(...oggi è l’ultimo giorno per le nomination ai
MIA17. Dato che quest’anno dovremo essere miglior sito politico-d’opinione – come da
istruzioni – elaboro una riflessione politica che ho già condiviso con voi
e nella quale sono inciampato pochi giorni fa in circostanze fortuite. Andremo
avanti così, di vittoria in vittoria, e già sto pensando a cosa dovrò scrivere
quando l’unica categoria sarà rimasta il “miglior sito LGBTIXHGKJNAD” – confido
nel fatto che nel tempo intercorso nuove lettere si saranno aggiunte all’acronimo.
Sarà sicuramente meno noioso di quello che vi tocca leggere oggi...)
La lettrice di
inglese di un’università europea dove ero in visiting mi propose un giorno il seguente
quesito: “Come si dice in inglese bella donna?” Fiutando il trabocchetto, mi
avventuravo guardingo verso uno scontato “a beautiful woman”, quando lei,
inglese di Inghilterra, tranchant:
“Tourist!”. Certo, essere un’isola ha i suoi pro e i suoi contro. Non è che i
rimescolamenti di sangue siano mancati da quelle parti. Però, in effetti, se lo
dicono loro, si vede che l’insularità qualche danno lo ha fatto...
Naturalmente ogni
regola ammette eccezioni (fra le quali non era dato annoverare la sarcastica
lettrice). Pensate alla regola del 3% (del deficit di bilancio pubblico sul
PIL). Se la osserviamo (come si dovrebbe) su una media sufficientemente lunga,
scopriamo, con nostra nulla sorpresa, che noi Italiani l’abbiamo rispettata,
pur non potendo, per una serie di motivi, finanziarci
a tassi negativi come i nostri fratelli tedeschi:
(la media va dal
1999 al 2017, i dati sono quello del WEO). Scopriamo anche, con nostra nulla
sorpresa, che paesi “virtuosi” e salvatori de “Leuropa”, come la Francia, in
media hanno violato la regola pesantemente, senza che per questo i loro
giornali apostrofassero la loro popolazione così come il Fatto Quotidiano apostrofa noi.
Ci sarà un
motivo, che però non sta all’economista ricercare, ma allo storico.
(...e prima,
magari, al
magistrato, il quale magari non interviene non perché sia schiavo dei
poteri forti kittipaka ecc. – queste sono scemenze – ma semplicemente perché
deve interpretare la legge, e esattamente come abbiamo visto evolversi nel tempo
il comune senso del pudore, per cui oggi saremmo un po’ sorpresi se
qualcuno multasse una donna in bikini, magari domani potrebbe evolvere il
comune senso della dignità del paese – per cui, dopo aver riformato il sistema
dei finanziamenti all’editoria, potremmo trovare sorprendente che venissero
tollerati attacchi gratuiti alla nostra nazione, quegli attacchi che un amico
mi diceva di lasciar correre, senza capire che esiste il metodo Juncker, e che
quindi non è – solo – un caso se il giorno dopo in cui vi viene detto che siete
delle merde da un organo di stampa il cui direttore ve
lo ha già detto in diretta televisiva, un altro organo di stampa sferra un attacco
frontale alla prima parte della Costituzione. Naturalmente l’amico che mi
diceva di lasciar correre sul vilipendio tramite vignetta, poi proponeva di
denunciare il vilipendio tramite brillante editorialista. Eppure i due sono
oggettivamente connessi, vuoi perché entrambi riflettono lo spirito del tempo,
e in particolare il tentativo delle élite finanziarie di arroccarsi nel loro
potere delegittimando il voto popolare e le norme poste a tutela dei diritti
dei lavoratori, e poi perché se si constata che tolleriamo oltraggi alla nostra
identità nazionale – che oggettivamente non ha molto da rimproverarsi: vedi ad
esempio il grafico precedente – qualcuno potrebbe ragionevolmente concluderne che
tollereremmo che venga oltraggiata anche la nostra legge fondamentale. Si
aprono le gabbie dei Soloni figli di facoltà minori. Ma, e qui sta il punto che
vorrei attirare alla vostra attenzione, il magistrato non è tenuto a sapere
cosa oltraggia la comunità della quale deve applicare, interpretandole, le leggi:
quindi presupposto per l’evoluzione del “comune senso” di qualsiasi cosa è che
chi avverte una lesione a un proprio diritto, se la avverte, la segnali. Non
potete lamentarvi che la magistratura non intervenga, con tutte le cose che ha
da fare, se voi non le segnalate che a vostro avviso certe parole, considerate
gravi quando pronunciate da un privato cittadino in un comprensibile anche se
inopportuno moto di stizza, lo sono oggettivamente molto di più se espresse
a freddo da chi può avvalersi della potenza di diffusione e di penetrazione dei
media. Ovviamente queste non sono istruzioni per l’uso, ma solo una semplice
riflessione: non ha senso rispondere a un vilipendio alla nazione con un
vilipendio alla magistratura, come alcuni hanno velatamente fatto su Internet.
Avete dei diritti? Esercitateli! Solo dopo,
se vi viene negata giustizia, il caso passa dalla sfera del potere giudiziario
a quella del potere politico. Chiusa la digressione)...
Ci ripensavo, all’aneddoto
sulle turiste, pochi giorni fa, arrivando a casa di un mio nuovo amico, di quei
tanti che mi sono fatti facendomi tanti nemici, un amico che presto vi
presenterò.
Era ospite a casa
sua un’eccezione alla regola (non quella del 3%: quell’altra), e naturalmente
anche lì il motivo c’era: non era inglese, ma gallese (and rather proud of it). Comunque, dato che, nonostante recassi in dono
una saccocciata di CD, e fossi fermamente interessato a parlare di arte, ma
anche (e soprattutto) di niente, l’amico, lui stesso artista, mi aveva presentato
come economista, e dato che la gallese era migrata (come una sterna) a Londra,
dove volete che andasse a parare il discorso? Ma naturalmente lì, sulla Brexit.
Io, per non sbagliare, mi ero subito presentato come populista. Certo, un
populista sui generis: accompagnato
da una creatura splendida (per una volta la figlia), economista (forse),
musicista (certamente, come attestavano i dischi di Brilliant), urbano,
enciclopedico, facondo...
Rassicurata da
tante apparenti virtù, l’eccezione apriva nel modo più classico: “Sono
tanto preoccupata, il populismo, questa Brexit è una catastrofe, chissà cosa
succederà...”.
Dopo quel momento
di ascolto necessario ad accreditarmi come interlocutore aperto e simpatetico,
muovo il cavallo (quello nero sulla scacchiera, non quello pezzato in corridoio, che
poi, come sapete è una mucca): “Ma scusa, cara: io ti sono vicino nelle tue
preoccupazioni, anche se vedi che noi qui non è che si stia molto meglio. Però,
per aiutarmi a capire” (nel frattempo una desolata Uga, che l’impenetrabile
barriera linguistica secludeva dal nostro discorso, derelitta, desolata, mi
chiedeva: “Babbo, posso andare in piscina?” E io paterno, sorridente, per indole,
ma anche per l’intento tattico di confondere l’interlocutrice, avvezza a vedere
nei populisti dei bruti che rientrano in casa ubriachi per battere le mogli e
violare i figli: “Certo, amore, sentiti libera...”) “aiutami a capire:” disais-je “a distanza di più di un anno,
sapresti concretamente dirmi in cosa la situazione ti ha danneggiato?”
A domanda
semplice, come in qualsiasi esame universitario, seguiva risposta confusa.
“Ma, no, forse
niente, in effetti il lavoro prosegue, anzi, aumenta, però l’incertezza, sai,
questo negoziato...”
Ora, a dirla
tutta, nella mia interminata umanità (non sapete quanto io soffra a bloccarvi
su Twitter: fa più male a me che a voi), nella mia inarrivabile capacità di
mettermi nei panni del mio interlocutore, costruita in anni e anni di sessioni
di esami, vedevo e comprendevo le sue ragioni. L’eccezione de cujus svolge un’attività di intermediazione fra Europa e Stati
Uniti, con sede a Londra. Certo che con giornali che parlano di quarantene,
visti, barriere, muri, ecc., l’idea che i tuoi clienti non possano venire a
trovarti, peggio, che ti considerino un’appestata, tanto simpatica non deve
essere.
Ed eccomi allora a
ripetere, paterno, garbato, rassicurante, le solite cose (ma almeno in una
lingua diversa): “Ma no, bisogna essere razionali! I media hanno interesse a
drammatizzare, perché sono posseduti per lo più da persone che speculano sulla
volatilità, ma la situazione non è così catastrofica. Ti ricordi cosa dicevano
che sarebbe successo? Ti pare sia successo? No! E non è successo per un motivo:
perché voi siete clienti di chi comanda in Europa, la Germania, e nessuno ha
interesse a pestare i piedi a un proprio cliente. E poi, non c’è la
globalizzazione? Magari può non piacere, però, alla fine, la bottom line è che tutto il mondo è mercato.
Nessuno ha interesse a escludervi, ma se lo facesse non morireste di fame...”
Und so weiter,
und so fort...
Insomma, tanto
suadente era il mio eloquio, che l’interlocutrice si rassicurava... e a mano a
mano che la seducevo, e si rassicurava, e che quindi la Brexit – come la
vecchiaia – non le sembrava poi così male, considerando l’alternativa,
paradossalmente, essendo ella creatura umana e benigna, veniva assalita dal
senso di colpa, muovendo improvvidamente la donna (quella che era in lei, ma
anche quella sulla scacchiera): “Certo però che la nostra dipartita (NdT:
traduzione maccheronica di departure) penso vi crei un problema: senza
l’Inghilterra, la Francia da sola non potrà contrastare la Germania, e questo
vi indebolirà nelle vostre giuste rivendicazioni”.
Io non sono uno
scacchista, ma so portare le persone dove voglio.
Ora la strada era
tutta in discesa.
Preso un bel
respiro, sorrido, e poi, appena appena stingendo nel condiscendente, e con giusto
un soupçon (visto che era stata evocata la Francia) di quel « petit rire
qui lui était spécial – un rire qui lui venait probablement de quelque
grand'mère bavaroise ou lorraine, qui le tenait elle-même, tout identique,
d'une aïeule, de sorte qu'il sonnait ainsi, inchangé, depuis pas mal de
siècles, dans de vieilles petites cours de l'Europe, et qu'on goûtait sa
qualité précieuse comme celle de certains instruments anciens devenus
rarissimes », do il matto:
“Vedi, cara, a me
stupisce sempre l’idea, così diffusa, anche da noi, che al fine di rendere
l’Europa un luogo sostenibile per tutti i suoi membri questi siano costretti ad
allearsi per combattere gli uni contro gli altri. Non ti sembra un po’
contraddittorio che ci si dica che l’Unione Europea ci ha dato la pace, e al
contempo si sostenga che i suoi membri devono combattere, e combattere proprio fra di loro, per mantenerla, questa
pace? Voglio dire: non mi stupisce affatto che lo scopo del gioco sia quello di
conquistare la pace attraverso la guerra, per il semplice motivo che mi sembra
sia sempre successo! Solo che, se le cose stanno ancora così, che bisogno
abbiamo di unirci politicamente, che bisogno abbiamo di “nuove” istituzioni per
giocare questo “vecchio” gioco eterno? In cosa Bruxelles ci aiuterebbe? Se il
gioco è questo, possiamo giocarlo con i cosiddetti “vecchi” stati nazionali,
non ti pare?”
Eh...
Già...
L’eccezione non pensava che io loico fossi... i populisti, si sa, son gente rozza:
così gliela avevano raccontata i suoi giornali (tipo il Guardian). Fra una
serata rutto libero al pub a parlare di fica, una partita di calcio, e il loro
lavoro mediocre, dove potranno mai i populisti trovare il tempo per esercitarsi
nel principio del terzo escluso?
E invece...
E invece, dopo
cena, comme par hasard, si parlò di
altro: di storia della musica, dell’editore delle Canzone di Frescobaldi che
esplicitamente afferma di voler rompere il monopolio dei musicisti
professionisti, di come nel Rinascimento la semiologia musicale fosse
intenzionalmente oscura (più dei Trattati europei) proprio allo scopo di preservare
il market power dei musicisti
professionisti e delle loro corporazioni (avete presenti i canoni mensurali?), di quando l’Italia era market leader nel settore musicale, e dettava le forme del
linguaggio, quelli che qui chiamiamo i frame
e che in musica si chiamano i generi: l’oratorio, dove poi avrebbe primeggiato
Handel (il cui ufficio è accanto quello dell’eccezione), l’opera, la sonata, il
concerto (De Cavalieri, Monteverdi, Corelli, Vivaldi...), di Pergolesi che era
morto tanto giovane, altrimenti la storia sarebbe andata in un altro modo, degli
scavi di Pompei che erano iniziati prima di quanto credessi io (prima di
Winkelmann), e delle stampe di Piranesi che erano state stampate dopo quanto
credesse lei (dopo Corelli), di Handel e Bach che erano andati dallo stesso medico, il quale, al grido di “la scienza non è
democratica!”, aveva accecato il primo e sostanzialmente ammazzato il secondo,
della Germania est, dove erano nati i due ciccioni e il terzo genio, in un fazzoletto di terra, lì, fra Magdeburgo e
Eisenach (saranno 200 km con Halle in mezzo, come Avezzano fra Pescara e Roma:
a proposito, come avrete notato da uno dei link che non leggete a Halle ci sono
dei tedeschi di un certo tipo, e sono
lieto di tornarci a settembre...), e di chi era nato prima, e di chi era
morto dopo, e di come a quell’epoca i tedeschi, che vivevano meglio il proprio
complesso di inferiorità, anziché arroccarsi come irriducibili, sordi e
tetragoni alle richieste di Francia e Italia, si ponevano esplicitamente al
servizio di queste ultime due come mediatori culturali (naturalmente, in ambito
musicale): pensate ad esempio a Bach, come parlava italiano e francese...
Insomma: di
tutto, tranne che di politica, con mio grande sollievo: s’era capito che lì non
c’era partita.
Con voi però (non
se ne dolga la mia adorabile Nat) vorrei parlare proprio di politica.
Ecco, capita che
spesso siano le cose semplici a sfuggire, e capita che sfuggano proprio a
quelli che per anni mi hanno molato gli zenzeri con quella storia che sapete,
quella vecchia solfa che siccome sono solo un economista, non posso capire la
politica: una storia così stantia, che auspico sia definitivamente estirpata
dalla nostra meritata vittoria quale miglior sito politico-d’opinione.
Allora
parliamone, di politica, e parliamo anche di quelli che hanno assistito e
tuttora assistono, col ciglio asciutto e le terga al riparo, al massacro di
famiglie e imprese, da immolare secondo loro in nome di un’altra Europa.
E come dovrebbe
essere fatta questa altra Europa?
Dovrebbe essere
un’Europa dove la Germania ascolta gli altri.
E perché la
Germania dovrebbe ascoltare gli altri?
Ma, appunto,
perché, come si diceva sopra, questi si dovrebbero coalizzare contro di lei per
farle una minaccia credibile.
E cosa dovrebbe
risultare da questa minaccia?
Bè, è chiaro: una
mediazione fra gli interessi nazionali: insomma: “e si letiha, però poi e ci si
viene incontro” (per dirla in italiano).
Mi avete seguito
(nonostante l’italiano)? Dov’è l’inghippo? Ma, a me pare chiaro, e forse, ora
che la crisi delle sterne, pardon: dei migranti, ha reso plastica, sotto forma
di “risorsechecipaganolapensione” ma che stranamente nessuno vuole a casa
propria, l’idea finora evanescente di interesse nazionale, penso che non dovrebbe esservi molto
difficile seguirmi.
Ci era stato
detto che gli interessi nazionali non esistevano: non ne eravamo portatori,
perché eravamo (o comunque eravamo permanentemente in procinto di diventare) cittadini
europei, cittadini, cioè, di un “non stato” la cui “non cittadinanza” è “non
regolata” da una “non costituzione”: un problema? No: un “non problema”, e anzi
un’opportunità per chi, volendo impedirci di tutelare i nostri interessi,
trovava conveniente sostituire i nostri interessi nazionali con “non interessi”
sovranazionali!
Poi però gli
interessi nazionali si sono affacciati prepotentemente alla ribalta: prima, in
modo non intellegibile ai più, attraverso la crisi economica, ovvero quando
sono venuti al pettine i nodi della libera circolazione dei capitali; ora,
attraverso la crisi migratoria, che fa venire al pettine i nodi della libera
circolazione delle persone: e qui, tutti hanno capito.
Bene: a mano a
mano che gli interessi nazionali riacquistavano cittadinanza nel dibattito,
bisognava accomodarne la scomoda presenza nel quadro di quello che continuava
ad essere presentato come l’unico processo storico possibile, come una
ineluttabile necessità: Leuropa (TM).
Il problema era stato eluso, per un po’, dai furbi, alzando il livello dello
scontro, o, per dirla alla romana “buttandola in caciara”: i problemi sono
globali, si diceva (per dargli un’aura di oggettività, di preordinazione – in senso
econometrico – rispetto alla sfera politica, si citava sempre il riscaldamento
globale), quindi per definizione affrontabili solo su scala sovranazionale (che
però, chissà perché, per noi doveva essere solo europea, e non mondiale,
nonostante che gli Stati Uniti del Mondo non siano meno utopistici di quelli
d’Europa, pur avendo in termini meramente logici molto più senso nel caso in
cui interessi risolvere un problema mondiale)!
Ma il giochetto
dei problemi globbbali, per quanto scaltro, ora non funziona più.
Le dinamiche che
hanno portato qui tante persone disperate, per tanti motivi disparati, sono
riconducibili a responsabilità nazionali, al modo (imperialistico) in cui
alcuni nostri vicini hanno gestito i loro interessi nazionali. Non è come il
buco dell’ozono, cui la sciampista di Milwaukee, molto generosa di lacca, ha
contribuito tanto quanto la fabbrica di elettrodomestici cinese, poco amica dell’ambiente.
Il problema che tutti vedono ha radici (e conseguenze) circoscritte e, ripeto,
riconducibili al prevalere di alcuni interessi nazionali (quelli francesi) sui
nostri. Per rendere Leuropa digeribile ci deve allora essere raccontato che nella
dimensione sovranazionale diventerebbe più fluida la composizione degli
interessi nazionali. Solo che, naturalmente, perché questa favoletta sia
credibile, occorre agghindarla col presupposto di un bilanciamento dei rapporti
di forza. Che Bruxelles sia controllata dai tedeschi è cosa di dominio pubblico. Segue quindi l’idea barocca che la pace
si ottenga “alleandosi” con chi ha interessi simili ai nostri (la Francia, cioè
quella che ci ha bombardato in Libia!) per combattere contro chi ha interessi
contrari ai nostri (la Germania).
Ricorderete Renzi
con Hollande “contro” la Merkel, ricorderete Gentiloni
con Macron “contro” la Merkel... insomma: ricorderete la Merkel!
Noterete poi che
questa posizione delirante (alleanza franco-italiana de che?) in tanto ha senso
in quanto la si analizzi in una chiave strettamente economicistica, anzi:
macroeconomicistica. In termini di fondamentali macroeconomici, certo, la
Francia sta peggio di noi e avrebbe tutti gli interessi ad allearsi con noi.
Siamo stati gli
unici a dirlo da subito, traendone le conseguenze che dovevano esserne
tratte (il
fallimento interno di Hollande e presto di Macron). Ma la pretesa convenienza
di un’alleanza franco-italiana (verosimilmente, per “forzare” la Germania a
politiche reflazionistiche) emerge solo se si adotta questa chiave di lettura.
Se invece si allarga l’orizzonte alla geopolitica, al controllo delle fonti di
energia, e via dicendo, si capisce che quanto è successo in Libia non è
casuale, ma è il corollario del fatto che i nostri interessi collidono con
quelli francesi.
Capite
l’assurdità?
Chi per anni mi
ha rimproverato letture “economicistiche” della realtà, chi mi ha
marginalizzato accusandomi di essere “solo un economista”, appoggia la sua
proposta “politica” (più Europa attraverso l’alleanza dei buoni del Sud contro
il cattivo del Nord) su una lettura dei fatti che è, questa sì, meramente
macroeconomicistica!
Scusate, l’ho
fatta lunga, ma “mi avvio a concludere”, come dicono i seminaristi, gli untuosi
pretini smidollati e perbenisti “de sinistra”...
Una volta, quando
c’erano le nazioni, accadeva che qualora gli interessi di una comunità
nazionale confliggessero con quelli di un’altra si arrivasse al conflitto: un
conflitto in cui, naturalmente, si combatteva per vincere. Il modello di
integrazione che gli altreuropeisti ci propongono invece è quello di stati che non
combattono per la vittoria, ma per avere la possibilità di mediare! Insomma:
chi vince non ottiene quanto rivendica, ma può cominciare a discutere per averne
(forse) la metà...
E qui si arriva
il punto, che è molto semplice, tanto che in un mondo meno confuso non
meriterebbe nemmeno di essere formulato: il livello ottimale al quale mediare
gli interessi nazionali è per definizione quello nazionale.
So che sembra una
frase lapalissiana, ma siccome ci viene raccontato il contrario, forse è
opportuno ribadirla, e chiarirne le ragioni, che sono di due ordini. Una è
contingente: non è in istituzioni ormai pesantemente infiltrate da una delle
parti in gioco che possiamo aspettarci di trovare un luogo di rappresentazione
ed ascolto equilibrato dei nostri interessi. Ma l’altra è strutturale: istituzioni
che si fondano strutturalmente sulla perenne minaccia degli uni contro gli
altri non sono politicamente sostenibili. Lo dimostra, per certi versi, il
fatto che qualsiasi elezione nazionale metta Leuropa in fibrillazione! Quale
altra alleanza fra paesi (l’ASEAN? Il MERCOSUR? Il NAFTA?) viene scossa alle
fondamenta ogni volta che in un paese membro il popolo si esprime? Il fatto è
che qui da noi il popolo, esprimendosi, varia la tensione delle minacce, che
sono un po’ come sartie e stralli del vascello europeo: se li regoli male, c’è
rischio di disalberare, e il piloto tedesco lo sa (apprezzerete l'uso della lingua).
In queste
condizioni non può nascere alcun genuino spirito di solidarietà. Per lo stesso
motivo per il quale il modello di integrazione proposto previene la formazione
di solidarietà (come direbbe un tubetto di dentifricio), possiamo dire che esso
attivamente dissemina scontento ed odio. In effetti questo è quanto stiamo
osservando, come osserviamo svilupparsi di fronte ai nostri occhi la consueta
tattica del potere, qui da noi impersonato dalla terza carica dello Stato, che
consiste nell’addossare alle vittime la responsabilità delle loro disgrazie. Se
si affermano discorsi violenti, ci si vuole convincere che la colpa non è di un
sistema violento, i cui leader ci
esortano a (o ci promettono di) minacciare i nostri vicini per ottenere con la
violenza – delle parole – quanto ci spetta. Ci viene fatto capire che la colpa
è dei mezzi che le persone usano per esprimersi, e più in generale del fatto
che le persone desiderano esprimersi.
Fra un po’ scioperare,
o dire che l’immigrazione incontrollata porta al degrado socioeconomico,
diventerà un crimine. Non posso che attenermi a quanto dissi a gennaio su La7:
avrei passato quest’anno a ripetere “ve lo avevo detto”, e i più attenti di voi
si ricorderanno che in effetti penso di essere stato fra i primi a evidenziare
il carattere fascista di questo regime, fin dall’articolo del 2011 sul manifesto (ai tanti cari nostalgici ricordo che in
quel contesto detti anche la mia definizione di questo termine: se poi volete
convincermi che nel ventennio ci fosse libertà d’espressione, buona fortuna)!
Reprimere la libertà di espressione è lo sbocco naturale di un sistema che per
imporre l’ordine “naturale” dei mercati deve livellare le differenze culturali,
criminalizzando l’idea che un francese sia francese, uno spagnolo spagnolo, un italiano italiano, un tedesco tedesco. L’unica sfera in cui le diversità vanno tutelate, anzi: moltiplicate!, è
quella sessuale: forse perché quelle “diversità” danno meno fastidio di altre
nel mondo dello one-size-fits-all, e
così conviene farle passare per rivoluzionarie, il che, fra l’altro, permette
al potere di presentarsi come poliziotto buono rischiando tutto sommato molto
poco, mentre il poliziotto cattivo cerca di convincerci che si vis pacem, age bellum...
Tanto semplice,
ma tanto profonda è l’irrazionalità del progetto, che fra cinque anni, ne siamo
sicuri, se ne accorgerà anche il Financial Times. Nel frattempo, a noi non
resta da fare altro che resistere, non cadere nelle provocazioni, mantenere in vita
l’idea che se non c’è
alternativa non c’è politica, e quindi, in piena coerenza, mandare
sistematicamente a casa i politici che ci dicono che non c’è alternativa, per
il semplice fatto che se dicono questo non sono politici. Non è un vaste programme, e non è nemmeno uno
sterile passatempo. Sono cose alla nostra portata, e siamo sempre di più a
lavorarci...
(...se non avete votato, fatelo: anche questo
servirà a far leggere a persone ignare parole di buon senso, e servirà a
ingrossare le fila di quelli che non vogliono che l’Italia sia vilipesa e la
sua costituzione alterata...)
“istituzioni che si fondano strutturalmente sulla perenne minaccia degli uni contro gli altri non sono politicamente sostenibili.”
RispondiEliminaOr egli stava scacciando un demone che era muto; e avvenne che, quando il demone fu uscito, il muto parlò e le folle si meravigliarono. Ma alcuni di loro dissero: «Egli scaccia i demoni per mezzo di Beelzebub, il principe dei demoni». Altri invece, per metterlo alla prova, chiedevano da lui un segno dal cielo. Ma egli, conoscendo i loro pensieri, disse loro: «Ogni regno diviso contro se stesso va in rovina, e ogni casa divisa contro se stessa crolla. Se dunque anche Satana è diviso contro se stesso, come può durare il suo regno? Poiché voi dite che io scaccio i demoni per mezzo di Beelzebub. Or se io scaccio i demoni per mezzo di Beelzebub, per mezzo di chi li scacciano i vostri figli? Perciò essi saranno i vostri giudici.
Ho appena votato per le nomination dei MIA Awards secondo le indicazioni date. Incrociamo le dita!
RispondiEliminaPer quanto possano sembrare nozioni lapalissiane, ora più che mai c'è bisogno di affermarle con forza, sopratutto di fronte alla cieca ottusità delle principali cariche dello stato. Mi fanno sorridere (in modo amaro) le loro esternazioni come " Con Macron una ventata di democrazia in Europa" ( E mi devono spiegare come un Bancario liberista di scuola Rothschild possa essere definito democratico) Quando i fatti (molto prevedibilmente) ci stanno dimostrando il contrario: Uno dei primi ad esprimere perplessità sull'aiutare l'Italia con la "situazione" migranti e che a quanto pare, medita di risolvere la situazione Libica mediando tra le parti escludendo l'Italia, ciò mi pare elementare, porterebbe la Francia a strappare ulteriori accordi vantaggiosi con la Libia. Altro che alleanza! La Francia si ricorda che ha ancora degli interessi nazionali come è normale e naturale che sia. Perché quindi l'opinione pubblica Italiana si ostina a esorcizzare l'Interesse nazionale come se fosse la caratteristica più abbietta di uno stato? Prostrarsi così significa essere "vasi di coccio in mezzo a vasi di ferro". Resistere per non diventare stato fantoccio di una organizzazione sovranazionale è d'obbligo
RispondiEliminaCarissimo, garbato, paterno e rassicurante prof, lo confesso: scrivo due righe prima ancora di avere finito di leggere il post - ho anche usato un po' del poco tempo che avevo per i Vox Luminis (nome meraviglioso) e per tuittarli perché io ho l'entusiasmo tuittarolo e se una cosa mi piace da pazzi DEVO tuittarla subito.
RispondiEliminaQuindi non commento il post, se non per ringraziarla di continuare ad apostrofarmi "adorabile", cosa che certamente coincide con la realtà, io adorabile sono, adorabilissima, ma che con la diffidenza ed esperienza maturate con l'età prevedo risulterà alla fine in una spigolata epocale nei miei confronti. Ma vabbè: oggi ho conosciuto i Vox Luminis e questo compensa.
Scrivo per dire una cosa, rivolta ai miei amati fratelli in Goofynomics: ragazzi, votate votate votate ai MIA17, perché questa che hanno abolito il miglior sito di Economia dopo che il blog di un singolo "con uno scaffale di libri alle spalle e una tastiera davanti a sé", nonché la spaventosa forza della verità, ha battuto TUTTI, il sito del giornalone di Confindustria, il sito dei bocconians, insomma questi che quando stanno perdendo cinque a zero scappano con la palla DOBBIAMO DOBBIAMO DOBBIAMO impedire che funzioni.
Votate e fate votare: dobbiamo vincere, la rete deve restare un luogo libero, il vero luogo dove si combattono le fake news diffuse da stampa e televisione, e ogni piccola cosa conta.
Mi ha sempre colpito il presupposto logico del metodo comunitario o sovranazionale: per evitare la paralisi nella presa delle decisioni europee, si mette da parte il criterio di unanimità a vantaggio del voto per maggioranza qualificata.
RispondiEliminaOra, il voto di unanimità è quello maggiormente usato nelle organizzazioni internazionali per un motivo molto semplice, anzi due: in primo luogo obbliga realmente a eliminare/ripianare i conflitti; e se a volte le risoluzioni sono fumose, è dovuto semplicemente al fatto che consenso sul tema non c'è e ci si deve ancora lavorare sopra; in secondo luogo vincola democraticamente il Governo al Parlamento: nessun Esecutivo può dichiarare "ce lo chiede... Pippopluto" perchè la responsabilità del voto e del veto sono sue. Entrambe le alternative hanno una cosa incomune: sono democratiche per una via o per l'altra.
E' sospetto che giuristi internazionalisti, guardiani di una comunità oltremodo democratico - almeno nei suoi processi decisionali - si siano innamorate di un sistema politico che quella democratictà combatte perchè è d'ostacolo all'obiettivo politico della gestione del potere e della distribuzione delle risorse.
Una ultima riflessione. Trovo una analogia impressionante fra il metodo piddino-grillino "ascolto tutte le opinioni poi decido con la mia testa", e il metodo amministrativo della Commissione "facciamo ampie inchieste pluralisticodemocratichefraleclassisocialieglientiesponenzialidimassa e poi la decisione la prendo io". Entrambi sono figli del pensiero liberale (tutti parlano in libertà poi la decisione è presa dalla élite dello Stato "minimo"). Ed evidenziano la natura fascista del potere svincolato dalla democrazia: puoi e devi parlare, manifestarti, partecipare, ma la tua opinione non conta nulla perchè non hai modo di condizionare la decisione. Eh sì perchè se la decisione è tecnica, essa è discrezionale e non politica: non possono essere messi in discussione i fini pubblici pre-determinati, e la scelta fra una pluralità di opzioni vincolate è comunque competenza dell'amministrazione e insindacabile sempre che rispetti quei fini. E' il fenomeno dell'amministrativizzazione della funzione legislativa.
Et voilà l'Europe: il metodo antidemocratico è necessario per evitare che venga posto in discussione la decisione politica primordiale: l'adesione al modello europeo di governo
«La fin justifie les moyens? Cela est possible. Mais qui justifiera la fin? (…) la révolte répond: les moyens»
Elimina(A. Camus)
Al di là delle interpretazioni possibili (ma ormai storicizzate) del passo, lo si può usare come rappresentazione plastica della (il)logica che illustravi, @Marvin.
In fondo, è da questa schiuma sovrastrutturale, dalla temperie di una generazione ben precisa, che il mainstream trae le sue retoriche.
Insomma, esaltare per via di un batti e ribatti alla Goebbels il vizio circolare del "ci vuole più Europa" serve in realtà a dissimulare lo scambio semantico mezzi/fini.
Il lessico, l'imagérie stessa, tutto, delle retoriche dominanti, è rubato al sentire della generazione delle resistenze e delle rivolte e risemantizzato in mantra pop-eurista.
Ha ragione il Prof., è nella sinistra il male perché solo da sinistra può esser fatto impunemente.
Nel bis-linguaggio di certi cani, la tragica condizione del révolté sisifeo diviene la forma paralogica dei piccoli quotidiani slogan pro Fogno: mostri un fine ("ci dà la pace") che è un mezzo a un diverso fine ("Our mandate is neither growth nor employment, but price stability") a sua volta orientato a fini ultimi in realtà mai davvero dissimulati.
La Leuropa è un fine che non giustifica un bel nulla, se non il "mezzo" Panebianco/Antani al sevizio di ben altro.
Mi collego all'altro post. Qual è la linea del Piave?
Distruggere la stampa.
Grazie della bella citazione di Camus.
EliminaE guarda caso ieri Macron, per bocca del segretario di stato alle infrastrutture Borne, si è messo a sparare alzo zero sulla TAV Torino-Lione (costa troppo, dobbiamo riesaminare le spese e via dilazionando).
RispondiEliminaLa quale TAV, ad occhio e croce, serve più a noi (alle nostre merci) che a loro.
eh! ma i No-Tav sono terroristi , non so se ricordi le sentenze dei giudici di Torino, a proposito della censura delle posizioni di dissenso : Prof , volevo dirle che io mi rivolgerei al magistrato per attivare l'art 291 c. pen. , però ciò richiede un'azione di parte e mi mancano li "sordi " , anche l'aumento delle spese per le procedure giudiziare rientra nello stesso concetto di censura ! (eh , la solita burocrazia anche giudiziaria )
EliminaE adesso? Resteremo isolati!
EliminaTranquilli: fatevi un giro sull'autostrada del Frejus e vedrete che di Tir carichi di merci ne girano ben pochi, in entrambi i sensi di marcia...
E poi, sapevatelo, quella è una linea AV passeggeri (e non merci come vi hanno raccontato per anni i cialtroni piddini e piduini, con la panzana che sarebbe servita a trasferire il trasporto merci dalla gomma alla rotaia). E nessuno ha mai visto, e mai vedrà, viaggiare un treno merci insieme ad Itali e Freccerosse.
Quella ferrovia serve solo a chi la fa ed ai suoi padrini politici: almeno per questo Macron è servito a qualcosa (e i No-Tav sono serviti molto di più, perché senza di loro Macron sarebbe arrivato tardi).
P.S.: e i No-Tav ragionano in termini di interesse nazionale.
EliminaAggiungo alcune cose:
RispondiElimina1) Sulla terza carica dello Stato. La commissione "Jo Cox" sui fenomeni d'odio, intolleranza, razzismo e xenofobia, presieduta da Laura Boldrini, ha elaborato una relazione finale per la chiusura dei lavori. A pagina 4, nella categoria "Stereotipi", in specie quelli contro immigrati, rom/sinti o per credo religioso è scritto:
"[Il 48,7% degli italiani] ritiene che in condizione di scarsità di lavoro i datori di lavoro dovrebbero dar precedenza agli italiani"
Viene cioè classificato come stereotipo, pregiudizio, insomma come idea "falsa", un bisogno dei cittadini italiani, quando esclusivamente ad essi si rivolge la Costituzione nel programmare la tutela del lavoro. Il resto della relazione è un delirio, ma meno grave di questo punto.
2) Sullo spirito di comunità. Albert Otto Hirschmann scrisse:
"Sono in parte d'accordo con il nuovo minimalismo di Dubiel - lo spirito di co- munità che normalmente serve in una società di mercato democratica tende spontaneamente a generarsi tramite l'esperienza della distensione dei conflitti tipici di quella società. Ma cosa accade con i conflitti e i problemi "atipici" che sembrano aumentare di giorno in giorno oggi? Si realizza veramente lo spirito di comunità? Ho i miei dubbi."
Social conflicts as pillars of democratic market society
Non posso nascondere la mia immensa goduria per ciò che sta facendo (e dicendo) Macron, a fronte dell'esultanza di quella folta schiera di imbecilli (in primis i nostri governanti) che esultavano per la vittoria della leuropasolidale e la sconfitta del fascismo (?). Oramai arrivano schiaffi da ogni parte, che accolgo con un misto di disperazione ma anche di compiacimento, soprattutto per la buona dose di umiliazione che la nostra classe dirigente, cialtrona e venduta, subisce e merita fino in fondo. L'asse franco-tedesco lavora a pieno regime per isolare e mettere sotto pressione l'Italia, e lo si nota in modo evidente dalla questione immigrazione; forse non ce ne rendiamo conto, ma siamo stati, de facto, collocati al di fuori dei confini europei, con l'Austria che giornalmente minaccia di militarizzare il Brennero. Il piddino di turno, come di consueto, vede il dito (Austriakattiva) ma non la luna, cioè che gli austriaci agiscono come longa manus dei tedeschi (fate caso a quali paesi hanno sospeso Schengen, e quali ne sono rimasti automaticamente fuori, e ne viene fuori un simpatico bunker). Come se non bastasse, qualche giorno fa è stata annunciata la progettazione, a guida franco-tedesca, di un nuovo caccia di quinta generazione, che ovviamente non prevede la presenza dell'Italia, ennesima conferma che l'idea di unirci fraternamente per fare l'esercito leuropeo con chi ci vuole palesemente sottomettere è nient'altro che una delle (tante) idee deliranti di questa manica di spostati che ci governa (e c'è chi, nonostante tutto ciò, ancora si stupisce di questi atteggiamenti ostili). La cantonata definitiva arriverà secondo me con le elezioni tedesche; una volta vinte, la Merkel ci mostrerà il suo progetto (non fate i maliziosi) di "Europa a più velocità", che tante belle sorprese (e lacrimuccie) riserverà ai nostri amici federalisti, ma non a noi.
RispondiEliminaMannelli lo seguo da molto da prima che et cetera. Imbarazzante. Non riesco a trovare termine migliore. Peccato per lui. Si é perso. Amen. Da parte mia posso tagliare (e lo farò con lettera-motivazione) la spesa annuale dell'abbonamento al quotidiano di cui sono stato sostenitore fin dalla prima uscita. Faran spallucce ma capiranno che qualcuno si é veramente rotto gli zebedéi di sentir sempre denigrare gli Italiani. E che esiste un'alternativa anche a loro nel campo dell'informazione.
RispondiEliminaQui tutto occhéi, stralli, paterazzi e sartie, drizze, amantigli e scotte assieme a tutto il resto. Rotta ben definita, meteo incerto, l'onda arriverá e verrá scavalcata con abile puggiáta, accarezzandone la spuma dei frangenti.
Ah, bònne sciáns per i MNA 2017. Giònni Smítti votò ;)
Votazioni MIA fatte, scusate il ritardo. Leggendo l'articolo di Panebianco mi tornava in mente la differenza fra avversario e nemico politico...
RispondiEliminaBagnai colossale
RispondiEliminabuonasera professore, vorrei permettermi di segnalarne questo articolo:http://megachip.globalist.it/kill-pil/articolo/2009131/la-adevitalizzazionea-del-debito-pubblico.html
RispondiEliminaSe è questo Alberto Micalizzi, ex bocconiano e professore alla Bocconi, è un "genio"; certo la sua è una logica molto creativa.
EliminaQuesto lo dobbiamo chiedere più che a Draghi, ai creditori, ricordando che un debito prevede come contropartita un credito.
Per quanto attiene al debito detenuto dal settore bancario dell’Eurozona (categoria 1), questo non è in alcun caso rimborsabile. Manca il presupposto economico prima ancora di quello giuridico. Dal punto di vista economico, infatti, rimborsare questo debito vorrebbe dire annullare una operazione di pura creazione di moneta dal nulla. Sarebbe come ritirare i biglietti di una partita di Monopoli al termine della partita, ma la nostra “partita” non è affatto terminata! In tal senso, il fiscal compact produce esattamente l’effetto di drenare liquidità netta dal sistema ed è altamente recessivo quindi del tutto impraticabile.
Prescindendo per un momento dal problema degli interessi passivi pagati o pagabili (signoraggio), la base monetaria derivante da questa porzione di debito pubblico è stata creata semplicemente dal nulla per consentire gli scambi commerciali all’interno del sistema economico. L’emittente non ha sopportato alcun “sacrificio” per fornire questa moneta e dunque non ha alcuna necessità economica che venga rimborsata (basta chiedere a Draghi cosa accadrebbe se la BCE cancellasse i crediti vantati verso i Governi …la risposta è: NULLA!).
"On the razor edge"
RispondiElimina"Il piloto" sono morto.
RispondiEliminaA differenza di "presidenta", con buona pace degli eversori dell'ordine politico e delle caccademie che li sostengono sperando nella mancetta, piloto è parola della lingua. Ciò rende velenosa la frase.
EliminaE se il piloto ti drizzò l'antenna
Eliminaoltre l'isole egèe, d'antichi fatti
certo udisti suonar dell'Ellesponto
i liti, e la marea mugghiar portando
alle prode retèe l'armi d'Achille
sovra l'ossa d'Ajace: a' generosi
giusta di glorie dispensiera è morte;
né senno astuto né favor di regi
all'Itaco le spoglie ardue serbava,
ché alla poppa raminga le ritolse
l'onda incitata dagl'inferni Dei.
A proposito di interesse nazionale, dopo Macron anche la Merkel pone un freno alle acquisizioni estere delle proprie imprese:
RispondiEliminahttp://vocidallestero.it/2017/07/22/la-germania-alza-barriere-contro-le-acquisizioni-estere-delle-proprie-imprese/
Della serie, chi si somiglia si piglia ...
Prof. non esageri! Insieme a "miglior sito LGBTIXHGKJNAD” rimarrà sicuramente "il miglior chef" e "il miglior youtuber teenager". Inizi a fare video che l'ultima la vinciamo a spasso: in fondo l'importante è essere giovani dentro!
RispondiElimina"Fra un po’ scioperare, o dire che l’immigrazione incontrollata porta al degrado socioeconomico, diventerà un crimine".
RispondiEliminaPazzesco, mi vergogno per avere votato, fino al 2013 circa, per il PD. Che di democratico ha solo il nome.
Nota a margine (tanto sul resto non ho molto da aggiungere).
RispondiEliminaSecondo me le diversità evocate sul piano sessuale sono solo apparenti, secondo me si vuole giungere invece ad un uniformità polisessuale. Si è già cominciato con il criminalizzare il fatto che un uomo sia un uomo e una donna sia una donna, ma si arriverà a criminalizzare anche che un gay sia gay, forse perchè mono-orientato (o magari poco tollerante nei confronti di altri orientamenti più estremi). D'altra parte già non si parla di associazioni LGBTXYZ (con X, Y, Z lettere a piacere) mettendo tutto insieme accumunando gay, lesbiche, transessuali, bisessuali? Un giorno una delle lettere potrebbe essere E di etero, a quel punto anche sul piano sessuale saremo omogenei: individui asessuati polisessuali tutti uguali.
Giuro che non lo avevo visto prima...
EliminaQED
Grazie
RispondiEliminaE aproposito di interesse nazionale...
RispondiEliminac'è chi se ne preoccupa e molto
Non ho capito molto.
EliminaMi sembra di aver capito però, che tensioni USA-RUSSIA possono essere causate da tensioni tra una parte delle élite USA e una parte delle élite tedesche sul tema della riflazione dell' economia tedesca o dissoluzione area euro.
Mi pare un tema molto complesso, e sono diversamente googlativo, oltre che diversamente europeo.
(In pratica quasi una zavorra: ne soffro: mi sento l' indole del ricercatore, e allo stesso tempo inadeguato ad adempiere ai miei doveri esistenziali). No dai, non tacciatemi come pigro, vi prego, vabbè, la prendo come stimolo (tanto nun ce la faccio!).
Caro Alberto, sapeesi quante complicazioni con le api...quest' anno però, nonostante il freddo primaverile e la siccità estiva, ho capito come fare spostamenti intelligenti (l' ho capito l' anno scorso quando me la sono presa in tal ...).
"L' esperienza"...mi chiesi un giorno, e mi trovasti preparato, risposi "è il primo principio di conoscenza"; la riflessione può aiutare a ridurre il danni. Nel senso che della SStoria si dovrebbe fare a meno. Basterebbe la storia per capire.
Volevo dire che che in autunno rinnovo i miei circa 1,5 caffè a settimana (passo l' inverno col gas staccato! per sostenere 2 aziende redditizie ma debitoriamente esposte), il 5 per 1000 non costa un cazzo quindi...ma Gianni Morandi col suo si può fare di più a San Remo? ndo' stà?".
Sono disgustato. Ma soprattutto sono dispiaciuto nel riconoscerti leader, in senso weberiano.
Me ne scuso. Avrei voluto evitare, perchè ti voglio bene. Ma la verità te la devo. Sempre.
Fino a quando continueremo a leggere assurdità del genere?
RispondiEliminahttps://www.facebook.com/mariangela.paradisi/posts/10213459927283334
docente di economia...