lunedì 2 aprile 2018

Maastricht e l'aritmetica del debito pubblico: parte seconda

(...s'era detto che avremmo continuato, e continuiamo. Questo blog è anche un percorso didattico, e dobbiamo fare una tappa importante...)


Vorrei riprendere, visto che siamo in vacanza, e di tempo ne avete, un argomento che abbiamo affrontato cinque anni or sono, quello dell'aritmetica del debito pubblico, ovvero delle relazioni che legano la crescita del debito (e del suo rapporto al Pil), ad altri fondamentali macroeconomici quali il deficit (e il suo rapporto al Pil), la crescita, il tasso d'interesse, ecc. Su questo argomento avete sentito, sentite, e sentirete sproloquiare una caterva di personaggi in cerca di editore (o di incarico), per cui è bene che vi attrezziate con un minimo di strumenti tecnici, allo scopo di orientarvi con scioltezza in un terreno nel quale gli agguati ideologici sono all'ordine del giorno.

Premessa

Prima di entrare in argomento, è indispensabile fare una premessa. In questo blog abbiamo sempre sostenuto, perché lo sosteneva la Commissione Europea, che il debito pubblico italiano fosse perfettamente sostenibile sia nel breve che nel lungo periodo. Già che ci siamo, aggiorno le informazioni: il post sull'eugenetica pensionistica è del 2016, e da allora abbiamo avuto altre due edizioni del Fiscal sustainability report, che nel frattempo si chiama Debt sustainability monitor, quella del 2016 e quella del 2017. Non è cambiato solo il titolo, ma (in parte) anche le conclusioni: ora l'indicatore S2 di sostenibilità a lungo termine, quello che tiene conto delle passività implicite nell'evoluzione del sistema pensionistico (cioè, in italiano, del fatto che lo Stato dovrà trovare i soldi per le pensioni), evidenzia una lieve criticità:



L'Italia ora è nella regione "insostenibile", e se confrontate questi grafici con quelli degli anni precedenti (l'ultimo disponibile era quello del 2015, elaborato sui dati fino al 2014), noterete che ci è entrata spostandosi orizzontalmente a destra, anziché verticalmente verso l'alto.

Uno spostamento verticale verso l'alto avrebbe significato un peggioramento delle previsioni a lungo termine, quelle riferite alla spesa pensionistica, che invece sappiamo essere favorevoli per il nostro paese. Lo conferma il Rapporto sullo stato sociale 2017, che ribadisce come il rapporto fra spesa pensionistica e Pil sia previsto in discesa:


il che rende vacue (o meglio: sospette) le reiterate invocazioni di nuove riforme pensionistiche (e anche perfettamente giustificata la nostra proposta di abrogare l'ultima: ma di questo vi parlerò in altra sede).

Lo spostamento orizzontale verso destra significa che ora il debito italiano è insostenibile perché si è deteriorata la situazione iniziale (unfavourable initial fiscal position), cioè perché il rapporto debito/Pil oggi è alto. Come si sia innalzato lo sapete, perché ne abbiamo parlato nel fact checking sull'operato del mio nuovo collega, Monti: quello che ha trovato il rapporto debito/Pil al 116% e ce lo ha restituito al 131%.

Quindi ora possiamo dire anche noi, forti dell'auctoritas della Commissione, quello che quattro petulanti cialtroni ideologizzati (o prezzolati) ci hanno detto per anni, quando non era vero, vale a dire che in effetti cominciamo ad avere un (lieve) problema di sostenibilità del debito. Naturalmente i quattro suddetti cialtroni ora esulteranno: sarà il loro I-told-you-so moment, quello che noi chiamiamo un #VLAD (ve lo avevo detto). Ma qui #VLAD posso dirlo solo io, non i cialtroni della stampa o della politica: se avete seguito il ragionamento, infatti, capirete che i grafici del Debt sustainability monitor sono la conferma definitiva del fatto genetico di questo blog, ovvero della denuncia che i salvataggi di Monti non solo non ci hanno salvato, ma, facendo aumentare il rapporto debito/Pil, ci hanno definitivamente affossato, rendendo fragile una situazione di finanza pubblica che non lo era (e facendolo, possiamo dirlo, oggettivamente non nell'interesse del paese, come è evidente ex post, ma di chi ha ricevuto dal paese miliardi in quota "fondo salvastati").

L'austerità di Monti è stata l'amputazione di una gamba se non sana, almeno non malata (la finanza pubblica, che grazie all'austerità è diventata meno sostenibile perché è diminuito il reddito degli italiani, unica vera garanzia di sostenibilità), mentre si trascurava (scientemente? Ideologicamente?) la gamba malata, ovvero quelle banche delle quali ora tutti vedono le criticità (mentre nel 2011 le vedevamo veramente in pochi).

Questo tanto per ricordare ai prezzolati o ai turisti che si trovassero casualmente a curiosare da queste parti che io, invece, in Senato non mi ci trovo per caso, ma perché ho fatto il possibile per mettere in guardia i miei concittadini da alcune catastrofi annunciate (e solo un partito ha saputo raccogliere il mio grido di allarme). Poi starà a loro decidere se continuare il percorso con noi, e magari parlarne nei loro fogli che nessuno più compra (perché non hanno avuto, né potevano avere, la lucidità di questo blog). Le cose, in ogni caso, continueranno ad andare come devono: i processi storici ed economici sono oggettivi, l'individuo conta, ma fino a un certo punto, le intenzioni contano zero di fronte ai risultati, e i conti si fanno alla fine...

La sintesi di questa premessa è che ora il problema c'è, che è stato creato da chi pretendeva di risolverlo quando non c'era, e che per evitare di aggravarlo dobbiamo essere estremamente consapevoli di cosa guidi la dinamica del rapporto debito/Pil. Solo questa consapevolezza ci permetterà di non trovarci, nel 2018, o nel 2019, con una "initial fiscal position" ancora più "unfavourable" di quella in cui ci ha messo il salvatore della Patria (altrui). Va anche detto che la dimensione tecnica, quella che qui vi esorto ad approfondire, non è poi così essenziale: per rifiutare certi argomenti basterebbe quella comunicativa (le favolette morali sullo Stato come una famiglia), e basterebbe ricordarsi di chi abbia propalato ricette letali per il paese (i soliti noti). Lo so, non è politicamente corretto, ma me ne infischio: purtroppo certi argomenti valgono quanto le persone che li propalano, e se una persona viene da un'istituzione o da una società che ha fallito o sta fallendo, o ha millantato titoli che non aveva, o risponde chiaramente a interessi particolari dai quali dipende la sua sussistenza, si può tranquillamente girar pagina o cambiare canale. Però se voi siete qui è perché volete sapere quello che non sapete (a differenza dei piddini, che non vogliono sapere quello che sanno di sapere). Quindi, passiamo alla "tecnica".

Riassunto della puntata precedente

Vi ricordo che questa è la seconda puntata di un discorso iniziato qui, che sarebbe meglio vi riguardaste prima di andare avanti. Qui lo riassumo, semplicemente per mettere in evidenza in cosa oggi arricchiamo il nostro bagaglio tecnico.

Molto rapidamente: il deficit o indebitamento o fabbisogno F è definito come variazione del debito D:
per cui, ad esempio, il deficit del 2017 è la differenza fra il debito a fine 2017 e il debito a fine 2016 (cioè inizio 2017):
Dividendo per il valore del Pil a prezzi correnti, Y, questa relazione, si arriva a dimostrare che:
(è la formula (4) del post citato), dove le lettere minuscole indicano i rapporti al Pil di debito (d) e deficit (f). Il rapporto debito/Pil a fine anno dipende dal fabbisogno dell'anno trascorso, più il rapporto debito/Pil dell'anno precedente diviso per uno più il tasso di crescita del Pil nominale (gamma). Al di là della magia matematica di questa formula, il senso è chiaro: un maggior deficit f porta a un maggior debito d (e ci mancherebbe!), ma una maggior crescita "diluisce" il rapporto, frenandone la crescita.

Con una ulteriore, semplice, manipolazione matematica si può dire la stessa cosa in modo forse più chiaro. Possiamo esprimere la variazione del rapporto debito/Pil d (ottenuta sottraendo a entrambi i membri il valore di d al tempo precedente), scomponendola in una parte che dipende dalla crescita, e una che dipende dal fabbisogno:
(è la formula (6) del post citato). Vi faccio notare che se la crescita è bassa, dividere per uno più gamma equivale a dividere per uno, e quindi gamma è sostanzialmente identico a gamma diviso per uno più gamma:

(va notato che negli ultimi quattro anni la nostra crescita nominale media è stata attorno all'1.5%, cioè è 0.015, mentre l'approssimazione comincia a non funzionare per valori attorno al 2.5%), per cui la formula può essere ulteriormente snellita, utilizzando il segno di uguaglianza approssimata:

Qui si vede che il rapporto debito/Pil cresce se il rapporto fabbisogno/Pil (f) è positivo e non è compensato dal prodotto fra la crescita nominale (gamma) e il rapporto debito/Pil del periodo precedente. Si vede anche che per azzerare la crescita del rapporto debito/Pil occorre e basta un fabbisogno pari al prodotto fra la crescita nominale e il valore precedente del debito:
Abbiamo utilizzato questa formula in questo post per studiare quanto ci sia costato Monti, con il suo insano (o scaltro) proposito di abbattere il rapporto debito/Pil, quando sarebbe stato molto meglio darsi come obiettivo la sua stabilizzazione (proposta all'epoca da Riccardo Realfonzo). Per non ripetere oggi gli errori di ieri, bastano le quattro operazioni. Dato che nel 2017 si stima che il rapporto debito/Pil sia stato del 131.6% (1.316) e che la nota di aggiornamento al DEF prevede per il 2018 una crescita nominale del 3% (0.03), ne consegue che il rapporto deficit/Pil che stabilizzerebbe il debito nel 2018 sarebbe pari a 0.03x1.316 = 0.039 (il 3.9%). Da notare che nel nostro quadro programmatico prevediamo invece un rapporto deficit/Pil del 2.8% (superiore all'1.6% proposto dal governo, o al suicida 1.2% proposto da +Europa, col quale si sarebbe ripetuto l'errore di Monti!), che quindi porta a una diminuzione (controllata) del rapporto debito/Pil (essendo inferiore al valore del deficit che questo rapporto lo stabilizzerebbe).

Il problema è che qui stiamo considerando solo il fabbisogno complessivo. Il passo avanti che vorrei fare oggi con voi è scorporare il fabbisogno complessivo in fabbisogno primario (al netto della spesa per interessi) e spesa per interessi. Il vantaggio di questa piccola complicazione è che ci permetterà di analizzare l'impatto sulla sostenibilità del debito pubblico delle variazioni del tasso di interesse (sappiamo che dovrà crescere, no?), e inoltre ci permetterà di ragionare in termini di avanzo primario, una categoria che nel dibattito viene utilizzata spesso.

Scomponiamo il deficit

A questo scopo, esprimiamo il fabbisogno complessivo scomponendolo nel modo seguente:
ovvero, la variazione del debito è pari alla spesa per interessi (a sua volta data dal prodotto del tasso di interesse per lo stock di debito esistente all'inizio del periodo), cui viene sottratto l'avanzo primario. Mettiamo un segno meno proprio perché stiamo ragionando in termini di avanzo (differenza fra entrate e uscite). Se ragionassimo in termini di disavanzo (differenza fra uscite e entrate) dovremmo mettere un segno positivo. Lo facciamo perché mentre quando si ragiona in termini complessivi ci si sofferma sul deficit, quando si parla di saldi primari normalmente si considera l'avanzo. Non chiedetemi perché! L'importante, però, è capirsi. Ovviamente mentre un disavanzo aggiunge qualcosa al debito, un avanzo sottrae al debito: ed è per quello che lo vedete con il segno meno.

Ripetendo i passaggi che portano dalla (3) alla (4) del precedente post, dato che
dividendo per il Pil nominale Y otteniamo:
e sottraendo il rapporto debito/Pil al tempo precedente da entrambi i lati:
ricaviamo la variazione del rapporto debito/Pil in funzione del tasso di interesse i e dell'avanzo primario a (in rapporto al Pil):

La formula è molto simile alla (6) del post precedente. Lo si vede meglio se la scriviamo così:
dove ho scomposto il rapporto presente nella (3) nei suoi due termini (questo vostro figlio lo sa fare...), e ho poi raggruppato, evidenziandoli con una graffa, i termini che corrispondono alla scomposizione del fabbisogno complessivo f nei due elementi che ci interessano: la spesa per interessi, e l'avanzo primario cambiato di segno. Quindi stiamo dicendo la stessa cosa di prima, (il debito cresce se il deficit è positivo, ma cala se la crescita nominale è sufficientemente elevata da compensare l'effetto del deficit) ma in modo diverso, con più dettagli (in particolare, mettendo in evidenza il ruolo del tasso di interesse: evidentemente, quanto più questo è alto, tanto più il rapporto debito/Pil crescerà).

Ora, però, dobbiamo fare un ulteriore sforzo per avvicinarci alle categorie del dibattito, ma sarà uno sforzo abbastanza indolore (o tale cercherò di renderlo). Va infatti detto che normalmente quando si parla di crescita, ci si riferisce alla crescita reale, cioè al netto dell'inflazione. Possiamo chiamare questa crescita n. Allo stesso modo, possiamo definire il tasso di interesse reale r come quello al netto dell'inflazione. In altri termini, per semplicità, abbiamo:
(gli ingengngnieri, che sanno che sto linearizzando, mi perdoneranno. Per tutti gli altri queste parole non sono mai esistite... ma forse nemmeno le altre!).

Ora, torniamo al punto che se la crescita nominale è bassa, dividere per uno più gamma lascia le cose inalterate, e quindi, nella formula (3), avremo che:
Insomma: lo scarto fra tasso di interesse e tasso di crescita nominali (diviso per uno più il tasso di crescita nominale) è sostanzialmente uguale allo scarto fra tasso di interesse e tasso di crescita reali, il che, alla fine di tutta questa lunga storia, ci permette di esprimere la variazione del rapporto debito/Pil in questo modo:
Quest'ultima formula non è difficilissima da interpretare, ma spalanca un mondo e mette insieme tanti discorsi fatti qui nel corso degli anni.

Ad esempio: ricordate la repressione finanziaria? Sì, mi riferisco a quel paper di Reinhart e Sbrancia sul quale uno di voi aveva attirato la mia attenzione (chissà se è ancora qui?), e che avevo utilizzato poi in vari interventi (ad esempio nel 2013 al Parlamento Europeo). Quel lavoro (lo trovate qui) spiega molto bene come la discesa del debito dai picchi raggiunti dopo la seconda guerra mondiale sia stata realizzata soprattutto controllando il tasso di interesse, che nell'era della repressione finanziaria era stato, in termini reali, mediamente negativo:

Nei paesi avanzati, come vedete, la media era stata di -1.1, contro una media di 2.7 dopo la svolta all'inizio degli anni '80. La formula (4) vi spiega molto bene perché questo ha favorito la spettacolare discesa del debito che ricorderete, ma che vi ripropongo qui:

Il motivo, quando sai l'aritmetica del debito, è banale. Se il tasso di interesse reale è negativo, a meno di una recessione che rende negativa la crescita reale n, il primo termine della (4) sarà negativo, e questo favorirà la diminuzione del rapporto debito/Pil anche se c'è un disavanzo. Faccio un esempio numerico: con un rapporto debito/Pil al 130% (1.3), come il nostro (approssimativamente), un tasso di interesse reale del -1.1% (-0.011), come al tempo della repressione finanziaria, e una crescita reale dell'1.2% (come quella ipotizzata dalla nota di aggiornamento al DEF), avremmo:


per cui il rapporto debito/Pil diminuirebbe anche con un disavanzo primario (cioè con un -a positivo), purché inferiore al 2.9%.

Non c'è che dire: lasciare che il costo del debito (e quindi l'ammontare di reddito trasferito ai rentier) lo decida lo Stato (controllando e regolamentando i mercati finanziari nei modi che sapete), anziché "i mercati", cambia decisamente la prospettiva.

Ora, questo mondo non è più il nostro, e la cesura qui da noi è stata il "divorzio" fra Tesoro e Banca d'Italia (cioè la decisione della Banca d'Italia di non calmierare più il costo del finanziamento del debito pubblico intervenendo sul mercato, in modo da costringere lo Stato a fare avanzi primari - che ininterrottamente fa dal 1992, con la sola eccezione dei due anni di crisi, 2009 e 2010): questi avanzi sono, come ci siamo ampiamente detti ne Il tramonto dell'euro, un gigantesco trasferimento di risorse dalle forze produttive del paese (famiglie e piccole imprese) verso il sistema finanziario, che sentitamente ringrazia (e quando il sistema scricchiola manda i suoi proconsoli a sistemare le cose).

Tuttavia, l'analisi storica di Reinhart e Sbrancia chiarisce molto bene due cose, che sapete. La prima è che oggi siamo, in termini di debito pubblico, a un massimo storico (e non dipende solo dal nostro paese!). La seconda è che da simili punti di massimo si torna verso situazioni più sostenibili in tre modi: con l'iperinflazione, con la bancarotta, o con la regolamentazione dei mercati finanziari (per favorire una crescita moderatamente inflazionistica). Questa è la lezione della storia, e non ci possiamo fare nulla né io, né voi, né i miei amici mercati. Il cambio fisso, senza regolamentazione dei movimenti di capitale (come nel sistema di Bretton Woods in vigore fino al 1971) ha, fra i vari pregi, anche quello di essere fautore di instabilità finanziaria.

L'ultima volta che li ho visti, gli amici mercati, a Londra, un paio di settimane or sono, una seccante investitrice originaria di un paese periferico, che, come tutti gli ascari, manifestava grande fedeltà alla causa e grande venerazione per i suoi colonizzatori, mi decantava l'efficienza del governo di Macron che, a suo dire, si era presentato al colloquio coi mercati con un programma dettagliatissimo, e lo stava realizzando (e io dentro di me ridevo, perché questo blog che fu Cassazione per Hollande lo sarà anche per Macron, ed è veramente preoccupante che i nostri soldi siano in mano a persone che invece di avere l'umiltà di stare ad ascoltare chi ne sa più di loro e lo ha dimostrato continuino a ripetersi i mantra che i giornali defecano quotidianamente, senza avere un nanosecondo di memoria storica, quello che basterebbe per capire che in certi racconti c'è molto che non va...). Insomma, mentre questa qui continuava a seccarmi con domande petulanti sull'uscita dall'euro, per mettermi in difficoltà (a me!?), io, con grande serenità, con grande cordialità, ma con sufficiente fermezza, ho chiarito una cosa: che anche se fare default non è minimamente l'intenzione dell'Italia, né tantomeno la nostra se andassimo al governo, e anche se siamo ancora ben lontani da una situazione simile, tuttavia la storia dimostra che proseguendo con le politiche di austerità estrema che lei chiedeva, perché pensava di andarne immune (e io, con grande pietas, già la vedevo in mezzo a una strada con lo scatolone di cartone), alla fine, dalle e dalle, l'alternativa non sarebbe più quella fra essere pagati in euro o in "lirette svalutate", ma quella fra essere pagati in valuta nazionale o non essere pagati per niente: e questo non solo nel caso nostro, ma anche in quello del suo amico Macron, che ha pur sempre un discreto problema di deficit gemelli.

Lei non ha capito, ma altri sì: occorre un ripensamento profondo delle regole, questo è chiaro, occorre crescita, e quello che serve per renderla sostenibile. Quello che non è chiaro è se saremo abbastanza ragionevoli da realizzare i passi necessari evitando una ulteriore catastrofe. A giudicare dai discorsi che si sentono in televisione e si leggono sui giornali, c'è da essere piuttosto pessimisti. Ma di questo parleremo un'altra volta...





(...ora aspetto una slavina di "urge" e di "non hai detto che bisogna uscire dall'euro", e via moreggiando... Quod dixi dixi: io posso dirlo. E voi?...)

(...ah, questa era una lezione: l'esercitazione arriva domani, o dopodomani. Metteremo dei numeri nella formula per vedere bene come funziona. Dopo di che, ne saprete più degli austeri Soloni che pontificano in televisione, e potremo divertirci un po' alle loro spalle...)

58 commenti:

  1. Ma porc...

    "URGE" che mi toccherà studiare veramente.

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  2. Sostanzialmente siamo ad un passo dall'orizzonte degli eventi; la domanda è quindi la seguente: a chi si rivolgerà il Capitale per evitare l'autodistruzione? Agli scatoloni di cartone, o ai professionisti?

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    1. Agli scatoloni di cartone naturalmente. I professionisti stanno dicendo che dovrà guadagnare un po' di meno (repressione finanziaria attraverso la regolamentazione de Imercati™) e si sa: le rendite, come il salario, sono rigide verso il basso quindi per non guadagnare un po' di meno domani non guadagneranno nulla dopodomani avendo avuto la speranza di lasciare il cerino acceso in mano a qualcun altro.

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    2. Io penso che si rivolgerà alle armi.

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    3. Il più classico dei fallimenti del mercato.

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    4. Caro Luigi, tu sei più a tuo agio di me con le equazioni differenziali, quindi hai capito prima come finirà (purtroppo).

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  3. Risposte
    1. Io per strada con le scatole di cartone ci sono gia' da molti anni (per colpa sicuramente mia, ma certo aiutato anche da una particolare legge fortemente voluta da un leghista, anche se nota come legge Biagi). Detto questo, faccio sempre piu' fatica a capire come le proposte politiche della Lega siano la soluzione al problema qui illustrato. Mi ero avvicinato per la prima volta al blog proprio dopo essermi imbattuto quasi casualmente nel precedente post su Maastricht e l'aritmetica del debito (che era sempre stato il mio preferito. Forse ora lo diventera' anche questa seconda parte, insieme alla prima). In particolare non capisco come la flat tax possa risolvere alcun problema (mi pare che lo aggravi di molto); se non ricordo male, proprio nel post precedente sull'artimetica del debito si diceva che il rapporto debito/pil normalmente tende ad un asintoto purche' non superi un valore d* che e' fortemente sensibile alla pressione fiscale (se non sbaglio il prof. sosteneva di aver fatto i calcoli in passato e che d* poteva passare dal 250% al 125% diminuendo di un punto la pressione fiscale). Io non sono in grado di rifare i conti, ma se ora si realizza la flat tax, immagino che la pressione fiscale si ridurra' e se quindi gia' il 132% di rapporto debito/pil rischia di essere non sostenibile, una volta che si sara' ridotta la pressione fiscale anche di un solo punto, a occhio e croce nemmeno stare poco sopra il 100% potrebbe essere piu' sostenibile.

      In ogni caso, politicamente parlando, io da almeno 13 anni sostengo che votero' per chi abroghera' la legge Biagi(che in realta' dovrebbe chiamarsi legge Maroni).

      Se verra' formato un governo (poco mi interessa formato da quali partiti) e questo fara' abroghare la suddetta legge, sicuramente alle prossime elezioni votero' uno dei partiti che lo sostengono.

      Saluti,
      Marco G.

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    2. Caro Marco, le è chiaro che la flessibilità del lavoro (cioè del salario, cioè il suo scatolone di cartone) si è resa necessaria per compensare la rigidità del cambio (cioè l’euro)?

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    3. Ah, un’altra cosa: io lo scatolone non lo auguro nemmeno al saccente ascaro. Dico però che se lo sarà meritato (in quanto saccente e in quanto ascaro). Sbaglio?

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    4. Sugli ascari preferirei non esprimermi.

      Per quanto riguarda il fatto che la flessibilita' del lavoro sia stata necesaria a seguito della rigidità del cambio l'ho imparato qui (e lo riassumerei brevemente, anche seprobabilmente non in modo completo: "se non puoi aumentare le esportazioni svalutando, le devi aumentare diminuendo i salari"). Pero' quella legge a cui mi riferivo io e' del 2003, con effetti definitivi dal 2004, cioe' ben prima delle crisi del 2008 e successive (infatti su di me personalmente i primi effetti nefasti li ha avuti tra il 2005 e il 2006, per poi ritrovarmi definitivamente con gli scatoloni dal 2012 in poi, dal governo Monti in poi [ma gia' nel 2005 una bella botta l'avevo gia' subita]). Tra l'altro in quello che era il mio settore (l'informatica, esplicitamente nominata dalla legge Biagi) non so quanto l'Italia esporti; la mia esperienza personale direbbe: esportazioni=0, pero' e' appunto solo la mia esperienza personale e non fa testo (non saprei come recuperare una statistica piu' affidabile).

      Forse rientra nei settori di cui diminuire i costi in quanto voce dei "servizi" alle attività che poi effettivamente esportano.

      Quello che pero' non mi e' affatto chiaro e' come alcuni punti del programma della Lega (la flat tax in particolare) risolverebbero il problema anziche' aggravarlo.

      Tra l'altro anche uscendo dall'euro, nessuno ha proposto di abrogare la suddetta legge Biagi
      (per la verita' in una ultraprimitiva versione del programma del m5s c'era tale abrogazione. Poi nelle ultime versioni sembra sparita anche da li')

      Quanto sopra mi ha impedito di votare Lega (che pure avevo gia' votato in passato, anche se solo nel 1996 se non sbaglio) e non ho votato nemmeno m5s (e nemmeno nessuno degli altri), pero' resta il fatto che saro' pronto a votare chiunque portera' all'abrogazione della suddetta.

      Saluti,
      Marco

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    5. Una osservazione sui tempi. Lei ha una lecita tendenza a concentrarsi sul suo caso, ma il fatto che lei abbia avuto problemi nel 2005 per una legge del 2004, mentre la crisi è arrivata nel 2009, cosa proverebbe? In realtà la legge Biagi è solo una tappa di un cammino che inizia col pacchetto Treu del 1997, anno della fissazione del cambio. Lei continua a soffermarsi sui sintomi.

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    6. @Marco G Per quanto riguarda le esportazioni del settore informatica ricordo un piccolo esempio magari non significativo, pero' reale. Piccola azienda di sviluppo software in settore assai particolare e molto qualificato anche per il settore informatico, nata e felicemente cresciuta fino alla fine degli anni'90, grosse soddisfazioni in termini di prestigio, mercato prevalentemente estero perché gli utilizzatori di simili prodotti sono industrie soprattutto estere. Crisi sempre più grave lungo gli anni'2000. Si precipita in una produzione "assistita" da progetti europei più o meno fantasiosi, ma insufficienti e insostenibili per una piccola azienda... oggi non so più. Allora non avrei saputo trovare un possibile nesso col cambio fisso, oltre a altri fattori, ma una volta consapevole del ruolo del cambio la coincidenza temporale mi ha fatto pensare.

      Quanto al resto, uscire dall'euro è prioritario, ma l'assenza di riferimenti contestuali all'uscita anche dalla legislazione sul lavoro degli ultimi vent'anni, ma già prassi molto tempo prima, tanto più SE creata esattamente a causa del sistema di cambi fissi, non convince neanche me (come peraltro ho già scritto durante la campagna elettorale quando il tema è stato accuratamente evitato, almeno negli incontri disponibili online che pure spaziavano dai minibot ai giuramenti sul Vangelo). A mia conoscenza, la cosa più esplicita che si possa citare in merito è ancora la rapida risposta di Borghi a un giovane interlocutore durante la campagna a Lucca che gli chiedeva se sarebbe stato abolito il JA e ripristinato l'art. 18. Suonava più o meno "è molto complicato non si puo' dire cosi', bisogna impedire i licenziamenti quando c'è crisi e renderli più facili quando c'è piena occupazione" (per controllare l'inflazione immagino, ma anche perché come ha spiegato Kalecki gli "imprenditori" non amano gli obblighi, dovessero pure andare a scapito dei loro stessi profitti e si sa noblesse oblige). Credo sia la prima volta in cinque anni che sento Borghi dire che qualcosa è troppo complicato, eppure il tema non sembra dei più tecnicamente ardui come comprensione. Il nodo pare quindi essere politico, e riguardare anzitutto la precedente applicazione dello Statuto dei lavoratori alle aziende medio grandi (sopra i 15 dipendenti) cosa che verrebbe quindi esclusa da qualsiasi nuova normativa oggi. Pero' la Costituzione vorrebbe appunto la piena occupazione... e bisogna sempre ricordarsi che l'euro potrebbe non essere stato che il mezzo PER precarizzare il lavoro (e dismettere i servizi pubblici), non il fine principale dell'intera operazione, benché abbia fatto certo guadagnare molti, dai grandi investitori a alcuni paesi a detrimento di altri ecc. ecc.

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    7. Capisco che sono troppo prolisso sul mio caso personale che non c'entra nulla. Il mio dubbio pero' era: come puo' la flat tax risolvere il problema, anziche' aggravarlo? A me l'articolo precedente sul debito di maastricht aveva fatto pensare che la flat tax aggravi i problemi anziche' risolverli. E questo secondo articolo non mi e' sembrato smentire la cosa. E' sicuramente possibile che io mi sbagli, visto che di sicuro non sono un esperto di economia, ma sinceramente fino ad ora non riesco a capire perche' sia sbagliato pensare che la flat tax aggravi il problema piuttosto che risolverlo. Questo nell'ottica di eventualmente (tornare a) votare per la Lega un giorno. Gia' faccio molta fatica a pensare di farlo, data la mia storia personale. Se poi penso anche che le ricette della Lega peggiorino le cose, sara' veramente difficile tornare a votare quel partito.


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    8. L'altro dubbio, che mi e' venuto in questo momento leggendo la sua risposta (intendo quella di Pellegrina a me) insieme con quella del prof. Bagnai, sempre a me, dove dice che il problema e' iniziato nel 1996 con il pacchetto Treu.

      La versione breve del mio dubbio e':

      ma chi garantisce che una volta usciti dall'euro non vengano mantenute, anzi peggiorate, tutte le leggi attualmente vigenti sul mercato del lavoro (Legge Biagi, Jobs act, ecc.)?

      Cioe', perche' gli imprenditori che non amano gli obblighi e che votanno spesso in un certo modo, dovrebbero miracolosamente volere aumentare l'occupazione ?

      Per la versione prolissa del mio dubbio vedere sotto.


      Mi ha colpito la frase attribuita a Borghi "bisogna impedire i licenziamenti quando c'è crisi e renderli più facili quando c'è piena occupazione", che mi sembra condivisibile. Nel post "58 anni di disoccupazione" pubblicato qui sul blog (nel luglio 2013 se non sbaglio) c'e' un grafico che illustra il tasso di disoccupazione dal 1960 con proiezione fino al 2017. Si vede come la disoccupazione sembra avere iniziato una discesa poco dopo l'approvazione del pacchetto Treu ed avere ricominciato a salire ripidamente poco dopo l'entrata in vigore della legge Biagi (ma sembrerebbe prima della crisi del 2008). Ora, se posso capire che la legge Biagi abbia reso piu' facili i licenziamenti in un momento in cui la dinamica dell'occupazione sembrava tendere verso la piena occupazione (anche se era comunque sopra il 6%) di sicuro non capisco perche' (in coerenza con la frase suddetta) tale legge non sia stata abrogata dopo il 2008 dal governo Berlusconi, di cui mi pare che la Lega facesse parte; tanto meno capisco perche' sia stato approvato il Jobs act e perche' non possa essere abrogato, visto che attualmente non mi pare che siamo in regime di piena occupazione.

      Sul fatto che il fine fosse solo la precarizzazione del lavoro io non ho molti dubbi. Il mio dubbio piu' grande e': quelli che vogliono precarizzare il lavoro (che sia fuori dall'euro o con l'euro) votano a sinistra, a destra o sono maggioranza da entrambe le parti ?

      Saluti,
      Marco Guidi

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    9. Caro Marco,

      tu applichi ai tuoi occhi le foglie del tuo caso personale, doloroso, e così non vedi l'albero. Senza rendertene conto, ti stai schierando con Cottarelli (e con l'Europa), perché la tua tesi è che una politica fiscale espansiva aggraverebbe il problema del debito pubblico. Siccome ho non dimostrato, ma semplicemente illustrato (coi dati) ampiamente che in effetti è successo e succede il contrario, e il percorso intrapreso con questi post sta approfondendo il perché, il minimo che si possa osservare, anche se è doloroso farlo, è che in un'economia di mercato conta anche l'individuo. Forse, se tu avessi dimostrato per quello che ti succedeva intorno l'attenzione che non hai dimostrato per gli sviluppi degli ultimi anni, non ti saresti trovato nelle condizioni nelle quali ti trovi. Voglio dire che a me dispiace che i lavoratori si ritrovino senza lavoro, e che le imprese chiudano, ma va anche detto che certe volte occorrono eroici sforzi di solidarietà umana per non pensare che se lo meritino (altrimenti non si spiegherebbe perché alcuni sì e altri no: evidentemente non siamo tutti uguali, per una somma di motivi). Mi sembra del tutto evidente che tu hai un nemico politico: la Lega, cui attribuisci la paternità dell'unica causa dei tuoi mali, la legge Biagi. Cosa abbia reso necessaria una simile legge non ti interessa, quale percorso abbia compiuto (e stia compiendo sotto i tuoi occhi) il partito che era al governo quando questo provvedimento (uno dei tanti) fu promulgato non ti interessa, cosa dicono i dati non ti interessa. La disoccupazione toccò un minimo al 5.6% nel terzo trimestre del 2007, e il suo successivo aumento (incredibile ma vero!) non fu colpa né di Abberluscone né di Salvino, ma di un calo degli investimenti, verosimilmente legato alla brutta aria che tirava in quel periodo, e che non dipendeva esattamente dai tuoi nemici politici (Abberluscone e Salvino) ma dagli amici di quello di cui stai oggettivamente sposando l'analisi (gli Usa e i loro mercati finanziari).

      Scusa se sono un po' urticante, ma colgo l'esempio della tua analisi per illustrare un punto di carattere generale. Chi denuncia l'irrazionalità dell'euro viene accusato (dagli spin doctor) di cercare un capro espiatorio, e al contempo un argomento assolutorio. Non è così, almeno nel mio caso. Le mie valutazioni del sistema sono appoggiate dalla letteratura scientifica, e io so benissimo che si fallisce (o si ha successo) anche per responsabilità proprie. Naturalmente l'ambito in cui si esplica l'azione individuale è condizionato dalla situazione oggettiva. Se sei in un sistema la cui ragion d'essere è creare disoccupazione, è chiaro che la probabilità di essere disoccupato aumenta. D'altra parte, non tutti quelli che mantengono un lavoro ci riescono perché sono l'amante del capo o il raccomandato dal ministro. Forse qualcuno ci riesce anche perché se lo merita.

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    10. Dopo di che, il tuo ragionamento secondo cui l'euro è stato un mezzo per precarizzare il lavoro, la precarizzazione è una scelta politica, tornare indietro da scelte simili è complesso, e la Lega non fornirebbe garanzie in tal senso, secondo me ha elementi di razionalità, o meglio, li aveva. Voglio farti una domanda: tu pensi che sia più facile far capire a un imprenditore che se i dipendenti altrui non vengono pagati la sua impresa chiude, o far capire a un uomo "di sinistra" che l'Europa non è un sogno? Io so solo una cosa: nel primo caso ho avuto diversi successi, nel secondo solo fallimenti. Questo è il motivo (e qui concludo) per cui tu sentiti ovviamente libero di votare chi vuoi (tenendo conto che se vanno al potere quelli di cui sposi l'analisi rischi di non avere più questo fastidio), ma il mondo sta premiando non dico chi gli offre un'alternativa (non te lo dico se non ci vuoi credere!), ma almeno chi non gliela nega platealmente.

      Te lo dico in un altro modo: quando dico che mi sono impegnato con la Lega, la risposta standard dell'asinistro non è "ma sono liberisti!": è "ma sono razzisti!". Ora, la seconda cosa non è vera (con l'eccezione della mia persona, si intende), sulla prima ci sarebbe molto da discutere dopo aver letto il programma (lo hai fatto?), ma il punto è che a sinistra non troverai mai più (intendo: mai più per i prossimi vent'anni a meno di un conflitto mondiale) un punto di appoggio per portare avanti il tuo ragionamento. Il vero problema è questo, cioè il fatto che la sinistra, dopo aver tradito il lavoro, distruggendo il proprio elettorato, si è ridotta a trovare nell'immigrazionismo l'unico collante identitario (l'unica cosa che oggi permette a chi è di sinistra di dirsi tale e riconoscersi come tale è il "liberi tutti" alle frontiere, siamo d'accordo?), spargendo così il sale sulle macerie del suo elettorato di riferimento. Al di là della mia valutazione su questo modo iperliberista di intendere la mobilità dei fattori, il mio punto è molto semplice: chi intenda fare azione politica (ad esempio: discutere i meriti relativi di un approccio keynesiano o liberista) non può (oggettivamente) farlo a sinistra, perché quel luogo è ormai vuoto, non c'è più. Nel mio partito, ne sono certo, molti non saranno d'accordo con me su tutto, ma... è un partito! Un luogo di elaborazione e di mediazione politica, in cui esporre le proprie ragioni e ascoltare quelle altrui. A sinistra non c'è niente di simile, ormai, e forse non c'è mai stato, almeno nei sette anni in cui ho provato a confrontarmi. Posso fallire di nuovo, ma se voglio provarci non ho altra scelta che fare politica a destra perché a sinistra la politica è morta. Poi, tu, fai come ti pare: è la politica, bellezza!

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  4. Mi piace il taglio tecnico dato, è opportuno sia così.
    Le tesi vanno sostenute con rigore di metodo altrimenti hanno ben poco valore.
    Nella lettura mi sono fermato dove lei dice di fermarsi per andare a leggersi l'articolo precedente.
    Grazie intanto della disponibilità.

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  5. Vedo che l'aria di palazzo Madama ha mitigato quel tuo lato caustico del catattere che tanto ti ha nuociuto... inizio lo studio ed aspetto l'esercitazione... voglio saperne di piu'.

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    1. Perdonami, non ho tempo di verificare se sei sempre stato ridicolo o se lo sei solo diventato: tanto mi ha nuociuto che sono diventato senatore in scioltezza, laddove tanto colleghi hanno sgomitato per anni senza cavare un ragno dal buco… Ma sai anche leggere? Con immutata stima.

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    2. Era ironico... io mi sono reso conto della sua impresa. La mia stima non e' immutata. Cresce!

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    3. Era solo per rassicurarti: il mio carattere è rimasto pessimo.

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  6. Ero preoccupato e lo sono di più ciò restringe i nostri margini di manovra nell'euro e aumenta la necessità di trovare soluzioni veloci, a questo punto occorre un governo che sappia cosa fare mettendo da parte le partigianerie partitiche.... Ora sono veramente pessimista, informato, ma pessimista!

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  7. molto bello. tante cose da studiare e da segnalare agli amici chiedendo di fare altrettanto. Buona pasquetta!

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  8. A proposito di debito pubblico, ieri sul mankiw (manuale di macroeconomia) ho trovato la giustificazione matematica al vincolo del 3%... rigorosamente formulata ex post. Roba da matti

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    1. Potresti postarla?
      Giusto per vedere il livello delle argomentazioni usate...

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  9. Caro Professore

    La ringrazio per questa bellissima lezione sulla dinamica del debito pubblico.
    Se non erro ci ha spiegato che il debito pubblico italiano aumenta nonostante gli avanzi primari perchè il costo del debito è superiore al nostro tasso di crescita ( effetto valanga o snowball)
    Se avessimo una banca centrale che stampa moneta e acquista titoli di stato potremmo ( monetizzazione del debito ) interrompere questo circolo vizioso.
    I critici Le direbbero che vuole imporre una tassa d' inflazione dannosa per i ceti più deboli.
    Nella mia ignoranza penso che in una situazione di economia debole con una vasta capacità produttiva inutilizzata, un aumento della moneta sarebbe assorbito anche da un incremento della produzione e non solo in un aumento dei prezzi che sarebbe contenuto, ma mi corregga se sbaglio.
    Urge che l' Italia recuperi la propria sovranità monetaria e per questo ho votato il partito che l'ha candidata...ma nel momento attuale, con le regole vigenti, possiamo fare qualcosa ?
    Possiamo mutualizzare, come stato proposto,una parte del nostro debito ricorrendo al prestito bancario ?
    La mancanza di una BC e l'adozione dell'euro sono le due circostanze che ci espongono al fallimento e un eventuale salvataggio ci verrà fatto pagare con la cessione delle nostre industrie ad alta tecnologia.
    Spero di sbagliarmi.

    PS Credo che la formula prima della ( 2 ) si ixDt-1 e non ixDt. Per arrivare alla ( 2 ) ha moltiplicato per 1 cioè Yt-t/Yt-1 per poi sostituire il rapporto Yt/Yt-1 con 1/(1+g)?
    Ancore una volta ...se sbaglio mi corregga.

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    1. Grazie, hai perfettamente ragione sulla formula (il senso è che gli interessi si pagano sul debito che c’è già). Ora scendo e correggo. Per il resto, forse avrai anche ragione, ma “urge” (a meno che non sia usato in senso ironico) ti colloca ex lege fra gli inutilia politici. Il linguaggio, purtroppo, conta…

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    2. Ho fatto quello che urgeva. Per il resto, dico solo che ormai Borghi, su Twitter, a "urge" reagisce col blocco. Non sono i cento metri piani: purtroppo è una cosa tipo questa, dove arrivare vivo è altrettanto importante che arrivare primo! Quindi urgiamo con calma...

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  10. Occhio al refuso, Professore: "per QUI il rapporto debito/Pil diminuirebbe anche con un disavanzo primario (cioè con un -a positivo), purché inferiore al 2.9%".
    E grazie, come sempre.

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    1. Grazie anche a te. E siamo a due refusi! Digestione difficile…

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  11. Bentornato Senatore, Maastricht e l'aritmetica del debito pubblico è il primo post tecnico che ho letto e studiato con carta penna e calamaio. Attendo con ansia il prox. Buona giornata. Bye. Gila

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  12. Prendo atto come sempre e rimango in stand by!

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  13. Tutto molto bello ma tornando alla politica ci sono solo due scenari: un ministro dell’economia indicato dai 5S che formano un governo alleati con la Lega o un ministro di tutti paralizzato dai veti incrociati nel caso di un “governo del Presidente”.
    Quindi oltre a una analisi di quello che ha fatto Monti mi aspetterei una valutazione del programma economico del M5S che se davvero governerà vorrà a qualunque costo una qualche forma di reddito di cittadinanza e non farà mai la flat tax, giudicata “iniqua e non realizzabile in Italia”.
    Il punto in comune con la Lega potrà essere solo la modifica delle legge “Fornero” e su questo, come mi sembra di aver capito dall’articolo sovrastante, ci dovrebbero essere ampi margini di manovra. O no?

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  14. Fa piacere tornare a Lezione. Grazie Prof.

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  15. In estrema sintesi per l'uomo della strada: variazione debito/pil ~= (deficit - crescita) + (interesse - inflazione)
    Cioè la crescita e l'inflazione si oppongono a deficit e interesse

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    1. Mi sembra una sintesi un po' troppo estrema. Variazione debito/Pil = (interesse-crescita) x debito - avanzo (la formula (4)).

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  16. Non avevo dubbi che dopo averla votata (da diversamente intelligente quale mi definì :D ) non sarebbe scomparso in quanto eletto.
    Non c'è dubbio nemmeno che la sua analisi sia puntuale anche perché nessuno dei tassi reali ne parla: in tv si sente affermare costantemente "i tassi sono bassi grazie alla Leuropa" (forse i tassi ho nell'orto a Camaiore).

    La credibilità non dipende dalle Olgettine (questo è il tema tecnico che sollevano) semmai dalle partite correnti e questo è un tema che poi può servire a smontare la tesi degli "alti tassi perché corrotti".
    Se siamo credibili (bilancia commerciale) possiamo essere sovrani e avere una BC che possa essere finalizzata a politiche governative fiscali tenendo sotto controllo i tassi reali e pure la speculazione che speculerebbe su su una base solida (e quindi il debito/casta/cricca/corruzione/Berlusconi/DiMaiocheRideEsperto andrebbe a farsi friggere).

    Allora mi sono chiesto: la Germania Ovest (dal 1970 al 1989 quindi prima del 4 a 3 fino alle notti magiche escluse) e l'Italia come stavan messe come quota salari?

    Ho pensato infatti che tenendo bassa quella la Germania ovest ottenesse una maggiore competitività e che via via essa avesse prodotto maggiori salari reali & ingigantimento struttura produttiva/tecnologia (anche quest'ultima grazie a una maggiore quota profitti).
    Questo ragionamento mi è stato confermato da alcuni economisti però dovrebbe avere basi empiriche, grafici (al fine di non sentirsi più dire che la credibilità l'Italia non ce l'ha e che una volta usciti dall'euro saremmo travolti).
    Non mi convince la storia "i tedeschi non avevano bisogno di svalutare perché avevano tecnologia & risorse minerarie" mi sembrerebbe di impararla a memoria senza esserne certo (come avviene agli esami se uno non ha capito davvero qualcosa).

    Negli anni '70 pre SME/pre Sme credibile/pre Ecofin 24/11/96 l'Italia è stata in negativo fino al 1975 e in positivo fino al 1980. Più o meno pari e patta..la Germania in saldo positivo costantemente.
    Criticità:
    1) Non ho trovato uno storico che illustrasse il valore di una quota salari che tenga conto però anche del numero di dipendenti (è chiaro che se nel paese A la quota salari è la stessa sul PIL del paese B ma in B i salariati sono il doppio...significa che probabilmente nel paese B il salariato ottiene meno soldi rispetto al datore).
    2) Il grafico storico che mostra le partite correnti negli anni '70 dei tedeschi non è specificato se si riferisce alla Germania di Muller e Breitner o a quella dell'est...

    Buon lavoro Senateur

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  17. Ah Prof. anche se mio padre ha fatto il ragioneria al Tito Acerbo
    negli anni 40 , anche se la sera mi spiegava qualcosa di Economia,
    non c'ho capito nulla. Ti ho votato, sei stato eletto, mò mettiti l'armatura del cavaliere nero e fagli male!

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  18. NNNNUUUUUOOOOO! Mi hai spoilerato il finale (sarebbero le piume sul catrame per l’espertone di turno: già avrai capito quale moscone è finito nella tela del crotalo…).

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  19. Non dico altro... https://www.brocardi.it/codice-penale/libro-secondo/titolo-i/capo-i/art243.html

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    1. Non mi sembra un rilievo molto pertinente, perché fa riferimento a situazioni di guerra in senso stretto.

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  20. Certo, fa riferimento a situazioni di guerra ma anche " o compia atti di ostilità contro lo Stato Italiano, ovvero commette altri fatti diretti allo stesso scopo".
    Il verificarsi dell’evento bellico non è elemento necessariamente richiesto per la consumazione del reato per il quale è sufficiente l’avvenuta intelligenza con lo straniero al fine di compiere anche altri atti ostili alla Nazione, anche qualora non coercitive o non violente.
    Il reato resta di difficile applicazione per vari motivi... anche se noi abbiamo ben presente che il fatto sussiste sia in termini di cessioni di sovranità, sia in termini di guerra economica ed atti ostili in generale. Questo come altri è uno degli articoli presi in considerazione da Mori nelle sue denunce.
    Di sicuro sarebbe di più semplice applicazione ad esempio il 246cp se si trovassero le prove che si vendono... una nuova mani pulite.

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  21. Professore
    ll termine urge voleva essere scherzoso e non provocatorio...non me ne voglia.
    Grazie per l' indicazione del saggio di Domar.

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  22. La repressione finanziaria...il grafico si ferma purtroppo al 2009 e manca quindi della clamorosa riedizione del periodo 2009/oggi, ove abbiamo assistito a tassi reali abbondantemente negativi in USA L'EUROPA E GIAPPONE.Solo i governativi USA hanno ricominciato,da poco,a dare un tasso reale positivo, ma solo su durate superiori al due anni.Europa e Giappone rimangono invece ampiamente negativi su tutta la curva! La formula tassi nominali a zero + QE ha almeno sortito i suoi effetti sui rapporti debito/PIL (devastati dalla crisi 2008/9), ma questo non sarebbe stato possibile senza la massiccia disinflazione importata dagli emergenti...Quanto al trasferimento di ricchezza dal lavoro al capitale, beh, questo è avvenuto nell'ultimo decennio come e più che in uno scenario di tassi reali positivi! Il forte calo dei tassi imposto dalle banche centrali, infatti, ha provocato un contestuale inflazionamento di tutte la attività finanziare/beni di investimento. Non dimentichiamo che il valore attuale di un bond a tasso fisso, così come quello di una azione, altro non è che l'attualizzazione dei suoi flussi fuori (cedole o dividendi).
    Il "grande capitale", investendo in questo decennio in bond lunghi e azioni, ha quindi beneficiato della esplosione dei relativi prezzi, realizzando spettacolari guadagni in conto capitale. Non a caso, siamo al culmine della più colossale bolla finanziaria della storia! E chissenefrega se le cedole/dividendi nominali sono bassi...

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  23. Premetto che non capito qui per caso ma l'ho cercata perche',mi affascina Professor Bagnai,mi affascina perché sa' è sa' di sapere,io ho la licenza media un po' per mia colpa è un po' per colpa della situazione sociale Italiana.Capira' che leggere quelle formule per me è stato come leggere il Fenicio ma mi sono sforzato sicuramente sbagliando in qualche caso,ma grazie agli altri interventi sempre ottimi e al suo aiuto credo e spero di averci capito qualcosa e per questo ringrazio lei e tutti i partecipanti.Devo dire però che la mia colpevole ignoranza sul tema,mi rende vergine e forse ho una visuale diciamo diversa sulle conclusioni.Tutta questa spiegazione matematica mi sembra molto rigida e statica(comprendo che lo deve essere per un confronto accademico sul tema),se posso mi ricorda un grande generale che pianifica rigorosamente la tattica per la prossima battaglia,fa tutto il possibile ed inimaginabile,ma sa nel profondo che basterebbe una granata ad eliminare il suo plotone migliore perché tutto crolli.Da quanto ho capito tutto il sistema finanziario in realtà è molto instabile e schizzofrenico ,quindi applicarvi regole (anche se capisco sia razionale e obbligatorio in realtà possa servire a poco per costruire un futuro).Credo che come sempre siamo arrivati al libero arbitrio, cioè alla scelta,il generale continuera' a pianificare tutto nei minimi particolari per vincere la battaglia,sapendo che una granata vanifichera tutto il lavoro,o deciderà di inventarsi qualcosa di nuovo per eliminare quella probabilità,lo so la mia domanda non è di facile risposta,ma questa è la passione che si è scelto,io potrei darle innumerevoli risposte sul giardinaggio essendo questa la mia passione,la ringrazierò enormemente se potrà esaudirmi

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    1. Carissimo, se non semini la pianta non nasce, e se non ti indebiti non nasce il debito. Fin qui la matematica. Poi naturalmente c'è tanto altro. Pioverà? Grandinerà? I tassi di interesse saranno alti? Ecc.

      Non devono preoccuparti spiegazioni "rigide": i fatti bisogna organizzarli, in qualche modo. Devono preoccuparti politiche rigide, perché dei fatti bisogna tenere conto. Questa frase diventerà più chiara andando avanti.

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  24. La ringrazio moltissimo della risposta,e continuerò a studiare.

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  25. Cito un grande e grosso del nostro cinema(Bombolo):"A me er meccano me fa scoppià a testa":Senza le "figure "i libri sono per me come un ascensione alla vetta del K2 : mi serve un dirigibile d' ossigeno per riprendermi .Comunque ne vale la pena se non altro per il panorama che vedo da lassù ,al quale s' aggiunge la soddisfazione non farmi prendere in giro dai media "prezzolati e collusi"cosa che mi trasforma un anziano gentile che va a spasso con il suo bassotto
    (così mi descrivono gli altri)in un tipo come questo https://www.youtube.com/watch?v=fweUzAkFi9E

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  26. A proposito de l'aritmetica del debito pubblico ( solo qui e su orizzonte 48 si trovano cose del genere) posto questa perla di natolibero68 , di una semplicità disarmante ( manco n'eqquazzione ! )non zia mai che a personaggetti tipo serendippo sovvenga qualche dubbio (il mio motto rimane cmq Desistere , Desistere , Desistere )
    (segue )

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  27. @natolibero6812 marzo 2018 17:42
    quante volte bisognerà ribadire l'ovvio? STAMP: È passato molto tempo, Keynes, da quando abbiamo avuto occasione di fare una chiacchierata confidenziale, e molti giorni da quando ti ho insegnato qualcosa. Ora leggiamo continuamente sui giornali, credo restando noi stessi confusi, tutte queste controversie sullo spendere e sul risparmiare. A che conclusioni pensi che il pubblico sia giunto in merito? Ritieni che tutte queste discussioni abbiano fatto emergere dei punti particolari, rendendoli chiari, o è tutto così confuso come all’inizio?
    KEYNES: La mia impressione è che l’umore della gente stia cambiando. C’era un bel po’ di panico circa un anno fa. Ma non è forse vero che ora ci si sta rendendo conto abbastanza generalmente che la spesa di un uomo è il reddito di un altro uomo? Comunque, questa mi sembra essere la verità fondamentale, che non deve mai essere dimenticata. Ogni volta che qualcuno taglia la sua spesa, sia come individuo, sia come Consiglio Comunale o come Ministero, il mattino successivo sicuramente qualcuno troverà il suo reddito decurtato; e questa non è la fine della storia. Chi si sveglia scoprendo che il suo reddito è stato decurtato o di essere stato licenziato in conseguenza di quel particolare risparmio, è costretto a sua volta a tagliare la sua spesa, che lo voglia o meno.
    S.: Ciò significa che egli riduce il reddito di un secondo uomo, e che qualcun altro rimarrà senza lavoro.
    K.: Sì, questo è il guaio. Una volta che la caduta è iniziata, è difficilissimo fermarla.
    S.: Un momento. Osserviamo il risparmio di un Ministero o di un individuo, e consideriamo il suo effetto. Un paese o una città, proprio come un individuo, debbono vivere nei limiti delle loro risorse o si troverebbero in grave difficoltà se provassero a spingersi oltre. Molto presto intaccherebbero il loro patrimonio.
    K.: Ci può essere solo un obiettivo nel risparmiare, ed è esattamente quello di sostituire una spesa con un altro e più saggio tipo di spesa.
    S.: Sostituire! Questo mi fa comprendere il punto. Ad esempio, se il Governo o le autorità locali risparmiassero per ridurre le imposte o i saggi di interesse e permettessero agli individui di spendere di più; o se gli individui spendessero meno in consumi, per usare essi stessi il denaro nella costruzione di case o di fabbriche, o per prestarlo ad altri a tale scopo. Non servirebbe tutto ciò ad aggiustare le cose?
    K.: Ma, caro Stamp, è questo che sta accadendo? Ho il sospetto che le autorità spesso risparmino senza ridurre i tassi di interesse o le imposte, e senza passare il potere di acquisto aggiuntivo agli individui. Ma anche quando il singolo riceve il potere di acquisto aggiuntivo, di solito sceglie la sicurezza o, quanto meno, pensa che sia virtuoso risparmiare e non spendere. Ma non sono veramente questi risparmi, tesi a far abbassare i saggi e le imposte, che sono al centro delle mie polemiche. Sono piuttosto quelle forme di risparmio che comportano un taglio della spesa, nei casi in cui quest’ultima dovrebbe essere naturalmente coperta con il debito. Perché in questi casi non c’è alcun vantaggio connesso col fatto che il contribuente avrà di più, a compensare la perdita di reddito dell’individuo che subisce il taglio.

    (segue)

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  28. S.: Allora, ciò che intendiamo realmente è che, salvo il caso in cui la mancata spesa pubblica venga bilanciata da una spesa personale aggiuntiva, ci sarà troppo risparmio. Dopo tutto, il normale risparmio è solo un differente tipo di spesa, trasmessa a qualche autorità pubblica o alle imprese, per produrre mattoni o macchinari. Il risparmio equivale a più mattoni, la spesa a più scarpe.
    monia, non è necessario che le pubbliche autorità sentano la loro responsabilità in questa direzione? Se questa abitudine, così utile nella vita individuale, deve recare giovamento alla comunità, è essenziale che si trovino modi utili di usare il denaro risparmiato.
    K.: Sì, questo è ciò che dico. E inoltre, quello della diminuzione dell’attività, e quindi del reddito nazionale, non è un modo incredibilmente miope in cui cercare di pareggiare il bilancio?
    (segue)

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  29. S.: Bene, lasciando da parte qualsiasi questione complessa riguardante il debito nazionale, mi sembra che tutto questo riguardi comunque il Ministro delle Finanze in due modi. Innanzi tutto, deve far fronte alle indennità di disoccupazione per gli uomini licenziati, e poi deve tener conto che il gettito delle imposte dipende dal reddito degli individui o dalle loro spese. Cosicché tutto ciò che riduce sia il reddito che le spese degli individui riduce il gettito delle imposte. E se si subisce una diminuzione dal lato delle entrate e un incremento dal lato delle uscite, si deve trovare un rimedio. Un bilancio squilibrato distrugge infatti il nostro credito, anche se c’è una differenza tra un periodo normale e uno anomalo.
    K.: Ma Stamp, non si potrà mai equilibrare il bilancio attraverso misure che riducono il reddito nazionale. Il Ministro delle Finanze non farebbe altro che inseguire la sua stessa coda. La sola speranza di equilibrare il bilancio nel lungo periodo sta nel riportare le cose nuovamente alla normalità, ed evitare così l’enorme aggravio che deriva dalla disoccupazione. Per questo sostengo che, anche nel caso in cui si prende il bilancio come metro di giudizio, il criterio per giudicare se il risparmio sia utile o no è lo stato dell’occupazione. In una guerra, per esempio, tutti sono al lavoro, e talvolta anche attività importanti e necessarie non vengono svolte. Allora se si riduce un tipo di spesa, una spesa alternativa e più saggia la sostituirà.

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  30. S.: La stessa cosa accadrebbe se il governo stesse attuando un grande progetto edilizio e un programma di risanamento delle aree degradate. […]
    K.: Trovo che siamo d’accordo più di quanto pensassimo. Ma molte persone ritengono oggi che persino le spese praticabili costituiscano una vera sciocchezza. Quando il Consiglio della Contea decide la costruzione di case, il paese sarà più ricco anche se le case non garantiranno alcuna rendita. Se non si costruiscono quelle case, non avremo nulla da mostrare fatta eccezione per il maggior numero di uomini che ricevono un sussidio.
    (segue)

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