione ai creditori (di fatto, favorendo il processo in base al quale gli argentini non avrebbero ridato loro i soldi), il che, se vogliamo, ha un senso, dato che, come ho più volte notato in questo blog, nel sistema capitalistico l'onere di valutare il merito di credito incombe sul creditore, che ha di solito strumenti e informazioni per farlo. La Merkel vuole farlo punendo il debitore, il che significa, sostanzialmente, incoraggiare i creditori a prestare, prestare, prestare a chiunque, dovunque, comunque e semprunque, tanto poi alla fine arriva il castigamatti alamanno o alamanno-diretto (Monti) che sfilerà i soldi dalle tasche del contribuente per ripianare i bilanci delle banche che hanno sbagliato. Ma così i problemi di moral hazard non si risolvono, si amplificano!
Poi, voi eravate il più grande debitore estero, mentre la Grecia era il più piccolo debitore dell'eurozona (in termini assoluti). Mettila come ti pare, ma trasformare un problema piccolo in un problema enorme è qualcosa che non risponde ad alcuna razionalità economica. Forse risponde a un'altra razionalità.
E a questo proposito, ti faccio notare che voi siete stati "lasciati andare", giusto? Nessuno vi ha detto che la soluzione del problema fosse fare gli "Stati Uniti del Continente Americano" (SUCA, per gli amici), nessuno vi ha detto che per sanare la situazione voi sareste dovuti diventare il 51° stato dell'unione, o sbaglio? Anche perché sai bene che per la teoria economica questo è un totale non sequitur. Il coordinamento del quale avremmo bisogno, e che in effetti il trattato di Maastricht impone agli stati membri, sia per quanto riguarda le politiche sociali e del lavoro (art. 5), sia per quanto riguarda più in generale le politiche economiche (art. 119), potrebbe essere effettuato nell'ambito delle rispettive sovranità nazionali: cosa impedisce alla Germania di essere la locomotiva dell'Europa? Potrebbe farlo anche adesso, e potrebbe averlo fatto prima, se ne avesse, ne avesse avuto la volontà politica. Ma la volontà politica non c'è, perché certe componenti del capitalismo di quel paese traggono profitto da un atteggiamento diverso, non cooperativo, scoordinato. E quindi è inutile cambiare il contesto istituzionale, inutile e pericoloso: non abbiamo alcuna indicazione ora, come non l'avevamo nel 1997 riguardo alla politica monetaria (vedi qui a pag. 4), che unificare la politica fiscale non rinforzi la German dominance, portando a una politica fiscale condotta in modo scollegato dai nostri interessi, come lo è stata quella monetaria. Perché mai chi ha violato un trattato dovrebbe rispettarne un altro?"
E qui interviene Silvina: "Sì, Alberto, però devi anche capire che i cittadini, la gente, ha bisogno di vedere una via di uscita, un percorso, un'alternativa. Non possono accettare, ed è umano, è comprensibile, un ragionamento che non offra loro una soluzione".
E io: "Certo, lo so. Ed è per questo che subito dopo aver iniziato la mia attività di divulgazione mi sono chiesto se avessi o meno il diritto di dire la verità: posso io far capire al piddino che è stato tradito, senza indicargli almeno una alternativa politica? Ma l'alternativa non posso indicargliela, perché non c'è!".
E lei: "Sì, mi ricordo benissimo quanto soffriva Roberto nel 2001, quando tutti sapevano quello che stava per succedere, ma nessuno voleva ammetterlo, almeno pubblicamente..."
E io: "Certo! Perché per chi ha detto la verità non c'è posto né prima né dopo. Anche quando la forza dei fatti, dispiegando la sua violenza, che si potrebbe evitare con un minimo di razionalità e di autocritica, avrà imposto agli occhi di tutti quale fosse la verità, chi questa verità l'aveva segnalata, per evitare tanti lutti, sarà tenuto da parte, nonostante abbia previsto, nonostante abbia messo in guardia. Perché il problema è che chi ha detto la verità una volta, può rifarlo. E la verità fa sempre scomodo al potere, a qualsiasi potere, soprattutto nel paese della Realpolitik!"
E lei: "Sì, lo so, infatti Roberto era isolato, non solo e non tanto da chi stava al governo, ma anche e soprattutto dagli economisti di 'sinistra'. Un periodo molto difficile".
E io: "Che sorpresa! Paese che vai, sbilifesto che trovi... Ma scusa, Roberto: io un'alternativa non ce l'ho, come non ce l'avevi nemmeno tu finché non è stato deciso il corralito, che è stato una decisione politica, ovviamente. Ma allora cosa devo fare? Mi sto zitto, o dico la verità dei numeri e dei fatti?"
E lui: "Devi dire la verità."
E io: "Grazie. Tanto lo avrei fatto ugualmente!"
Bene. Questo negli atti del convegno non ci sarà, o, se ci sarà, si leggerà in filigrana. Ma pensavo che potesse interessarvi, interessare soprattutto Domenico che pensa di sapere e capire meglio di me cosa sanno e pensano i miei colleghi. Ma si sa, lui è piddino, quindi a lui serve "la linea del partito", quella espressa dagli economisti coi galloni "di sinistra" (e questo è un problema antropologico, e come se lo è!). Allora impara questo, caro Domenico che tanto ti inasprisci: niente è così a destra a questo mondo quanto un economista di sinistra prima di una crisi gestita dalla destra! Se non capisci perché, rileggi bene. Ognuno sa che la cosa non può durare, e ognuno sa benissimo cosa fare per ritagliarsi un posticino nella prossima stagione, e con pochissime eccezioni tutti si regolano di conseguenza. Se mi interessasse l'economia, lo farei anch'io. La fortuna mia e vostra è che l'economia non mi interessa.
A questo proposito, devo andare a Canepina a ritirare il mio cembalo: pare che con la revisione sia diventato "uno strumento d'assalto" (così lo ha definito il suo fattore). Tornerà utile nel caso di bank run! Poi, siccome la vita è fatta anche di questo, via dal dentista a riparare un dente... e ad ascoltare tante storie interessanti sull'eterna lotta del bene contro il male. Quanto è bella giovinezza...
Cesena? Boh! Anche questi, dopo avermi pressato come un limone, sono scomparsi. Ho chiesto conferma di luogo, data, ora, organizzatori ecc. per darvi indicazioni complete. Ho ricevuto in cambio una dettagliata lettera nella quale mi veniva spiegato cosa avrei dovuto dire all'incontro e per quanti minuti (senza conferma di ora, data, organizzatori, ecc...). Allora, preso da un dubbio, ho consultato Google Maps e ho visto che Cesena è a 37 km da Rimini, cioè da quel posto dove gli economisti italiani erano stati invitati ad andare purché stessero zitti. Certo, si sa, meglio farli stare zitti quei massoni raccomandati! Povero Donald: "nolo acerbam sumere...". Forse dovremmo ribattezzarlo Foxy, e regolarci di conseguenza. Lui scrive tanto. Basta chiedere in prestito la stampante alla cara Anghela...
Se mi fanno sapere qualcosa di preciso e strutturato entro oggi vi avverto e spero di vedervi. Altrimenti me ne sto a casa mia: posso lottare contro quasi tutto, ma non contro il dilettantismo. Perdonatemi, ma è l'unico strumento che ho per difendere il mio status di professionista!
P.s.: ho corretto i link. Non vedo l'ora di riavere il mio netbook...
Gli argomenti non mancano, ma, si sa, la lingua batte dove il dente duole, e così, fatalmente, nella più tetra costernazione delle rispettive consorti (sante subito dopo), si torna a parlare di crisi argentina, e di quella italiana, il cui assoluto isomorfismo con quella argentina è un pezzo del mio ultimo lavoro (e su quel pezzo Frenkel è d'accordo).
Se ne dicon tante, non ve le dico tutte, anche perché non me le ricordo, ma una mi colpisce. Quando noto, agganciandomi a cose dette da Panizza la mattina (mentre spiegava i motivi politici per i quali i default necessari vengono rinviati, aumentandone a dismisura il costo - vedi Grecia), che l'ingerenza della trojka nella crisi è molto più profonda e ideologica di quella del Fondo Monetario Internazionale (Fmi) nella gestione delle crisi dei mercati emergenti, Roberto osserva (se capisco bene) che l'Argentina in effetti non venne ostacolata dal Fmi nella sua decisione di rinnegare il debito. Il motivo è semplice: gli Usa erano in campagna elettorale, i repubblicani volevano dare al tempo stesso un esempio di dove avevano portato le politiche dei democratici riguardo ai paesi emergenti, e una lezione ai creditori: scottandosi ben bene le mani con il debito argentino, questi avrebbero imparato a essere più prudenti in futuro. L'Argentina era il più grande debitore "emergente", e quindi la lezione sarebbe stata salutare.
E qui mi è venuto spontaneo obiettare: "vedi, caro Roberto, io capisco benissimo che di fronte a un fallimento del mercato qualcuno cerchi meccanismi per risolvere il problema del moral hazard (quel problema, per chi non lo sapesse, che si manifesta quando uno dei due contraenti non può controllare il comportamento dell'altro dopo l'esecuzione di un contratto: ti do i soldi, non so cosa ci fai, se li usi male non sei in grado di restituirmeli, e nasce il problema). Però... però... vedi, io sento puzza di bruciato, per due o tre motivi.
Intanto, i repubblicani Usa volevano risolvere il problema dando una lezione ai creditori (di fatto, favorendo il processo in base al quale gli argentini non avrebbero ridato loro i soldi), il che, se vogliamo, ha un senso, dato che, come ho più volte notato in questo blog, nel sistema capitalistico l'onere di valutare il merito di credito incombe sul creditore, che ha di solito strumenti e informazioni per farlo. La Merkel vuole farlo punendo il debitore, il che significa, sostanzialmente, incoraggiare i creditori a prestare, prestare, prestare a chiunque, dovunque, comunque e semprunque, tanto poi alla fine arriva il castigamatti alamanno o alamanno-diretto (Monti) che sfilerà i soldi dalle tasche del contribuente per ripianare i bilanci delle banche che hanno sbagliato. Ma così i problemi di moral hazard non si risolvono, si amplificano!
Poi, voi eravate il più grande debitore estero, mentre la Grecia era il più piccolo debitore dell'eurozona (in termini assoluti). Mettila come ti pare, ma trasformare un problema piccolo in un problema enorme è qualcosa che non risponde ad alcuna razionalità economica. Forse risponde a un'altra razionalità.
E a questo proposito, ti faccio notare che voi siete stati "lasciati andare", giusto? Nessuno vi ha detto che la soluzione del problema fosse fare gli "Stati Uniti del Continente Americano" (SUCA, per gli amici), nessuno vi ha detto che per sanare la situazione voi sareste dovuti diventare il 51° stato dell'unione, o sbaglio? Anche perché sai bene che per la teoria economica questo è un totale non sequitur. Il coordinamento del quale avremmo bisogno, e che in effetti il trattato di Maastricht impone agli stati membri, sia per quanto riguarda le politiche sociali e del lavoro (art. 5), sia per quanto riguarda più in generale le politiche economiche (art. 119), potrebbe essere effettuato nell'ambito delle rispettive sovranità nazionali: cosa impedisce alla Germania di essere la locomotiva dell'Europa? Potrebbe farlo anche adesso, e potrebbe averlo fatto prima, se ne avesse, ne avesse avuto la volontà politica. Ma la volontà politica non c'è, perché certe componenti del capitalismo di quel paese traggono profitto da un atteggiamento diverso, non cooperativo, scoordinato. E quindi è inutile cambiare il contesto istituzionale, inutile e pericoloso: non abbiamo alcuna indicazione ora, come non l'avevamo nel 1997 riguardo alla politica monetaria (vedi qui a pag. 4), che unificare la politica fiscale non rinforzi la German dominance, portando a una politica fiscale condotta in modo scollegato dai nostri interessi, come lo è stata quella monetaria. Perché mai chi ha violato un trattato dovrebbe rispettarne un altro?"
E qui interviene Silvina: "Sì, Alberto, però devi anche capire che i cittadini, la gente, ha bisogno di vedere una via di uscita, un percorso, un'alternativa. Non possono accettare, ed è umano, è comprensibile, un ragionamento che non offra loro una soluzione".
E io: "Certo, lo so. Ed è per questo che subito dopo aver iniziato la mia attività di divulgazione mi sono chiesto se avessi o meno il diritto di dire la verità: posso io far capire al piddino che è stato tradito, senza indicargli almeno una alternativa politica? Ma l'alternativa non posso indicargliela, perché non c'è!".
E lei: "Sì, mi ricordo benissimo quanto soffriva Roberto nel 2001, quando tutti sapevano quello che stava per succedere, ma nessuno voleva ammetterlo, almeno pubblicamente..."
E io: "Certo! Perché per chi ha detto la verità non c'è posto né prima né dopo. Anche quando la forza dei fatti, dispiegando la sua violenza, che si potrebbe evitare con un minimo di razionalità e di autocritica, avrà imposto agli occhi di tutti quale fosse la verità, chi questa verità l'aveva segnalata, per evitare tanti lutti, sarà tenuto da parte, nonostante abbia previsto, nonostante abbia messo in guardia. Perché il problema è che chi ha detto la verità una volta, può rifarlo. E la verità fa sempre scomodo al potere, a qualsiasi potere, soprattutto nel paese della Realpolitik!"
E lei: "Sì, lo so, infatti Roberto era isolato, non solo e non tanto da chi stava al governo, ma anche e soprattutto dagli economisti di 'sinistra'. Un periodo molto difficile".
E io: "Che sorpresa! Paese che vai, sbilifesto che trovi... Ma scusa, Roberto: io un'alternativa non ce l'ho, come non ce l'avevi nemmeno tu finché non è stato deciso il corralito, che è stato una decisione politica, ovviamente. Ma allora cosa devo fare? Mi sto zitto, o dico la verità dei numeri e dei fatti?"
E lui: "Devi dire la verità."
E io: "Grazie. Tanto lo avrei fatto ugualmente!"
Bene. Questo negli atti del convegno non ci sarà, o, se ci sarà, si leggerà in filigrana. Ma pensavo che potesse interessarvi, interessare soprattutto Domenico che pensa di sapere e capire meglio di me cosa sanno e pensano i miei colleghi. Ma si sa, lui è piddino, quindi a lui serve "la linea del partito", quella espressa dagli economisti coi galloni "di sinistra" (e questo è un problema antropologico, e come se lo è!). Allora impara questo, caro Domenico che tanto ti inasprisci: niente è così a destra a questo mondo quanto un economista di sinistra prima di una crisi gestita dalla destra! Se non capisci perché, rileggi bene. Ognuno sa che la cosa non può durare, e ognuno sa benissimo cosa fare per ritagliarsi un posticino nella prossima stagione, e con pochissime eccezioni tutti si regolano di conseguenza. Se mi interessasse l'economia, lo farei anch'io. La fortuna mia e vostra è che l'economia non mi interessa.
A questo proposito, devo andare a Canepina a ritirare il mio cembalo: pare che con la revisione sia diventato "uno strumento d'assalto" (così lo ha definito il suo fattore). Tornerà utile nel caso di bank run! Poi, siccome la vita è fatta anche di questo, via dal dentista a riparare un dente... e ad ascoltare tante storie interessanti sull'eterna lotta del bene contro il male. Quanto è bella giovinezza...
Cesena? Boh! Anche questi, dopo avermi pressato come un limone, sono scomparsi. Ho chiesto conferma di luogo, data, ora, organizzatori ecc. per darvi indicazioni complete. Ho ricevuto in cambio una dettagliata lettera nella quale mi veniva spiegato cosa avrei dovuto dire all'incontro e per quanti minuti (senza conferma di ora, data, organizzatori, ecc...). Allora, preso da un dubbio, ho consultato Google Maps e ho visto che Cesena è a 37 km da Rimini, cioè da quel posto dove gli economisti italiani erano stati invitati ad andare purché stessero zitti. Certo, si sa, meglio farli stare zitti quei massoni raccomandati! Povero Donald: "nolo acerbam sumere...". Forse dovremmo ribattezzarlo Foxy, e regolarci di conseguenza. Lui scrive tanto. Basta chiedere in prestito la stampante alla cara Anghela...
Se mi fanno sapere qualcosa di preciso e strutturato entro oggi vi avverto e spero di vedervi. Altrimenti me ne sto a casa mia: posso lottare contro quasi tutto, ma non contro il dilettantismo. Perdonatemi, ma è l'unico strumento che ho per difendere il mio status di professionista!
P.s.: ho corretto i link. Non vedo l'ora di riavere il mio netbook...
venerdì 22 giugno 2012
Sorpresa (?): Italia Oggi
Ecco qua. Perché io questa cosa l'ho detta un anno fa sul Manifesto, dove non mi sono stati a sentire, e allora l'ho ridetta ieri, portando Frenkel a Pescara, a Italia Oggi, dove mi sono stati a sentire.
Andate, andate avanti a sogni e visioni, cari piddini... Dormite bene... Ma poi non dite che non ve l'avevo detto...
Andate, andate avanti a sogni e visioni, cari piddini... Dormite bene... Ma poi non dite che non ve l'avevo detto...
Comunicazione di servizio: Pescara giorno 1
Non c'entra niente, ma così, giusto per sapere: se mi toccasse di venire in Romagna (diciamo Cesena, diciamo fine prossima settimana), quanti di voi avrei il piacere di incontrare? Astenersi anatroccoli, ovviamente...
E ora andiamo. È uno sporco lavoro, ma qualcuno deve pur farlo...
E ora andiamo. È uno sporco lavoro, ma qualcuno deve pur farlo...
giovedì 21 giugno 2012
Comunicazione di servizio: Pescara giorno 0
Scusate, avete commentato moltissimo il mio intervento ad Agorà, sto lavorando sui vostri commenti ma soprattutto sul convegno, che inizia domani. Non prendetevela se non riesco a seguire la coda di moderazione, ci sarà spazio per tutti ma occorre tempo. Poi faremo anche un bel "moviolone" della puntata, se vi interessa. Io non avrò tempo di rivedermi almeno fino a lunedì (e forse neanche, perché ho esami). Devo dedicarmi ai miei colleghi e alla mia professione.
Oggi viaggio e accompagno colleghi.
Abbiate pazienza.
Sapete che di voi apprezzo tante cose, fra le quali la maturità che vi porta a non ritenervi il centro del mondo e a non dare in escandescenze se un vostro commento decanta un po' in coda, l'intelligenza che vi porta a non fare commenti eccessivamente pesanti (che senso ha accanirsi dove madre Natura ha già dato il peggio di sé?), e il senso dell'opportunità che vi porta a non scrivere papiri a puntate (se avete tante cose da dire, sapete bene che potete aprire il vostro blog).
Considero l'avervi incontrato la parte più bella del mio lavoro (vale anche per alcuni studenti). Restiamo in contatto.
P.s.: commenti alla puntata sotto al post della puntata. Qui non c'è nulla da commentare, direi. Sono fatti.
Oggi viaggio e accompagno colleghi.
Abbiate pazienza.
Sapete che di voi apprezzo tante cose, fra le quali la maturità che vi porta a non ritenervi il centro del mondo e a non dare in escandescenze se un vostro commento decanta un po' in coda, l'intelligenza che vi porta a non fare commenti eccessivamente pesanti (che senso ha accanirsi dove madre Natura ha già dato il peggio di sé?), e il senso dell'opportunità che vi porta a non scrivere papiri a puntate (se avete tante cose da dire, sapete bene che potete aprire il vostro blog).
Considero l'avervi incontrato la parte più bella del mio lavoro (vale anche per alcuni studenti). Restiamo in contatto.
P.s.: commenti alla puntata sotto al post della puntata. Qui non c'è nulla da commentare, direi. Sono fatti.
mercoledì 20 giugno 2012
Sorpresa: Agorà!
"Si racconta che il principe di Condé dormì profondamente la notte avanti la giornata di Rocroi: ma, in primo luogo, era molto affaticato; secondariamente, aveva già date tutte le disposizioni necessarie, e stabilito ciò che dovesse fare, la mattina."
E così, dopo una settimana in cui regolarmente mi svegliavo all'alba, questa mattina sono stato svegliato alle 6:30 dall'iPhone. Pensavo: "Ma perché, proprio ora che me la stavo dormendo così bene...". E poi mi sono ricordato: il grande circo mediatico mi aspettava. Colpa dell'intervista sul Fatto. Se poi io sia stato Louis o Abbondio sarete voi a dirmelo. Certo che stanco ero stanco, avendo lavorato per Sergio Cesaratto e per il convegno fino all'una, ma mi ero anche dato l'unica disposizione necessaria: essere me stesso. Anche questa, lo sapete, ci viene dai cugini: "L’art, mes enfants, c’est d’être absolument soi-même".
Poi bisogna anche permetterselo, ma quello bisogna lasciarlo giudicare alla Storia e ai lettori.
Scusatemi se non vi avevo avvertito: non ho veramente avuto tempo, ma troverete tutto sul sito della trasmissione: non volevo farvi alzare all'alba, voi che siete degli italiani pigri, sussidiati dalla spesa pubblica improduttiva di uno stato pletorico (come alcuni fra gli intervenuti non hanno mancato di rilevare: prendete nota...).
Fatemi sapere, io prima di lunedì non potrò vedermi, e ora porto la mia Uga al mare...
Qui c'è il video della trasmissione (grazie a ominonero).
P.S.: siete liberi di capire il senso e il non senso dei miei interventi e sto lavorando alacremente sulle vostre critiche e sui vostri suggerimenti, ma se uno non capisce che in questo blog non si accettano commenti a puntate è difficile che abbia qualcosa di sensato da dire. Prima capiamo le cose semplici, poi esprimiamoci su quelle difficili. Bene intendenti pauca (anche se questa è una di quelle cose che se potessero essere capite non andrebbero spiegate).
E così, dopo una settimana in cui regolarmente mi svegliavo all'alba, questa mattina sono stato svegliato alle 6:30 dall'iPhone. Pensavo: "Ma perché, proprio ora che me la stavo dormendo così bene...". E poi mi sono ricordato: il grande circo mediatico mi aspettava. Colpa dell'intervista sul Fatto. Se poi io sia stato Louis o Abbondio sarete voi a dirmelo. Certo che stanco ero stanco, avendo lavorato per Sergio Cesaratto e per il convegno fino all'una, ma mi ero anche dato l'unica disposizione necessaria: essere me stesso. Anche questa, lo sapete, ci viene dai cugini: "L’art, mes enfants, c’est d’être absolument soi-même".
Poi bisogna anche permetterselo, ma quello bisogna lasciarlo giudicare alla Storia e ai lettori.
Scusatemi se non vi avevo avvertito: non ho veramente avuto tempo, ma troverete tutto sul sito della trasmissione: non volevo farvi alzare all'alba, voi che siete degli italiani pigri, sussidiati dalla spesa pubblica improduttiva di uno stato pletorico (come alcuni fra gli intervenuti non hanno mancato di rilevare: prendete nota...).
Fatemi sapere, io prima di lunedì non potrò vedermi, e ora porto la mia Uga al mare...
Qui c'è il video della trasmissione (grazie a ominonero).
P.S.: siete liberi di capire il senso e il non senso dei miei interventi e sto lavorando alacremente sulle vostre critiche e sui vostri suggerimenti, ma se uno non capisce che in questo blog non si accettano commenti a puntate è difficile che abbia qualcosa di sensato da dire. Prima capiamo le cose semplici, poi esprimiamoci su quelle difficili. Bene intendenti pauca (anche se questa è una di quelle cose che se potessero essere capite non andrebbero spiegate).
domenica 17 giugno 2012
Sorpresa: il Fatto Quotidiano! Ma dai...
C'è una sorpresina per voi a pagina 6 del Fatto Quotidiano. Impaginato coi grillini euroscettici (e questo era da prevedere: ma mi hanno permesso di ricordare che anche Krugman e De Grauwe non sono tanto ottimisti) e un po' stagliuzzato (come era previsto e concordato: non mi sto certo lamentando, capisco i problemi di impaginazione), ma in modo mi sembra sostanzialmente onesto (anche se qualcuno mi darà del leghista, ne sono certo, per il parallelo un po' ellittico con l'unità d'Italia, che andrebbe documentato meglio: ma chi vuole capire può leggere questo).
Valutate voi, e preparatevi al peggio: temo un'invasione di luogocomunisti (anche se chi compra il giornale generalmente è una vittima del digital divide e quindi non verrà qui a far rumore):
"Ma in Germania i salari sono più alti!"
"Ma la svalutazione genera inflazione e danneggia la vedova, l'orfano e il proletario!"
"Ma il problema è la produttività!"
"Ma la Germania le riforme le ha fatte!"
"Ma non possiamo penalizzare la locomotiva d'Europa!"
"Ma la Germania non c'entra, la colpa è nostra!"
Und so weiter, und so fort...
Datemi una mano anche voi. Io posso solo dire che avevo detto sei mesi or sono che i salvataggi di Monti non ci avrebbero salvato. Non erano in molti a dirlo, credo, ed erano ancor meno ad argomentarlo.
E purtroppo sta succedendo.
Aggiornamento (18/6/2012, 17:23, credits: pippo74): versione web dell'intervista.
Pensa come rosica Fabbiuccio mio...
Valutate voi, e preparatevi al peggio: temo un'invasione di luogocomunisti (anche se chi compra il giornale generalmente è una vittima del digital divide e quindi non verrà qui a far rumore):
"Ma in Germania i salari sono più alti!"
"Ma la svalutazione genera inflazione e danneggia la vedova, l'orfano e il proletario!"
"Ma il problema è la produttività!"
"Ma la Germania le riforme le ha fatte!"
"Ma non possiamo penalizzare la locomotiva d'Europa!"
"Ma la Germania non c'entra, la colpa è nostra!"
Und so weiter, und so fort...
Datemi una mano anche voi. Io posso solo dire che avevo detto sei mesi or sono che i salvataggi di Monti non ci avrebbero salvato. Non erano in molti a dirlo, credo, ed erano ancor meno ad argomentarlo.
E purtroppo sta succedendo.
Aggiornamento (18/6/2012, 17:23, credits: pippo74): versione web dell'intervista.
Pensa come rosica Fabbiuccio mio...
sabato 16 giugno 2012
Repubblica e il vincolismo
Commenta Gianni Di Francia, che ringrazio per la sua partecipazione al seminario di Napoli:
Sarebbe importante avere un link preciso. Io non credo che un concetto simile sia stato espresso. Non voglio crederlo, perché simili parole, se fossero state dette, sarebbero di una estrema gravità.
Intanto, esse sarebbero un palese insulto a tutti gli italiani che negli ultimi decenni hanno contribuito, col loro lavoro, a far crescere e progredire il nostro paese. Non è certo per lo spauracchio del vincolo esterno che essi hanno agito in tal senso, ma per la loro onestà, la loro creatività, la loro indipendenza di pensiero, le loro capacità. Chi dice che ci meritiamo quello che ci sta succedendo perché negli anni '70 ci siamo impigriti con le svalutazioni non conosce né la logica né i numeri dell'economia e denigra milioni di italiani, che tutto si sono fuor che impigriti, negli ultimi decenni. Il vincolo esterno si è posto spesso come ostacolo di fronte a queste persone, un ostacolo il cui senso era quello di fare gli interessi dei pochi a danno dell'interesse dei molti. Non stupisce quindi che chi esprime la voce di quei pochi, perché da quei pochi è pagato, difenda il vincolo esterno, come non stupisce che chi lavora a questo progetto reazionario travisi la realtà storica. Ma è ugualmente grave che nel momento in cui più ci sarebbe bisogno di coesione e solidarietà vengano espressi concetti simili, che intrinsecamente tendono a dividere e umiliare la collettività nazionale.
Tanto più grave, in quanto dal punto di vista della teoria economica questo concetto è irrimediabilmente fallace. L'idea secondo la quale la dittatura del vincolo esterno avrebbe migliorato i fondamentali dell'economia, contribuendo a ridurre l'inflazione, creando così i presupposti per la propria sostenibilità è stata pesantemente smentita dai fatti (e ricordiamo allora che questa idea ha un nome e un cognome, anzi, due nomi e due cognomi). Ma questa non è stata una sorpresa. Quell'idea si basava su presupposti fortemente ideologici, come quello di perfetta razionalità degli agenti economici, puntualmente smentiti dalle ricerche più avanzate e qualificate (Weizsäcker ha pubblicato su American Economic Review, stabilmente classificata fra le 20 riviste scientifiche più importanti). Quell'idea inoltre ignorava tutta la letteratura scientifica che, sulla base non di uno strampalato approccio assiomatico-deduttivo che "fa tanto scienza" agli occhi di certe persone, ma della lettura dei dati di fatto, chiaramente indicava come gli agganci a un'ancora nominale forte (dollaro, marco, euro) amplificassero, anziché ridurre, le divergenze fra i paesi, conducendo all'inevitabile (e desiderata) crisi. Desiderata? Certo: da chi ci guadagna. O penserete veramente che quando la borsa "brucia" 10 miliardi qualcuno accenda un falò? Le crisi economiche non sono come i terremoti: col terremoto perdono tutti, con le crisi molti perdono, e pochi guadagnano.
Gli economisti...
Ripeto quello che ho detto a Napoli: dire "gli economisti" è come dire "i napoletani" o "gli ebrei". Qualsiasi generalizzazione è ingiusta e razzista. Ve lo dice uno che è riuscito ad essere amico perfino di giornalisti (e addirittura del Manifesto!)
Non ci sono solo economisti convenzionali, o, come preferisco dire, omodossi, come i tanti che spesso ci è accaduto di evocare in queste pagine. Ce ne sono anche come Roberto Frenkel, del quale vi ricordo la lettura della crisi fornita sia nel suo saggio del 2009 (con Martin Rapetti), sia nel contributo al convegno di Pescara, dove si analizzano analogie e differenze fra le crisi dei paesi emergenti e quelle dell'eurozona. Differenze poche, direi, visto che come De Grauwe ha francamente ammesso e documentato, fra i grandi "vantaggi" del vincolo esterno c'è soprattutto quello di aver trasformato dal punto di vista finanziario i paesi dell'Eurozona in paesi in via di sviluppo, privandoli della sovranità monetaria. Il che, per economie un tempo relativamente avanzate, non è esattamente un gran progresso, visto che, come è evidente, questo sacrificio è stato chiesto in cambio di nulla (se non una catastrofe annunciata)!
E non ci sono solo giornalisti come quelli che siamo purtroppo costretti a citare in questo post. Anche se in questo caso, duole ammetterlo, trovare un controesempio è più arduo.
E torniamo così al nostro intellettuale, le cui parole, se mai fossero state pronunciate (ma io voglio sperare di no, spero che mi inviate il link che mi confermi che c'è un errore), sarebbero di una estrema gravità non solo per l'insulto alla voglia di lavorare e di progredire di tanti italiani (la maggioranza, una maggioranza silenziosa che ha troppo a lungo accettato di lasciarsi vilipendere così), non solo per l'insulto al buon senso e ai risultati scientifici conseguiti da economisti indipendenti e qualificati (anche il Cambridge Journal of Economics, dove scrive Frenkel, se pure non prestigioso come Repubblica diciamo che una sua reputazione ce l'ha), ma soprattutto per lo spaventoso, per il turpe paternalismo che esse esprimono. Che poi è il paternalismo di Aristide, lo ricordate?
Ma chi è questo signore che si permette di liquidare con un giudizio così sprezzante un popolo che in 2000 anni di storia ha insegnato al resto del mondo quisquilie quali la soluzione dell'equazione cubica, la contabilità in partita doppia, l'uso della forchetta a tavola, la forma della sonata da camera, l'impiego del cannocchiale, il calcolo delle probabilità (per non ricordare acquisizioni più recenti: Marconi? Fermi?)? Chi è questo signore? Da dove deriva la sua legittimità ad insultare i suoi connazionali, dichiarandoli incapaci di governarsi da soli? Chissà, forse il nostro pensa che quando Cardano nel 1545 pubblicò l'Ars Magna, in fondo, si sa, questi risultati non sarebbero stati possibili senza il "vincolo esterno" della dominazione spagnola... Ma allora il Sidereus Nuncius come ce lo spiega, il nostro? Perché a Venezia gli spagnoli non erano arrivati...
Certo, lo sappiamo, sì, bravi, siete tutti bravi, dai, ripetetelo: "governare gli italiani non è solo impossibile, è anche inutile". Ma sappiamo anche a chi viene (forse falsamente) attribuita questa frase (che quindi cito a memoria, non essendoci, che io sappia, una fonte). Al nostro ultimo dittatore esplicitamente riconoscibile come tale: Mussolini. Un dittatore violento e sanguinario al quale non può andare la nostra simpatia, come non può andare ad alcun dittatore, inclusi quelli che da trent'anni governano questo paese al grido di "l'Europa lo vuole", applicando la più odiosa e ingiusta delle dittature, quella del vincolo esterno. Una dittatura che non ha alcun razionale scientifico, come abbiamo ricordato sopra, ma che ha, come tutte le dittature, un chiaro significato di classe, come abbiamo ricordato altrove.
Ma al di là di queste tristi vicende passate, e al di là di certi accostamenti che possono urtare chi non li capisce (e la Natura è matrigna, matrignissima), guardando avanti: non capisce questo signore, qualora abbia detto le parole che non voglio credere abbia detto, a quale insensato delirio di violenza consegna il suo paese affermando pseudoverità di cotale fatta? I serial killer della Verità stanno seminando vento a piene mani. E chi, come me, preferirebbe non raccogliere tempesta, non può che assistere con crescente orrore a questo spettacolo funesto. Le élites tecnocratiche che hanno preso la guida del paese, controllando l'informazione e distorcendola a proprio beneficio, avvertono che cresce, nei loro sottoposti, la consapevolezza che un cambiamento è ormai indifferibile, e che le strade percorse si sono rivelate fallimentari. Atterrite dalla diffusione della conoscenza, dei dati di fatto, e spiazzate dalla capacità dei loro sottoposti di assimilare questi dati, e di trarne sempre di più le ovvie conclusioni, queste élites di cartapesta non sanno come trarsi d'impaccio se non insultando un intero popolo.
Quale triste e preoccupante e penoso spettacolo...
E visto che ci siamo, togliamoci un altro sassolino dalla scarpa, che la strada da percorrere è lunga ed è appena cominciata. Una cosa voglio dire ai tanti greci che mi leggono. Noi italiani non siamo come questo signore che vi ha gratuitamente insultato (all'ombra del Partenone finisce il Bengodi), casualmente (si fa per dire) in nome e per conto della persona della quale mi sto occupando in questo post. No. Ce ne sono, certo, così. Ce ne sono di killer della verità, che poi, guarda caso, sono sempre seriali. Ce ne sono di vili che non vogliono guardare in faccia la realtà e che preferiscono scaricare sugli altri, sui loro fratelli, responsabilità che sono ben più ampie e articolate, che coinvolgono, come tutti gli organismi internazionali riconoscono, la governance dell'intero continente. Ma io credo, io voglio continuare a credere, che la maggioranza degli italiani sia come Vladimiro, che con poche, asciutte e documentate parole ha smontato il delirio razzista di certi "informatori".
Bene.
E se organizzassimo un bel flash mob? Che ne dite di presentarsi sotto a questo organo (di informazione, va da sé) con un bel cartello al collo: "Non siamo pigri"? Mica per altro, sapete. Io vorrei guardarla negli occhi, certa gente. Io vorrei capire. Sono esseri umani anche loro, no? Avranno una famiglia, dei figli, degli affetti? Eh già, ma penso che loro certi problemi li abbiano risolti. Il loro Bengodi non è ancora finito. E allora certo che un simile disprezzo dei fatti e dell'umanità altrui si spiega. Mors tua vita mea. Ma non si potrebbe avere qualcosa di diverso?
Addendum (17/6/2012, 17:19)
A proposito di vincolo esterno: su Rainews
è in onda l'intervista a Monti di Repubblica. Scalfari lo ha enunciato
chiaramente: "L'italia è un paese che ha avuto bisogno e avrà bisogno del
vincolo esterno perché siamo un paese di scavezzacollo" o qualcosa del genere.
Chissà cosa ne pensano gli esodati di sto vincolo...
Sarebbe importante avere un link preciso. Io non credo che un concetto simile sia stato espresso. Non voglio crederlo, perché simili parole, se fossero state dette, sarebbero di una estrema gravità.
Intanto, esse sarebbero un palese insulto a tutti gli italiani che negli ultimi decenni hanno contribuito, col loro lavoro, a far crescere e progredire il nostro paese. Non è certo per lo spauracchio del vincolo esterno che essi hanno agito in tal senso, ma per la loro onestà, la loro creatività, la loro indipendenza di pensiero, le loro capacità. Chi dice che ci meritiamo quello che ci sta succedendo perché negli anni '70 ci siamo impigriti con le svalutazioni non conosce né la logica né i numeri dell'economia e denigra milioni di italiani, che tutto si sono fuor che impigriti, negli ultimi decenni. Il vincolo esterno si è posto spesso come ostacolo di fronte a queste persone, un ostacolo il cui senso era quello di fare gli interessi dei pochi a danno dell'interesse dei molti. Non stupisce quindi che chi esprime la voce di quei pochi, perché da quei pochi è pagato, difenda il vincolo esterno, come non stupisce che chi lavora a questo progetto reazionario travisi la realtà storica. Ma è ugualmente grave che nel momento in cui più ci sarebbe bisogno di coesione e solidarietà vengano espressi concetti simili, che intrinsecamente tendono a dividere e umiliare la collettività nazionale.
Tanto più grave, in quanto dal punto di vista della teoria economica questo concetto è irrimediabilmente fallace. L'idea secondo la quale la dittatura del vincolo esterno avrebbe migliorato i fondamentali dell'economia, contribuendo a ridurre l'inflazione, creando così i presupposti per la propria sostenibilità è stata pesantemente smentita dai fatti (e ricordiamo allora che questa idea ha un nome e un cognome, anzi, due nomi e due cognomi). Ma questa non è stata una sorpresa. Quell'idea si basava su presupposti fortemente ideologici, come quello di perfetta razionalità degli agenti economici, puntualmente smentiti dalle ricerche più avanzate e qualificate (Weizsäcker ha pubblicato su American Economic Review, stabilmente classificata fra le 20 riviste scientifiche più importanti). Quell'idea inoltre ignorava tutta la letteratura scientifica che, sulla base non di uno strampalato approccio assiomatico-deduttivo che "fa tanto scienza" agli occhi di certe persone, ma della lettura dei dati di fatto, chiaramente indicava come gli agganci a un'ancora nominale forte (dollaro, marco, euro) amplificassero, anziché ridurre, le divergenze fra i paesi, conducendo all'inevitabile (e desiderata) crisi. Desiderata? Certo: da chi ci guadagna. O penserete veramente che quando la borsa "brucia" 10 miliardi qualcuno accenda un falò? Le crisi economiche non sono come i terremoti: col terremoto perdono tutti, con le crisi molti perdono, e pochi guadagnano.
Gli economisti...
Ripeto quello che ho detto a Napoli: dire "gli economisti" è come dire "i napoletani" o "gli ebrei". Qualsiasi generalizzazione è ingiusta e razzista. Ve lo dice uno che è riuscito ad essere amico perfino di giornalisti (e addirittura del Manifesto!)
Non ci sono solo economisti convenzionali, o, come preferisco dire, omodossi, come i tanti che spesso ci è accaduto di evocare in queste pagine. Ce ne sono anche come Roberto Frenkel, del quale vi ricordo la lettura della crisi fornita sia nel suo saggio del 2009 (con Martin Rapetti), sia nel contributo al convegno di Pescara, dove si analizzano analogie e differenze fra le crisi dei paesi emergenti e quelle dell'eurozona. Differenze poche, direi, visto che come De Grauwe ha francamente ammesso e documentato, fra i grandi "vantaggi" del vincolo esterno c'è soprattutto quello di aver trasformato dal punto di vista finanziario i paesi dell'Eurozona in paesi in via di sviluppo, privandoli della sovranità monetaria. Il che, per economie un tempo relativamente avanzate, non è esattamente un gran progresso, visto che, come è evidente, questo sacrificio è stato chiesto in cambio di nulla (se non una catastrofe annunciata)!
E non ci sono solo giornalisti come quelli che siamo purtroppo costretti a citare in questo post. Anche se in questo caso, duole ammetterlo, trovare un controesempio è più arduo.
E torniamo così al nostro intellettuale, le cui parole, se mai fossero state pronunciate (ma io voglio sperare di no, spero che mi inviate il link che mi confermi che c'è un errore), sarebbero di una estrema gravità non solo per l'insulto alla voglia di lavorare e di progredire di tanti italiani (la maggioranza, una maggioranza silenziosa che ha troppo a lungo accettato di lasciarsi vilipendere così), non solo per l'insulto al buon senso e ai risultati scientifici conseguiti da economisti indipendenti e qualificati (anche il Cambridge Journal of Economics, dove scrive Frenkel, se pure non prestigioso come Repubblica diciamo che una sua reputazione ce l'ha), ma soprattutto per lo spaventoso, per il turpe paternalismo che esse esprimono. Che poi è il paternalismo di Aristide, lo ricordate?
Ma chi è questo signore che si permette di liquidare con un giudizio così sprezzante un popolo che in 2000 anni di storia ha insegnato al resto del mondo quisquilie quali la soluzione dell'equazione cubica, la contabilità in partita doppia, l'uso della forchetta a tavola, la forma della sonata da camera, l'impiego del cannocchiale, il calcolo delle probabilità (per non ricordare acquisizioni più recenti: Marconi? Fermi?)? Chi è questo signore? Da dove deriva la sua legittimità ad insultare i suoi connazionali, dichiarandoli incapaci di governarsi da soli? Chissà, forse il nostro pensa che quando Cardano nel 1545 pubblicò l'Ars Magna, in fondo, si sa, questi risultati non sarebbero stati possibili senza il "vincolo esterno" della dominazione spagnola... Ma allora il Sidereus Nuncius come ce lo spiega, il nostro? Perché a Venezia gli spagnoli non erano arrivati...
Certo, lo sappiamo, sì, bravi, siete tutti bravi, dai, ripetetelo: "governare gli italiani non è solo impossibile, è anche inutile". Ma sappiamo anche a chi viene (forse falsamente) attribuita questa frase (che quindi cito a memoria, non essendoci, che io sappia, una fonte). Al nostro ultimo dittatore esplicitamente riconoscibile come tale: Mussolini. Un dittatore violento e sanguinario al quale non può andare la nostra simpatia, come non può andare ad alcun dittatore, inclusi quelli che da trent'anni governano questo paese al grido di "l'Europa lo vuole", applicando la più odiosa e ingiusta delle dittature, quella del vincolo esterno. Una dittatura che non ha alcun razionale scientifico, come abbiamo ricordato sopra, ma che ha, come tutte le dittature, un chiaro significato di classe, come abbiamo ricordato altrove.
Ma al di là di queste tristi vicende passate, e al di là di certi accostamenti che possono urtare chi non li capisce (e la Natura è matrigna, matrignissima), guardando avanti: non capisce questo signore, qualora abbia detto le parole che non voglio credere abbia detto, a quale insensato delirio di violenza consegna il suo paese affermando pseudoverità di cotale fatta? I serial killer della Verità stanno seminando vento a piene mani. E chi, come me, preferirebbe non raccogliere tempesta, non può che assistere con crescente orrore a questo spettacolo funesto. Le élites tecnocratiche che hanno preso la guida del paese, controllando l'informazione e distorcendola a proprio beneficio, avvertono che cresce, nei loro sottoposti, la consapevolezza che un cambiamento è ormai indifferibile, e che le strade percorse si sono rivelate fallimentari. Atterrite dalla diffusione della conoscenza, dei dati di fatto, e spiazzate dalla capacità dei loro sottoposti di assimilare questi dati, e di trarne sempre di più le ovvie conclusioni, queste élites di cartapesta non sanno come trarsi d'impaccio se non insultando un intero popolo.
Quale triste e preoccupante e penoso spettacolo...
E visto che ci siamo, togliamoci un altro sassolino dalla scarpa, che la strada da percorrere è lunga ed è appena cominciata. Una cosa voglio dire ai tanti greci che mi leggono. Noi italiani non siamo come questo signore che vi ha gratuitamente insultato (all'ombra del Partenone finisce il Bengodi), casualmente (si fa per dire) in nome e per conto della persona della quale mi sto occupando in questo post. No. Ce ne sono, certo, così. Ce ne sono di killer della verità, che poi, guarda caso, sono sempre seriali. Ce ne sono di vili che non vogliono guardare in faccia la realtà e che preferiscono scaricare sugli altri, sui loro fratelli, responsabilità che sono ben più ampie e articolate, che coinvolgono, come tutti gli organismi internazionali riconoscono, la governance dell'intero continente. Ma io credo, io voglio continuare a credere, che la maggioranza degli italiani sia come Vladimiro, che con poche, asciutte e documentate parole ha smontato il delirio razzista di certi "informatori".
Bene.
E se organizzassimo un bel flash mob? Che ne dite di presentarsi sotto a questo organo (di informazione, va da sé) con un bel cartello al collo: "Non siamo pigri"? Mica per altro, sapete. Io vorrei guardarla negli occhi, certa gente. Io vorrei capire. Sono esseri umani anche loro, no? Avranno una famiglia, dei figli, degli affetti? Eh già, ma penso che loro certi problemi li abbiano risolti. Il loro Bengodi non è ancora finito. E allora certo che un simile disprezzo dei fatti e dell'umanità altrui si spiega. Mors tua vita mea. Ma non si potrebbe avere qualcosa di diverso?
Addendum (17/6/2012, 17:19)
Risposta: no. Grazie alla collaborazione di uno di voi, emiliano, ho la prova che quelle parole un po' leggere sono effettivamente state dette. Non che non credessi a Gianni, per carità. Ma la speranza è l'ultima a morire. Sorge allora spontanea un'altra domanda: perché gli italiani si fanno dire questo?
Comunicazione di servizio: il programma del workshop e Frenkel
Sul sito del workshop di Pescara trovate il programma dei lavori e (da non perdere) il testo della prolusione di Roberto Frenkel.
@Solipsismo: grazie! Comincio ad afferrare i termini del tuo prezioso contributo. Si associa anche il neoborbonico.
@Solipsismo: grazie! Comincio ad afferrare i termini del tuo prezioso contributo. Si associa anche il neoborbonico.
venerdì 15 giugno 2012
Dio c'è!
Dopo una sera passata a parlare di Fanny Mendelssohn e Clara Schumann con la moglie di un collega americano senza cappa (nel senso di kappa), inauguro la tecnica del "quick post". Ho da fare come quello che morì di notte, per cui non prendetevela se non posso seguirvi tutti. Sto lavorando per voi, cioè per noi, incluso Andrea che continua a scassarmi la minchia con la MMT. Il problema del salvare l'Italia è un po' come il problema del salvare le banche: il moral hazard. Se le persone sopportassero il peso delle minchiate che fanno e dicono, forse dei salvataggi non ci sarebbe nemmeno bisogno. Un esempio:
Ricevo da valsandra e volentieri pubblico:
giusto puntualizzare!
giusto pure verificare le altre teorie per avere temi di confronto e provare a contraddire gli altri!
oh, un esempio pratico.. un mio amico (sì, il classico PDino! ahahah) invocava tagli alla spesa pubblica e ironia della sorte dopo alcune settimane si è lamentato perché vorrebbero tagliare i contributi all'ente per cui lavora.
Oooohhhh! Piddino caro, e così hai dovuto ammettere nel doloroso circolo della tua stolida appercezione questa triste realtà: non è sempre possibile essere finocchi con le terga altrui. Questa volta tocca a te. No es que me alegre, pero siento un fresco. A te non lo traduco, perché sono misericordioso, e agli altri non lo traduco perché hanno capito.
Ricevo da valsandra e volentieri pubblico:
giusto puntualizzare!
giusto pure verificare le altre teorie per avere temi di confronto e provare a contraddire gli altri!
oh, un esempio pratico.. un mio amico (sì, il classico PDino! ahahah) invocava tagli alla spesa pubblica e ironia della sorte dopo alcune settimane si è lamentato perché vorrebbero tagliare i contributi all'ente per cui lavora.
Oooohhhh! Piddino caro, e così hai dovuto ammettere nel doloroso circolo della tua stolida appercezione questa triste realtà: non è sempre possibile essere finocchi con le terga altrui. Questa volta tocca a te. No es que me alegre, pero siento un fresco. A te non lo traduco, perché sono misericordioso, e agli altri non lo traduco perché hanno capito.
giovedì 14 giugno 2012
Non è stata la Bce!
Mi dispiace per i complottisti! Il motivo per il quale non si vedevano i grafici nei post precedenti era questo:
"vi comunico che nella mattinata di oggi, GIOVEDI 14 GIUGNO dalle ore 10:15 circa, si è verificato un incidente su una apparecchiatura di rete GARR che ha portato all’isolamento di CINECA (e in parte anche di alcuni Atenei) e alla conseguente impossibilità ad utilizzare tutti gli applicativi gestiti in hosting CINECA; ESSE3 ma anche U-GOV, CIA, CSA, portali, etc…"
Il problema è rientrato. Buona visione (dei grafici) a tutti.
"vi comunico che nella mattinata di oggi, GIOVEDI 14 GIUGNO dalle ore 10:15 circa, si è verificato un incidente su una apparecchiatura di rete GARR che ha portato all’isolamento di CINECA (e in parte anche di alcuni Atenei) e alla conseguente impossibilità ad utilizzare tutti gli applicativi gestiti in hosting CINECA; ESSE3 ma anche U-GOV, CIA, CSA, portali, etc…"
Il problema è rientrato. Buona visione (dei grafici) a tutti.
Istruzioni per l'uso
(aggiornato il 14 ottobre 2012)
La famiglia e i contatti crescono esponenzialmente, e ho pensato allora di fare cosa utile, anche a seguito di molte vostre richieste, fornendo alcune rapide informazioni sul significato di questo blog e stabilendo alcuni semplici principi.
Questo blog nasce con intento divulgativo e sta seguendo dall'inizio un percorso didattico che ha raggiunto diverse tappe, punteggiate, purtroppo da una serie di "Quod erat demonstrandum": molti eventi che avevamo previsto come ovvia conseguenza della logica degli eventi si sono poi verificati.
Ritengo che possa essere utile (diciamo pure necessario) per chi si accosta al blog leggere (o rileggere) alcuni post:
Se invece di leggere preferite ascoltare, vi suggerisco:
che vi permettono di avere un quadro complessivo, rispetto al quale potrete approfondire le vostre curiosità.
La famiglia e i contatti crescono esponenzialmente, e ho pensato allora di fare cosa utile, anche a seguito di molte vostre richieste, fornendo alcune rapide informazioni sul significato di questo blog e stabilendo alcuni semplici principi.
Questo blog nasce con intento divulgativo e sta seguendo dall'inizio un percorso didattico che ha raggiunto diverse tappe, punteggiate, purtroppo da una serie di "Quod erat demonstrandum": molti eventi che avevamo previsto come ovvia conseguenza della logica degli eventi si sono poi verificati.
Netiquette
Un principio fondamentale di netiquette (in effetti, la regola numero uno) suggerisce, quando ci si accosta a una comunità informatica, di "leggere i messaggi che vi circolano per almeno due settimane prima di inviare propri messaggi: in questo modo ci si rende conto dell'argomento e del metodo con il quale quest'ultimo viene trattato in tale comunità." Da che mondo è mondo chi non ha fatto così si è preso una bella pernacchia (ahimè) e se si è offeso è stato bandito dalla comunità. Succede. Io però desidero che la comunità cresca, e per facilitare l'integrazione dei nuovi arrivati segnalo loro una serie di post che ritengo debbano leggere perché esprimono snodi essenziali del mio ragionamento. Non sono necessariamente i più letti (quelli che trovate elencati in fondo alla pagina): la gente ha il diritto di trovare più interessanti cose che per me lo sono di meno, e poi quella lista risente del fatto che il traffico è andato crescendo nel tempo, per cui gli ultimi post, anche quelli meno importanti, hanno avuto ovviamente più lettori. D'altra parte, anch'io ho diritto di dirvi cosa secondo me riflette meglio il mio pensiero.I fondamentali (per capire la crisi)
Ritengo che possa essere utile (diciamo pure necessario) per chi si accosta al blog leggere (o rileggere) alcuni post:
- L'uscita dall'euro (il testo del mio articolo sul Manifesto, pone il problema politico)
- Le aporie del più Europa (sintetizza il meccanismo della crisi e chiarisce che un altro euro non è possibile)
- Crisi finanziaria e governo dell'economia (il mio articolo su Costituzionalismo.it, fornisce un quadro più ampio e completo, spiega chi sono gli ortodossi e chi sono gli omodossi)
Per chi ama la sintesi (armi leggere)
Il mio blog sul Fatto Quotidiano è più sintetico ed è impostato sul principio di confutare in ogni intervento un luogo comune pro euro. Utile per difendersi nella vita di tutti i giorni dalla marmaglia luogocomunista.Materiale essenziale per capire in pratica le proposte di uscita dall'euro (e altro)
Questo materiale è per lo più in lingua, il grosso dei contenuti sarà nel mio libro in italiano ma chi sa inglese o francese potrà giovarsene da subito: prima lo leggete e meglio è! Capirete così che chi vi dice che "non è possibile" e "sarebbe una catastrofe" vi sta semplicemente prendendo in giro (o è un imbecille):- La proposta per l'uscita dall'euro di Roger Bootle (vincitore del Wolfson Economic Prize 2012): Leaving the euro: a practical guide
- La proposta di Johnatan Tepper (una miniera di informazioni storiche sulle uscite da unioni valutarie): A primer on the Euro breakup
- Lo studio di Woo e Vamvakidis sui vantaggi dell'uscita per l'Italia: Game theory and Euro breakup risk premium
- La proposta per l'uscita dall'euro di Jacques Sapir (tarata sul caso francese, ma utile per chi sa il francese e non l'inglese, e sostanzialmente concorde con le precedenti sugli snodi fondamentali): S'il faut vraiment sortir de l'euro
Per chi preferisce ascoltare
Possono tornare utili alcuni video:- Ce lo chiede l'Europa (lunga intervista a byoblu, un quadro generale sulla crisi)
- Il ciclo di Frenkel (breve intervento ricapitolativo sulle cause della crisi)
- Le prime due puntate sono nel post su Cesena.
- Qui c'è la terza puntata, che ritorna sul tema del ciclo di Frenkel
- Quarta puntata: corruzione e ciclo di Frenkel
- Quinta puntata: luogocomunismo e costi della politica.
- Sesta puntata: i veri costi della politica
- Settima puntata: beato te che nun capisci un cazzo (il titolo è un po' forte, ma si rivolgeva a me)
Post sempre attuali
- Euro: una catastrofe annunciata (l'elenco di quelli che ce lo avevano detto)
- I salvataggi che non ci salveranno (il primo post, che prefigurava quello che poi è successo, cioè il fatto che Monti non avrebbe fatto scendere lo spread)
- La crisi, la svendita e mi' cuggino (che evidenzia le motivazioni sottostanti alle politiche di austerità suicida imposte ai governi periferici)
- Premiata armeria Hellas I (per le relazioni fra risparmio nazionale e indebitamento estero)
- Premiata armeria Hellas II (per le relazioni fra indebitamento privato, pubblico e estero)
- Come uscire dall'euro (un esempio di ipotesi di uscita concordata)
- L'Europa senza l'euro (che descrive assetti istituzionali alternativi per l'Unione Europea)
- Eurodelitto ed eurocastigo (che invita i politici a non mentire)
- Ortotteri e anatroccoli (che invita i politici a non mentire)
- Ortotteri e suini (che invita i politici a non mentire)
- La locomotiva d'Europa e le locomotive della Germania (che smaschera una serie di luoghi comuni sul ruolo "trainante" dell'economia tedesca in Europa)
- Svalutazione e salari (che smaschera alcuni luoghi comuni sulle "catastrofiche" conseguenze del ripristino della flessibilità del cambio)
- Ma in Germania i prezzi sono più alti (la solita obiezione di chi non sa nulla di economia)
- Cosa sapete della produttività (che smaschera alcuni luoghi comuni sulla "pigrizia" dei lavoratori italiani favorita dalle svalutazioni)
- Più Europa e meno Spagna (che riflette su alcune proposte ritenute attualmente salvifiche - "Stati Uniti d'Europa" - e sui loro rapporti con la democrazia in Europa).
che vi permettono di avere un quadro complessivo, rispetto al quale potrete approfondire le vostre curiosità.
Consigli di lettura
Anche se l'intento è divulgativo, qui abbiamo sviluppato un discorso che non possiamo ogni volta riprendere ab ovo. Non c'è nessuna volontà di esclusione in questo, solo volontà di approfondimento con chi segue dall'inizio. Per i tanti che giustamente chiedono da dove iniziare per acquisire un minimo di basi di ragionamento ho scritto questi Consigli di lettura. Se ci sono difficoltà, parliamone. Sto progettando di integrare questo blog nella mia attività didattica, linkando videolezioni, studi di casi, ecc. ecc. Ma io sono uno e voi siete molti. Eventuali richieste di chiarimenti discutiamole sotto il post "Consigli di lettura".Commenti
Parto da un principio basilare: un blog non è un forum. Nel blog un autore esprime il suo pensiero. Se lo ritiene, raccoglie e discute i commenti che gli sembrano interessanti per chiarirlo. In un forum utenti registrati intervengono in modo paritetico (ma coordinati e se del caso disciplinati da super-utenti). La ricchezza di questo blog è stata fin dall'inizio la qualità e l'interesse dei commenti dei lettori, che vi invito a leggere con attenzione. Ho cercato di dar loro il massimo spazio possibile, ma questo rimane un blog, non un forum, e valgono quindi alcune elementari regole:- Decido io quello che mi interessa. Chi parla di "censura" in un blog semplicemente non sa cos'è un blog. Qui arrivano centinaia di messaggi al giorno, molti ripetitivi, molti fuori argomento, molti che finiscono da soli nello spam. Non vi aspettate di avere necessariamente una risposta né di essere necessariamente pubblicati all'istante: non è tecnicamente possibile. I piagnoni o i calunniatori verrano banditi senza pietà.
- Commenti a puntate verranno cestinati senza pietà: se avete molte cose da dire, aprite il vostro blog: è gratis. Di logorroico qui basto e avanzo io.
- Commenti fuori tema verranno altresì cestinati. Uno dei punti focali della mia analisi (che rispecchia quella dei principali economisti internazionali viventi) è che la crisi dell'Eurozona non dipende dal debito pubblico ma da quello privato. Quindi, ad esempio, chi vuole ragliare acriticamente contro la spesa pubblica può comodamente farlo nei tanti blog di sconfitti dalla Storia che trova comodamente su Internet (non faccio nomi per Karità di patria).
mercoledì 13 giugno 2012
Napoli
Eccoci. Qui trovate il resoconto dell'incontro di Napoli: il link alla pagina allestita da Ecodellarete, e poi, se preferite, in ordine, i link ai vari interventi:
Credo che questo documento faccia capire quanto difficile è il nostro lavoro, e sia molto utile anche per noi per capire come farlo meglio. Perché noi vogliamo migliorare il mondo cominciando dal compito più difficile: quello di migliorare noi stessi. Una strada, nel mio caso, evidentemente in salita. Ma sono molto competitivo.
Mi piacerebbe trarre qui alcune conclusioni in un modo più organico. Non c'è tempo, devo organizzare il convegno di Pescara. Alcune brevi provocazioni però me le permetto.
Questo errore un economista critico non se lo può permettere, perché l'idea che ci sia stato un "dividendo" dell'euro che noi pigri porci del Sud abbiamo sprecato è il cavallo di battaglia del pensiero omodosso. Ma è un'idea falsa, come cerco di dimostrare nel mio ultimo lavoro del quale presto vi parlerò.
Bisogna insistere su questo, perché l'idea fascista del "cosa fatta capo ha", per cui fatta la moneta unica si sarebbero create le condizioni per la sua sostenibilità, tramite la convergenza nominale, è tragicamente errata non solo a posteriori (facile ora!), ma lo sarebbe stata anche a priori: decine di esempi dimostravano che sarebbe successo il contrario... Non rendiamoci complici dei colleghi che, pagati molto meglio di noi, hanno avallato questo assurdo falso storico e logico. Loro almeno sapevano perché lo facevano (vedi alla voce: "pagati molto meglio di noi").
Abituiamoci allora a parlare semplicemente di flessibilità del cambio, che è opera del naturale funzionamento della legge della domanda e dell'offerta. Quando il 7 aprile 1986 il marco e il fiorino si sono riallineati al rialzo del 3%, non credo che l'Italia stesse praticando una svalutazione competitiva. Semplicemente, un sistema meno delirante dell'attuale stava permettendo ai prezzi di beni molto domandati (quelli tedeschi e olandesi, valute incluse) di crescere.
Se ci abitueremo a parlare in questo modo, avremo il vantaggio di lasciare agli omodossi il compito di spiegarci perché in un mondo nel quale il sistema dei prezzi è così crucialmente importante e così diabolicamente efficiente (come pensano i famosi Austriaci con i quali cominciate a scassarmi, ragion per cui dovrò occuparmene... una specie di MMT del segmento colto...), dicevo: come mai se il prezzo regna, dobbiamo proprio impedirgli di funzionare nel mercato cruciale di una moderna economia finanziaria, quello dei cambi! Lasciamocelo spiegare, sarà divertente. Ma perché questo accada, dobbiamo parlare di flessibilità. Se parliamo di svalutazione, usiamo una parola che contiene un implicito e inappropriato giudizio di valore negativo, e allora facciamo come certi economisti da quattro soldi quando si chiedono se non sia necessario tagliare la "spesapubblicaimproduttiva" (anche qui, come "svalutazionecompetitiva", tutta una parola).
Credo di ricordare dalla fisica che per spezzare certi legami ci vuole energia. Applichiamo le nostre energie intellettuali al cracking dei luoghi comuni. Ne abbiamo a sufficienza, e poi staremo meglio.
Faccio un esempio per velisti: uno inchioda il timone, strozza le scotte, e poi se quando la raffica arriva scuffia dà la colpa al vento! Certo: noi siamo andati a gambe per aria perché è arrivata la recessione dagli Stati Uniti. Ma su quello potevamo far poco: è una conseguenza dell'asimmetria del sistema monetario internazionale, come spiego in "Crisi finanziaria" e come gli MMTers non vorranno capire mai. Ma proprio perché noi siamo su un gradino evoluzionisticamente superiore, dovremmo (noi) capire che o facciamo una nuova Bretton Woods, andando a convincere gli americani con le nostre spade di legno e i nostri caschi di latta, oppure dobbiamo mantenere il nostro sistema (quello europeo, intendo) il più flessibile possibile, perché shock di questo tipo si ripeteranno sempre (e qui, mi dispiace, ma ha ragione ragionissima Gennaro, mentre non sposo la visione marZianamente millenarista di Riccardo).
Noi invece abbiamo ingessato il sistema, lo abbiamo reso rigido. E tutti sanno fra un bicchiere di vetro e una palla di gomma quale oggetto si romperà se subisce uno "shock esogeno".
E di cose da dire ce ne sarebbero molte ma molte altre, entrando nel dettaglio (basta con questa storia che la crisi greca è una crisi di "debitosovrano": i dati non dicono questo! Basta con questa storia che l'uscita dallo Sme ha fatto sprofondare le condizioni dei lavoratori italiani: era già successo, e lo si vede bene nei dati! Basta con questa storia che la Germania si è trovata in difficoltà perché la Cina con la crisi è andata giù: la crescita reale media della Cina durante la recessione è stata del 9.6%, poco più di un punto in meno che nel decennio precedente alla crisi: volete dirmi che è questo che ha mandato giù di quattro punti la crescita dei paesi avanzati? Avete presenti le proporzioni?... E via così).
Ma soprattutto basta col più Europa, e col sindacato del lucano, del borgognone e del gallese che bussano insieme alla porta del capitale. Ne ho parlato: quod dixi dixi, e al resto ci pensa la pattumiera della Storia. (Non) siamo ancora in tempo!
Chiedo venia per eventuali errori di battitura. Mi sto abituando alla tastiera del Pc di scorta, che "er Palla" ha impreziosito di residui alimentari di vario tipo. Quando torna mi sente. E forse anche voi, nel raggio di qualche decina di chilometri...
- la presentazione di Roberta Russo (che con l'occasione ringrazio);
- l'intervento di Gennaro Zezza;
- quello di Ugo Marani;
- quello di Goofy (versione Cristo fra i ladroni: Heute wirdst Du mit mir in Paradies sein... il paradiso della nuova lira svalutata!)
- quello di Riccardo Bellofiore;
- e naturalmente il dibattito, che ha già provocato tante reazioni.
Credo che questo documento faccia capire quanto difficile è il nostro lavoro, e sia molto utile anche per noi per capire come farlo meglio. Perché noi vogliamo migliorare il mondo cominciando dal compito più difficile: quello di migliorare noi stessi. Una strada, nel mio caso, evidentemente in salita. Ma sono molto competitivo.
Mi piacerebbe trarre qui alcune conclusioni in un modo più organico. Non c'è tempo, devo organizzare il convegno di Pescara. Alcune brevi provocazioni però me le permetto.
Euroillusioni ottiche
A me (e alla Bce) non risulta che l'euro abbia portato "convergenza nominale ma divergenza reale". L'idea che ci sia stato un benefit dell'euro dovuto alla convergenza nominale è estremamente omodossa. Quello che la teoria ortodossa ci dice, e che secondo me i dati confermano, è che gli agganci valutari provocano divergenza nominale e quindi divergenza reale (la distinzione fra ortodosso e omodosso è centrale ed è qui). Il meccanismo è spiegato molto bene da Frenkel e Rapetti (Simone: questo è il lavoro che ti devi leggere). Banalmente, se ci fosse stata piena convergenza dei tassi di interesse e dei tassi di inflazione né i capitali né le merci avrebbero avuto convenienza ad andarsene in giro. Invece se ne sono andati in giro perché questa convenienza c'è stata (quindi c'è stata divergenza nominale). Le due convergenze dei tassi di interesse e di inflazione sono due euroillusioni ottiche che derivano dal fatto che normalmente si guarda alle variabili sbagliate nel modo sbagliato.Questo errore un economista critico non se lo può permettere, perché l'idea che ci sia stato un "dividendo" dell'euro che noi pigri porci del Sud abbiamo sprecato è il cavallo di battaglia del pensiero omodosso. Ma è un'idea falsa, come cerco di dimostrare nel mio ultimo lavoro del quale presto vi parlerò.
Bisogna insistere su questo, perché l'idea fascista del "cosa fatta capo ha", per cui fatta la moneta unica si sarebbero create le condizioni per la sua sostenibilità, tramite la convergenza nominale, è tragicamente errata non solo a posteriori (facile ora!), ma lo sarebbe stata anche a priori: decine di esempi dimostravano che sarebbe successo il contrario... Non rendiamoci complici dei colleghi che, pagati molto meglio di noi, hanno avallato questo assurdo falso storico e logico. Loro almeno sapevano perché lo facevano (vedi alla voce: "pagati molto meglio di noi").
Comunisti, benicomunisti e luogocomunisti
Gli aggettivi "competitiva" e "strutturale" devono scomparire dal vocabolario di un economista serio. Cosa li lega? Semplice: la storiella scema che "noi non abbiamo fatto le riforme strutturali perché facevamo le svalutazioni competitive". In uno dei tre libri che dovevo commentare purtroppo "svalutazionecompetitiva" compare, e mi dispiace perché dei tre è il libro che preferirei avere scritto, non perché lo ritenga necessariamente più "profondo" (lo è), ma perché è certamente più utile, cioè utile a un pubblico più vasto: mi riferisco al libro di Giacchè. La storiella di cui sopra non solo è un po' grulla, ma, se ci pensate, anche molto offensiva per quei tanti italiani che hanno avuto l'impressione, negli anni '80 e '90, di farsi un mazzo tanto. Impressione che in molti casi credo fosse giustificata. Lasciamo che sia la Merkel a chiamarli "pigri". Non chiamiamoceli noi (magari per poi dirgli che l'euro li ha salvati dalla loro pigrizia, o salverà la vedova, l'orfano e il proletario da odiose perdite di potere d'acquisto, e via luogocomunando). Questo Vladimiro non lo fa (per fortuna), la sua analisi è seria e attenta, ma la china sulla quale fatalmente si pone con quell'aggettivo è questa.Abituiamoci allora a parlare semplicemente di flessibilità del cambio, che è opera del naturale funzionamento della legge della domanda e dell'offerta. Quando il 7 aprile 1986 il marco e il fiorino si sono riallineati al rialzo del 3%, non credo che l'Italia stesse praticando una svalutazione competitiva. Semplicemente, un sistema meno delirante dell'attuale stava permettendo ai prezzi di beni molto domandati (quelli tedeschi e olandesi, valute incluse) di crescere.
Se ci abitueremo a parlare in questo modo, avremo il vantaggio di lasciare agli omodossi il compito di spiegarci perché in un mondo nel quale il sistema dei prezzi è così crucialmente importante e così diabolicamente efficiente (come pensano i famosi Austriaci con i quali cominciate a scassarmi, ragion per cui dovrò occuparmene... una specie di MMT del segmento colto...), dicevo: come mai se il prezzo regna, dobbiamo proprio impedirgli di funzionare nel mercato cruciale di una moderna economia finanziaria, quello dei cambi! Lasciamocelo spiegare, sarà divertente. Ma perché questo accada, dobbiamo parlare di flessibilità. Se parliamo di svalutazione, usiamo una parola che contiene un implicito e inappropriato giudizio di valore negativo, e allora facciamo come certi economisti da quattro soldi quando si chiedono se non sia necessario tagliare la "spesapubblicaimproduttiva" (anche qui, come "svalutazionecompetitiva", tutta una parola).
Credo di ricordare dalla fisica che per spezzare certi legami ci vuole energia. Applichiamo le nostre energie intellettuali al cracking dei luoghi comuni. Ne abbiamo a sufficienza, e poi staremo meglio.
Non sequitur
Opponiamo un cortese ma fermo "so what?" a frasi del tipo "la crisi non è arrivata per le contraddizioni dell'euro ma è venuta dagli Stati Uniti" (detta più o meno cosi da Riccardo con due "c", che di questi tempi è sempre meglio che non averli: leggo dai miei appunti, non ho tempo di riascoltare, ma il senso era questo). In che rapporto stanno la crisi Usa e quella europea più o meno lo ho spiegato in Crisi finanziaria e governo dell'economia, anche se il fulcro del lavoro non era questo tipo di analisi.Faccio un esempio per velisti: uno inchioda il timone, strozza le scotte, e poi se quando la raffica arriva scuffia dà la colpa al vento! Certo: noi siamo andati a gambe per aria perché è arrivata la recessione dagli Stati Uniti. Ma su quello potevamo far poco: è una conseguenza dell'asimmetria del sistema monetario internazionale, come spiego in "Crisi finanziaria" e come gli MMTers non vorranno capire mai. Ma proprio perché noi siamo su un gradino evoluzionisticamente superiore, dovremmo (noi) capire che o facciamo una nuova Bretton Woods, andando a convincere gli americani con le nostre spade di legno e i nostri caschi di latta, oppure dobbiamo mantenere il nostro sistema (quello europeo, intendo) il più flessibile possibile, perché shock di questo tipo si ripeteranno sempre (e qui, mi dispiace, ma ha ragione ragionissima Gennaro, mentre non sposo la visione marZianamente millenarista di Riccardo).
Noi invece abbiamo ingessato il sistema, lo abbiamo reso rigido. E tutti sanno fra un bicchiere di vetro e una palla di gomma quale oggetto si romperà se subisce uno "shock esogeno".
Facciamo pace coi dati
Che in Germania i salari reali siano caduti, che questa politica abbia avuto il significato di svalutazione competitiva e sia responsabile degli squilibri esterni dell'eurozona, e che essa abbia posto sull'orlo del collasso l'economia europea, ce lo dicono l'International Labour Organisation (box 4) e l'International Monetary Fund. Anche se queste organizzazioni non sono la Quinta (o Sesta? Ho perso il conto...) Internazionale, fidiamoci, e lasciamo ai più scemi fra i troll liberisti l'impossibile compito di dimostrare il contrario.E di cose da dire ce ne sarebbero molte ma molte altre, entrando nel dettaglio (basta con questa storia che la crisi greca è una crisi di "debitosovrano": i dati non dicono questo! Basta con questa storia che l'uscita dallo Sme ha fatto sprofondare le condizioni dei lavoratori italiani: era già successo, e lo si vede bene nei dati! Basta con questa storia che la Germania si è trovata in difficoltà perché la Cina con la crisi è andata giù: la crescita reale media della Cina durante la recessione è stata del 9.6%, poco più di un punto in meno che nel decennio precedente alla crisi: volete dirmi che è questo che ha mandato giù di quattro punti la crescita dei paesi avanzati? Avete presenti le proporzioni?... E via così).
Ma soprattutto basta col più Europa, e col sindacato del lucano, del borgognone e del gallese che bussano insieme alla porta del capitale. Ne ho parlato: quod dixi dixi, e al resto ci pensa la pattumiera della Storia. (Non) siamo ancora in tempo!
Chiedo venia per eventuali errori di battitura. Mi sto abituando alla tastiera del Pc di scorta, che "er Palla" ha impreziosito di residui alimentari di vario tipo. Quando torna mi sente. E forse anche voi, nel raggio di qualche decina di chilometri...
martedì 12 giugno 2012
Eccone un'altro (sic)...
Ricorda Flaiano nel suo Diario Notturno che secondo Maometto: "la varietà delle opinioni è segno di benevolenza divina".
claudiokasal in MMT: no grazie (per ora)!
bagnai un 'altro spocchioso frustrato dalla sua stessa capacita di poter comprendere come fare i soldi ma impossibilitato dal suo misero stipendio e dalla sua pseudo morale di averne di piu.in questi casi sputare un po di bile salva dall'avvelenamento
Roberto L.B. alla mia email privata
Caro prof. Bagnai,
claudiokasal in MMT: no grazie (per ora)!
bagnai un 'altro spocchioso frustrato dalla sua stessa capacita di poter comprendere come fare i soldi ma impossibilitato dal suo misero stipendio e dalla sua pseudo morale di averne di piu.in questi casi sputare un po di bile salva dall'avvelenamento
Roberto L.B. alla mia email privata
Caro prof. Bagnai,
Forse la stupirà sapere che non sono uno studente e nemmeno un operatore del ramo economico, ma un artigiano del settore impianti elettrici, quindi privo della competenza del settore dell'economia, salvo le poche cose lette su carta e altre "raccattate" in giro per il web, utili (spero) per formare le mie già scarse idee al riguardo (l'economia tocca tutti, me compreso).
Immagino subito la sua perplessità: "O cosa vorrà mai questo signore?"
Niente in particolare.
Solo esprimere apprezzamento per il suo blog che, a mio parere, è tra i migliori per competenza della materia trattata e pure con una (per me) piacevole dose di ironia e sarcasmo.
Un anonimo apprezzamento non aggiungerà nulla alla sua competenza, ma sono certo che le farà piacere.
Sentivo di doverlo esprimere e l'ho fatto.
In bocca al lupo per tutto
Secondo Bagnai anche la varietà delle ortografie.
lunedì 11 giugno 2012
Uga
Io (in corridoio, a rockapasso): "Non ce la faccio più a sentir dire: più Europa!"
Uga (da camera sua): "Perché, babbo?"
Io: "Te lo spiego quando sarai grande."
Uga: "Oooh! Va bene, babbo."
Spero di non doverglielo mai spiegare.
Sentfrommaiaifon, da cui la lapidarietà (e forse l'ortografia incerta - Skhneider?). Domani vi racconto e grazie a Ecodellarete e Solipsismo.
Comunicazione di servizio - Pescara: gli articoli
Sul sito del workshop The euro: manage it or leave it! (sarebbe il convegno di Pescara) trovate ora tutti gli articoli (otto su dodici) che i rispettivi autori hanno deciso di rendere pubblici. Buona lettura.
Sto riflettendo su come organizzare una traduzione simultanea per la tavola rotonda del sabato, in modo da renderla accessibile ai più. Qualche idea? (visto che di studiare l'inglese non se ne parla...)
Mi dispiace non potervi offrire qualcosa di mio, ma certo la rottura del netbook non aiuta. Pensavo di lavorare in treno, anche se va troppo veloce... Vediamo il lato positivo: ricorrendo ai soliti luoghi comuni triti e ritriti, penso che così almeno oggi il netbook non me lo scipperanno. E l'articolo sul "più Europa" per l'ebook lo scriverò con carta e penna. Che cosa incredibilmente snob: vi immaginate un Frecciarossa irto di netbook e tablet vari, e in un canto un accademico di provincia col suo taccuino... o era un taqquino? Schneider?
Sto riflettendo su come organizzare una traduzione simultanea per la tavola rotonda del sabato, in modo da renderla accessibile ai più. Qualche idea? (visto che di studiare l'inglese non se ne parla...)
Mi dispiace non potervi offrire qualcosa di mio, ma certo la rottura del netbook non aiuta. Pensavo di lavorare in treno, anche se va troppo veloce... Vediamo il lato positivo: ricorrendo ai soliti luoghi comuni triti e ritriti, penso che così almeno oggi il netbook non me lo scipperanno. E l'articolo sul "più Europa" per l'ebook lo scriverò con carta e penna. Che cosa incredibilmente snob: vi immaginate un Frecciarossa irto di netbook e tablet vari, e in un canto un accademico di provincia col suo taccuino... o era un taqquino? Schneider?
domenica 10 giugno 2012
Comunicazione di servizio - Napoli o morte!
Dunque. Io speriamo che me la cavo. Il complotto dei poteri forti è arrivato fino a impedirmi di fare il biglietto del treno... ma ci ha pensato san Gennaro (quello con la Z di Zorro, naturalmente).
Quindi, affidandomi al mio patrono di categoria (S. Alberto Magno), se tutto va bene domani dovrei partecipare all'incontro per la presentazione dei libri di Riccardo Bellofiore (due!) e Vladimiro Giacchè (uno!), incontro che si svolgerà alle ore 16 nell'aula 3.1 di Palazzo Giusso, a Largo San Giovanni Maggiore 30 (Napoli), sede della facoltà di Scienze Politiche dell'Istituto Universitario Orientale (così almeno capisco dalla locandina).
Vladimiro, che è un marxista eclettico, ci ha detto che ultimamente secondo lui la legge di Murphy prevale sulla caduta tendenziale del saggio del profitto. Un modo elegante per dirci: occhio alla sòla. Ma siamo pronti a processarlo in contumacia!
Speriamo di poter contare sulla presenza di Ecodellarete per condividere con voi questa bella chiacchierata. Certo che se poi qualcuno fa lo sforzo di venirci a sentire, la cosa ci farà molto piacere. Va anche detto che di lettori eroici come pippo74 evidentemente ce ne sono pochi!
Incidentalmente, ai lettori di area padana segnalo che domani alle 8:40, dopo aver avviato sulla pista di ghiaccio "mi fija", risponderò a Radio Popolare ad alcune domande sull'articolo di Roubini uscito sul Corriere della Sera (quello degli anni '30, la Germania, la CI, eccetera), sì, proprio quell'articolo che Robert ha diplomaticamente definito un "pastone mediocre e tradotto male". Caro Robert, ora che me lo sono letto approvo e sottoscrivo. La prossima volta gli passo il tuo numero di telefono!
Quindi, affidandomi al mio patrono di categoria (S. Alberto Magno), se tutto va bene domani dovrei partecipare all'incontro per la presentazione dei libri di Riccardo Bellofiore (due!) e Vladimiro Giacchè (uno!), incontro che si svolgerà alle ore 16 nell'aula 3.1 di Palazzo Giusso, a Largo San Giovanni Maggiore 30 (Napoli), sede della facoltà di Scienze Politiche dell'Istituto Universitario Orientale (così almeno capisco dalla locandina).
Vladimiro, che è un marxista eclettico, ci ha detto che ultimamente secondo lui la legge di Murphy prevale sulla caduta tendenziale del saggio del profitto. Un modo elegante per dirci: occhio alla sòla. Ma siamo pronti a processarlo in contumacia!
Speriamo di poter contare sulla presenza di Ecodellarete per condividere con voi questa bella chiacchierata. Certo che se poi qualcuno fa lo sforzo di venirci a sentire, la cosa ci farà molto piacere. Va anche detto che di lettori eroici come pippo74 evidentemente ce ne sono pochi!
Incidentalmente, ai lettori di area padana segnalo che domani alle 8:40, dopo aver avviato sulla pista di ghiaccio "mi fija", risponderò a Radio Popolare ad alcune domande sull'articolo di Roubini uscito sul Corriere della Sera (quello degli anni '30, la Germania, la CI, eccetera), sì, proprio quell'articolo che Robert ha diplomaticamente definito un "pastone mediocre e tradotto male". Caro Robert, ora che me lo sono letto approvo e sottoscrivo. La prossima volta gli passo il tuo numero di telefono!
sabato 9 giugno 2012
Google mi ha lievemente infastidito
Per costringermi a installare Chrome, Google mi ha mandato in merda l'interfaccia del blog. E ha fatto male, perché oggi vado di corsa. Quindi, appena non andrò di corsa, capirò come gestire 'sta roba su un'altra piattaforma e blogspot lo lasciamo a chi se lo vuole tenere. Uno che s'era messo contro l'euro alcuni anni fa, pensate che si faccia spaventare da Gooooooooogle? Io Chrome lo installo se mi va, caro amiKo ameriKano, e non se mi mobbizzi, perché quando la maggior parte delle persone che lavorano per te ancora non erano nate io già programmavo in Fortran, onde per cui se mi decido a mettermi in proprio è un attimo.
Prova ne sia che, come vedi, sono riuscito lo stesso a pubblicare questo post. E vaffanculo (a Goooooooogle).
Tanto ormai l'euro cade da solo, posso tornare a dedicarmi ai miei hobby...
Che anno difficile!
Prova ne sia che, come vedi, sono riuscito lo stesso a pubblicare questo post. E vaffanculo (a Goooooooogle).
Tanto ormai l'euro cade da solo, posso tornare a dedicarmi ai miei hobby...
Che anno difficile!
Vasto
Grazie a Ecodellarete (santo subito dopo, quindi il più tardi possibile) posso rendervi disponibili i video dell'incontro di Vasto. Non vi aspettate di trovarci nulla di particolarmente nuovo, a parte forse qualche puntualizzazione sul problema della visione politica e dei suoi rapporti con l'economia. Io non ho una grande stima dell'economia, ma i tentativi di banalizzarla mi fanno girare subito le virgolette, perché, come dire, non credo nella visione dell'ingegnere che ignora le leggi della fisica. E di quello che credo io ce ne potremmo anche allegramente andare fottendo, io per primo: ma i fatti dimostrano che sono i mercati a non crederci, nel primato fasullo della "visione" sul pragmatismo, e colpevolizzare i mercati è inutile: ognuno fa il suo lavoro, e il lavoro dei politici dovrebbe essere quello di esplorare la sfera del possibile.
Mi dispiace per pippo74, credo che la risposta alle sue domande non sia stata ripresa: avevo parlato troppo prima.
Non mi trattate male Alessando perché mi incazzo (detto dal cavaliere Nero).
E adesso aspetto fiducioso le lezioncine di: italiano, francese, tedesco, aritmetica, storia, geografia, contabilità nazionale, economia monetaria... e chi meno ne ha, più ne metta!
Mi dispiace per pippo74, credo che la risposta alle sue domande non sia stata ripresa: avevo parlato troppo prima.
Non mi trattate male Alessando perché mi incazzo (detto dal cavaliere Nero).
E adesso aspetto fiducioso le lezioncine di: italiano, francese, tedesco, aritmetica, storia, geografia, contabilità nazionale, economia monetaria... e chi meno ne ha, più ne metta!
venerdì 8 giugno 2012
Mi è morto il notebook
Meglio così, almeno mi riposo. Domani è un altro giorno. Certo, se non riparte è un bel casino: tutto il lavoro per il convegno sta lì... Ma quando c'è la salute...
Bagnai fa rima con Rai
Me ne stavo al campo di rugby per recuperare la mia creaturina, e mi squilla il telefono. "Sconosciuto". Ma...
Penso: "Forse è finita la crisi, magari è quell'amico di Genova che mi deve ancora dare cinque piotte".
No: era la Rai.
Dice: "Ci servirebbe qualcuno che parli dell'euro".
Dico: "Be', con me cadete proprio male".
Fa:"Perché?"
Confesso: "Perché il mio scetticismo ormai mi precede".
Conclude: "Be', ma noi vogliamo sentire tanti pareri diversi".
Morte dell'omodossia!?
Dal che ho capito subito tre cose: il ramo scricchiola, le cinque piotte non le vedrò mai più, e se le vedessi dovrei comprarci dei bei dollaroni australiani!
Sia come sia, chi fosse interessato potrà vedermi all'Inchiesta di Maurizio Torrealta su RaiNews24, domani (sabato 9) alle 22, dopodomani (domenica 10) alle 11:30.
Una fatica bestiale! Sono tornato ieri da Vasto alle due, mi sono svegliato alle 7, sono andato a correre, e poi a via Teulada. Erano otto domande fatte a quattro economisti (due a testa). In ordine alfabetico: Amoroso, Bagella, Bagnai, Fantacci. Due o tre minuti a testa. Di solito cerco di stare nei tempi, così non si pone il problema di tagliare. Le domande che mi sono toccate mi hanno permesso di ribadire due cose che voi sapete già:
(1) l'origine del problema è nel debito privato (debito di famiglie e imprese con creditori non residenti), quello pubblico è sorto per salvare le banche, e quindi le strategie di uscita devono rivedere l'architettura di un sistema che spinge il settore privato dei paesi periferici nella morsa dell'indebitamento;
(2) fantasiose alchimie istituzionali ("più Europa") non colgono il punto che se ci fosse volontà di cooperare il problema si potrebbe risolvere anche nell'attuale contesto normativo, e anzi, non si sarebbe proprio posto. Gli squilibri esistono perché fanno comodo a qualcuno. Fino a tre giorni fa non si poteva dire a chi. Ma da ieri improvvisamente si è potuta dire la verità, anche sulla voce del padrone. E allora forse quello che sfugge è che sarebbe un po' ingenuo chiedere alla Germania, dopo che ha privatizzato i profitti dell'euro, e ha messo in ginocchio anche politicamente i paesi della periferia, di socializzare le perdite in qualsivoglia maniera.
Superior stabat lupus.
Ho spiegato che di solito il laniger va e chiede la moneta comune, ma il lupo impone la sua: lo ha fatto la Gran Bretagna con la Francia prima di Sédan, lo hanno fatto gli Stati Uniti con la Gran Bretagna a Bretton Woods, lo ha fatto e continuerà a farlo la Germania con l'Eurozona.
Tutti i generosi e costruttivi tentativi di salvataggio proposti (in ordine alfabetico: Amoroso proponeva due euro, Bagella gli eurobond, Fantacci la moneta comune) urtavano, secondo me, contro questo semplice limite. Ed è vero, sì, che razionalmente, come notava Bagella, la Germania ha molto più da perdere da un'uscita disordinata dall'euro che da un compronesso. Certo. Razionalmente. Ma il gioco politico interno alla Germania è ormai in preda a una irrazionalità leghista dalla quale non sono immuni i socialdemocratici, tutt'altro! Ce lo ricordava Quarantotto, ironizzando sul "fogno meravigliofo di pace" di una certa finiftra. Ce lo ricorda Cesaratto nel paper che presenterà a Pescara (guardate la nota 15). Ed è anche vero che la moneta comune per esempio in America Latina funziona: ma il sucre è un accordo fra "agnelli": non l'hanno mica fatto in comune col "lupo" americano! Quindi forse la proposta più sensata era quella di Amoroso, a non tener però conto del fatto che se dividessimo l'area euro in due, noi diventeremmo la Germania del Sud, e parassiteremmo la Grecia (con tempi più lunghi, ma con la stessa dinamica), come lo ha fatto quella del Nord.
Quindi forse due euro più moneta comune al Sud con eurobond a doppio turno alla tedesca e sbarramento del tasso al 2%?...
Suvvia, siamo seri: Occam, signori, Occam. Ci sono i cambi flessibili? Usiamoli. Punto. Quante macerie vogliamo consegnare alla pattumiera della Storia?
Questo è quanto. Ora sono macero io, di stanchezza, e devo ancora scrivere la parte più complicata del lavoro che devo mandar via domenica. Poi mi direte se sono stato convincente. Aspetto le solite lezioncine di portamento... ma questa volta il cerone me l'hanno messo! Unico rimpianto: lo studio era verde, e se mi fossi messo una cravatta veramente verde sarei stato "bucato" come l'immortale Felice Caccamo, cosa che non sarebbe piaciuta al sobrio e corretto Torrealta, ma che mi avrebbe riempito di un'immensa soddisfazione...
E... attenzione: the best is yet to come...
Aggiornamento: ecco l'intervista su Youtube!
Penso: "Forse è finita la crisi, magari è quell'amico di Genova che mi deve ancora dare cinque piotte".
No: era la Rai.
Dice: "Ci servirebbe qualcuno che parli dell'euro".
Dico: "Be', con me cadete proprio male".
Fa:"Perché?"
Confesso: "Perché il mio scetticismo ormai mi precede".
Conclude: "Be', ma noi vogliamo sentire tanti pareri diversi".
Morte dell'omodossia!?
Dal che ho capito subito tre cose: il ramo scricchiola, le cinque piotte non le vedrò mai più, e se le vedessi dovrei comprarci dei bei dollaroni australiani!
Sia come sia, chi fosse interessato potrà vedermi all'Inchiesta di Maurizio Torrealta su RaiNews24, domani (sabato 9) alle 22, dopodomani (domenica 10) alle 11:30.
Una fatica bestiale! Sono tornato ieri da Vasto alle due, mi sono svegliato alle 7, sono andato a correre, e poi a via Teulada. Erano otto domande fatte a quattro economisti (due a testa). In ordine alfabetico: Amoroso, Bagella, Bagnai, Fantacci. Due o tre minuti a testa. Di solito cerco di stare nei tempi, così non si pone il problema di tagliare. Le domande che mi sono toccate mi hanno permesso di ribadire due cose che voi sapete già:
(1) l'origine del problema è nel debito privato (debito di famiglie e imprese con creditori non residenti), quello pubblico è sorto per salvare le banche, e quindi le strategie di uscita devono rivedere l'architettura di un sistema che spinge il settore privato dei paesi periferici nella morsa dell'indebitamento;
(2) fantasiose alchimie istituzionali ("più Europa") non colgono il punto che se ci fosse volontà di cooperare il problema si potrebbe risolvere anche nell'attuale contesto normativo, e anzi, non si sarebbe proprio posto. Gli squilibri esistono perché fanno comodo a qualcuno. Fino a tre giorni fa non si poteva dire a chi. Ma da ieri improvvisamente si è potuta dire la verità, anche sulla voce del padrone. E allora forse quello che sfugge è che sarebbe un po' ingenuo chiedere alla Germania, dopo che ha privatizzato i profitti dell'euro, e ha messo in ginocchio anche politicamente i paesi della periferia, di socializzare le perdite in qualsivoglia maniera.
Superior stabat lupus.
Ho spiegato che di solito il laniger va e chiede la moneta comune, ma il lupo impone la sua: lo ha fatto la Gran Bretagna con la Francia prima di Sédan, lo hanno fatto gli Stati Uniti con la Gran Bretagna a Bretton Woods, lo ha fatto e continuerà a farlo la Germania con l'Eurozona.
Tutti i generosi e costruttivi tentativi di salvataggio proposti (in ordine alfabetico: Amoroso proponeva due euro, Bagella gli eurobond, Fantacci la moneta comune) urtavano, secondo me, contro questo semplice limite. Ed è vero, sì, che razionalmente, come notava Bagella, la Germania ha molto più da perdere da un'uscita disordinata dall'euro che da un compronesso. Certo. Razionalmente. Ma il gioco politico interno alla Germania è ormai in preda a una irrazionalità leghista dalla quale non sono immuni i socialdemocratici, tutt'altro! Ce lo ricordava Quarantotto, ironizzando sul "fogno meravigliofo di pace" di una certa finiftra. Ce lo ricorda Cesaratto nel paper che presenterà a Pescara (guardate la nota 15). Ed è anche vero che la moneta comune per esempio in America Latina funziona: ma il sucre è un accordo fra "agnelli": non l'hanno mica fatto in comune col "lupo" americano! Quindi forse la proposta più sensata era quella di Amoroso, a non tener però conto del fatto che se dividessimo l'area euro in due, noi diventeremmo la Germania del Sud, e parassiteremmo la Grecia (con tempi più lunghi, ma con la stessa dinamica), come lo ha fatto quella del Nord.
Quindi forse due euro più moneta comune al Sud con eurobond a doppio turno alla tedesca e sbarramento del tasso al 2%?...
Suvvia, siamo seri: Occam, signori, Occam. Ci sono i cambi flessibili? Usiamoli. Punto. Quante macerie vogliamo consegnare alla pattumiera della Storia?
Questo è quanto. Ora sono macero io, di stanchezza, e devo ancora scrivere la parte più complicata del lavoro che devo mandar via domenica. Poi mi direte se sono stato convincente. Aspetto le solite lezioncine di portamento... ma questa volta il cerone me l'hanno messo! Unico rimpianto: lo studio era verde, e se mi fossi messo una cravatta veramente verde sarei stato "bucato" come l'immortale Felice Caccamo, cosa che non sarebbe piaciuta al sobrio e corretto Torrealta, ma che mi avrebbe riempito di un'immensa soddisfazione...
E... attenzione: the best is yet to come...
Aggiornamento: ecco l'intervista su Youtube!
mercoledì 6 giugno 2012
Il mattino ha l'oro in bocca
Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca.
Avrete pensato: lo avevo capito che era un po' strano. Ma una spiegazione c'è. Rockapasso interviene a cena: "ho visto che hai postato, non hai saputo resistere!". E "er palla" (qui ritratto di spalle) si intromette: "ah sì? E che hai scritto di interessante? Il mattino ha l'oro in bocca?"
Come dire... Se uno ha una moneta che non si merita (l'euro), poi però almeno ha un figlio che si merita (er palla, detto anche Bart, perché naturalmente io sono Homer).
Ho 44 commenti uno meglio dell'altro in coda. Perdonatemi: non li pubblico subito perché seguo un mio metodo. Ogni commento ha uno spunto, un riferimento, un video, qualcosa da non perdere, e se non lo "lavoro" subito, classificandolo mentre lo pubblico, poi rischio di dimenticarmene. Ora, dopo una giornata in versione "babbo chioccia", mi aspetta una mattinata in versione "inquisitore castigliano", un pomeriggio in versione "amabile conferenziere", e una serata in versione "commesso viaggiatore". Rimpiango il mio bunker in Normandia. Vorrei tanto passare un po' più di tempo con voi. Certo, siete delle persone veramente strane! Vi interessa tanto questa cosa che a me interessa così poco (l'economia, questo lo dico per Correttore di Bozzi)! Però siete simpatici, in fondo siete delle brave persone, anche se un po' venali...
Lo so, l'uscita dall'euro sarà comunque dolorosa. Ma consolatevi. Avreste sempre potuto essere miei studenti. Nel qual caso mi avreste scritto ieri per chiedermi cosa c'è in programma per l'esame di domani, trovando assolutamente normale una simile domanda. Vogliamo parlare di capitale umano?
Wendy!!!! Wendyyyy!!!!!!
Avrete pensato: lo avevo capito che era un po' strano. Ma una spiegazione c'è. Rockapasso interviene a cena: "ho visto che hai postato, non hai saputo resistere!". E "er palla" (qui ritratto di spalle) si intromette: "ah sì? E che hai scritto di interessante? Il mattino ha l'oro in bocca?"
Come dire... Se uno ha una moneta che non si merita (l'euro), poi però almeno ha un figlio che si merita (er palla, detto anche Bart, perché naturalmente io sono Homer).
Ho 44 commenti uno meglio dell'altro in coda. Perdonatemi: non li pubblico subito perché seguo un mio metodo. Ogni commento ha uno spunto, un riferimento, un video, qualcosa da non perdere, e se non lo "lavoro" subito, classificandolo mentre lo pubblico, poi rischio di dimenticarmene. Ora, dopo una giornata in versione "babbo chioccia", mi aspetta una mattinata in versione "inquisitore castigliano", un pomeriggio in versione "amabile conferenziere", e una serata in versione "commesso viaggiatore". Rimpiango il mio bunker in Normandia. Vorrei tanto passare un po' più di tempo con voi. Certo, siete delle persone veramente strane! Vi interessa tanto questa cosa che a me interessa così poco (l'economia, questo lo dico per Correttore di Bozzi)! Però siete simpatici, in fondo siete delle brave persone, anche se un po' venali...
Lo so, l'uscita dall'euro sarà comunque dolorosa. Ma consolatevi. Avreste sempre potuto essere miei studenti. Nel qual caso mi avreste scritto ieri per chiedermi cosa c'è in programma per l'esame di domani, trovando assolutamente normale una simile domanda. Vogliamo parlare di capitale umano?
Wendy!!!! Wendyyyy!!!!!!
Quod erat demonstrandum (11): il ramo scricchiola
Brian? Brianuccio? Dove sei?
Com'era il discorso? La mia chiusa sulla produzione industriale tedesca non ci stava nei dati? Forse non ci stava ancora. Adesso c'è.
Sei un ragazzo un po' impertinente (lo dico affettuosamente), ma una dote ce l'hai: la prudenza! E infatti, come vedi, hai fatto molto bene a non accettare la scommessa da 100 euro sul fatto che la Germania perderà la tripla A entro dicembre. Mannaggia, mi toccherà lavorare...
Ma scusa!? Io vedo che la Germania vive sulle esportazioni nette verso la periferia dell'Eurozona (tu lo sai che la domanda estera che conta è quella netta, no?). Poi vedo che la Germania sta distruggendo con la sua politica assurda la periferia dell'Eurozona. Ma perché mai, di grazia, due più due dovrebbe fare cinque? Eventualmente farà -2.2 (come appunto è successo)!
La Germania sta segando il ramo sul quale è seduta. Per questo dobbiamo sganciarci dalla sua leadership. Perché è una leadership assolutamente miope e incapace di visione strategica.
Due dimostrazioni non sono bastate? (mi riferisco al secolo scorso, quello nel quale sei nato ma del quale ti sei perso la parte migliore - si fa per dire...) Volete proprio la terza?
Com'era il discorso? La mia chiusa sulla produzione industriale tedesca non ci stava nei dati? Forse non ci stava ancora. Adesso c'è.
Sei un ragazzo un po' impertinente (lo dico affettuosamente), ma una dote ce l'hai: la prudenza! E infatti, come vedi, hai fatto molto bene a non accettare la scommessa da 100 euro sul fatto che la Germania perderà la tripla A entro dicembre. Mannaggia, mi toccherà lavorare...
Ma scusa!? Io vedo che la Germania vive sulle esportazioni nette verso la periferia dell'Eurozona (tu lo sai che la domanda estera che conta è quella netta, no?). Poi vedo che la Germania sta distruggendo con la sua politica assurda la periferia dell'Eurozona. Ma perché mai, di grazia, due più due dovrebbe fare cinque? Eventualmente farà -2.2 (come appunto è successo)!
La Germania sta segando il ramo sul quale è seduta. Per questo dobbiamo sganciarci dalla sua leadership. Perché è una leadership assolutamente miope e incapace di visione strategica.
Due dimostrazioni non sono bastate? (mi riferisco al secolo scorso, quello nel quale sei nato ma del quale ti sei perso la parte migliore - si fa per dire...) Volete proprio la terza?
martedì 5 giugno 2012
I debiti delle banche?
Basta. È tutto il giorno che mi spacco gli occhi sui dati del Fondo Monetario Internazionale. Ora ci riposiamo.
La televisione non la guardo, ma la radio la ascolto. Ieri, andando in palestra, ascoltavo il GR3 delle 8:45. Intervista al prof. Vaciago:
"lo spread... è una pagella sul debito a breve di governi e/o banche, e lo vediamo anche in Spagna" (al minuto 2:05).
Pochi mesi fa ero in Portogallo per un piccolo workshop, e chiacchieravo a cena con un funzionario della Bundesbank. Figuratevi: lui era l'unico alamanno in mezzo a due portoghesi, un greco e tre spagnoli! Io che son per mia natura cavalleresco lo difendevo. Ci siamo poi salutati, e nel congedarci l'amico dell'euro ha fatto questa intelligente osservazione: "Si può dire qualsiasi cosa di questo periodo, ma non che non sia interessante!". Io ho pensato:"Per me sì, ma vallo a dire ad Atene!"... Ma poi ho detto parole di circostanza.
Però il periodo interessante lo è, in effetti, sì, ma anche molto triste.
Perché, vedete, anche per uno che tra l'altro ha sempre avuto verso l'economia un atteggiamento piuttosto distaccato, c'è una cosa di questo periodo che resta difficile da digerire, e comunque amara da masticare: il constatare che le persone che ti hanno insegnato la materia e la professione, delle cui opere ti sei nutrito (e fra queste c'è anche il prof. Monti), delle quali hai apprezzato la statura accademica e intellettuale, e che magari, se tu mai avessi potuto considerare l'economia una scienza, avrebbero anche potuto essere un tuo punto di riferimento, bene, queste persone, improvvisamente, per non si sa bene quale motivo, cominciano a insegnare e a propalare un'economia che non è più quella che insegnavano a te e che scrivevano nei loro libri, no, è un'economia altra, ad uso delle circostanze.
E questa cosa mi amareggia veramente tanto.
Attenzione: non mi riferisco ai tanti marZiani o keynesiani convertiti a quello che Bellofiore icasticamente chiama il "social-liberismo". Lì almeno il problema, lo si capisce, è ideologico. Diciamo che attiene più alla sfera dei sentimenti che della razionalità. E poi, c'è un equilibrio nell'individuo come forse c'è nel cosmo (se si chiama così un motivo ci sarà): se da giovane sei stato incendiario, da vecchio diventi pompiere. E viceversa. Quindi passons. Certo, magari uno se ne discosta, come ho dolorosamente fatto io. Ma può capire.
Ma...
Che addirittura la contabilità venga sovvertita!
Ecco, questo mi sembra un po' meno comprensibile. In fondo, la contabilità quella è: i sentimenti non c'entrano. O forse sì. Vediamo un po'.
So che voi siete onesti. Se qualcuno mi dice di aver ravvisato una lieve imprecisione nella frase sopra citata, io gli crederò. Ma a molti non sarà sembrato. Eppure, riflettiamoci insieme...
Cosa significa essere in debito? Significa dover restituire qualcosa a qualcuno. Aspettate, prendo il dizionario (non sia mai mi sbagli): "Obbligo del debitore di adempiere una determinata prestazione a vantaggio del creditore". Ecco: sì: ma la prestazione, normalmente, è la restituzione di una somma di denaro. Ci siamo?
Bene.
Ora pensateci... ma prima liberate la vostra mente dall'economia ornitologica, quella dei Donald e dei Gallino, quella nella quale la moneta si "crea con un clic del mouse" (come vorrei piantare un paletto di agrifoglio nello sterno di chi usa questa espressione; ma purtroppo la legge lo vieta, e finché lo vieterà sarà difficile parlare seriamente di economia in questo paese: ecco le riforme delle quali abbiamo veramente bisogno)... Torniamo ai bei vecchi tempi, che sono poi quelli nei quali è nata la contabilità e dai quali, come vedrete sempre meglio in seguito, non è che sia poi cambiato molto.
Se vi siete dedonaldizzati a sufficienza, domanda a bruciapelo: con chi sono in debito le banche? Ho fatto questa domanda al compagno Basilisco, ma lui, si sa, è un nostalgico del piano quinquennale, e così ci ha messo un po' a trovare la strada.
Be', vediamo... Le banche, come chiunque, sono in debito con quelli ai quali devono restituire dei soldi, giusto? Bene. E normalmente una banca a chi deve restituire i soldi? Be', dunque... Diciamo che se uno i soldi non te li dà, tu non devi restituirglieli, giusto? Eh già... Quindi... Quindi... Le banche devono restituire i soldi a chi glieli ha dati! Bravo! Risposta esatta... E chi dà i soldi alle banche?
Rullo di tamburi...
I depositanti!
Risposta esatta!
In uno schema semplificato (ma non troppo), il principale debito delle banche è costituito dai depositi dei clienti. Il cliente ti dà il soldino, e tu banca lo tieni, o lo presti, o insomma ci fai quello che ti pare, ma quando il cliente te lo richiede, tu glielo devi ridare. Il deposito del tuo cliente, cara banca, è un tuo debito. A scanso di equivoci, potete utilmente consultare questo documento della Vigilanza di Bankitalia. Nel capitolo 2 ("Il bilancio"), paragrafo 2 ("Lo stato patrimoniale"), sottoparagrafo 2 ("Il passivo"), punto 20 ("Debiti verso clientela"):
"Nella presente voce figurano i debiti verso clientela, qualunque sia la loro forma tecnica (depositi, conti correnti...)"
Verbum domini.
E se vi guardate un qualsiasi bilancio bancario (il primo che mi è venuto in mente), potete utilmente vedere (a pag. 28, nello schema riclassificato) che anche in un mondo più complesso, nel quale esiste il mercato interbancario, il collocamento di titoli, ecc., i debiti verso la clientela (cioè i depositi) sono la voce più importante del passivo (in inglese, liabilities).
Ma allora cosa significa "una pagella sui debiti delle banche"? Ahimè, non significa proprio un bel niente. Perché il problema delle banche, oggi, di quelle spagnole come di quelle italiane come di quelle belghe come di quelle tedesche come... il problema è un altro: non i debiti, ma i crediti. Non i soldi che devono restituire, quindi, ma quelli che devono farsi restituire. Cioè il loro attivo (in inglese, claims). La "pagella", quindi, eventualmente, è sulla qualità dei crediti delle banche.
Intendiamoci. I debiti delle banche, cioè i loro depositi, possono diventare un problema. Quando? Semplice: quando c'è un bank run, cioè una corsa agli sportelli, magari perché si scatena un'ondata di panico: oggi potrebbe succedere nell'ipotesi di un'uscita disordinata dall'euro, e appena ieri è successo quando è saltata per aria la bufala dei subprime (guardatevi la foto). A quel punto, ma solo a quel punto, il debito diventa un problema perché la banca si trova nell'impossibilità di adempiere le proprie obbligazioni rispetto a tutti i depositanti contemporaneamente.
Ma ora non sta succedendo questo, non sta ancora succedendo questo.
Quello che sta succedendo adesso è una cosa molto diversa, e sappiamo tutti qual è: sta succedendo che le famiglie e le imprese che hanno preso soldi in prestito, colte di sopresa dalla crisi e stritolate dalle politiche di austerità, si ritrovano in difficoltà a restituire i soldi alle banche. E quindi le banche hanno un problema non con i depositi accettati (debiti, passività, liabilities), ma con i prestiti erogati (crediti, attività, claims):
"Crediti verso clientela
Nella presente voce figurano le attività finanziarie non quotate su un mercato attivo verso clientela (mutui, operazioni di locazione finanziaria...)"
(sempre dal Verbum Domini).
Ecco.
Ripeto (du musst es dreimal sagen): oggi le banche hanno un problema con i crediti, cioè con i prestiti, i mutui, che non riescono a farsi restituire, non con i depositi, che nessuno per ora gli sta richiedendo indietro (anche se sono un po' in flessione: e ti credo! Nessuno ha più un euro da depositare!). Il problema oggi sono le cosiddette sofferenze: e non è mica una novità: ci abbiamo fatto il primo Quod erat demonstrandum.
Ma perché il prof. Vaciago confonde i debiti con i crediti?
Ho incontrato il prof. Vaciago due sole volte: una volta di persona, e una volta su Radio Popolare (eravamo co-intervistati a distanza). Tralascio il secondo episodio (c'erano alcune lievi imprecisioni, ma passons). Il primo me lo ricordo meglio. Era la prima volta che presentavo un lavoro scientifico a un convegno, il 4 aprile 1991, nella sede dell'ABI a Palazzo Altieri. E, as it happens, che avrei dovuto presentarlo io, il lavoro, lo avevo saputo solo il giorno prima. Il mio maestro nonché coautore del lavoro (con altri due amici persi poi di vista), Carlucci, per qualche motivo non precisato, mi aveva detto il giorno prima che sarei stato io a presentare. Ora, non è che io il lavoro non lo conoscessi, ma capite, proiettato così, precario universitario nemmeno trentenne, di fronte a un'eletta platea di economisti senza virgolette, certo, un po' di ansia mi saliva. Ma sia come sia, presi coraggio e andai. La sessione era presieduta, appunto, da Vaciago. Feci il mio discorsetto, ascoltai quelli degli altri, poi alla fine dei lavori, essendo stato relatore, mi parve buona creanza salutare il chairman. Scoprii così di essere trasparente. Il che, intendiamoci, può anche essere un vantaggio se di lavoro fai il borseggiatore. Ma se invece vuoi semplicemente, per mera cortesia, salutare qualcuno, diventa uno svantaggio. Come si dice patronising in italiano?
Del resto, eravamo nel palazzo di un'antica famiglia di papi e cardinali. Dopo aver inutilmente cercato di baciare l'anello pastorale, me ne andai lieto incontro al mio destino. Anche perché io non sapevo dove sarebbe andato il cardinale uscendo da palazzo Altieri, ma sapevo benissimo dove sarei andato io: dietro l'angolo. E questa prospettiva mi riempiva di giubilo per motivi che il tacere è bello, e che attengono ai vantaggi dell'essere un precario men che trentenne.
Ubi incommoda ibi et commoda.
Quindi...
Non avete capito?
Ve lo spiego io, perché il professore confonde i debiti con i crediti. Perché i crediti delle banche, quelli che ora sono in sofferenza, sono i debiti dei privati: famiglie e imprese. E debito privato non si può dire. Anzi, come sapete, in italiano non esiste più la parola debito: esiste solo la parola "debitosovrano". Capite bene che "debitosovrano privato" suona male: quindi non si può dire: basta il sostantivo: "debitosovrano".
Si può però dire "debito delle banche", anche se è una lieve imprecisione. E perché? Ma è semplice. Perché dal punto di vista ideologico dire "debito delle banche" rinvia alla favoletta dalle fosche tinte, ma intrinsecamente consolatoria (come tutte le favolette), secondo la quale la finanza cattiva avrebbe fatto dei non meglio precisati debiti... Un quadro meno comprensibile ai più, e quindi molto più rassicurante, di quello che consiste nel dire la verità: "guarda che le banche hanno prestato troppo (in Spagna il loro attivo è aumentato di una novantina di punti di Pil dal 1999 al 2007), quindi hanno necessariamente prestato male (perché gli impieghi produttivi sono limitati ed esistono i rendimenti decrescenti), quindi ora sono fragili e rischiano il fallimento. Le banche falliscono perché è esploso il debito privato, il quale è esploso perché loro hanno deciso di finanziarlo. Chiaro? I 90 punti di Pil in più di "crediti ai settori residenti" in Spagna sono 90 punti di Pil in più di debito privato. Il debito privato (cioè i crediti delle banche, la componente principale del loro attivo) in Spagna nel 2007 era il 197% del Pil. Il debito pubblico era il 36%. Sì, hai capito bene benissimo. Proprio così."
A questo serve "scambiare" i debiti con i crediti. A nascondere questa semplice, tremenda verità: che i mercati sono allarmati dallo spropositato debito privato dei paesi dell'europeriferia.
Non so se è chiaro: PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO.
(ho fatto una slide così anche per i miei studenti).
Il settore privato spagnolo ha debiti per il doppio del reddito del paese. Altro che parametri di Maastricht! E cosa succede quando il settore privato ha troppi debiti (cioè ha preso troppi soldi in prestito, cioè le banche hanno troppi crediti), cosa succede insomma quando c'è too much finance ce lo spiega Ugo Panizza (relatore invitato al workshop di Pescara): quando il debito privato supera il 110% del Pil iniziano gli effetti depressivi sull'economia.
Del resto, in Spagna la crescita media dal 1980 al 2002 è stata del 2.9%. Nel 2003 il debito privato (non quello delle banche, che per i privati è un credito: quello dei privati, che per le banche è un credito) supera il 110% del Pil, e la crescita media dal 2003 al 2011 è stata dell'1.69%. Direte: be', ma c'è stata la crisi.
E io vi chiedo: e la crisi perché c'è stata? Perché in un altro paese i debiti privati avevano superato (e da un po') il 110% del Pil... Indovinate un po' dove?
Quanto è facile prendervi in giro! Quasi modo geniti infantes... Ma io l'ho detto a Frosinone e lo ripeto. Se qualcuno mi paga, vi convinco che l'euro è una gran cosa. Ma devono veramente pagarmi molto, perché... che gusto c'è a prendere in giro delle persone che si lasciano dire qualsiasi cosa! I debiti delle banche! I debiti delle banche!? I debiti delle bancheeee!!???
La televisione non la guardo, ma la radio la ascolto. Ieri, andando in palestra, ascoltavo il GR3 delle 8:45. Intervista al prof. Vaciago:
"lo spread... è una pagella sul debito a breve di governi e/o banche, e lo vediamo anche in Spagna" (al minuto 2:05).
Pochi mesi fa ero in Portogallo per un piccolo workshop, e chiacchieravo a cena con un funzionario della Bundesbank. Figuratevi: lui era l'unico alamanno in mezzo a due portoghesi, un greco e tre spagnoli! Io che son per mia natura cavalleresco lo difendevo. Ci siamo poi salutati, e nel congedarci l'amico dell'euro ha fatto questa intelligente osservazione: "Si può dire qualsiasi cosa di questo periodo, ma non che non sia interessante!". Io ho pensato:"Per me sì, ma vallo a dire ad Atene!"... Ma poi ho detto parole di circostanza.
Però il periodo interessante lo è, in effetti, sì, ma anche molto triste.
Perché, vedete, anche per uno che tra l'altro ha sempre avuto verso l'economia un atteggiamento piuttosto distaccato, c'è una cosa di questo periodo che resta difficile da digerire, e comunque amara da masticare: il constatare che le persone che ti hanno insegnato la materia e la professione, delle cui opere ti sei nutrito (e fra queste c'è anche il prof. Monti), delle quali hai apprezzato la statura accademica e intellettuale, e che magari, se tu mai avessi potuto considerare l'economia una scienza, avrebbero anche potuto essere un tuo punto di riferimento, bene, queste persone, improvvisamente, per non si sa bene quale motivo, cominciano a insegnare e a propalare un'economia che non è più quella che insegnavano a te e che scrivevano nei loro libri, no, è un'economia altra, ad uso delle circostanze.
E questa cosa mi amareggia veramente tanto.
Attenzione: non mi riferisco ai tanti marZiani o keynesiani convertiti a quello che Bellofiore icasticamente chiama il "social-liberismo". Lì almeno il problema, lo si capisce, è ideologico. Diciamo che attiene più alla sfera dei sentimenti che della razionalità. E poi, c'è un equilibrio nell'individuo come forse c'è nel cosmo (se si chiama così un motivo ci sarà): se da giovane sei stato incendiario, da vecchio diventi pompiere. E viceversa. Quindi passons. Certo, magari uno se ne discosta, come ho dolorosamente fatto io. Ma può capire.
Ma...
Che addirittura la contabilità venga sovvertita!
Ecco, questo mi sembra un po' meno comprensibile. In fondo, la contabilità quella è: i sentimenti non c'entrano. O forse sì. Vediamo un po'.
So che voi siete onesti. Se qualcuno mi dice di aver ravvisato una lieve imprecisione nella frase sopra citata, io gli crederò. Ma a molti non sarà sembrato. Eppure, riflettiamoci insieme...
Cosa significa essere in debito? Significa dover restituire qualcosa a qualcuno. Aspettate, prendo il dizionario (non sia mai mi sbagli): "Obbligo del debitore di adempiere una determinata prestazione a vantaggio del creditore". Ecco: sì: ma la prestazione, normalmente, è la restituzione di una somma di denaro. Ci siamo?
Bene.
Ora pensateci... ma prima liberate la vostra mente dall'economia ornitologica, quella dei Donald e dei Gallino, quella nella quale la moneta si "crea con un clic del mouse" (come vorrei piantare un paletto di agrifoglio nello sterno di chi usa questa espressione; ma purtroppo la legge lo vieta, e finché lo vieterà sarà difficile parlare seriamente di economia in questo paese: ecco le riforme delle quali abbiamo veramente bisogno)... Torniamo ai bei vecchi tempi, che sono poi quelli nei quali è nata la contabilità e dai quali, come vedrete sempre meglio in seguito, non è che sia poi cambiato molto.
Se vi siete dedonaldizzati a sufficienza, domanda a bruciapelo: con chi sono in debito le banche? Ho fatto questa domanda al compagno Basilisco, ma lui, si sa, è un nostalgico del piano quinquennale, e così ci ha messo un po' a trovare la strada.
Be', vediamo... Le banche, come chiunque, sono in debito con quelli ai quali devono restituire dei soldi, giusto? Bene. E normalmente una banca a chi deve restituire i soldi? Be', dunque... Diciamo che se uno i soldi non te li dà, tu non devi restituirglieli, giusto? Eh già... Quindi... Quindi... Le banche devono restituire i soldi a chi glieli ha dati! Bravo! Risposta esatta... E chi dà i soldi alle banche?
Rullo di tamburi...
I depositanti!
Risposta esatta!
In uno schema semplificato (ma non troppo), il principale debito delle banche è costituito dai depositi dei clienti. Il cliente ti dà il soldino, e tu banca lo tieni, o lo presti, o insomma ci fai quello che ti pare, ma quando il cliente te lo richiede, tu glielo devi ridare. Il deposito del tuo cliente, cara banca, è un tuo debito. A scanso di equivoci, potete utilmente consultare questo documento della Vigilanza di Bankitalia. Nel capitolo 2 ("Il bilancio"), paragrafo 2 ("Lo stato patrimoniale"), sottoparagrafo 2 ("Il passivo"), punto 20 ("Debiti verso clientela"):
"Nella presente voce figurano i debiti verso clientela, qualunque sia la loro forma tecnica (depositi, conti correnti...)"
Verbum domini.
E se vi guardate un qualsiasi bilancio bancario (il primo che mi è venuto in mente), potete utilmente vedere (a pag. 28, nello schema riclassificato) che anche in un mondo più complesso, nel quale esiste il mercato interbancario, il collocamento di titoli, ecc., i debiti verso la clientela (cioè i depositi) sono la voce più importante del passivo (in inglese, liabilities).
Ma allora cosa significa "una pagella sui debiti delle banche"? Ahimè, non significa proprio un bel niente. Perché il problema delle banche, oggi, di quelle spagnole come di quelle italiane come di quelle belghe come di quelle tedesche come... il problema è un altro: non i debiti, ma i crediti. Non i soldi che devono restituire, quindi, ma quelli che devono farsi restituire. Cioè il loro attivo (in inglese, claims). La "pagella", quindi, eventualmente, è sulla qualità dei crediti delle banche.
Intendiamoci. I debiti delle banche, cioè i loro depositi, possono diventare un problema. Quando? Semplice: quando c'è un bank run, cioè una corsa agli sportelli, magari perché si scatena un'ondata di panico: oggi potrebbe succedere nell'ipotesi di un'uscita disordinata dall'euro, e appena ieri è successo quando è saltata per aria la bufala dei subprime (guardatevi la foto). A quel punto, ma solo a quel punto, il debito diventa un problema perché la banca si trova nell'impossibilità di adempiere le proprie obbligazioni rispetto a tutti i depositanti contemporaneamente.
Ma ora non sta succedendo questo, non sta ancora succedendo questo.
Quello che sta succedendo adesso è una cosa molto diversa, e sappiamo tutti qual è: sta succedendo che le famiglie e le imprese che hanno preso soldi in prestito, colte di sopresa dalla crisi e stritolate dalle politiche di austerità, si ritrovano in difficoltà a restituire i soldi alle banche. E quindi le banche hanno un problema non con i depositi accettati (debiti, passività, liabilities), ma con i prestiti erogati (crediti, attività, claims):
"Crediti verso clientela
Nella presente voce figurano le attività finanziarie non quotate su un mercato attivo verso clientela (mutui, operazioni di locazione finanziaria...)"
(sempre dal Verbum Domini).
Ecco.
Ripeto (du musst es dreimal sagen): oggi le banche hanno un problema con i crediti, cioè con i prestiti, i mutui, che non riescono a farsi restituire, non con i depositi, che nessuno per ora gli sta richiedendo indietro (anche se sono un po' in flessione: e ti credo! Nessuno ha più un euro da depositare!). Il problema oggi sono le cosiddette sofferenze: e non è mica una novità: ci abbiamo fatto il primo Quod erat demonstrandum.
Ma perché il prof. Vaciago confonde i debiti con i crediti?
Ho incontrato il prof. Vaciago due sole volte: una volta di persona, e una volta su Radio Popolare (eravamo co-intervistati a distanza). Tralascio il secondo episodio (c'erano alcune lievi imprecisioni, ma passons). Il primo me lo ricordo meglio. Era la prima volta che presentavo un lavoro scientifico a un convegno, il 4 aprile 1991, nella sede dell'ABI a Palazzo Altieri. E, as it happens, che avrei dovuto presentarlo io, il lavoro, lo avevo saputo solo il giorno prima. Il mio maestro nonché coautore del lavoro (con altri due amici persi poi di vista), Carlucci, per qualche motivo non precisato, mi aveva detto il giorno prima che sarei stato io a presentare. Ora, non è che io il lavoro non lo conoscessi, ma capite, proiettato così, precario universitario nemmeno trentenne, di fronte a un'eletta platea di economisti senza virgolette, certo, un po' di ansia mi saliva. Ma sia come sia, presi coraggio e andai. La sessione era presieduta, appunto, da Vaciago. Feci il mio discorsetto, ascoltai quelli degli altri, poi alla fine dei lavori, essendo stato relatore, mi parve buona creanza salutare il chairman. Scoprii così di essere trasparente. Il che, intendiamoci, può anche essere un vantaggio se di lavoro fai il borseggiatore. Ma se invece vuoi semplicemente, per mera cortesia, salutare qualcuno, diventa uno svantaggio. Come si dice patronising in italiano?
Del resto, eravamo nel palazzo di un'antica famiglia di papi e cardinali. Dopo aver inutilmente cercato di baciare l'anello pastorale, me ne andai lieto incontro al mio destino. Anche perché io non sapevo dove sarebbe andato il cardinale uscendo da palazzo Altieri, ma sapevo benissimo dove sarei andato io: dietro l'angolo. E questa prospettiva mi riempiva di giubilo per motivi che il tacere è bello, e che attengono ai vantaggi dell'essere un precario men che trentenne.
Ubi incommoda ibi et commoda.
Quindi...
Non avete capito?
Ve lo spiego io, perché il professore confonde i debiti con i crediti. Perché i crediti delle banche, quelli che ora sono in sofferenza, sono i debiti dei privati: famiglie e imprese. E debito privato non si può dire. Anzi, come sapete, in italiano non esiste più la parola debito: esiste solo la parola "debitosovrano". Capite bene che "debitosovrano privato" suona male: quindi non si può dire: basta il sostantivo: "debitosovrano".
Si può però dire "debito delle banche", anche se è una lieve imprecisione. E perché? Ma è semplice. Perché dal punto di vista ideologico dire "debito delle banche" rinvia alla favoletta dalle fosche tinte, ma intrinsecamente consolatoria (come tutte le favolette), secondo la quale la finanza cattiva avrebbe fatto dei non meglio precisati debiti... Un quadro meno comprensibile ai più, e quindi molto più rassicurante, di quello che consiste nel dire la verità: "guarda che le banche hanno prestato troppo (in Spagna il loro attivo è aumentato di una novantina di punti di Pil dal 1999 al 2007), quindi hanno necessariamente prestato male (perché gli impieghi produttivi sono limitati ed esistono i rendimenti decrescenti), quindi ora sono fragili e rischiano il fallimento. Le banche falliscono perché è esploso il debito privato, il quale è esploso perché loro hanno deciso di finanziarlo. Chiaro? I 90 punti di Pil in più di "crediti ai settori residenti" in Spagna sono 90 punti di Pil in più di debito privato. Il debito privato (cioè i crediti delle banche, la componente principale del loro attivo) in Spagna nel 2007 era il 197% del Pil. Il debito pubblico era il 36%. Sì, hai capito bene benissimo. Proprio così."
A questo serve "scambiare" i debiti con i crediti. A nascondere questa semplice, tremenda verità: che i mercati sono allarmati dallo spropositato debito privato dei paesi dell'europeriferia.
Non so se è chiaro: PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO, PRIVATO.
(ho fatto una slide così anche per i miei studenti).
Il settore privato spagnolo ha debiti per il doppio del reddito del paese. Altro che parametri di Maastricht! E cosa succede quando il settore privato ha troppi debiti (cioè ha preso troppi soldi in prestito, cioè le banche hanno troppi crediti), cosa succede insomma quando c'è too much finance ce lo spiega Ugo Panizza (relatore invitato al workshop di Pescara): quando il debito privato supera il 110% del Pil iniziano gli effetti depressivi sull'economia.
Del resto, in Spagna la crescita media dal 1980 al 2002 è stata del 2.9%. Nel 2003 il debito privato (non quello delle banche, che per i privati è un credito: quello dei privati, che per le banche è un credito) supera il 110% del Pil, e la crescita media dal 2003 al 2011 è stata dell'1.69%. Direte: be', ma c'è stata la crisi.
E io vi chiedo: e la crisi perché c'è stata? Perché in un altro paese i debiti privati avevano superato (e da un po') il 110% del Pil... Indovinate un po' dove?
Quanto è facile prendervi in giro! Quasi modo geniti infantes... Ma io l'ho detto a Frosinone e lo ripeto. Se qualcuno mi paga, vi convinco che l'euro è una gran cosa. Ma devono veramente pagarmi molto, perché... che gusto c'è a prendere in giro delle persone che si lasciano dire qualsiasi cosa! I debiti delle banche! I debiti delle banche!? I debiti delle bancheeee!!???
Comunicazione di servizio
Stanno arrivando tanti commenti interessanti, ma ho deciso di "staccare la spina" perché domenica devo consegnare un lavoro e nel frattempo ho riunioni varie, esami, la conferenza di Vasto (vedi sotto) ecc. ecc. Abbiate pazienza, siete tutti nel mio cuore, ma devo anche studiare, se voglio insegnare.
So del prof. Savona, so delle censure, so che per Riccardo Bellofiore la svalutazione offenderebbe la vedova e l'orfano (ma lo sapevo anche prima e ne parlerò con lui a Napoli, come vi ho detto: magari mi convince che il grafico del salario reale lo sto leggendo al contrario, come i bambini quando prendono il giornale del babbo e giocano a fare i grandi...), devo rispondere a Dimitri, a elio_c...
Una cosa però devo dirvela, al volo: non citate me (anche perché altrimenti vi bandiscono senza pietà): citate i dati che vi presento (ma prima studiateli bene). Come disse Gadda a una sua gentile intervistatrice: "per favore, mi lasci nell'ombra". Lasciate che sia la luce dei dati a scacciare le tenebre dell'ignoranza piddino-tafazzo-donaldo-mmt-grillo-liberista (ho dimenticato qualcuno?).
Così faticherete di meno... e pure io!
Prossimo incontro:
So del prof. Savona, so delle censure, so che per Riccardo Bellofiore la svalutazione offenderebbe la vedova e l'orfano (ma lo sapevo anche prima e ne parlerò con lui a Napoli, come vi ho detto: magari mi convince che il grafico del salario reale lo sto leggendo al contrario, come i bambini quando prendono il giornale del babbo e giocano a fare i grandi...), devo rispondere a Dimitri, a elio_c...
Una cosa però devo dirvela, al volo: non citate me (anche perché altrimenti vi bandiscono senza pietà): citate i dati che vi presento (ma prima studiateli bene). Come disse Gadda a una sua gentile intervistatrice: "per favore, mi lasci nell'ombra". Lasciate che sia la luce dei dati a scacciare le tenebre dell'ignoranza piddino-tafazzo-donaldo-mmt-grillo-liberista (ho dimenticato qualcuno?).
Così faticherete di meno... e pure io!
Prossimo incontro:
Ultim'ora! Riccardo mi dice che non è più tanto sicuro... Ma allora come facciamo a discutere? Che sleale, così mi spiazza...