Ho un'oretta per raccogliere le idee prima di andare a sentire lo slovacco Maroš Šefčovič, che forte della legittimazione conferitagli dall'essere espresso da un Paese che ha meno abitanti della Campania è incaricato di seguire in Commissione Europea il dossier del commercio internazionale. Potrebbe essere l'occasione per chiarire qualche equivoco. Un'altra occasione ce l'ho immediatamente a ridosso, perché alle 16:15 intervengo in questo convegno... da cui il titolo di questo post!
Qui abbiamo commemorato tante persone: di alcune non avete mai nemmeno sospettato l'esistenza, di altre, come Tony Thirlwall, o Alberto Alesina, o, per altri versi, Gustav Leonhardt, ci era capitato di parlare e avevano comunque una loro notorietà, quando non un ruolo centrale nell'elaborazione del nostro pensiero. Ma la cara memoria che celebrerò oggi, portando la mia solidarietà alle afflitte prefiche, è quella del green, perché, ove mai non fosse chiaro, che lu grìn s'ha mort ora l'ha detto anche il capo dei capi, in un post scritto un paio di giorni fa, da cui emerge un desiderio evidente di smarcarsi dal suicidio dell'occidente, con un minimo investimento di comunicazione volto essenzialmente a salvare la faccia.
Il vostro amico ci dice che la narrazione catastrofistica sul green è infondata:
raggiungendoci sulle nostre posizioni storiche. Quindi basta con idiozie come "il Pianeta in ebollizione" e simili. Ora, è purtroppo un dato che la narrazione sulla transizione o è catastrofistica o non è, per il semplice motivo che l'insieme di soluzioni che vengono proposte sono talmente irrazionali che solo la minaccia di uno stato di eccezione può costringere gli elettorati ad accettarle.
Sull'irrazionalità c'è poco da discutere, ma vorrei documentarvela con due elementi sufficientemente noti a tutti, non senza fare una premessa: l'attuale paradigma della climatologia, sostanzialmente articolato sull'effetto serra come unica spiegazione di quanto sta (forse) accadendo, farà la fine di tutti i paradigmi, quella di cui abbiamo parlato qui, ma a noi non serve contestarlo, per il semplice motivo che le soluzioni che vengono prospettate per abbattere la CO2 passano per una maggiore produzione di CO2. Il dato sulle emissioni dal 1990 (la data di riferimento) è questo:
Unione Europea e Stati Uniti sono già su un trend discendente, e sul trend di Cina e India le nostre fisime possono agire solo in senso peggiorativo, per il semplice motivo che rivolgersi a prodotti cinesi (i pannelli solari, le auto elettriche, ecc.) significa far girare a pieno regime una macchina in cui la produzione di energia ha un'intensità di emissioni doppia della nostra (se pure declinante):
Ai tanti imbecilli che ci parlano di una Cina "campione delle rinnovabili" va ricordato che per quanto le rinnovabili possano espandersi rapidamente in termini assoluti in un Paese la cui superficie è quasi 32 volte quella dell'Italia e la cui popolazione è circa 24 volte quella dell'Italia, in termini relativi il mix energetico cinese resta dominato da un caro, vecchio amico:
quindi averci spinto verso l'elettrificazione senza aver preventivamente fatto un ragionamento sulle filiere e sulle tecnologie significa averci spinto verso la carbonizzazione, non la decarbonizzazione.
Ma i due elementi che volevo offrirvi erano altri.
Primo, mentre un chilo di benzina contiene oggi, come un secolo fa, 43 MJ di energia chimica, corrispondenti a 12kWh, che con una macchina normale ti fanno fare 15 Km, un chilo di batterie al litio contiene 0.3 kWh di energia. Vi lascio trarre le vostre conclusioni. Tenuto conto della superiore efficienza del motore elettrico, ecc. ecc., alla fine la minore densità energetica delle batterie si traduce nella necessità di caricarsi un peso oltre dieci volte superiore per percorrere lo stesso tratto di strada. La densità energetica resta un elemento chiave, che poi è quello che spiega perché per certe esigenze (aerei di linea, veicoli off road, rimorchiatori, ecc.) la semplice idea della conversione all'elettrico fa sorridere, e quindi il dogma della decarbonizzazione deve necessariamente essere ossequiato in altro modo che mettendosi in mano alla Cina.
Secondo, l'energia elettrica va trasportata. Il rame per allacciare alla rete (e anche per costruire) una miriade di impianti di generazione "rinnovabile", nonché per disseminare di colonnine la rete stradale, ecc., pare non esiste in tutta la crosta terrestre, e in ogni caso la sua estrazione non è a costo zero.Sono le cose che abbiamo appreso da Sergio Giraldo e da Gianclaudio Torlizzi: la cosiddetta transizione energetica non è necessariamente decarbonizzazione (quando consideri tutta la filiera) e non è semplicemente affrancamento dai "fossili", ma più correttamente transizione dai "fossili" a una diversa classe di materie prime: i minerali critici, la cui estrazione, raffinazione, ecc., è ampiamente inquinante (anche in termini di emissioni: e quindi non comporta necessariamente decarbonizzazione).
Sulla base di queste premesse fattuali possiamo rapidamente goderci insieme i tre chiodi che Gates pianta sulla bara de lu grìn.
L'umanità ha altri problemi rispetto a quelli di non morire di caldo domani, e il non morire di fame oggi, come umilmente sottolineato da chi vi scrive:
rientra a pieno titolo e con maggiore priorità fra essi. Se c'ero arrivato io un mese fa, un genio come Bill Gates poteva arrivarci anni fa, giusto?
La temperatura non è tutto, perché non ci informa sulla qualità della vita, che dipende dal progresso tecnologico e dalle misure prese per mitigare gli effetti del "cambiamento". Concentrarsi solo sul "raffreddamento" anziché sulla mitigazione è un tragico, grottesco errore (altra cosa che potreste averci sentito dire).
Come corollario, dopo aver finanziato il coro di Erinni bercianti che al grido di "bolliremo tutti!" ci hanno costretto a suicidare il nostro modello di sviluppo (l'unico al mondo che si stesse muovendo nella direzione giusta), ora il vostro amico viene a dirci che in effetti dovremmo avere a cuore la nostra prosperità, che, in ogni caso, è nodale, dato che per raffreddare o mitigare ci vogliono tanti dindi, e non è suicidando la nostra economia, come abbiamo fatto, che li metteremo da parte.
Peraltro, l'amico ci spiega che anche se continuassimo a suicidarci, dovremmo comunque fronteggiare un certo grado di riscaldamento. Per questo motivo le politiche che insistono solo sulla decarbonizzazione, assistita da una narrazione terroristica, sono fuorvianti.
Pensate un po'!
Lo dice lui ora, ma, come mi faceva notare l'amico Sergio, lo hanno sempre saputo persone come Warren Buffet, che "ha progressivamente aumentato la sua quota in Occidental Petroleum fino a oltre il 28% del capitale mettendoci 15 miliardi. In più mantiene una quota robusta in Chevron (25 miliardi), che i fondi ESG avevano scaricato. Infine, non ha fatto nessun investimento significativo in green tech né ne ha mai parlato", e lo hanno appreso da poco altri personaggi "de passaggio" come Larry Fink, quello di Blackrock, che "dopo aver gonfiato la bolla ESG, nella sua lettera annuale 2025 non ha usato le parole “net zero”, “sostenibilità”, “ESG”. Ha parlato piuttosto di «energy pragmatism», dicendo persino a marzo scorso che “il pendolo era oscillato troppo a sinistra”. «Fermiamoci un attimo. Chiariamo subito che il gas giocherà un ruolo importante negli Stati Uniti per decine di anni. Forse 50 anni»".
Pensa che a me lo aveva detto tre anni fa un amico che verrà al #goofy14...
Perché tanta simultanea resipiscenza?
Beh, per due fattori concomitanti: l'ondata di fallimenti delle aziende grìn, che ha fatto decine di migliaia di disoccupati diretti (cioè escluso l'indotto) negli ultimi due anni, e la fine del reddito di transumanza, cioè dell'illusione di poter gonfiare per sempre di sussidi la bolla grìn, come del resto si è dovuto dismettere l'illusione di poter gonfiare di sussidi la panza degli indivanados. La seconda cosa spiega la prima e la prima la seconda: se l'inefficienza è troppa, il sussidio diventa suicidio, e se il suicidio scompare, l'inefficienza chiede il conto.
Alla fine il conto è arrivato, e ora andiamo a divertirci con chi non vuole prenderne atto...
Grazie Professore, sempre ottimi spunti. Vi racconto questo piccolo aneddoto: mia moglie lavora nel dipartimento informatico di una società (abbastanza grande) attiva nel settore delle rinnovabili a seguito di una “transizione” del modello di business.
RispondiEliminaNegli ultimi due anni hanno bucato la previsione di ricavi pianificati in maniera abbastanza importante e quindi la proprietà (un fondo che ha rilevato qualche anno fa la società) ha imposto corrispondenti tagli sui “costi”, cioè sul lavoro in buona sostanza.
Tutte cose note a livello Macro sulla base di quello che ci racconta da anni, ma magari declinati sul caso “micro” completano il quadro di quello che sta accadendo.
Un caro saluto
Per una volta sono in anticipo anche rispetto ai goofy! :-D
RispondiEliminaCose simili a quelle che dicono oggi Gates & co. (il claimeitceing non è l'apocalisse; sarà fondamentale l'adattamento; gli idrocarburi resteranno necessari per molto tempo; ma soprattutto quei soldi sarebbero stati meglio spesi per aumentare la crescita economica) le diceva 25 anni fa Bjorn Lomborg. Il quale ovviamente fu accusato di essere negazionista de LaScienza dai precursori dei fact-checker.
Ma se alcune cose erano evidenti nei numeri, come mai persone che dovrebbero essere tra le più intelligenti del pianeta non ci arrivavano? Appiattimento sulla narrazione mainstream unita all'incapacità di valutare acriticamente i limiti della comunità scientifica? Semplice bias ideologico? Convinzione di poter cavalcare la cosa a proprio favore nella eterna battaglia per la distribuzione del reddito?
La risposta del blog credo sia la terza, ma personalmente penso che in certi casi (quali appunto lo stesso Bill Gates) anche le altre 2 ragioni abbiano contribuito in larga misura.
Ho vissuto dall'interno una di queste narrazioni, seppur in tono minore e molto meno dannosa, ossia quella in cui tutto era caos deterministico, con tanto di sponda di Hollywood a supporto. La parola magica "caos" portava finanziamenti, per cui tutti la usavano, quasi sempre a sproposito, quasi sempre volutamente. Ho dovuto assistere allo spettacolo di un articolo che trattava di tecniche di progettazione di uno spargiletame basata su metodologie caotiche.
EliminaIl discorso sarebbe lungo, ma basti sapere che anche nell'ambito da cui tutto è nato, ossia la meteorologia, parlare di caos deterministico è un azzardo che richiede una tale pletora di assunzioni a priori e di salti logici da far invidia a quanto abbiamo assistito in ambito macroeconomico. Ma portava finanziamenti, quindi tutti chiudevano un occhio, a volte due, a volte si dotavano anche di molletta al naso, vedi alla voce "letame".
Il de profundis fu recitato in questo articolo, di ben due pagine:
https://doi.org/10.2307/2324899
che fui chiamato a decifrare, allora studente universitario, e in cui sostanzialmente si dimostra che la famosa sensibilità alle condizioni iniziali era una (non troppo) banale conseguenza di altre proprietà di un sistema caotico. Ci mise un po' a fare breccia nella comunità caotica, c'erano comprensibili resistenze, ma insieme alla farfalla, che all'origine era una gabbiano e che del resto era ormai anziana e un po' consunta dagli abusi, moriva tutta la poesia, il simpatico dottor Malcolm e la capacità di attrarre finanziamenti. Fine della storia.
Sono curioso di vedere quale sarà la prossima narrazione. Il cavallo favorito sembra rispondere al nome di intelligenza artificiale, altro tema che incrociai per la prima volta ai tempi dell'università. Ci diedi perfino un esame, sei mesi sprecati sul nulla.
La fine di tante cose... Diceva un massone, che la guerra è nella natura dell'uomo e che senza guerra non esiste progresso. Vedi l'Italia nel dopoguerra che cose meravigliose ha fatto. Speriamo che questo passaggio non sia traumatico. Io lo spero. Almeno l austerità e pacifismo hanno creato un Europa debole e disarmata e forse è stato un bene...chissà che uscire dall'Eu e tante altre cose siano così facili, con un click dalla propria stanzetta efebica, come crede una Sabri social qualunque.
RispondiEliminaCambiare paradigmi non è così immediato e indolore. Servono uomini nelle istituzioni con una forte carica morale e ideologica, anche perché c'è da rimuovere un inquilino che rappresenta un potere diciamo così antiquato...
Forse ora il PD non è più funzionale come braccio del potere mondialista, cioè ora c'è Trump, fine del green, fine del woke ecc ecc
Bisogna sfruttare bene il ruolo del cdx senza cadere nella tranquillità stile Cav e senza allearsi troppo con il sistema vecchio, ma capendolo e farsi promotori positivi di un mondo in cambiamento, non più visibile nel PD, partito oramai adolescenziale nei contenuti.
***Forse ora il PD non è più funzionale come braccio del potere mondialista, cioè ora c'è Trump, fine del green, fine del woke ecc ecc***
EliminaCerto , e stavolta un qualche "trumpismo" sarà per restare nel senso che il "clintonismo" certamente non ritornerà al potere perché le sue politiche sono state dimostrate "disfunzionali" dai FATTI.
E ovviamente questo lo cominciano a capire anche i principali inspiratori/finanziatori /beneficiari delle politiche del "clintonismo".
E quello che più temo e che se accorgeranno anche i piddini , veri specialisti del "galleggio al potere" che certamente ancora una volta , annusando l' aria, svolteranno di 180° con l' aria di quelli che " l'avevano sempre detto".
il mondo elettrificato è impossibile perché non abbiamo le materie prime troppo costosa soprattutto la conversione è dannosa perché se pensiamo che le auto bisogna ricaricaricare ogni tot minuti l'aereo sarebbe pericoloso non riuscirebbe a fare mezzo metro #lugreensamort 😇
RispondiEliminaCaro Onorevole,
RispondiEliminase da un lato possiamo rallegrarci perché un progetto irrazionale e dannoso come il green deal si avvia verso il tramonto, dall'altro, i motivi che nella sua diretta intuisce ne siano la causa, credo che debbano essere origine di preoccupazione anche maggiore.
Se l'energia abbondante e a buon mercato è necessaria per alimentare data center e robot la quantità di posti di lavoro a rischio è enorme.
Se con l'euro la competizione al ribasso fra i lavoratori si ferma al livello della sopravvivenza perché anche gli schiavi vanno nutriti, nella competizione con le macchine il punto di arrivo è la morte.
In questo luogo dove si è usi guardare avanti mi chiedo se non sia il caso di riflettere anche su questo.
Cordialmente la saluto.
Che le gonadi del riscaldamento globalle si stessero sgonfiando lo si poteva dedurre anche dal trovarsi la trecciolina indignata sulle barche verso i paesi caldi. Ma si dirà: almeno stavolta per una causa nobile. Sì, ma il fattor comune resta sempre l'irriscattabile indignazione, rappresentata dalla faccia truce di quella che avanza denaro dall'inverno scorso. E ora che anche l'altra bolla s'è sgonfiata, almeno sembra, ci si chiede quale altra pippa …., oops pardon, quale altra urgente questione assillerà l'indignazione dell'indignata trecciolina? Ovvero quale altra nobile str..., accidenti!, alta questione verrà affrontata dagli scienziati scientifici televisivi, quelli che fanno vedere l'eruzione dei vulcani con la coca cola, e dai geologi loquaci? Poverini, staranno aspettando che gli venga al più presto comunicata la nuova linea editoriale; ma la strada che verrà intrapresa dalla trecciolina potrà essere un buon indizio, e loro lo sanno bene e si muoveranno in anticipo.
RispondiEliminaPeraltro, mai nessuno che unisca i puntini…
EliminaQuesto disinvolto " cambio di opinione " di un filibustiere del calibro di Bill Gates avviene ora perché ORA i FATTI glielo stanno imponendo.
RispondiEliminaPerché , se non si ha la forza di " farsi ragione " , l' aver "ragione prima" non serve a niente, come in un congresso post "crollo del muro" Pajetta spiegò ad una delegazione di ex- comunisti ungheresi epurati nel 1956 , dicendogli:
"Noi allora avevamo ragione e voi avevate torto ad avere ragione prima"
Sono venuto al primo goofy due anni fa e si diceva appunto che “lu grin sa muort” e adesso eccoci qua. Ora sono curioso di sentire al goofy14 ciò che il bill gates o UVA 🍇di turno diranno tra qualche anno
RispondiEliminaGrazie Alberto. Applausi! P.s.: il contesto era veramente deprimente, la scelta di mollarli è più che condivisibile.
RispondiEliminaC’era una sinistra aria di Jonestown. Questi sono veramente capaci di tutto…
Eliminahai presente i ricci, no? quelli che scopano e che godono...beh...eccomi che mi pascio dei loro imbarazzi...del loro guardarsi attorno....
RispondiEliminaPoteva mancare un tocco di complottismo?
RispondiEliminaTanto per cominciare non mi nominate il famoso ricchissimo sociopatico filantropo inventore delle finestre! (non riesco a nominarlo, tipo Nword!) Mi vengono sfoghi cutanei di origine psicosomatica.
Complottismo:
ma non viene in mente a nessuno che tutta la fuffa del green (p.s. in piemontese il grin è il maiale..) sia uno dei tanti sistemi per suicidare l'economia europea?
Gli USA se ne fottono della CO2, delle auto elettriche, del riscaldamento di mia nonna, la Cina o India non ne parliamo, resto del mondo: non pervenuto.
Gli unici abbelinati (ligurismo) che corrono dietro a questa narrativa siamo noi guidati dai soliti prodi condottieri al soldo USA.
Il sistema più efficace e economico per togliersi dai piedi il concorrente europeo: obbligarlo a suicidarsi.
Eppure doveva essere evidente a tutti che se abbiamo un green che ci fa dipendere di più dalla Cina, paese tra i più inquinanti anche pro capite, oltre ai disastri ambientali avremo anche quelli economici. Se lo eccepisci agli intelletualoidi di Sinisitra (i fan-Tozzi per intenderci) ti rispondono che va considerato l'inquinamento cumulato dalla rivoluzione industriale e quindi la Cina inquina meno. Quindi confidiamo su questo Governo propenso ad aumentare le importazioni di armi, anch'esse ritengo poco efficaci nel risanare l'ambiente e l'economia, molto nel far incaxxare Cina e Russia e invitarli a fare altrettanto, con la differenza che se le producono in proprio. Mi viene in mente il titolo di un vecchio film, "Se tutto va bene siamo rovinati". Lì almeno il finale era gradevole, qui non so...
RispondiEliminaQuesta propensione la vedi solo tu e chi ti manda.
EliminaVedo questa propensione perché le premesse ci sono tutte: impegno ad aumentare le spese per la difesa al 5% del PIL e forte dipendenza dall'estero, USA in particolare, in certi settori della difesa. Poi ti sorprenderò ma non mi manda nessuno, anzi un esponente del PD quando ha risposto ad alcuni miei commenti li ha iniziati con "voi della Lega".
EliminaSergio Giraldo, nel suo libro "Per non rimanere a piedi", sostiene che lo stop ai motori termici sia stato deciso dall’industria automobilistica tedesca come strategia post-Diesel Gate. Se ciò fosse vero (a pensare male si fa peccato, ma...), significherebbe che non si tratta di una decisione ispirata da “gretini/ecoscemi/grin”, ma da uno dei settori industriali più potenti d’Europa — e per ragioni eminentemente economiche.
RispondiEliminaÈ questo il grin che sarebbe morto? In altre parole, sarebbe finita quella prassi per cui chi ha molti soldi e molto potere non influenza più il mondo politico perché adotti politiche a lui favorevoli? O forse quegli stessi attori hanno semplicemente pensato bene che ci fossero altre “emergenze” su cui puntare, per continuare a fare esattamente la stessa cosa: perseguire i propri interessi particolari mentre si dice di agire per l’interesse generale?
Quel che dice Bill Gates non fa altro che confermare che stiamo assistendo a un cambiamento di prospettiva. Legioni di chierici, consulenti, influencer e lobbisti si stanno rapidamente riposizionando, facendo proprio il motto del Gattopardo: “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi.” E così si passa dalla decarbonizzazione al riarmo, dalla transizione alla dominanza energetica — senza neanche scomporsi troppo.
Ci sarebbe un piccolo dettaglio: l’ecologia, che in estrema sintesi significa curare l’ambiente in cui viviamo. Alcuni, come me, pensano che segare il ramo su cui siamo seduti non sia molto razionale, ma pare che siamo passati di moda visto che Bill Gates non la pensa più come noi. Mannaggia.
P.S. Nel libro di Giraldo ci sono molti argomenti condivisibili; tuttavia, credo che il titolo sia fuorviante. L’autore racconta come molto probabilmente rimarremo a piedi ma non cosa fare perché questo non accada. Questo non è solo un limite del libro ma anche di tutta la linea argomentativa di #lugrinsamort: si mette in evidenza l’inconsistenza e l’incoerenza delle cd “follie green” ma al momento di spiegare cosa si dovrebbe fare in alternativa si parla solo di maggiore” pragmatismo”. Nel caso della crisi dell’automotive europeo (e italiano in particolare) temo che questa non sia una risposta all’altezza del problema…
Carissimo, che il green deal Fosse una strategia del capitalismo tedesco per riconvertire con i soldi nostri il suo automotive non è esattamente una tesi di Sergio, che anzi in una prima fase ha cercato di starne lontano, perché La riteneva complottista (forse perché non poteva seguire da vicino come me i lavori dell’Europarlamento), ma poi, maturando il suo pensiero, vedo che ha deciso di sostenerla e questo mi fa molto piacere. Ma a parte la confessione del fatto che vi siete fatti strumentalizzare dal capitalismo e egemone, mi sfugge il senso complessivo del tuo commento. Qui il problema è molto semplice: le due transizioni, quella digitale e quella ecologica, come vi ho detto in altre circostanze, sono incompatibili, perché quella digitale è estremamente energivora. Tutto qua. Tutto prevedibile, se solo non si fosse alimentato il raccontino scemo del fatto che con girandole e pannelli avremmo risolto tutto senza produrre fumi di scarico. Dell’alimentazione di questo raccontino io non sono certamente responsabile, forse non lo sai neanche tu. In questo blog abbiamo sempre chiaramente evidenziato quali fosse il ruolo nella dinamica dei rapporti di classe dell’ecologismo: un ruolo fortemente regressivo, perché serviva a convincere il proletariato che i sacrifici che gli venivano chiesti erano fatti in nome di un interesse superiore, che con una mossa avventata e sciocca abbiamo perfino inserito in Costituzione (credo di non averlo votato). Il rispetto dell’ambiente non ha nulla a che fare con tutto ciò, e sta molto più a cuore a chi parte dal rispetto delle persone che a chi parte da visioni ideologiche di stampo sostanzialmente ottocentesco.
Eliminanon potevi dirlo meglio caro alberto 👏🏻
EliminaSe “il capitalismo egemone” ha strumentalizzato la decarbonizzazione, ora sta strumentalizzando il fatto che non sia più necessaria, questo è il senso del mio intervento. Mi sembra un quadro desolante, perché la nuova emergenza da strumentalizzare è il riarmo, al posto di “girandole e pannelli” ci saranno missili e carrarmati e i “sacrifici in nome di un interesse superiore” a pagarli saranno sempre gli stessi. Per chi ha a cuore certi temi e certi valori non è una sconfitta, è una sconfitta al cubo.
EliminaSta succedendo qualcosa che tu non avessi letto in questo blog?
EliminaCredo manchi un po’ di contesto, in questa critica di Massimo. La tesi dell’origine del Green Deal come reazione del blocco finanziario, industriale e politico tedesco al Dieselgate non è mia, ma di Alberto. Una tesi su cui ero inizialmente scettico, perché in astratto mi sembrava, più che un complotto, una esagerazione persino per i tedeschi. Li stavo sottovalutando, naturalmente.
EliminaPoiché per formazione faccio fatica a sposare formule preconfezionate (Alberto non me ne vorrà) ho ricostruito le vicende del Dieselgate, mettendomi indegnamente nei panni dello storico più che dell’analista o dell’editorialista.
Sono partito dal “perché l’auto elettrica?” e sono arrivato a ritroso al Green Deal come ecosistema normativo (dunque cogente) necessario per imporre l’auto a batteria, che non aveva un mercato.
Il che ha rafforzato ulteriormente (se ce ne fosse stato bisogno) la mia stima per Alberto e la sua straordinaria capacità di vedere con estrema chiarezza le cose prima degli altri.
Il Green Deal per me, fin dalle discussioni preliminari e fino a quel momento, era un tentativo di rivoluzionare l’industria tedesca, sì, ma senza uno stretto nesso consequenziale con l’automobile. Il mio ragionamento era un po’ più lasco, cioè la considerazione che esauriti i cicli di investimento del ‘900, legati a edilizia, infrastrutture e auto, fosse necessario per la Germania trovare un nuovo terreno di gioco per recuperare rendimenti interessanti per il capitale.
Il web e il digitale erano monopolio degli USA, l’industria di base era appaltata alla Cina e i tedeschi, senza molta fantasia, avevano pensato di dare una tinteggiata di verde al caro vecchio business che conoscevano molto bene. Questa era la mia ipotesi, che credo resti valida almeno in parte.
La connessione con il Dieselgate è invece più immediata a diretta e per me è pienamente convincente, avendo visto i documenti. Per molti non lo è e non lo sarà, e pazienza. Per qualcuno, semplicemente, i cinesi hanno corrotto i funzionari di Bruxelles. Io non credo a questa tesi, ma chissà, forse un pezzo di verità c’è anche lì. Forse invece i trolley partivano da Berlino verso Pechino? Chissà. Però il green poteva godere della spinta degli accordi di Parigi e questo sulla carta lo rendeva già molto attraente, come opportunità di creare mercati obbligatori.
In effetti, nel procedere della storia, questo non ha molta importanza. Conta il meccanismo, e il meccanismo è sempre il medesimo. Chi ha i mezzi influenza e orienta, chi non ha i mezzi è orientato. Ora il fantasma del green alligna mentre la Germania cerca nuove strade (il riarmo?), ma il motore di tutto resta sempre lo stesso: il conflitto distributivo. È a quello che occorre prestare orecchio.
Quanto all’ecologia, sorrido.
Il fatto che vi sia in Ue un regolamento che impone dal 2035 auto con emissioni zero allo scarico, e non emissioni zero nel ciclo di vita del prodotto (solo per fare un esempio), è indicativo del fatto che dell’ambiente importa nulla. La Ue non ha ancora selezionato una metodologia per il Life Cycle Assessment, ad esempio, e questo la dice lunghissima.
Giova anche ricordare che la CO2 non è un inquinante e che, ad esempio, il PM10 che ammorba tante città è per il 77% dovuto a pneumatici, freni, abrasione stradale e risospensione delle polveri (fonte: rapporto dell’EEA) e non ai combustibili. Dunque cambiare alimentazione non risolve il problema. Essendo le auto elettriche più pesanti, anzi, si va verso un aggravamento.
Seconda parte:
EliminaSottolineerei anche il fatto che nel Green Deal il trasporto pubblico non è per nulla al centro dell’attenzione. Eppure, cosa sarebbe meglio di un sistema di traporti collettivi funzionante, puntuale, moderno, sicuro e poi anche pulito? Ma il trasporto pubblico è spesa e investimenti pubblici, in primo luogo, e in secondo luogo un sistema di trasporto pubblico efficiente e attrattivo sottrae mercato all’automobile. Infatti si dice “facciamo i treni a idrogeno”, non “facciamo più treni” e nemmeno “facciamo più linee ferroviarie”. Perché l’approccio è tecnologico e industriale, non strutturale e sistemico (“ecologico”).
Dimostrazione? Le ferrovie tedesche sono in condizioni pietose. Eppure hanno tanti denari da spendere e sui biglietti del treno scrivevano quante emissioni di CO2 si evitano usando il treno al posto dell'automobile.
Infine, criticando il libro "Per non restare a piedi", Massimo dice: “si mette in evidenza l’inconsistenza e l’incoerenza delle cd “follie green” ma al momento di spiegare cosa si dovrebbe fare in alternativa si parla solo di maggiore” pragmatismo””.
Non direi. Non si tratta di avere soluzioni ad un problema, ma di interrogarsi per capire se quello è davvero un problema oppure no. Noi si sta un passo a monte. Per non restare a piedi (o con le tasche e la pancia vuota, o in una trincea al fronte), bisogna coltivare ed esercitare il senso critico. Il senso di quel piccolo libro, e in misura maggiore de L’impero minore (per quanto mi riguarda) è questo.
Cercare soluzioni ad un problema che non esiste è folle. È fare come l’ubriaco che di notte cerca le chiavi vicino al lampione, anche se le ha perse da un’altra parte. Sotto il lampione ci si vede bene, ma le chiavi non sono lì. Ciò che serve è dotarsi degli strumenti per capire che cosa sta succedendo davvero, diffidando sempre del racconto che viene propinato. C’è un aspetto di cui si tiene poco conto nelle discussioni su questo e su altri temi: la democrazia richiede ai cittadini un certo impegno. Se ci fosse un sistema dell’informazione funzionante, il dibattito pubblico sarebbe più ricco di sostanza, ma sappiamo che non è così. Dunque tocca a ciascuno di noi interrogare e interrogarsi, agendo ciascuno nel proprio piccolo (o grande) ambiente. Non ci sono soluzioni pronte e finite, perché non c’è una verità ultima e finale (lasciamo da parte la fede). Magari la soluzione ce l'ha Massimo, o un giorno l'avrà.
Rapporti di forza e compromesso sono i concetti chiave della democrazia. Io vorrei che i partiti tornassero ad essere quello che erano, cioè un corpo intermedio che dava una idea del mondo attraverso la discussione. Ma la politica è stata distrutta dall’alto perché si frappone all’esercizio del potere economico. Credo che la soluzione che un po’ tutti stiamo cercando sia in realtà una meta soluzione, e cioè il ritorno alla discussione politica attraverso un rafforzamento degli istituti democratici nazionali, primi fra tutti i partiti. Non come strutture burocratiche ma come luogo di scambio di idee, per risolvere i conflitti pacificamente. Io non dimentico che, ai tempi, una grande casa automobilistica tedesca non ha trovato di meglio che escogitare una truffa per vincere sul mercato. Ma non dimentico neppure che negli Stati Uniti qualcuno non ha trovato di meglio che prendere a fucilate gli avversari per vincere in politica.
No, ma questo non allevia la pena neanche di un milligrammo.
RispondiElimina...per farti capire che la storia delle regole viene da lontano e che la conosco a menadito: ti sei mai chiesto perchè, solo in Europa, le classi Euro delle auto hanno valori soglia per gli inquinanti che sono diversi per diesel e benzina? Chi era fortissimo sul diesel a quell'epoca?
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