mercoledì 9 maggio 2018

Risorse, allocazione, e cretini

(...eggnente! La discussione sotto al post precedente è una plastica dimostrazione di come l'antipolitica abbia avvelenato i pozzi della democrazia, e soprattutto del perché lo ha fatto: per permettere al potere, al deep state, di continuare a fare i propri interessi, che non sono i nostri, mentre le allodole, che sono polli, vengono distratte dal classico specchietto. Ma va bene così. I numeri dicono che questo progetto politico distruttivo attira molto consenso: quindi con questo progetto politico occorrerà trovare una mediazione. Se ci si crede, la democrazia funziona così. Non è però di questo che volevo parlarvi oggi. Volevo solo sottoporvi una breve riflessione sulla prevalenza del cretino nel dibattito odierno...)


Uno dei problemi centrali dell'analisi economica è quello della corretta allocazione delle risorse produttive, o meglio, dei fattori di produzione (termine più tecnico, e meno urticante di "risorse", dato l'abuso cialtronesco che di quest'ultimo vocabolo è stato fatto nel dibattito recente). Si tratta, in sostanza, di trovare una risposta alla domanda "quanto capitale e quanto lavoro va destinato alla produzione del bene X?" Lo scopo del gioco, naturalmente, deve essere quello di soddisfare i bisogni collettivi nel modo più efficiente. E già a questo punto siamo su una china scivolosissima, perché ci sarebbe da capire come i bisogni di una collettività possano ragionevolmente essere definiti, e cosa si intenda esattamente per efficienza. Tuttavia, su questo non vorrei addentrarmi: per chi volesse approfondire, ricordando che questo blog, a differenza di altri, non è un bar, ci sono i manuali, e uno che va bene qui, come nel Regno Unito, come in Cina, è quello di Acocella (è un "tubettodidentifricista", ma è veramente una brava persona; peraltro, votare serve: pare che dopo abbia cominciato anche lui a porsi in modo più serio quelle domande alle quali, quando gliele ponevo io, non mi sembrava volesse sforzarsi di rispondere: ma un conto è se una cosa la chiede un collega, e un conto se la chiedono milioni di elettori). Tralascio quindi il problema insolubile di come si determinino i bisogni collettivi e di come si misuri l'efficienza (mi limito a farvi notare che il primo problema, ovviamente, è strettamente connesso a quello di come costituire un governo...), e do per scontato ciò che scontato non è, ovvero che sia perfettamente noto cosa deve essere prodotto per soddisfare i bisogni collettivi, o, in alternativa, che ci sia un modo per valutare se una determinata allocazione di risorse, pardon: fattori (capitale e lavoro, non schiavi) è comunque "ottimale".

Posto che lo si sappia, resta il problema di come realizzarla.

Anche questo problema non è facile da risolvere, e forse non è mai stato, né mai sarà, compiutamente risolto, ma mi interessa qui farvi vedere quali sono, tagliando con l'accetta, i due sistemi che negli ultimi due secoli abbiamo messo alla prova. Premetto che ve ne darò una rappresentazione ideale, assoluta, e quindi caricaturale e irrealistica, perché nella realtà né queste, né altre istituzioni (penso ai regimi di cambio) sono mai state osservate "in purezza". Ma insomma, per farla breve, nel suo tortuoso percorso ciclico l'umanità, di recente, ha pensato bene di proporsi due paradigmi di allocazione dei fattori:

1) l'economia di mercato
2) l'economia pianificata.

L'economia pianificata è quella che ha funzionato meno bene (o più peggio, come direbbe la mia collega). Idealmente funziona così: c'è un "despota benevolo" che sa tutto (beato lui) e che decide lui quanto grano, quanto burro, quanto acciaio, ecc. produrre, con quanto capitale e con quanto lavoro. La decisione è centralizzata (nota: il quadro in realtà è più sfumato, ma come vi ho detto, qui, per semplicità, espongo la versione estrema del sistema). Sono pianificati anche i prezzi, stabiliti dal decisore.

L'economia di mercato è quella che ha funzionato meno peggio (o più meglio, come direbbe la mia collega). Idealmente funziona così: ogni "agente economico" decide spontaneamente a quale mercato accedere e quindi quanti fattori produttivi utilizzare per produrre cosa. Il processo decisionale non è centralizzato ma totalmente decentrato, atomistico.

Non vi sfuggirà che esiste un problema di coordinamento: come impedire che a fine anno il sistema economico abbia prodotto solo grano (e niente carne, tubi metallici, laminati plastici, ecc.)?

In un'economia pianificata, salvo casi di schizofrenia, questo problema si risolve facilmente: il decisore è unico, per cui, se è minimamente d'accordo con se stesso, il problema di coordinamento è risolto! Non dico che farà sempre le scelte giuste, anzi: non le fa quasi mai (visti i risultati). Però sicuramente cercherà di indirizzare i fattori di produzione secondo un quadro coerente, cioè di non produrre solo grano, o solo acciaio, o solo plastica.

Ma in un'economia di mercato, fatta di "atomi" che non si parlano perché non si conoscono (voi conoscete chi ha prodotto lo spazzolino col quale vi siete lavati i denti?), come è possibile creare un meccanismo di coordinamento che eviti quelle che gli economisti chiamano "soluzioni d'angolo", cioè situazioni in cui si ha troppo di qualcosa, e niente di qualcos'altro? Ci si telefona? Ci si scambiano DM su Twitter? O magari, come fanno i rompicoglioni (tu sai chi sei, tu sai che lo hai fatto, e tu smetterai di farlo), ci si manda un messaggio diretto su Twitter, rinforzato da tre WhattsApp, da un'email su tre indirizzi, e da una telefonata?

(...ai rompicoglioni: per favore, non rompete i coglioni. Siete tanti, e da questo scaturisce la Prima legge fondamentale dell'informazione della quale non me ne frega una mazza: se me la stai fornendo tu, me l'ha già fornita almeno un'altra persona. La seconda legge fondamentale è che quest'altra persona non è mai quella dalla quale mi aspetterei che questa informazione mi fosse arrivata. La mia vita non è semplice, ma semplificarla è un attimo: basta un click...)

Capite bene che se il meccanismo di coordinamento fosse quello dei rompicoglioni (DM più WApp più mail più telefonata) i costi di transazione sarebbero altissimi! E allora cosa suggerisce al produttore di spazzolini da denti, o di vettori nucleari, o di mouse per PC, o di zucchine, quanto produrre, e, prima del quanto, cosa produrre? Naturalmente c'entra un po' anche la genetica: magari qualcuno nasce sapendo che da grande vorrà fare il produttore di dentifricio. Però, alla fine, senza entrare troppo nelle infinite sfaccettature del reale, e restando sul livello astratto del discorso, il coordinamento, nell'economia di mercato, lo assicura la mano invisibile. E cosa sarebbe, questa mano invisibile, come si espleterebbe? Vi siete mai sentiti prendere per mano dall'uomo invisibile, mentre andavate al vostro lavoro, o mentre decidevate se piantare più o meno albicocchi, o whatever?

Non credo.

La mano invisibile è una metafora per indicare quale sia il meccanismo di coordinamento di un'economia di mercato: questo meccanismo è il sistema dei prezzi relativi. Sono i prezzi (relativi) a suggerire al produttore in quale mercato entrare e quanto produrre (cioè come allocare i fattori di produzione), e in linea teorica l'allocazione cui questo meccanismo di coordinamento conduce è ottimale perché il prezzo relativo, che il produttore considera come un segnale dato (è price taker), d'altra parte non è esogeno al sistema, ma è il risultato delle pressioni della domanda sull'offerta. Questo significa che quando il produttore entra nel mercato di un certo bene, lo fa perché questo gli assicura prospettive di profitto, dato il livello del prezzo, ma se il prezzo è alto (cioè tale da assicurargli prospettive di profitto), lo è perché il bene è molto richiesto (e quindi producendolo ci si orienta in re ipsa verso il soddisfacimento ottimale dei bisogni collettivi).

Ora il discorso potrebbe svilupparsi lungo mille e una direzione: potremmo entrare nella sterminata casistica dei sistemi misti (nemmeno l'economia cinese era totalmente pianificata: una parte della produzione veniva scambiata in regime di libero mercato); potremmo entrare nella sterminata casistica dei fallimenti del mercato (i segnali che i prezzi forniscono spesso sono distorti per problemi di asimmetria informativa, oppure non incorporano tutte le esternalità dei processi produttivi, ecc.); potremmo fare tante cose, ma ognuno di noi ha di meglio da fare, a partire da me.

Voglio solo rimarcare una cosa.

In un sistema economico decentrato, che preservi e valorizzi l'iniziativa privata, il ruolo dei prezzi come sistema di coordinamento, magari corretto e affiancato dall'intervento governativo, resta comunque centrale. In altri termini, chi dicesse che in un'economia di mercato i prezzi non contano, oltre ad andare contro un dato della nostra comune esperienza quotidiana (come sapete, io frequento iMercati, e riscontro che laggente il prezzo lo controllano...), andrebbe contro tutto quello che sappiamo del funzionamento di un moderno sistema economico, confesserebbe involontariamente nostalgie verso quegli stessi sistemi che lui stesso si affretterebbe (troppo) a definire sconfitti dalla storia (le economie "di comando"), insomma: dimostrerebbe quell'indigesto miscuglio di ignoranza, presunzione, incoerenza e autolesionismo che caratterizzano il perfetto cretino.

Insomma: chi dicesse che in un'economia di mercato i prezzi non contano rivelerebbe infallantemente di essere un cretino.

Facciamo un passo avanti. Il tasso di cambio è un prezzo relativo: il prezzo di una valuta in termini di un'altra. Il dibattito italiano (ma anche estero) è pieno di persone che asseriscono, sulla base di una laurea in lettere, o in niente (ma anche in economia), che il tasso di cambio non conta. Insomma: il dibattito è pieno di cretini. Ma questa è la democrazia: dobbiamo accettarlo, anche se rispettare umanamente il cretino è cosa diversa dal consentirgli di formare, senza correttivi e senza contraddittorio, l'opinione pubblica su argomenti tanto basilari per il nostro vivere civile quanto il meccanismo cardine di coordinamento della nostra azione economica (cioè, in buona sintesi, della nostra esistenza, visto che un buon 60% di quello che facciamo ogni giorno lo facciamo per riempirci la pancia...).

Ecco: secondo me il cretino può (e dovrebbe) votare. L'idea che i cretini non possano votare ce l'hanno, chissà perché, i cretini (quelli che "il cambio non conta"), e personalmente mi ripugna. Considero il suffragio universale una conquista.

Lo stesso non posso dire dell'odierno sistema dei media. Lì sento che qualcosa occorre fare, per impedire al cretino di nuocere. Forse, chissà, lasciare che il mercato decida come allocare le risorse potrebbe essere un'idea. Ma, ve lo confesso, su questo ho molti dubbi. Di una cosa sola sono certo: questo è il Problema, e se lo avessimo risolto, cioè se la maggioranza di voi (io smisi a fine anni '80) non si fosse fatta rincretinire da una minoranza di cretini, avremmo risolto speditamente anche tutta una serie di altri problemi apparentemente più urgenti.

Ma ora devo lasciarvi. Vi ho insegnato a riconoscere un cretino quando lo incontrate. Credo che sia un'informazione utile e so che ne farete tesoro...

76 commenti:

  1. Solo una breve segnalazione per chi volesse approfondire come (non) funzionava l'Economia Pianificata.

    Francis Spufford nel suo "Red Plenty" (in Italiano "L'Ultima Favola Russa" - ma se l'Inglese non e' un problema consiglio di leggerlo in originale) illustra - in una originale commistione tra saggistica e narrativa - gli sforzi dell'Unione Sovietica per generare i piani di produzione dell'Economia Interna.

    (Particolare tecnico -anche io semplifico molto: i Sovietici compirono un immane sforzo nel tentativo di ricondurre tutto a un immenso problema di Ricerca Operativa ma non potendo, per dottrina politica, usare il concetto di Prezzo, furrono costretti ad introdurre un surrogato - denominato Shadow Price - che rappresentava in astratto il concetto di "utilita' di un bene").

    Il libro e' molto godibile e davvero interessante, suggerito a tutti anche per le notevoli digressioni su vari argomenti apparentemente non connessi col tema principale.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mi sembra molto interessante. Grazie per la segnalazione!

      Elimina
    2. Rimane l'altro esempio di comunismo, molto meno ideologico e pragmatico, quello Cinese.
      Dopo i disastri della rivoluzione culturale, che ha portato il paese alla fame, la Cina ha piegato verso una "terza via", con progressive aperture all'economia di mercato. Una "economia mista" che guardava con interesse il modello evidentemente vincente di un paese (di cui non ricordo il nome) che, uscito dalla II guerra mondiale sconfitto, diviso, distrutto, in bancarotta, con una popolazione di vecchi e giovani mutilati e bimbi orfani, in trentacinque anni era divenuto la quinta potenza economica al mondo (può darsi che guardasse anche un po' al vicino giappone, ma questa è un'altra storia...).

      Elimina
    3. Per chi è interessato al concetto magari può anche dare un'occhiata alla pagina Wikipedia sul Progetto Cybersyn (https://en.wikipedia.org/wiki/Project_Cybersyn) che è un altro esempio (assai meno noto) di economia pianificata, molto diverso da quello Sovietico ma abbastanza interessante.

      Elimina
  2. Grande Prof. Bagnai, si vede che ora è Senatore!

    RispondiElimina
  3. Secondo me, introdurre un esamino che qualifichi a votare, per escludere dal voto chi è oggettivamente impreparato e disinteressato, o non in grado di farlo con criterio per limiti oggettivi (chessò, demenza senile...) non sarebbe una cattiva idea.

    Immaginatevi che ci sia una guerra, e che uno/a di voi venga incaricato di gestire un'infermeria, anche se non sa niente di medicina e non l'ha mai fatto prima. Immagino che almeno alcuni si sentirebbero in dovere (morale) di imparere in fretta il più possibile, leggendo e facendosi insegnare chessò, a fasciare una ferita, da chi lo sa fare.

    Allo stesso modo, la democrazia, con il diritto/dovere di voto, comporta per ogni elettore l'obbligo morale di occuparsi di politica.

    A chi non piace, beh, non c'è solo la democrazia.
    Faceva notare da qualcuno da qualche parte che fino agli anni '90 il PIL pro capite in india era superiore a quello cinese. Oggi in Cina è 6 volte tanto, ma la Cina è una dittatura, l'India una grande democrazia...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. era la scuola di base delegata a ciò , ma avrebbe dovuto essere gestita imparziabilmente ma non è successo , del resto la storia e in questo caso anche la preparazione è stata decisa dai vincitori , una cosa emblematica, anche se fa sorridere specialmente a noi italiani , la cerimonia dell'alzabandiera così tanto sentita in molti paesi e sbeffeggiata da noi è sempre stato il simbolo di uno stato unitario e l'inizio dell'educazione civica , per carità lo so che lo consideriamo da molto una bambinata , ma lo fanno proprio ai bambini per dare almeno un minimo di unità nazionale , se togli tutto come è stato fatto , nessuno poi si sente più legato a nulla , io che bene o male ora per la maggior parte sono fuori italia lo vedo benissimo , in genere ci si vergogna di arrivare dall'italia e si cerca il mimetismo anche in posti dove si è la maggioranza assoluta e questo la dice lunga .

      Elimina
    2. secondo me, invece, hai detto una sciocchezza.

      Elimina
    3. "L'idea che i cretini non possano votare ce l'hanno, chissà perché, i cretini". Tout se tient. Mi creda, nulla di personale: si mettono in evidenza da soli ogni volta che dicono "Basta votare! Serve più Europa". P.s. magari la Cina è meglio dell'India, ma, torno a ripetere, il Giappone o la Corea del sud - malgrado le reciproche differenze culturali - vi fanno davvero così schifo?

      Elimina
    4. "Ecco:secondo me il cretino può (e dovrebbe) votare. L'idea che i cretini non possano votare ce l'hanno, chissà perché, i cretini (quelli che "il cambio non conta"), e personalmente mi ripugna. Considero il suffragio universale una conquista".
      Lo ha scritto Alberto Bagnai, proprio qui sopra.

      Elimina
    5. «Da quando gli elettori disobbediscono regolarmente agli establishment, questi cercano scuse per giustificare le proprie sconfitte e per mettere le mani sull’unico medium che ancora non controllano: la Rete. Si sentono voci autorevoli domandare: ma non vorremo mica far votare gli ignoranti, anzi i “populisti”? Se lo chiedeva già Gramsci: è giusto che il voto di Benedetto Croce valga quanto quello di un pastore transumante del Gennargentu? La risposta, di Gramsci ieri e di ogni democratico oggi, è semplice: se il pastore vota senza consapevolezze, è colpa di chi l’ha lasciato nell’ignoranza; e se tanta gente vota a casaccio, è perché la politica non gli ha fornito motivazioni adeguate. Questi signori pensino a come hanno ridotto la scuola, la cultura e l’informazione: altro che il Web!»
      Gustavo Zagrebelsky
      https://mobile.agoravox.it/Zagrebelsky-e-il-voto-agli.html

      Elimina
    6. Gent.le Stefano, le rispondo nel merito perché anch'io, nel mio mai troppo abiurato passato piddino, ho ipotizzato l'introduzione una sorta di 'patentino' elettorale.

      L'errore di questa tesi consiste proprio nel ritenere che dei superficiali strumenti culturali (quali quelli che potrebbero essere asseverati da un esame che qualifichi al voto) possano aiutare ad orientarsi con coscienza nelle scelte politiche.
      Gli studi accademici sociologici e psicologici dimostrano semmai il contrario: una formazione culturale posticcia è condizione necessaria proprio per rendere l'individuo sensibile alla manipolazione dei simboli su cui fa leva ogni forma di propaganda. Mi riferisco, ad es., al celebre saggio di Jacques Ellul "Propaganda" o all'effetto Dunning-Kruger, ma le fonti da cui attingere sono molte e qualificate.

      Da marxiano convinto (ma questa è una mia personale visione), sono certo che il voto del piccolo imprenditore del Nord-est (che comprende con un'occhiata istintiva al portafogli quando un progetto politico deflattivo sta distruggendo la sua azienda e i posti di lavoro dei suoi operai) rifletta meglio gli effettivi rapporti di forza capitale-lavoro rispetto al voto di uno pseudo intellettuale piddino con le terga al caldo che (pur sapendo chi fossero Gioberti o Bucharin o De Gaulle) subisce passivamente il fascino dei simboli della propaganda del deep state eurista (la pace perpetua europea, il cosmopolitismo anti italiano, l'immigrazionismo incontrollato e via dicendo).

      Non è quindi con una cultura posticcia (da test a risposta multipla o da tema di maturità) che ci si orienta con coscienza nella complessità della realtà. Una cultura incompleta e superficiale rende anzi l'individuo la vittima designata dei corsivisti di regime.

      Il voto democratico deve essere un momento inclusivo, non selettivo, in cui tutte le istanze sociali, siano esse economiche o culturali, possano riflettersi con eguale valore ponderale nella rappresentanza parlamentare e nelle scelte di indirizzo politico, così come prescrive l'importantissimo (ma colpevolmente negletto) art. 3 della Cotituzione Italiana.

      Elimina
    7. E se ti trovi in commissione d' esame un Marattin o un Nannicini? Perché Stefano, proprio tu, che l' intelligenza e il cuore non ti mancano, non capisci che democrazia significa occuparsi insieme della consapevolezza di una comunità. Se escludi (in quale maniera? filtrando per censo, per conoscenze scientifiche, per sanità mentale, per razza, per sessualità...)qualcuno, perdiamo in consapevolezza, non l' aumentiamo. Purtroppo dovremmo attrezzare la scuola pubblica all' insegnamento di come "funzioniamo", emotivamente, psichicamente(Mauro Scardovelli ad esempio nel suo piccolo fa miracoli): avrebbe tanto da dare se investito di un incarico pubblico nel suo settore: la formazione. Non si arriva mai: insegnamo ai figli di questa Patria che l' ordinamento democratico a suffragio universale va difeso col sangue (se necessario) ogni fottuto giorno.

      Per gli interessanti dettagli rimando a google: "Il Pedante" "meritocrazia".

      Per un leghista fare riflessioni che richiamano il cuore del socialismo democratico forse è poco opportuno ma...sono leghista per questo.
      Una commissione "mediana" diciamo, mi avrebbe senz' altro bocciato.

      Elimina
    8. Aggiungerei nei "limiti oggettivi" l'idea che introdurre un esamino che qualifichi a votare, per escludere dal voto chi è oggettivamente impreparato e disinteressato, o non in grado di farlo con criterio per limiti oggettivi (chessò, demenza senile...) non sarebbe poi così male.

      Elimina
    9. Azzardo una ipotesi sul significato di tubettodidentifricista...

      Elimina
    10. Un'argomentazione che Scalfari, Serra & e tutto il PUDE troverebbero assolutamente condivisibile.

      @Kees: i tubettodidentifricisti sono quelli che sostengono che una volta che il dentifricio è uscito dal tubetto non si può più rimetterlo dentro: tradotto nel nostro caso, quelli che sostengono che l'euro è negativo per noi, ma siccome ormai c'è non possiamo più tornare indietro (come se l'economia fosse termodinamica).

      Elimina
    11. @Kees Popinga

      La metafora del tubetto di dentifricio è spesso utilizzata da quegli economisti che ammettono che entrare nell'euro sia stata una sesquipedale cavolata, ma vedono il processo come irreversibile "perché una volta spinto il dentifricio fuori dal tubetto non lo si può più rimettere dentro".

      Penso che tubettodidentifricista richiami questo genere di argomenti.

      Elimina
    12. Stefano: ben detto.
      Non sono da gettar via neanche le teorie che affidano il potere a cittadini designati con sistemi misti elezione-sorteggio. Esiste letteratura più o meno seria in merito, non solo Massimo Fini.

      Elimina
    13. @kees popinga
      Il termine "tubettodidentifricista" credo sia riferito a quelle persone che, intervistate, alla domanda:"Secondo lei si può uscire dall'euro?" rispondono con seriosa sicumera: "E' impossibile, sarebbe come voler rimettere il dentifricio dentro il tubetto." Di solito dalla gruber.

      Elimina
    14. Grazie Porter per la spiegazione sul tubettodidentifricismo, me lo stavo chiedendo anche io.

      Elimina
    15. Beh, sicuramente quasi tutte le osservazioni che ho letto hanno un loro solido fondamento, e definire il contenuto di un eventuale esame (Costituzione?) e scegliere una imparziale commissione d'esame sarebbe estremamente critico (direi al limite dell'impossibile).
      Nè si può negare che questo paese (come anche molti altri) soffre di seri problemi culturali e di pecche nel sistema formativo.

      Rimane però il fatto che il veleno della menzogna è rilevato dalle incongruenze, e la difesa a spada tratta della democrazia elettiva è incongruente perchè, mentre si elogia il metodo democratico in politica, nessuno l'adotterebbe mai in altri campi, come l'ingegneria o la medicina. Anche volendo, non potrei mai farmi diagnosticare eventuali malattie dal voto di una commissione di 100 cittadini democraticamente scelti a caso, perchè tra i 100 votanti ce ne sarebbero senz'altro di incompetenti (=non laureati in medicina), e questi ricadrebbero nel grave reato di esercizio abusivo della professione medica. In politica è l'esatto contrario, dove c'è reato in campo medico, c'è plauso ed esaltazione in campo politico.

      Però negli ultimi anni è anche attraverso l'indebolimento della qualità intellettuale e culturale di chi fa politica che si è indebolita la politica stessa, svuotandone poteri, competenze e strumenti operativi.

      E se Alberto Bagnai è senatore (al proposito, segnalo ns. malgrado che il titolo di professore è da evitare, perchè richiama in molti concittadini il tristo Monti, la Fornero, etc...),
      se Alberto Bagnai è senatore, vi ricordo, ampi meriti, PRIMA che alla democrazia, siano da ascriversi al potere monocratico di Matteo Salvini).

      Elimina
    16. @Alfredo: visione decisamente ottimistico-paternalista quella del piccolo imprenditore attento al benessere del dipendente preso come assoluto. Esempio per esempio, ne ho incontrati diversi come datori di lavoro e nessuno, dico nessuno, si è mai preoccupato di altro che di abbassarlo, lo stipendio, per la precisione parasubordinato, dei suoi dipendenti obbligati a tutte le forme contrattuali di finta subordinazione forzata possibili e immaginabili, quando non al lavoro nero. Più parasubordinati che dipendenti in quelle "aziende", fino a dieci volte tanto. Quindi il lavoro c'era... Stessa cosa dicevano tutti i miei compagni. Stessa cosa mi dicono ora gli studenti, sì, proprio quelli "capaci e meritevoli" che magari si trovano a studiare tre mesi su sei, perché per il resto del tempo devono portare a casa i soldi per l'affitto e quindi non hanno nemmeno più diritto a borse di studio perché sono in ritardo con gli esami. Se nel nordest è arrivata l'immigrazione interna, almeno dagli anni 2000, e anche estera è perché contribuiva a tenerli bassi, i salari...

      Quando TdE parla, sia pur brevissimamente, solo un accenno, di forti vantaggi che sono venuti ai datori di lavoro dal ribasso trentennale dei salari non dice qualcosa di molto lontano.

      Elimina
  4. Uno che affermi che, in un’economia di mercato, il prezzo non conta, è un cretino. Ma, uno che affermi che proprio quel prezzo non conta, non sarà mica furbo?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Dipende. Se è uno che vive di rendita forse è un furbo (ma solo finchè dura). Se invece è uno che vive del suo lavoro resta un cretino.

      Elimina
  5. L'ultima vicenda relativa all'articolo di Federico Fubini sul Corriere e la repolica sua Prof e di Claudio Borghi è l'esmpio plastico della mancanza di VERA informazione unita a una scarsa onestà intellettuale che caratterizza la grande maggioranza dei giornalisti italiani,ma non solo.
    I giornalisti, di norma sono laureati in lettere,ben venga,in Storia,ben venga,in giornalismo,benissimo,poi decidono di scrivere di economia di cronaca giudiziaria o parlamentare;OVVIAMENTE sono estremamente competenti in ciascun ramo(sic!).
    Mi chiedo,studiano le basi dell'economia,leggono i libri che trattano la genesi della crisi che stiamo vivendo,conoscono la costituzione,i suoi principi,la matrice Keynesiana in antitesi all'origine dei trattati europei,neoliberista,se sanno queste cose,non le scrivono,chissà perchè.
    Hanno letto Prof i suoi libri? Hanno letto i libri di Luciano Barra Caracciolo,i libri di Vladimiro Giacche? No? Ma magari leggono Alan Friedman e il suo libro illuminante sulla crisi dell'Italia,ah be...Forse leggono i numerosi(sic!) studi sui vantaggi della moneta unica e si dimenticano di leggere la letteratura scientifica che certifica i fallimenti dell'austrità applicata in periodi di recessione.
    Ma sappiamo, l'informazione è tele guidata dall'alto e risponde a enormi interessi che CASUALMENTE non sono i nostri e questo è uno dei grandi mali della nostra democrazia.
    Quando vederò Lei Prof, Luciano Barra Caracciolo, Claudio Borghi, Vladimiro Giacchè in prima serata da Vespa,Floris, Formigli e dalla Gruber,allora saremo in una vera demacrazia.

    RispondiElimina
  6. Francamente anche la centralità del concetto di "efficienza" in una scienza sociale ripugna.

    Concetto, tra l'altro, neutralissimo...

    Il sublime del keynesismo, e degli studiosi che hanno provato a portare la persona umana al centro della struttura sociale, è stato proprio - forse - asservire l'efficienza e l'utile del mercato all'interesse generale tramite la pianificazione economica a fini sociali.

    (Il laissez faire dei liberisti, come ricordava Robbins, richiede comunque una forma di pianificazione: la UE insegna)

    Da questo punto di vista, credo che il ritorno a quella forma di organizzazione antropocentrica chiamata democrazia avrà come segnale la sostituzione in massa delle scritte apposte fuori dagli uffici: da «responsabile delle risorse umane» a «capo del personale».

    RispondiElimina
  7. Mah! Ovvimente mi beccherò del cretino, ma che l'economia (e non solo quella) pianificata sia, come idea, in assoluto peggio di quella di mercato continua a non convincermi. Il problema a mio avviso è, semmai, che è molto più difficile realizzare buone pianificazioni, come la storia, questo sì, insegna.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non capisco bene cosa tu voglia dire, abbi pazienza.
      "E' peggio dell'economia di mercato" nel senso che per funzionare necessita di:
      a) un ente centrale che decida per tutti (o almeno per tutti i cittadini di una nazione)
      b) sia infallibile nella pianificazione.

      Dato che il punto (a) ha in genere qualche effetto collaterale poco piacevole (diciamo che è pressoché indistinguibile da una dittatura) e che il punto (b) semplicemente trascende le capacità umane, anche se assistite dai più moderni sistemi di calcolo il risultato è semplicemente che si, l'economia pianificata è peggio di quella di mercato.

      Suggerirei la lettura di questo libro per meglio comprendere quale sia il problema "assoluto" del doversi attenere ad un "piano" (non solo in economia).

      Elimina
    2. Quello che mi risulta davvero difficile comprendere è come si possa, in un'economia pianificata, riuscire a pianificare l'eccellenza o il genio.
      Bisogna sperare (botta di culo) che lo possegga il pianificatore; mentre in un'economia di mercato, con ascensore sociale perfettamente funzionate, ogni individuo può contribuire al bene collettivo col proprio genio.

      Elimina
    3. Vedi, il punto a) della tua risposta non mi preoccupa molto, anzi: la forma autocratica del potere ESECUTIVO non è detto che sia peggio in assoluto, dipende sempre da chi la esercita. Ti ricordo, incidentalmemnte, che l'autocrazia esecutiva è esattamente il modo in cui funzionano le aziende private, grandi o piccole che siano. Il punto è che un'autocrazia illuminata sostenuta da buone capacità di analisi/pianificazione e finalizzata alla massimizzazione del bene comune è, come ho scritto, la forma di governo più difficile da realizzare. Poi puoi portarmi tutti gli esempi reali che vuoi di forme IMPERFETTE del suddetto tipo di governo...

      Elimina
    4. Suggerisco la lettura di 'Antifragile' di Nassim Nicholas Taleb, che sebbene non si occupi principalmente del tema da te evocato, sicuramente saprà farti riflettere sulla centralizzazione/burocratizzazione e più in generale sull'intervento dello stato nell'economia.

      Elimina
    5. @SteelRust: non cercare di aggirare il punto: Jullien nel suo saggio spiega la differenza tra "aderire al piano" e "adattarsi alla situazione". Lui ne parla in termini di strategia militare (Von Clausewitz vs. Sun Tzu) ma poi allarga il concetto anche alla pianificazione in termini economici/produttivi.

      Il problema della strategia occidentale è proprio la gestione dell'Alea. Ovvero "cosa fare appena il Piano si dimostra inadeguato alle mutate condizioni della battaglia (cioe un minuto dopo che la battaglia è iniziata)?"

      Si veda anche: https://en.wikipedia.org/wiki/Emergence

      Elimina
    6. @PaMar
      Non aggiro alcunché, anzi: se mi porti esempi di tipo militare, allora ti faccio notare che non mi risulta una battaglia sia mai stata vinta lasciando libertà d'azione STRATEGICA alle singole unità sul campo. OERAZIONALE e/o TATTICA sì, ma NON strategica. Senza una buona pianificazione preventiva da parte di un comandante sul campo di battaglia c'è solo caos. Quindi, se il paragone è questo, a mio parere ne risulta che senza un centro forte che PIANIFICHI cosa si vuole ottenere e dia le linee generali per ottenerlo non si va lontano. Il che, mi sembra, sia esettamente la visione attuale (che Salvini ha recentemente ribadito consigliando al PdR di leggere TUTTO Einuadi), ovvero quella di autonomie locali confederate nel contesto di una visone nazionale PIANIFICATA DAL CENTRO.

      Elimina
    7. Io (suppongo valga per molti) frequento questo sito soprattutto per imparare delle cose.
      Tu finora hai proposto delle tue opinioni, che - con tutto il rispetto - possono interessare solo ad un tuo eventuale biografo ("...nei primi mesi del 2019 il Nostro ancora sembrava convinto che un'economia pianificata fosse una alternativa valida, anche se non era in grado di dimostrare tale sua convinzione...").

      Se hai qualcosa di piu' sostanzioso (libri, articoli) ti pregherei di segnalarlo: a me sicuramente interessa, anche professionalmente [non sono un economista, ma la pianificazione aziendale e' comunque un tema rilevante nel mio lavoro].

      Elimina
  8. Comincio ad apprezzare il capitolo de "Il Tramonto dell'euro" sull'economia pianificata applicata all'eurozona!

    RispondiElimina
  9. Eh, ma il cambio non conta perché oggi la moneta piú importante sono le virtù morali.
    A cosa mi serve una banca centrale quando sono Honesto?

    RispondiElimina
  10. Fuori tema ma di attualità: senatore Bagnai, si parla di Giovannini come premier di Lega e 5s (fonti varie tra cui Libero). Major objections? Grazie e speriamo bene!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Si il premier sarà Enrico Giovannini (per quel che conta il mio parere cioè nulla ). Finalmente un Primo Ministro con una laurea in Economia ,e sicuramente uno che non afferma che in una economia di mercato i prezzi non contano . La perseveranza di Salvini di trattare fino all'ultimo minuto ha dato i suoi frutti sfruttando la paura del ritorno al voto . Tutti a parole ad ostentare sicurezza , ma all'atto pratico non conveniente a nessuno .

      Elimina
    2. spero vivamente di no, anche perche' piu' eurista di lui ne ho conosciuti pochi.
      qualche tempo fa ho partecipato ad una sua conferenza ed ho avuto modo di apprezzare live gli argomenti favorevoli alle politiche montiane.
      immagina il mio fegato...

      Elimina
  11. Che bello questo post,in poche righe il Senatore ci ha spiegato come funzione il mercato dei prezzi in un'economia di mercato.
    Il prezzo conta? Certo che conta,altrimenti si venderebbe più Champagne che Tavernello,e cosa fa sì che lo Champagne sia un prodotto di nicchia,per pochi eletti? La manina invisibile che ci prende e ci allontana dallo scaffale del supermarket che vende Champagne? Certo che no! Cosa allora? Ma lui,il prezzo! Se per produrre un'eccellente vino ci vuole una vigna particolare,poco produttiva in quantità a vantaggio della qualità,se poi il vino estratto da questa uva va lavorato in un particolare modo,va spumantizzato,e dopo va stoccato in una particolare cantina che dovrà assicurare una certa temperatura per tutto il periodo di permanenza,si tratta di parecchi anni nel caso dei migliori vini spumanti,ovvio che il prezzo finale,al litro,sarà di svariate centinaia di euro o addirittura migliaia.Ovvio che pochi potranno permettersi di spendere mille euro per una bottiglia di vino. Caso opposto per il Tavernello,che per essere prodotto non ha bisogno certo di vigne particolari,di spumantizzazione e di stoccaggio in cantina,avrà un prezzo sul mercato più accessibile e se ne venderà in quantità maggiori.
    Ora,se ad esempio la moneta rappresenta il prezzo che il libero mercato assegna alla capacità produttiva/qualitativa industriale di un determinato paese,e questo prezzo è di 1500 lire,perché mai la classe dirigente del suddetto paese sceglie di legarsi ad un cambio fisso pari a lire 2000?(ovvero aumentare il proprio listino prezzi senza ragione di mercato!).Significa che prima si è contro le regole del libero mercato,e questo è davvero singolare dato che tutti i sostenitori dell'aggancio si definiscono liberali,cioè dovrebbero in teoria essere favorevoli che il mercato prezzi liberamente i prodotti,e secondo che si è cretini dato che un aumento del listino prezzi non giustificato porterà un crollo delle vendite dei prodotti.
    Mi sento angosciato quando penso che la nostra classe dirigente sia esattamente sovrapponibile a quella del nefasto esempio.

    RispondiElimina
  12. Ma “più peggio” o “più meglio” lo dice una collega del Senatore, del Professore o del Musicista?

    RispondiElimina
  13. A proposito di cretini, Baudelaire notava che a Bruxelles "la stupidità minacciosa" è sovrana, "un’idiozia universale che sgomenta come un pericolo indefinito e permanente". Il poeta l’assume come paradigma di un modo di essere a cui la modernità ha dato a tutti libero accesso, e mi chiedo se la UE, nell’aver preso Bruxelles come capitale d’Europa, non abbia avuto un preciso motivo.
    Sono forse presenti nella terra di Fiandra caratteristiche che la rendono apprezzabilmente conforme allo spirito della nuova Europa?
    Per dare risposta a queste domande ci viene in aiuto il Baudelaire di "La Capitale delle Scimmie” (Da una recensione di Linnio Accoroni): "In questi appunti raccolti durante i pochi anni della sua permanenza in Belgio, Baudelaire coglie la stupefacente demenza della modernità, poggiata su disvalori quali l'utilitarismo, il successo, la fama, con riflessioni assolutamente profetiche. Per lui il Belgio e l'America sono i luoghi in cui meglio si riflette la bêtise, la stupidità, contemporanea, ma anche la delirante contraffazione della realtà, mascherata da termini vuoti quali progresso, modernità, democrazia: " Qui si pensa in gruppo, si ride in gruppo, ci si diverte in gruppo. I belgi formano associazioni per trovare un'opinione. Così non esistono persone che provino maggiore stupore o disprezzo per quelli la cui opinione non è conforme alla loro. Dunque, qualsiasi dissidente è in malafede. Non essere conforme, è il grande crimine". Più avanti : " Il Belgio e gli Stati Uniti, bambini viziati dai giornali ", e anche: "Avarizia generale. Grandi patrimoni. Nessuna carità. Tutti sono commercianti, anche i ricchi". L'attacco contro le magnifiche sorti e progressive della Modernità e del Progresso, quello che trovava nei due fiori all'occhiello della società borghese ( le Esposizioni Universali, il colonialismo) i cardini della propria 'superiorità' si perfeziona in due frammenti, tratti da Mon coeur mis à nu e Fusées (Razzi) che evidenziano come ormai il Belgio sia un'escrescenza non solo grande quanto grande è il mondo, ma capace di superare persino confini temporali, di stendere l'ala soffocante e seducente della bêtise fino ai nostri giorni. "Insomma la grande gloria di Napoleone III sarà stata quella di provare che il primo venuto può, impadronendosi del telegrafo e della stampa nazionale, governare una grande nazione. Imbecilli sono quelli che credono che simili cose possono riuscire senza il permesso del popolo". Nei Razzi si prospetta un avvenire peggiore : "Il figlio abbandonerà la famiglia non a 18 anni, ma a 12, emancipato dalla propria avidità precoce; fuggirà non per cercare avventure eroiche, non per liberare una meravigliosa prigioniera da una torre, non per immortalare una soffitta con pensieri sublimi, ma per iniziare un commercio, per arricchirsi e competere col suo infame papà; e la figlia con infantile libidine sognerà di vendersi per un milione...la giustizia, se in quell'epoca fortunata potrà ancora esistere una giustizia, farà interdire i cittadini che non sappiano far fortuna".



    RispondiElimina
  14. L'idea che solo in pochi possano votare e' microeconomica, neoclassica. Il suffragio universale invece e' macroeconomico, keynesiano. La prima si concentra sull'agente singolo e la sua capacita di capire e orientarsi, ma sempre singolarmente. Per questa via e' giusto, perche piu efficiente, che solo in pochi votino. I migliori. E poi i migliori fra i migliori. E poi il Migliore.
    La idea del siffragio universale invece non si affida ne si fida del singolo: il soggetto della votazione e' il popolo, la coscienza collettiva. Studi statistici hanno dimostrato come di fronte a scelte complesse (es. indovinare quante monetine in un barattolo di 10 litro) erano impossibili se tentate singolarmente, ma il risultato era sorprendentemente vicino al vero se si faceva la media fra i partecipanti. E piu ampia la base, piu vicino al vero il risultato, indipendentemente dall'orogine etnica, professione o, e questo e il dato piu importante, dal livello di scolarizzazione.
    Credo anche una cosa: e' facile ingannare il singolo, chiunque di noi. Presi singolarmente siamo portati a credere alle fonti ufficiali o di fiducia, ci costruiamo un frame e dopo siamo noi stessi ad alimentarlo, riproducendolo.
    Ingannare un popolo intero pure e' possibile, ma costa di piu, enormemente di piu, e non sempre finziona, nonostante tutto.
    Tutti siamo stati piddini prima di entrare qui, forse anche il Prof, perche tutti in un modo o nell altro sapevamo di sapere. E ancora sappiamo di sapere, ognuno nel suo campo, fino alla nuova scoperta, almeno, quella che ribalta tutto.
    Pero nella coscienza collettiva c e una dialettica interna che non esiste in quella individuale, e questa dialettica che c'e per necessita quando scambi opinioni o solo le ascolti, fa in modo che la mente collettiva, la mente di un popolo, sia piu difficile da ingannare.
    Poi ci sono sempre i tedeshki, ma anche li ci volle l'apparato.
    Questo credo sia il maggior vantaggio del suffragio universale e la ragione principale per cui facciano di tutto per levarlo

    RispondiElimina
  15. Le risate... Il senatore Bagnai sottosegretario di Roventini ministro dell'economia M5S.

    RispondiElimina

  16. sì però se non si definisce quali sono i bisogni collettivi

    prioritari da soddisfare non ha senso affermare che un tipo

    di economia è peggiore o migliore di un altro.

    RispondiElimina
  17. Avevo delle certezze sui cretini . Mi reputavo intelligente e conoscevo uno che era palesemente cretino . Un giorno scopro che abbiamo votato lo stesso partito .Mi chiesi ero diventato cretino di colpo io oppure lui era diventato di colpo intelligente ? Non ho risolto il problema neanche con la teoria di Carlo Maria Cipolla .
    http://www.giovis.com/cipolla.htm

    RispondiElimina
  18. Mi sovviene un'allocazione inefficiente delle "risorse". Un (ex) agricoltore della Baviera che, quando il Governo fissa troppo alto il prezzo della mozzarella (pardon troppo basso il rapporto di cambio moneta tedesca/moneta italiana), trova profittevole cominciare a produrre mozzarelle in Baviera e venderle in Italia a prezzo competitivo. Questa è la ragione per cui nessun governo tedesco romperà l' €. Chi lo spiegherà infatti all' agricoltore della Baviera che deve chiudere perché ha potuto vendere sottocosto? Tante cose di questo sistema non ho capito. Molte le ho comprese qui. Certamente non capirò mai perché all'università il professor G., sbracciandosi animatamente, dimostrava (giustamente) la stupidità economica della fissazione del prezzo del pane nell' Unione Sovietica (così, vedete, tanti produrranno pane anche se non ce n'è bisogno mentre gli scaffali sono vuoti di cetriolini). Oggi sulle colonne del corrierone fissare arbitrariamente ed irreversibilmente il prezzo del pane (pardon il tasso di cambio moneta tedesca/moneta italiana) pare sia irrilevante.

    RispondiElimina
  19. Io non so niente di economia. Ma chi dice che in un'economia di mercato (mercato: io vendo tu compri; tu vendi io compro)i prezzi non sono importanti non è un cretino, è uno che non sta bene... (o sta troppo bene).
    Comunque passavo di qua per un saluto e per dire che anche quest'anno ho dato la mia piccola donazione a Asimmetrie.
    Ciao Alberto, Renato.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. "io vendo tu compri" ok, ma ci manca il "chi produce".
      p.s.: però anche io non so niente di economia, anche se l'ho studiata.

      Elimina
    2. @davide lak Naturalmente, era solo per dire che nella parola 'mercato' mi sembra sia implicito il concetto di prezzo, e la sua relativa importanza, anche per chi come me va solo a buon senso. Ciao, Renato.

      Elimina
  20. il sunto mi pare che sia che se non pianifichi vai diritto nell'inferno del libero mercato che si 'autopianifica' , se pianifichi male, per i soliti conflitti di interesse, vai in uno dei gironi danteschi , dipende dal conflitto ! se pianifichi bene e te lo lasciano fare senza spedirti una lettera 'anomala' poi ti ricorderanno e ti faranno santo ( forse ) . Forse il 10 maggio ci sarà un alba?

    RispondiElimina
  21. Per un'interessante sintesi di come diverse scuole di politica economica propongono di utilizzare il mercato, la pianificazione, ed altri strumenti ancora, mi permetto di suggerire il capitolo 4 di Economics - The User's Guide, di Ha-Joon Chang.

    Se posso permettermi di esprimere una perplessita' sull'invito ai "rompicoglioni" che riecheggia simili inviti del passato, anche di Claudio Borghi. A mio umile avviso nel momento in cui siete diventati rappresentanti di tutti i cittadini italiani, e' loro diritto comunicare con voi, se pur nelle dovute forme e con la dovuta moderazione. "Se me la stai fornendo tu, me l'ha già fornita almeno un'altra persona" suona un po' come "non parlare con me", ma forse ho male interpretato. Insomma vorrei pacatamente rivendicare il diritto di comunicare con i nostri rappresentanti, specialmente quelli che stimiamo piu' di ogni altro e nei quali confidiamo affinche' si realizzi un futuro migliore.

    Sempre con la massima stima.

    RispondiElimina
  22. "Le idee e le opinioni non "nascono" spontaneamente nel cervello di ogni singolo: hanno avuto un centro di irradiazione e di diffusione, un gruppo di uomini o un anche un uomo singolo che le ha elaborate e le ha presentate nella forma politica di attualità.".
    Gramsci, Quaderni del carcere (a cura di V. Gerratana), Einaudi, Torino, 1975, pp. 1140-41

    ... dice “ma che cosa ci troveranno mai di così interessante in ‘sto Bagnai” … già…

    RispondiElimina
  23. Salve Prof, non la disturbo con commenti da un po' di tempo ma io ho continuato a seguirla e a leggere con attenzione tutti i suoi interessantissimi post, e lei ad avere tutta la mia stima. Interrompo momentaneamente il silenzio solo per farle in bocca al lupo nella sua avventura da senatore, nonostante il fatto che ora siamo "nemici politici" :).

    Saluti cordiali

    RispondiElimina
  24. Non si discute il diritto del cretino di votare, ci mancherebbe. Ma essere inondati dal verbo falso del cretino sui media tutti, pubblici e privati, TV, giornaloni e giornalini, beh, lasciatemi dire che è un po' troppo. Vorrei soltanto più equilibrio nell'informazione, con equa rappresentazione delle opinioni e delle evidenze (scientifiche, empiriche) da parte di chi pratica la professione più delicata in democrazia: i giornalisti. Vorrei che si dichiarassero in premessa di ogni affermazione, dichiarazione, le proprie competenze e i propri conflitti di interesse, palesi e occulti. Perché?
    Ma per lo stesso motivo che ci ha più volte ricordato Alberto, citando Sinclair:
    “È difficile far capire qualcosa ad un uomo se il suo stipendio dipende proprio da questo suo non riuscire a capire.”
    Grazie Senatore, ti seguiamo con attenzione e ti sosteniamo con forza e passione. Sappiamo che non ci deluderai.

    RispondiElimina
  25. Un altro pernicioso indizio di trovarsi di fronte a un cretino economico (la sua definizione di cretino è spettacolare), l'ho riscontrato quando in mezzo a una discussione salta fuori la parola oro. È incredibile come sia assolutamente radicata in molti l'idea che il debito pubblico sia garantito dalle riserve aurifere, o che la quantità di moneta sia in qualche modo rapportabile a detta riserva. E questo non solo fra gli operai agricoli, ma anche fra persone colte...

    RispondiElimina
  26. Domanda: non basterebbe sostituire la proposizione "il lavoro dà profitto" con quella "il lavoro è il profitto" ?

    Nonostante siano entrambi verbi, "è" o "dà" sparigliano decisamente il tavolo da gioco

    Nel caso fosse copula, litigare per il "di Mercato" o "la Pianificata" diventerebbe pressapoco velleitario in quanto ogni strumento di controllo asimmetrico dei prezzi sarebbe annichilito (anzi inutile)

    ma temo sia troppo presto per sottrarre il giocattolo ai bambini, maybe tra un paio di millenni...

    RispondiElimina
  27. Comunicazione di servizio.

    questa l'aria che tira su un forum di commercialisti:


    Il governo si fa'. Facciamo le corna. Subito via l'obbrobrio della fattura elettronica, su!

    https://www.facebook.com/groups/1862607374030398/permalink/1933424733615328/

    Dai commenti, a parte un paio di soggetti per i quali qualsiasi puttanata è un'opportunità, pare proprio che il PD sia riuscito a scassare i cabasisi a tutti... abolite tutti gli orrendi ed inutili orpelli fiscali piddini e l'indice di gradimento del nuovo governo schizzerà alle stelle!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il mio tutor Arrigoni mi aveva già sollecitato su questo tema ma io sono indietro col
      DEF e il gruppo FB che linki è chiuso. Perché non mi scrivi due righe (o non mi passi i post di cui parli)? Vorremmo occuparcene. Considera sempre le difficoltà della fase di transizione…

      Elimina
  28. È un O.T.ma non so resistere a commentarlo .Cominciano i riposizionamenti da Lei previsti . Fassina che critica Mattarella che si è espresso contro i sovranisti e afferma che il sovranismo non è più un peccato politico . Queste so' soddisfazioni !!

    RispondiElimina
  29. Partendo dalla saggezza latina dell' aurea mediocritas , la Repubblica nel suo trentennio labour-oriented aveva realizzato un valido sistema di economia mista che poggiava inoltre sulla difesa del potere d'acquisto (scala mobile) e sul ruolo attivo dello Stato nell'aggiustare le storture del mercato (si pensi all'equo canone, ai sussidi all'agricoltura italiana, alla teoria degli oneri impropri per i servizi pubblici essenziali).

    In questo contesto fallì però la svolta della programmazione, vero obiettivo del centro-sinistra secondo quel Fanfani che- insieme a dei passacarte del calibro di Giolitti, Lombardi e Fuà- aveva ben capito che non può esservi democrazia sostanziale senza pianificazione economica.

    Nell'umanesimo costituzionale la libertà del mercato...diviene libertà dal mercato.

    Un conto è infatti vendere sedie o maglioni: altro è produrre quei beni e quei servizi essenziali per uno Stato degno d'esser detto civile.

    RispondiElimina
  30. Sarò schematico, caro Alberto, solo tre punti : il primo, lo conoscono tutti o quasi; il secondo punto, tu lo conosci benissimo; il terzo,modestamente, lo conosco soltanto io, e il mio amico tedesco Horst che vive a Daisendorf, nei dintorni dello splendido Bodensee!

    Primo. Sulla umana imbecillità, citiamo un certo Albert Einstein : “Zwei Dinge sind unendlich, das Universum und die menschliche Dummheit, aber bei dem Universum bin ich mir noch nicht ganz sicher „ –

    Secondo. Sulla umana stupidità. Cito da p.340 : “ Alternative ci sono sempre : solo la stupidità e la morte sono irreversibili, e nel secondo caso abbiamo almeno una PROVA ILLUSTRE del contrario“!

    Terzo. Sulla non assoluta irreversibilità. Cito da :” Der jüdische Witz ” , un libro davvero originale, non ancora tradotto in italiano, una antologia che raccoglie barzellette del mondo ebraico, specialmente quello yddish . Ti dedico la seguente raffinata barzelletta .

    “ Gebiete der Statistik :

    Chruschtschow fühlt sich nicht wohl, solange die menschliche Überreste Stalins in der UdSSR liegen. Er schlägt de Gaulle vor, Stalin im Dom des Invalides zu plazieren. De Gaulle lehnt höflich ab, der Dom ist für andere Helden reserviert.

    Chrusch. wendet sich an Washington . Aber auch auf dem Arlington-Friedhof will man Stalin nicht haben.

    Chrusch. schreibt an Macmillan – aber auch in Westminster Abbey ist kein Platz da für Stalin.

    Schließlich fragt Chrusch. bei BEN GURION, dem Oberhaupt der israelischen Regierung an .
    Diesmal hat er Glück : Ben Gurion IST EINVERSTANDEN !

    Er macht jedoch Chruschtschow aufmerksam, daß nach verläßlicher ( sic !) internationaler STATISTIK die Zahl der AUFERSTEHUNGEN im Heiligen Land relativ die größte ist auf der Welt.

    So bleibt Stalin in Rußland ! „

    Necessità delle statistiche !

    RispondiElimina
  31. Toh, a proposito dei cretini che vogliono abolire il suffragio universale e istituire un patentino dell'elettore: https://www.facebook.com/QuanteStorieRai3/photos/rpp.438276222950458/1577730799004989/?type=3&theater

    RispondiElimina
  32. Okkei, mi macchio di un peccato mortale (tifoseria ultra partigiana)

    IL CAVALIERE NERO PRESIDENTE DEL CONSIGLIO!

    RispondiElimina
  33. Insomma caro Prof. mi auguro e LE auguro un ministero economico nel governo M5S - Lega. sinceramente devo riconoscere da elettore M5S che una presenza come la sua tra le fila dei 5 stelle l'avrei fortemente voluta e come me tantissimi altri "grillini". le tematiche anti euro sono la cosa di cui la base 5 stelle avverte di più la mancanza e penso che un governo siffatto creerebbe delle complementarità che piacerebbero ad entrambi gli elettorati. pertanto, le auguro un sincero "in bocca al lupo".

    RispondiElimina
  34. Questo post è fondamentale, un capolavoro. L'estrema sintesi. Ma come c. fa a scrivere così bene? Che inguidia oh. Magari c'ha messo mezz'ora.

    RispondiElimina
  35. Onorevole prof, da studentello di economia la ringrazio di questo articolo, trovo che sia uno dei più belli che abbia mai letto sul suo blog.

    Da studentello, comunque, non posso fare a meno di immaginarmi quale sarebbe la reazione del mio prof di microeconomia se all'esame me ne uscissi dicendo "vabbé ma tanto i prezzi non contano!"...


    PS: grazie anche ai commentatori, mi hanno dato dei consigli di lettura molto interessanti.

    RispondiElimina
  36. ciao bagnai,
    sono idivev. Oggi ho letto con molto interesse il tuo post, come mio solito, e pensavo che, nonostante il tuo carattere un po' scontroso, questo blog rimane, ai dati di fatto, l'unica fonte di informazioni sull'economia buona che conosca.
    Comunque, c'è un problema che vorrei porre alla tua attenzione. Non so se parli spesso con salvini o con borghi del partito ma io che sono del sud e vorrei iscrivermi alla lega so che non ci sono ancora sedi a sud della lega e non posso partecipare attivamente al partito... se la lega vuole sfondare ha bisogno di creare sedi anche a sud, altrimenti chi vorrebbe partecipare attivamente alla lega, non può se è a sud! Potresti porre all'attenzione di salvini tale problema?
    Ciao caro

    RispondiElimina
  37. Lupus et agnus…ad eundem rivum venerant… siti compulsi…

    Commentando qua e là, trovo per esempio a pag. 102, la prima formulazione scientifica del principio, noto da secoli e secoli ai miei pastori d’Abruzzo, secondo cui “ CHI PECORA SI FA, la MERKEL SE LO MANGIA ( e fa bene dal suo punto di vista ) “!
    A questa sapienza “ popolar-populista” vado ad aggiungere l’ analogo principio del tassinaro romano a pag.31 : “ se so’ magnati tutto “ ; che, tradotto in abruzzese, almeno nel mio paesello di San Vincenzo Valle Roveto, così suona : “ sau magnate tutte “.

    Espressioni interessanti, queste , abitualmente riferite alla dilagante corruzione italiana, e che però ben si prestano a descrivere il rapporto DEBOLE-FORTE, sia da un punto di vista etologico( come per i lupi e le pecore nei dintorni di Pescasseroli ! ) sia in rapporto alla politica economica dell’ Unione Europea . Dal suo punto di vista, bene fa il Forte a divorare il Debole ; bene fa, analogamente, la potenza tedesca, a divorar tutti : i vari Prodi, gli Amato, Ciampi, Berlusconi, Renzi, Napolitanus Rex, fino a Mattarella, l’uomo della Provvidenza, che s’affanna a metter paletti preventivi contro le intemperanze antieuropeiste d’ un Salvini o Di Maio.

    I forti hanno un punto di vista; i deboli,i perdenti, nemmeno quello. Con qualche eccezione.
    Mentre scrivo, Fassina dichiara con ammirevole onestà intellettuale : “ anche a malincuore, noi dobbiamo rispettare la volontà di cambiamento emersa dalla maggioranza degli elettori italiani, invano quindi vengono posti paletti “ !

    Solo il Pd,Sublime nella tracotanza ,resta a difendere l’assetto conservatore del regime dal pericolo delle Destre, le peggiori destre della storia repubblicana . Sarà opposizione dura , saranno erette palizzate !

    Si salvi Salvini !

    RispondiElimina

Tutti i commenti sono soggetti a moderazione.