Scusate, la risposta ai prodotti del metabolismo è ulteriormente ritardata. Ieri sono tornato a casa crepato dopo una giornata di sedute e incontri, e ho dormito dalle 21 alle 7, ora sto preparando slides per Venosa, che per me è soprattutto cromatismo espressionista:
ma effettivamente sarebbe anche un culmine del classicismo. Tutta roba comunque che all'estero non hanno (avuto). Comunque, in attesa della mia risposta, i prodotti del metabolismo hanno avuto quella della cronaca, cioè dell'agenzia del loro regime (non del mio), che purtroppo li smentisce:
Strano, eh?
Mica tanto, in effetti...
Ma dato che oggi sono di slides (in quindici anni di dibattito pubblico, che parlassi a braccio o che preparassi un discorso, non sono mai riuscito a riciclare nulla, per il semplice motivo che visto che chi mi ascolta comunque non mi capisce, ho preferito utilizzare queste occasioni per provare a capire qualcosa io, studiando...), volevo condividere con voi una cosa che era sotto i miei occhi, e che non avevo mai visto. Questa:
Per i diversamente vedenti, sottolineo che quello che non avevo mai realizzato era questo:
Nel nostro (mio, me ne prendo la responsabilità) discorso abbiamo sempre concettualizzato l'austerità come la correzione di uno squilibrio di flusso, come uno sforzo per riportare sui valori positivi in cui si trovava attorno al 1996 (prima che iniziasse il percorso verso l'euro) il saldo delle partite correnti, cioè l'indebitamento estero netto (barre azzurre), che si era andato deteriorando fino a raggiungere un minimo intorno al 2010 (freccia verde). In effetti, se invece consideriamo lo stock, cioè la posizione finanziaria netta sull'estero (spezzata rossa), si vedono due cose: la prima è che lo squilibrio, cioè il progressivo accumularsi di debito estero netto, è in effetti qualcosa che comincia da molto prima. Il massimo della posizione netta sull'estero è stato raggiunto nel 1980 all'8% (nel 2023 eravamo quasi lì: 7.5%) e il progressivo deterioramento era andato avanti per oltre trent'anni, fino al -23.2% del 2013 (quindi non per un quindicennio: per il doppio di un quindicennio). Ne consegue (ed è questa la seconda cosa che volevo segnalarvi) che l'austerità nei fatti è stata chiamata a correggere uno squilibrio di stock molto più grave e risalente di quello che appare dai dati di flusso. Questa analisi quadra con quello che vediamo nel famoso grafico della sconfitta (presentato qui):
Se infatti accostiamo lo scostamento del tendenziale (in verde) all'evoluzione delle partite correnti non vediamo particolari ragioni per il disastro che dalla B di Bagnai ci ha portato alla D di depressione anziché alla C di crescita:
All'inizio degli anni '90, ad esempio, c'era stata una correzione degli squilibri di flusso di entità simile (le barre azzurre erano tornate positive) senza bisogno di uccidere il Pil. Se invece confrontiamo lo scostamento dal tendenziale con gli squilibri di stock il quadro è diverso:
e in effetti l'entità epocale dello scostamento dal tendenziale è abbastanza in linea con l'entità epocale della correzione dello squilibrio di stock (le barre rosse che tornano in territorio positivo).
Possiamo anche metterla in un altro modo, che forse ci può aiutare a capire. La flessibilità del cambio ci ha aiutato a correggere (senza farci troppo male) il saldo delle partite correnti, ma non ci ha impedito di accumulare comunque una posizione netta sull'estero negativa. Ovviamente questo racconto va circostanziato, possibilmente non con osservazioni idiote del tipo: "Ma la correzione dello squilibrio di stock inizia alle 13 del 14 febbraio 2014 mentre lo scostamento del Pil dal tendenziale alle 14 del 13 febbraio 2012!" (se un terremoto è di magnitudo 8 quello che c'è dopo la virgola non interessa nemmeno ai sopravvissuti), o con il grande classico "correlazione non significa causazione!" (non sto - ancora - parlando di nessi causali). Quella che propongo è dichiaratamente una rappresentazione suggestiva di un fatto stilizzato, il cui principale messaggio è farci capire l'entità dello stress che il Paese ha subito nel lodabile empito di rimborsare in tutta fretta i propri creditori esteri.
Poi si può entrare nei dettagli, cosa che vi lascio fare volentieri, perché ora devo guidare per quattro ore...
(...mi sa che questa slide a Venosa non la faccio vedere...)
Tempi diversi : Cina dentro o fuori WTO . L' euro è il calice ma il veleno è la Cina .
RispondiEliminaMah... sarà... ma l'entrata della Cina nel WTO data dall'inizio del secolo, cioè è quasi a metà di questo grafico.
Eliminala prova provata che una valuta sovrana è in rapporto diretto ed aiuta in maniera sostanziale a correggere gli squilibri macroeconomici
RispondiEliminaMa ha visto cosa succede in Iran... Il nucleare è più importante di quanto si pensi negli equilibri regionali e anche a noi serve. Anche qui la sx per anni ha fermato sempre tutto. Per non dire un esercito che ci tuteli e anche qui la sx ha sempre fatto la pacifista (tranne ora che la Germania è in difficoltà) e soprattutto con tutte queste guerre regionali noi siamo ancora a dire "oddio non possiamo fare i respingimenti" mentre il Mediterraneo è un calderone hahah sembra la fine dell impero romano d'oriente dove mentre stava per crollare nelle corti si disquisiva sul sesso degli angeli...
RispondiEliminaIl link "li smentisce" porta ad una pagina che non c'è
RispondiEliminaGrazie Mario, corretto e inserito (a ogni buon conto) screenshot.
EliminaSarebbe da indagare il ruolo del tasso di cambio nell'evoluzione della NIIP perché, sperando di non dire un'inesattezza, una svalutazione del cambio dovrebbe teoricamente favorire l'aggiustamento della posizione sull'estero non solo in termini di flussi (maggiore competitività di prezzo) ma anche in termini di stock perché dopo la svalutazione gli asset dei residenti sull'estero si rivalutano a parità di altre condizioni (se ho un titolo americano da 100 dollari e il dollaro si rivaluta quello stesso titolo varrà di più in termini di euro o lire) mentre le passività, essendo presumo in gran parte nel caso dell'Italia denominate in valuta nazionale, rimangono invariate.
RispondiEliminaE in tal senso qualcosa di questo tipo lo si vede nel post 1992, anche se quella riduzione della NIIP si arrestò nel 1996 nonostante l'Italia avesse continuato poi a registrare surplus di partite correnti per ancora qualche anno.
Il terzo grafico (Chart 3) che si trova a questo link https://www.ecb.europa.eu/press/stats/bop/2025/html/ecb.bq250404~3a3bb7d212.en.html scompone le variazioni della NIIP dell'area euro in base ai diversi tipi di flussi (tra cui gli effetti del cambio e altri effetti di prezzo) e sotto al grafico c'è un link che rimanda ai dati, che però partono solo dal 2013. La cosa interessante, anche se qui si parla più in generale di eurozona e non di Italia, è che in effetti c'è una correlazione tra le rivalutazioni della NIIP dovute a variazioni dei tassi di cambio e la dinamica del cambio euro-dollaro e quindi quando il dollaro si rivaluta contro l'euro (cosa che succede dal 2008) la NIIP migliora. Però va detto che la variazione cumulata della NIIP su questo periodo di 12 anni è in grandissima parte spiegata dalla voce "transazioni", che appunto dovrebbe essere il saldo delle partite correnti (o forse, per la precisione, il saldo delle partite correnti più il saldo del conto capitale, che rappresentano l'accreditamento o indebitamento verso l'estero del periodo).
Immagino che questa tendenza che vale per l'eurozona valga anche per l'Italia e quindi sì, l'aggiustamento a livello di flussi è stato così forte e prolungato che siamo arrivati ad avere una posizione netta sull'estero che non si vedeva da decenni o che forse mai si è vista da quando ci sono questi dati visto che a fine 2024 dovremmo aver superato il 15% del PIL. Ci siamo, o ci hanno, "Germanizzati".
non so se una variazione del tasso di cambio così "controllata" possa incidere così tanto sul NIIP... stiamo parlando di un'oscillazione di meno di un quarto di punto dai tempi della parità del luglio 2002, se non erro. Chissà negli altri paesi UE extra eurosistema
EliminaCerto certo, i dati dal 2013 in poi (più remoti non credo ce ne siano) dicono che la variazione della NIIP dell'Eurozona (che è stata ovviamente una variazione in aumento) da allora è in gran parte ascrivibile alle partite correnti di bilancia dei pagamenti, l'effetto del cambio (non solo verso dollaro ovviamente ma verso tutte le altre valute) è abbastanza contenuto, sebbene sia positivo, e immagino che per l'Italia il fenomeno sia simile (se non sbaglio su Eurostat dovrebbero esserci i dati sulla scomposizione della variazione della NIIP anche per i singoli Paesi, tra cui ovviamente l'Italia).
EliminaLa cosa che secondo me sarebbe potuta essere interessante era confrontare queste dinamiche del post 2011 a quelle del post 1992, solo che per quest'ultimo episodio abbiamo solo i dati sulla NIIP e basta, senza la scomposizione della sua variazione secondo i vari effetti (effetto prezzi e effetto cambio, oltre che partite correnti).
Scusate, qui dobbiamo fare un approfondimento tecnico a base di BoP Manual. Quello che però mi premeva mostrare è che l'aggiustamento strutturale determinato dall'austerità forse è più grande di come lo avessimo concettualizzato finora.
EliminaPraticamente la PNE è in discesa da quando siamo entrati nello SME. Due anni dopo per esattezza, ma già la crescita del 1980 risulta più debole degli anni precedenti. La risalita post 1992 me la spiego con la forte svalutazione e il successivo crollo post 1996 con la "credibilità" dei cambi obiettivo decisi in quel periodo. La risalita del 1999 non me la spiego ma il successivo crollo è imputabile all'euro, come sappiamo. Poi c'è la risalita post austerità che conosciamo bene.
RispondiEliminaSì, la storia è questa. Un regime di cambio perfettamente fluttuante non lo abbiamo avuto praticamente mai, e i fatti che evidenzi sono molto plausibili.
EliminaHo imparato da un professore di provincia ;)
EliminaQui lo scambio di lettere tra Andreatta e Ciampi, ossia l’accordo di divorzio :
RispondiEliminahttps://canalesovranista.altervista.org/wp-content/uploads/2020/08/Divorzio-Banca-dItalia-Tesoro-1981-Andreatta-Ciampi-lettere.pdf
Pensavo proprio questo guardando il grafico. La correlazione con il divorzio (almeno temporale) è evidente. Che sia anche causale oltre che temporale?
EliminaIeri, dopo rapida lettura, stavo per commentare così, poi ho voluto attendere che il divorzio lo citasse qualcuno più esperto...
Elimina"Non è che ci si possano vedere, combinati, gli effetti dei soliti due danni, quello degli anni '80, che ha reso più difficile correggere l'andamento dello stock con quello del flusso, e quello di fine secolo che ha reso impossibile correggere il flusso senza versare sangue?"
Proviamo a interpretare. Stabilità (alti e bassi corretti dal cambio) fino a inizi anni 80. Poi crollo per un duplice effetto: tassi di interessi molto elevati per attrarre anche capitali esteri (acquisti di titoli di Stato) e progressiva perdita di competitività delle aziende italiane (meno export). Boccata di ossigeno durante la svalutazione del '92. Poi dal '96 si riparte fino al 1999. Boccata di ossigeno sugli interessi per la valuta unica, poi si riprende (stavolta solo tassi di interesse elevati per attrarre capitali anche esteri e crollo del PIL per la concorrenza sleale subita dalle nostre imprese per il cambio sfavorevole e più alti tassi di interesse e/o maggiore difficoltà di accesso al credito bancario). Poi con la flessibilità e riduzione dei salari, si ricomincia a salire (si diventa più competitivi per la riduzione dei salari piuttosto che con gli investimenti che non possiamo permetterci). Interessi calmierati grazie ai QE, salari ancora più bassi per effetto dell'inflazione aumentata e siamo arrivati ai livelli attuali: diventiamo perfino creditori con l'estero poiché abbiamo "cinesizzato" gli operai. Anche i guai di altri Paesi una volta considerati molto più affidabili di noi (Germania, Francia e Stati Uniti) ha contribuito a rendere più appetibili i nostri titoli, graditi anche dagli italiani dopo tante "sòle" prese con i fondi comuni di investimento e investimenti esteri in genere. Ora cosa ci attende?
RispondiEliminaNon lo so, però so che negli anni '80 la percentuale di debito in mano a investitori esteri era molto contenuta, attorno al 10-15% (vado a memoria ma se interessa recupero i dati, sono nella mia tesi di dottorato), e quindi se è senz'altro corretto affermare che l'importazione di capitali fu promossa dai tassi di interesse elevati, è dubbio che sia avvenuta tramite collocamento estero di titoli del debito pubblico.
EliminaSo che non è pertinente con il post , chiedo scusa, ma sono molto interessata all' indagine conoscitiva della commissione parlamentare che presiede. Non capisco perché venga analizzato il tipo di investimenti dei PIP del Ramo I e III, quando il focus dovrebbe essere su quelli del Ramo VI. O forse non ho capito qualcosa. Grazie a chi vorrà rispondere.
RispondiEliminaMagari su questo facciamo quanto prima un post specifico. Il rapporto viene presentato l'8 luglio a Roma e mi piacerebbe prima parlarne con voi.
EliminaGrazie infinite. 🙏
EliminaMi chiedevo se ci sono dei dati relativi ai salari pagati che facciano vedere, a fronte della crescita delle ore lavorate, quanti "soldi" in più sono stati messi in tasca ai lavoratori (e dunque quale sia l'effetto benefico, quanto meno potenziale, dell'aumento di occupazione sulla domanda interna?). Lo chiedo perché ultimamente noto che la tendenza sempre più marcata del mercato del lavoro (quanto meno nei servizi) è nel senso sostituire figure senior con figure junior (anche per funzioni che oggettivamente richiederebbero esperienza maggiore), al solo e unico scopo di tagliare i costi. E allora mi chiedevo se c'era qualche modo affidabile di capire in che misura la crescita delle ore lavorate si traduce in aumento del potere di acquisto della domanda di beni e servizi da parte dei lavoratori. Altrimenti finisce davvero che i lavoratori in più servono anch'essi prevalentemente ... per pagare i creditori esteri.
RispondiEliminaQualcuno diceva che la chiave è nei dettagli e a proposito di dettagli a me non smette di risuonare nella testa una specie di mantra: "There is no financial crisis so deep thata sufficiently large tax cut or spending increase can not deal with it".
RispondiEliminaTempo fa, stavo ascoltando un telegiornale italiano che parlava della crescita del Pil dell'eurozona. Si esaltava il fatto che,nel 2024,la crescita fosse stata dello 0,9%.Avevo in mano una rivista americana, che discuteva della stessa notizia, per la quale crescere dello 0,9% è un risultato deludente, visto che gli americani sono abituati a crescere del 2,5-3% annuo. Riflettendo su questo divario, sono giunto alla conclusione per la quale l’Europa tutta si trova in un grande circolo vizioso, per il quale le persone non “avvertono” le dimensioni del crollo che hanno subito dal punto di vista economico: una volta che il tuo paese(o l’intero continente) per anni sta in recessione, anche crescere dello 0,9% appare come una “grande crescita” poiché anche gli stessi parametri di giudizio, con cui la popolazione giudica l’andamento macroeconomico, sono molto peggiorati . Questo fa in modo che la crescita del Pil dell’eurozona , che è stata solo dello 0,9% nel 2025, sia percepita come ottimale e ciò distorce la visione che molti europeisti hanno del ruolo dell’eurozona nell’economia globale.In pratica, non è crollata solo l’economia ma anche i parametri con cui giudichiamo l’andamento macroeconomico dei paesi dell’Eurozona. P.s. Non è una critica al governo, bensì alla propaganda europeista.
RispondiEliminaGrazie Alberto del lavoro di approfondimento della situazione debiti/crediti Esteri. D'altra parte è da questo settore che, nei momenti di forte tensione dei settori finanziari si determinano i "sudden stop" che provocano i forti movimenti in uscita o in entrata che fanno decollare o precipitare i prezzi dei titoli di stato.
RispondiEliminaTi chiedo una tua verifica sui dati del rapporto Debito Pubblico /GDP. Mi spiego. Volendo confrontare il rapporto DEB PUB/GDP su paesi EU ed extra EU (USA e UK), sono andatato sul data Base OECD. Mentre costruivo il grafico dal foglio xls estratto, ho notato, analizzando gli andamenti trimestrali dal 2000 a fine 2024, una significativa discrepanza dra i dati riportati dal db OECD e dal db Eurostat su Spagna e Francia. Mi spiego, prendendo il dato del III Trim 2024 ultimo disponibile per tutti e 4 i grandi paesi Area Euro.
Italia Eurostat=136,2% OECD=136,3%
Germania Eurostat=62,4% OECD=62,4%
Francia Eurostat=113,1% OECD=123,4%
Spagna Eurostat=104,4% OECD=112,35
Italia e Germania fanno registrare valori simili o uguali in Eurostat e OECD, mentre Spagna e Francia anno, secondo Eurostat, valori molti inferiori a quelli riportati da OECD.
Per entrami i data base ho selezionato il dato del Government consolidated gross debt visto come Percentage of gross domestic product (GDP).
Come si spiega questa divergenza su 2 stati e, invece, la quasi totale similarietà sugli altri 2?