Chi arriva ora a conoscere questo blog ha difficoltà a rendersi conto di quale patrimonio di conoscenze e di esperienze esso abbia contribuito a condividere. Quando sento certi interventi di gentili interlocutori vagamente assimilabili alla categoria degli "esperti", ho compassione di loro, se immagino cosa ne possano pensare quelli che, lungo sette anni, hanno condiviso questo percorso che i media, quando non si sono limitati a ignorare, hanno squadristicamente diffamato. Ma la tenacia, la perseveranza, e la logica degli argomenti, pagano, e ora siamo qui.
Voi, che avete seguito fin dall'inizio, o avete avuto l'umiltà di recuperare il terreno perduto, siete, in termini concettuali, molto, ma molto, più avanti di tanti improvvisati commentatori. Ad esempio, voi avete avuto, in questo blog, più di una opportunità di approfondire il tema della dinamica del rapporto debito/Pil, ad esempio quando abbiamo parlato dell'aritmetica del debito pubblico, o quando abbiamo analizzato l'aritmetica del trattato di Maastricht. Non sto a rifarvi tutto il discorso. Chi desidera, ha i link per approfondire. Quello che mi preme dirvi qui è una cosa molto semplice.
L'espressione matematica del saldo di bilancio che stabilizza il rapporto debito/Pil è la formula (7) di questo post, che riporto qui per vostra comodità:
dove gamma è il tasso di crescita nominale, e d(t-1) il rapporto debito/Pil a inizio anno (cioè alla fine del precedente anno t-1). Naturalmente, se in un dato anno il fabbisogno sarà superiore al valore che stabilizza il
rapporto debito/Pil, quest'ultimo crescerà. Se sarà inferiore, il
rapporto debito/Pil diminuirà.
Per calcolare quale sia il fabbisogno che stabilizzerà il rapporto debito/Pil nel 2019 abbiamo bisogno di due valori, entrambi ignoti nel 2018 (cioè oggi): il valore del rapporto debito/Pil a fine anno 2018, e la crescita nominale durante l'anno 2019. Ripeto: entrambi questi dati sono ignoti ad oggi, e quindi bisogna procedere per ipotesi.
Non so, perché non l'ho letta, quali siano le ipotesi che la NADEF fa su queste variabili.
Per avere un ordine di grandezza, prendo le ipotesi del FMI.
Il rapporto debito/Pil alla fine di quest'anno era stimato al 129,7% del Pil quando il rapporto di fine 2017 era stimato a 131,4% nel World Economic Outlook di aprile. Abbiamo poi visto che le stime più recenti del dato 2017 lo danno al 131,2% (per inciso, notate come per uno strano "errore" il titolo, che è quello che tutti leggono, indichi il valore - sbagliato al rialzo - di 131,8%: l'allergia ai dati corretti prevale sul feticismo per i decimali!). Diciamo quindi che se ci teniamo un rapporto debito/Pil 2018 (cioè un d(t-1)) al 129,7% stiamo facendo un'ipotesi relativamente prudenziale (anche se la crescita è in diminuzione).
Quanto alla crescita del Pil nominale (cioè alla crescita al lordo dell'inflazione), il World Economic Outlook di aprile la dava al 2,5% (più esattamente, al 2,46%), di cui l'1,13% di crescita reale, e il resto (circa 1,4%) di inflazione. I successivi aggiornamenti hanno rivisto al ribasso la crescita reale di circa un decimo di punto percentuale. Diciamo che se ipotizziamo una crescita reale dell'1%, possiamo contare su una crescita nominale del 2,4%.
Applichiamo allora la formula (7) per vedere il valore del rapporto fabbisogno/Pil che stabilizza il rapporto debito/Pil:
Per un casuale concorso di circostanze, nel 2019 il rapporto debito/Pil italiano sarebbe stabilizzato da un rapporto deficit/Pil compatibile con la regola di Maastricht (che infatti nessuno ha detto di voler violare). Ora, chiedo ai cortesi operatori informativi (e a tutti voi fratelli) un altro piccolo sforzo: secondo voi, 2,4 è maggiore o minore di 3?
Bravi!
In effetti è minore di 3. E quindi? E quindi questo significa che l'impostazione del DEF prevede che l'anno prossimo (e, in effetti, anche gli anni successivi) il rapporto debito/Pil dell'Italia diminuirà.
Capito?
Ultimo sforzo. Vi segnalo due commenti. Secondo me, uno dei due commentatori non conosce le basi dell'aritmetica del debito:
Lascio a voi giudicare chi sia. Ovviamente non c'è nulla di male a non essere alfabetizzati economicamente. L'economia è fatta di numeri, e di relazioni fra numeri, di equazioni, che parlano un linguaggio univoco. 1+1=2, non "at best 2". Una cosa è l'incertezza del dato, e l'altra l'incertezza della relazione. Se mi dite che vi aspettate che l'Italia cresca allo 0,5% in termini reali (1,9% in termini nominali), allora, certo, i conti vanno rifatti. Ma se l'ipotesi è una crescita nominale al 2,5%, allora un deficit/Pil al 2,4% è inferiore al valore stabilizzante e determinerà una diminuzione del rapporto debito/Pil. Peraltro, mi piace ricordarlo a informatori, commentatori e analisti che si fossero messi in contatto con la realtà in questo momento, in Italia questo rapporto è sceso dal 116,3% del 1996 al 99,7% del 2007 in un periodo in cui il rapporto deficit/Pil è stato, in media, del 3,2% (i dati sono quelli del World Economic Outlook, per chi giustamente non si fida).
Lo psicodramma cui stiamo assistendo non ha quindi alcuna ragione d'essere, se non quella di tentare di indebolire politicamente la maggioranza di governo. Un tentativo eroico, destinato a fallire.
Ma va bene così.
Certo, ci vorrebbe un po' di responsabilità, quando con le proprie parole si possono (cioè si vogliono) influenzare i mercati. Ma questo è un altro discorso. Le dichiarazioni che vengono dall'Europa, e in particolare da Moscovici, danno invece prova di senso responsabilità, e questo è quel che conta. Il progetto europeo è un progetto politico, non economico, ed è dalla politica, non dai decimali, che dipendono la sua sostenibilità e la sua evoluzione.
(...buon divertimento...)