(...e commenti sospesi...)
L’economia esiste perché esiste lo scambio, ogni scambio presuppone l’esistenza di due parti, con interessi contrapposti: l’acquirente vuole spendere di meno, il venditore vuole guadagnare di più. Molte analisi dimenticano questo dato essenziale. Per contribuire a una lettura più equilibrata della realtà abbiamo aperto questo blog, ispirato al noto pensiero di Pippo: “è strano come una discesa vista dal basso somigli a una salita”. Una verità semplice, ma dalle applicazioni non banali...
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giovedì 30 marzo 2017
mercoledì 29 marzo 2017
Professoroni...
L'affaire Sdogatì prende contorni inquietanti. Come mi ha segnalato uno di voi, il Sole 24 Ore ha messo una toppa peggiore del buco scrivendo il 28 che il 26 aveva corretto un errore fatto da Sdogati il 24:
Devo dire che questo gesto mi ha un po' umiliato, ma non voglio parlarvi ora di questo. Magari domani vi spiegherò perché (sicuramente chi è del mestiere mi capisce). Comunque, incuriosito dalla figura di questo studioso che si fa bacchettare così da un giornale che in fondo lo aveva chiamato per fare esattamente quello che lui ha fatto (e che in altri tempi gli sarebbe andato liscio), ho fatto un giro sulla sua tweet line, trovando delle autentiche perle come questa:
Quant'è piccolo il mondo! E quanto è strano! Un ordinario di P01 che passa il tempo a chiacchierare con due persone prive di comprovata esperienza di ricerca la cui vita sembra tesa all'unico scopo di diffamare chi vi scrive (i "seguaci neri", li chiama Nat). Bè, certo, se uno frequenta certa gente, poi è normale che succedano certi incidenti.
Incuriosito da tanta iattanza, ho allora fatto un giro su Scopus. Il risultato è stato questo:
Un h-index di 3 con 78 citazioni e quattro pubblicazioni Scopus. Se non vi ricordate come si consulta il grafico, potete rileggervi questo post.
Come sto messo io lo sapete:
Un h-index di 6 (il doppio) con 18 pubblicazoni e 75 citazioni. Quindi, alla domanda: "Chi sono questi professoroni?" la risposta fattuale dovrebbe essere: uno che con undici anni di carriera meno di te ha un h-index doppio del tuo e una cosa tipo il triplo di pubblicazioni in classe A dell'ANVUR.
Sono bravo?
No.
Leonardo è bravo:
105 pubblicazioni, 1099 citazioni, e un h-index... a doppia cifra! Ecco: questo è uno più bravo di me. E infatti, nonostante io sia con lui insopportabilmente stronzo (perché tale sono, lo ammetto: credo di averlo anche bloccato su Twitter), non gli passa nemmeno per la testa di assumere atteggiamenti immotivatamente iattanti nei riguardi di colleghi, e di farlo per di più in compagnia di noti personaggi in cerca di editore.
Eh, non c'è che dire: per essere brutta, è proprio una gran brutta storia. Lo dicono i dati, che, per una volta, non sono quelli à la carte del Sole 24 Ore, ma quelli di Scopus. E se vi ricordate, o verificate nel post citato sopra, quali siano oggi i requisiti per diventare professore associato, dovrete giungere alla conclusione amara che ci sono in giro persone che si permettono di fare ironia sul nostro lavoro, ma che se presentassero domanda oggi non passerebbero nemmeno le mediane per associato (il che, peraltro, mi garantisce che non me lo troverei in commissione se facessi domanda su P01...).
Strano, ma fattualmente vero...
(...ah, a proposito: io le mediane le passo, ma naturalmente questa è una condizione necessaria ma non sufficiente. Come l'uscita dall'euro...)
(...umiltà vo cercando, ch'è si rara, come sa chi per lei dato rifiuta...)
Devo dire che questo gesto mi ha un po' umiliato, ma non voglio parlarvi ora di questo. Magari domani vi spiegherò perché (sicuramente chi è del mestiere mi capisce). Comunque, incuriosito dalla figura di questo studioso che si fa bacchettare così da un giornale che in fondo lo aveva chiamato per fare esattamente quello che lui ha fatto (e che in altri tempi gli sarebbe andato liscio), ho fatto un giro sulla sua tweet line, trovando delle autentiche perle come questa:
Quant'è piccolo il mondo! E quanto è strano! Un ordinario di P01 che passa il tempo a chiacchierare con due persone prive di comprovata esperienza di ricerca la cui vita sembra tesa all'unico scopo di diffamare chi vi scrive (i "seguaci neri", li chiama Nat). Bè, certo, se uno frequenta certa gente, poi è normale che succedano certi incidenti.
Incuriosito da tanta iattanza, ho allora fatto un giro su Scopus. Il risultato è stato questo:
Un h-index di 3 con 78 citazioni e quattro pubblicazioni Scopus. Se non vi ricordate come si consulta il grafico, potete rileggervi questo post.
Come sto messo io lo sapete:
Un h-index di 6 (il doppio) con 18 pubblicazoni e 75 citazioni. Quindi, alla domanda: "Chi sono questi professoroni?" la risposta fattuale dovrebbe essere: uno che con undici anni di carriera meno di te ha un h-index doppio del tuo e una cosa tipo il triplo di pubblicazioni in classe A dell'ANVUR.
Sono bravo?
No.
Leonardo è bravo:
105 pubblicazioni, 1099 citazioni, e un h-index... a doppia cifra! Ecco: questo è uno più bravo di me. E infatti, nonostante io sia con lui insopportabilmente stronzo (perché tale sono, lo ammetto: credo di averlo anche bloccato su Twitter), non gli passa nemmeno per la testa di assumere atteggiamenti immotivatamente iattanti nei riguardi di colleghi, e di farlo per di più in compagnia di noti personaggi in cerca di editore.
Eh, non c'è che dire: per essere brutta, è proprio una gran brutta storia. Lo dicono i dati, che, per una volta, non sono quelli à la carte del Sole 24 Ore, ma quelli di Scopus. E se vi ricordate, o verificate nel post citato sopra, quali siano oggi i requisiti per diventare professore associato, dovrete giungere alla conclusione amara che ci sono in giro persone che si permettono di fare ironia sul nostro lavoro, ma che se presentassero domanda oggi non passerebbero nemmeno le mediane per associato (il che, peraltro, mi garantisce che non me lo troverei in commissione se facessi domanda su P01...).
Strano, ma fattualmente vero...
(...ah, a proposito: io le mediane le passo, ma naturalmente questa è una condizione necessaria ma non sufficiente. Come l'uscita dall'euro...)
(...umiltà vo cercando, ch'è si rara, come sa chi per lei dato rifiuta...)
martedì 28 marzo 2017
Sul diritto di opinione
Poco fa su Twitter l'amico Ramanan ha detto che invece di post-verità, bisognerebbe parlare di post-menzogna. Appropriatissima osservazione. Ecco, vi fornisco qui un esempio di post-menzogna, tratto dalla versione cache di Google di un articolo pubblicato quattro giorni fa:
e un esempio di post-verità, tratto dalla versione attualmente on-line dello stesso articolo:
L'autore è tal Sdogati: non è registrato né su Scholar né su IDEAS (nonostante produzione ne abbia, come si può verificare), motivo per il quale non so darvi suoi indicatori bibliometrici (nel caso siate feticisti dell'ANVUR), e per il quale i colleghi ai quali esprimevo la mia indignazione per questo modus operandi mi rispondevano con un garbato e interlocutorio: "Chi è?".
Bè, la risposta è qua sopra: è uno che scrive sul Sole 24 Ore e quindi fa opinione.
Certo, prima che questo blog nascesse enormità simili (l'inflazione a due cifre negli anni '90? Ma quando mai? Ma l'avete mai visto il grafico, qui pubblicato migliaia di volte?) non venivano colte dal pubblico, che interiorizzava queste balle pronunciate da colleghi privi di scrupoli professionali (quel minimo di scrupolo che ci vuole nel verificare un dato prima di consegnarlo al dibattito). Ora, grazie a IO, la musica è cambiata. Dopo la pubblicazione di questa lieve imprecisione (che molto difficilmente può essere considerata un errore, considerando che il tema era già stato sollevato) i futuri falliti del Sole 24 Ore sono stati travolti sui social da una salva di pernacchie, e forse anche al Politecnico di Milano qualcuno si è chiesto se era cosa opportuna che un loro docente facesse loro una simile pubblicità.
Fatto sta che l'articolo è stato corretto, e, cosa gravissima, lo si è fatto senza né scuse né segnalazioni del fatto che il contenuto era stato modificato. Insomma, senza una cosa tipo questa:
del tutto normale nei paesi dove il giornalismo è giornalismo (tratta da qui, ma ce ne sono migliaia di esempi). Ha ragione da vendere Federico Nero quando ripete che i gazzettieri italiani, sempre pronti a ballare sul cadavere dell'ultimo imprenditore suicidato rinfacciandogli la sua scarsa produttività o le piccole dimensioni della sua impresa che lo rendevano inadatto alla concorrenza, o sul cadavere dell'ultimo operaio suicidato rimproverandogli la mancanza di flessibilità, se venissero esposti, loro, i gazzettieri, alla concorrenza estera, si squaglierebbero come neve al sole e lo sanno (e infatti si producono in corporative difese dei propri privilegi, quelli che stigmatizzano in tutte le altre categorie).
Non ho parole per esprimere la mia indignazione contro questo ripetuto, ossessivo eccidio della verità e quindi della democrazia che viene perpetrato senza sosta, a reti e testate unificate.
Due sole cose posso dire.
La prima è not in my name. Da chi si sporca con comportamenti simili non aspetto ospitalità, quella che tanti baggiani vanno mendicando, ma il fallimento, che arriverà. Non me ne fotte niente della visibilità che potete darmi, se serve ad accreditare organi di propaganda come organi di dibattito. Avete fatto le vostre scelte, quelle di soffocare il dibattito e di diffondere dati inesatti, ora godetevene le conseguenze.
La seconda è questa: in una società dove la libertà di opinione, in assenza di qualsiasi controllo, è diventata libertà di menzogna, il diritto alle proprie opinioni è diventato diritto ai propri fatti, cioè diritto del più forte. Eh, sì, cari gazzettieri, e gentili colleghi dall'inflazione "a due cifre" (dopo la virgola): oggi voi potete ancora affermare i vostri fatti, con la violenza e la prevaricazione del potere economico barcollante che ancora per poco vi sostiene. Ma siete proprio sicuri che avrete sempre il coltello dalla parte del manico? Siete proprio sicuri che questo sistema ingiusto che sostenete con la menzogna sia politicamente sostenibile? Siete proprio sicuri che fra breve non sarete costretti ad affermare i nostri fatti, che poi sono quelli dell'ISTAT (un istituto del quale vi dà senz'altro fastidio il fatto che si chiami "italiano", parola che voi avete in orrore)?
Io, al posto vostro, un dubbio me lo porrei.
Come ebbi a dire a un vostro gentile collega in uno studio televisivo, "poi non meravigliamoci se quando un giornale chiude la gente esulta"! Non è una cosa bella, come non è bello fornire un dato falso e rettificarlo alla chetichella, ma è una cosa comprensibile, mentre continuo a non capire come vi sia saltato in mente, a tutti, di fornire un dato così palesemente farlocco.
Sed de hoc satis. Ora aspetto da voi una buona notizia. Anzi, non da voi: perché quando questa buona notizia arriverà, voi non sarete lì per darla. E la buona notizia sarà appunto questa. Auguri!
e un esempio di post-verità, tratto dalla versione attualmente on-line dello stesso articolo:
L'autore è tal Sdogati: non è registrato né su Scholar né su IDEAS (nonostante produzione ne abbia, come si può verificare), motivo per il quale non so darvi suoi indicatori bibliometrici (nel caso siate feticisti dell'ANVUR), e per il quale i colleghi ai quali esprimevo la mia indignazione per questo modus operandi mi rispondevano con un garbato e interlocutorio: "Chi è?".
Bè, la risposta è qua sopra: è uno che scrive sul Sole 24 Ore e quindi fa opinione.
Certo, prima che questo blog nascesse enormità simili (l'inflazione a due cifre negli anni '90? Ma quando mai? Ma l'avete mai visto il grafico, qui pubblicato migliaia di volte?) non venivano colte dal pubblico, che interiorizzava queste balle pronunciate da colleghi privi di scrupoli professionali (quel minimo di scrupolo che ci vuole nel verificare un dato prima di consegnarlo al dibattito). Ora, grazie a IO, la musica è cambiata. Dopo la pubblicazione di questa lieve imprecisione (che molto difficilmente può essere considerata un errore, considerando che il tema era già stato sollevato) i futuri falliti del Sole 24 Ore sono stati travolti sui social da una salva di pernacchie, e forse anche al Politecnico di Milano qualcuno si è chiesto se era cosa opportuna che un loro docente facesse loro una simile pubblicità.
Fatto sta che l'articolo è stato corretto, e, cosa gravissima, lo si è fatto senza né scuse né segnalazioni del fatto che il contenuto era stato modificato. Insomma, senza una cosa tipo questa:
del tutto normale nei paesi dove il giornalismo è giornalismo (tratta da qui, ma ce ne sono migliaia di esempi). Ha ragione da vendere Federico Nero quando ripete che i gazzettieri italiani, sempre pronti a ballare sul cadavere dell'ultimo imprenditore suicidato rinfacciandogli la sua scarsa produttività o le piccole dimensioni della sua impresa che lo rendevano inadatto alla concorrenza, o sul cadavere dell'ultimo operaio suicidato rimproverandogli la mancanza di flessibilità, se venissero esposti, loro, i gazzettieri, alla concorrenza estera, si squaglierebbero come neve al sole e lo sanno (e infatti si producono in corporative difese dei propri privilegi, quelli che stigmatizzano in tutte le altre categorie).
Non ho parole per esprimere la mia indignazione contro questo ripetuto, ossessivo eccidio della verità e quindi della democrazia che viene perpetrato senza sosta, a reti e testate unificate.
Due sole cose posso dire.
La prima è not in my name. Da chi si sporca con comportamenti simili non aspetto ospitalità, quella che tanti baggiani vanno mendicando, ma il fallimento, che arriverà. Non me ne fotte niente della visibilità che potete darmi, se serve ad accreditare organi di propaganda come organi di dibattito. Avete fatto le vostre scelte, quelle di soffocare il dibattito e di diffondere dati inesatti, ora godetevene le conseguenze.
La seconda è questa: in una società dove la libertà di opinione, in assenza di qualsiasi controllo, è diventata libertà di menzogna, il diritto alle proprie opinioni è diventato diritto ai propri fatti, cioè diritto del più forte. Eh, sì, cari gazzettieri, e gentili colleghi dall'inflazione "a due cifre" (dopo la virgola): oggi voi potete ancora affermare i vostri fatti, con la violenza e la prevaricazione del potere economico barcollante che ancora per poco vi sostiene. Ma siete proprio sicuri che avrete sempre il coltello dalla parte del manico? Siete proprio sicuri che questo sistema ingiusto che sostenete con la menzogna sia politicamente sostenibile? Siete proprio sicuri che fra breve non sarete costretti ad affermare i nostri fatti, che poi sono quelli dell'ISTAT (un istituto del quale vi dà senz'altro fastidio il fatto che si chiami "italiano", parola che voi avete in orrore)?
Io, al posto vostro, un dubbio me lo porrei.
Come ebbi a dire a un vostro gentile collega in uno studio televisivo, "poi non meravigliamoci se quando un giornale chiude la gente esulta"! Non è una cosa bella, come non è bello fornire un dato falso e rettificarlo alla chetichella, ma è una cosa comprensibile, mentre continuo a non capire come vi sia saltato in mente, a tutti, di fornire un dato così palesemente farlocco.
Sed de hoc satis. Ora aspetto da voi una buona notizia. Anzi, non da voi: perché quando questa buona notizia arriverà, voi non sarete lì per darla. E la buona notizia sarà appunto questa. Auguri!
lunedì 27 marzo 2017
Dobbiamo uscire perché sarebbe una catastrofe (quinto addendum al manuale di logica eurista)
Luca Brambilla ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Alcune precisazioni a caldo su Radio Anch'io":
Caro Professore,
come ci insegna non sono uno studioso di economia e quindi non posso esprimere una valutazione sui calcoli di svalutazione in caso di uscita dall'Euro. Noto soltanto che dire che la lira si svaluterebbe del 50% rispetto al marcoeuro equivale a confessare l'esistenza di un enorme problema di squilibrio all'interno dell'eurozona. Più si paventa uno scenario catastrofico di uscita, più di fatto si sta ammettendo che l'attuale assetto economico ha prodotto nel tempo danni e squilibri per i quali sarebbero necessari forti azioni correttive prima che inevitabilmente la situazione esploda. Paradossalmente chi sostiene l'euro coerentemente dovrebbe affermare esattamente il contrario, che in caso di uscita nell'immediato non succederebbe proprio nulla o solo effetti trascurabili, perché ciò significherebbe dire che il sistema è stabile. Se invece dice il contrario è molto probabile che stia facendo leva solo su argomenti irrazionali, ovvero sul diffondere paure e timori per accettare l'attuale stato delle cose e le sue conseguenze.
Postato da Luca Brambilla in Goofynomics alle 27 marzo 2017 09:19
(...oh! Vedete cosa intendo dire quando affermo che l'unica dimensione dialettica possibile dell'eurista è l'autogol? Quando sotto le auguste volte della Treccani, o sotto le proletarie capriate del Casale Alba 2, viene sollevato il tema di "come combattere la dialettica neoliberale, che è egemone sui media?", io dico che è compito semplicissimo! Gli euristi, un po' perché imbecilli ignoranti (dobbiamo dircelo, non è un fatto di ostentare "political incorrectness", è solo che sarebbe poco cristiano alimentare le loro illusioni), e un po' perché messi all'angolo dal fatto di propugnare una menzogna, cioè un racconto incoerente coi fatti e con se stesso, in effetti sono facilmente neutralizzabili. Basta partire dal principio che ogni fatto economico coinvolge sempre due agenti, e che una discesa, vista dal basso, somiglia a una salita. Se uscire sarebbe una catastrofe, perché il cambo si svaluterebbe, è proprio perché restare è una catastrofe, con un cambio sopravvalutato. Peraltro, sapete che la valutazione iniziale ("sarebbe una catastrofe") è dilettantesca. Ma il punto è che non c'è bisogno di contestarla, come non c'è bisogno di contestare gli argomenti strampalati della corte dei miracoli euristi: basta usarli, rivolgerglieli contro! A mia memoria Luca non è il primo a portare avanti un argomento simile, qui sul blog, anche se è uno di quelli che lo hanno proposto in modo più incisivo. Nel caso vi interessi, o nel caso siate appena arrivati, il manuale di logica eurista percorre come una vena carsica questo blog, e visto che alcuni di voi hanno un passato ortottero, e quindi sono incapaci di usare il uebbe, per facilitarvi vi fornisco qui di seguito i capitoli precedenti:
1) Piccolo manuale di logica eurista ad uso della campagna elettorale;
2) Primo addendum;
3) Secondo addendum;
4) Terzo addendum;
5) Quarto addendum;
oltre, ovviamente, al trattamento formale della logica eurista, perché questo è un blog scientifico, non paccottiglia come quella fornita dai pezzenti intellettuali che difendono questo progetto inesorabilmente perdente...)
(...quasi tutti voi, tranne un paio, si sono persi l'esilarante momento in cui un amico, al Casale Alba 2, mi si è avvicinato e mi ha chiesto se ero disponibile ecc. Io ovviamente ho detto di sì: io sono sempre disponibile. Al che, l'amico mi ha chiesto: "Ma potrebbe darmi l'indirizzo email?". E io: "Guardi che fa prima a trovarlo con Google!" E lui, estraendo dalle tasche un calepino sdrucito, un calamaio e una penna d'oca: "No, guardi, perché qui mi sono segnato l'indirizzo di Ermenegilda... ma è ancora la sua assistente?" E io: "Ma scusi, allora lei è del cinque stelle?" E lui: "Orgogliosamente!" E io, fra le risate convulse degli astanti: "Bè, allora si rivolga al web...". Incredibile, cazzo, incredibile: voi non ci crederete, ma i tre che erano lì hanno visto che è così. Quante persone mi hanno contattato in questi sei anni di inferno? La nuova assistente, che chiameremo Asdrubala per preservarne la privacy - tanto sapete tutti che si chiama Marta - ha repertoriato quasi duemila indirizzi. Bene: di questi cristiani, tutti e soli quelli che non sono stati in grado di trovare il mio indirizzo in rete erano orgoglioni di appartenere al Cinque Stelle. Ora, io non discuto né l'orgoglionità, né il numero delle stelle. Mi pongo solo un problema: se con la rete non sapete risolvere nemmeno un problema relativamente banale come quello di trovare l'indirizzo email che deve essere pubblico di un dipendente pubblico che sapete dove lavora, come potete pensare di risolvere il problema meno banale della democrazia? E infatti, come la cronaca sembra dimostrare, non è che ci stiate riuscendo. Per il mio indirizzo chiedete a me, e per la democrazia chiedete a Beppe. Insomma: con una logica simile, come si fa a pensare che anche voi non siate euristi!?...)
sabato 25 marzo 2017
Imperialismo (il mio 25 marzo)
(...avrei avuto tanto da fare. Poi, scorrendo i tweet del mattino, ho visto che i simpatici gazzettieri continuavano a diffondere terrore. Loro sono il nemico, e io lo so, e loro sanno che io lo so, e che grazie a me lo sapete anche voi, e io so che loro sanno che io lo so. "Che fare? Che fare?" mi chiedono accorati e tremebondi i "qualcosisti", quelli che vogliono fare qualcosa, qualsiasi cosa, e che così agendo riescono a fare sempre e solo il gioco del nemico, legittimandone gli scherani quando accordano loro dignità di interlocutori, prestando il fianco ai suoi sicari quando si esibiscono in smanie esagitate, e via "qualcosando". Che fare è semplice: ve lo dice il nemico. Fate il contrario di quello che vi chiede. Oggi il nemico voleva che noi non partecipassimo (e troppi ci son cascati). Morale: ho chiamato Luciano, gli ho chiesto dove andava, e ho detto: "Vengo anch'io...". Dopo di che, mi sono fatto altre due manifestazioni. Alla prima delle tre mi hanno fatto parlare, si sono fidati, nonostante, si sa, io del tema sia inesperto, in quanto ultimo arrivato, e il mio discorso è stato questo, che copio dagli appunti, scritti mentre ascoltavo distrattamente discorsi di botanica - roba sulle radici - che con il problema c'entravano ben poco - e se anche c'entrassero, le radici, a parlarne sarebbe legittimato chi le conosce...)
Ringrazio Giorgia per avermi dato la parola. Oggi non pensavo di muovermi, né tanto meno di venire qui, né di parlare. Sono venuto qui perché mi hanno detto di non farlo i media, con la loro simpatica campagna di terrorismo, e i miei compagni di sinistra, quelli che "non ti invitiamo alle nostre manifestazioni perché tu parli con Salvini". Allora, tanto per chiarirci: io, uscito da qui, andrò a piazzale Tiburtino ad ascoltare Marco Rizzo. Posso parlare lo stesso? Sì?
Bene: destra batte sinistra uno a zero, e andiamo avanti.
Immagino quello che pensate: ora arriva l'economista e ci parla dell'euro. Ma perché parlare dell'euro, anche oggi? Non è il tema del giorno e non ci
aiuta a capire cosa non va nella costruzione europea. Il problema è un altro, politico, o se volete logico: l'idea malsana che siccome le nazioni hanno portato i conflitti del XX secolo, allora dobbiamo creare una supernazione, gli Stati Uniti d'Europa, nella quale le sovranità nazionali si dissolvano, portando per sempre la pace nel mondo. Insomma: sconfiggere il nazionalismo con una supernazione, che ci aiuti a combattere contro la Cina (e la sua concorrenza).
Un'idea non molto logica, non trovate? E da una logica così distorta, quali frutti vogliamo aspettarci?
Vedete, anche l'imperialismo è contro il nazionalismo: naturalmente contro il nazionalismo degli altri, cioè contro il desiderio di autodeterminarsi dei paesi che la potenza egemone ha predestinato al ruolo di colonie.
Il progetto europeo è imperialista, quindi, ma soprattutto illogico, e non credo si possa dirlo meglio di così:
Cedere sovranità a questa Europa perché questa Europa non
funziona, cioè affidarsi totalmente a un medico perché è un ciarlatano!
L'Europa non ci ha dato la pace: quella ce l'ha data, a modo suo, la NATO. L'Unione Europea è stata strumento di una rimozione psicanalitica del conflitto fra i suoi membri. Il suo scopo è stato quello di gestire in modo non democratico, trasferendolo presso istituzioni controllate dalle lobby monopolistiche, il legittimo conflitto fra legittimi interessi nazionali che legittimamente differiscono. Negare che gli interessi possano divergere, demonizzare la nozione di conflitto, per occultare che se ne sta impedendo una mediazione democratica, non significa assicurare la pace: significa porre le premesse per una guerra più sanguinosa, una guerra fra poveri, una guerra civile.
Ci dicono che siamo nazionalisti, xenofobi. A voi l'hanno sempre detto, perché siete di destra, e magari avranno anche avuto ragione. A me, che sono di sinistra, lo dicono da quando ho iniziato a dire la verità. Ma le cose stanno in un altro modo.
L'euro è nazionalismo, e basta poco per rendersene conto.
Intanto, non dobbiamo mai dimenticare che l'euro ci è stato proposto come status symbol: i popoli del sud l'hanno visto come occasione di riscatto di una identità nazionale mortificata e vilipesa ad arte dai media controllati dal capitale estero predatorio. Siamo entrati nell'euro per far vedere che anche noi italiani (o spagnoli, o greci), eravamo una grande nazione, meritavamo la prima classe. Insomma: non c'è stata un'adesione razionale (che non poteva esserci, perché c'è stata solo propaganda e non dibattito), non abbiamo potuto valutare se ci conveniva, ma siamo partiti dal principio che, siccome eravamo peggiori degli altri, avremmo avuto bisogno di questo dischetto di metallo per riscattarci, per dimostrare di essere all'altezza come italiani. E questo non è nazionalismo?
E poi, quelli bravi, gli intellettuali che sanno di politica, te lo dicono anche: "Sai, Bagnai, tu fai la maestrina, ma la verità è che l'euro non è un progetto economico ma politico,
serviva a creare un'identità europea che è bella, mentre quella nazionale è
brutta"... E perché mai? Perché un'identità che esiste dovrebbe essere peggiore di una che non esiste? Perché se il problema per gli europeisti è l'identità nazionale, allora la soluzione non può evidentemente essere una costruzione (l'Europa) della quale ci dicono che non funziona per colpa nostra, perché non ci sentiamo europei, cioè perché non abbiamo un'identità... che non c'è!
Ma scusate: in tutto il mondo si commercia, ci si accorda per controllare o non controllare frontiere, si coopera su tanti piani, e lo si fa senza darsi una singola moneta e senza affidarsi a quella caricatura di istituzioni nazionali che sono le istituzioni europee, dove un Parlamento che non fa le leggi viene imbrigliato da un esecutivo che ha potere legislativo mentre una Corte di Giustizia smantella le Costituzioni esistenti per sostituirle col nulla.
Darsi un ordinamento sovranazionale che non esiste in nessuna parte del mondo, pensando che quello che gli altri non hanno fatto perché è irrazionale a noi riuscirà perché "noi europei" siamo migliori degli altri è la peggiore forma di nazionalismo!
Darsi un ordinamento sovranazionale che non esiste in nessuna parte del mondo, pensando che quello che gli altri non hanno fatto perché è irrazionale a noi riuscirà perché "noi europei" siamo migliori degli altri è la peggiore forma di nazionalismo!
Non a caso questo progetto è stato propugnato e sostenuto da quelli che avevano appena smesso (a suon di spezzoni incendiari) di credersi superiori agli altri in quanto ariani. Ma hanno veramente smesso?
Ci dicono xenofobi...
Noi non siamo xenofobi, io non sono xenofobo, lo straniero non mi fa paura: i leader tedeschi, francesi, quei
leader che a casa loro non rappresentano ormai nessuno, e che vengono a casa nostra pretendendo di rappresentare tutti, quelle marionette delle banche,
sconfitte in casa propria dai propri elettori, loro che schierano 5.000 uomini per difendersi
dagli italiani, che evidentemente considerano un popolo straniero da colonizzare, loro sono
gli xenofobi.
Non prævalebunt!
(... poi me ne sono andato ad ascoltare Rizzo, passando per la manifestazione del polo sovranista, dove ho fatto per tigna una foto con Alemanno, così la compagna Visinskij la prossima volta potrà direttamente mandare quella. Ovunque, poche persone. Da Rizzo circa 400, ma molti giovani, e molti, moltissimi di voi, direi più che dagli altri, o forse solo meno timidi. Ma il massimo è stato quando mi si avvicina e mi fa: "Scusi, lei è comunista?" E io: "Ma, direi molto più di tanti altri. Perché?" "Perché somiglia a uno che va in televisione e che dice delle cose che non sono di sinistra." "Veramente? Mi interessa: e cosa dice questa persona?" "Ma, sa, vanno nei talk show, sono sempre le stesse persone, questi borghesi, difendono l'euro." "Interessante. Ma saprebbe dirmi una cosa di destra che ha detto questa persona che mi somiglia?" "No, ma tanto chi va in televisione è semprecoi padroni." "Bene: allora faccia come faccio io: la televisione non la guardi. Io la guardo solo quando vi vado, e ci vado a dire cose di sinistra. Se non lo ha capito, me ne spiace, qui l'hanno capito quasi tutti, la prossima volta stia più attento." "Ma lei come si chiama?" "Alberto Bagnai. Non è mai troppo tardi...")
(...per inciso, il 6 aprile siamo qui:
Vi aspetto, ma tutti no, perché noi siamo più di loro, di qualsiasi loro... Se mai entrerò in politica, la cosa più difficile sarà abituarsi a parlare in privato!...)
(...per inciso, il 6 aprile siamo qui:
Vi aspetto, ma tutti no, perché noi siamo più di loro, di qualsiasi loro... Se mai entrerò in politica, la cosa più difficile sarà abituarsi a parlare in privato!...)
mercoledì 22 marzo 2017
Etica e utopia: i volenterosi carnefici dell'Unione
Nicola Baroni ha
lasciato un nuovo commento sul tuo post "La medicina non è unascienza":
Premesso che il
discorso di Alberto è chiarissimo: il tentativo di rendersi esenti da
responsabilità con argomenti del genere è evidente. Tuttavia, ho un dubbio: se
la dicotomia "scienza-non scienza" sia o meno un piano valido di
discussione e - soprattutto - idoneo ad offrire una fotografia del problema
UE-Euro. Ciò che intendo è - premesso che bisognerebbe accordarsi innanzitutto
su che cosa sia scienza e poi, ma non meno importante, su cosa sia possibile
aspettarsi dalla scienza - mi domando: se io arrivo a considerare le vite degli
uomini come quintali o tonnellate di materia organica, sacrificabili in vista
del raggiungimento di un bene superiore - la società ideale, quella della
cultura della stabilità tanto cara a Monti - si può comunque continuare a
parlare di scienza applicata?
Provo a
rispondere. Ho paura di sì. E in questo senso mi trovo d'accordo col
ragionamento fatto da Velo quando dice:
"Cosí come
si è sempre saputo che la moneta é uno strumento sociale determinato dai
rapporti di forza che crea vincitori e vinti, sfavoriti e avvantaggiati. Si
sapeva, era previsto e si é voluto avvantaggiare alcuni. Ed é stato fatto. In
questo senso la scienza economica ha funzionato benissimo..."
Io credo che un
piano maggiormente idoneo ad inquadrare il problema sia espresso dalla dicotomia
"astrazione-non astrazione". Mi spiego. I sostenitori e realizzatori
del progetto unionista europeo mancano di aderenza alla realtà: ritengono sia
possibile raggiungere in terra la società (per loro) ideale (universale) e per
ottenere ciò - come ogni uomo che vive nell'astrazione - pensano di poter
forzare le differenze, piegare la realtà in base alle proprie simpatie o
preferenze. Per realizzare questa Utopia - entro la quale si riversano
indubbiamente anche istinti di natura personale puramente egoistici e
mercantilistici - essi utilizzano il massimo della scienza e delle facoltà
intellettuali di cui è possibile disporre oggi. Non credo dunque che la scienza
sia legata all'etica: è solo un metodo che si può usare con senso del limite
(quello umano, ad esempio) o meno. Anzi, credo che proprio la questione UE-Euro
manifesti il problema di dove l'intelletto umano possa arrivare se non è
sostenuto da altro, un limite dato dalla presa d'atto della realtà (la quale
non può essere contenuta in schemi o teorie).
Di conseguenza,
tutta la loro "narrazione", i sotterfugi, i dati occultati o
trasformati servono solo a coprire il problema etico che ne deriva e -
certamente per molti degli "europeisti" - pure per provare a
razionalizzare una verità che altrimenti dentro di sé sarebbe insostenibile (la
macelleria che stanno mettendo in piedi). Ecco perché a mio avviso non occorre
essere degli economisti per ritenere quel progetto profondamente dannoso:
perché la loro astrazione, la loro allucinazione è percepibile con un livello
di coscienza minimo. Ed ecco perché sono in molti a sostenerti in questa tua
denuncia, nonostante di macroeconomia ci capiscano gran poco.
(...così, a me, di primo acchito, sembra una gigantesca supercazzola. Che la sociopatia di certi personaggi - come quelli che vorrebbero "disciplinare" le imprese (altrui) manganellandole col cambio rigido - sia comprovata, e che susciti un istintivo ribrezzo, è certo. Non occorre il dottorato per inorridire di fronte a un serial killer. Che alcuni di essi siano scollati dalla realtà, per mancanza di strumenti analitici, di tempo speso a consultare dati, o perché vivono in una bolla, è altresì palese. Però il problema che ponevo era totalmente diverso. Sul tema delle responsabilità, il piano doxa-aletheia è estremamente importante. Ogni uomo ha diritto alle proprie opinioni, nessuno ai propri fatti. Trasformare l'epistème economica in doxa è lo snodo etico rilevante, e il mio problema non è nemmeno che ci provino i soliti cialtroni, ma che dalla parte di chi ci dovrebbe aiutare di cada così facilmente in trappola. Rispetto a questo, la dicotomia astratto-concreto cosa c'entra? Voi l'avete capito, il giovine Baroni?...)