Avete 53 anni di spread fra titoli di Stato tedeschi e italiani (dati mensili dal gennaio 1960 al novembre 2013, fonte International Financial Statistics).
Io, col vostro permesso, il post lo farei scrivere a voi...
Addendum delle 21:51: ecco, bravi, avete già cominciato a scriverlo chiedendo cosa è successo ai tassi reali, perché in effetti un certo interesse la cosa ce l'ha. Ai tassi reali è successo questo:
Un quadro un po' diverso, vero?
Bisogna precisare cosa sono le variabili. I tassi di interesse sono il Government bond yield delle International Financial Statistics (serie: XXX61...ZF..., dove XXX è il codice paese). Il tasso reale è stato calcolato ex post sottraendo brutalmente la variazione tendenziale dell'indice di prezzi al consumo (per la Germania serie 13464.D.ZF... e dal 1992 13464...ZF..., per l'Italia serie 13664...ZF...).
Questo grafico, ad esempio, ci fa riflettere sulla storia che abbiamo sentito tante volte: "Eh, ma i tassi reali all'inizio degli anni '80 sono cresciuti ovunque perché è cambiata la politica americana...". Sì, la politica americana è cambiata, in effetti, ma le cose pare che siano state un po' più complicate.
Vi do qualche altra summary statistic, così ci pensate un po' su. La media dello spread (primo grafico) su tutto il campione è 2.73 (273 punti base), quella del differenziale fra i tassi reali è -0.61 (-61 punti base). Ovviamente questo secondo risultato è influenzato dai tassi reali negativi degli anni '70, che poi indicano che i tassi nominali si sono sì "impennati" (vedi il primo grafico), ma meno dell'inflazione.
La correlazione fra spread e livello dei tassi tedeschi (nel primo grafico) è 0.287 con una t di 7.6 (correlazione positiva e significativa), la correlazione fra differenziale fra tassi reali e tasso reale tedesco è -0.09 con una t di -2.29 (negativa e significativa, anche se molto debole e molto meno significativa che nel caso precedente; per la cronaca, le due t hanno 645 gradi di libertà).
La correlazione positiva fra livello dei tassi e spread dà ragione a chi dice che lo spread si è "schiacciato" perché si comprime proporzionalmente al livello del tasso nominale benchmark, ma in effetti guardando la prima figura si capisce che il quadro è più complesso, perché come notava uno di voi c'è un periodo, fra il 1974 e il 1978, nel quale il tasso benchmark (quello tedesco) scende, ma lo spread decolla.
Poi di cose da dire ce ne sarebbero tante, e a molte domande non saprei rispondere. Una cosa è certa: l'oculata gestione della crisi sta permettendo ai governo tedesco di finanziarsi a tassi reali negativi da quando? Ma certo, dalla data del mio famoso articolo...
Finchè dura...
Addendum del 7 gennaio, 8:16: dello spread si parlava anche prima dell'euro, ma in effetti lo si faceva soprattutto perché uno dei criteri per l'ingresso nella valuta unica era la convergenza dei tassi di interesse nominali a lungo termine (non più di 200 punti base al disopra della media dei tre paesi a inflazione più bassa nel periodo di riferimento, che era di due anni prima della data fatidica. L'articolo citato, infatti, è del 1997. A quel punto è chiaro che se qualcuno ci voleva dentro, aveva tutto l'interesse a lasciarci pilotare i tassi verso il basso. Queste valutazioni di stampo complottistico (a base di "la Germania", cosa che a me non piace molto) sono comunque dell'ex-ministro Visco.
A quanto pare quando potevamo stampare moneta uno spread doppio di quello del 2011 non era un grosso problema. Infatti nessuno (tranne gli addetti ai lavori) sapeva cosa fosse lo spread. Noto però che dal 1999 al 2006 circa lo spread era praticamente a zero, che dire una bella simulazione di mercato davvero comune peccato che sia crollato tutto ai primi venti della crisi...
RispondiEliminaFino all'inizio degli anni '80 in effetti il tasso di interesse reale era per lo più negativo, nonostante il nominale fosse a due cifre. C'era molta inflazione. Vogliamo fare anche il grafico coi tassi reali?
EliminaRicordo che ha già spiegato che l'inflazione rendeva i tassi negativi, ma è solo per quello che lo spread non era percepito come problema, oppure anche per il fatto che la Banca d'Italia era prestatore di ultima istanza nonostante dopo il "divorzio" non intervenisse più per tenere bassi i tassi?
EliminaMa come si fa a non odiarla freddamente, ferocemente e senza tregua, eterno e sordo distruttore delle poche consolatorie certezze a fatica inculcateci giorno dopo giorno di Rep., Ballarò, Samarcanda, Tg1234567... per 30 anni! AM
RispondiEliminaEh già, lo spread c'è solo da quando non abbiamo fatto i compiti a casa, anzi, da quando Lui andava a minorenni. Si vede nel grafico, no? Ora, a minorenni non ci dovete andare, ma chi deve vietarvelo è la vostra coscienza, non i mercati, che visibilmente pensano ad altro.
Elimina!!!!!!!!!!!!! Ecco perché al tiggì lo spread viene espresso in fottuti punti base... perché denominato in centesimi anziché in unità fa più impressione.
EliminaSai bello, sulle vetrine... saldi fino a 70 000 punti base, ce lo chiede l'Europa
Il grafico si commenta da solo, chi non è in grado forse non dovrebbe neppure pronunciare la parola spread in un discorso. Quello che più mi fa ridere è il ragionamento dei media. Come si fa a dire che il calo dello spread ci ha fatto risparmiare miliardi?? Mi fa pensare ad un (immaginario) agricoltore che pensa a quanti soldi ha risparmiato da una mancata calamità naturale. Questa è manipolazione! L'altra faccia dello sragionamento che dice che è meglio stare al di qua delle colonne d'€rcole, perché al di là c'è l'abisso. Lasciano alle persone l'illusione di scegliere, ma danno loro i punti di riferimento con i quali orientarsi.
RispondiEliminaMolto peggio di così... ti dicono "ci farà risparmiare"! Quindi l'agricoltore conta i soldi che ha (già ora, secondo lui) risparmiato perché le previsioni del tempo lo hanno informato che il temporale non ci sarà fra sei mesi... E' proprio il caso di dire "braccia rubate all'agricoltura", visto che la testa non è buona nemmeno per quella ;-)!
Eliminacon i tassi reali il grafico dello spread sarebbe una tavoletta fino al 2011. Con diversi picchi di spread negativo. Sbaglio?
RispondiEliminaNon lo so, poi guardiamo. La mia idea è che non cambierebbe tantissimo, ma sono curioso.
Eliminacome prima cosa dobbiamo notare che i mitici anni sessanta erano veramente mitici , nel senso che la credibilita' del nostro Paese era alle stelle (perché tutto funzionava per il meglio) e lo spread alle stalle.
RispondiEliminaaltro periodo molto caratteristico e' quello che va dal 1975 ( e qui ci dobbiamo chiedere come mai e' stato lo spread a schizzare alle stelle) al 1981 (anno del divorzio) in cui la Germania ha mantenuto tassi bassi e noi abbiamo avuto tassi alti.
per poi convergere lentamente ma inesorabilmente al 1997: l'anno dell'euro.
il resto e' storia recente e molto attuale.
Qui c'è anche da fare un discorso su quanta credibilità devi "comprare" nel momento in cui i movimenti di capitale sono controllati e godi di sovranità monetaria...
EliminaI pasdaran dello spread dovrebbero spiegare perché fra 82 e 84, quando lo spread era più che doppio rispetto a quello che: meno male che monti ha salvato l'Italia, non siamo tutti morti. Eravamo meno corrotti? I politici erano più affidabili? Eravamo più biondi?
RispondiEliminaAh, già.... allora era diverso, perché non c'era la ciiiina.
possiamo dire quindi che negli anni sessanta tutto funzionava per il meglio anche grazie al controllo del movimento dei capitali e alla sovranita' monetaria. grazie.
RispondiEliminapero' ho ancora una domanda: cosa e' successo nel 1974 per noi e nel 1975 per la Germania?
Piccola considerazione personale: "tutto funzionava per il meglio", nei "mitici" anni '60, dal punto di vista macroeconomico, nel senso che l'economia era economicamente "normale", cioè non drogata follemente dall'€, ma a livello politico ho speso molti anni per combatterla, quella "normalità", che equa e giusta non era. Certo, adesso il fronte di lotta s'è allargato in modo allucinante.
EliminaNel senso di "fronte contro cui lottare", penso.
Elimina@roberto b, faccio il cavillo per rimarcare l'enormità del fronte, che sembra pieno di automi "allucinati"- altro cavillo per giocare con le parole di fronte a una realtà che ci ha "giocati" finora.
Ma noi abbiamo un "ludimagister", il Prof, che ha svelato il "gioco".
Mmm vediamo, dal 1960 al 1974 sono quasi più gli anni di spread negativo (o positivo a nostro favore, come direbbe Pippo) piuttosto che il contrario. QUINDI - per seguire la "logica" dei mezzi di comunicazione piddinmaker - in quegli anni l'Italia era un paradiso di efficienza e di probità morale, senza scandali e instabilità politica ... o no?
RispondiEliminaNO
Eliminal'impressione che ne ho, molto semplicisticamente (anche perché non potrei diversamente)?
RispondiEliminami pare evidente che sia buono o cattivo a seconda di come faccia comodo alla propaganda...
Se avessi voluto scrivermi i post, avrei aperto un blog....
RispondiEliminaUn piccolo dettaglio. Dopo il noto allarme "finiremo come la Grecia" , basato sullo spread a 500 punti, per diversi mesi i virtuosi tedeschi collocavano sui mercati finanziari BUND decennali a tasso reale negativo.
RispondiEliminaAd esempio, a novembre 2011 il tasso del bund decennale oscillava intorno al 2% , mentre l'indice CPI tedesco era pari al 2,4%.
Procedo allora con una breve analisi da bar.
Caso 1 - I mercati finanziari erano sbronzi (chi accetterebbe di prestare oggi 100 kg di patate per riceverne 99 tra un anno? ) e lo sono stati per diversi mesi. Robert Lucas restituisce il Nobel.
Caso 2 - Gli onniscienti mercati finanziari avevano ragione. Il che significa che da qualche parte ci doveva essere un problema. Un grosso problema. E NON RIGUARDAVA IL DEBITO PUBBLICO ITALIANO, dal momento che il grafico del post evidenzia che dopo il 1998, per circa 10 anni, lo spread era praticamente nullo, nonostante il diverso rapporto debito/PIL tra Italia e Germania.
Arriva il 2008 e lo spread aumenta. Qualcosa deve essere cambiato. La spesa per gli interessi sul debito, riferita al PIL, continua a oscillare intorno al 5% . Quindi dovrebbe azzeccarci poco.
OPSSSSSSS! Sono sprofondate le partite correnti. Vuoi vedere che i mercati finanziari dicono che esiste un problema GROSSO nell'eurozona (lo spread cresce non solo per noi) e Lucas si tiene il Nobel?
Insomma, esiste il sospetto che nel novembre 2011 lo spread (quello in evidenza nella prima pagina del Sole 24 Ore on line era ed è riferito ai titoli decennali) cresceva non perché eravamo destinati a finire come la Grecia, non perché siamo spendaccioni (sicuro?) , non perché siamo cicale.
Il motivo avrebbe potuto spiegarlo agevolmente P. M. da Bologna. Ma forse P.M. da Bologna mirava ad arricchire il suo curriculum con il passaggio dalle parti di via XX settembre (Roma) e quindi non poteva fare altro che fare il gioco di Francoforte
Applichiamo un po' di analisi di correlazione imparata con il prof.
RispondiEliminaEbbene, quello che mi colpisce è il 1975; ovvero prima di quell'anno i tassi erano grosso modo correlati positivamente: saliva uno, saliva l'altro; dopo quella data, fino al '78, divergono specularmente, cioè la correlazione diventa fortemente negativa. Poi ritornano correlati positivamente fino alla nascita dell'euro. Picchi e valli sono allineati.
Che diavolo è successo nel '75 e nel '78?
Dovrebbero essere gli anni degli SHOCK PETROLIFERI che squilibrarono fortemente la nostra bilancia commerciale.
EliminaAzzardo un'ipotesi: il fattore K (Kommunizm).
EliminaNon nel senso che intendeva Ronchey, nel 1979, a cose fatte (o meglio, alternanza politica fra destra e sinistra, non avvenuta), ma rispetto a ciò che accadeva effettivamente negli anni 1975-78, che certamente, vissuti "da vicino", non davano un'immagine di grande stabilità politica dell'Italia, e quindi ciò poteva comportare uno sforzo particolare per acquisire la fiducia dei mercati (immersi anche loro nel clima culturale dell'epoca) verso i nostri titoli.
Di fatti:
1974: sconfitta dei cattolici nel referendum sul divorzio;
1975: sconfitta della DC alle elezioni regionali, grande avanzata del PCI (il possibile "sorpasso", che in realtà non avvenne per poco);
1976: vittoria della DC (niente sorpasso del PCI) alle elezioni politiche, impossibilità di governo di coalizione, e quindi tre governi a guida DC (due monocolori e un DC-PSDI-PRI) con Andreotti premier e la "non sfiducia" del PCI, fino al 1979 (epoca della "Solidarietà Nazionale", antecedente delle larghe intese di oggi, sia pure in un mondo molto diverso);
1978 (l'anno dei tre papi): scandalo Lockheed, con dimissioni del Presidente Leone, e delitto Moro;
1978: elezione di Pertini a Presidente della Repubblica e di Giovanni Paolo II a Papa, e il fattore K comincia a dissolversi...
L'effetto "rassicurante" di Andreotti mi pare suggestivo nel brusco viraggio (verso il basso) del tasso reale d'interesse dopo il 1976, passata la paura del 1974-75 (impennata del tasso verso l'alto).
C'eravamo tanto amati...
ma quello dal 96 al 2004 (grafico tassi reali) è il famoso dividendo dell'euro? sembrerebbero pochi spicci
RispondiEliminaNo, il dividendo dell'euro sarebbe l'azzeramento dello spread fra 1997 e 2007 nel primo grafico. In altre parole, l'idea che senza euro avremmo avuto e tuttora avremmo tassi nominali al 10%. Un 'idea un pochino assurda, come ho spiegato qui con un controesempio molto semplice, e come ora anche Minosse ammette.
EliminaDa totale neofita, c'è però un passaggio che non mi fila nel ragionamento dei "dividendisti": tolto il discorso sulla BC indipendente che all'epoca non fu in discussione, le scelte possibili erano tra pagare interessi elevati ai creditori nazionali o aprirsi al risparmio estero.
EliminaNel momento in cui negli anni '80 l'inflazione diminuisce e aumenta l'interesse reale sul debito pregresso non scaduto, questo costitituisce un flusso in uscita dal settore pubblico che redistribuisce il reddito nazionale, in forma di spesa pubblica, in larga parte verso il risparmio nazionale (dato che era in larghissima parte detenuto da risparmiatori nostrani) e che il sistema finanziario nazionale userà per sostenere investimenti e consumi, nazionali o esteri, o spesa pubblica, nazionale o estera, contribuendo quindi alla nostra capacità di produrre reddito e alla solidità dei nostri conti con l'estero o a sostenere la spesa pubblica. Ergo, è come lavarsi i panni sporchi in famiglia.
Aderendo al progetto euro e dovendo gli stati finanziarsi al minor costo possibile, cioé ad interessi sul debito più bassi possibili, accade che:
- tralasciando il discorso sul differenziale, l'interesse nominale sui titoli si normalizza ovunque, divenendo più o meno uguale a quello del paese dove questo è più basso. Un po' come il prezzo di un bene nelle economie aperte agli scambi.
- dove l'inflazione è più elevata, il risparmio nazionale si sposta tanto più verso i consumi e gli investimenti nel settore privato (dove è comunque in competizione col risparmio estero), quanto meno risulta remunerativo investire verso altri paesi della zona euro: cioé, la Spagna che cresceva ed aveva quindi una maggiore inflazione, così come la Grecia, erano predestinate ad una crisi debitoria con l'estero, non avendo "mercati esteri" e quindi qualcosa che bilanciasse la loro posizione finanziaria con l'estero.
- questo comporta che una quota sempre maggiore di debito pubblico dei paesi periferici finisce in mano estera;
- gli interessi sul debito pubblico diventano spesa pubblica che finanzia "le importazioni di capitali" e non contribuisce più alla produzione di reddito nazionale, aggravando la posizione con l'estero. Ergo, è come pagare l'obolo per pulire i nostri panni sporchi in lavanderia.
La cosa però più grave è che tutto il sistema è costruito in modo che la crescita del mercato interno sia un male da evitare ad ogni costo: oltre al cambio reale, chi maggiormente fa salire l'inflazione si ritroverà con un settore finanziario che avrà maggiori difficoltà a trovare investimenti remunerativi nell'area comune e sarà costretto o ad investire finanziando i consumi e gli investimenti nazionali o dovrà rivolgersi al di là dell'EA sostenendo eventuali rischi di cambio. Anche questa disparità contribuisce, insieme alle altre, a rendere l'EZ solo una rete per tonni.
Non c'è che dire: un gran bel dividendo, per i pescatori di tonni.
Il picco dei tassi sul decennale appare verificarsi a seguito divorzio con Banca Italia, pur in presenza di tassi reali bassi se non negativi. In questo periodo anche lo spread tocca i suoi valori massini. Poi lo spread scende fino all’unificazione tedesca. Qui gli alemanni hanno bisogno di finanziare l’annessione e alzano i tassi per importare/finanziare la riunificazione. Noi a ruota siamo costretti ad alzare i tassi per frenare uscita di capitali. Dal 1998 i tassi convergono a seguito dell’introduzione cambio fisso.
RispondiEliminaSembrerebbe che il mercato ragioni così: con cambi variabili giustamente esiste lo spread, ma se dalla crisi è ricomparso, vuol dire che i mercati anticipano il ritorno ai cambi flessibili? Potrebbe anche essere un’ipotesi.
Forse sono io che interpreto male i grafici (e in tal caso me ne scuso) ma sembra che da 72 all'82 l'Italia si finanziasse ad un tasso reale bassissimo se non negativo. Se è così perché hanno sentito la necessità del divorzio tra tesoro e banchitalia?
RispondiEliminaE' proprio questo il punto. Guardando i grafici verrebbe da dire: ma chissenefrega dello spread, se la Germania c'e l'ha più grande o più piccolo di noi .Contano i tassi di interesse reali, cioè quanto costa allo Stato indebitarsi: negli anni '70 erano quasi sempre negativi! Perchè? Repressione finanziaria + inflazione, immagino. Il tutto è cessato con il famigerato divorzio Tesoro/Banchitalia.
EliminaGrazie per il grafico, l'è interessante, anche se io a stu spread tutta st'importanza non gliela darei. Ne esistono tanti spread, non mi pare che in fin dei conti aiuti a spiegare più di alcune cose, magari recenti, per Euro e SME. Né mi sembra per forza legato ai "fondamentali". Che dite?
RispondiEliminaSono d'accordo. Tra correlazioni varie secondo me la stiamo facendo troppo complicata, lo spread da quello che posso capire è una variabile che si calcola ex post in base alla differenza tra tassi dei titoli a dieci anni italiani e tedeschi. Quindi secondo me più che altro dà indicazioni circa le operazioni di speculazione sui titoli da parte dei mercati che operano sicuramente, come sostenuto dal prof, anche valutando la probabilità di rottura dell'euro. Piuttosto mi chiederei come mai il rendimento a 10 anni del bund è aumentato, i mercati forse si aspettano maggiore inflazione in germania?
EliminaSempre più interessante ... prof mi permetto di farle una domanda: quali sono la media del differenziale fra i tassi reali e la correlazione fra differenziale fra tassi reali e tasso reale tedesco nel periodo 1960-1981? (ovviamente se non le è di troppo disturbo rispondermi ...)
RispondiEliminaAver allargato lo sguardo al 1963 consente di vedere (anche in termini reali) la prima vera stretta monetaria del dopoguerra: quella che pose fine al miracolo economico.
RispondiEliminaHo visto ad esempio una statistica, non ricordo dove, secondo la quale il massimo numero di brevetti registrati in Italia risale a quell'anno.
Quindi si può dire che: se si guarda il grafico da dopo lo sgancio tra dollaro e oro i tassi dell'italia e della germania avevano andamenti differenti fuor che nel periodo dello sme e dell'euro, anche quando c'era il boom economico, deducendo che due nazioni con economie differenti è giusto che abbiano tassi differenti??
RispondiEliminaE che un tasso superiore all'inflazione quando non si ha sovranità monetaria è un vero costo? al contrario di chi una sovranità ce l'ha?
Grazie dell'attenzione.
"La correlazione fra spread e livello dei tassi tedeschi (nel primo grafico) è 0.287 con una t di 7.6 (correlazione positiva e significativa),"
RispondiElimina"La correlazione positiva fra livello dei tassi e spread da ragione a chi dice che lo spread si è "schiacciato" perché si comprime proporzionalmente al livello del tasso nominale benchmark"
Chi dice che lo spread si è "schiacciato" perché il benchmark è salito (spread scende se bund sale) non dovrebbe aver ragione in caso di correlazione negativa anziché positiva?
Se lo spread misura il premio per il rischio di eurobreak (o comunque di eurexit del paese più debole) dovrebbe variare significativamente a seconda della durata dell'obbligazione considerata.
RispondiEliminaPerchè si misura ( o si attribuisce importanza) solo allo spread sul decennale? Come si comportano le curve sullo biennale e sul quinquennale?
Inoltre il significato dello spread in questo caso (premio al rischio di eurobreak o eurexit) dovrebbe aver subito una mutazione "ontologica" con l'introduzione della moneta unica.
Prima il rischio era quello della svalutazione del cambio, ma valeva di più per compratori esteri, mentre per i compratori nazionali il parametro su cui misuravano la loro predilezione per il titolo di stato era la protezione dall'inflazione. E prima del 90 i compratori erano prevalentemente nazionali.
Forse sarebbe interessante vedere anche il comportamento dello spread sul CDS Italia-Germania, e lo spread tra titoli di stato e CDS italiani e britannici, o giapponesi, tanto per vedere la differenza che fa avere una banca centrale che può comprare i titoli e stampare moneta.
Esistono decine di spread, con significati e andamenti diversi,
C'è forse malizia nella focalizzazione che l'informazione sistemica fa sul differenziale col decennale tedesco?
Una cosa che mi salta all'occhio è la buca fra il '70 e l'80 nel grafico degli interessi reali. Anni di strategia della tensione scanditi dalla via crucis del tritolo nero. Sarò un complottardo ma mi fa pensare al bastone e alla carota...
RispondiEliminaall'aumento dello spread negli anni 70 non potrebbe aver contribuito anche la fine di Bretton Woods e pertanto l'introduzione del rischio di cambio per gli investitori esteri?
RispondiEliminaTrovo sempre inquietanti i tassi di interesse negativi, in quanto nessun agente (anche non perfettamente) razionale prestetebbe denaro con l'intenzione di riceverne di meno indietro; l'unica eccezione che sono in grado di capire è l'ipotetica situazione in cui, posta come costante la propensione al rischio dei soggetti, non sia possible trovare soluzioni meno svantaggiose (ponendo come immutabile il quadro giuridico ed economico di riferimento e tralasciando un fisiologico quantitativo di soggetti tutt'altro che economicamente razionali).
RispondiEliminaI tassi di interesse reali negativi dei quali ha potuto godere la Germania nell'ultimo periodo sono spiegabili con la tesi di Borghi, cioè con la scommessa degli operatori di mercato di una dissoluzione dell'Euro o di una semplice uscita della Germania con conseguente rivalutazione del nuovo Marco; insomma, questo caso è spiegabile con l'aspettativa realistica di un cambiamento del quadro economico e giuridico di riferimento.
Non riesco invece a trovare una spiegazione plausibile per i tassi negativi dell'Italia negli anni '70.
OT (ma non troppo): raccolta di riflessioni recenti del ns. amico J. Sapir.
RispondiEliminahttp://www.liquida.it/jacques-sapir/#_-_
Tanto per ricordare che, come dice il prof, sulla rete rimane tutto :
RispondiEliminai sevedevisti
Grazie prof x le precisazioni che mi sembrano confermare che comunque analizzando le serie storiche delle spread su un arco temporale così lungo, bisogna in ogni caso tenere conto di quanto sia profondamente mutato il significato dell’indicatore nel corso del tempo:
RispondiElimina- fino all’avvio del processo di creazione della moneta unica il differenziale sui tassi di debito pubblico dei diversi Stati (spread) rappresentava esclusivamente le differenti aspettative sull’andamento del tasso di inflazione
- una volta avviato il processo di creazione della Moneta Unica e definiti i parametri di convergenza lo spread ha iniziato a indicare le probabilità di una determinato Stato di riuscire a rispettare i parametri di convergenza e quindi entrare nella moneta unica
- una volta che uno Stato entra nella moneta unica lo spread indica le probabilità di default o uscita della stato in questione dalla moneta unica
Ovviamente in questa evoluzione ha inciso anche il mutamento di ruolo della Banca Centrale degli Stati interessati che ha progressivamente rinunciato ai propri poteri fino a rinunciare all’emissione di moneta
E’ corretto?
Se si, si può affermare che questa evoluzione del significato dello spread spiega anche i 3 momenti storici in cui la divergenza (a tassi reali) è stata più ampia? Infatti ad occhio:
- anni ’70 picco inflazione Italia
- fine anni ’90 dubbi sulla possibilità dell’Italia di centrare i parametri di Maastricht
- ora dubbi su EuroEXit dell’Italia
Grazie mille
Quello che a me salta all'occhio e' che qualcuno dal divorzio alla fine del secolo scorso ha vissuto di rendita compatibilmente con l'esplosione del debito pubblico, forse sono questi, quelli di piddina memoria, che hanno vissuto al di sopra delle proprie possibilita'.
RispondiEliminaFino all'estate del 2011 lo spread esprimeva il differenziale di rendimento tra il Btp decennale italiano e quello tedesco, era ignoto ai più, e nessuno ci perdeva il sonno. Da lì in avanti lo si è utilizzato a mo' di cane da pastore per condurre la popolazione in territori a regime di “austerità”, dove mondare la popolazione medesima dai peccati contratti nei decenni precedenti caratterizzati da una “sconsiderata gestione della spesa pubblica”, a sua volta generatrice di abitudini di vita “parassitarie” e “al di sopra delle proprie possibilità”, che hanno condotto l'Italia “sull'orlo del baratro”.
RispondiEliminaMi rifaccio alle parole di
Andrea Mazzalai per sottolineare «l’estrema “volatilità” dei nostri politici nelle loro dichiarazioni dopo aver scoperto durante la crisi che lo spread non è un aperitivo, ma soprattutto far capire che lo spread non è altro che uno strumento mediatico per deprimere o esaltare le folle e le tendenze di mercato, quando in realtà ciò che conta è il rendimento che ogni quindici giorni il nostro Stato sarà costretto ad offrire nei prossimi mesi anni il 2014 e il 2015 che si preannunciano intensi a livello di emissioni e quindi di riflesso l’interesse che anche le nostre aziende dovranno pagare per far fronte alle loro esigenze».
Naturalmente, a fronte di un debito diventato molto, ma molto più rischioso (pur restando perfettamente sostenibile) di quanto non lo fosse quando lo spread era a 500! [...] il nostro spread in teoria dovrebbe aumentare, indipendentemente da come sta messa la Germania (che sta messa sempre peggio).
Perché invece non aumenta?
Credo che sia per il solito motivo. Perché in pratica [...] lo spread misura il rischio di "euro breakdown", di crollo del sistema».
Circa il rischio di "euro breakdown" mi permetterei a questo punto di fare riferimento a quanto detto da un trader (duedipicche) che trovai sul FQ nell'agosto 2012, perché mi sembra attinente con il tema trattato:
“prendiamo, ad esempio, un Btp decennale al 6.20% ed un Bund (sempre decennale) al 1.32%.
Vedete la differenza e, quindi, i piddini a questo punto si domandano… quale conviene comprare?... la risposta è: prendete una monetina e tiratela in aria, avrete lo stesso risultato.
Partendo dallo stesso capitale di 100 euro nel 2012 e comprando Btp o Bund, alla fine dei 10 anni, ci si ritrova con 179.08 euro se si è comprato Btp e 114.01 euro se si e comprato Bund.
Ed i piddini a questo punto sollevano la domanda: ma perché non comprano tutti Btp che sembrano così tanto più convenienti?
I Btp scontano un rischio che, al momento, il mercato non vede per i Bund, ossia di essere rimborsati di in lire e, infatti se quei Btp venissero rimborsati in lire svalutate del 36.4%, il loro valore in euro sarebbe: 179.08*63.6%= 114.01... esattamente uguale al Bund.
[…] chi compra oggi Btp, è già coperto dal rischio di una svalutazione del 36.4% e il mercato ha già fatto quel calcolo ed ha già formato il relativo prezzo”.
Per concludere, potremmo dire che per chi ha dimestichezza con il funzionamento dei mercati lo spread è solo un indicatore. Per tutti gli altri è uno spauracchio agitato per fini politici.
Mi perdoni prof. ma mi viene in mente una poco nobile parafrasi: "a pensar complottista si fa peccato, ma spesso ci si azzecca!" :-)
RispondiEliminahttp://blog.ilgiornale.it/wallandstreet/2014/01/07/spread-un-imbroglio-lungo-53-anni/
RispondiEliminaQuanta grazia!
Lode a Brunetta allora !!
EliminaSul carro i posti cominciano a scarseggiare..
Ma allora hanno ragione! Per rilanciare l'economia italiana dobbiamo fare come la Germania:
RispondiElimina- riforma delle pensioni (fatta: legge Fornero);
- contenimento costo del lavoro (fatto: riforme Treu/Biagi più l'effetto della crisi, cioè la disoccupazione);
Manca solo l'adozione di una valuta debole (come ci ha spiegato Visco) e la ripresa non tarderà ad arrivare. Coraggio.
Si narra che, passata la crisi petrolifera dei '70, l'unica curva inflazionistica a continuare l'impennata dell'inflazione sia stata quella italiana per effetto del divorzio tra BankItalia e Tesoro, mentre negli altri Paesi l'inflazione si ridusse con la fine della crisi petrolifera.
RispondiEliminaÈ proprio così?
Esistono fonti a cui attingere informazioni?
Grazie.
Salvo errore, tu sei l’esperto del team di PIGS, giusto? Ma hai letto quanto hai scritto? Perché io l’ho letto, e ne esco confortato in alcune mie ipotesi circa il senso oggettivo di quella operazione…
EliminaProf. i dati vanno analizzati considerando non solo la prospettiva del debitore (lo Stato).
RispondiEliminaLa monetizzazione dei deficit porta un vantaggio al debitore quando il tasso di inflazione effettivo è maggiore di quello atteso (cosa che mi pare essersi verificata considerando che in diversi anni a fronte dell'aumento dello spread i rendimenti reali si riducevano): i titoli all'emissione venivano prezzati male perchè il rendimento reale stimato era maggiore rispetto a quello effettivo. Il prezzo di questo gioco era chi deteneva la propria ricchezza in disponibilità liquide le vedeva svalutate, chi le investiva in titoli di Stato veniva "tassato" in maniera non trasparente (per alcuni versi si trattava di una sorta di patrimoniale no?) perchè otteneva una remunerazione inferiore rispetto a quanto sarebbe stato corretto. Saluti.