domenica 6 agosto 2017

Euclide, Ronchi, e Lascienza (post ad personam)

(...Enrico Nardelli freundlich gewidmet...)

(...home, sweet home... Rockapasso telefona: "I due posti più belli che ho visto in vita mia: Pianosa e Capraia!" Uga, da Capraia, non voleva proprio andarsene: è la prima volta che la vedo esprimere una preferenza, lei così riservata - si sarà innamorata del marinaio? Naturalmente, seguaci ovunque: anche lì... Comunque, due isole, due idee del mio nipotastro toscano, quello che coi cugini parla in romanesco per prenderli per il culo... Ma è anche bello tornare a casa, dai propri libri - more on this later. La nuova sede di a/simmetrie è quasi operativa: domani installano la caldaia, di cui per ora non si sente il bisogno, e poi c'è qualche piccolo problema con gli infissi: del tutto fisiologico, quando si lavori in una città che deve la propria reputazione internazionale a un manufatto che ha fatto della mancanza di infissi una cifra stilistica inconfondibile. Per settembre sarà tutto risolto e vi inviterò - virtualmente - all'inaugurazione. Abbattiamo i muri, aboliamo i confini... ma almeno la porta del cesso occorre che si chiuda!

O no?

Oggi, comunque, proseguiamo il nostro discours de la méthode...)


Il dibattito sul metodo scientifico avviato dai post precedenti ha appassionato molti di voi, il che mi rallegra, anche se pochi mi pare ne abbiano ancora colto il messaggio fondamentale, il che non mi stupisce né mi preoccupa: abbiamo molto tempo da passare insieme, quello che ora non si vede, col tempo vi sembrerà di averlo sempre saputo. Non credo, d'altra parte, che comprereste una Settimana Enigmistica coi cruciverba compilati: non vi servirebbe né a passare il tempo, né a esercitare la memoria o l'ingegno. Allo stesso modo, penso che sia più costruttivo per voi e per me che siate voi a seguire un vostro percorso, stimolati dalle mie riflessioni, piuttosto che ricevere da me un nuovo slogan da appiccicarvi in testa, così come prima vi siete appiccicati quelli "proeuro", e poi, ahimè, in alcuni, controproducenti casi, quelli "noeuro".

I problemi di metodo non si risolvono con gli slogan.

Questo blog nasce certo da un empito di sdegno e di passione civile, seguito all'acquisto di una consapevolezza che mi mancava (non avendo io avuto il funzionalismo nei miei programmi di studi): quella che la crisi della moneta unica, che tanti lutti aveva fatto e sta facendo, era stata prevista e implementata come deliberata strategia di integrazione politica. Ma nasce anche, e forse soprattutto, dal desiderio di riscattare la scienza dal discredito in cui l'aveva gettata la sua cugina puttana, Lascienza. Uno snodo essenziale di questo riscatto è stato rivendicare per l'economia lo status di scienza, in diretta opposizione al mantra "l'economia non è una scienza", messo in circolo, paradossalmente, proprio dagli esponenti di quel "pensiero" liberista il cui principale contributo metodologico è stato la matematizzazione della disciplina. Ho cercato cioè di evidenziare come gli stessi che avevano tentato, con le motivazioni e i paradossi esposti tanto bene da Keynes, di trasformare in scienza naturale una scienza umana, venissero ora a dichiararne il fallimento per sottrarsi alle proprie responsabilità scientifiche, etiche e politiche.

Attraverso i mesi e gli anni vi ho mostrato, "unendo i puntini", che una serie di evidenze variamente propostevi dai media come epifenomeni di cause disparate e sconnesse (acoruzzzzione, aglobalizzazzzione, ecc.), potevano comporsi in un quadro ordinato, coerente e razionale, cioè in un discorso, appunto, scientifico. In parallelo, ho cercato, nella misura del possibile, di farvi intuire quanto fosse ingenua e in buona sostanza fuorviante la distinzione fra scienze "umane" (o "sociali") e scienze "dure". A un certo livello di consapevolezza, questa distinzione svanisce: ci si confronta con i limiti delle proprie certezze, e il dibattito si apre. Ad alcuni secoli dalla famosa (e probabilmente fake) mela di Newton, ognuno di noi è perfettamente convinto di sapere cosa sia la forza di gravità. Fa eccezione quella decina di persone che la studiano sul serio (qualcuno sarà anche qui), e che invece continuano a porsi domande.

Sarebbe opportuno che la consapevolezza che ogni scienza è "umana", che nessuna scienza è "dura", e che tutte le scienze sono un processo, non un traguardo, si diffondesse anche agli strati meno "abbienti" in termini di bagaglio tecnico (sì, vi ho detto minus habens...).

Tralascio il fatto che questo blog si apre con una previsione (scientifica) che si è poi dimostrata drammaticamente valida: i salvataggi di Monti non ci avrebbero salvato, perché davano la risposta giusta alla domanda sbagliata, e così facendo avrebbero mandato in crisi le nostre banche. Previsione azzeccata, come tante altre fatte in questo blog punteggiato di QED: ma non vorrei qui aprire il dibattito epistemologico sul valore predittivo della scienza (al quale ha contribuito un nostro caro amico). Nonostante colpiscano molto l'immaginazione degli ignari, una o più previsioni azzeccate, di per sé, non fanno "scienza", per il semplice motivo che potrebbero essere banali colpi di fortuna. Ci sarebbe quella storia della replicabilità dell'esperimento. Ma abbiamo visto che non si applica a tutte le scienze, e che anche dove si applicherebbe quasi mai questo requisito viene assicurato. Ha ragione Dominick Salvatore quando ripete che Nouriel Roubini ha usurpato la propria fama di profeta di sventura. Quando le cose vanno bene si fa presto a dire che prima o poi andranno male. Questa non è scienza. La scienza comincia quando spieghi perché! Se vi leggete il Roubini pre-Lehman, troverete un simpatico collega tutto debitopubblico e distintivo. La crisi è arrivata, ma da un'altra parte. Roubini ha avuto fortuna, e parte della sua fortuna è stata fare un discorso che il suo pubblico capiva: Stato nemico, debitopubblico brutto, repubblicani cattivi, ecc.

Diciamo quindi che è scienza accettare la sfida posta da un dato apparentemente anomalo (nella visione del mondo corrente), per inserirlo in una nuova, e più economica (nel senso di concisa, elegante), visione del mondo.

Quando si fa questa operazione si fa scienza, e per farla non c'è bisogno di alambicchi o di telescopi. La si può fare anche senza formule, e anche (e soprattutto) nel contesto di una scienza "umana" o "sociale".

"Siamo in una crisi di debito pubblico!" "Ma perché nei paesi che sono più in crisi il debito pubblico è diminuito, è andato indietro?" Ecco: nel modello tolemaico-gianniniano questa resta una anomalia, e per spiegarla il nostro, poverino, deve arrampicarsi sugli specchi (o semplicemente occultare il dato alla canea dei suoi tifosi). Nel nostro modello, invece, la retrogradazione del debito pubblico si inserisce in modo perfettamente coerente, come vi ho mostrato in prosa più o meno d'arte.

Anche le scienze dure hanno le loro retrogradazioni inspiegabili!

Quando Bruno in un post precedente parla di emicicli, che poi sarebbero gli epicicli, ci dice una mezza verità (scusa, Bruno: qui il maschio alfa sono io e purtroppo ogni tanto mi tocca marcare il territorio). In effetti, il sistema copernicano risolveva un problema macroscopico, quello della retrogradazione dell'orbita dei pianeti (che era stato all'origine dell'introduzione di epicicli e deferenti): in un sistema eliostazionario questo diventava un non problema. Tuttavia, per motivi credo ideologici, Copernico ipotizzava che le orbite fossero circolari (c'è di mezzo un po' di Platone, l'idea della sfera come solido perfetto, ecc.) e che la velocità angolare dei pianeti fosse uniforme. Si trovava così con un modello più bello, ma che conservava delle anomalie: ad esempio, riferite alle dimensioni apparenti dei pianeti, e anche alla loro posizione. Invece di fare un passo avanti (che poi avrebbe fatto Keplero - Bruno saprebbe dirvi che lo fece immaginando che le orbite fossero ellittiche, e la velocità angolare dei pianeti non fosse costante), fece un passo indietro aggiungendo epicicli...

Quanto è tortuoso il cammino della scienza...

Puoi mandarla avanti, ed essere un genio (e ricordato come tale), anche prendendo il peggio della teoria che hai cercato di superare, quando in fondo basterebbe applicare, come quasi sempre basta, il rasoio di Occam. Insomma: vorrei dirvi che le cose non sono semplici, e regalarvi la facile previsione che un giorno vi vergognerete delle verità assolute che andando ragliando in utroque nel contesto di certi dibattiti troppo accesi. Anni di divulgazione sono passati su molti di voi come gocce di rugiada su una lastra di granito: il loro senso ancora non vi è chiaro, ma lo diventerà.

E qui vengo alla parte ad personam.

Un altro elemento che falsa completamente il nostro rapporto con la scienza (e più in generale con l'uomo) è la nostra incapacità di porci in prospettiva storica. Molto semplicemente, noi (come singoli, e come umanità) per definizione sappiamo quello che sappiamo, e quindi (come singoli e come umanità) non abbiamo né possiamo avere idea di quanto ci sia ancora da sapere, cioè, banalmente, non sappiamo quanto (ancora) non sappiamo. Questo dato lapalissiano ci induce inesorabilmente a vedere la scienza come una storia di successi, di superamenti, sia pure con qualche ghirigoro (vedi gli epicicli di Copernico), degli "errori" degli antichi, "errori" che, una volta superati, non si ripeteranno più. Un'illusione ottica alla quale sottrarsi è difficile, anche perché è molto rassicurante. Ci sentiamo membri di una nuova umanità, che non si lascerà attirare in certe trappole, e quindi, come singoli, sentiamo di poterci tranquillamente affidare alla scienza, perché, pur consapevoli delle eventuali trappole tese da Lascienza (20 con la bocca, 50 con la pirreviù), sappiamo di sapere che la ricerca "pura" (?) ha acquisito una coerenza e una consistenza metodologica che la rende ormai immune da errori non venali (insomma: gli scienziati sbaglierebbero solo se pagati per farlo, cioè solo se Gliscienziati).

Questa visione "rettilinea" e naturalistica della ricerca scientifica si traduce nella convinzione metascientifica che Euclide o Parmenide fossero sì degli scienziati, ma comunque un po' meno scienziati di noi, che Aristotele fosse sì un genio, ma comunque meno genio di Gauss, che poi è come dire che Monteverdi fosse sì un musicista, ma meno musicista di Stravinskij (e Caravaggio un pittore meno pittore di Kandinskij - per preservare la rima in "inskij"...), e questo perché non c'erano ancora stati Galileo e Newton (per semplificare).

Soccorre in questo fuorviante equivoco un'altra idea, ugualmente farlocca: quella che noi si sia alla fine di un percorso, dove, sì, ci sono dettagli da sistemare, ma sostanzialmente quello che c'era da sapere l'abbiamo saputo, e il resto è roba per specialisti. L'equivoco, per carità, è naturale: noi della storia vediamo la nostra metà, quella che da meno infinito arriva a noi, e non vediamo l'altra metà, quella che parte da noi verso l'infinito (e oltre). Insomma (o inZomma): la rivoluzione copernicana c'è stata, la mela è caduta dall'albero, Galileo ha appreso da papà (che aveva appreso da Pitagora) che il cosmo è retto dal numero, festa finita, noi abbiamo ragione, gli altri avevano torto, meno male che ce ne siamo accorti, possiamo chiuderla qui.

Le cose, però, non stanno esattamente così.

Prendiamo ad esempio la luce. Se io dovessi spiegarvi cos'è, avrei grosse difficoltà (posso intuire che in qualche modo dipendano dal fatto che tecnicamente mi trovo a disagio con le equazioni di Maxwell: quindi, non solo so di non sapere, ma so anche perché non so, mentre temo che qui molti ingengngnieri in ascolto sappiano di sapere, e qualche fisico si vedrà costretto al pio ufficio di prenderli a badilate sui denti...). Tuttavia, che mondo sarebbe senza luce? Fiat lux! La luce è la condizione necessaria perché il cosmo esista, cioè perché noi lo percepiamo... eppure molti di noi non saprebbero descriverne la natura fisica, e questo, in fondo, non è assolutamente un problema: a differenza dell'economia (e della nutrizione) è piuttosto difficile che l'ottica si occupi di te se tu non ti occupi di lei, a meno che tu non entri nella galleria degli specchi di un luna park.

Stiamo parlando di scienze dure (fisica): cosa c'è di più lontano dai dibattiti ideologici?

Eppure, nella discussione a un post precedente, uno di voi ricordava come anche oggi, in cosmologia ci sia dibattito. Medicina, astrofisica, chimica, filologia classica, informatica, biologia, tutte queste discipline, tutte le discipline, hanno i loro keynesiani e i loro monetaristi, ce li hanno da sempre, e sempre ce li avranno.

Un buon modo per avvicinarsi ai problemi del metodo scientifico (e quindi per darsi una solenne calmata, e per riconoscere un cialtrone quando lo si incontra - operazioni che entrambe possono salvarti la vita!) è leggere dei buoni testi di storia della scienza. Uno al quale devo molto (e non so chi mi ci abbia fatto arrivare) è la Storia della luce da Euclide a Einstein di Vasco Ronchi. Già il titolo (come non apprezzai quando lessi il libro per la prima volta) è una lezione di metodo. Non "Storia dell'ottica" (cioè della scienza che studia la luce), ma "Storia della luce", a ricordarci che tutti i fenomeni sono in quanto noi ce li rappresentiamo, e che questa rappresentazione ha una dimensione storica (e quindi sociale) inestirpabile. Ogni verità tecnica è comunque storicamente e socialmente condizionata. Non solo le verità tecniche del tecnico Monti che voleva curare una crisi di debito privato abbattendo il debito pubblico.

Proprio all'inizio del libro troviamo espresso, meglio di come ve l'ho espresso io, un concetto fondamentale, che deve suonare per ognuno di voi come un campanello di allarme. Parlando delle ricerche in ambito ottico dei greci, Ronchi commenta:

"La messe di lavoro in questo senso è veramente degna della massima considerazione. Dal seicento in poi si è tentato di gettarvi sopra del discredito; devesi però riconoscere che i critici non erano troppo sereni, forse perché abbagliati dai momentanei successi della nuova "filosofia naturale". Con questo non si vuole affermare che tutte le idee dei filosofi greci siano inattaccabili; ma è un fatto che molto di ciò che è giunto ai giorni nostri regge alla critica più serrata, purché serena e spregiudicata; anzi merita la qualifica di frutto di ragionamenti condotti a stretto fil di logica, e non solo con molto buon senso, ma anche con acume." (p. 4 dell'edizione Biblioteca Universale Laterza del 1983).

Sì, Ronchi vi sta dicendo che Newton non era "più scienziato" di Aristotele, e quindi, implicitamente, che sarebbe un errore per noi, sentirci "più scienziati" di Newton (o più poeti di Omero)...

Ma la frase che più mi è rimasta impressa del libro rinvia a un dibattito molto vecchio.

Vi dicevo, keynesiani e monetaristi ovunque...

Ecco: anche all'inizio della storia della luce troviamo scuole che si combattono da prospettive opposte. La linea di attacco, al tempo dei primi filosofi, era spiegare il meccanismo della visione: "il solo effetto conosciuto della luce era la visione ed era quindi naturale che lo studio cominciasse di qui" (p. 5). Il problema era appunto collegare l'occhio alla cosa vista, e su questo si affrontavano ben quattro scuole di pensiero: i pitagorici sostenevano che la visione fosse dovuta a un effluvio che dall'occhio "colpiva" l'oggetto; Democrito, per ovvi motivi, pensava invece che le cose andassero al contrario, cioè che gli occhi fossero colpiti da atomi che si staccavano dagli oggetti (letto Lucrezio? Sarebbero i simulacri del quarto libro); Empedocle che doveva fare? Mediava, ritenendo che coesistessero entrambi i flussi; e Aristotele, invece, pensava che la visione fosse dovuta a un'alterazione del mezzo interposto fra occhio e oggetto.

Proprio come oggi, furono le teorie estreme a prevalere: Pitagora e Democrito, per capirci. E qui arriviamo a Euclide, quello dell'Ottica e della Catottrica, e degli Elementi, allievo di Platone e quindi pitagorico dentro. La sua Ottica e la sua Catottrica seguono un'impostazione assiomatico-deduttiva, come ci ricordava con parole sue Enrico. Si parte da un insieme di proposizioni non dimostrate, e se ne esplorano le conseguenze seguendo le leggi della logica. Ad esempio, il primo postulato recita: "I raggi emessi dall'occhio procedono per via diritta". Intuizione geniale, che pone le basi dell'ottica matematica, eccetera eccetera.

Ma c'è un'anomalia: il miglior amico dell'economista: lo specchio.

"Venendo a parlare della riflessione (Ndr: Catottrica), l'autore dimentica tranquillamente che il primo postulato dell'Ottica obbligava i raggi emessi dall'occhio a procedere in linea retta, e non dà nessuna delucidazione del perché un'eccezione dev'essere fatta quando essi arrivano sopra uno specchio" (p. 21)

E ora, molta attenzione (soprattutto Enrico):


(p. 22, emphasis added).

Devo aggiungere altro?

Vi ricordate il nostro amico Mark, come passava sopra agli studi che collegavano l'assunzione di saccarosio al livello di trigliceridi? Ecco: siamo lì, con la differenza (non trascurabile) che forse Euclide "passava sopra" gratis.

E vi ricordate lo studio di Nature sul fallimento (della replicabilità degli esperimenti nell'ambito) delle scienze "dure"? (ne abbiamo parlato qui). Qual è la prima causa che la comunità scientifica individua per questo fallimento? Selective reporting, cioè "passare sopra" (in silenzio) a quanto non quadra con la propria visione del mondo.

Potrei farvi molti esempi tratti dal mio ambito disciplinare, e ve li farò, ma vorrei sottolineare un punto: quando Ronchi parla di un "metodo che non è proprio della sola antichità", mostra di essere perfettamente al corrente di certe dinamiche "disfunzionali" della produzione scientifica (quelle confermate alcuni decenni dopo da Nature), e dichiara, se pure implicitamente, di non ritenerle tali da legittimare il relativismo da bar di certi improvvisati epistemologi.

Anche Euclide ha portato avanti la scienza (anche Mark, del resto), e anche Newton, che, come certamente non sapete, nonostante sia uno dei pilastri su cui poggiamo la nostra certezza di essere "più scienziati di Euclide", almeno in ottica aveva più problemi del suo illustre predecessore e ne era tragicamente consapevole. La sua teoria, ovviamente, era diametralmente opposta (la luce avrebbe avuto natura corpuscolare), e questo lo metteva in una serie infinita di aporie e di contraddizioni che non vi dico, a fronte di fenomeni banali, come la rifrazione, o la riflessione parziale (sapete quando guardate dalla finestra, e vedete il pallido riflesso del vostro volto sul vetro?...).

Ma di questo ora non ho tempo di parlarvi. Lo farò se me lo chiederete (è molto interessante), ma consiglio di leggere direttamente Ronchi: ora devo stendere i panni.

Voi mi direte: ma alla fine di questo pistolotto incomprensibile, vuoi almeno dirci che cos'è la scienza? Scusate, ma a me sembra di aver fatto una cosa più utile! Vi ho detto che cos'è la "non scienza": è sorvolare sulle anomalie, e considerare come punto di arrivo quello che necessariamente è un punto di partenza, dichiarando chiuso il dibattito. Certo, anche qui ci vuole buon senso. Non è possibile dimostrare ogni volta funditus che 2+2=4. Ma, d'altra parte, chi vi sbatte in faccia che "la velocità della luce non si decide per alzata di mano" quasi certamente vuole dimostrarvi che 2+2=5 (e in effetti, quando si arrischia in ambito economico, lo fa, abusando della propria posizione dominante).

Ci siamo?

Capito mi avete?

Ecco: allora calma e Ronchi. L'estate è lunga, e Lascienza ci accompagnerà almeno fino al #goofy6...

85 commenti:

  1. Ti va bene che è passato Basaglia, altrimenti rischiavi la fine di Semmelweiss per aver detto delle cose così ovvie.
    Purtroppo i lascienziati sembrano essere una specie non suscettibile di estinzione.

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  2. OT - "Quanto è tortuoso il cammino della scienza..."

    Oggi ricorre il 72° del primo esperimento cittadino di fisica nucleare all'aperto.

    Di quell'orrore (dottrina del bombardamento strategico), iniziato con Guernica e culminato nei due esperimenti di fissione nucleare contro centinaia di migliaia di civili inermi dell'Agosto 1945, non si e' mai chiesto scusa.

    Anzi, da allora, grazie alla Scienza, gli ordigni atomici sono stati via via miniaturizzati e resi pure ecologici, per un loro piu' sicuro impiego su larga scala.

    Chi non conosce la propria storia....

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  3. La scienza come processo e cos'è la forza di gravità mi avete fatto pensare a l'ultimo libro di Rovelli che ho trovato molto interessante "L'ordine del tempo".

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    1. Però Rovelli è piddino per tutto ciò che non riguarda la fisica

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    2. E se facessimo l'ardita ipotesi che si fa tutto con la stessa testa?

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    3. Se la facessimo, c'azzeccheremmo... :)

      Lungo spiegare perché - mi appoggio a questa famosa, illuminante e spassosa intervista a Richard Feynman: Si può rispondere a qualsiasi domanda? da "Perché la moglie di John è all'ospedale" a "Perché due calamite si respingono"...

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  4. Non sappiamo ciò che non sappuamo, lo diceva anche il professor Yoshida (fisica II) e a me viene in mente una riflessione: in fondo il piddino non sa di ignorare ciò che non conosce...

    Sulla cosmologia:
    "Se la teoria delle stringhe è vera mi taglio la gola con questo coltello". Giovanni Amelino Camelia

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  5. Anche Piero Angela.Basta, smetterò di guardare pure superquark. E' capace di fare un documentario dove dimostra che i babbuini sono più virtuosi di noi italiani.

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    1. Se devo suonare Bach, suono Bach. Se devo suonare Boismortier, suono Boismortier. Basta che mi paghino. Sono un professionista.

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  6. Euclide era quello che voleva creare lo spazio partendo da un'infinità di punti senza dimensione.
    Cosa che è logicamente impossibile.Eppure ci provò lo stesso, come mai?.Credo che da questa forma di sana stoltezza nasca la scienza.
    Eppure lo spazio esiste, ed anche il tempo, ma sembrano originare da qualcosa di ineffabile.
    Ma accettato il fatto che due o infiniti punti possano essere distinti fra loro, allora può esistere la dimensione.Quindi, è (sarebbe) il numero, da due in poi, che crea (creerebbe) la dimensione e quindi la distanza.
    Ma di che cosa sono fatti i numeri?
    Ecco , per me la scienza è l'arte di capire quando a certe domande non è indispensabile avere delle risposte.
    Ma necessario per quelle che restano.

    Marco Sclarandis

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    1. Non so se Euclide volesse "creare lo spazio", ma concordo con l'analisi artistica della creazione scientifica. Perché anche la scienza è poietica, come spero si capisca dal mio resoconto.

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    2. Lo spirito immortale di P. K. Feyerabend ringrazia e approva, dal non spazio dove forse ora si trova.

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    3. @Alberto Bagnai

      Del resto, il vero scienziato è creativo, anche solo per una correzione a un'ipotesi o per una miglioria a un fatto tecnico, che se ne occupi direttamente o che la applichi qualcun altro seguendo scientemente quell'idea-proposta di miglioria.

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  7. A un collega chiesero se _credeva_ nel bosone di Higgs. Superato il momento di sconforto rispose: "Si figuri, io non credo neanche nel protone..."

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    1. Vedremo... per il resto la piddinità è forte in lui. Provo a portarlo al goofy ma temo possa autodistruggersi...

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    2. Anche il linguaggio con la sua polisemia può generare fraintendimenti, specialmente nella scelta del verbo e del complemento oggetto. Formulata più o meno correttamente, la domanda suonerebbe così : "Lei reputa - alla luce dei dati sperimentali ottenuti - che la teoria elettrodebole sia stata verificata?" ed è una domanda da rivolgere solamente agli addetti ai lavori che i dati li conoscono e li analizzano.
      Diversamente si raccolgono solo inutili dòxai come dimostra la risposta citata.

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    3. Caro/a Kit Kot, la risposta citata (senza alcun dubbio espressa da un addetto ai lavori almeno quanto me) corrispondeva, a quanto mi è dato di capire, ad un compatto ed elegantemente perculativo rimando al concetto espresso nel suo commento.

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    4. Prendo atto, visti i chiarimenti forniti dalla sua replica, l'elemento ironico implicito nella risposta del suo collega ad una domanda chiaramente mal formulata. D'altronde si sa: matematici e fisici son molto attenti riguardo l'uso del linguaggio. P.S. Piacere di conoscerla. Edoardo. P.P.S. Caro in un periodo di deflazione?

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    5. Piacere, Luigi! Spero il "caro" non le sia suonato ostile. Per me è solo un'alternativa (più piacevole) all'@.
      Ma forse a questo punto il moderatore si chiederà perché dovremmo continuare a fare i casi nostri sul suo spazio...

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    6. Più che altro mi chiedo cosa ci facciano qui persone sprovviste di ironia. Però l'ironia è come il coraggio. Noterete che non se la può dare soprattutto chi se lo misura (more on this below).

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  8. Solo una precisazione . 2+2=4 è vero in una aritmetica non modulare . Ma in una modulare a base 2 si trova che 2+2=0 .
    Come con le ore dell'orologio 12+13=1 e non venticinque .Grande intuizione matematica di Gauss che permise agli astronomi di ritrovare Cerere nel cielo . Comunque questo non inficia minimamente il post del Professore . Anzi è degno di nota di non fare una separazione fra scienze umane e scienze " dure ". Possiamo allora sintetizzare e generalizzare dicendo che si fa scienza ogni volta che SI SA DI NON SAPERE . Ovvero ogni volta che si ammette che ci POSSANO ESSERE ALTERNATIVE . Posto più sotto una poesia di Bertold Brecht .


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    1. Assolutamente corretto. Vedi alla voce "funditus". D'altra parte in base 3, 2+2=11. Forse fare scienza è anche non fare a chi ce l'ha più lungo (ne scrissi sul FQ), ma ammetto che la tentazione è irresistibile!

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    2. ... e menare il randello con la lievità di una piuma.

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    3. Che 2+2=4 è ovvio, ci arrivano tutti. Dimostrarlo un po' meno. E' un lavoro per lo scienziato: colui che scinde le cose per carpirne l'essenza, almeno nella cultura occidentale.

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  9. Un saggio di scienza (e politica): Alessandro Amato
    Sotto i nostri piedi, Codice edizioni.
    Marco Sclarandis.

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  10. Lode del dubbio

    Sia lode al dubbio! Vi consiglio, salutate
    serenamente e con rispetto chi
    come moneta infida pesa la vostra parola!
    Vorrei che foste accorti, che non deste
    con troppa fiducia la vostra parola.

    Leggete la storia e guardate
    in fuga furiosa invincibili eserciti.
    In ogni luogo
    fortezze indistruttibili rovinano e
    anche se innumerabile era l'armata salpando,
    le navi che tornarono
    le si poté contare.

    Fu così un giorno un uomo sulla inaccessibile vetta
    e giunse una nave alla fine
    dell'infinito mare.

    Oh bello lo scuoter del capo
    su verità incontestabili!
    Oh il coraggioso medico che cura
    l'ammalato senza speranza!

    Ma d'ogni dubbio il più bello
    è quando coloro che sono
    senza fede, senza forza, levano il capo e
    alla forza dei loro oppressori
    non credono più!

    Oh quanta fatica ci volle per conquistare il principio!
    Quante vittime costò!
    Com'era difficile accorgersi
    che fosse così e non diverso!
    Con un respiro di sollievo un giorno
    un uomo nel libro del sapere lo scrisse.

    Forse a lungo là dentro starà e più generazioni
    ne vivranno e in quello vedranno un'eterna sapienza
    e spezzeranno i sapienti chi non lo conosce.
    Ma può avvenire che spunti un sospetto, di nuove esperienze,
    che quella tesi scuotano. Il dubbio si desta.
    E un altro giorno un uomo dal libro del sapere
    gravemente cancella quella tesi.

    Sono coloro che non riflettono a non dubitare mai
    Splendida è la loro digestione,infallibile il loro giudizio.
    Non credono ai fatti,credono solo a se stessi .Se occorre,
    tanto peggio per i fatti . La pazienza che han con se stessi
    è sconfinata. Gli argomenti li odono con l'orecchio della spia.

    Con coloro che non riflettono e mai dubitano
    si incontrano coloro che riflettono e mai agiscono.
    Non dubitano per giungere alla decisione, bensì
    per schivare la decisione. Le teste
    le usano solo per scuoterle. Con aria grave
    mettono in guardia dall'acqua i passeggeri dl navi che affondano.
    Sotto l'ascia dell'assassino
    si chiedono se anch'egli non sia un uomo.
    Dopo aver rilevato, mormorando,
    che la questione non è ancora sviscerata vanno a letto.

    La loro attività consiste nell'oscillare.
    Il loro motto preferito è: l'istruttoria continua.
    Certo, se il dubbio lodate
    non lodate però
    quel dubbio che è disperazione!

    Che giova poter dubitare, a colui
    che non riesce a decidersi!
    Può sbagliare ad agire
    chi di motivi troppo scarsi si contenta!
    Ma inattivo rimane nel pericolo
    chi di troppi ha bisogno.
    Tu, tu che sei una guida, non dimenticare
    che tale sei, perché hai dubitato
    delle guide! E dunque a chi è guidato
    permetti il dubbio!
    Bertolt Brecht

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    1. Sono passati quasi 40 anni. Mio padre metalmeccanico. I libri scolastici sempre nuovi. In libreria. Ci mettevo il naso dentro, fantastico l'odore di libro nuovo ed intonso. Li trattavo religiosamente e mai li rivendevo.
      Scommetto fosse una antología della D'Anna di Firenze, Gli Incontri, in quattro tomi con il dorso verde chiaro.
      Già più volte mi è capitato di parlarne qui sopra. Di quanto questo testo mi avesse a quel tempo colpito.
      Grazie Gianni.

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  11. «Ma in fondo Copernico ha solo cambiato sistema di riferimento, e oggi sappiamo che ogni sistema di riferimento è relativo»
    Citazione di cui non riporto l'autore. Per pietà. (E anche perché non me lo ricordo. Ma la sostanza non cambia.)

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  12. OT.

    C' è un'idea di introdurre la fatturazione elettronica tra privati nella prossima legge di stabilità al fine di recuperare una parte dell' IVA evasa ed evitare l' aumento delle aliquote. Era una idea già comparsa nel 2016 e poi abbandonata. Prepariamoci a diventare tutti imprenditori o in alternativa a ridurre i passaggi di proprietà tra privati di qualsiasi oggetto.
    Attenzione quando comprerete qualcosa, soprattutto se costoso, con l' obiettivo di una possiblie successiva alienazione, pensateci bene prima, perchè dovrete farlo pagando con metodi tracciabili e fatevi fare la fattura

    C' entra qualcosa il metodo scientifico con questa ideona di Padoan, Gentiloni e Casero?

    Oh, a proposito di luce, da ingeugneure, io sono rimasto al 2011 ed ai neutrini superluminali che hanno attraversato l' Europa da Ginevra ad Assergi.

    Magari la fatturazione elettronica tra privati, se fosse vero, ne avrebbe vantaggi!

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  13. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  14. “Gli scienziati odierni hanno sostituito gli esperimenti con la matematica e vagano smarriti equazione dopo equazione e alla fine costruiscono una struttura che non ha relazione con la realtà.”

    Nikola Tesla

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    1. Un simile aforisma citato in un paese dove chiedere ad un laureato in materie umanistiche la dimostrazione che in un triangolo rettangolo la somma della lunghezza dei cateti è maggiore della lunghezza dell'ipotenusa produce - per lo più- un imbarazzante silenzio, porta alla mente la favola della Volpe e dell' uva

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    2. Ammetto che non conoscevo questa favola (anche se, indirettamente, ci ero arrivato per vie traverse al significato). E' oltremodo interessante perché, anche se antica, attuale nel significato.
      Ho voluto citare Tesla per la grandezza di questo uomo e per il contributo (di non poco conto) che ha dato, non solo alla Scienza, ma alla umanità tutta. E come ricompensa ha ricevuto, dalla comunità scientifica dell'epoca, derisione e, dopo possibile, censura. Questo solo per sottolineare che, certe dinamiche non cambiano mai (e forse mai lo faranno). Ma non è "del tutto" sbagliato che avvenga ciò. Deve anzi succedere, laddove ci sia una sincera ricerca (in qualsiasi campo) proprio perché è il dubbio il motore della Scienza e della ricerca. Non un traguardo definitivo, ma un obiettivo da raggiungere (quando ci si riesce) per poi ripartire, sempre, con nuovi lavori, progetti ed energie.
      Tesla semplicemente aveva capito che qualcos'altro oltre la materia che vediamo con gli occhi. Tutto qui. A differenza di altri suoi colleghi, lui, non sentiva di "essere arrivato", ma anzi cercava sempre. La sua stessa vita è stata dedicata alla ricerca, e alle invenzioni (e intuizioni, come ci racconta la bellissima biografia che finalmente hanno ripreso a stampare).

      Capisco quando dici: "Un simile aforisma citato in un paese dove chiedere ad un laureato..." però è anche vero che, quel laureato di cui tu parli, magari non ha mai conosciuto le opere di alcuni scienziati (come Tesla, per esempio). E il fatto di discuterne (anche qui, adesso) potrebbe cambiare, anche se di poco (o molto, questo non lo possiamo sapere) se non la vita, almeno il pensiero di qualcuno che è onestamente attratto dalla ricerca.
      Escludendo ovviamente chi sa; chi ha capito ma opera per il falso, credo che qui fuori ci siano un sacco di laureati in gamba, a cui forse manca non certo l'energia per fare, ma forse una bussola. Non dobbiamo dimenticarci che chi è nato, per esempio, a metà degli anni '90, ha una percezione diversa da chi è nato prima, e anche gli atenei come è stato ripetutamente sottolineato, sono purtroppo cambiati (docenti compresi).

      Riguardo alla favola della volpe e dell'uva devo dire che mi piace un sacco. O meglio, mi piace il significato. Non lo so, ma in tutta sincerità può capitare di avere una reazione simile. E' interessante il meccanismo (difesa?) che la mente crea quando non può ottenere una cosa o raggiungere un determinato traguardo. Che io traduco così: "quando non puoi o non riesci ad ottenere qualcosa, magari per un tuo errore o sbaglio, è sempre colpa degli altri, o comunque "non era così importante". Mi fa sorridere, e mi fa venire in mente il popolo piddino. Ci penso un attimo, poi però non sorrido più...

      Teniamo duro, cerchiamo di rimanere lucidi, e diffondiamo esperienze vissute, sempre e comunque.

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    3. Segnalo en passant che la proprietà citata da Kit Kot vale per tutti i triangoli, non solo per quelli rettangoli.

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    4. Vale allora la pena di ricordare anche un fisico italiano che non ha certo avuto vita facile con il mainstream accademico: Giuliano Preparata e chiedo scusa al moderatore se mi son preso lo spazio per ricordarlo.

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  15. Però la Scienza, anche quella giustamente qui declinata nei suoi più alti principi conoscitivi, non è mai stata una conoscenza a misura dell'uomo comune. La sua espressione è sì giustamente storica ma il suo orizzonte rimane per definizione infinito. Fuori cioè e lontano dalla struttura finita dell'esistenza individuale. In questo senso il capitalismo, per opposte ragione s'intende, centra il bersaglio e assurge a imperante grazie al suo messaggio pervasivo di soddisfare sempre e comunque il prisma delle espressioni del proprio godimento nel mero qui ed ora del presente.

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  16. A proposito di visione anche nel mondo contemporaneo vi sono due scuole di pensiero completamente diverse che dividono gli operatori del settore: gli oculisti , che seguono un'idea prevalentemente fisica della questione
    ( ad esempio sostengono che la miopia sia dovuta alla dimensione dell'occhio più piccola della norma) e gli optometristi, il cui approccio è più psicologico/ ambientale (cioè sostengono che la miopia sia indotta dallo stress visivo: si diventa miopi perché ci si affatica nella lettura e nell'utilizzo degli occhi nella distanza ravvicinata).
    Questo dibattito incide sui metodi di correzione dei difetti visivi ed anche qui interviene l'aspetto politico de Lascienza:
    In Italia , dove l'optometria non è riconosciuta , l'oculista fa le ricette e nessuno può intervenire a modificarle, mentre negli Stati Uniti dove l'optometria è nata più di sessant'anni fa, se non vedi bene vai dall'Optometric Dottor mentre se hai problemi di salute dell'occhio , quindi devi essere operato , vai dall'oculista ( Medical Doctor) .

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    1. Anche questo tema mi sta a cuore. Secondo il mio oculista, di cui mi fido, la mia situazione è stabile e ho gli occhiali giusti. Fatto sta che non tutti i giorni vedo nello stesso modo, e questo mi penalizza soprattutto nel far musica (a Halle ho suonato praticamente a memoria!). C'entra molto il mettere a fuoco l'iPhone...

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    2. Anni fa (cinque?) decisi di andare finalmente a farmi visitare da un oculista. Credo nel SSN prenoto e mi metto in attesa. Dopo un certo periodo sono in attesa nello studio di un'oculista. Mette lenti, toglie lenti stile Karate Kid, cambia gradi di orientamento mi interroga sul perché. Scemamente rispondo che gli occhiali mi servono per guidare, non mi sento sicuro senza, per me e soprattutto per gli altri. Toglie mette ancora un paio di volte e mi chiede chennepenzo. Io penzo che vedo male e lo dico a st'erinni che s'indigna e mi dice che per legge alla guida bastano sei decimi e mi prescrive la sua ricetta. Io accétto (non lei come avrei dovuto fare metaforicamiente) per sfinimento e come un tonto vado a farmi fare gli occhiali dal mio ottico. Occhiali che non funzionano, come é naturale. L'ottico intuisce, mi porta nel retrobottega e misura e confeziona e consegna l'indispensabile oggetto ridacchiando e dicendo che generalmente gli oculisti di Subalpinia non capiscono una mazza di lenti correttive. Che tendono a sovracorreggere con risultati nefasti. Oppure, come nel mio caso si nascondono dietro a leggi insulse, ammesso che la legge consenta che si possa guidare con sei decimi, cioé non vedendo nitidamente.

      Per la luce: sono colpito, cercheró il volume di Ronchi. Senza di lei non lavorerei ;). E agli scarsi (non so insegnare, mi scoccio) allievi che chiedono che macchina comprare dico sempre Profoto, o Bowens, oppure se sono ricchissimi Broncolor.

      Il link a superquark non funge da tablet, mi lancia ad altro di Angela su scrittura a mano Vs tastiera.

      Un caro saluto.

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  17. Caro Prof,
    Da quello che scrive capisco quanto Lascienza sia ancora più pericolosa. Il percorso che ci invoglia a percorrere, cosa che in molti purtroppo stanno già facendo, ci conduce all'incapacità di chiederci il perché ed il percome delle cose.
    Ritengo sia un nostro dovere, nonché responsabilità, impedirglielo.

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  18. Giorni fa è capitato di leggere e intervenire su il post.it in relazione ad un articolo sull'Euro. La cosa interessante è che il pubblico era costituito da "euristi colti", gente che lodava Draghi e la sua politica monetaria e che però rifuggiva dagli argomenti terroristici tipici dei commentatori "bassi" (andremo a far la spesa con la carriola, ecc. ecc.). Ovviamente a ogni critica all'Euro facevano da contraltare i loro pistolotti, ma senza eccessi né acrimonia. Su un solo punto non hanno osato replicare, ovvero sul semplice dato che dal 2000 al 2010 l'area Euro è cresciuta dell'1,2% e dello 0,5% nel 2011-16, mentre i paesi europei non euro sono cresciuti del 2% sia nel primo che nel secondo periodo, evidentemente incuranti della crisi. Fatto 100 il valore del Pil dei due gruppi, gli area euro sono cresciuti fino a 117 (valore medio che nasconde forti disuguaglianze) mentre il Pil dei non euro ha toccato quota 137, una crescita più che doppia. Certo, si sarebbe dovuto anche andare a vedere i tassi di crescita precedenti, per vedere se c'è un atto un "effetto Solow", ma gli euristi da tastiera non sono così sofisticati. Semplicemente hanno ignorato il dato. Sarebbe curioso sapere se l'hanno anche rimosso, cioè cancellato dalla loro coscienza.

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  19. Mi chiedo se all'inferno, il pigro studente erasmus che non vuole ritrattare le sue tesi emotive su Leuropa vada collocato nello stesso girone del professore piddino prezzolato che non vuole ritrattare le (non) sue tesi Lascietifiche sull'euro. Per dirla in un modo diverso, l'ignoranza mista a pigrizia di chi può e non vuol capire è grave quanto la malafede accademica di chi pur capendo continua a fingere di non capire?

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  20. Io non ho una cultura classica, perchè non ho frequentato il liceo: so leggere un grafico, ma basta una frase in latino che non capisco più nulla. Invece del liceo, ho frequentato un istituto tecnico. Negli istituti tecnici normalemnte i primi due anni sono uguali per tutti e si studiano materie di base, tra cui Fisica, poi al triennio ci si specializza in un ambito (chimica nel mio caso).
    Una delle caratteristiche di un istituto tecnico è che ci sono diverse ore di laboratorio che hanno il vantaggio di darti la possibilità di provarci con una delle poche compagne di classe di sesso femminile presenti nella tua classe.
    Uno degli effetti secondari è quello di poter giocare al piccolo scienziato con degli insegnanti che ti spiegano come fare.

    Infatti, qual è la prima cosa che insegnano in Fisica?
    Dinamica? Statica? Niuton?
    No: l'errore sperimentale.
    Prima ancora di insegnarti una teoria ti spiegano che qualsiasi misurazione tu faccia contiene un errore, che la precisione della misurazione dipende dallo strumento che usi, che il tavolo non è lungo un metro, ma 100 cm +o- 1, che due tavoli affiancati misurano 200 +o- 1 cm se li misuri insieme, o 200 +o- 2 se li calcoli come somma della lunghezza di due tavoli singoli.
    In pratica ti insegnao che ogni teoria scientifica porta cone sè un certo bagaglio di incertezza, perchè dato che una teoria, per essere tale, dovrebbe essere verificata sperimentalmente, ma gli esperimenti richiedono misurazioni che sono soggette inevitabilmente ad errore, ecco che anche la teoria più scientifica contiene intrensicamente una zona d'ombra di "ignoranza" che, però, col progredire della Scienza dovrebbere tendere al nulla senza mai raggiungerlo.

    Per questo tutte le teorie scientifche sono da rigettare? No, fino a che quella teoria ti permette di fare delle previsioni sufficientemente precise all'interno del proprio campo di esistenza e per gli scopi che ci si prefigge, è valida, è quando si cerca di raggiungere una precisione superiore o di applicare la teoria in un campo d'esistenza differente che può mostrare i propri limiti ed essere sostituita o integrata con un'altra teoria. La nuova teoria è necessariamente migliore? Non è detto. E' semplicemente valida in quel nuovo campo di esistenza.

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    1. Il che spiega, con semplicità e chiarezza, perché gli ingengneri difficilmente vogliano correre il rischio di usare un coefficiente di sicurezza minore di 2

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    2. Purtroppo non ci sono più gli istituti tecnici di una volta. Con tutte le loro lacune (niente filosofia perdiana! Tecnici qualificati bisogna formare. Non cittadini pensanti) gli istituti tecnici permettevano, con le loro 5 ore settimanali di fisica al biennio (di cui 2 di laboratorio), di introdursi nella cultura scientifica in modo decente.
      Ora fisica ai tecnici è ridotta alla parodia di sé stessa. Tre ore settimanali (meno 40% di cultura scientifica!) di cui una sola in laboratori sempre più abbandonati. Il massimo che si può fare é divulgazione alla Piero Angela.
      "Lascuola" contrapposta alla scuola.

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    3. Duole sentirlo dire, ero molto fiero della scuola in cui ho studiato. All'università ne sapevo più io di analisi che i compagni (oggi si direbbe colleghi) dello scientifico.

      Penso che le materie di studio siano importanti, ma condizione necessaria per formare cittadini pensanti è avere insegnanti pensanti, le materie forniscono conoscenze e competenze. Il mio prof di fisica ad esempio ci aveva fatto leggere per compito delle vacanze 'L'evoluzione della fisica' di Einstain in cui non era presente nemmeno una equazione. Lo rilessi più volte a distanza di anni.

      Poi incontri gente che ha studiato filosofia che difende Leuropa o, peggio, che non si rende conto della situazione in cui siamo...

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    4. Il 90 per cento dei laureati in filosofia non sa una parola di greco antico e di tedesco. Ci credo che difendono leuropa!

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    5. A Giurisprudenza,da anni e temo da decenni, Esegesi delle fonti di diritto romano "esamina" dette fonti in traduzione italiana, cioè
      di fatto non le esamina.

      A parte che, col mio inguaribile pessimismo, mi chiedo pure quale traduzione e quale italiano, la suddetta situazione è ottimale per far dire alle fonti ciò che più aggrada al singolo insegnante(al limite, intortare) e ciò che è più facile a molti studenti, cioè senza ragionare, ed eventualmente - ripescando parola desueta e generica che però rende l'idea - ciò che vuole, mascheratamente, il sistema. Che c'è.

      Questo accade perfino a Giurisprudenza della mia città, facoltà qui un tempo crudele, da cui molti fuggivano per lidi più facili - e forse tuttora, ma non ne ho notizie fresche.

      Certo complice il decadimento del latino nelle scuole superiori dov'era ed è (liceo classico e scientifico), sempre più ridotto, vituperato e mitragliato, nonché dove non è.
      Ma forse non ci vorrebbe molto a organizzare un corso preparatorio, e, in itinere - come dicono gli strafichi - parallelo e obbligatorio con tanto d'esame, come, a Lettere almeno un corso di storia del diritto romano (nella mia città si anni addietro si era fatto ma l'iniziativa finì) con qualche fonte in latino, comprese le Novellae di Giustiniano notoriamente nel greco della sua epoca e poi tradotte in latino.

      Ciò evidentemente contro la spending review - continuamo col gergo dei fichi e anche occultatori di realtà materiali - e probabile diminuzione degli iscritti sia a Giurisprudenza sia a Lettere, ottimo pretesto rewiuare la spending ancor più.


      Se non mi conoscete
      fidatevi di poco:
      la calma con cui parlo
      è solo un falso gioco.

      Tanto più calma, quanto più rabbia e tristezza.

      Inutili, purtroppo, come per altro.


      Chiaro che

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    6. Sono proprio in declino, se continuo a saltar parole, a sbagliare lettere, quelle dell'alfabeto e a saltarne e a non accorgermi che non cancello rimasugli di frase.
      Non è una scelta dada'

      Alibi: ero in una trattoria a luce fioca.
      Alibi che non regge.

      Sigh e sob, nonché sorry.

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  21. " tutti i fenomeni sono in quanto noi ce li rappresentiamo, e che questa rappresentazione ha una dimensione storica (e quindi sociale) inestirpabile. Ogni verità tecnica è comunque storicamente e socialmente condizionata"

    Brividi. Proprio negli ultimi mesi, grazie a Diego Fusaro - che non potrò mai ringraziare abbastanza per le sue interviste pubblicate su YouTube
    - ho scoperto il pensiero del filosofo Costanzo Preve (maestro di Fusaro e scomparso agli inizi del 2013). La sua storia personale, per tanti versi, ricorda quella del Prof. Bagnai: da filosofo marxista non "ortodosso" è stato isolato dai traditori, cialtroni "de sinistra" che qui abbiamo imparato a conoscere (Sbilifesto style, per capirci).

    Nel pensiero di Preve (hegeliano comunitarista, interprete dei greci presocratici incluso Socrate, di Platone e - in particolare - di Aristotele) si ritrovano, a mio avviso (ma potrei sbagliarmi), tanti temi che lo accomunano a Bagnai: il punto d'ingresso a mio avviso è che l'essere umano non è un "individuo" (Robinson Crusoe) ma, come sosteneva Aristotele, uno zoon politikon. Un altro pilastro di Preve è, appunto, la "deduzione sociale delle categorie ontologiche", inclusa la prassi di "rispecchiamento" tipica dell'avanzamento nelle scienze naturali. Terzo punto che mi pare valga la pena di menzionare è l'idea che la società in cui viviamo sia caratterizzata da "l'economia politica fondata su se stessa", dove per economia politica Preve intende il pensiero economico neoclassico basato su un impersonale "agente razionale" che agirebbe sempre e solo per motivi riducibili all'utilitarismo di stampo humeano.

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  22. Buongiorno, non so se Rovelli è piddino e poco mi interessa (altrimenti non dovrei leggere questo blog perché il Prof "parla" anche con Salvini...). Però ho trovato molto istruttiva la lettura di "Che cos'è la scienza. La rivoluzione di Anassimandro" di Rovelli.

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    1. Solo una notazione metodologica: essere "piddino" non vuol dire votare PD. Vuol dire "sapere (cioè presumere) di sapere", non necessariamente, ma con maggiore evidenza, al di fuori del proprio campo di indagine.

      In base all'esperienza di 7 anni, non sarei stupito se questo Rovelli ripetesse a macchinetta che "l'euro ci ha dato la pace". Diciamo che sarei pronto a scommetterci 100 euro contro uno (tale sarebbe la mia felicità di perderli).

      Ora: da proustiano so che Cottard era un ottimo medico (i proustiani avranno capito, oppure cercheranno "goofynomics Cottard"). Tuttavia, l'approccio olistico di mia madre, anche lei proustiana ("si fa tutto con la stessa testa") suona come un campanello di allarme.

      Astraendo dal caso particolare, è veramente possibile credere al senso critico di una persona che crede a slogan beceri, indipendentemente da quanto bene scriva e da quanto successo abbiano le sue diete "olé" (cit.)?

      Fornisco due percorsi. Primo: questo post spiega che la ricerca scientifica è stata mandata avanti anche da persone in malafede e/o in fattuale dissonanza cognitiva. Quindi la risposta potrebbe essere sì. Secondo: siamo in guerra (mi riferisco in primo luogo al conflitto di classe) e l'euro è il confine. Chi non lo capisce at best è inutile, quindi la risposta potrebbe essere no.

      Fate voi le vostre valutazioni. Per i 100 euro, dateli in beneficenza.

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    2. Gentile Prof, non saprei come misurare la "piddineria" verso l'euro di Rovelli e nemmeno la sua eventuale dissonanza cognitiva. Lascio scommettere chi interessato al tema. Per quanto mi riguarda, non "sapendo di sapere", il libro di Rovelli l'ho letto. Siamo in guerra è vero, ma la giustizia sommaria non mi appartiene.
      Le voglio molto bene, per tanti motivi (anche se un po' mi fa incazzare che nel '62 Lei abbia fatto incetta di neuroni buoni e a me siano rimasti solo gli scarti...) e, per quel poco che le può essere utile, ci tengo a farle sapere che qualunque cosa faccia o dica non verrà mai meno la devozione che ho per Lei e la sua opera di divulgazione.

      PS: lo so, lo so, "fatti non pugnette"... seguirà adeguata (alle mie tasche) donazione ad a/simmetrie

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    3. Prof. ma quanti economisti hanno studiato la teoria AVO? Una volta un amico professore di storia economica, di cui ovviamente non faccio nome, quando la citai mi guardò in modo molto dubbioso e controllò su Internet. E poi tutti gli scienziati sono maschi alfa.

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    4. La mia risposta è aperta. Di percorsi possono essercene tanti. Trovare piddinitas (sub specie Europæ) in un collega bravo, comunque, per me è sempre la dimostrazione di un fallimento: il fallimento del mio ideale forse un po' retrò di cultura. Potrei ricondurlo a due principi umanistici: tutte le scienze e le arti sono espressione dell'uomo, e stabilire gerarchie non ha molto senso; ogni uomo esprime se stesso in tutto quello che fa.

      Il primo principio lo pratico: pensate che pur essendo cresciuto a pane e Galilei (Vincenzo) in questo blog sono ammessi i gezzisti! Pratico anche il secondo: faccio tante cose, tutte benino, con lo stesso spirito di ricerca. Quindi, forse, mi fotte il metron anthropos.

      Il collega della scienza dura che pensa di sapere le cose "facili" perché sa (?) quelle difficili esprime una visione gerarchica dei saperi che è ortogonale alla mia, e che qui è stigmatizzata nell'idolo polemico dell'ingengngngniere tuttologo. Senza voler scadere nel relativismo culturale, resta il fatto che quando mi affaccio su altri campi lo faccio con molto rispetto. Io so di non sapere perché i miei piedi sono attaccati al pavimento, anche perché so che chi dovrebbe saperlo in realtà si sta ancora ponendo domande che lui capisce (e io no), ma delle quali né io né lui abbiamo la risposta. Pensate con quale entusiasmo posso accogliere incursioni altrui nel mio campo!

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    5. Quindi il problema qui non è assolutamente politico: è più radicale, è antropologico. Risiede (guarda caso) nel fatto che un pezzo di umanità pratica (senza predicarlo esplicitamente) il mito della propria superiorità.

      Le ricadute sono politiche, ovviamente, e so che sapete esplorarle da voi. Esempio: pensate a quanti danni fanno certi scienziati "duri" che, dall'alto della loro auctoritas, si fanno portavoce di teorie economiche che hanno la stessa consistenza della teoria medica dei quattro umori fondamentali, e questo magari perché si son fatti convincere che solo Leuropa può finanziare il loro costoso macchinario!

      Il macchinario più costoso lo abbiamo sotto la volta cranica, e il prezzo si paga quando rinunciamo ad usarlo.

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    6. Credo di essere destinato all'eterna ignoranza (con tormento incluso).
      Più approfondisco un argomento, più dubbi mi assalgono; praticamente è come se vivessi un perverso paradosso dal titolo "Francesco, più leggi meno sai".
      Unica misera consolazione di questo fenomeno che mi tormenta e rende sempre più insicuro sui social è il saper di non sapere, quindi la consapevolezza di non avere un solo elemento certo su cui costruire un disegno, magari di cazzate ma provato.
      Mi aggrappo a questo magnifico blog nella speranza di non essere in preda a demenza senile precoce oppure a qualche strana sindrome del tipo "non vedo mai il fondo del pozzo".
      PS:
      Soffro dello stesso disturbo del Prof, malgrado le rassicurazioni dell'oculista ogni giorno vedo in maniera diversa.
      Invidio le persone che credono in Dio, nella Bibbia oppure a qualche esotico santone, almeno loro hanno certezze e vivono sereni come il mio ficus nel salotto.
      Buona giornata

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    7. Non sapevo della teoria dei quattro umori. Curioso... sempre quattro, come i quattro elementi naturali: acqua, terra, aria e fuoco (pardon, oggi si deve dire stato liquido, solido, gassoso ed energia). Si sa da moltissimo che i primi tre stati sono forme diverse della stessa cosa, mentre per unificare l'energia alla massa c'è voluto il genio di Einstein.

      Ma ormai ci siamo evoluti, la fisica dei giorni nostri si occupa di cose completamente diverse...

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    8. @Paola_58

      Senza conoscere la persona di cui parli, mi sento di dire che professore in storia economica non è professore di economia e non ha necessariamente quella formazione, potendo "venire" da lettere o da storia, campi in cui la storia economica attira qualche curiosino o qualcuno votato all'approfondimento.
      Un esempio grezzo: non so quanti abbiano almeno letto Rostovzeff, che per l'impero romano parla anche di storia economica - o quanti lo ricordino o siano andati a rivederlo (personalmente, no alla seconda che ho detta).

      Sempre nell'ambito della storia economica: non ricordo se Carlo Maria Cipolla abbia inseriti principi di economia e quali nel saggio in cui parla della decadenza economica nel Seicento italiano (industria della seta ancora in attivo in Lombardia, sopraffazione, da tempo, della lavorazione italiana del lino da parte delle Fiandre).
      Per tornare a Roma, di solito si sa della svalutazione di Nerone, della diminuzione di valore materiale delle monete nel Basso Impero (meno metallo come argento e oro e più rame in lega nelle singole monete), nonché la concorrenza nordafricana e spagnola per l'olio e quella gallica per il vino già all'epoca di Augusto.

      Cos'altro, per il passato?
      La rarefazione delle monete nell'Alto Medioevo causa scarsità di commercio e la proliferazione di piccole zecche ciascuna in territorio limitato, per causa commercio a piccolo raggio.
      Poi, all'epoca della medievale società borghese-mercantile, la coniazione del fiorino e del genovino e l'invenzione della cambiale.
      Questa NON è economia, anche se molti ne sapranno molto di più, e grazie se me ne daranno indicazioni, visto che questa è una piccola-grande Accademia.
      Pertanto, la conoscenza dell'AVO, appresa qui facilmente grazie al Prof., non mi pare da pretendere da chi insegni storia economica.

      Ti ringrazio per aver stimolata la riflessione, per quanto logorroica - ma questa è la mia parte.

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  23. ...e se invece fossimo arrivati al capolinea? Che il livello ormai necessariamente iper specializzato delle analisi non consenta piu' le sintesi alle umane menti? Che il cosmologo ed il fisico relativista non possano, per limiti dell'esistenza umana, scambiarsi tutti i dettagli - ove ogni dettaglio sia potenzialmente fondamentale? Per di piu', quale scienziato sospende i propri studi per spiegarli accuratamente ad una comunita' piu' estesa? Verrebbe sorpassato dai colleghi esclusivamente dediti ai risultati specialistici.

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    2. ...ma se segui il blog di un controesempio?!

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    3. Controesempio sì, però il problema me lo sono posto anch'io, sia a livello pratico che teorico. Ho provvisoriamente concluso che l'idea che il mondo sia diventato troppo complesso è anch'essa in buona parte un'illusione ottica. Il babilonese che prevedeva quello che troviamo a p. 10 di un manuale di geografia astronomica non penso fosse meno "specializzato" di chi intercetta neutrini. Il suo sapere, oggi condiviso, allora non lo era, e lui, come il neutrinista, aveva bisogno di una società che lo sostentasse. Per quanto riguarda me, ormai alea jacta est: sono rinascimentale con iattanza, e lascio agli yankee la specializzazione, coi suoi successi e le sue cantonate.

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    4. Il Prof nel blog fa divulgazione, cercando di spiegarci concetti ben noti nella sua disciplina, ma volutamente ignorati o distorti da altri soggetti. Il lavoro specialistico immagino sia su a/simmetrie. La complessita' e' un fatto, il vivere in un periodo buio non aiuta certo, nel mio lavoro si e' premiati per quello che si sa, non per quello che si condivide. Le strutture a "stovepipe" di molte multinazionali sono funzionali al controllo ed all'efficienza, ma solo locale. Le cantonate abbondano, risultato delle sintesi di tanti ottimi lavori non coordinati.

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    5. Non so quanto sia ormai padroneggiabile - hic et nunc -il sapere umano data la sua vastità e la natura limitata delle possibilità cognitive e mnemoniche che si hanno a disposizione in una vita (la cui natura finita è, almeno per lo scrivente, tangibile). Certo, esistono ancora fortunate eccezioni in alcuni campi del sapere, ad es. Andrew Wiles, ma quanti matematici possono comprendere la dimostrazione dell' ultimo teorema di Fermat che egli ha fornito e che oltre alle 109 pagine consta di un ulteriore lemma di 20? E soprattutto, quanto tempo ci vuole per arrivare ad una simile sintesi?

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    6. Arrivati ad un presunto capolinea, scenderemmo dal treno per proseguire su altre strade.
      E comunque c'è sempre la Psicostoria ancora da sviluppare.

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    7. "Che il cosmologo ed il fisico relativista non possano, per limiti dell'esistenza umana, scambiarsi tutti i dettagli - ove ogni dettaglio sia potenzialmente fondamentale?"

      Raramente tutti i dettagli sono fondamentali - direi che l'indagine fisica e la sua condivisione sono rimaste imprese di difficoltà costante. Aumenta incredibilmente la complessità tecnica ma molte conoscenze non sono più essenziali (chi sa a memoria l'andamento dei polilogaritmi?) e d'altra parte aumenta anche la potenza degli strumenti concettuali e di sintesi a disposizione. A partire da quelli imparati dagli studenti a scuola.

      Infatti - semmai il vero rischio è che in un futuro si smetta di insegnare e tramandare questi strumenti. Allora, pur avendo tutto a disposizione su qualche archivio aperto come e.g. arxiv.org, non si troverebbe più nessuno capace di leggere la letteratura scientifica. E ultimamente anche tali archivi verrebbero abbandonati.

      [Cosa analoga probabilmente già successa alla conoscenza ellenica in epoca romana, a leggere Lucio Russo (La rivoluzione dimenticata).] Purtroppo, il processo pare proprio andare in questa direzione da qualche decennio: in questi giorni accorciamo le superiori a quattro anni.. per risparmiare?

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    8. Riduzione anni scuola superiore: per non lasciare il tempo di pensare e per risparmiare (alibi, pur se l'esito sarà anche questo), dietro la sbandierata buona (?) intenzione di permettere ai giovani di cercare lavoro "prima".

      Prima di non averlo.

      Altro alibi per espellere dalla scuola gli insegnanti "più indietro": quelli che come formazione non hanno un inglese che li metta in grado di insegnare per alcune ore materie proprie del curriculum della scuola italiana che finora, come la vita quotidiana e le altre istituzioni, ha una lingua ufficiale e viva non straniera.
      Per ora.

      In particolare, il livello e la meta richiesti sono il B1, già considerato scarsetto, il B1+ e, va da sé, meglio ancora il B2, meta a cui indirizzare, o forzare, gli insegnanti.

      O per espellerne alcuni, in particolare tra i più vecchi, o ridurne le ore con riduzione di salario, o demansionarli, negando loro quel mestiere che, nonostante le difficoltà crescenti, a cui la quasi totalità si è indirizzata perché piaceva - e dunque anche mortificando una parte di tale totalità, oltre che presumibilmente ridurne il salario?

      Non mi addentro nei meandri dell'insegnamento in inglese o in qualsivoglia altra lingua nella scuola italiana, come minimo, occasione di sgretolamento di identità e di reale comunicazione di un sapere che anche l'ultimo tra noi divulga come l'ha pensato, dunque con lessico proprio, fatta salva la terminologia specifica, anche con osservazioni estemporanee, anche talvolta con qualche gioco di parole che per i madrelingua funziona, in italiano, anche con la disinvoltura pure per ciascuno diversa, che viene dal muoversi su terreno comune a insegnanti e studenti (per i più piccoli, alunni, che non trovo parola brutta bensì significativa).
      Quel che si chiama "mentalità", sottesa e significato da una lingua per i madrelingua, immersivi dunque fin dalla nascita, inconsapevolmente.
      Ed è per questo motivo che la comunicazione nei diversi ambiti funziona così bene, anche quando fa il gioco di, quando mistifica, quando intorta. Nel caso, risulta vantaggiosa per qualcuno, dunque funziona benissimo.

      Non mi addentro nei meandri di espulsione o riduzione o demansionarli, peraltro chiari se si tien conto che da pochi anni le graduatorie interne a un istituto non valgono più; e non è nemmeno facile ricollocarsi altrove, e per calo di iscritti e perché ora, senza un curriculum non si è accettati in alcuna scuola, se non proprio dalle più uniche che rate che non sanno dove sbattere la testa, quelle più neglette, pertanto delle quali dubito carenza di insegnanti.
      Inoltre, per collocazione o ricollocazione non esiste più il comune di servizio o di residenza, ma l'ambito territoriale, che si estende dal capoluogo di provincia, o da altre zone ben servite da mezzi pubblici, fino al più sperduto borgo montano o marino, con quasi obbligo di auto privata e conseguenti spese.


      L'insegnamento in inglese per alcune ore è previsto solo per certe materie denominate "non linguistiche", ma scherziamo?, visto che qualsivoglia materia necessità di parole, per essere spiegata, e nelle classi "terminali".
      -
      Parola peraltro di alone funesto, dato l'ambito d'origine, le malattie che tutti temiamo è di cui parecchi sono vittime, anche quelli di cui si dice che "le hanno vinte".
      Spero così per tutti, ma non è mica vero.


      Scusate il lungo lenzuolo che ho scritto.
      Alibi e realtà: con ben pochi si riesce a dire tanto, a meno che non siano amici-amici-amici e che abbiano voglia e tempo di ragionare insieme, di questo come d'altro.




      nelle classi terminali (parola che mi evoca sempre malatiacce che si dà per scontato capitino agli altri, salvo ricredersi dopo alcuni giorni di fifa nera, quando si aspetta il referto del un secondo accertamento nella medesima zona corporea, anche se poi tutto negativo, ma poi) di insegnare materie del curriculum della scuola italiana, che finora, come le altre istituzioni e la vita quotidiana, ha una lingua ufficiale non straniera.

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    9. E scusate la non cancellazione, durante la formulazione, dell'ultimo capoverso della cui presenza, prima di inviare, non mi ero accorta, appartenente a una prima stesura poi corretta con spostamento.

      Conferma incontrovertibile che devo organizzarmi la vacanza rinviata finora.

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  24. Curioso ricordare - anche per la relazione tra idealismo ed empirismo - che Copernico fu anche "il grande maestro" di Milton Friedman, essendo egli considerato il padre della Teoria quantitativa della moneta.

    D'altronde può essere anche interessante ricordare che la teoria economica liberista viene codificata nell'empirismo aristotelico della Scolastica e, in particolare, il marginalismo può essere de facto la formalizzazione della filosofia morale che si sviluppa in quel particolare contesto culturale.

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    1. Peccato Bazaar il suo commento siano solo spunti (interessanti!).

      Sarebbe molto gradito e utile un esteso approfondimento.



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  25. Credo che questo vero e proprio affascinante conflitto tra due visioni del mondo (che molti credo conoscano) avvenuto tra Einstein e Bohr nel 1927 al congresso Solvay di Bruxelles, meriti di essere citato in questa sede. Qui un buon resoconto che sommariamente espongo sotto. Ci sono gli approfondimenti per coloro che lo vogliono.

    La “ Scatola a luce” immaginata da Einstein non è altro che un volume chiuso contenente una
    lampada emittente luce monocromatica ed un orologio estremamente preciso,
    L’ orologio è collegato ad un attuatore che, attraverso un diaframma, apre un foro in una delle pareti
    ad un istante prefissato.
    Il tempo di apertura del diaframma è tale da consentire la fuoruscita di un solo fotone la cui energia
    è data da E = hf ( f = frequenza della radiazione ≈ colore della luce emessa) e la cui massa è
    ricavabile dalla nota equazione einsteiniana E = mc2).
    Ne segue che la massa del fotone è m = hf/c2.
    La scatola a luce subirà una diminuzione di peso pari a ghf/c2 (essendo g accelerazione
    gravitazionale) e quindi, sospesa ad una molla, si solleverà di un tratto assolutamente minimo, ma
    comunque finito e misurabile con precisione illimitata.
    L’istante di rilascio del fotone viene pertanto determinato con precisione limitata solo dalle
    caratteristiche meccaniche dell’orologio ( e non da leggi naturali).
    Le due misurazioni di grandezze coniugate ( tempo ed energia del fotone) eseguibili senza limiti di
    precisione, contrastano con il Principio di Indeterminazione e, conseguentemente, con l’intera
    impostazione della MQ.



    Illuminante, per meglio comprendere come si svolsero i fatti, la testimonianza del fisico belga Léon
    Rosenfeld (1904-1974), stretto collaboratore di Bohr, che in quei giorni si trovava a Bruxelles per
    incontrare proprio lo scienziato danese:



    Non dimenticherò mai l'immagine dei due antagonisti quando lasciarono il club:
    Einstein, con la sua figura alta e imponente, che camminava tranquillo, un sorriso appena ironico,
    e Bohr che allungava il passo per stargli dietro, pieno di eccitazione [...] Il mattino seguente
    avrebbe visto il trionfo di Bohr.»


    L’obiettivo di Einstein nel proporre l’ esperimento mentale era dimostrare la incompletezza della
    MQ obiettivo che, a quel punto, pareva pienamente raggiunto.





    Il mattino seguente Bohr si presenta con la soluzione al problema; ciò che è ancor più paradossale,
    la soluzione deriva proprio dalla rigorosa applicazione della Teoria della Relatività Generale dello
    stesso Einstein.
    La Relatività Generale prevede infatti che, sotto l’azione di un campo gravitazionale, il tempo
    scorra più lentamente.
    All’istante del rilascio del fotone la Scatola a Luce si sposta verticalmente sotto l’azione della sua
    forza peso, ridotta del peso del fotone emesso. La sua posizione all’interno del campo
    gravitazionale terrestre varia così come la misurazione del tempo.
    L’istante del rilascio del fotone coincide con lo spostamento dell’orologio nel campo gravitazionale
    e con la relativa dilatazione dei tempi così che l’istante del rilascio risulta indeterminato.

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  26. Grazie del prezioso post.

    Credo che "capire" la scienza nei suoi contenuti sia differente dal "comprenderla" gnoseologicamente.

    La scienza fornisce all'uomo utili strumenti ma non si salva dall'essere essa stessa un suo strumento.

    Essa non è una supernova, ma è un modo dell'esistenza umana.

    Immerso nei suoi modi l'uomo commette errori, ma nel persistere a sbagliare dimostra l'esistenza di finalità differenti da quelle ragionevoli.

    A tutto c'è un "perché", il problema più grande dell'uomo esiste quando smette di porsi la domanda, perchè semplicemente non sente più il bisogno di farlo.

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  27. Vengo dall'ambito dell'ingegneria e di economia ne sto iniziando a capire qualcosa con la lettura di questo e altri blog del settore e di libri che in questo blog sono stati menzionati. Non ho mai commentato per mancanza di cose rilevanti da dire.
    Oggi, intravedendo la parola ingegnere, mi sono fatto forza e ho deciso di dare un contributo.
    1)Mi permetto di segnalare un libro scritto dal mio professore di fisica che penso calzi a pennello con quanto si sta discutendo: 'L'universo è fatto di storie non solo di atomi_ breve storia delle truffe scientifiche' - Stefano Ossicini.
    (Il sottotitolo brutale l'ha voluto l'editore per vendere di più mi ha confermato l'autore).
    Dalla prefazione:'...la competizione diventa più spietata, la ricerca più frammentata, sponsorizzata, sempre meno guidata dalla curiosità e dalla ricerca di verità. I conflitti di interesse, finanziari e etici, aumentano e i ricercatori a progetto ... sono costretti a produrre comunque risultati per sperare in una prosecuzione del progetto ... Ed ecco che nascono,inevitabili, tentazioni devianti'.

    2) Per quanto riguarda la natura della luce:
    Isaac Newton --> natura corpuscolare
    vs
    Christiaan Huygens --> natura ondulatoria
    Chi vince?
    Bisognerà aspettare la teoria quantistica del 900 per salvere la capra (corpuscolare) e i cavoli (ondulatori).
    Per ripercorrere le tappe dello studio della luce da Newton a Dirac consiglio la conferenza sul tema reperibile su youtube: Stefano Ossicini - UniMoRe - La Tigre e lo Squalo: 1905 - 1927 La difficile ascesa del quanto di luce.

    Saluti

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  28. A proposito di ottica geometrica e specchi (ma non solo). Fermat verso la metà del 17esimo secolo propose un principio (probabilmente già presente nel pensiero di qualche "fisico" dell'antichità) per spiegare insieme riflessione e rifrazione: la luce segue il percorso di durata minima. È il primo di una folta serie di principi cosiddetti "variazionali" che da quel momento invadono tutti gli ambiti della fisica e della matematica: si ha un principio variazionale quando il fenomeno (o la soluzione di un problema) si realizza nell'estremo, massimo o minimo, di una certa funzione, o più in generale di un funzionale, cioè una funzione che dipende da oggetti matematici più complicati di semplici numeri, ad esempio dai possibili percorsi della luce nello spazio. In meccanica, sia classica che quantistica, il principio di minima azione (l'evoluzione del sistema avviene sull'estremo dell'integrale della Lagrangiana) è uno dei più potenti e utilizzati. In termodinamica un sistema isolato raggiunge l'equilibrio quando l'entropia è massima. Un gas di molecole estremamente diluito tende nel tempo a minimizzare la funzione H di Boltzmann (questi ultimi due casi sono un po' diversi, si tratta di funzioni di Lyapunov e quindi l'estremo coincide solo con la "fine" - asintotica - del fenomeno e non con l'intera sua realizzazione, in compenso la funzione decresce o cresce sempre). Più di recente si sono trovati interessanti principi variazionali per certe classi di fenomeni macroscopici diffusivi lontani dall'equilibrio termodinamico, a partire da studi nel calcolo delle probabilità (teoria delle grandi deviazioni). Etc. etc.

    Nonostante questi successi, la "fissa" di cercare un funzionale da estremizzare (una sorta di "mano invisibile") ha avuto fin da subito i suoi critici: ad esempio (leggo da Wikip) il cartesiano Claude Clerselier obiettò a Fermat "Le principe que vous prenez pour fondement de votre démonstration, à savoir que la nature agit toujours par les voies les plus courtes et les plus simples, n’est qu’un principe moral et non point physique, qui n’est point et qui ne peut être la cause d’aucun effet de la nature." In effetti si tratta di una vera e propria ideologia, sebbene molto affascinante in quanto sostenuta dall'eleganza, dall'economia (nel senso di Occam) e ovviamente dal fatto che in casi molto importanti funziona assai bene. In quanto ideologia ha prodotto anche grandi illusioni premiate dal Nobel, vedi il caso Prigogine . La fisica è piuttosto unanime oggi nell'escludere che i sistemi chiamati in causa da Prigogine, cioè quelli in cui è chiara una freccia del tempo ("fuori dall'equilibrio termodinamico"), tra i quali forse vanno messi anche alcuni (o tutti?) i sistemi/modelli economici, godano di un qualche principio variazionale che determini il loro stato stazionario. Eppure c'è sempre chi ci prova, o ci casca: escono diversi articoli ogni anno anche su buone riviste che vantano principi variazionali per questi sistemi, quasi sempre inconcludenti o applicabili a pochi casi.

    Anche in fisica ci sono i "fogni", purtroppo, anche se forse fanno meno danni che altrove.

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  29. Avendo letto qualche anno fa un paio di testi di Giovanni Boniolo pensavo di aver capito qualcosa di epistemologia, ma, da una googlata, vedo che è membro del gruppo tecnico-scientifico di Filosofia del MIUR.
    I suoi discorsi su informazione e democrazia forse li applica solo nell'ambito medico.
    Vorrei essere smentito.

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    1. Scusa: ma Boniolo che c'entra qui?

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    2. I due testi da me letti sono: Metodo e rappresentazioni del mondo. Per un'altra filosofia della scienza e Aspetti epistemologici dello spazio e del tempo.

      Nel primo in particolare si parla di scienza come produzione umana.
      Cito dal primo testo: " Il filosofo della scienza dovrebbe spostare la sua attenzione dal mondo della logica al mondo della vita[...]. Un criterio di demarcazione non demarca nulla se non interviene uno scienziato reale, abitante nel mondo della vita reale, che in base ai suoi valori decide delle ipotesi delle quali bisogna fidarsi e di quelle di cui non bisogna fidarsi, nonché fino a che punto abbia senso tenersi dogmaticamente una teoria confutata dall'esperienza e quando valga la pena abbandonarla"

      Leggendo il suo post qui su goofynomics mi sono tornate in mente le parole di Boniolo.

      Boniolo parla anche di corretta informazione in relazione alla democrazia in un suo testo che non ho letto e in questo video che ho guardato ieri https://www.youtube.com/watch?v=u15uS8hMYWI .

      Così gli ho chiesto via mail se avesse preso una posizione sulla moneta unica, visto che anche questo caso, ci troviamo di fronte a un problema di informazione e democrazia.

      Pensavo non mi rispondesse, invece lo ha fatto e la risposta è stata che non si è mai occupato di economia.

      Se sono completamente OT mi scuso per il tempo che le ho fatto perdere.

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    3. ...con il sostegno di Intesa San Paolo...

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  30. Danke schön, lieber Alberto!

    Dopo aver visto il passaggio di Ronchi, il senso del tuo precedente riferimento a Euclide è ancora più chiaro. Ed ho anche io più chiaro il punto della mia riflessione. Che non era mettere in dubbio che "Non ci sono molti meno condizionamenti sociali nel modo in cui Euclide affrontava la teoria della visione (ottica, fisica, scienza dura) di quanti ce ne siano nel raccontino che vi ho fatto". Su questo condivido totalmente il tuo punto di vista, esposto in modo cristallino in questo post: "Sarebbe opportuno che la consapevolezza che ogni scienza è "umana", che nessuna scienza è "dura", e che tutte le scienze sono un processo, non un traguardo, si diffondesse anche agli strati meno "abbienti" in termini di bagaglio tecnico". Te ne scrivo in privato.

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