Cammino per una Roma domenicale mattutina e deserta, anche per recuperare rispetto a una giornata relativamente sedentaria (cinque gazebo: Sulmona, Ortona, Francavilla, Pescara, Avezzano, fra i quali mi sono dovuto necessariamente muovere in macchina). Nel silenzio tombale mi disturba un grido sgraziato. Alzo gli occhi al cielo, sapendo già quello che vedrò: il volo maldestro di un parrocchetto, non so se monaco o dal collare, perché da lontano non riesco a vedergli il becco.
Una volta il risveglio a Roma era un’esperienza diversa.
Iniziava ante lucem il codirosso, si aggiungeva flautato il merlo, interveniva stridulo lo scricciolo, col rinforzo del pettirosso, e poi il fringuello. Subentrava in crescendo il rumore di fondo della città, il traffico della tangenziale, il clacson dei genitori imbottigliati di fronte all’ingresso della scuola, che impediva di apprezzare l’inesauribile capacità mimetica dello storno (genio incompreso e misconosciuto). Si chiama, anzi si chiamava, biodiversità, quella cosa che alla sinistra tanto piace quando riguarda gli animali, con particolare attenzione a quelli che rompono i coglioni (caso di specie: gli astuti cervi, uno dei quali non più tardi di un paio di settimane fa voleva sedersi in macchina al posto di Scarpetta di Venere, entrando però dal parabrezza, atteso che la sua natura di ungulato artiodattilo gli precludeva una efficiente gestione della maniglia della portiera: sarebbe un problema anche per il suo distante cugino delfino, che però, stranamente, non rompe i coglioni); sì, la stessa biodiversità che però la medesima sinistra schifa e ha contribuito a distruggere in infiniti altri campi, dalle banche, al commercio, alla cultura, insomma: all’umanità (la nostra).
Non è chiaro da dove siano arrivati questi illegal aliens, o meglio: non è chiaro come siano arrivati, perché da dove lo si sa, si sa dove sono specie autoctona, e un’unica certezza è possibile nutrire: che con le loro forze qui, da soli, non sarebbero mai riusciti ad arrivare, nonostante in astratto avessero buoni motivi per provarci, perché il fatto stesso che qui siano diventati specie egemone dimostra che qui, a differenza che a casa loro, non hanno antagonisti naturali, e anzi sfruttano le nicchie ecologiche dei nostri autoctoni (ad esempio, del picchio rosso). Insomma: anche i parrocchetti fuggono dalla guerra (coi serpenti arboricoli), poverini! Fuggono anche dalla dittatura, quella dell’essere umano, che, inspiegabilmente insofferente di veder distrutti i propri raccolti, in palese violazione della “Convenzione di Civitaluparella sui diritti degli uccelli che rompono i coglioni” (una fondamentale fonte del diritto sovranazionale, sottoscritta il settordici ottembre duemilacredici dagli alti rappresentanti degli Stati membri dell’Organizzazione non utile), quando può (cioè più o meno ovunque, dati gli standard di quelle regioni) gli spara addosso.
E quindi che fai, non li accogli, poverini!? Non gli lasci radere al suolo qualsiasi forma di vita NSGC (ma sì, dai: abbandoniamoci anche noi al delirio europeo degli acronimi), aka ΙΧΘΥΣ, per gli amici “er Pesce”, ci abbia donato per allietare le nostre giornate!? Distruggere le altre specie di uccelli è un loro diritto, in quanto specie di uccelli, no!? È diritto di Loretta la parrocchetta identificarsi in un falco pellegrino: è un suo diritto in quanto psittacide!
È la globalizzazione, bellezza! Carta vince, carta perde. Anzi, parrocchetto vince, merlo perde. Con quale guadagno per l’ambiente circostante lo saprà apprezzare chi è dotato di orecchie, esattamente come chi è dotato di narici può apprezzare quale sia stato il guadagno di sostituire la fragranza dei forni, delle pasticcerie e delle rosticcerie, del loro pane, dei loro dolci, dei loro spiedi, col tanfo internazionalmente omogeneo del simpatico kebab.
(…auguri, Matteo!…)
Articolo splendido e divertente. Vorrei ricordare che il primo ad avere passione per le sigle come efficace mezzo di obnubilamento del cervello è stato Goebbels, sì, proprio quello lì (il tutto è ben descritto da Gianluca Magi, Undici tattiche di manipolazione oscura). Il fatto che Bruxelles abbia gli stessi vezzi di Goebbels non significa che sia uguale a lui, nonononono, che diamine, rifuggiamo i complotti e affidiamoci sereni e lieti al supergoverno europeo, senza opporgli dubbi inutili e latamente putiniani
RispondiEliminaGrazie! Recupererò il riferimento perché mi interessa molto. L’editore, del resto, ha un nome promettente:
Eliminahttps://www.pianobedizioni.com/libri/goebbels-11-tattiche-di-manipolazione-oscura/
e l’autore forse potrebbe essere coinvolto da a/simmetrie.
Questa faccenda della passione di Goebbels per gli acronimi, che non conoscevo, getta una luce sinistra sull’opprimente coacervo di acronimi che infesta, tra gli altri, il mondo della Scuola.
EliminaSuppongo siano di derivazione leuropea, no? E comunque Goebbels amava anche i bambini, nel senso che era un padre esemplare e che, notoriamente, volle risparmiar loro un futuro di barbarie…
EliminaIn realtà no: di derivazione leuropea mi viene in mente solo l’ovvio PNRR ed Erasmus (che non è un acronimo, ma fa comunque danni, perché fa sparire parte degli studenti per settimane). Gli altri sono tutti acronimi nostrani. Alcuni esempi in ordine sparso che ricordo, senza alcuna pretesa di essere esaustivo:
EliminaDSA, BES, PON, PNSD, PCTO, DS, DSGA, ATA, CS, ITP, IRC, AD, PDM, PTOF, RAV, PAI, PDP, PEI, GLI, GLO, DAD, DDI, CLIL, FIS, CdC, CdD, LIM, UDA, SOFIA, INVALSI, RSU, RSPP,…
Qui le rispettive traduzioni:
Disturbi Specifici dell’Apprendimento, Bisogni Educativi Speciali, Programma Operativo Nazionale, Piano Nazionale Scuola Digitale, Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento, Dirigente Scolastico, Direttore dei Servizi Generali e Amministrativi, Amministrativo Tecnico e Ausiliario, Collaboratore Scolastico, Insegnante Tecnico Pratico, Insegnante di Religione Cattolica, Animatore Digitale (sic!), Piano Di Miglioramento, Piano Triennale dell’Offerta Formativa, Rapporto di Auto Valutazione, Piano Annuale per l’Inclusione, Piano Didattico Personalizzato, Piano Educativo Individualizzato, Gruppo di Lavoro per l’Inclusione, Gruppo di Lavoro Operativo, Didattica A Distanza, Didattica Digitale Integrata, Content and Language Integrated Learning, Fondo d’IStituto, Consiglio di Classe, Collegio dei Docenti, Lavagna Interattiva Multimediale, Unità Didattica di Apprendimento, Sistema Operativo per la Formazione e le Iniziative di Aggiornamento dei docenti, Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema educativo di Istruzione e di formazione, Rappresentanze Sindacali Unitarie, Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione,…
È molto tempo che sospetto che tutto ciò abbia lo specifico obiettivo di impedire ai docenti di leggere libri senza figure e di pensare, facendo loro perdere tempo in attività completamente inutili (ovviamente dietro molti acronimi ci sono riunioni e quintali di scartoffie). Non avevo mai pensato a Goebbels: ringrazio per lo spunto di riflessione.
Premessa: che secondo me il canto della capinera (Sylvia atricapilla) è dal punto di vista dell'improvvisazione imbattibile... https://www.canti-uccelli.it/capinera/
EliminaLa faccenda degli acronimi la evidenziai molto tempo fa, riflessione che emerse un giorno di passaggio agli scavi archeologici dell'antica città romana (già dauna) di Herdonia (FG), una media Pompei attraversata dalla via traiana, ancora tutta da dissotterrare (*).
Osservavo intorno a me molte lapidi e cippi miliari, dal significato oscuro poichè il testo era pieno di lettere ravvicinate e senza alcun immediato significato.
Senza l'amico archeologo non sarei riuscito rapidamente ad interpretare quello che per i romani colti dell'epoca era diventato un linguaggio abbreviato che di fatto restringeva enormemente la possibilità di comprensione per il cittadino comune. Ciò al netto delle capacità di lettura e comprensione del normale testo da parte della popolazione di quel tempo, che temo fossero migliori di quanto lo sono oggi.
--- E non penso che il debordare degli acronimi fosse dovuto solo alla necessità di risparmiare spazio sulle pietre.
Non si sta oggi ovviamente parlando di acronimi appartenenti a specifici ambiti o professioni (posso parlare di quelli in ambito Aviazione Militare e di quelli in ambito Informatico, di sicuro i due al mondo che ne contano più di tutti), ma di acronimi afferenti ad argomenti che riguardano ambiti di vita e di conoscenza non specifici come i nomi delle istituzioni, i nomi dei provvedimenti legislativi, della pubblica amministrazione, e troppo altro, che per chi non li pratica tutti i giorni rappresentano di fatto una neo-lingua straniera, una barriera culturale che li taglia fuori dalla comprensione e dunque dalla partecipazione. A meno di andare in giro con un dizionario sotto braccio.
--- E non penso che il debordare degli acronimi sia dovuto oggi alla necessità di risparmiare spazio sui fogli A4 nelle stampanti.
DEF - Documento di economia e finanza
NADEF - Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza
ecc. ecc.
(*) il mondo dell'archeologia in italia, settore che potrebbe dare da campare a generazioni e generazioni di archeologi, è quasi completamente fermo. I relativamente pochi scavi attivi si realizzano in estate grazie alla manovalanza gratuita degli studenti che vi fanno "campo scuola", ed anche da studenti di università straniere (che ogni tanto pare si infilassero in tasca qualcosa che poi rispuntava in qualche museo nord-europeo).
I pochi archeologi che restano nel settore sono quelli che si infilano a nelle soprintendenze a fare politica, o scavano all'estero. Il resto, cambia mestiere prima ancora di iniziarlo.
È la prima volta che vedo per iscritto, le cose che ho sempre pensato.
RispondiEliminaPeccato che nessuno le dica anche in TV. La collisione tra assenza di dazi e tutela ambientale sarebbe un buon argomento per mandare in cortocircuito il piddino di turno.
Tra l'altro si potrebbe sollevare la questione di quanto inquinano le megaportacontainer, strumenti principe della globalizzazione.
Siamo loro grati per averci portato le zanzare tigre…
EliminaCaspita, quanto ne sono "grato" io! Non solo negli ultimi 20 anni ( a meno di circondarci di fumiganti peggio che in una cripta barocca), non si può più "mangiare fuori" , ma per me che amo curare il "fondo rustico" è ormai inevitabile farlo coperto da capo ai piedi dentro un nugulo di queste "risorse" peggio che essere in "colonia" ( cosa che a ben guardare in effetti siamo 😠)
EliminaIntanto, se gli acronimi sono per voi come greco antico, preciso che io non vi ho donato niente.
EliminaDetto questo, tanti pensieri di buon senso sono molto più comuni di quanto il mainstream si sforza, con un certo successo, di farci credere. Una decina di giorni fa, il mio compagno di stanza settantottenne contemplava dalla finestra dell'ospedale gli innumerevoli parrocchetti del parco... poi ha iniziato una tirata del tutto sovrapponibile a quella del post sui verdi volatili per finire in considerazioni non dissimili dalle nostre sulle meraviglie della globalizzazione e dell'omogeneizzazione del mondo. Non siamo soli come pensiamo, la gente, anche quella che non ti aspetti, vede, ragiona. La sera passò il servizio sul colloquio Trump-Zelensky appena avvenuto... beh, il vecchio infermiere (sì, quello era stato il suo lavoro, in strutture dedicate a tossicodipendenze e problemi psichici) aveva idee molto sagge e precise sull'intera vicenda ucraina, dalle origini in poi. Eppure non credo proprio seguisse a fondo il dibattito. Sì, non siamo soli quanto crediamo, gente sveglia, se non informatissima, ce n'è.
A Dio piacendo…
EliminaAvete notato che i pini fanno sempre meno pinoli? Non si trovano più (almeno qui in Toscana) le pigne belle piene di frutti che si trovavano un tempo. Anche lì la causa è un insetto alloctono che ne impedisce lo sviluppo.
EliminaSuppongo che i pinoli li importiamo, ormai…
EliminaDice mia moglie che italiani ci sono ancora... a quasi 100€/kg, però.
EliminaNon vorrei risultare provocatorio (o forse un po' sì), però, visto che chi segue questo blog dovrebbe ricordarsi che in questo porco non c'è solo il bianco ed il nero, mi chiedo e Vi chiedo: ma il gyros greco come lo classifichiamo? 😂😂😂
RispondiEliminaE’ la solita cosa che feci notare ad un mio amico che si lamentava della invasione dei granchi blu sulle nostre coste. Se il diritto ad “emigrare” è un valore positivo assoluto allora anche quella dei granchi blu non è una invasione ma una integrazione!
RispondiEliminaSiccome parla di Roma... Ci viene mai sull Aventino? Non in senso metaforico intendo haha ma una passeggiata che dalla metro circo massimo sale per il roseto, poi giardino degli aranci e da lì si gode la vista, oltre ai monasteri che li si trovano..
RispondiEliminaNon sono andato a vedere questi "parrocchetti" perché tra le montagne regnano nell'ordine, poiane, falchi pellegrini e aquile reali che impongono la loro legge della jungla. Ma ancora per poco, forse, perché per adesso qualcuno riesce a proteggere.
RispondiEliminaMeglio un giorno da merlo 🐦⬛ che cento giorni da parrocchetto.💪🏼👋🏼
RispondiEliminaPer capire la pericolosità dei parrocchetti è necessario vedere "il ragazzo e l'airone" di Miyazaki. Terribili!
RispondiEliminaEh no! Ahimé, non penso che l'augurio sia rivolto a me; pure voglio contribuire al tema, seppure di sbieco. Una decina di giorni fa, controvoglia, vengo trascinato da amici in un ristorante romano, una volta passabile. Già dal menù c'era poco da stare allegri, così ho scelto il meno allarmante: Rigatoni all'amatriciana, benché il fatto che non fossero bucatini la dicesse già lunga, ma il resto erano fatto di così strane evoluzioni culinarie che conveniva fidarsi ancora meno. Poi, comunque, ancora troppo fiducioso, fisso anche il secondo e il contorno. M'arriva una scodella in cui degli scotti rigatoni nuotano in un mare di salsa dolciastra di cipolle, piccante di peperoncino e pepatissima, e chissà con quante altre spezie devastata. Guanciale?, sì forse c'era, forse era solo pancetta, e chi lo può sapere?!, sarebbe occorso un palato particolarmente selettivo per distinguere. Ma che fai?, non mangi?, sei invitato, tutti gli altri sembrano così contenti, fai lo schizzinoso? Per la prima volta in vita mia il piatto non l'ho potuto finire. A 4 rigatoni dal termine, ancora affogati nella salsa maledetta, qualcosa da dentro ha detto: NO!, basta così! Nei 4 giorni successivi ho avuto un mal di gola mostruoso, notte e giorno, ma non è sfociato in influenza o raffreddore, si è andato solo affievolendo via via nei sei giorni successivi, prova provata che era reflusso gastrico, di cui, conviene dirlo, non ho mai sofferto in vita mia, e questa è dunque la prima volta. Oggi ancora qualche pietanza è risultata di sapore strano, e lo zucchero ha un retrogusto amaro. Naturalmente, non ho potuto neanche assaggiarlo il secondo, e men che meno il contorno; e così è andata dieci giorni fa. Un paio di giorni fa, un amico a cui raccontavo la disavventura, se n'è venuto su con un commento apparentemente xenofobo: “A Roma i cuochi oramai sono tutti pakistani”. La qual cosa non è vera naturalmente, seppure a servire ai tavoli c'erano ragazzi di vari colori, ma non lo è soprattutto per i ristoranti che le mie tasche non permettono, quelli preferiti da piddini, immagino, ma con un po' di pazienza anche loro, presto, potranno trarre gli stessi vantaggi dalle loro idee. Io non ho nulla contro i pakistani, né voglio insegnare loro cosa mangiare, o se mettere più o meno spezie, più o meno cipolle, più o meno pepe e peperoncino nelle loro pietanze; nelle loro pietanze! Per me, invece, credo che non mi convenga più accettare inviti al ristorante; almeno a Roma. Oramai è in questione la salute, almeno per me!
RispondiEliminaOggi per festeggiare un altro Matteo (in effetti non eri tu) ero da Cracco in galleria a Milano e il maestro diceva che i nostri giovani vanno tutti all’estero, per motivi che a voi non spiego per non annoiarvi, e a lui non ho spiegato per riverenza.
EliminaEccone uno dei tanti ristoranti francesi stellati, ed ecco dove finiscono i cuochi italiani.
Eliminahttps://www.youtube.com/watch?v=edE32Dt-Iy0
Effettivamente, per il turistame che arriva in Italia con voli a meno del costo di uno spritz, non servono grandi chef. Più che altro servono baristi...
Preciso che, nota la mia avversione alla turistificazione, desidererei che i nostri cuochi (e non solo) restassero in italia e che i loro clienti fossero lavoratori e imprenditori italiani della MANIFATTURA, e che la buona cucina potessero come un tempo permettersela un pò tutti.