giovedì 19 giugno 2025

Miran vs Obstfeld

Il lavoro di Miran è qui, quello di Obstfeld qui. Meritano entrambi un’attenta lettura, nella quale cercherò di assistervi. Il secondo critica il primo, con argomenti fondati, e nel farlo fornisce un’algebra utile per interpretare i trend che abbiamo descritto qui e rispondere alle domande che si poneva ad esempio Simo97 qui.

(…io però ci dormo sopra. Sono a Milano sfasciato dal caldo, domani assisto nel mio ruolo istituzionale all’incontro della CONSOB coi mercati, e poi me ne torno giù, facendo tappa a Roma prima di salire dove si respira…)

14 commenti:

  1. Scusi prof, ma la guerra in Iran nessuno sa come si evolverá, forse e solo per smantellare le capacita nucleari di theran, o forse durera anni... Venendo al punto, quanto incide sulla nostra economia? C'è solo aumento dei prezzi del greggio o anche qualche brutta ricaduta? Dinnanzi a questa emergenza facciamo ancora i compitini?

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    1. Già il fatto che Merz si sia esposto facendo quella abominevole dichiarazione, dovrebbe dirla lunga...

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  2. Obstfeld? Il nome non mi è nuovo. Non era l'autore di quello studio sulla moneta unica poi commentato criticamente da Alesina?

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    1. Certo. Però è un economista assennato. Dagli un’occhiata. Poi ne parliamo. Oggi comunque la relazione di Savona conteneva un passaggio su cui volevo sollecitarvi.

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    2. Un discorso ricco di spunti. A me hanno sorpreso in particolare questi passaggi: "Se gli Stati Uniti e la Cina non aderissero a un generale disegno di riforma monetaria internazionale, l'eurosistema potrebbe e dovrebbe fungere da naturale laboratorio sperimentale..." e anche: "trasformare l'euro in una moneta as good as gold..."

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    3. In realtà il passaggio che mi ha colpito è un altro, ma anche questi sono notevoli.

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    4. AhAh "l' €uro che sarebbe "oro" ( mentre il nostro oro è "altrove"😎)
      E' da un paio di secoli ( e di sicuro almeno da Bretton Wood) che tutte le "monete" sono "fiat" il cui unico sottostante è:
      o una grande capacità di produrre beni&servizi del valore ad essa "attribuito" creandola
      o un grande "randello" con cui imporne "lo spaccio" in cambio di beni&servizi altrui ( direi beni , soprattutto😎)

      Ora , forse Savona lo saprà , ma a me sfugge in quale categoria si inserirebbe il suo €uro "as good as gold" 😁

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  3. Leggerò con interesse una sua eventuale lettura critica di questi 2 paper, che a quanto comprendo rappresentano le due posizioni opposte sul tema.

    Del resto, leggo che Obstfeld (che cita Giavazzi nel paper...) è stato capo dei consiglieri economici di Obama.

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    1. Sull'ideologizzazione di Obstfeld non ci sono dubbi, però è bravo.

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    2. Da quel poco che ho letto, velocemente, mi pare che proponga, oltre a una tassa sui capitali in entrata, anche il consolidamento fiscale. Che originalità. Ho capito male?

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    3. Mi sembra meno perentorio in questo senso, o meglio, non mi sembra che predichi l'austerità. Definisce come "mito" una delle narrazioni che vedrebbero gli stati uniti in balia dei mercantilisti del mondo come giustificazione ai dazi. Mi sembra dica "non è vero che solo i dazi hanno un impatto sul deficit, anzi ce l'hanno poco, e se fai grossi deficit di bilancio è inevitabile che le esportazioni aumentino". Poi, politicamente è schierato, e sappiamo che lo è dalla parte che ritiene sia sempre meglio aggiustare i salari, però mi sembra molto più aperto, come dici tu, a un minimo di controllo dei capitali. Che è già tanta roba se arriva da un amichetto di Giavazzi. Se pure loro cominciano a ventilare la possibilità di farlo, dobbiamo tenere gli occhi e le orecchie bene aperte. E anche le chiappe ben strette, perché sappiamo quanto il PUDE sia capace di lubrificare l'arnese con dichiarazioni apparentemente ragionevoli (vedi UVA).

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  4. Grazie per le indicazioni Onorevole. Il lavoro di Miran lo avevo già presente perché ce lo aveva più volte suggerito, ma dato che non lo avevo ancora letto ne ho approfittato per farlo in questi giorni e poi ho letto anche il lavoro di Obstfeld di cui invece non ero a conoscenza.
    Penso si tratti di tematiche molto ampie e complesse, su cui ci sarebbero tante cose da dire, chiedere e approfondire ma in un commento non è certo facile e oltretutto dovrei probabilmente leggermeli un'altra volta per mettere insieme il tutto in modo quanto possibile rigoroso e chiaro.
    Mi limito solo a sollevare un aspetto che penso possa essere utile perché in parte affine a un tema di cui sentiamo spesso parlare negli ultimi tempi a livello di UE, ossia l'unione dei mercati dei capitali: c'è come di frequente succede un tema di endogeneità, vale a dire due variabili o fenomeni hanno una certa correlazione ma è difficile stabilire in che senso vada il rapporto causa-effetto e nel caso in cui, come probabilmente è, il rapporto causale sia bidirezionale quale delle due direzioni prevalga. Quindi, il deficit estero americano è frutto di politiche commerciali da parte di altri Paesi, che finiscono per essere in surplus verso gli USA, oppure è il risultato di una spesa per consumi e investimenti interni da parte degli USA troppo forte che li spinge in deficit? e in tutto questo qual è il ruolo della domanda da parte del settore ufficiale estero di asset di riserva denominati in dollari sul valore del dollaro stesso e quindi sulla competitività di prezzo delle imprese manifatturiere degli Stati Uniti?
    Ho parlato dell'unione dei mercati dei capitali perché a me pare che la narrazione che viene portata avanti in sede UE sia quella secondo cui noi eurozona non siamo in surplus verso gli USA perché abbiamo compresso la nostra domanda interna ma lo siamo perché il nostro risparmio finisce negli USA per migliori opportunità di investimento, mercati finanziari più liquidi, rendimenti corretti per il rischio più invitanti, ecc. e da questo nascerebbe il nostro surplus. Quindi, S-I = X-M ma vedendolo da sinistra verso destra, ossia l'eccesso di risparmio rispetto agli investimenti interni ci rende strutturalmente in surplus estero e quindi bisognerebbe riformare l'infrastruttura finanziaria dell'UE per evitare ciò. Ora, chiaramente mi verrebbe da dire che l'eurozona è finita in surplus verso l'estero dopo la crisi del 2008, con i Paesi cosiddetti periferici dell'eurozona che sono passati da fortissimi deficit a deficit molto più contenuti se non a surplus esteri, unendosi al già fortissimo surplus della Germania, e quindi questa cronologia degli eventi fa più pensare che l'origine di quel surplus sia appunto nelle politiche fiscali e salariali attuate a livello di eurozona nel rispondere a quella crisi, a causa dell'appartenenza a una unione monetaria, che non ad altro.
    Però ecco, senza voler giungere alla conclusione che la storia dell'eurozona e di alcune economie asiatiche come la Cina rispetto agli USA sia la stessa o anche solo simile, mi sono venuti in mente alcuni possibile parallelismi anche solo da un punto di vista metodologico di lettura e interpretazione di certi dati e dinamiche macroeconomiche. Non so se questo mio commento potrà invogliare riflessioni, spunti o risposte (che eventualmente correggano anche mie inesattezze se ne ho scritte) a riguardo da parte di lei o di altri lettori.
    Buona domenica.

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  5. La cosa che ho notato io nel (ri)leggere il lavoro di Miran è "it is still far from such a [Triffin's] tipping point, in part because there are no meaningful alternatives to the dollar or the UST. [...] And while Europe may, its bond markets are fragmented relative to the UST market" (p. 7).
    Gli Eurobond come vendutici dalle forze occupanti dovrebbero appunto essere questo bondone leuropeone capace di sostituire il $ come valuta globale di riserva: è forse questa la soluzione alla "Questione €uropea"? Se l'obiettivo di Trumpone è conservare la valuta di riserva e risolvere il dilemma di Triffin, scaricare il dilemma ad un vassallo potrebbe essere una soluzione interessante.
    Miran aggiunge "and [Europe's] share of global GDP has shrunk even more than America’s" ma Miran credeva anche che non si dovesse fare una guerra daziaria unilaterale.

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  6. la mia opinione è che ne Miran (che insiste sulla calibrazione delle politiche commerciali verso estero) nè Obstfeld (che invece predilige aggiustamenti delle politiche fiscali endogene), affrontino proficuamente il tema della politica valutaria, ammonendo solo sui potenziali rischi di una rimodulazione dei tassi, di una modifica dei rapporti di cambio con le altre valute o di eventuali azioni sui creditori esteri del debito americano. Tanto rumore per nulla nè dall'una nè dall'altra parte, a mio avviso. Probabilmente l'idea di Trump è quella di rilanciare il sistema economico americano incrementando la produzione ma avendo la finanza valutaria come strumento per creare valore, gestire i rischi e orientare le decisioni, un pò come fanno i grandi gruppi multinazionali

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