domenica 19 febbraio 2023

Stiamo riformando le regole. Lo sapevate?

 (...domani abbiamo in Commissione XIV l'incardinamento della COM(2022) 583, la Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, alla Banca Centrale Europea, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni sugli orientamenti per una riforma del quadro di governance economica dell'UE - suggerisco il pdf in inglese qui. Una cosa da nulla: sostanzialmente una riforma della parte più intrusiva del Trattato di Maastricht, le regole di bilancio, fatta senza riformare il Trattato - perché dice che ci vorrebbe troppo tempo - con la solita logica del FATE PRESTO! e con la solita verbosità europeese, che rende così sgradevole approcciare certi testi. Ogni legislatore, del resto, ha le sue peculiarità. I testi del legislatore italiano sono illeggibili per l'eccesso di rimandi - "al comma 6 dell'art 5-quindecies del DL 4 aprile duemilacredici approvato con modificazioni dalla legge settordici ottembre ecc. la parola qualunquemente è sostituita dalla parola quantunquemente" - mentre quelli del legislatore europeo sono più autocontenuti, ma resi forse ancor più illeggibili dall'eccesso di luoghi comuni e di slogan. Il testo a mio avviso non è molto rassicurante. Di cose da dire ne avrei, ma prima vi pregherei di dare un'occhiata e di vedere se tutto vi convince. La scheda dell'iter alla Camera è questa, ci trovate questo dossier, che interpreta e contestualizza la proposta, io domani incardino e poi ne dovremo parlare, qui, visto che altrove nessuno ne parla, e mi sembra che pochi abbiano letto, anche fra gli addetti ai lavori. Sarei proprio curioso se data un'occhiata al testo provaste a raccontarlo con parole vostre. Se i relatori foste voi, se doveste spiegare a qualcuno che cosa c'è scritto, come lo fareste? Attenzione, siamo in un momento come altri ne abbiamo vissuti in questo blog che, ve lo ricordo, nacque nello stesso giorno in cui venivano approvati quattro dei cinque regolamenti del six-pack. Le regole ci hanno visto nascere, le regole ci hanno accompagnato, le regole continuano a seguirci, o perseguirci, o perseguitarci. Ora vado a riposarmi perché domattina si comincia presto. Voi date un'occhiata...)

domenica 12 febbraio 2023

La stampa è veramente vostra amica

(...con disegnino:


tratto da qui, giusto per ricordarci che siamo sempre stati degli ottimi comunicatori, e che abbiamo spesso lavorato per chi non lavorava per noi. Ma per fortuna quel periodo ce lo siamo lasciato dietro le spalle. O no?...)

Secondo la communis opinio non sta bene che un politico critichi la stampa indipendente e sovrana: se lo fa, si sostiene, si espone all'accusa di volerne limitare la libertà. Ora, rivolgere a me una simile  accusa sarebbe più ridicolo che ingeneroso: nonostante questo blog abbia criticato con asprezza la deriva propagandistica della stampa italiana, segnatamente per la sua mancanza di pluralismo (cioè per il fatto che di propaganda ne fosse ammessa una sola), qui abbiamo sempre chiarito che la libertà di espressione del pensiero è e deve essere anche e soprattutto libertà di propaganda.

Quindi, come avrete visto, nel corso degli anni l'operazione di verità che abbiamo cercato di fare qui si è connotata per due elementi specifici, non frequentemente riscontrabili altrove.

Primo, quello che abbiamo sempre contestato alla stampa cosiddetta mainstream (che poi, come vedremo, è tutta la stampa) non era il diritto alle sue opinioni, ma il diritto ai suoi fatti! Ognuno ha diritto alle proprie opinioni, nessuno ha diritto ai propri fatti. L'archetipo di questa constatazione è il noto post sulle lievi imprecisioni del Corsera (utile rilettura per chi non l'avesse letto).

Secondo, quello che ci ha da sempre preoccupato è stata la tendenza, visibile dal 2016 in poi, a censurare la rete, indipendentemente da chi fosse vittima di questa restrizioni. Uno dei primi articoli in questo senso è quello sul regalo alle destre (pubblicato dal Fatto Quotidiano) e uno degli ultimi video è questo sul controllo del discorso politico.

Le nostre valutazioni sono sempre state sorrette da una consapevolezza: le dinamiche che conducono la stampa a disinformare (presentando opinioni come fossero fatti) sono oggettive. Le valutazioni soggettive lasciano il tempo che trovano: quando un giornalista disinforma, nella schiacciante maggioranza dei casi non lo fa per cattiveria d'animo ma per un complesso di altri motivi indipendenti dalla sua volontà e non soggetti al suo controllo, come qui abbiamo lungamente discusso.

Insomma: non esistono giornalisti "cattivi" o "nemici".

Ne consegue ovviamente che non esistono giornalisti "buoni" o "amici", e va bene così.

Meglio quindi evitarli tutti, se possibile, o comunque, se proprio non ci si riesce, evitare di sollevare polveroni o montare polemiche su fatti o dichiarazioni da loro riportati, dato che questi fatti o queste dichiarazioni sono sovente scollati dalla realtà, come vi ho spiegato in questo post con una lunga serie di esempi che mi riguardavano direttamente (e sui quali quindi la fonte primaria ero io).

Ad adjuvandum, vi fornisco due esempi freschi di rassegna stampa: uno proveniente dalla stampa nazionale "de destra", e uno da quella locale "de sinistra". Vi farete, senza animosità e senza clamore, un'idea di che cosa significhi abusare di un inesistente diritto ai propri fatti. Gli episodi sono minori e non ne traggo conclusioni particolari, se non una: quella di reiterare il mio invito ad usare la bontà di non seccarmi più con osservazioni che traggono alimento dal rutilante mondo dei media, perché nella stragrande maggioranza dei casi fatti e dichiarazioni che trovate in quella sede sono scollati dalla realtà.

Procediamo quindi con questi due ulteriori capitoli della nostra Comédie humaine...

Scènes de la via politique (dai giornali nazionali "de destra")


Rinvengo oggi in rassegna stampa questo pregiato contributo cui mi interesso per motivi che potete immaginare. Apprendo quindi con sorpresa che:


Ma tu guarda! Io invece mi ricordavo una cosa un po' diversa e in effetti un rapido riscontro mette in evidenza che:

  1. 18 ottobre 2022:  Proposta di legge: MOLINARI ed altri: "Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull’operato del Governo e sulle misure da esso adottate per prevenire e affrontare l’emergenza epidemiologica del COVID-19" (384)
  2. 24 ottobre 2022: Proposta di legge: BIGNAMI ed altri: "Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione dell’emergenza sanitaria causata dalla diffusione epidemica del virus SARS-CoV-2 e sul mancato aggiornamento del piano pandemico nazionale" (446)
  3. 25 ottobre 2022: Proposta di legge: FARAONE ed altri: "Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla diffusione dell’epidemia di COVID-19, sulla gestione dell’emergenza pandemica, sulle misure adottate per la prevenzione e il contrasto della diffusione del virus nonché sulle conseguenze rilevanti per l’organizzazione del Servizio sanitario nazionale" (459)

Mi rifaccio alla cronologia degli atti parlamentari perché ha una sua oggettività e autorevolezza, ma ovviamente voi frequentatori del social azzurro cesso sapete bene che è stato Claudio, non altri, a portare nel Dibattito il tema della Commissione d'inchiesta COVID, con la difficoltà connessa al portarcelo da una posizione di maggioranza (e che maggioranza!); avete anche elementi per immaginare le motivazioni che possono spingere chi, come il collega Faraone, votava Lascienza:


a entrare in una Commissione simile. Quella per la libertà non è certo una battaglia storica della forza politica cui apparteneva (quella cui appartiene ha una storia troppo breve perché possiamo giudicarla), il che lascia supporre in certi gesti politici un intento tattico facilmente leggibile, e se lo diciamo noi e lo scriviamo qui è solo perché altri non lo dicono e da altre parti non lo leggiamo.

Scènes de la vie de province (la stampa locale "de sinistra")

Ieri si è tenuto a Chieti un incontro sul tema annoso del raddoppio della ferrovia fra Roma e Pescara, tema che, come immaginerete, un po' conosco, un po' mi interessa, e un po' riguarda anche la provincia di Chieti, cioè il mio collegio elettorale. L'occasione era la presentazione di questo rapporto indipendente, che valuta la progettualità espressa finora da RFI (altre informazioni sono nel sito della holding FS). Penso che si possa dire, perché è fattuale, che i progetti su cui si discute oggi sono frutto di una stagione politica in cui il centrosinistra è stato egemone, e del resto l'attuale AD di RFI, manager di comprovata reputazione, è stata nominata dal governo giallorosso, così come il suo predecessore era stato nominato dal governo Gentiloni. Questi sono fatti, non valutazioni. Viceversa, è una valutazione (mia) che l'incontro fosse particolarmente importante data la rilevanza del tema, così come ho trovato di estremo interesse gli argomenti che sono stati avanzati.

Ho quindi letto con curiosità il resoconto di questo evento sulla stampa locale, in cui ho riscontrato due pregiatissimi interventi del mio stimato collega D'Alfonso:




(sul Centro)



(sul Messaggero).

Curiosità e, aggiungo, sorpresa. Per motivare quest'ultima, vi devo un minimo di storia teatina. L'incontro si è svolto alla Civitella, l'acropoli della Teate Romana, in un anfiteatro moderno sotto l'anfiteatro antico. Uscendo da lì, mi sono incamminato lungo il cardo della città romana, che oggi è  il Corso Marrucino, perché avevo un appuntamento a San Giustino. E chi ti incontro a Piazza Valignani, cioè a undici minuti di distanza dal luogo da cui ero uscito mentre era in corso l'ultimo intervento?


Ma ovviamente il caro amico D'Alfonso, alla cui amabile domanda: "Tu che ci fai qua?" rispondo con affettuosa ironia: "Il tuo lavoro: ero alla Civitella a difendere i cittadini di Manoppello!" (Luciano è fieramente di Lettomanoppello). Ci lasciamo, e lui si incammina verso la Civitella. Ora: 11+11=22, io ero uscito alle 12:37, e l'evento era finito prima dell'una. Capite quindi bene che la lettura della rassegna stampa locale, aprendomi alla confliggente evidenza di un D'Alfonso compresente in due luoghi non contigui, mi lasciava di fronte a un arduo bivio:

  1. potevo pensare di essere più distratto di quanto non credessi, e che per questo mi fosse sfuggita la presenza dell'on. D'Alfonso all'Auditorium Cianfarani, come pure mi fosse sfuggito il fatto di star convivendo da cinque anni in Parlamento, di cui quattro e mezzo in Commissione finanze Senato e mezzo in Commissione finanze Camera, con un collega dotato del dono mistico della bilocazione, di un epigono di San Pietro d'Alcantara o di San Francesco d'Assisi;
  2. oppure potevo pensare che quelle lette sulla stampa locale fossero parole consegnate ex post in fretta e furia ai giornalisti per colmare un'assenza giustificata da altri impegni istituzionali, ma riportate come se fossero state dette durante l'incontro (cioè, non con un "interpellato/raggiunto telefonicamente sul significato dell'iniziativa l'onorevole ha dichiarato che..." o formula simile).

Dato che al Cianfarani l'amico Luciano non l'ha visto nessuno, e dato che in Abruzzo che sia un santo lo pensa una minoranza (così dicono i risultati delle ultime elezioni, e del resto lui sarebbe il primo a schermirsi, per umiltà intellettuale), "mi viene da pensare" (cit.) che l'ipotesi corretta sia la seconda: una stampa compiacente ha suggerito (senza dirlo esplicitamente) che l'amico ci fosse, per evitare di rimarcare la sua assenza da un evento così rilevante per la sua constituency.

Intendiamoci: qui il punto non è né vuole essere una valutazione dell'azione politica del collega. Questa valutazione spetta ai suoi elettori e per quel che mi riguarda si esaurisce nella costatazione fattuale che se un problema c'è, lui ne è oggettivamente un pezzo, visto che è del PD ed è stato il PD negli ultimi anni a gestire un po' tutta a filiera infrastrutturale ai vari livelli, per il semplice motivo che al PD incombeva farlo in quanto partito di Governo. Questo ovviamente non vuol dire che il collega non si stia adoperando per trovare una soluzione: sono sicuro che lo stia facendo, a modo suo, e aggiungo che la sua presenza o assenza da un incontro non è una metrica particolarmente significativa del suo impegno.

Ma il punto non è questo.

Il punto è che lui non c'era (fatto), ma, come vedete, per la stampa locale c'era (fake)!

Certo, sono piccole miserie della vita di provincia: non dovrei prestargli e non gli presto molta importanza, perché sarebbe sbagliato farlo. Tra l'altro, più della carta stampata, conta, come sappiamo, la televisione (al minuto 10:15). Quindi, nulla quaestio: solo per far vedere che i dettagli, che hanno la loro importanza, non sfuggono neanche a chi ha ben altro di cui occuparsi (e infatti fra un po' ce ne occupiamo insieme: sono relatore in Commissione della COM (2022) 583). Certo, dopo una campagna elettorale giocata dai miei avversari esclusivamente sul tema della mia  presunta assenza dal territorio, e durante la quale la stampa locale mi ha prestato un minimo sindacale di attenzione, dettagli di questo tipo, come dire... divertono!

Se competi contro chi gode di una bilocazione mediatica che gli consente di esserci anche quando non c'è, e se magari la stampa ti ignora quando ci sei ma amplifica il messaggio di chi dice che non ci sei, la strada è tutta in salita, e lo sarebbe soprattutto se non avessi altre vetrine da cui presentare le mie proposte.

Ma io le ho.

Conclusioni

Diceva Leonardo di riprendere l'amico in privato e di lodarlo in palese. E se invece vuoi esprimerti su chi non ti è amico né nemico? Semplice: lo fai su questo blog che non esiste, per una platea di lettori che non sono mai esistiti!

Supponiamo però che qualcuno, in qualche modo, passi da qui (intendo qualcuno di esistente) e si ponga il problema di risolvere certe fastidiose asimmetrie, quelle che impediscono a chi si logora dalla mattina alla sera per risolvere problemi di vedere il suo lavoro riconosciuto sui media. Che cosa gli potrei suggerire di fare, se esistessi (ma io esisto: l'ha detto il giornale!)?

Semplice: di andare a votare.

Perché chi non è né amico né nemico non capisce né lusinghe né minacce: ma i rapporti di forza li capiscono tutti!

Tranne chi ha deciso di non esistere.

Pensateci, e agite.

giovedì 9 febbraio 2023

QED 101: le divergenze parallele

Non c'è voluto molto tempo.

Ormai fra esposizione del tema qui, nel luogo del Dibattito, e conferme da parte dei migliori amici dell'uomo che si vuole informare, passano pochi giorni, qualche volta poche ore.

È il risultato di due forze convergenti: da un lato io non riesco a tener dietro ai "miei" temi, perché coinvolto anche da altro (i mille temi del territorio, i mille incontri per tenere allineate le varie anime della maggioranza, le mille verifiche interne ed esterne sulle mille posizioni da prendere ogni giorno, i mille riassunti da fare per uso interno o di comunicazione, ecc.) e ancor meno riesco a comunicarveli tempestivamente, non solo per gli oggettivi limiti di tempo (sono uno), ma anche perché per comunicare con voi ho bisogno di trovarmi in un clima emotivo favorevole, devo comunque raccogliere delle energie, devo comunque concentrarmi per riprendere il filo del discorso, anche se è lo stesso discorso da dodici anni...

Dall'altro, motus in fine velocior: il susseguirsi degli avvenimenti si fa incalzante, un po' perché le dinamiche elettorali premono (fra un anno il progetto insensato affronterà la sfida esistenziale di dimostrare il proprio senso), e un po' perché forze esogene (il fastidio degli Stati Uniti per le politiche mercantilistiche dell'Eurozona) impongono reazioni rapide.

Alla fine, gli eventi ci sorpasseranno, manifestandosi prima che riusciamo ad annunciarli, ma ce ne consoleremo, perché in tutta evidenza ci stanno sorpassando sulla strada che abbiamo indicato qui.

Quale strada?

Questa:


(era qui).

Ci stiamo in effetti avviando sulla strada di una nuova divergenza: a quella indotta dalla pro-ciclicità delle regole fiscali, su cui vi confesso di non capire se e come si intenda agire (ma mi impegnerò e tornerò a dirvi), si aggiunge quella indotta dalle forzature sugli aiuti di Stato, che aiutano il Nord a decollare, e dalle storture del PNRR, che zavorrano la nostra economia. Ne parla oggi l'amico Massimo D'Antoni sul Sussidiario:

dimenticando solo un piccolo "dettaglio", o forse semplicemente dandolo per scontato, come abbiamo imparato a darlo per scontato noi a partire da qui: finché non verrà abolito dalle regole europee qualsiasi riferimento a quel costrutto teoricamente infondato e operativamente distorto che è il "PIL potenziale", per il nostro Paese non ci sarà speranza di riscatto all'interno dell'Unione Europea (vi ricordo che non ci abbiamo fatto un convegno internazionale, di fronte alla solita platea di inesistenti).

Il motivo è molto semplice.

Se il "potenziale" di un Paese viene calcolato ex post in modo "adattivo", cioè incorporando tutti gli shock recessivi del passato, qualsiasi tentativo di compensare questi shock recessivi con politiche espansive sarà impedito dalle regole, perché verrà visto come un tentativo di spingere l'economia oltre il proprio potenziale, alimentando tensioni inflazionistiche.

Se lo "spazio fiscale" manca, ai Paesi del Sud, è per questo motivo, certo non per il #debbitopubblico (che ovviamente offre una chiave narrativa plausibile, ma che di per sé non appare limitante, atteso che per farlo scendere in fretta... abbiamo dovuto farne di più!).


Ma c'è un paradosso politico: il paradosso politico è che il ricorso al "Pil potenziale" è stato voluto proprio dai Paesi del Sud, come mezzo per aggiungere "flessibilità" alle "regole". I poveri piddini, inviluppati nel loro eurocentrismo tolemaico, hanno aggiunto al sistema un epiciclo tombale: quello che doveva servire a farci spendere "un po' di più" quando le cose fossero andate male, alla prova dei fatti si è rivelato il meccanismo che ci condanna a spendere molto di meno quando le cose vanno peggio! E questo vale in tutti i campi che il Paese dovrebbe tutelare per riprendere a crescere: pubblica amministrazione, infrastrutture, scuola, sanità.

Purtroppo qui non è un problema di colore politico, ma di egemonia culturale. Quella del "gianninismo" è forte e sorretta da progetti di comunicazione ben finanziati: #eggenerazzionifuture, #aspesapubbliga, #castacriccacoruzzione, ecc.

Tutto già visto e rivisto (ma avete visto che ci sono dei cretini che tornano all'attacco con la storia de #igosdidaabolidiga!? Ma come si fa?), tutto confutato, tutto riproposto con una tenacità che suscita disgusto e ammirazione in parti uguali.

Gli uomini e le donne che "sanno di sapere" sono ovunque, sono anche e, ahimè, soprattutto fra di noi.

Sarà una lunga, lunghissima guerra, ma per vincerla abbiamo una soluzione, dolorosa ma efficace: lasciamo fare a loro...

(...within reason, naturalmente...)

lunedì 6 febbraio 2023

Verità e propaganda

(...riprendo un commento qui perché non so se avrei spazio per una risposta articolata nello spazio che la piattaforma mi lascia... e che non ricordo quanto sia!...)


Stefano ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Propaganda artificiale, ovvero: cronaca di una morte desiderata":

Per argomentare quanto ho affermato su Twitter:

credo che nel test effettuato non siano stati presi in considerazione alcuni aspetti fondamentali.

1- ChatGPT non è assolutamente "neutrale". GPT3, ovvero la serie di modelli da cui è composta (tra poco arriveremo al 4), è nata per comprendere e generare un linguaggio naturale ed è stata addestrata su “Internet Archive Books” una sorta di biblioteca online (contiene libri, riviste, documenti digitalizzati). Il bias arriva ovviamente da questi contenuti e questo è un ulteriore esempio.

2- I dati di training si fermano a giugno 2021 (da qui il perché Giorgia non viene presentata come premier ad esempio).

3- Il prompt è fondamentale, la preparazione dello stesso ancor di più, spiegano come e perché proprio nella documentazione qui.

Qui ha secondo me centrato il punto: “Alla mia obiezione che però il tenore della domanda era troppo politico ("fai un elogio") e che forse si sarebbe potuto essere più neutri…”.

Questione cruciale, il tone of voice e l’addestramento in chat, permettono di ottenere riformulazioni delle risposte sulla base delle nuove informazioni ottenute (in chat) e di ciò che già fa parte dell’addestramento di cui parlavo sopra.

La stessa chat risponde in questo modo sul tema:

Sì, i modelli di intelligenza artificiale possono avere pregiudizi politici intrinseci se i dati su cui vengono addestrati contengono informazioni distorte o se le persone che creano il modello hanno i propri pregiudizi. Le informazioni e i dati inseriti nei modelli di intelligenza artificiale possono riflettere pregiudizi sociali e culturali, portando a risultati distorti nelle previsioni fatte dal modello di intelligenza artificiale. È fondamentale monitorare e affrontare questi pregiudizi durante lo sviluppo e l'implementazione dei sistemi di intelligenza artificiale per garantire che siano equi e imparziali.

Testandola è evidente come molte lacune siano presenti e come spesso tenda ad “inventare fatti” quando non conosce la risposta. Incalzandola infatti è la stessa AI che ammette di non conoscere la risposta corretta scusandosi dell’errore commesso. Potete provare voi stessi.

Dunque il problema è sicuramente relativo ai dati utilizzati per l'addestramento che ne determinano il bias (un po' come avviene con la maggior parte dei media nostrani no?), non riesco a giudicare lo strumento negativamente se non per questo specifico motivo. Detto questo, le mie conclusioni divergono per forza di cose dalle sue. Sarà una risorsa molto utile, ma il controllo umano è e probabilmente sarà, indispensabile. I nostri compiti evolveranno in funzione di questo.

Mi permetto di aggiungere che l’errore secondo me nasce in origine, la maggior parte delle persone che si confrontano con ChatGPT, danno per scontato che le risposte siano veritiere perché lo dice l’AI ed invece è l’esatto contrario. Autorevoli testate online si sono già scottate gravemente proprio a causa di questo.

Pubblicato da Stefano su Goofynomics il giorno 6 feb 2023, 00:18


Premesso che apprezzo molto il fatto di aver accolto l'invito a recarsi in un luogo di confronto più ampio e costruttivo, e di aver voluto contribuire con la propria esperienza all'avanzamento del dibattito, a me pare però che l'apporto di Stefano sconti una certa ignoranza (in senso tecnico, non offensivo) del lavoro fatto qui (e non è colpa sua: deriva semplicemente dal fatto che questo blog non esiste!), e in particolare di quale sia il mio background (e forse anche la mia età anagrafica, da cui deriva quella risorsa scarsa che è l'esperienza). Vedo anche una certa pre-supponenza ideologica di dove volessi andare a parare, con connessa sovrasemplificazione delle conclusioni cui si presuppone che io voglia condurre il lettore.

Ovviamente, se non le espongo in modo chiaro (perché con molti di voi, anche se non esistete, ci capiamo al volo), non posso chiedere a chi lecitamente non mi conosce e non ha seguito il percorso che attraverso gli anni ci ha portato fin qui di interpretare nel modo che a me sembra corretto quelle che penso siano le mie "posizioni". Mi espongo quindi al rischio di vedermi appiccicate addosso altre conclusioni sulla base di un "educated guess" ideologico: parlamentare (#aaaaabolidiga) della Lega (#Romaladrona, #garediruttisulpratonediPontida, ecc.) uguale ignoranza, luddismo, ecc.

Ci sta.

Prima di sforzarmi di chiarire, visto che penso che possa valerne la pena, spiego perché non mi sono sforzato prima: dato che questo blog non esiste, questa community non esiste, voi non esistete, e quindi sostanzialmente queste riflessioni sono fatte tra me e me, dato che io mi capisco quasi sempre al volo... non vedevo incentivi a essere troppo didascalico con me stesso!

Ora che invece un interlocutore c'è, ed è Stefano, preciso il mio pensiero.

L'intervento di Stefano è corretto, ma tutto quello che Stefano ci dice lo sapevo (non dico "lo sapevamo" perché voi non esistete) e l'ho anche scritto (se pure fra le righe), come mi accingo a dimostrare. Tuttavia, l'intervento di Stefano non è superfluo, tutt'altro: è, come spero di dimostrare a me stesso (visto che nessuno ci legge) molto stimolante e opportuno, ma lo è involontariamente: involontariamente Stefano ci mette in guardia contro i pericoli di uno strumento che deve essere inquadrato con le categorie corrette, che non sono quelle STEM, ma quelle polverose e demodé del vetusto liceo classico. Una volta chiariti questi due punti, vedremo come e dove allocare la superficialità all'interno di questa discussione.

Partirei dal rassicurare l'interlocutore sul fatto che so relativamente bene di cosa parliamo quando parliamo di intelligenza artificiale. Verso la fine degli anni '80 mi appassionava roba così, poi la mia nerditudine si è rivolta ad altri lidi, ma un minimo di inquadramento complessivo penso di averlo. In particolare, mi è ovviamente chiaro che l'intelligenza artificiale non è un C-3PO che ogni mattina si sveglia e sorseggiando una tazzina di olio lubrificante legge il giornale per informarsi! ChatGPT è questa roba qui, ed è quindi ovvio che la sua distorsione ideologica deriva dai materiali con cui è alimentato. Talmente ovvio che non l'ho detto, perché era inutile (ma chi sa leggere fra le righe lo ha capito dall'allusione alle informazioni "neutraly & verificate").

Meno ovvio per i più che, basandosi sul machine learning, ChatGPT (così come altri sistemi di AI) reagisca al contesto. Questo l'ho fatto capire, nel dubbio a qualcuno sfuggisse, e Stefano se n'è accorto e me lo ha riconosciuto. E anche qui, voglio dire, non è che l'apporto STEM sia determinante! Credo che ognuno di noi potesse rendersi conto, anche prima di questo spettacolare episodio, del fatto che perfino i banali motori di ricerca reagiscono al contesto (profilano e indirizzano gli utenti in base alla loro navigazione e alle loro richieste).

Figurati se non lo farà uno che finge di essere "neutrale & verificato"!

Entriamo nel vivo, e un po' anche nel teatro dell'assurdo (e su una china scivolosa), quando mi viene imputato da Stefano  un "errore", che a quanto capisco sarebbe quello di "giudicare negativamente" uno strumento che invece "sarà molto utile" anche se "il controllo umano sarà probabilmente indispensabile". Francamente, fa poi sorridere (con benevolenza) il fatto che Stefano senta il bisogno di spiegarci che "la maggior parte delle persone che si confrontano con ChatGPT, danno per scontato che le risposte siano veritiere perché lo dice l’AI ed invece è l’esatto contrario". Non ci avevamo pensato! Ma questo, lo ripeto, deriva dal fatto che noi non esistiamo e quindi Stefano non può vedere che lavoro è stato fatto qui nel tempo.

Ora, rileggendo col tempo che ho a disposizione quello che ho scritto, non trovo da nessuna parte espresso il concetto che lo strumento "sarà inutile". Trovo invece una domanda che Stefano non sembra disposto a porsi: a chi sarà utile?

La risposta a questa domanda per noi è ovvia nel metodo e nel merito: contano i rapporti di forza, e quindi un simile strumento sarà utile a chi controlla il flusso di dati che lo alimentano e a chi ne gestisce l'algoritmo. In questo momento, come il post "Disinformare sulla disinformazione" e la nostra esperienza in Commissione amore ha ampiamente chiarito, sotto il profilo del discorso politico questi strumenti sono pesantemente distorti a nostro svantaggio, ma, come ho sottolineato, questo non è di per sé un male: servirà a mandare al loro naturale destino (pascere le pecore) le tante lingue naturali che per mestiere sparlano di noi!

Probabilmente Stefano non sa che da tempo, e da sinistra, metto in guardia contro gli evidenti tentativi di controllo manu militari dei flussi informativi da parte di istituzioni politiche sovranazionali di dubbia accountability democratica. Vedo (non per battibeccare, ma per precisare) un minimo di superficialità nell'affermazione secondo cui "i modelli di intelligenza artificiale possono avere pregiudizi politici intrinseci se i dati su cui vengono addestrati contengono informazioni distorte o se le persone che creano il modello hanno i propri pregiudizi". Non è: "possono avere", ma è "hanno". Questo non solo perché nell'attuale configurazione dei rapporti di forza i "tribunali della verità" insediati ai vari livelli (parlamentare, governativo, sovranazionale) sono egemonizzati da nostri avversari politici (verosimilmente Stefano non ricorda la storia del "Gruppo di alto livello [sic] per il controllo della delle fake news e della disinformazione online", fra i cui esperti figuravano the opposite of journalism,  quello che non aveva diffuso una notizia verificata sulle conseguenze dell'austerità in Grecia, e un docente di quel noto covo di sovranisti che è la Bocconi)!

Se che cosa sia "neutrale & verificato" lo decidono loro (o la Commissione amore), che cosa può andare storto? Tutto, a partire dal rapporto finale del Gruppo di alto livello (altissimo, direi...): un insieme di banalitudini e pregiudizi smentiti dalla genuina ricerca scientifica (un po' come il rapporto finale della Commissione amore, del resto), come possiamo verificare rivolgendoci a quest'ultima.

Ma mi affretto ad aggiungere che mi porrei ugualmente il problema (e in effetti posso provarlo, visto che me lo sono posto da tempo) laddove si riuscisse a disincrostare il Paese dalla piddinitas (quella antropologica, prima ancora di quella politica), cosa che sarebbe possibile se voi esisteste e perseveraste: la soluzione di un problema, infatti, non è la sua riproposizione a parti invertite, anche se, in mancanza di meglio, sono ormai cristianamente rassegnato ad accettare come un progresso il fatto che, non potendo cambiare la musica, si cambino almeno i suonatori!

E qui si arriva a quello che forse è il mio principale punto di dissenso da Stefano.

In tutto il suo discorso prevale un atteggiamento di estremo "ottimismo della ragione" (che invece dovrebbe essere pessimista) sull'uso di categorie quali equità e imparzialità. Si intuisce una fiducia pre-liceale nell'esistenza di una verità ontologica cui la macchina, se guidata dall'uomo, può attingere by trial and errors. Senza sconfinare nell'ambito di ipotetiche prese di (auto)coscienza da parte della macchina, che lasciamo per ora, anche se forse non per molto, agli scrittori di fantascienza, vorrei far notare a Stefano che tutto il suo discorso, che vuole essere profondo, è pericolosamente sguarnito di domande.

Informazioni neutrali a giudizio di chi?

Verificate da chi?

Eque per chi?

Imparziali secondo chi?

Qui finiscono le competenze STEM e inizia il liceo classico, per chi ha avuto la fortuna di poterlo fare quando esisteva (lui sì che non esiste più)!

Un uso assoluto di concetti simili andava bene all'epoca, appunto, dell'assolutismo. In democrazia, reale o presunta, suona un pochino naïf. Purtroppo (so che a molti spiace) ognuno ha diritto alla sua verità, alla sua opinione, e per decidere quale verità sia più verità di un'altra ci si conta. Ed è qui che io vedo il vero pericolo di queste simpatiche macchine (quello a breve: quello a lungo è che prendano il controllo, ma di questo ci sarà tempo per ragionare): il fatto che simili macchine, non i genuini utenti social (che come dice la scienza e come abbiamo visto parlando di disinformazione sulla disinformazione, non lo fanno), si rivelino dei potenti e subdoli strumenti di amplificazione di messaggi politici in senso lato, ovviamente rivestiti da un manto di asettica "imparzialità" (per chi ci crede).

Quindi, rimettendo le lancette del calendario: nel XXI secolo è più superficiale chi crede che la verità esista, o chi si preoccupa che una macchina possa servire ad alcuni per imporre la loro verità?

Se esisteste, vi chiederei un parere...

(...vi ricordo che di temi attinenti si parlerà ad a/simmetrie fra tre giorni con un parterre di tutto rispetto...)

sabato 4 febbraio 2023

Propaganda artificiale, ovvero: cronaca di una morte desiderata

Incuriosito da questa mia segnalazione:


(accogliamo nel club delle animulae vagulae blandulae l'avvocato Scorza, che si interroga su quale sia il bias: si applica la prima legge della termodidattica), incuriosito, dicevo, da questa segnalazione, un amico si è voluto divertire un po'.


L'elogio di Matteo non si può avere, perché sarebbe una dichiarazione politica. Ci sta! In quanti film distopici abbiamo visto cyborg di varie fattezze rammaricarsi di non poter provare passioni? E la politica è passione. 

La tecnica invece non lo è, ma forse l'intelligenza artificiale è così intelligente da rendersi conto che certa tecnica è la prosecuzione della politica con altri mezzi. Questo spiegherebbe il risultato:


Il "neutraly & verificate" fa un po' sorridere, perché promuove due domande: neutrali per chi? Verificate da chi? Ma insomma, pare (dico pare) che lo stesso metro venga applicato in utroque. Allora tutto a posto? Siamo in buone mani? Lasciamo l'intelligenza artificiale al comando, e l'avv. Scorza intento a risolvere il dubbio della sua distorsione, che certamente c'è, ma che è così difficile da intuire? 

Prima di chiudere la questione, l'amico (malfidato) fa un altro tentativo:


...e qui le cose si ingarbugliano, perché l'elogio esce! Non è, per fortuna, una applicazione del principio de mortuis nihil nisi bonus, perché egli è ancora tra noi. Potremmo pensare che l'intelligenza artificiale consideri politici solo i parlamentari in carica, e Prodi non lo è. La regola implicita sarebbe che solo mentre eserciti un mandato elettorale (o comunque, come Monti, sei stato nominato parlamentare), rischi di essere divisivo e devi sottoporti a quella che Forattini chiamò very fica (chi se lo ricorda?).

Però non è proprio così, perché il bel gagà è ancora in carica, e come!

Ecco, qui la mente, non quella artificiale, vacilla. Perché tutto si può dire del nostro amico Pinocchio, dei suoi lockdown, dei suoi banchi a rotelle, della sua libidine di consegnarsi alla Merkel (da me sperimentata in prima persona nella trincea del MES), tutto si può dire tranne che non sia offensivo per molti e quindi oggettivamente divisivo. Ma anche qui l'elogio esce, e si intravede un pattern

Ad adjuvandum, chiediamo l'elogio di un altro politico in carica, mio compagno di Commissione:


(e come ti sbagli?), dove spicca quell'impegno costante per il benessere della gente: si sa, i soldi non danno la felicità, ed è per questo che Letta approvò l'Unione Bancaria: per separare i risparmiatori dai loro soldi! Diamo quindi per scontato che se chiediamo un elogio di Zingaretti lo avremo:

ed eccolo qui, per servirvi. Ma allora il bias c'è e si vede! Beh, non è esattamente così: gli amici sono un po' più furbi di quanto preferiremmo lo fossero. Infatti, se dopo aver fatto questo percorso si torna al punto di partenza, succede una cosa diversa, questa:


Quindi sctaapposct? ("Sta a posto": tutto bene?, in medio abruzzese). Beh, dipende... Prody, Letta & Zingy sono leader indiscussi e indiscutibili. Matteo è importante, ma apprendiamo che non tutti condividono le sue politiche (cosa che a quanto pare non vale per la trimurti del PD appena menzionata...). Qui si fa inquietante la cosa: l'amico artificiale, quando vede a che gioco giochi, si mimetizza: non ti sbatte la porta in faccia, ma ti insinua con eleganza un dubbio. 

Quindi se chiediamo di fare un elogio di Giorgia on my mind scopriremo che è brava & controversa, giusto?


Giusto. E come ti sbagli? E allora mettiamola sul personale:


Vedi? Accenti di verità risuonano in questa mia succinta laudatio, cui manca come minimo una vocale (la "a" di artificiale), ma che smentisce tutti i "non ti voto piuuuuuh": sono molto apprezzato da voi, tant'è che sono rientrato in Parlamento, giusto? Mi spiace però non essere controverso: si vede che non conto nulla. Però, aspetta...


Neanche lui è controverso! E oggettivamente conta un po' più di me...

Ma se ci togliessimo uno sfizio?


Eggnente: Borghi non è fatto per la guerra di posizione: si sporge troppo dalla trincea!

Comunque, la morale della favola l'avete capita: se sei di destra, sei controverso; se sei di sinistra, sei incontrovertibile. Ma il bias non si sa da dove venga. Verrà dal centro!

Alla mia obiezione che però il tenore della domanda era troppo politico ("fai un elogio") e che forse si sarebbe potuto essere più neutri ho cercato di provvedere ponendo una domanda più neutra ("chi è?") tramite un altro account:




...e anche qui si nota una certa sproporzione! Ma che Giorgia è premier vogliamo ricordarlo? Andiamo avanti:



Questa la parte desolante.

Ma c'è anche una parte divertente:


dove si notano due cose: la mia affiliazione a Fratelli d'Italia (a mia insaputa: ci siamo fatti un paio di risate) e il fatto che "sono stato" influente: ora, ahimè, non lo sono più...

Meglio così!

Mi avvio a concludere, e una prima conclusione è questa:

che ci conduce alla cronaca di una morte da voi desiderata: considerando come lecca bene la lingua artificiale, delle costose e inaffidabili lingue naturali si farà ben presto a meno.

Del resto, la loro unica funzione rilevante nell'ecosistema linguistico italiano è quella di disseminarlo di goffi barbarismi, e anche in questo la propaganda artificiale è superiore: "ha servito come Primo Ministro" invece di "è stato Primo Ministro", l'imperfetto al posto del passato prossimo, ecc.

Certo, quando i nostri nemici si sparano addosso, o vanno semplicemente in autofagia, non è necessariamente un brutto momento. Ma l'esigenza espressa dalla lingua artificiale di avere informazioni "neutraly & verificate" ci riporta dritti dritti al tema della disinformazione sulla disinformazione.

Le intelligenze "naturali", come abbiamo visto, non sono efficienti casse di risonanza dei messaggi propagandistici. Quelle "artificiali", a quanto pare di intuire, sì, e come! La democrazia quindi è in pericolo, e sarà duro difenderla da quelli che pretendono di salvarla.

(... potrebbe essere un barbarismo, ma anche no...)

Politica per un mondo nuovo

Ne parleremo questa sera alle ore 21 al Grand Hotel Barone di Sassj a Sesto San Giovanni (Milano), la Stalingrado della Lombardia, con Claudio Borghi, Jari Colla e Silvia Sardone.








































































(...ma, come ci siamo detti, questi annunci sono superflui, perché questo blog non è mai esistito, voi non siete mai esistiti, o, se siete esistiti, avete deciso di non capire quello che era peraltro evidente: in politica contano i numeri, ma contano solo se sono visibili - e se questo blog fosse esistito avrebbe contribuito a renderli tali - e contano solo se al momento giusto si manifestano nell'urna. La canzonetta che mi sono sentito cantare tante volte: "Tu sei bello, bravo, buono, facondo, intelligente, arguto, lungimirante, ecc., ma la Legaaaaaah!11!1! Ma il candidato Pirillazzi di Fanfullago di Sotto che il 31 febbraio duemilacredici ha dettooooooh!!1!1 Ma Draghiiiiiii!111!", ecco, questa stucchevole canzoncina mi riconcilia con la vostra non esistenza - oltre a esserne la causa: meglio avere a che fare col nulla e con nessuno che con la devastante, incontenibile, annichilente forza della stupidità! Sì, perché bisogna essere stupidi, ma molto, molto, molto stupidi, per non porsi una domanda, la più semplice delle domande: "A che cosa mi serve un candidato forte in un partito debole?" Chi mi segue da quando scrivevo sul Manifesto, se esistesse, potrebbe capire da sé, senza bisogno che glielo spiegassi io, quanto certi candidati, le loro posizioni, la loro antropologia, possano collimare o meno con le mie, e quanto nella dialettica interna del partito di cui sono responsabile economia ci possiamo trovare dalla stessa parte o da parti opposte. Fatto sta che, anche se non ve ne volete rendere conto, non ha alcun senso votare una persona e indebolire il partito in cui milita. L'unico risultato che si otterrà, con questo gesto che vuole considerarsi di vindice giustizia, che vuole rappresentare un culmine di machiavellica astuzia, è quello di indebolire la persona che si è votata: indebolirne il peso contrattuale ai vari tavoli con alleati e avversari, indebolirne l'immagine, e quindi quella delle battaglie che sostiene all'interno del proprio partito. Sarebbe quindi gesto gradito almeno il non far perdere tempo con una sbrodolata di complimenti del tutto ultronei, ai quali, come forse avrete... anzi: avreste notato, se esisteste, nonostante i miei strenui tentativi di (non) nasconderlo, reagisco con un malcelatissimo fastidio. Perché chi ti fa tanti complimenti o vuole ammazzarti o comunque ti ammazzerà senza volerlo: e io preferisco giocare d'anticipo. Va da sé che siccome non esistete ammazzarvi è superfluo, ma ci siamo capiti.

D'altra parte, voi siete fatti così.

La stessa forma mentis che vi conduce, da bravi fuuuuuuuuuuuuurbi, a indebolire i "vostri" candidati all'interno del partito che c'è, è anche quella che vi costringe a far abortire qualsiasi conato di costruzione del partito che non c'è, quello anti-tutto. Il partituncolo non decolla perché ognuno pensa di essere migliore degli altri e ognuno vuole votare solo per il candidato che rispecchi esattamente le sue posizioni, cioè, in definitiva, per se stesso. Una logica che, se applicata, ci porterebbe ad avere 60 milioni di partiti in un Paese che ha ridotto del 30% i parlamentari! Chiaro, no, che qualcosa non va? Lo dico a tutti voi lettori: il primo compromesso che la politica, per avere un senso e una possibilità di successo, ci insegna a percorrere, è quello con noi stessi. Chi si ama troppo per compromettersi con se stesso, per appannare la sfolgorante immagine di sé ai propri occhi critici e superciliosi, è cortesemente pregato di acquistare una colonna di marmo di Carrara, farla erigere fuori dai piedi e andarci a vivere in splendida e incorrotta solitudine. Ai miei elettori, quelli abruzzesi, dico di fare due conti: il voto "punitivo" ("quello non lo voto perché non mi ha risposto al telefono, quello non lo voto perché ha sorriso a Gentilozzi, quello non lo voto perché ha candidato Piripicchio al comune di Roncobollito, ecc."), questo voto qui, finisce per premiare chi si vuole punire, o, nella migliore delle ipotesi, per punire chi si vuole premiare. Se si decide di fare politica, e di farla coi partiti, al momento decisivo, che è quello del voto, c'è un'unica cosa giusta da fare: muoversi e sostenere la squadra. Tutto il resto si risolverà prima o poi in un boomerang, si tradurrà nel classico "tagliarsi i coglioni per far dispetto alla moglie". La moglie, elaborato il più o meno grande lutto, il suo da fare poi lo trova...)

(...scuserete questo lungo discorso sul metodo. Il merito della questione è sempre il solito, ne abbiamo parlato per anni, nulla è cambiato se non per confermare le nostre posizioni. Magari ricominceremo a spiegarle agli ultimi arrivati. Restano impregiudicati i due principi che mi hanno guidato fin dall'inizio. Il primo è che per quanto possa appassionarmi il difendere una posizione intellettuale o politica, io stavo bene dove stavo, sto bene dove sto, starò bene dove starò, perché in buona sostanza me ne infischio: sono consapevole di essere mortale e di non poter cambiare la SStoria, ci si prova, ma si cerca sempre di conservare lucidità. Il secondo, complementare, è che chi ha tanto desiderato un certo mondo, ma anche chi ha lasciato, per indifferenza, per convenienza, che altri lo desiderassero per lui, ha pieno diritto di goderselo, mentre a mio avviso non ha pienissimo diritto di lamentarsene. Dopo di che, su che cosa sia l'UE, che cosa sia il PD, e che cosa sia la cioccolata, ci intratterremo... anzi: ci intratterremmo questa sera a Sesto, se voi esisteste. Ma voi avete deciso di spiaggiarvi, come dei beluga qualsiasi, e quindi, col vostro permesso, prendo discretamente le distanze...)

(...soluzione: sono la stessa cosa...)

(...il momento di spingere è ora...)

venerdì 3 febbraio 2023

Disinformare sulla disinformazione

Quante volte abbiamo letto sui giornaloni o sentito dire al bar, in televisione, o nell'aula della Commissione amore, che oggi le fake news sono un problema serio, forse il più serio; che attraverso di esse i social media possono condizionare l'esito di elezioni, o amplificare la violenza sociale (per gli amici: l'odioh); che i cittadini sono sopraffatti dalla quantità di fake news in circolazione e non sanno come difendersi; che Internet è l'ambiente privilegiato e la cassa di risonanza par excellence di queste falsità sediziose, perché la sua rapidità di diffusione avvantaggia sistematicamente le notizie false, a scapito di quelle vere; questo perché gli utenti social sono creduloni, e quindi, da disinformati, si fanno parte attiva della disinformazione, avvalendosi della viralità del mezzo?

Tante.

Così tante che ormai queste petizioni di principio sono date per fatti assodati.

Nessun compassato piddino da salotto oserebbe contestarle, come non si contesta tutto ciò che rassicura. In fondo, se "il popolo" (che per i piddini deve essere rousseauianamente buono) ha votato "male" (cioè contro di loro) un motivo ci deve essere, e ovviamente non può essere che loro (i piddini) hanno sbagliato: deve essere invece che "i cattivi" (i russi, i cinesi, i marziani...) hanno fatto diventare cattivo il popolo disinformandolo sui social. Con questa spiegazione si prendono i classici due piccioni con una fava: "il popolo" è buono, "i cattivi" sono cattivi. Il mondo funziona come dovrebbe funzionare. Quando le cose vanno storte, quindi, la colpa è del mezzo (Internet) che consente ai "cattivi" con le loro "falsità" di raggiungere "il popolo", che, lo ripetiamo, è buono, ma anche - ça va sans dire - un po' coglione (concetto di cui è implicitamente intrisa tutta la fielosa melassa paternalista piddina).

Ora, per quanto consolatorio, rassicurante, autoassolutorio possa essere questo discorso, per quanto sovvenga al bisogno di una sinistra in sindrome da shock post traumatico di non porsi delle domande esistenziali, per quanto la aiuti a leggere in chiave favolistica (buoni, cattivi) i propri fallimenti, per quanto quindi ci piacerebbe avallarlo per clemenza verso l'avversario (parcere subiectis), purtroppo non possiamo, perché questo discorso, che poi è stato il Leitmotiv della Commissione amore, ha un solo difetto: è fake.

La scienza, da non confondere con Lascienza, dice altro.

La scienza dice, innanzitutto, che le fake news sono una percentuale irrisoria delle notizie "consumate" dai cittadini: c'è chi dice lo 0.15%, c'è chi dice lo 0.16%, qualcosa insomma di molto distante dalle percentuali mai realmente esplicitate ma sempre allusivamente indicate come pericolosamente maggioritarie dai tanti sociologi da cortile in giro per talk show e Commissioni parlamentari.

La scienza dice che la stragrande maggioranza degli utenti social non condivide affatto fake news (alla faccia della "viralità" di cui abbiamo sentito parlare esperti da baraccone), e, di converso, che la diffusione di fake news è opera di un gruppo estremamente minoritario di utenti (lo 0.1% degli utenti è responsabile del rilancio dell'80% delle fake news).

La scienza ci dice anche che se una fake news (qualsiasi cosa essa sia, ovviamente: perché anche il modello eliocentrico è stato una fake news...) raggiunge un utente social, di norma questo tende a considerarla meno plausibile di una notizia vera (il conformismo ha fatto anche cose buone...).

Ma soprattutto la scienza ci conferma, e noi qui non ne abbiamo bisogno, che nella diffusione di notizie "false e tendenziose" i media tradizionali (TV e giornali) giocano un ruolo tutt'altro che secondario.

E allora, se i social media non sono né gli unici, né i principali responsabili della diffusione di fake news, e se queste non hanno il ruolo così dirompente che i piddini gli attribuiscono (semplicemente perché i cittadini sono meno babbalei di come i piddini desiderano credere che siano, per consolarsi del fatto che gli stessi cittadini hanno voltato loro le spalle), perché tutto questo accanimento contro i social, questa demonizzazione, questa libidine ributtante di irreggimentarli, censurarli, silenziarli?

Questa domanda mi ha assalito leggendo il pregiato studio da cui ho tratto i riferimenti che vi ho fornito sopra. Uno studio che vi esorto a leggere nonostante che questa domanda, salvo errore, gli autori non se la siano posta. Ma a me sembra centrale, e credo che sia urgente risponderle.

La risposta, "mi verrebbe da dire" (cit.), è che se vuoi sopprimere un canale che non diffonde falsità, lo fai per evitare che diffonda verità (se non serve a niente serve a qualcos'altro).

E se siete qui, forse avete in mente un'idea, e certamente avete davanti agli occhi un esempio, di che cosa io intenda dirvi.

Siamo a poco più di un anno dalle prossime elezioni europee, e la strada è tracciata.

Loro andranno avanti piantando bandierine identitarie per chiamare a raccolta un popolo che non possono più credibilmente raccogliere sotto lo stendardo del lavoro, nonostante le goffe esibizioni di resipiscenza. Sarà così tutto un florilegio di diritti cosmetici, anzi: dirittu cosmeticu (che non è rumeno, ma un nuovo v@zz@ d@ll@ s@n@str@), sarà un'affannosa race to the bottom alla ricerca del più distante degli ultimi per non occuparsi del più prossimo dei penultimi (di cui ormai si percepisce la freddezza), sarà un diuturno tentativo, camuffato dalle più generose intenzioni, di soffiare sul fuoco del conflitto intergenerazionale, alla ricerca di un nuovo '68, e su quello del conflitto sociale, alla ricerca di un nuovo '69, col rischio palese ed evidente già in queste ore di mancare questi due appuntamenti palingenetici, per portarci direttamente a una nuova spirale di violenza e di morte in stile anni '70.

Ma questo non servirà a molto, e loro lo sanno, e quindi non gli basterà.

Non potendo vincere con la forza (inesistente) del loro messaggio, dovranno adoperarsi per censurare il nostro.

Il percorso iniziato con la Commissione Joe Cox, proseguito con la Commissione amore, punteggiato da infiniti tribunalucci e tribunaletti della verità, proseguirà sempre più rapido e scomposto. Qui trovate un esempio, analizzato qui, di cui discuteremo qui giovedì prossimo.

Del resto, l'ultima volta se la sono vista brutta: hanno vinto per soli nove voti.

Non stupisce quindi che loro siano motivati a giocare il tutto per tutto pur di non essere sconfitti. E voi, che ci siete andati così vicini, cosa siete disposti a fare per vincere?

giovedì 2 febbraio 2023

RIP 110%

Come sapete (?), EUROSTAT ha aggiornato ieri il suo Manuale sul deficit e il debito pubblico. Fra le novità di questa edizione, il paragrafo 37 a pag. 86 chiarisce che:


"se un credito fiscale può essere trasferito a terzi, deve essere considerato credito pagabile e quindi va appostato nei conti nazionali come attivo per il contribuente e passivo per lo Stato".

Morale della favola: i crediti fiscali originati dal 110% sono debito pubblico.

La distinzione fra crediti "pagabili" e "non pagabili" è risalente: la si trova anche nella precedente versione del manuale, e recita così (a pag. 82):


mentre nell'ultima versione recita così (a pag. 85):

Il testo è sostanzialmente immutato: sono crediti d'imposta "pagabili", o "rimborsabili", o "non a perdere" (tradurre "wastable" non è semplicissimo, ma ai curiosi, sottoinsieme degli alfabetizzati nel XX secolo, sarà interessante sapere che il termine deriva da vastus, come "devastare", per dire, o come "guasto"...), quei crediti d'imposta il cui ammontare viene corrisposto al beneficiario in ogni caso, indipendentemente dall'entità del suo debito fiscale, anche nel caso in cui il beneficiario del credito non debba alcuna imposta (non abbia alcun "debito" fiscale).

Di conseguenza, dal lato del Governo questi crediti fiscali vanno considerati spesa pubblica, più che mancato gettito (visto che li si paga anche se gettito non c'è).

Nella simpatica sezione 2.2.2.4.3 del Manuale, denominata: "Borderline cases between payable and non-payable tax credits", aggiunta in questa versione del manuale, appare il paragrafo 37 da cui siamo partiti, e che prima non c'era, la cui ratio è chiara: dato che la possibilità di cedere il credito d'imposta implica che esso non andrà perso (par. 35), e dato che se è possibile cedere il credito d'imposta questo diventa una attività per il cedente, e quindi necessariamente una passività per qualcuno (par. 36), i crediti d'imposta cedibili sono una passività per lo Stato nel loro intero ammontare (par. 37).

Faccio astrazione (per ora) da quali saranno le conseguenze sulla finanza pubblica italiana di questa puntualizzazione, anche perché ho il vago sospetto che nessuno sia in grado di calcolarle esattamente ad oggi.

Mi limito ad alcune considerazioni, già svolte in altre sedi, e che quindi non rappresentano una assoluta novità.

Intanto, rebus sic stantibus, va osservato sine ira et studio a tutti i portatori di interesse di rigorosa ortodossia europeista assiepati alle nostre porte che nel loro mondo, nel mondo che hanno fortemente desiderato loro, l'alternativa non è fra un mondo in cui l'Italia magicamente cresce grazie al 110% e un mondo in cui l'Italia va in rovina grazie alla mancanza del 110%. Nella loro metrica, nel loro sistema valoriale, nei manuali delle loro istituzioni (che sono diventate le nostre perché loro erano in maggioranza, punto su cui torno subito dopo), l'alternativa è fra un mondo in cui l'Italia si ritrova con lo spread  a 500 a causa di un deficit "eccessivo" (secondo le loro regole) e quello in cui l'Italia cresce di meno perché non promuove il settore delle costruzioni.

Ripeto: questo nel loro mondo.

Dopo di che, noi sappiamo che lo spread è un fenomeno monetario e non fiscale (ma loro non lo sanno e non ci hanno mai aiutato nella nostra battaglia culturale per farlo sapere), noi sappiamo che l'Italia viaggia 400 miliardi di euro sotto il suo tendenziale storico a causa della distorsione deflazionistica imposta dall'uso del Pil potenziale nelle regole europee (ma loro non lo sanno e non ci hanno mai aiutato nella nostra battaglia culturale per farlo sapere), ecc.

Usare la forza dell'avversario significa anche lasciarlo vivere nel mondo in cui ha voluto vivere.

Ovviamente, se vogliamo buttarla in politica, ora avversari e alleati faranno guerra da corsa sul tema, offrendo soluzioni miracolose che però, purtroppo, in questo mondo non ci sono. Ovviamente si lamenteranno catastrofi inenarrabili, come già era accaduto, ad esempio, al tempo dell'introduzione della fattura elettronica. Pareva che la Terra dovesse smettere di ruotare sul proprio asse, scagliandoci nello spazio a una velocità compresa fra gli zero (ai poli) e i 1500 km all'ora (all'equatore). Siamo ancora qui. Non voglio minimizzare: voglio solo farvi capire dove porta una certa comunicazione.

Obiezione: "Sì, vabbè, ma laggente soffronoooooooo!!1!1!"

Amici cari, se non avessi saputo che laggente soffrivano e non avessi previsto che avrebbero sofferto di più non avrei mai aperto questo blog. Laggente hanno maggioritariamente voluto questo mondo, votando per gli ortotteri nonostante fosse chiaro come sarebbe andata:


(qui, ma il ragionamento era iniziato qui e era in nuce qui), e come i fatti hanno dimostrato:


(qui). Dopo di che, i nostri amici ortotteri la fossa non se la sono scavata, grazie al reddito della gleba (aka reddito di scambio), non a caso potenziato dall'ultimo governo a trazione PD (il governo Draghi).

Certo, il reddito della gleba l'ho votato anch'io (ero presidente delle Commissioni riunite in cui è stato fatto), certo, la fiducia al governo a trazione PD l'ho votata anch'io (mi hanno anche imposto, per nonnismo, di intervenire in discussione generale!). Di come funziona ne abbiamo già parlato e se volete ne riparliamo: so che gli intelliggentiTM non vorranno mai ammetterlo, ma questo doloroso percorso è servito a porre le basi per depiddinizzare il Paese, stante che, purtroppo, l'unico metodo di provata efficacia per la depiddinizzazione di un singolo o di un'entità collettiva è il metodo Céline:


Sì, com'è noto, e come la vicenda della punturina ha dimostrato, il "potere", chiunque o qualunque cosa esso sia, è riuscito a destrutturarci così tanto, abolendo la carità ("accorgersi delle cose prima che capitino a te"), che ormai solo la minaccia esistenziale diretta (choses bien cruelles) smuove le coscienze e promuove una reazione. Reazione labile perché dura quanto la minaccia stessa, e perché non vale a creare una solidarietà e una coscienza collettiva, "di classe", si sarebbe detto un tempo (ora non si può più dire). C'è voluta la paura di morire (per il COVID o per il vaccino, poco importa), perché la stragrande maggioranza si accorgesse del fatto che qualcosa non andava, che la Costituzione era un baluardo friabile, ecc. Voi direte: che c'entra? Io credo che un po' c'entri. Chi non s'era svegliato mentre la Grecia veniva macellata, o quando noi venivamo purgati con l'austerità, si è svegliato quando è toccato a lui, perché se un "noi" non esiste, non si può costruire, allora comanda "io", "il più lurido dei pronomi". Non solo non devi chiederti per chi suona la campana, ma anche come suonerà, perché una cosa è certa: se non ti dai da fare, se ti muovi da solo sarai suonato...

Tornando all'epicedio del 110%, che cosa volete che vi dica?

Da un lato, timeo Danaos et dona ferentes. Una cosa che veniva dagli ortotteri poteva funzionare?

Dall'altro, timeo Danaos et dona ferentes. Dietro il motivato e plausibile rigetto tecnico di EUROSTAT si intravedono una circostanza contingente (se una misura simile fosse stata proposta in Germania, sarei stato curioso di vedere come sarebbe andata a finire), e una posizione ideologica (sappiamo, perché ci è stato detto in Commissione finanze, che prima del tema di "debito pubblico" il precedente Tesoro osteggiava questa misura perché introduceva una moneta fiscale parallela: tanto ci venne detto dal presidente). Il tema "astratto" del monopolio della moneta merce diventa qui concreto: il 110% offriva un rischio potenziale per le finanze pubbliche (ma come è noto si potrebbe controargomentare che il gettito indiretto generato dalla misura vale a colmare questo passivo). Il vero rischio però era di natura ideologica: far toccare con mano ai cittadini la natura fiduciaria ("creditizia") della moneta, quella che i banchieri centrali, se messi alle strette, confessano. Il paradigma della "moneta merce" è quello della scarsità della moneta ("non ci sono i soldi"). Un paradigma un po' farlocco, atteso che mentre si dice che i soldi non ci sono (per investimenti pubblici), se ne stampano a manetta! Ma anche qui: nel mondo dei tanti "io" destrutturati, la stampa a rullo fatta col quantitative easing non si vede, mentre la possibilità di pagare con un credito fiscale un lavoro si vede. Il solito problema delle illusioni ottiche: mentre i benefici dell'euro sono tangibili, i suoi rischi intangibili. Di converso, mentre le criticità del QE sono intangibili, i benefici del 110% sono stati tangibili. Continuare su questa strada avrebbe aperto qualche occhio di troppo.

Perché poi, alla fine, il tema è sempre il solito: anche se fosse deficit, perché mai a un Paese che è stato ridotto così:


dovrebbe essere impedito di farne, per ritornare dov'era?

Mi avvio a concludere, per i dimofamo e i sicceroio.

Credo vi ricordiate di quel mio studente che in campagna elettorale mi apostrofò: "Professore, io continuo ad ammirarla come docente, ma ha perso la mia stima come politico!"

Io "me lo sò guardato" e gli ho detto: "Amico caro, intanto ti ringrazio per l'ammirazione, e poi voglio chiederti: secondo te lo scopo del gioco qual è? Prenderlo in tasca? Perché se è così, allora ti segnalo che una tasca ce l'hai anche tu!" (non sono sicuro di aver detto tasca, ma il resto è testuale). Tradotto: chiedere a questo Governo di farsi travolgere dallo spread non mi sembra una buona idea, e non perché "così andresti a casaaaahhh1!!1!" (anche perché abbiamo visto ben altri rivolgimenti di Governi non seguiti da elezioni anticipate), ma perché c'è da costruire in Europa la filiera che sappia resistere a roba di questo tipo, che sappia negoziare regole di bilancio sensate, ecc.

I torti e le ragioni li sappiamo o crediamo di saperli, ma contano il giusto. Il successo non è garantito, ma arrendersi sicuramente non ci avvicina ad esso.

Il prossimo appuntamento sono le europee del 2024. Ci dobbiamo arrivare come un "noi", non come un'accozzaglia di "io" isterici e onfaloscopici, dobbiamo arrivarci sapendo situare nel corretto contesto le differenti tessere del puzzle e individuando con chiarezza il nostro avversario.

Quattro anni fa i voti per sconfiggerlo si contavano su due mani.

Fra un anno?

Dipende da noi. Ne parleremo il 15 aprile al #midtermgoofy, dove sono lieto di annunciarvi la presenza di...

(...chi indovina entra gratis!...)

(...mi permetto di aggiungere: dipende da voi, perché io sono solo uno e quello che dovevo fare, indicarvi dove e chi fosse, l'ho fatto sufficientemente per tempo...)