Reduce da un duplice prelievo (una mora mi ha sfilato 117 euro, e un'altra mora mi ha sfilato 117 gocce di sangue), rifletto sulla caducità delle cose umane, e su quanto vacui siano certi rituali. A che prò farsi le analisi? Non mi riferisco al fatto che il risultato già lo so: colesterolo LDL verso l'infinito e oltre, acido urico probabilmente sotto i 9 grammi per litro (ormai sono allopurinolodipendente), omeocisteina meglio non saperlo, il resto chi se ne frega. No, mi riferisco a qualcosa di più radicale, che ho appreso, con una certa costernazione, a margine di un dotto seminario tenutosi sotto le volte affrescate di un prestigioso istituto romano. Il gentile ospite aveva proposto a un'eletta platea di persone che la pensano più o meno allo stesso modo di dibattere (ma perché dibattere se la si pensa allo stesso modo?) sull'economia, e nella sua relazione introduttiva veniva posto un tema che a voi sembrerà stantio (vabbè, ve la dico tutta: c'erano anche i famosi 60 miliardi de Lacoruzzzzzzione, all'ordine del giorno...), ma che ritorna con la petulante regolarità di una stagione poco amata: "gli economisti hanno fallito le loro previsioni"...
Il seminario, per fortuna, aveva preso da subito un'altra piega: si era parlato di altro, cioè, sostanzialmente, di tutto quello che trovate qui. Mi dicono che non devo dire "ve lo avevo detto", perché altrimenti risulto antipatico. Ma chi mi rivolge questa assennata esortazione, alla quale io rispondo con garbato apprezzamento, forse ignora due elementi importanti.
Il primo è che a me non interessa il consenso. Non è mio obiettivo essere simpatico a tutti: preferisco esserlo ai migliori. Il mio rifiuto esplicito del facile consenso è al tempo stesso la migliore garanzia di credibilità (sto semplicemente enunciando fatti, non cerco di blandire nessuno), e, paradossalmente, il miglior modo per ottenere quella adesione emotiva un po' bovina, quell'ammmmmmmoooooorrrreeeeee che molti di voi mi manifestano (sappiate che io comunque il pio bove lo amo...). Sì, insomma, per dirla in soldoni: fare lo stronzo buca lo schermo, ed è meglio essere antipatici che passare indifferenti (naturalmente cum grano salis). Quando mi servirà il consenso, vi dimostrerò che so ottenerlo. Ricordate quando dicevate che non sarei mai andato in televisione? Che non avrei mai scritto sui giornali? O che su Twitter non avrei avuto seguito perché sono troppo prolisso? Ecco, rilassatevi: non sono fatti vostri, e comunque il problema non si pone...
Il secondo motivo, meno soggettivo del primo, è che quando rivendico l'efficacia delle mie previsioni non lo faccio (solo) per (un benedetto e santo) narcisismo, ma anche (e soprattutto) per affermare la dignità della scienza economica. Vedete, questa storia che l'economia non è una scienza non è solo un'idiozia in termini epistemologici, ma è anche e soprattutto un'arma di propaganda. Basterebbe pensare a chi l'ha introdotta nel dibattito: è stato il "Trio monnezza", come i più attenti di voi ricorderanno. Ma siccome c'è sempre qualcuno che, buonisticamente, si adonta se giudichiamo gli argomenti da chi li propone, rapidamente vi spiego more geometrico perché chi dice "l'economia non è una scienza" fa propaganda per il progetto neoliberista. Il motivo è semplice: siccome tutte le ricette neoliberiste hanno fallito, e siccome "er popolo" comincia ad accorgersi che dietro queste ricette c'è un disegno politico ben preciso (comincia cioè a capire che Lausterità non è stata fatta perché occorresse consolidare il bilancio pubblico, ma perché bisognava ulteriormente distorcere a danno dei salari, cioè a vantaggio dei profitti, la distribuzione del reddito), gli intellettuali neoliberisti (piacevole ossimoro), per deresponsabilizzarsi, per chiamarsi fuori, portano avanti l'idea che l'economia non sia una scienza, che non esistano relazioni causali fra certe politiche e certi risultati, che sia tutto un po' vago, che oggi tutto sia diverso, che stiamo navigando in acque inesplorate, e via scemenzando. Questo al solo e unico scopo di non sedere dove dovrebbero, cioè sul banco degli imputati. Dà loro molto, moltissimo fastidio, quando si ricorda loro che era tutto già scritto, che essi sapevano benissimo come i loro illuminati pareri, le loro auguste prescrizioni, fossero chiaramente orientate a danno del lavoro e a vantaggio del capitale. Loro preferiscono passare per scemi, piuttosto che per criminali, e questo è comprensibile. Preferiscono svilire la propria scienza ad alchimia, piuttosto che confessare di averla deliberatamente usata a vantaggio dei pochi contro i molti. Ma non deve essere permesso mai, e tantomeno nella società dell'informazione, agli intellettuali di sottrarsi alle proprie responsabilità.
L'economia è una scienza, e quindi se ho azzeccato tante previsioni non è merito mio, ma di chi non mi ha pagato per non azzeccarle.
Così, come vedete, abbiamo anche risolto il problema del narcisismo... o forse lo abbiamo spostato dal piano intellettuale a quello etico: ma io non ho detto che non mi sarei venduto: ho solo detto che nessuno ha avuto la buona idea di comprarmi!
Ora, visto che diffondere l'idea che l'economia non sia scienza è parte integrante del contrattacco neoliberista, duole (oh, se duole!) constatare che intellettuali progressisti non banali cadono in questa trappola. Durante tutto il seminario avevo tentato di riportare il dibattito sul tema cruciale: l'importanza dei linguaggi, e quindi, in primo luogo, la necessità assoluta e categorica di astenersi dall'usare categorie liberiste nell'articolare i nostri ragionamenti. Accettare il linguaggio del nemico è avere perso: va bene se vuoi solo far finta di combattere (e molti, secondo me, hanno fatto finta: ricordate la storia dei fire sales?), ma non va bene se vuoi fare sul serio (e ora è il momento di fare sul serio).
Pensate quindi come ci son rimasto quando, in chiusura dei lavori, il tema dello statuto scientifico dell'economia è tornato a galla (come si conviene alla sua natura)! Mi sono permesso di svolgere sinteticamente le considerazioni che vi ho offerto sopra, e sapete cosa mi è stato risposto da due intellettuali che stimo? Che si può parlare di scienza solo se si riesce a prevedere esattamente un evento (esempio: la predizione di un eclissi solare), e se si possono effettuare esperimenti in condizioni controllate.
Con il sangue agli occhi (perché io voglio vincere, quindi mi dolgo nello scoprirmi compagno di strada di perdenti) ho fatto gentilmente notare che i due esempi erano incongruenti, dato che nessuno ha mai portato in laboratorio un globo solare per osservarlo in condizioni controllate (l'astronomia non è propriamente sperimentale). Quanto all'esattezza delle previsioni, ho gentilmente suggerito ai miei interlocutori di chiedere al proprio medico quando sarebbero morti, invitandoli a non fidarsi di lui qualora non avesse saputo fornirgli la data esatta del triste (o lieto: c'è sempre chi vede il bicchiere mezzo pieno) evento.
Io ho detto che la Finlandia (e la Francia) erano in crisi quando nessuno ne parlava, e anzi quando tutti vedevano nella Finlandia un esempio e nella Francia una speranza. Io vedevo il tumore. Io sono uno scienziato. Io non so dire quando l'euro crollerà, come il medico, alla prima ecografia, non sa dirti quanti giorni di vita ti restano. Ma so che questa costruzione è malata e agonizzante.
A chi dice che l'economia non è una scienza, perché non prevede l'esatta data degli avvenimenti, dovrebbe essere proposto di rinunciare (o, in un mondo meno umano e più draconiano, vietato di accedere) alle cure mediche. A che ti serve uno scienziato che non è uno scienziato perché non sa dirti la cosa più importante: quanto tempo ti resta per dire la qualunque?
Ecco: io cerco di rispettare gli altri. Ma a me viene riferito il dolore di tanti. Non posso sopportare che chi ne è stato causa attiva si sottragga alle proprie responsabilità, non posso sopportare che lo faccia schernendo grandi uomini, come Keynes e Kaldor, e soprattutto non posso sopportare che chi dice di voler contrastare questi agenti del Male cada in modo così ingenuo nelle loro trappole.
Sed de hoc satis. Al seminario non sono state dette solo lievi imprecisioni. Ora ho un'intervista in radio, poi, se mi avanza tempo, vi dirò un paio di cose non banali che ho sentito. C'è sempre da imparare, e, fra l'altro, è esattamente per questo motivo che è meglio non sapere quando si morirà. Il che, peraltro, non implica che si sia immortali...
Quando mi dicono che la glottologia non è una scienza perché non predice quando esattamente un fenomeno linguistico avverrà in genere questi personaggi sono ignoranti che vogliono dire la qualunque. Si spaventano solo di un metalinguaggio di tipo matematico, in quanto per costoro la formalizzazione è sinonimo di scientificità: poverini, scambiano la forma con la sostanza. Così io gliela servo, loro non ci capiscono un tubo, ne escono atterriti, e si azzittiscono odiandoti per la figura che hai fatto fare loro. Il mondo è pieno di codesta gentaglia: anche tra i cosiddetti addetti ai lavori. Nevvero, Alberto?
RispondiEliminaViviamo in un paese che ha messo alla sbarra degli scienziati per non aver previsto ciò che la scienza afferma imprevedibile (nei modi e nei tempi auspicati dall'uomo della strada, ovvero "a che ora è la fine del mondo?").
RispondiEliminaChe si aspetta oggi a mettere alla sbarra chi finge di non essere scienziato all'unico scopo di sottrarsi alle proprie responsabilità?
Nomi e cognomi sono ben conosciuti.
Anche l'ipotesi di reato è davanti agli occhi di tutti (artt. 241cp, 244cp, 283cp, 285cp e qualcuno, secondo me, dovrebbe rischiare anche il 77 c.p.m.p.). Pena massima prevista dopo il 1948, purtroppo "solo" l'ergastolo.
Bisogna sgombrare il dibattito dalla superstizione secondo la quale una scienza o una teoria scientifica sia tale solo se dimostri capacità divinatorie; con chi crede in tali superstizioni non è possibile né utile intavolare alcuna discussione.
RispondiEliminaBuongiorno Professore, complimenti per l'intervento. Un uccellino mi ha detto che le interessava il podcast... http://www.rai.tv/dl/portaleRadio/media/ContentItem-173a17b9-5177-4846-9b4b-ed574943bfc0.html
RispondiEliminaMah, sentito stamane, via supereterodina, il medico felsineo. Sepolcrale. Terrorizzante. Catastrofista. Contorto. Sicuro, sicurissimo della data e della causa della morte.
RispondiEliminaCui Prod(i)est?
Marco Furfaro: "l'economia non è una scienza esatta e perciò le mie opinioni valgono come le sue". Insomma, il mondo è pieno di cialtroni, la cosa triste è che qualcuno di loro sia anche laureato in economia. Dopo aver ascoltato le parole di Furfaro, stavo per scagliare la TV dalla finestra, tuttavia mi convinsi che una reazione più mite sarebbe stata opportuna e gli scrissi una email da cui estraggo un brano: "affermare che l'economia non è una scienza esatta per poter mettere sullo stesso piano le assurdità che proponi (quelle che chiami tue opinioni) e soluzioni economiche frutto di regole consolidatesi in più di un secolo (quelle che chiami vostre opinioni) è una bestialità indegna di un laureato in economia". Spiegare a simili soggetti che la scientificità sta nel metodo (il tizio forse neppure lo avrà sentito nominare Galileo Galilei) e nella possibilità di fare previsioni (cose diverse ma fortemente interconnesse) appare davvero arduo, l'unica, nel caso dovesse ammalarsi, è consigliargli, come ho fatto, di recarsi da un indovino, tanto la medicina non è una scienza esatta.
RispondiEliminaDiamine! È la prima volta che whats up mi piace. Di solito condividono con me LinkedIn che faccio fatica a pensare di aprire. E invece stavolta, provenendo da mia moglie, tua devota, ho rischiato. Io faccio il medico (non "sono un medico"). Sono Michele, sono un papà, un figlio, un musicista fallito, ecc. Ma ho fatto il medico perché mi interessava una facoltà scientifica senza buttarmi sulla fisica sperimentale come ha fatto mio fratello. La medicina è (o meglio DEVE ESSERE) una scienza che ha a che fare con gli uomini. E deve essere praticata al meglio, come una professione e non una missione, che non è. Non certo come stregoneria, astrologia (a proposito... è quella li che prevede la data di morte...) o politica. Conosco il tuo blog adesso. Da una vita discuto di come fare il medico. Non credevo di trovare una disamina così puntuale presso un pignolo e prolisso economista. A proposito... d'acchito sento di volerti bene, per quel poco che te ne può fregate. E da ultimo: ho sempre osteggiato nel mio piccolo la moneta unica, perche dicevo che se gli interessi delle popolazioni sono diversi, non ci può essere una moneta unica. Arrivavo al paradosso di invocare una moneta differente regione per regione italiana, altro che lira ed euro. Boh. Grazie e scusa. Per simpatia sono stato volontariamente prolisso... Eviterò altre incursioni
RispondiElimina“ho sempre osteggiato nel mio piccolo la moneta unica, perché dicevo che se gli interessi delle popolazioni sono diversi, non ci può essere una moneta unica. Arrivavo al paradosso di invocare una moneta differente regione per regione italiana, altro che lira ed euro.”
EliminaPrendo spunto e approfitto per porre molto umilmente una domanda alla quale chi è un normale cittadino non esperto di politiche monetarie può avere difficoltà a rispondere, e che tecnicamente potrebbe essere posta come controargomento da un sostenitore dell'euro (magari un po' caciarone); ebbene la domanda è proprio: perché una moneta "solo" per l'Italia? Perché a quel punto non crearne due, una per il Nord e una per il Sud, al fine di equilibrare economicamente tali macroaree? E perché non più di due monete, fino a un estremo di 20 monete, una per regione?
Sì, la moneta è caratteristica dello Stato-Nazione, non ci possono essere più monete in uno Stato, ma si tratta più che altro di una domanda teorica: come stabilire che l'area economicamente ideale è l'Italia, lo Stivale? Come si fa ad asserire che non avrebbe maggiormente senso restringere ulteriormente il campo (dividendo Nord e Sud, oppure la Penisola in venti porzioni, ossia le Regioni) per far sì che la moneta dell'area X rispecchiasse i fondamentali economici dell'area X?
A scanso di equivoci scrivo le seguenti precisazioni: che sono di Firenze, che amo l'Italia tutta, che del secessionismo di Bossi non me n'è mai importato nulla manco per sbaglio (anzi seguo la Lega salviniana e borghiana dal momento in cui mi è stato chiaro quanto sia e sarà vitale la sovranità nazionale), e infine che sto soprattutto facendo l'avvocato del Diavolo e immaginando un ipotetico discorso (discorso nel quale mi piacerebbe avere una risposta pronta) con un eurista altezzoso che per screditare in maniera grossolana l'interlocutore ciarlasse (uso uno pseudo romanesco in onore del prof.) qualcosa del tipo: "Ahó, ma se me stai a di' che noi torneremo alla lira e ogni Stato dell'eurozona alla moneta propria, me spieghi perché a quer punto nun se potrebbe pensa' che sarebbe mejo che a' Lombardia avesse la moneta sua, così come a' Toscana, a' Sardenia, er Lazio, er Veneto, a' Sicilia e così via? E perché nun ce spingiamo in là e famo che Firenze ha la moneta sua e Pisa pure? E uguale per Milano e Bergamo, o per Palermo e Catania?".
Basta consultare un qualsiasi manuale di numismatica per vedere che - fino a 160 anni fa - in Italia, di "monete" diverse fra loro, per le varie entità politiche dell'epoca (ma anche delle epoche successive al crollo dell'Impero Romano), ce n'erano almeno una diecina (in certe epoche, anche molte di più; addirittura ogni Comune aveva una propria zecca).
Eliminahttp://www.ilgiornaledellanumismatica.it/?attachment_id=8521
"Che si può parlare di scienza solo se si riesce a prevedere esattamente un evento (esempio: la predizione di un eclissi solare), e se si possono effettuare esperimenti in condizioni controllate." Classica laqualunque. Comunque anche nella mia professione, quando si e' corto di argomenti tecnici ma si devono difendere puri interessi di parte, si inizia ad intorbidire, ad aggiungere variabili fittizie, a trollar forbito. I piu' inutili fanfaroni pubblicano libri (che nessuno legge), scrivono articoli (che nulla aggiungono), ma il tutto allunga il cv. Si distinguono perche' non hanno mai un obiettivo chiaro-definito-stabile-coerente, che non sia il banale accodarsi all'argomento in voga. Galleggiano di buzzword in buzzword, ma idee zero. Hanno il loro ruolo.
RispondiEliminaNella sua introduzione a L'arte della guerra, Thomas Cleary scrisse:
RispondiElimina"Un’antica storia racconta che un signore dei tempi andati domandò al proprio medico personale, membro di una famiglia di guaritori, chi di loro fosse il più versato nella propria arte.
Il medico, la cui reputazione era tale che il suo nome era diventato sinonimo della scienza medica cinese, rispose:
“Il primogenito vede lo spirito della malattia e lo rimuove prima che prenda forma; perciò il suo nome non varca i confini della casa.
Il secondogenito cura la malattia quand’è ancora agli inizi; perciò il suo nome non è conosciuto al di là del vicinato.
Per quanto mi riguarda, pratico l’agopuntura, prescrivo pozioni e massaggio il corpo; così talvolta il mio nome giunge alle orecchie dei potenti”."
Duri i banchi, prof.
L'omocisteina che lei cita di recente è stata rimossa dai principali fattori di rischio cardiovascolare, dopo esserci stata per svariati decenni, perché è emerso che i farmaci efficaci nel ridurla (es. Acipmox) non riducevano l'aumento del rischio direttamente correlato a una omocisteina alta.
RispondiEliminaLeggasi, il metabolita omocisteina (che altro non è che un intermedio di un amminoacido, la metionina, e infatti a ridurne il livello ematico bastava una vitamina, sia pur in dosi massicce) è un epifenomeno di qualcos'altro, che è il vero determinante dell'aumento del rischio cardiovascolare e che al momento non conosciamo di preciso.
È un esempio del fatto che in effetti la medicina scienza non è, solo che i cialtroni cui lei fa riferimento usano questo assunto tecnicamente vero in maniera oscenamente tendenziosa. Magari neppure sanno che per essere precisi dovrebbero in realtà dire 'non è una scienza dura', ma credo che lei non possa pretendere un tale livello di dettaglio da chi cerca solo di pararsi le terga.
Magari quando ne ha l'occasione spieghi a questi illustri signori che l'omocisteina è un po' come castacriccacoruzzzione: intanto un po' ce ne sarà sempre perché è fisiologico averla, ma soprattutto se anche si riuscisse a ridurre, il problema economico di fondo resterebbe e ci saremmo dentro.
Niacina (b3), ma dal post sopra capisci come sia abbastanza 'inutile' in realtà, se si cerca un miglioramento della salute piuttosto che la discesa di un valore che in sé non dice niente
EliminaB9, acido folico.
EliminaAcido folicoi ( B 9 ) e in parte le altre del complesso B ( 12 cianocobalamina ) e B6.
EliminaMa il signor Bateman ha ragione, non ci soni prove scientifiche che l'omocisteina serva a qualcosa per definire i livelli di rischio cardiovascolare.
Non é dimostrato serva a qualcosa come screening.
Non é dimostrato serva qualcosa medicarne gli alti livelli serici. Secondo gli studi piú recenti che conosco, di 5-6 anni fa.
La medicina é una antica arte e di fatto non possiamo in senso stretto definirla una scienza.
La scienza é un metodo che ha circa 400 anni di vita e la
medicina da 200 o 300 anni ha cominciato ad farne un assai proficuo uso.
Ma malgrado correnti di pensiero "mainstream" quali la "evidence based medicine" rafforzino questo importante legame una totale identificazione dell' arte medica con la scienza é difficile da raggiungere. Ammesso che sia auspicabile.
Ma è un discorso lungo che poco interessa un blog di economia.
Economia che, per quel che ne so, quale campo di studi e investigazione slegata dall'etica politica sorge non prima del rinascimento. Se non mi sbaglio.
E usa come tutte le scienze sociali cosi come le biomediche criteri di tipo probabilistico / statistico per definire le sue leggi.
Che ormai dai tempi della meccanica quantistica di Heisenberg, Schrodinger ( 1920 e giú di lí ) il concetto ottocentesco di "scienze esatte" relativo alla fisica/chimica classica é un poco tramontato, ha limitato il suo valore a certi ambiti.
Ambiti che non sono comunque quelli dove dovrebbe essere confinata l'indegna risposta del signor Furfaro: un bar di periferia.
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RispondiEliminaLei dovrebbe assistere a un consiglio universitario. Il novanta per cento dei professori ha il cervello di una pecora, ragiona come una pecora e si infastidisce se gli studenti non sono pecore come lui.
EliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
EliminaSe l'economia non è una scienza e non predice, mi viene da dire che chi lavora con i dati economici fa un lavoro inutile: è una "risorsa improduttiva", da tagliare. Comincio a dubitare della loro intelligenza, nemmeno la furbizia di difendere il proprio lavoro.
RispondiEliminaProf, tanto tu fai il musicista, un altro impiego ce l'hai già ed è molto più bello e interessante, ammettiamolo!
La scienza è tale solo se strumentale al potere da troppi anni ormai, piegando e imbavagliando tutti i luminari che raccontano storie diverse da quelle che non risulterebbero funzionali ai piani di compressione non solo salariali,ma anche dei diritti sociali,della sovranità e dell'identità nazionale.
RispondiEliminaPortare come esempio il sorgere del sole è folle. Hume ne trattava in tempi non sospetti come la base dell'empirismo.
RispondiEliminaCi vuole pietas, o rabbia?
https://www.ineteconomics.org/perspectives/blog/can-it-happen-again-defining-the-battlefield-for-a-theoretical-revolution-in-economics
RispondiEliminaun nuovo paradigma
Antonella Palumbo
Personalmente tendo a rifuggere questo tipo di dispute nominalistiche (intendo: parlando con laggente) anche perché. Heisenberg, Wolfgang Pauli o Henry Stapp discussero l'argomento meglio di come potrei fare io. Mi limito a rilevare che, quello da te riportato, fu l"argomento adottato da von Mises e von Hayeck contro l'intervento pubblico in economia. Gli esiti dipendono sempre dai mezzi e dai fini: se ti inietto un ipnotico so che ti addormenterai, e anche quando, e te lo inietto perché voglio addormentarti. Cosí come si è sempre saputo che la moneta é uno strumento sociale determinato dai rapporti di forza che crea vincitori e vinti, sfavoriti e avvantaggiati. Si sapeva, era previsto e si é voluto avvantaggiare alcuni. Ed é stato fatto. In questo senso la scienza economica ha funzionato benissimo...
RispondiEliminaE la genetica non è (o è stata) una scienza, o almeno non sempre e non dappertutto.
RispondiEliminaMa naturalmente la Scienza non può essere sottoposta alla politica... o almeno non qui, non da noi: può solo avvenire in un regime autoritario.
Questo almeno mi veniva spiegato nel '64, quando mi fu raccontata questa storia che pure mi torna in mente da qualche anno.
Quante cose si imparano qui...
EliminaPost bellissimo, tra i più pieni di carica. Io spero tanto che il professore abbia qualche allievo; non parlo dei tanti studenti dei suoi corsi, ma qualcuno con cui passi molte ore insieme (dottorandi o simili...) proprio per strutturargli la testa in un rapporto, appunto, mentore-allievo, come quello di Aristotele col maestro Platone. Ognuno è unico e irripetibile, ma c'è bisogno di giovani che si abbeverino di "bagnaismo" e possano, ciascuno a modo suo per carità, raccoglierne l'eredità.
RispondiEliminaSi abbeverano, ma temo di avere effetti lassativi perché poi se la fanno sotto. Vanno anche scusati: in Europa (tutta) può capitarti di essere segato a una seduta di laurea o a un concorso da ordinario se mi nomini o lavori con me, quindi... La triste morale è che inevitabilmente si rischia il friendly fire: fra quelli che mando e manderò a stendere nel dibattito ce ne sarà in 15% che sta dalla mia, ma non lo ha fatto vedere. Capita...
EliminaDon't worry, io non ho problemi di essere segato a una seduta di laurea o a un concorso da ordinario, da "cugino" aziendalista nomino spesso l'innominabile e i suoi testi "satanici", ma io non faccio testo, sono forse l'unico caso al mondo di un docente di economia aziendale / tributarista che, quando può e quando non è costretto da innovazioni legislative/nuovi OIC, legge testi di macroeconomia e di politica economica ...
EliminaMi capita spesso di notare che questa fiducia incrollabile nelle scienze cosiddette 'esatte' proviene da personaggi che di queste hanno solo una vaga idea confusa. Come il suo lavoro dimostra, (e come anche Popper aveva capito qualche tempo fa) la linea di demarcazione è sempre e solo nel metodo.
RispondiElimina"Che si può parlare di scienza solo se si riesce a prevedere esattamente un evento (esempio: la predizione di un eclissi solare), e se si possono effettuare esperimenti in condizioni controllate."
RispondiEliminaSecondo questa definizione neanche la sismologia è una scienza. Non mi risulta che ad oggi siamo capaci di prevedere i terremoti, né tantomeno di effettuarli in laboratorio.
Altro ottimo argomento. La "replicabilità dell'esperimento in condizioni controllate" la praticava anche mizzìa quando faceva lo stoccafisso (di cui non le estorsi la ricetta e del quale quindi non sentirò mai più il sapore), mentre il "non poter riavvolgere il nastro della storia per costruire un controfattuale" si applica anche agli tsunami, quindi l'oceanografia non è una scienza. Mi sono rotto veramente le scatole di chi parla a vanvera, anche perché quando lo fa c'è sempre dietro una porca rogna politica da grattare (qui era "uscismo da sinistra").
EliminaCose turche - Accompagnavo i ragazzi italiani alle olimpiadi della fisica, Antalya, Turchia. Ebbene, in fase di preparazione del testo, fu rilevato che uno dei problemi preparati dallo staff locale era sbagliato. Apriti cielo, ovviamente. Ora, i problemi dovevano venir fuori da una decisione condivisa di tutti i delegati, più di cento, ma come si fa ad accordarsi se date le equazioni e i dati iniziali, un satellite cada dall'orbita o no? Le equazioni non dovrebbero ammettere compromessi. Così, chiesi la parola e mostrai sulla lavagna luminosa cosa in realtà succedeva.
RispondiEliminaEbbene, il professore turco presidente dell'assemblea, nel panico, chiese una pausa nella seduta, e alla ripresa dei lavori, dopo una breve perorazione, votammo - con esito ridicolo: le equazioni non furono rispettate.
Questi tuoi colleghi hanno dimosrato di non conoscere il metodo scientifico e così in realtà hanno descritto il LORO approccio all'economia.
RispondiEliminaQuesta è un'ipotesi interessante.
EliminaD'altronde, da certe "problematiche" non è esente, ovvio, la categoria medica: anche diversi miei colleghi, pare, di fronte ad argomenti che "al di fuori della loro portata" hanno prepferito fidarsi delle argomentazioni isteriche della propaganda piuttosto che del raziocinio.
Eliminahttp://www.saluteinternazionale.info/2016/06/perche-i-medici-britannici-devono-votare-contro-luscita-dallunione-europea/
"... i militanti della separazione dall’UE hanno dimenticato i demoni del virulento nazionalismo che l’Europa è riuscita a tenere a bada. Dopo due devastanti guerre mondiali in Europa prese forma un consenso progressista di tipo socialdemocratico. E i governi perseguirono politiche redistributive all’interno della più ampia Unione Europea, conseguendo enormi risultati in termini di salute e di giustizia sociale..".
"gli argomenti addotti dai sostenitori dell’uscita (The Leave campaign) sono “semplicemente sbagliati”
"Semplicemente sbagliati". Addirittura. Quante perle. Ed è "solo" un editoriale del British Medical Journal...
Che poi per prevedere che la legge del più forte avvantaggia solo ed ulteriormente il più forte non c'è neppure bisogno di scomodare l'economia.
RispondiEliminaI più scaltri la riabiliteranno come scienza quando servirà loro per calcolare il momento in cui sparire sotto falso nome ad esempio in Argentina (sempre che nel mondo globaliZZZato interconeZZZo sia ancora possibile e che l'Argentina sia ancora il refugium peccatorum più à la page).
Non ci saranno abbastanza banchi degli imputati per gli asini rimasti.
(Purtroppo non ci saranno imputati per niente e questi viscidi ruffiani si ricicleranno, ma mi lasci sognare).
Non posso impedirtelo.
EliminaL'omocisteina è bene tenerla sotto controllo. Puoi provare con acido folico e vitamina B12, dovrebbe abbassarne i livelli.
RispondiEliminaI vostri consigli sulla mia salute sono affettuosi ed è quindi solo per tener fede al mio personaggio che sottolineo come essi siano anche una simpatica combinazione del cazzo che non sapete di certe cose, e di quello che io ne so e sto già facendo. Ma l'importante è l'amore... anzi: l'ammmmmmmmmoreeeeeeeeee! Chi ha il pollice opponibile si diverta qui: http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0304394016308461
RispondiEliminaOttimo articolo, grazie. Dimostra come sia importante documentarsi bene e non ascoltare il "primo arrivato" online che scrive cose come se fosse il detentore della verità. Si applica, come sappiamo, a questo come ad altri campi!
EliminaEvidentemente, non conoscevano Gian Battista Vico. Il quale affermava che è possibile avere vera e profonda conoscenza solo su ciò che l'uomo produce (ad es. la Storia). Dato che l'Economia è un prodotto completamente umano è perciò stessa una scienza per autonomasia. La questione non è che l'Economia non sia una scienza, è che molti "economisti" non sono scienziati.
RispondiEliminaMa questo argomento non è stato usato anche al contrario?
RispondiEliminaAd esempio non si è cercato di rivestire di neutralità scientifica la teoria marginale del valore (ho solo letto Cesaratto eh...) proprio per togliere benzina al conflitto di classe?
Io credo che l'economia sia assolutamente una scienza ma i forti interessi in gioco creino una "distorsione" non presente in altri campi del sapere.
Penso che l'Economia non potrà mai essere considerata una scienza dal largo pubblico. Gli interessi materiali di cui l’economia si occupa sono troppo preziosi per non cedere alla tentazione di distorcere la scienza economica ad uso e consumo delle classi dominanti. In Fisica, da tutti considerata la scienza per antonomasia, la caduta di un grave riguarda solo interessi di natura accademica ed intellettuale. A nessuno verrebbe in mente di falsificare il valore della costante di accelerazione gravitazionale, sbandierandolo sui giornali di mezzo mondo, perché non ne trarrebbe alcun vantaggio. Nel caso della falsificazione del moltiplicatore greco, invece il tornaconto c’è eccome.
RispondiEliminaL’Economia è una scienza da tutti contesa, sballottata a destra e a sinistra (politiche) senza sosta. Chi la studia, spesso non la impara per capirla, ma per usarla a proprio vantaggio. Se si è come Borghi, che per fare i soldi l’ha dovuta capire bene, la si capisce giocoforza. Se invece si mira ad incarichi prestigiosi, non occorre capirla: occorre ripeterla nella versione più conveniente. Il clima culturale odierno , fortemente relativizzato, negando l’esistenza della verità assoluta costituisce il brodo di coltivazione ideale a tali organismi che paiono unicellulari in quanto a moralità , ma sono certamente strutturati e superiori in quanto a capacità di adattamento servile.
L’Economia è una scienza, ma a mio parere molti cultori di economia non hanno una sufficiente cultura scientifica. Nel 2014 ricordo che dibattei con un mio amico, studente di economia, a proposito dell’indipendenza della Banca Centrale. Lui presentava la bontà dell’indipendenza come una dato incontrovertibile, una acquisizione certa, un fondamento talmente solido da essere il perno di un sistema economico. D’altra parte è quello che gli insegnavano all’Università. Ecco. Se agli studenti di economia venissero insegnati i limiti e i fallimenti di teorie scientifiche del passato, per quanto esteticamente belle e coerenti, magari anche di altre discipline, forse acquisirebbero un maggiore senso critico verso le teorie che imparano oggigiorno e che insegneranno un domani.
Riguardo ai suoi colleghi economisti di sinistra che non capiscono di fare il gioco del capitale, se sono intellettualmente onesti, penso siano prigionieri di una duplice costrizione. La prima è di natura ideologica. Essere di sinistra ha significato dagli anni ’90 in poi identificarsi nel progetto europeista. Io, che di sinistra non sono, da osservatore esterno ho visto come l’europeismo ha affiancato e superato in intensità tanti altri falsi valori, quali l’ecologismo, il multiculturalismo, il libertinismo sessuale. Se Bersani ha potuto dire la frase “Noi siamo quelli dell’euro” per far capire al giornalista con chi stava parlando, significa che per moltissimi l’euro e la Ue sono diventati caratteri identitari.
La seconda è di natura affettivo-psicologica, quindi subdola. Gli economisti di sinistra, cresciuti in un clima culturale di resistenza e alternatività all’establishment, dagli anni ’90 si sono piacevolmente trovati ad essere parte dell’establishment. Finalmente non dovevano più sognare un mondo alternativo; potevano essere protagonisti di un progetto in svolgimento, con tutti gli onori e gli agi conseguenti!
Sono prigioni con sbarre molto grosse. Compiere una scelta che implica ridefinire la propria identità ed abbandonare anzitempo un progetto al quale si è aderito e che si considera ancora riformabile, può spezzare il cuore e offuscare la ragione.
Non so com'è andata con i "fire sales", qualche indicazione? qualche link per informarmi?
RispondiEliminaMi scusi, Professore: ma lei accetta anche le critiche?
RispondiEliminaLe tue no: non sono particolarmente originali, e non denotano una intelligenza particolarmente profonda della situazione. Questo è e resta un blog per pochi. Tale è la mia precisa intenzione. Se non sei d'accordo, vai altrove e al "popolo" parla tu. Avrai sicuramente seguito. Questo discorso è già stato aperto e chiuso migliaia di volte, sono stanco di ricominciare sempre da capo.
EliminaVenerdì pomeriggio prossimo sarò ad una conferenza del Prof. Richard Dawid dal titolo "Conferma non-empirica", filosofo della scienza presso il Munich Center for Mathematical Philosophy che, da "stringhista" - come si dice in gergo -propone, suscitando ampio dibattito, una revisione del concetto di "metodo scientifico". Qui un abstract di una conferenza simile tenuta nel dicembre 2015 presso l'università di Monaco: http://www.whytrustatheory2015.philosophie.uni-muenchen.de/index.html
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