lunedì 12 gennaio 2015

Svalutazione e salari: leggende metropolitane bipartisan

(... scusate, ero preoccupato anch'io per i russi, lo sapete, ma poi è tornato micuggino da S. Pietroburgo e mi ha detto che non c'è da stare in pensiero, quindi mi dedico ad una cosa che reputo più importante...)


Se penso ai colleghi coinvolti nel dibattito pubblico, mi è difficile immaginare due persone più diverse di Michele Boldrin ed Emiliano Brancaccio, per approccio analitico, orientamento politico, modo di agire. Eppure, grazie all'euro che, come tutti vedono, sta affratellando i popoli europei e ci ha dato cinquant'anni di pace (si deve dire così), una cosa in comune sono riusciti a trovarla: la preoccupazione per le conseguenze che un eventuale riallineamento della lira avrebbe sui salari reali. Ora, che se ne preoccupi Emiliano è abbastanza naturale: data la sua collocazione politica progressista, è fisiologico che Emiliano si schieri a difesa del lavoro. Peraltro, chi ha letto i miei libri sa che i redditi da lavoro dipendente stanno a cuore anche a me (perché sono in conflitto di interessi). Ma Boldrin? E Giannino? E Giampaolo Galli? Tutti inteneriti per l'operaio? Sicuri? Un ex-Banca d'Italia, ex-Confindustria, improvvisamente si scopre filantropo?

Mah!

Il ragionamento che ti fanno è più o meno questo: "è chiaro che una svalutazione deve far diminuire i salari, perché se il lavoro non costasse di meno i beni non costerebbero di meno, e quindi se l'effetto della svalutazione deve essere quello di rendere i beni più convenienti, i salari necessariamente devono diminuire".

Avrete sentito Michele Boldrin fare questa affermazione al Goofy3, ad esempio. Io ho sentito Giannino farla in televisione (perché c'ero anch'io, in quella specie di zoo, anzi, di gabbia), ho visto Galli farla su twitter: la pensano tutti così: svalutazione uguale diminuzione del salario reale.

In questo ragionamento c'è un errore, e chi lo trova vince il Giannino di bronzo. Io intanto mi limito a farvi vedere dei dati, che sono quelli che faccio vedere ogni anno ai miei studenti. Per loro non sono una sorpresa, e nemmeno per voi (che avete studiato sui miei libri la storia d'Italia e avete visto che quando si svalutava il salario reale cresceva a stecca, e con lui la quota salari...).

Per illustrare il fatto che non necessariamente episodi drastici di svalutazione esterna (cioè del cambio nominale) implicano un crollo del salario reale, ho fatto un semplicissimo esercizio: sono andato a prendere su questo working paper, che vi ho citato decine di volte, la lista di episodi di svalutazione esterna "traumatici" enucleati dagli autori, e poi sono andato sulle International Financial Statistics e mi sono preso tre indici: quello del tasso di cambio effettivo nominale, quello dei salari, e quello dei prezzi al consumo.


Tanto per rinfrescarci le idee, la Tabella alla quale ho fatto (più volte) riferimento è questa:

e ce ne siamo serviti per smentire un'altra leggenda metropolitana: quella secondo la quale a un episodio di svalutazione farebbe seguito un crollo del Pil. Anche in questo ragionamento c'è un errore, e chi lo trova vince il Giannino d'argento. Come vedete, in Argentina, invece della caduta libera evocata (non si è capito perché) da Biasco, c'è stato un aumento del Pil del 17.2% nei tre anni successivi alla svalutazione. Attenzione: aumento in termini reali, cioè depurato dall'aumento dei prezzi (che pure c'è stato). Aumento, cioè, del reddito complessivo prodotto e distribuito nell'economia in termini di potere di acquisto (non in termini nominali).

I due autori usano fonti IMF, e così faccio io. Sono quindi andato paese per paese a prendermi le tre serie:
XXX..NECZF...
XXX64...ZF...
XXX65...ZF...

(dove XXX è il codice numerico del paese) nelle International Financial Statistics, e mi sono divertito a vedere se in questi riconosciuti episodi di svalutazione traumatica c'era stata una drammatica flessione del salario reale, o se invece i salari avevano tenuto.

Le tre serie corrispondono a cambio effettivo nominale, indice dei prezzi e indice dei salari.

Il cambio effettivo nominale è una media dei tassi di cambio nominali bilaterali ponderata per le quote di mercato. Se rivalutassimo del 300% rispetto a Tonga il nostro commercio non crollerebbe, mentre l'aver rivalutato di un 20% rispetto alla Germania ci sta dando qualche problema, come avrete notato: quindi, per valutare l'impatto complessivo di un riallineamento valutario (che non necessariamente è uguale rispetto a tutti i partner) conviene usare il cambio effettivo.

Il rapporto fra indice dei salari e indice dei prezzi ci dà l'indice del salario reale, cioè dell'effettivo potere di acquisto dei lavoratori salariati sui mercati nazionali (come sapete, io tendo a dare per escluso che un operaio dell'ILVA di Taranto vada a fare la spesa ogni mattina a Manhattan. Sorprendentemente, gli uffici centrali di statistica mi seguono in questa astrusa ipotesi...).

L'analisi, purtroppo, non è esaustiva, perché per paesi come la Thailandia o la stessa Argentina l'indice dei salari non viene riportato. Ora, ci dispiace molto per loro, ma a noi, sinceramente, che ce ne frega? Cosa ci dovrebbe dire l'Argentina sulla nostra situazione? Più o meno quello che può dirci la Russia e più o meno per gli stessi motivi visti nel post precedente! Strutture economiche diverse, mercati del lavoro diversi, specializzazione produttiva diversa, diversissimi rapporti fra classi sociali... Perché, se si fosse in buona fede, si vorrebbe mettere tutto in un unico calderone? Non ce ne sarebbe motivo, no?

Comunque, vi presento l'analisi più esaustiva fosse possibile: agli studenti questi esempi normalmente bastano. Nei grafici che seguono NEER è il Nominal Effective Exchange Rate, RW è il real wage:










(ci ho messo anche la Norvegia perché ve ne avevo parlato qui).


Dunque, tiriamo le fila. Quello che dicono Galli e Giannino, cioè che una svalutazione si trasli pari pari sui salari reali, non succede mai, tranne in un caso: quello del Messico (e chi sa dirmi perché vince il Giannino d'oro: ho accennato a problemi di questo tipo diverse volte).

In sei casi a fine periodo il salario reale è più alto, qualche volta molto più alto, di prima della svalutazione.

In due casi (quello già citato del Messico, e quello dell'Islanda) c'è una flessione sensibile dei salari reali (ma vi ricordo che solo nel caso del Messico è pari alla svalutazione nominale. In Islanda la svalutazione è pari a circa il 50% e la flessione dei salari reali in Islanda è "solo" del 10%.

L'altro paese sfortunato siamo noi (e si sapeva), con una flessione dei salari reali contenuta rispetto all'ammontare della svalutazione ("solo" il 5% a fronte di una svalutazione nominale del 30%), ma vi ricordo che la crisi del '92 fu la prova generale di

FATE PRESTO!

Approfittando della crisi indotta dalla rigidità del cambio, con la consueta tecnica da shock economy che abbiamo più volte descritto, governo e Confindustria nel 1992 finirono di smantellare la scala mobile, e nel 1993 i cosiddetti "accordi di luglio" introdussero la famigerata "concertazione", che in buona sostanza è una cosa che servì a far diminuire i salari reali nonostante l'inflazione stesse rallentando.

In Italia, quindi, i salari reali sarebbero scesi comunque, anche senza svalutazione, semplicemente perché erano stati rimossi due presidi del loro potere d'acquisto. Quindi, per quel che riguarda noi, il problema non è chiedersi cosa abbia fatto la svalutazione al salario reale, ma chiedersi perché sono stati rimossi, proprio quando teoricamente sarebbero serviti, due presidi del potere d'acquisto dei lavoratori. E la risposta è la solita: fu il cambio rigido (in quel caso, quello dello SME credibile) a favorirne lo smantellamento. Il cambio rigido viene normalmente usato come arma di ricatto dal capitale contro il lavoro, perché porta a situazioni di emergenza dei conti esteri alle quali si risponde sempre nello stesso modo: chiedendo ai lavoratori di "salvare la patria" tagliandosi i redditi per farla tornare competitiva.

Ci ho scritto due libri, ma se dovesse servire posso anche scriverne un terzo. In realtà potrò fare qualcosa di più divertente perché sì, è vero, ha ragione Sergio Cesaratto: a questo punto non ha capito solo chi non vuol capire, e quindi diventa inutile dare spiegazioni.

Naturalmente il Giannino di platino sarà vinto da chi mi spiega perché certa gente ancora non vuole capire. Vogliono veramente tutti il sangue, come questi due o questo qui?


Ecco, a me questa prospettiva sinceramente inquieta. Intanto, concentriamoci sul solito punto: chi difende l'euro mente senza eccezioni (contraddice fatti stilizzati elementari), e il problema economico dell'uscita (sopravvalutato ad arte dai difensori dell'euro) è enormemente meno grave del problema politico della permanenza (che si palesa ormai anche a voi come quello di una rapida e irrevocabile perdita di democrazia).

Occorre altro?

47 commenti:

  1. Grazie era il post che volevo da tempo.

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  2. I beni prodotti all'estero sono solo una percentuale di quelli acquistati dai consumatori in Italia. Anche se col collasso della produzione industriale stiamo importando sempre di più?

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  3. Il Messico, doveva parecchi sicli a Zio Sam per i soliti motivi che conosciamo. Per rientrare hanno chiamato l' hidalgo de Ciceniza a distruggere la domanda interna.

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  4. Il Messico consuma quasi esclusivamente roba cinese comprata in dollari dopo il Nafta.

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  5. mio padre oltre tutto non ricorda che negli anni 70 abbia avuto problemi a lavorare e a farsi una famiglia.
    E i suoi ricordi sugli aumenti di stipendi non dico mi facciano invidia però..

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    1. Mio padre e mia madre sono operai in pensione, quindi non dirigenti megastipendiati. Sono riusciti a comprarsi una casa a schiera e risparmiare qualcosa. Io e mia moglie (laureato e diplomata) invece per avere un mutuo su un appartamento vecchio di 40 anni abbiamo dovuto chiedere aiuto ai nostri genitori. Ma continuiamo a difendere l'euro, mi raccomando.

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  6. Che bel discorso quello di Zucconi! Perché allora non andiamo a pescare radici di questa consequenziale civiltà anche nella epocale guerra tra Pandava e Kaurava, oggetto di narrazione del Mahabharata e della Bhagavad Gita? Solo perché la releghiamo nell'ambito mitologico? Dovremmo allora ringraziare anche le guerre Puniche, le Crociate, la guerra dei Cent'anni, le maniere garbate dei Lanzichenecchi e quelle dei Goumiers dell'esercito francese in centro Italia - per averci insegnato come non comportarci -, oltre a quel tale che, appena dieci minuti fa, ha fatto a botte con uno sconosciuto per prendere il parcheggio (che tanto, a Milano, il Comune gratis non li fa, perciò bisogna menarsi per pagare...). Speriamo che stanotte un ladro mi entri in casa, così mi decido a comprare un rottweiler e aumento la sicurezza di tutto il condominio.
    Ecco perché continuo a riconoscere più dignità celeste a personaggi come il cinematografico Leon (“Prima regola: niente donne e bambini”).

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    1. L'esercizio del potere comporta il riferimento continuo all'assoluta, di natura, necessita' e giustezza del medesimo. Se le guerre fossero servite a far nascere la pace, saremmo in un mondo perfetto da millenni.

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  7. Non capisco una cosa: se: "è chiaro che una svalutazione deve far diminuire i salari, perché se il lavoro non costasse di meno i beni non costerebbero di meno, e quindi se l'effetto della svalutazione deve essere quello di rendere i beni più convenienti, i salari necessariamente devono diminuire" che convenienza ho a comprare un prodotto che costa meno se comunque anche io guadagno meno ?
    E poi, tutto ciò che importo, siamo sicuri che mi venga a costare meno ?
    A me sembra un ragionamento un po' assurdo, boh.

    Un ragionamento simile me lo ha fatto Brambilla oggi su FB: "ai come dovrebbero fare i lavoratori a "fregare" loro plusvalore agli imprenditori? Te lo dico da imprenditore ma scommetto che non ci credi. Accettando di saturare ogni offerta di lavoro a qualsiasi livello di prezzo (stipendio) offerto dagli imprenditori. Il trucco è saturare il mercato del lavoro compreso quello potenziale. In questo modo mandi letteralmente in paranoia l'imprenditore che mosso dal suo sentimento di fare di più, avere di più, crescere di più .....finirà per investire, investire, investire ma....ad un certo momento, mancherà forza lavoro 'utile', specializzata, preparata come successe nel Veneto negli anni '90 e inizio 2000 quando si rubavano i saldatori a 5000 euro NETTI IN BUSTA AL MESE!!!!"
    Ma sarà mai possibile accettare un discorso di questo genere ? Ammettiamo anche che sia una situazione possibile, appena l'imprenditore si accorge che il lavoro ricomincia a costare di più e quindi il prodotto meno conveniente potrà tranquillamente delocalizzare tutto e ciao ciao a tutto questo bel progetto Brambilliano.

    Spero di non aver scritto sciocchezze.

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  8. Scusate l'ignoranza, ma il salario reale è w/p e una svalutazione reale presuppone un innalzamento di "p" cioè dell'inflazione. Innalzamento dell'inflazione che dire che si realizzerà è un azzardo e dire che sarà anche alta è una improbabilità certa, soprattutto osservando l'ultimo caso italiano di sganciamento dal cambio fisso (dove l'inflazione addirittura diminuì di un punto).

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  9. Mah! L'affermazione che la svalutazione riduca il potere d'acquisto è un affermazione quanto meno imprecisa mi sembra così evidente che mi sembra incredibile venga fatta da gente che dovrebbe essere molto più competente dime.
    Sicuramente si riduce il potere d'acquisto sui beni prodotti all'estero e quindi acquistabili in valuta straniera mentre la stessa cosa non avverrebbe con i beni prodotti in Italia.
    Se i beni prodotti in Italia diventano più competitivi ne aumenterà il consumo non solo per l'esportazione ma anche sul mercato interno con un effetto benefico sull'occupazione, e se uno lavora il potere d'acquisto ce l'ha mentre se è disoccupato il suo potere d'acquisto si riduce alquanto.
    chiedo scusa se ho detto cose ovvie e banali, ma visto che qualcuno dice cose diverse...

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  10. Giannino di Bronzo
    Se svalutiamo le nostre merci sono più convenienti sia all'estero sia in casa, quindi ne vendiamo di più (maggior export, minor import, sostituzione), aumenta la domanda di beni italiani, è necessario produrne, è necessario avere operai, è necessario pagarli di più (non subito). Se ho più salariati, aumenta ancora la domanda interna, che accelera il processo di aumento dei salari.
    Se produciamo di più, migliora anche la produttività e quindi la convenienza dei nostri beni

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  11. Giannino d'Argento
    Se la svalutazione fa ripartire la domanda interna, allora è ovvio che cresce anche il PIL, inoltre all'aumentare dell'occupazione aumenta anche la quota salari (via rivendicazione sindacali)

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  12. Non voglio richimarare la sua attenzione sulle immagini delle perle ai porci o dei greggi da tosare. Too greedy.

    Ma nessuno di noi tremila troverà irragionevole supportare a/simmetrie attraverso il blog (davvero è stato oggetto di dubbio sulla opportunità di chiuderlo?).

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  13. Visti i premi in palio non posso non tentare!
    Per il giannino di bronzo:
    Dopo una svalutazione, i tuoi beni costano di meno solo per gli acquirenti dei Paesi che hanno rivalutato rispetto a te. Per i lavoratori del tuo Paese, costeranno di più solo i prodotti esteri.
    I salari reali quindi possono venire toccati solo indirettamente dalla cosa, in maniera negativa perché una percentuale di tutto ciò che permettono di comprare è stata prodotta da lavoro estero che improvvisamente costa di più; in maniera positiva perché ci può essere un aumento occupazionale con tutte le cose buone che porta (tra cui volendo un miglioramento dei salari stessi).
    È più o meno come se in un mondo con una valuta unica mondiale, tu abbassassi d'ufficio tutti i prezzi/salari/debiti/ecc. della tua nazione di un x%; il risultato è che per gli altri sarai più conveniente, ma di riflesso tutto ciò che è prodotto all'estero ti costerà di più. Si può dire così?.

    argento:
    Non c'è un rapporto diretto tra cambio e PIL. Una volta epurato dalla modifica dei prezzi, quest'ultimo rimane invariato sul colpo.
    La prima cosa notabile è che una svalutazione diminuisce il valore totale delle esportazioni (considerandole invariate in quantità), e aumenta il costo delle importazioni.
    L'effetto negativo può essere compensato (o addirittura nascosto completamente) da un aumento della quantità totale di esportazioni (causata da un diminuzione dei prezzi dei tuoi beni percepiti dall'estero), e da una diminuzione delle importazioni (le cose estere costano di più, e potrebbe spingere i valorosi imprenditori interni a produrre loro i beni in questione). E magari anche da una diminuzione dell'onere del debito, ma tant'è.

    oro:
    Il messico esporta per buona parte semilavorati e materie prime, e importa prodotti finiti. Con la sua industria articolata in questo modo non ha risposto alle condizioni sopra per ottenere vantaggio da una svalutazione. Magari in quel periodo si era pure fatto prendere dalla moda di fare un po' di sana austerità, ed era entrato nel NAFTA. Alla fine ne è rimasto schiacciato.

    platino:
    IL LORO STIPENDIO DIPENDE DAL NON CAPIRLO!

    Spero proprio di vincere perché tanti Giannini farebbero un figurone sopra il camino, proprio davanti all'ingresso.

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  14. Un piccolo contributo alla ricerca.

    Nel mio settore di lavoro, per rivalutare i prezzi dei contratti negli anni, si usano i dati statistici del bollettino ESA (European Space Agency).

    http://emits.sso.esa.int/emits-doc/e_support/Price.pdf

    Le serie dal 2002 degli indici dei prezzi di tutti i principali Paesi Europei sono a pag. 70-71.



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  15. Il debito denominato in $$. Quota salari e quota capitale con la forbice che si allarga. Non so cosa accaduto alla produttività dei salari, rispetto al salario reale.

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  16. Per il Giannino di bronzo.

    L'errore sta, mi sembra, nel fatto che l'effetto della svalutazione deve essere quello di rendere i beni più convenienti ALL'ESTERO. Far pagare meno la nostra moneta all'estero serve proprio a ottenere questo effetto senza dover agire sui salari.

    Ma mi sembra talmente ovvio e banale che ho il dubbio che la risposta richiesta per il premio sia un'altra.

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  17. ... Che si palesa come una rapida e irrevocabile perdita di serenità economica e psicologica....

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  18. Mi sono chiesto come mai tutti questi ferventi europeisti facciano parte del salotto periodico della Gruber; Scalfari, Napoletano, Zucconi, Severgnini etc,

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  19. Ha ragione Oscar. Io, come lui e come ogni italiano con un minimo di buonsenso, quando sta per finire il sale o l'aglio salto sul primo volo per Wolfsburg per fare rifornimenti (porto la busta per risparmiare). Senza euro non potrò più giocare sui carrelli della spesa con i miei compagni proletari della Volkswagen.

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  20. Mi candido per il Giannino di platino..... Non ci vuole tanto sforzo, ha già scritto tutto nel suo libro: certa gente non vuole capirlo perché il loro stipendio dipende dal non capirlo. Se dicessero altre cose perderebbero il posto....

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  21. 2666,l'ultimo torrenziale e IMHO neppure troppo riuscito romanzo di Roberto Bolaño,racconta la realtà delle maquiladoras di Ciudad Juarez;a naso,riguardo al Messico,direi che ci possa tranquillamente entrare il NAFTA (in vigore dal 1 gen. '94).
    Mi scuso per la tastiera che mi impedisce di creare link attivi,ma vale la pena di dare un'occhiata a http://en.wikipedia.org/wiki/Maquiladora.

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  22. E la concertazione ha preso ora il nome di JOBS ACT: svalutazione continua dei diritti dei lavoratori. Professore, una domanda tuttavia sorge spontanea: verso quale modello economico tende un mercato del lavoro fondato sulla flessibilità totale del lavoro, su un paradigma di lavoratore “a resistenza zero”, del tutto sostituibile e fungibile rispetto ad altra forza lavoro? Siamo lontani anni luce, certamente, dal modello dell’economia della conoscenza (knowledge economy), su cui si fondano i sistemi produttivi sia dei Paesi piu’ avanzati: un’economia in cui hanno un ruolo centrale l’innovazione e la conoscenza, la ricerca e lo sviluppo, che può maturare solo attraverso un lavoro professionalmente qualificato e di lungo periodo, e che necessita di un profilo di lavoratore particolarmente formato, con elevata retribuzione e con una peculiare stabilità lavorativa, stabilità che è a sua volta l’unica tangibile garanzia della continuità nel processo di innovazione e di sviluppo. Nell’economia della conoscenza, infatti, l’homo sapiens non può che essere infungibile.

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    1. Nella mia realta' - multinazionale telecomunicazioni - e' semplice, si delocalizza la ricerca e sviluppo dove piu' conviene. Gli esiti sono talvolta disastrosi ma i concorrenti non fanno poi meglio. La diaspora della conoscenza nonche' l'incertezza del posto di lavoro fomentano l'accentramento, la fine del lavoro di squadra, con esiti, va da se', talvolta disastrosi. Buon ultimo, lo spartiacque fra chi preserva un minimo di potere contrattuale (esperto accentratore e/o nobilta') e tutti gli altri si allarga a dismisura. Gli esiti? Come sopra.

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  23. Uhmmm...
    per il Giannino di platino, faccio notare che il signore in questione è della famiglia "Zucconi" . E se si chiamano così un motivo ci sarà...

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  24. Provo con il giannino d’oro e se sbaglio mi può aggiungere alla famiglia degli zucconi (badi intendo la famiglia con la “z” minuscola altrimenti la querelo perché anche io ho una mia dignità).
    Il Messico prima ha legato il cambio al dollaro e poi, non ancora contento dell’esperienza in corso, ha deciso di legarsi commercialmente mani e piedi, attraverso il NAFTA, a due paesi forse un pochino troppo forti.
    Risultato: prima ancora di cominciare ad imbottirsi di prodotti USA, grazie alla moneta forte e al fresco abbattimento dei dazi doganali, fa il botto finanziario (dovuto all’insostenibilità del cambio) con abbandono $ e svalutazione “pesantina” con conseguenti immediati shock vari su prezzi, disoccupazione, salari, ecc.
    La disoccupazione dopo un picco immediato scende perché grazie alla “flessibilità”, già in essere da anni, che non protegge in alcun modo le fasce di lavoratori meno qualificati, c’è molta gente disposta a cambiare lavoro con ritocchi di qualifiche e salario al ribasso, fino al ritorno alle zone rurali dove anche i contadini senza terra finiscono per essere pagati meno grazie all’abbondanza di mani.
    Il NAFTA fa il resto , le società nordamericane, dopo avere sfruttato in chiaroscuro per anni la manodopera messicana sul confine, possono ora portare direttamente impianti industriali e materiali e i poveri messicani fanno da assemblatori per gli altrui mercati, il tutto con stipendi sempre bassi e a scendere perché a chi non va si trova in fretta il sostituto.
    Se poi ci si mette pure che nonostante la svalutazione molti prodotti agricoli USA sono lo stesso più convenienti dei locali , in assenza di dazi, ecco un ambiente sano e perfetto, per gli altri, per fare affari in genere sottopagando il lavoro.

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  25. Professore é ovvio che vogliono il sangue..é funzionale.

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  26. Raccolgo la sfida prima di continuare a leggere il post: l'errore è nel considerare il prezzo dei beni come correlato 1 a 1 al costo del lavoro.
    Il prezzo dei beni invece è dato dal misterioso incontro tra domanda offerta.

    Se dovessimo approfondire potremmo parlare del fatto che:
    - sul mercato italiano (luogo in cui gli italiani abitualmente fanno la spesa) si trovano beni esteri (prodotti all'estero);
    - sul mercato estero (luogo in cui gli abitanti di tal Paese abitualmente fanno la spesa) si trovano beni italiani (prodotti in Italia);
    - alla variazione dei tassi di cambio (al plurale) vi sono delle ovvie (ma sempre misteriose) ripercussioni sui prezzi relativi dei beni nazionali ed esteri.

    Ma noi non vogliamo approfondire, fanno già abbastanza fatica..e poi ho un post da leggere

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  27. Meraviglioso editoriale di Scalfari del 11 gennaio 2014, uno scoppiettante esempio di prosa postmoderna (cit. E. Vera), da leggere rigorosamente tenendo in sottofondo questo brano di Cristina D'Avena che nel 1991 inneggiava all'Europa unita (il lavaggio del cervello parte da molto lontano, dalla culla).

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  28. Casualmente, tra gli effetti delle svalutazioni, in questo caso nipponiche, possono capitare cose come questa: "Canon torna a costruire in Giappone grazie allo yen debole" - http://www.macitynet.it/canon-vuole-riportare-parte-della-sua-produzione-giappone/
    Sembra non sia l'unica azienda a considerare il ritorno della produzione in patria.
    A parte questo, li si sta pure discutendo delle retribuzioni:
    http://www.bloomberg.com/video/abe-urges-business-to-raise-wages-q1FWUznpTaO6BecA~YacNw.html

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  29. Raccolgo anche le sfide successive:

    Giannino d'argento:
    Con una svalutazione non si riduce il Pil perchè sono due elementi (valore della moneta nazionale in termini di altre monete, reddito nazionale) che fanno parte a categorie differenti. Semplificando al massimo potremmo dire che svalutando la moneta aumentano le esportazioni dunque le imprese nazionali hanno più RDA e la somma delle maggiori RDA costituisce aumento di Pil. (Forse tra le tante definizioni di PIL si potrebbe inserire RDA aggregate! #sischerza)
    Se volessimo approfondire andrebbe spiegata l'equazione del Pil e per ciascuna spiegare quali sarebbero gli impatti di una svalutazione.

    Giannino d'oro.
    Il problemino-ino-ino del Messico potrebbe essere che la sua valuta era agganciata al Dollaro? e dunque non aveva il pesino ma il pesone?

    Giannino di Platino:
    da qualche parte ho letto che "è immorale dare soldi alle persone qualunque" (o simile) e il concetto mi sembra calzante. Questi tronfi tronfioni arroccati nelle loro posizioni ritengono di essersi meritato ciò che hanno e che allo stesso modo è ovvio che chi non se lo merita sia tremendamente cosciente della durezza del vivere. In sostanza si, vogliono il sangue e se lo ottengono poi si sentono ancora meglio, perchè ancora migliori, più arroccati (credono) e distanti dalla feccia insanguinata.

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  30. "Il rapporto fra indice dei salari e indice dei prezzi ci dà l'indice del salario reale, cioè dell'effettivo potere di acquisto dei lavoratori salariati sui mercati nazionali"

    Ho un dubbio:
    il rapporto per me è una divisione (spero di ricordare bene). Ma, dato che la linea del salario reale, partendo da un anno base, può salire come scendere, come fa a essere una divisione?

    Cioè, per capire, ha preso all'anno "x" l'aumento % degli stipendi e l'ha diviso per il tasso d'inflazione sempre all'anno "x" (quindi come potrebbe essere negativo?), oppure, come avrei fatto io da dilettante, ha sottratto l'aumento percentuale dei salari a quello dell'inflazione (quindi, perché lo chiama rapporto?).

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    1. Alla fine, parlandone con un amico, più sveglio di me, ho capito.
      Chiedo scusa e cospargo il capo di cenere.

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  31. tratto da www.secondomatteo.it
    "In arrivo regole certe per i grandi investitori: secondo la bozza dell’Investment compact chi vuole avviare investimenti superiori ai 500 milioni di euro potrà accedere a una procedura di ruling con lo Stato con la garanzia di non vedersi cambiare “le regole del gioco” in corsa, specie nel fisco.
    Il nuovo piano del governo per attrarre investimenti esteri e favorire lo sviluppo di piccole e medie imprese, prevede anche un capitolo ‘rientro dei cervelli’, le cui norme sono ancora in fase di discussione."
    bellissimo il rientro dei cervelli......erano fuori a far cambiare acqua al merlo...
    ma tanto «Alcuni di voi fanno fatica a leggere più di 2 libri» cit.
    thats all folks

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  32. @Davide Falchieri.
    SI chiama curva di Phillips.. in piena occupazione l' "inflazione" è più elevata (ceteris paribus) e quindi i salari aumentano di più.
    se uno poi delocalizza non è un dramma all'inizio, poi con una moneta che si adegua uno troverebbe più conveniente aspettare 2 secondi.

    Certo che è furbo questo Brambilla.. saturare! ahhaha

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    1. Ovviamente lui ci farebbe fare il tutto rimanendo nell'Euro e la sua piena occupazione sarebbe a salari stracciati.

      Ma poi io pensavo che negli anni '90, in veneto, facessero solo cadreghe e maioni... cosa se ne facevano dei saldatori ?

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  33. Zucconi…singolare, plurale majestatis, ma ssì abbondiamo… ci vorrebbe proprio il Principe di Bisanzio… Vittorio nomen omen! :D

    Insopportabile e tronfia sicumera di chi ci spiega "er monno" da (a)sini-stra sputazzando regolarmente sull'Amerika sozza e immonda... vivendo, debitamente XD, in quel di Manhattan.

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  34. Provo con il Giannino d'oro: nei Paesi dell America in base a studi statistici che lei ci ha citato (werlan e goldfajn 2000) il pass through (il coeficiente che indica in quale misura la svalutazione si teasferisce sui prezzi) è maggiore di 1, quindi la svalutazione potrebbe trasferirsi totalmente o più che proporzionalmente sui prezzi al consumo e in assenza di meccanismi di indicizzazione erodere i salari reali

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    1. ...and the winner is. Poi sblocco gli altri commenti, ora sto scrivendo il sequel, così facciamo una bella discussione collettiva...

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  35. Proviamo a ricapitolare brevemente:
    1. svalutazione uguale a diminuzione del salario reale : essendo il salario reale uguale al rapporto salario nominale/prezzi l'assunto implicherebbe che la tutta svalutazione effettuata, o buona parte di essa, si riflettesse sull'aumento di tutti i prezzi (aumento sensibile del denominatore) e che la svalutazione, riequilibrando il saldo delle partite correnti, non producesse alcun effetto espansivo sul PIL ne conseguentemente alcun effetto inflattivo sui salari nominali (non aumento del numeratore), dato dalla maggiore domanda di lavoro. Tutto ciò in una economia strutturalmente equilibrata non è possibile, come da consolidata teoria economica e come evidenziano tutte le statistiche di settore che riportano i dati storici dei parametri macro, relativi a paesi che hanno effettuato svalutazioni importanti.
    2. a un episodio di svalutazione farebbe seguito un crollo del PIL: essendo il PIL espresso dalla formula Y = C + G + I + X - M, dove (tra gli altri) X sono tutte le esportazioni ed M tutte le importazioni (in questo caso senza considerare, per semplicità, le propensioni marginali al consumo ed all'importazione e quindi gli effetti del moltiplicatore keynesiano), è del tutto evidente, secondo teoria economica e per pura aritmetica, che per effetto del riallineamento del cambio dovuto alla svalutazione (e considerando sempre per semplicità gli altri addendi invariati) i beni e servizi esportati aumenteranno (X aumenta), aumentando il reddito delle aziende esportatrici e producendo anche solo per questo un aumento del PIL. E aumenteranno anche le importazioni in valore (M aumenta), in quanto i beni importati risulteranno più cari per effetto della svalutazione, ma riducendosi in volume perché meno convenienti e quindi parzialmente compensando. Prendendo poi in considerazione gli effetti espansivi del moltiplicatore su Y sul medio periodo, i consumi nazionali (C) aumenteranno secondo la loro propensione marginale ed aumenteranno secondo la loro propensione marginale anche le importazioni M, ma non ad un valore maggiore della somma C+X, tenendo conto di un saldo estero (saldo delle partite correnti + saldo finanziario) sostanzialmente in equilibrio. Forse l'assunto di cui sopra potrebbe avverarsi solo in condizioni di forte indebitamento estero a fronte di una quasi esclusiva propensione all'importazione, sostanzialmente un paese quasi totalmente deindustrializzato che per consumare importa indebitandosi con creditori esteri. Forse un caso scuola?
    3. svalutazione traslata pari pari sul salario reale (caso Messico): il Messico probabilmente aveva un forte indebitamento estero (Stati Uniti principalmente) a fronte di un cambio rigido peso/dollaro che inibiva le sue esportazioni. Inoltre per finanziare il debito il governo aveva emesso titoli di stato denominati in pesos ma indicizzati in dollari. I mercati se ne accorsero e i tassi d'interesse salirono alle stelle fino al sostanziale default del paese con fuga di capitali. Il governo fu costretto a sganciarsi dal dollaro svalutando il peso (48,6%) ma il servizio del debito indicizzato al dollaro diventava a quel punto insopportabile. Successivamente USA, FMI, BRI, onde evitare contagi, accordarono un piano di prestiti (la troika in casa!) pretendendo garanzie su austerità, taglio dei salari e disoccupazione.
    4. perché certa gente ancora non vuole capire: a questo punto non so se ho studiato bene per i tre "giannini" precedenti, ma per il "giannino" di platino sono sicuro di non sapere! Posso solo riferirmi, in modo sicuramente non scientifico, a quella massima di Einstein che dice: "Due cose sono infinite: l'universo e la stupidità umana, ma riguardo all'universo ho ancora dei dubbi". Pertanto se anche mai avessi azzeccato qualcuno dei precedenti "giannini", ho sicuramente perso il "giannino" di platino, il più difficile ed ambito dall'alba dei tempi!

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  36. Provo anche col Giannino d'argento: siccome la svalutazione fa aumentare il prezzo della valuta estera in termini di valuta nazionale, secondo loro il pil diminuisce perchè vuole più moneta nazionale per esprimere il Pil ad esempio in dollari. Ma come sappiano il pil si misura in $ a ppp solo per operare confronti tra le nazioni. Inoltre sappiamo che pil=prezzi*quantita, il pil reale aumenta e diminuisce solo se variano le quantità, non i prezzi. Spero di esser stato chiaro

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  37. Per il Giannino di Platino, mi permetto con estrema umiltà di parafrasare. "Le che non poté la limitata eloquenza, assicurate dalla sterminata violenza dei fatti. L'importante è il risultato".

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  38. Almeno come consolazione, finalmente si scrive "forse sarebbe stato meglio non entrare", almeno è finita la storia dell'euro salvifico che se l'Italia fosse stata fuori saremmo stati invasi dalle armate della Repubblica Popolare Cinese. Peccato per il "forse".

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  39. Un'economia come la nostra a intuito (lascio al professore la confutazione econometrica) dovrebbe avere un cambio stabile rispetto alle valute dei paesi d'importazione (quindi il dollaro), visto che la nostra economia dipende dall'industria di trasformazione (al netto delle varie delocalizzazioni).
    In questo senso svalutare in generale una valuta quando non siamo il primo paese produttore di petrolio non mi sembra una gran mossa.
    Poi l'idea che dal '97 siamo andati male solo perchè non abbiamo continuato a svalutare sembra un po' un insulto alla capacità competitiva delle nostre aziende.
    Cosa vorrebbe dire, che se ritorniamo ad avere mezza economia sotto l'IRI e deficit pubblici "monetizzati" dalla Banca d'Italia sarebbe l'unico modo per uscire dalla crisi. Siamo così miseri da non riuscire a competere con il mercato internazionale?
    Su una cosa sono d'accordo con il professore, la globalizzazione finanziaria è stata una delle grandi rovine di questi ultimi decenni, oggi il capitale sta vincendo la sfida contro il lavoro umano, utilizzando la mobilità del capitale come mezzo di minaccia e questo forse il male maggiore. In questo disegno l'euro gioca sicuramente un ruolo importante. Il concetto stesso del mercato unico europeo ha spostato il conflitto europeo sul piano economico e ci costringe a rendere i nostri Paesi appetibili e competitivi riducendo le misure di protezione sociali create in un secolo di lotte.

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    1. Guardi, glielo dico con grande simpatia: forse è un po' presto per commentare.

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