Mi è stata fatta questa domanda.
Io sono schiacciato da una mole di lavoro impressionante, che spero porti a un qualche risultato concreto prima della fine dell'inverno. Se ci sarà, ne parleremo. Intanto, visto che andiamo per i sei anni passati al vostro riverito servizio, potreste farmi la cortesia di rispondere al mio posto? Visto che mi aspetta a breve il confronto umanamente devastante col mio fallimento nello smuovere la sinistra, datemi un premio di consolazione: fatemi illudere che almeno uno di voi abbia capito qualcosa.
E allora: che c'entra l'euro con l'articolo 18? O, se vogliamo allargare l'obiettivo: perché le riforme del mercato del lavoro sono organicamente connesse all'integrazione monetaria, ne sono la necessaria (e perversa) conseguenza?
Non allargo ulteriormente, altrimenti vi impantanate.
Vediamo se oltre a cazzeggiare sapete anche dare una risposta argomentata, scritta in italiano, e compresa nei circa 4800 caratteri che i commenti del blog vi consentono.
Siete quasi 4000: uno col pollice opponibile ci sarà pure! Gli chiederei di smettere di usarlo per un attimo, e di azzardare una risposta.
Premio: la mia gratitudine.
(...capisco che ci vuole un'avversione al rischio pressoché nulla, e una devozione al guru pressoché infinita...)
L'adozione di una moneta unica in un'area valutaria non ottimale implica che gli aggiustamenti macroeconomici, in caso di shock esterno, si scarichino completamente sui lavoratori. In altre parole, per recuperare competitività, non essendo possibile svalutare la moneta,è necessario tagliare i salari. Poiché i salari sono meno flessibili verso il basso rispetto alla moneta, si cerca di renderli più flessibili attraverso le riforme del mercato del lavoro, cioè attraverso la rimozione di quelle tutele che rendono rigido il salario.
RispondiEliminaGia', ma fossero solo gli schock esterni che poi dopo ci giochiamo le nostre carte alla pari, almeno all'interno dell'euro, sarebbe il meno. Ci sono pure quelli indotti internamente alla ue e da noi supinamente e bovinamente accettati, vedasi 2 pesi e 2 misure in bce tra sistema bancario italiano e quello tedesco e francese e fiscal compat pareggio di bilancio, solo noi. Praticamente per continuare a restare al tavolo di questa maledetta roulette -croupier germania- e' necessario ogni volta raddoppiare la posta, come a pari e dispari. Peccato che perdiamo sempre perche' la roulette e' truccata. Quindi di volta in volta c'e' la Fornero, il pareggio di bilancio, o il job act, un'altra l'art. 18, il bail in, l'eliminazione della cassa integrazione, l'ape social, poi magari di nuovo le tasse sugli immobili ecc.
EliminaE attraverso l'immigrazione, che oltre a fornire caterve di soldi alle organizzazioni legate ad una certa parte politica, fanno pressione verso il basso sui salari in vari settori dell'economia e, da li, contribuendo alla deflazione, sui salari tutti.
EliminaLa parte politica di cui sopra e quella che ha smantellato l'articolo 18, coincidenzialmente, corrispondono.
Si potrebbe forse dire, inoltre, che l'euro, costringendo alle politiche di austerità (anche) per comprimere le importazioni, comporta l'impossibilità per lo stato di spendere direttamente nell'economia e ne ridimensionerà inevitabilmente il ruolo e, quindi, le strutture. L'abolizione dell'art. 18 verrà utile, se non è già -nei piani- strumentale, quando toccherà licenziare i dipendenti pubblici (la Cassazione ha già chiarito che la Fornero si applica alla PA "contrattualizzata", ovvero tutti tranne professori, magistrati e militari, con sentenza 24157/2015, poi smentita da 11868/2016... si attende una sentenza a sezioni riunite, ma visto come si è mossa la Corte Costituzionale...)
Avrei scritto più o meno lo stesso. Dimostro la mi scarsa avversione al rischio provando ad aggiungere un passaggio:
EliminaLe riforme che tendono a semplificare il licenziamento hanno come scopo diretto un attacco al sindacato. Il lavoratore, più è ricattabile, meno è disposto a sindacalizzarsi e tenere posizioni di conflitto con l'azienda.
Il risultato cercato è quello di indebolire la posizione del sindacato nelle trattative (a tutti i livelli! aziendale, di ccnl, politico nazionale). Ciò provoca naturalmente ANCHE un effetto di flessibilità dei salari verso il basso, ma principalmente impedisce la loro crescita con la produttività (ma anche nominale, il giorno che l'inflazione tornasse sulla terra).
Senza la flessibilità del cambio, per essere competitivi bisogna abbassare gli stipendi, e per aiutare la disoccupazione a rimanere a livelli "utili" si fa si (con abolizione art.18 a d esempio) che si possa licenziare cosi prendi uno che paghi meno e poi lo licenzi e ne prendi uno che paghi meno ancora e cosi via.
RispondiEliminaLa competitività è una barca a vela: si può governare col timone (politica monetaria) o con la randa (politiche salariali). Il timone l'abbiamo bloccato, non resta che la randa. Una soluzione per ridurre i salari, il prezzo della manodopera, è aumentare l'offerta di manodopera.
RispondiEliminaSulla lapide scrivete "ci ho provato".
Pensiero unico :
Elimina"L'inflazione è il nemico da battere" ,questo è stato il mio insegnamento accademico .
I laureati italiani hanno difficoltà a cambiare la loro visione economica ,cosi possiamo già scartare la classica rivoluzione intellettuale studentesca.
Le economie degli stati che hanno adottato l'euro non sono omogenee ed hanno tassi di inflazione differenti tra loro. Ciò ha provocato in Italia una continua perdita di competitività rispetto agli stati più "virtuosi" che non è stato più possibile recuperare grazie al naturale fluttuare del cambio come avveniva ai tempi della lira. Se non si svaluta la moneta per recuperare competitività occorre svalutare il lavoro (pagare meno i lavoratori) ed a questo scopo è stato introdotto il Job Act con eliminazione dell'art. 18. Se diminuiscono le tutele dei lavoratori ed è più facile licenziare (unito alla possibilità di delocalizzare) aumenta il potere contrattuale del datore di lavoro e il lavoratore è costretto ad accontentarsi di un salario più basso pur di non perdere il lavoro. E così si recupera la competitività.. dicono loro..
RispondiElimina"Se non si svaluta la moneta si svalutano i salari", e quindi quale miglior soluzione a ciò se non porre in posizione di subalternità il lavoratore di fronte al datore di lavoro? L'abolizione dell'art. 18 e quindi il Jobs act è servito a questo, cioè a tagliare i salari.
RispondiEliminaRidurre importazioni tramite taglio dei salari, aumentare esportazione tramite taglio dei salari. Triplo vantaggio: costa meno il prodotto, con la deflazione cala il suo prezzo, si consuma comunque meno sia il prodotto interno che l'importato.
RispondiEliminaCon la stessa moneta essere competitivi significa fare il prezzo più basso...vallo a dire a chi ti può bloccare la produzione
RispondiEliminaMeno tutele più licenziamenti, più licenziamenti più paura, più paura più disposizione a sacrifici, più sacrifici più riduzioni salariali, più riduzione salariali più competitività. Non potendo svalutare la moneta, abbatti il costo del lavoro.
RispondiEliminaper ridurre il costo del lavoro, nello specifico, facilitare i licenziamenti. Questa la teoria, quando ero in una grandissima azienda italiana, chiamavano "casi sociali" persone perfino pericolose a loro stesse, o nullafacenti totali e non c'era alcuna volonta' di licenziarle.
RispondiEliminaDopo anni cosi' e' diventata l'azienda un caso sociale.
venduta allo straniero, sono spariti tutti, anche in vigenza di art.18, hanno anche ridotto il personale. L'ho visitata recentemente: si produce di piu', si lavora molto meglio e si sta bene, e' solo tutto piu' semplice, e guadagna.
Facilissimo. Se vuoi l'euro, allora devi svalutare il lavoro. E per costringere i lavoratori, togli loro le tutele. Inoltre rimuovi un ostacolo agli IDE.
RispondiEliminaSe anzichè il riscaldamento autonomo hai quello centralizzato, e quindi non hai il controllo del termostato, ove la temperatura impostata sia troppo alta per casa tua, sei costretto a reagire aprendo le finestre, anche se razionalmente potresti preferire accedere al termostato e tenerle chiuse per non fare entrare rumore e smog.
RispondiEliminaCon un sistema di cambi fissi perché questo è € per recuperare competitività non potendo svalutare la moneta si deve svalutare il lavoro.
RispondiEliminaL'Eurozona è un area valutaria non ottimale, essendo una accozzaglia di paesi con economie estremamente diverse inserite in un regime di cambio fisso (l'Euro). Venendo a mancare il naturale meccanismo di aggiustamento tra le valute dei vari paesi, i paesi più deboli si trovano a importare merci dei paesi più forti caratterizzati da un sistema industriale più produttivo e quindi da prezzi più competitivi.
RispondiEliminaLe imprese dei paesi più deboli vengono a trovarsi fuori mercato e soffrono: alcune chiudono, altre si indebitano (mettendo in crisi anche il settore bancario), le più grandi che riescono ad avere un qualche tipo di influenza politica mettono pressioni ai governi per attuare riforme di moderazione salariale nel tentativo di tornare competitive (pagando meno i propri lavoratori). Il governo d'altronde, non avendo la propria banca centrale, non può sostenere la domanda tramite spesa pubblica e l'unico sistema che ha per equilibrare i conti con l'estero (e rimanere dentro i parametri del 3%) è cercare di attrarre investimenti esteri e quindi convincere le grandi imprese di investire in italia. Abolire l'articolo 18, e tentare di modificare la costituzione smantellando le autonomie regionali e centralizzando il potere, sono scelte politiche indirizzate a far diventare il paese più appettibile per gli investitori esteri (investiamo qui che i lavoratori no li paghiamo una fava, e non veniamo scocciati da 20 consigli regionali ma da 1 solo)
Non sono un economista ma... ho letto i libri di Bagnai.
RispondiEliminaL'adozione dell'euro è stata uno strumento per disciplinare il lavoro e risolvere il conflitto distributivo costantemente aperto in Italia,appellandosi alla superiorità politica ed economica delle istituzioni sovranazionali; l'abolizione dell'art.18, il job acts, e il licenziamento in caso di riduzione del profitto di un'azienda erano norme presenti tra le pieghe dei trattati europei che la sinistra italiana ed il sindacato avrebbero dovuto scorgere in tempo dato che Napolitano , Spaventa e Barca già nel 1978, in un accorato discorso parlamentare si erano espressamente opposti all'entrata nello SME(l'euro embrionale) dell'italia , lamentando le sofferenze che sarebbero derivate da questa scelta per le nostre imprese e quindi per i lavoratori italiani.
RispondiEliminaIn pratica ci hanno fregato alla grande sapendo di fregarci;è stato un capolavoro politico, sì, sono stati bravi e questa loro lenta ma inesorabile pianificazione ora sta intaccando anche la giurisdizione italiana ormai soppiantata da quella europea
Che c'entra l'euro con l'articolo 18?
RispondiEliminaVediamo se ho capito.
Se avessimo una moneta nostra, ad una minor domanda di beni italiani e/o ad una maggior domanda di beni esteri da parte nostra, la moneta italiana si svaluterebbe (perché la sua domanda diminuirebbe e/o la sua offerta aumenterebbe). Ma poiché siamo in una unione monetaria, il cambio è fisso, non c’è la svalutazione della moneta ma il maggior debito contratto con l'estero da famiglie, imprese e Stato. Se compro più di quanto vendo, devo indebitarmi; vale per me, vale anche per il mio Paese.
Poiché non ci si può indebitare per sempre e i creditori ad un certo punto pretendono di essere pagati, prima o poi è necessario tornare ad essere competitivi in modo da vendere più di quanto compriamo e così ripagare i nostri creditori (è a questo che è servito Monti, no?).
Per tornare ad essere competitivi, se il cambio è fisso, dobbiamo rendere qualcos’altro più flessibile: il costo del lavoro, riducendo il quale si riduce il prezzo dei nostri prodotti. Per ridurre il costo del lavoro, bisogna ridurre i nostri diritti e renderci più ricattabili e un tassello fondamentale è l’Art. 18, senza il quale è più facile licenziarci e farci accettare paghe da fame.
Inoltre, poiché oltre ad essere lavoratori siamo anche consumatori, ridurre i nostri salari servirà a ridurre i nostri consumi, e quindi anche le importazioni.
Il risultato di tutto ciò è che saremo più competitivi (e poveri).
Addendum (visto che da un po' parlano sempre di banche).
Se guadagno di meno, spendo di meno e se ho dei debiti inizio a non onorarli. Inoltre, se io e altri miei colleghi stringiamo la cinghia, manderemo sul lastrico chi grazie ai nostri consumi campava e magari pure lui c'ha un mutuo o un prestito che, avendo perso il reddito (fatto di parte dei miei consumi e di quelli dei miei amici/colleghi, prima della crisi), non onorerà più. E quindi aumentano le "sofferenze" bancarie. E mo, visto che le banche stanno per fallire, non potendo dirci la verità, usano 'sta storia dei grandi debitori (penso al nome di De Benedetti che è circolato molto sui giornali e sulla rete) per convincerci che la colpa delle sofferenze bancarie è tutta di tutti questi personaggi qui.
Tutto ciò, perché chi doveva difendere i miei interessi, mi ha sacrificato sull’altare del sogno europeista.
Ci hanno rovinato la vita, per quanto mi riguarda mi auguro che il Pd e tutte le sue stampelle alla sua destra e soprattutto alla sua sinistra, scompaiano per sempre dalla scena politica e che non prendano più manco un voto. Io alle prossime elezioni voto Salvini, spero che vinca la Le Pen, e che questo incubo finisca. E che mi diano pure del fascista; se devo scegliere, meglio fascista che disoccupato/precarizzato a vita.
P.S. mi sono meritato la sufficienza o devo tornare al prossimo appello? :-)
eliminando l'art 18 si riavvicina il lavoratore alla durezza del vivere in modo che questi accetti salari più bassi: si attua così l'unico tipo di svalutazionecompetitiva che piace tanto al rentier perché gli dona l'illusione di poter conservare il valore nominale dei suoi capitali, non più erosi dell'inflazione e al riparo dal processo elettorale, salvo che però se li mangeranno i tassi negativi.
RispondiEliminaDopo il commento di Giovanni C. non credo ci sia nessuno che possa pensare di fare di meglio, in 538 caratteri (*).
RispondiElimina(*)
$echo "L'adozione di una moneta unica in un'area valutaria non ottimale implica che gli aggiustamenti macroeconomici, in caso di shock esterno, si scarichino completamente sui lavoratori. In altre parole, per recuperare competitivita, non essendo possibile svalutare la moneta, e necessario tagliare i salari. Poiche i salari sono meno flessibili verso il basso rispetto alla moneta, si cerca di renderli piu flessibili attraverso le riforme del mercato del lavoro, cioe attraverso la rimozione di quelle tutele che rendono rigido il salario." | wc -c
536
Se uno Stato non può essere competitivo svalutando la moneta, deve agire sul mercato del lavoro per ridurre le tutele e abbassare i salari.
RispondiEliminaSintetizzando: cambio rigido, salari flessibili verso il basso. Con tutti gli annessi e connessi, tutele del lavoro, diritti ecc.
RispondiEliminaPer me è stata la domanda che ha fatto crollare il castello di carte: ma perché la Merkel vuole che aboliamo l'articolo 18? Che c'entra l'articolo 18 col debito pubblico (perché nel 2012 ero un'abitante di piddinia e pensavo fosse quello il problema)? Proprio non capivo.
RispondiEliminaE poi ho sentito il prof intervistato a Radio Popolare (perché nel 2012 ascoltavo Radio Popolare) e un minuto dopo ero sul blog.
E alla fine ho capito.
In seguito, grazie a questo blog ho fatto una serie di cose che probabilmente non avrei fatto: ho letto o riletto tante cose, ho ascoltato tanta musica, tradotto delle cose e altro. Conosciuto delle persone, anche: avrei dovuto iniziare da lì.
A rivedere tutto retrospettivamente, è tanta robba. Quanto al prof, è uno dei miei grandi prof. Tra liceo e università se sei fortunato ti imbatti in alcuni grandi prof, quelli che ti cambiano davvero un po' la testa, la vita, che ti aprono cancelli. Trovarne un altro, dopo, è stata una fortuna enorme.
Sarò sintetico, chi controlla la moneta ha un enorme potere persuasivo. La Grecia ha fatto riforme dettate dalla BCE. L'Italia ha subito il commissariamento del Governo, il quale su "suggerimento" di Draghi ha fatto diverse riforme (tutte di stampo liberista), compresa quella del art.18
RispondiEliminaLe riforme che hanno ridotto i diritti dei lavoratori sono quindi frutto di decisioni di uomini esterni alla politica, il cui interesse non coincide con quello delle masse ma è in maniera evidente favorevole al capitale.
L'euro è un metodo di governo.
Visto che fa concorenza co sto cavolo de euro e diffiscile, se nun t accolli lo stipendio da fame te sbatto fora e assumo jasser mohuammad alla meta della paga tua, vabbene?
RispondiElimina- Non posso svalutare moneta? Svaluto salario.
RispondiElimina- Ma i lavoratori si incazzano!
- Chisseneincula scusa, fuori non c'è la fila?
- Aivoja
- E cambiamoli...
Arrivo tardi. La spiegazione teorica è già stata data.
RispondiEliminaTento con la pratica: 9 anni fa sono stato assunto in una multinazionale piuttosto grande. Il mio stipendio era X, dopo l'approvazione del jobs act, i neo assunti prendono uno stipendio di X meno 4.000 euro lordi. A 9 anni di distanza un neo assunto prende uno stipendio inferiore di quello con cui entrai nel 2008.
Adesso questa azienda si sta fondendo con un altra. Dato che nn può licenziare i dipendenti assunti con l'articolo 18 propone un esodo volontario in cambio di molti soldi. Questo grazie al potere contrattuale che conferisce al lavoratore la tutela dell'articolo 18. Questo genera redistribuzione del reddito dalla ricca azienda al modesto lavoratore e stimola l'azienda a trovare strade alternative al licenziamento. Purtroppo ciò nn avverrà con il jobs act. Se nn svaluti la moneta svaluti i salari e per tenere in piedi l'euro è necessario ridurre i salari.
La risposta più congrua è già stata postata nei primi due commenti. Se il Suo interlocutore cerca anche la più incongrua, può rivolgersi a un qualunque sindacato, uno a caso, che sparecchiava quando si attuava il progressivo stravolgimento dell'art. 18 (iniziato con la legge 92/2012 e poi completato col Jobs act), e che oggi propone tardivi ed inammissibili referendum.
RispondiEliminaPoco argomentato ma un giorno sarà riassunto cosi:
RispondiEliminahttps://m.youtube.com/watch?v=lVroCmRQmxg
Nulla di nuovo sotto il sole.
Mettila cosi': se hai una una panetteria e vendi poco, le cose sono due: o abbassi il prezzo della rosetta o mandi a casa il garzone che t'inforna e ti dai fare tu. Lo stato pero' ha preso strani accordi internazionali per cui il prezzo del pane non lo puoi diminuire, quindi, essendo consapevole che il giochino non puo' funzionare cosi', ti facilita il compito di mandare a casa il garzone.
RispondiEliminaL'euro è principalmente un metodo di governo (fascista) "orientato a ridistribuire il reddito in modo sfavorevole alle classi subalterne" (cit. Bagnai). Per farlo bisogna ingrandire "l'esercito industriale di riserva" (cit. Marx) dando più flessibilità in uscita nel mercato del lavoro. Per dare flessibilità in uscita si rimuove l'articolo 18 dello statuto dei lavoratori e, con disoccupazione al 13%, si abbassa ovviamente la pretesa di chi vorrebbe riappropriarsi di una fetta della sua produttività tramite il salario e la sicurezza economica. Quelli che vengono licenziati possono giovare però sicuramente della flexsecurity (cit. Ichino) e magari del reddito della gleba (cit.Bagnai). @DAR !!
RispondiEliminaIn un'unione monetaria con tassi di cambio rigidi, l'adozione di politiche di compressione salariale da parte di un Paese per rendere i propri prodotti più competitivi rispetto a quelli degli altri Paesi dell'unione, provocherà, nel corso del tempo, una divergenza della sua bilancia commerciale rispetto a quella degli altri Paesi in assenza di aggiustamenti competitivi in questi ultimi. Le riforme del mercato del lavoro, tendendo a favorire la mobilità in uscita, cioè il licenziamento, provocano un aumento dell'offerta di lavoro e quando l'offerta cresce rispetto alla domanda il prezzo, in questo caso la retribuzione del lavoro, diminuisce, ottenendo così, nella maniera più veloce in assenza di cambi flessibili, il miglioramento competitivo necessario a favorire un riequilibrio delle bilance commerciali dei Paesi dell'unione.
RispondiEliminaL'adozione di una moneta di cui non ha il controllo, ovvero l'Euro, ha come diretta conseguenza per lo Stato Italiano l'impossibilità di fare fronte alle proprie esigenze, di qualsiasi natura esse siano.
RispondiEliminaQualsiasi intervento che richieda risorse economiche deve essere preventivamente valutato e approvato da entità sovranazionali che
a) agiscono fuori dal controllo del Popolo Italiano (al riparo dal processo elettorale)
b) perseguono interessi quasi sempre in netto contrasto con quelli del Popolo Italiano
c) si comportano come il Marchese Del Grillo: "Io so'io, e voi non siete un cazzo"
d) concedono l'accesso alle risorse solo in cambio di progressive cessioni di sovranità (un po' come nelle storielle in cui qualcuno si vende l'anima al Diavolo).
Ecco, potremmo dire che le riforme del lavoro, e tra queste sommamente l'abolizione dell'Art.18, rispondono a quanto indicato nel punto d): sono la contropartita richiesta (per ora) in cambio del privilegio di continuare a far parte del club dell'Euro. Il futuro ci riserverà violenze sempre più efferate, non dubitiamone.
Ecco a cosa serve l'Euro: a consentire ad una ristrettissima elite che agisce fuori dal controllo democratico di imporre regole che consentono al capitale di spogliare progressivamente intere popolazioni di ogni bene, economico, patrimoniale e sociale. In cambio vengono concessi diritti individuali "cosmetici".
Riporto l'Art. 41 della Costituzione, che recita:
L’iniziativa economica privata e` libera.
Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.
La cancellazione dell'Art.18 ha portato al diffondersi quasi immediato di situazioni come quella drammaticamente esposta su questo blog; tali comportamenti sono in netto contrasto con quanto previsto dal succitato Art. 41, dove si parla di fini sociali dell'attività economica sia pubblica che privata, e si nega all'attività imprenditoriale di potersi svolgere in modo da recare danno alla dignità umana.
Uno Stato che attuasse pienamente la Costituzione e fosse sovrano nell'emissione della moneta non avrebbe necessità di sottostare ad alcuna condizione imposta in modo arbitrario da entità straniere, pubbliche o private che siano, e darebbe una dura lezione a imprenditori che osassero comportarsi nel modo visto sopra.
La sentenza della Consulta sul referendum dei giorni scorsi è purtroppo la chiara dimostrazione che, come afferma Marco Rizzo, non esiste lo Stato di diritto, ma solo i rapporti di forza tra le classi.
L'Euro è il tonfa al servizio del capitale.
Occorre che chi vive del proprio lavoro lo capisca al più presto e si organizzi per ridimensionare lo strapotere di chi vive di rendita (ovvero quelli che controllano l'Euro).
Mettila cosi': se hai una una panetteria e vendi poco, le cose sono due: o abbassi il prezzo della rosetta o mandi a casa il garzone che t'inforna e ti dai fare tu. Lo stato pero' ha preso strani accordi internazionali per cui il prezzo del pane non lo puoi diminuire, quindi, essendo consapevole che il giochino non puo' funzionare cosi', ti facilita il compito di mandare a casa il garzone.
RispondiEliminaLe riforme del mercato del lavoro sono organicamente connesse all'integrazione monetaria, ne sono la necessaria (e perversa) conseguenza, perché nell'Eurozona, dove ad un grande esportatore netto corrispondono molti importatori netti, le politiche deflazioniste, di svalutazione interna e di distruzione del mercato interno, sono l'unica risposta possibile a crisi di domanda, non essendo evidentemente possibile un riallineamento del cambio nominale e avendo come r€gola il pareggio del saldo pubblico.
RispondiEliminaCome si fa ad aggiungere o togliere anche solo una parola al Bagnai del 07.01.2012...riflessione sull'articolo18. Non è solo pigrizia Prof. Mi scuso ma non so linkare.
RispondiEliminaSi certo...ma io la vedrei anche come un'operazione di tipo culturale. Vivere nella zona euro (povera Europa) non significa purtroppo essere cittadini con una prospettiva di stabilità e realizzazione nel lavoro. Essere nella zona euro significa piuttosto (con buona pace di maria de filippi)essere in balia delle cosiddette leggi del mercato (che diversamente dalle leggi di natura hanno una validità tutt'altro che universale ma anzi molto particolare). Il grande assente é lo Stato. Anzi lo Stato c'è ma funge da catalizzatore di impoverimento e incertezza...Meglio fermarsi qui.
RispondiEliminaLa restaurazione di una società neofeudale, e la ridefinizione della struttura sociale, con i lavoratori privati di qualsiasi diritto e quindi alla mercè dei datori di lavoro-padroni, richiede crisi sociali ed economiche, le quali possono giustificare l'adozione di provvedimenti che in condizioni di benessere non potrebbero essere neanche sussurati. L'euro serve a creare le crisi.
RispondiEliminaNel 1958 un certo Phillis ebbe l'intuizione di mettere nero su bianco una regoletta semplice semplice:
RispondiEliminaall'aumentare dei salari diminuisce la disoccupazione e viceversa.
Se quindi uno stato approva riforme che puntano ad aumentare la disoccupazione , il risultato sarà quello abbassare i salari e quindi l'inflazione, cioè il costo dei beni ( se tutti hanno meno soldi, tutti comprano meno, ed i negozianti che non vendono abbassano i prezzi).
Lo stato così facendo avrà preso due piccioni con una fava.
Da una parte avrà reso i nostri beni più competitivi sul mercato europeo ( visto che il costo del lavoro sarà diminuito ) e dall'altra avrà evitato che gli italiani impoveriti importino beni prodotti all'estero.
È evidente quindi che i sacrifici per mantenere in equilibrio questo €lefante sul filo della ragnatela, siano tutti a carico del mondo del lavoro.
Con la lira, ciò non succederebbe perchè nell'istante in cui un italiano trovasse conveniente comprare un prodotto straniero e lo acquistasse, ciò attiverebbe non soltanto il trasferimento del bene straniero in Italia ,ma anche la conversione di moneta italiana in moneta straniera.
La moneta offerta diminuirebbe di valore mentre quella domandata per acquistare il bene straniero, aumenterebbe.
La modifica del cambio farebbe istantaneamente aumentare il prezzo di tutti i beni stranieri che diventerebbero più cari per gli italiani, mentre per gli stranieri il prezzo dei beni italiani calerebbe.
In questo secondo caso l'equilibrio non si ottiene a scapito degli stipendi dei lavoratori ma grazie al cambio della moneta senza ripercussioni sui salari dei lavoratori oltre che sui loro diritti acquisiti o sull'esistenza stessa delle aziende.
Quando uno Stato adotta una moneta che non stampa, e che è troppo forte per lui,
RispondiEliminase non vuole andare in deficit della bilancia dei pagamenti deve impoverire i lavoratori che così compreranno meno beni, esteri e non, ma nel contempo i beni prodotti costeranno di meno e la bilancia va.
Innanzitutto bisogna fare una premessa, all'interno dell'euro anche se il tasso di cambio nominale è fisso, il tasso di cambio reale si muove a causa del differenziale di inflazione presente nei paesi dell'area euro. Questo cosa vuol dire? Vuol dire che un paese con una inflazione costantemente più bassa di un altro, ad esempio la Germania nei confronti dell'Italia, riesce a svalutare il suo tasso di cambio reale nonostante sia all'interno di una moneta unica.
RispondiEliminaE come si fa a diminuire o comunque contenere l'inflazione in modo da effettuare una svalutazione reale del cambio? Si agisce sui salari, comprimendoli attraverso le riforme del mercato del lavoro, cosa che la Germania ha fatto nei primi anni 2000 attraverso le riforme Hartz. In questo modo ha creato un esercito di lavoratori a basso costo che hanno tenuta bassa l'inflazione (a tal proposito vedasi Goofynomics: Lo scopo inconfessato della riforma del mercato del lavoro).
Ovviamente svalutando in questo modo la Germania ha visto crescere costantemente le proprie esportazioni e quindi il proprio surplus estero a discapito degli altri paesi euro, Italia in particolare. In condizioni di cambio flessibile, cioè se ogni paese avesse mantenuta la propria moneta, il comportamento tedesco sarebbe stato innocuo perché all'aumentare del suo export il suo cambio si sarebbe rivalutato rendendo meno conveniente i prodotti dei crucchi. Visto che il meccanismo di svalutazione/rivalutazione è stato annullato a seguito dell'introduzione dell'euro, l'unico modo che abbiamo in Italia di riguadagnare la competitività persa soprattutto nei confronti della Germania, è quello di contenere il livello di in inflazione schiacciando i salari attraverso le riforme del mercato del lavoro, alias articolo 18, alias jobsact, che facilitando i licenziamenti inducono i lavoratori ad accettare retribuzioni più basse pur di non perdere il lavoro e quindi ad alimentare disoccupazione e deflazione.
A tal proposito è interessante notare come l'OCSE stabilisca una tasso naturale di disoccupazione (NAIRU) per l'Italia pari al 9,2% per il 2016, in modo da rispettare l'obiettivo di inflazione della BCE, per la Germania invece è del 4,8% (i dati sono a questo link https://stats.oecd.org/index.aspx?queryid=51396# )
Quindi come ammette la stessa commissione europea, venuta meno la possibilità di svalutare la moneta, gli aggiustamenti strutturali per recuperare competitività verso l'estero e migliorare gli squilibri della bilancia dei pagamenti devono avvenire attraverso il taglio dei salari (vedasi https://sway.com/uXbNBDiCOEBCp7LF )
Credo che questa sia l'unica occasione in cui poter esordire con "non sono un economista, ma..." senza essere frustati. Però, non azzardo.
RispondiEliminaÈ tutto spiegato qui
RispondiEliminain questo post del 7 gennaio 2012.
Ma che c'è ancora da dire?
Licenziare con maggior facilità e assumere a stipendi più bassi, e così teoricamente all'infinito, è il modo per diminuire i costi di produzione in assenza di possibili azioni sulla moneta. Questo permette di avvantaggiarsi nelle esportazioni e diminuisce, ovviamente, la possibilità di contrattazione interna sulle retribuzioni. Non so se sia sufficientemente preciso, ma è sicuramente in italiano.
RispondiEliminaPerò, povera Giorgina, non sarebbe più facile ammettere di aver detto una cazzata?
Saluti a tutti.
Avere una moneta comune non significa avere la stessa inflazione. Per questo motivo due paesi che inizialmente produco beni per lo stesso prezzo e li scambiano in un regime di equilibrio, dopo essersi legati a una stessa moneta tenderanno a divergere: il paese con meno inflazione diventera' piu' competitivo (perche' i suoi prezzi tendono a restare bassi e dunque le sue meci convenienti), mentre il paese con l'inflazione moderatamente piu' alta entrera' in crisi.
RispondiEliminaI politici "tecnici" del pese in crisi si affanneranno per abbassare l'inflazione al piu' presto possiblile, per ristabilire una condizione di equilibrio.
Come si puo' abbassare velocemente l'inflazione, ovvero il livello dei prezzi? La cosa piu' immediata e' guardare alla legge della domanda/offerta: con meno domanda i prezzi si abbassano, si faranno quindi riforme mirate a ridurre il potere di aquisto e contrattuale dei lavoratori.
Sfortunatissimissimissimamente e purtroppamente, le riforme non funzionano perche' il paese ricco rispondera' alle "riforme strutturali" del pese povero con altre misure restrittive per non perdere la sua posizione egemone (l'apertura sfrenata delle frontiere a dei poverelli disposti a lavorare gratis ne e' un esempoi).
Si crea cosi' una spirale in cui tutti i paesi dell'area monetaria devono inseguire un inflazione piu' bassa possiblie e il piu' presto possibilie per non perdere competitivita' (o per avvantaggiarsi sui rivali).
Il risultato e' lo schiacciamento dei salari effettivi (ovvero del "costo del lavoro", ovvero della domanda di beni, ovvero delle vite degli uomini). La distruzione sistematica dei diritti vitali dei molti a favore dei pochi, ed un enorme aumento della disuguaglianza sia regionale (i paesi ricchi che possono sopportare bassa inflazione diventano piu' ricchi) che di classe (i lavoratori dipendenti sono piu' sotto pressione delle classi abbienti per le quali la bassa inflazione e' una protezione del capitale).
Non sono un economista ma . . . ci voglio provare.
RispondiEliminaA parole mie, anche se sicuramente tecnicamente poco appropriate....
Il prezzo è l’elemento di base per lo scambio di un bene. A parità di caratteristiche qualitative apparenti, ciò che determina la nostra scelta di acquisto è il prezzo del bene.
L’attività economica si organizza con l’obiettivo di ridurre il costo di produzione dei beni e quindi il loro prezzo. Per questo tende a ridurre i costi dei singoli fattori che utilizza nella produzione. Tra questi anche il costo del lavoro.
Ma il lavoro non è una merce come le altre: non puoi trattare il suo costo come quello delle patate (diceva qualcuno, un tedesco che esortava a mettere la rivoltella sul tavolo quando si tratta con i suoi compatrioti) perché le patate non comprano merci. Lavoratore e consumatore sono lo stesso soggetto: se gli manca potere d’acquisto chi mai potrà alimentare la potenza della locomotiva?
Comunque, fino a un po’ di tempo l’alternativa era un banale fenomeno economico, cioè la variabilità del prezzo di un'altra merce, la moneta, in dipendenza del “valore” che il mercato attribuiva a un dato sistema economico, determinato come effetto della diversa quantità di moneta richiesta.
Costando di meno la moneta, anche i beni prodotti in quel paese costavano meno.
Niente di straordinario: è quello che succede per ogni merce. Chissà perché quando succedeva per la lira, a molti è sembrato cosa indegna, un modo per barare e confrontarsi in modo sleale con gli altri.
Di conseguenza vietata l’oscillazione del prezzo di questa merce, cioè vietato svalutare – per noi – rivalutare – per gli altri.
Non resta che contenere il costo del lavoro, a maggior ragione in paesi deboli che usano la stessa moneta di sistemi di diversa potenza.
Difatti sono anni che si sente ‘sta storia che ci sono lavoratori privilegiati perché tutelati per il salario e per i diritti, mentre i nuovi, nati in un’era più sfortunata, sono, ingiustamente, privi di tutele e hanno scarso salario. Non capivo quale fosse l’ingiustizia: non bastava riconoscere anche a loro le stesse condizioni?
No: erano i vecchi che abusavano delle risorse disponibili sottraendole a loro! Strano…
Poi, grazie anche all’insegnamento der maestro (er cavaliere nero), ho capito: tutta la tiritera sulla competizione con la Cina, l’efficienza della Germania etc. che serviva a convincerci che è necessario tenere i prezzi bassi, cioè abbassare il costo del lavoro ... e te credo: la moneta unica, a differenza della lira, non può adeguare il proprio valore alla forza della nostra economia: ecco perché, anche quando la qualità non è superiore, i nostri prodotti all’estero adesso costano troppo.
Adesso è chiaro perché è necessario diminuire il salario e aumentare ore di lavoro e precarietà.
In questo contesto, l’art. 18, regolando i licenziamenti, era ovviamente un ostacolo. Per mantenere basso il costo di una merce occorre che essa abbondi: ci vogliono molti lavoratori a spasso, disponibili ad accettare condizioni precarie. L’art. 18 contrastava questa spinta tesa a fare del lavoro una merce come le altre, il cui prezzo deve essere unicamente in balia delle forze del mercato.
Cosa più facile da ottenere ora che licenziare è possibile per qualsiasi motivo …
Se questo ancora non è chiaro, lasciamoci qui, da buoni amici - ipse dixit - superfluo aggiungere altro.
RispondiEliminaInutile ripetere, ancora e ancora, per chi non arriverà mai e per chi ha paura di sfilarsi la benda dagli occhi.
Non abbia la sindrome del professore post sessantottino, dell'insegnante democratico e paritario, che sforna stuoli di mediocri per trascinare in classe anche i somari.
Andare avanti, caro professore, lei deve andare avanti. C'è il programma (non quello della sindacalista al Miur) da completare.
Parafrasandola ancora, in questo momento storico ciascuno ha l'obbligo, secondo le proprie capacità e conoscenze, di dare il proprio contributo per tirare fuori, con ogni mezzo, il paese dal gorgo in cui è stato - deliberatamente o meno, ora non ci interessa - gettato.
Sarà compito degli storici, dei posteri, sentenziare di torti e di ragioni, damnare memoriae, lanciare anatemi o conferire glorie imperiture. E poi, la storia la fanno i vincitori.
Comprendo il suo orgoglio e il timore che l'oblio, dopo, copra colpe e meriti: si rassegni, è sempre accaduto ed accadrà anche stavolta; a breve, il suo carro traboccherà di ignavi e, perfino, di traditori del popolo.
Ma ora è sua precisa responsabilità continuare a formare una coscienza civile, a trasformare ermetiche equazioni in lampanti esempi, ad illuminare i sentieri alternativi a questa china scivolosa, che pare ineluttabile senza esserlo e che conduce alla povertà e, dunque, alla schiavitù di un popolo intero, a chi abbia occhi per vederle. Senza perdere altro tempo. Facciamo in fretta, professo', ce lo chiede l'Italia (stavolta).
"Non sono un economista ma...", pur ammirando la sua vis, considero la sua assidua partecipazione alla secolare querelle intra moenia universitatis come la sortita di Caravaggio all'osteria del trivio: utile sì, a fissare la scena nella memoria, ma la tela la dipingeva a bottega.
In altre parole - da Disney a Marvel - da un grande potere derivano grandi responsabilità.
Voli alto, professor Bagnai, lei che ha avuto in dono, e che ha saputo dispiegare, ali così grandi in un momento in cui la gravità schiaccia le teste a terra, alla ricerca delle briciole.
In fondo, se ci pensa, lo deve al suo paese, dunque, ce lo deve.
Ad attenderla siamo ben più di 4000.
Intanto, grazie, e a rivederci lungo la strada.
Di gente che si sopravvalutava e non capiva una sega in sette anni ne ho incontrata molta, ma almeno riuscivo a capire cosa dicesse. Mi aspettavano, evidentemente, nuove sfide...
EliminaÈ un'accorata (e, pare, vaneggiante) esortazione (nocturna) a cambiare passo, a passare dall'analisi scientifica dei modelli econometrici, utili chiavi di lettura della realtà e, dunque, fonte di diffuso sconforto tra i suoi numerosi lettori, all'elaborazione di un programma di politica economica per il paese, un pamphlet di rinascita nazionale, chiaro, intellegibile ed alternativo alle fritture di fuffa in salsa eurista, di cui sono infarciti i programmi dei partiti politici: un testo che preveda cosa fare, come e quando per raddrizzare la barra e ne spieghi le prevedibili conseguenze pratiche sulla vita dei cittadini.
EliminaIn altre parole, fare più politica con gli strumenti dell'economista, il che non implica la fondazione di nuovi partiti o ardite discese in campo.
La classe politica è, come la maggioranza dei cittadini, (stata) terrorizzata dall'ipotesi del ritorno alla divisa nazionale, visto come l'ignoto e periglioso oceano, e rimane ancorata nel porto tedesco, lasciando depredare la stiva dalla dogana del cambio fisso.
Occorre un testo unico e divulgativo, un manuale asciutto e pratico, per orientare la scelta consapevole del paese, della sua futura classe dirigente, che spieghi cause ed effetti, anche correndo il rischio di commettere qualche veniale errore di previsione.
O, davvero, dobbiamo relegare le nostre uniche speranze di resurrezione al riflesso delle sorti politiche di madame Le Pen?
Buonasera professore!
EliminaSe intendo bene, m.m. le sta dicendo che sì, lei in effetti si è dato piuttosto da fare mentre altri (io e m.m. per esempio) non facevamo un cazzo, o per meglio dire ci rosolavamo a bagnomaria nella vasca dell'ignavia, però m.m non è comunque contento di lei, e la esorta a impegnarsi e a lavorare molto di più. Naturalmente mentre lui (metaforicamente) procede nel sorseggiarsi il suo sex-on-the-beach a puccia in tiepide acque.
Faccia tesoro delle sue preziose quanto eleganti parole....
L'eliminazione dell'articolo 18 è la logica conseguenza dell'utilizzo dell'euro,non è una perversione liberista,è assolutamente in perfetta e sequenziale armonia,con le politiche che subiamo da più di trent'anni,e come Giovanni ha spiegato in maniera concisa ed esaustiva tutto si lega.
RispondiEliminaCi sono arrivati gradatamente,come Massimo Turatto ci ha spiegato,con piccoli ma costanti azioni di sottrazione di diritti sostanziali offrendoci i più variegati diritti cosmetici.
Attendo con ansia qualche altra folle novitá in questo campo.
Introduco un argomento Ot perché ho bisogno di un aiuto o un chiarimento,da qualcuno di voi.
Ho ascoltato la registrazione del prof Ferrera e del prof Daveri,dell'altro giorno.
Tralasciando il prof Ferrera che è stato una delusione,rispetto ad un precedente incontro radiofonico col prof Bagnai,chiedo lumi su questa dichiarazione del prof Daveri.
Al minuto 22.30 afferma:"Noi abbiamo interpretato male l'euro.......Il nostro stato spendeva più di quanto incassava in termini di risorse fiscali."
Se il nostro avanzo primario negli ultimi venti anni è stato negativo solo due anni,che cosa non comprendo dell'affermazione del prof Daveri?
Grazie
Basta levare l'apostrofo a "c'entra" e la domanda diventa essa stessa la risposta.
RispondiEliminaIn meno di un tweet ;)
Le "riforme" del lavoro come l'abolizione dell'art. 18 servono per facilitare i licenziamenti. I disoccupati si vedono costretti a ridurre i propri consumi e quindi a comprare meno prodotti e servizi esteri. Questo aiuta a sistemare i conti di un paese con l'estero. Soprattutto se non puoi svalutare per aumentare le esportazioni.
RispondiEliminaA parole i governi vogliono la ripresa ma in realtà hanno solo agevolato il perdurare della crisi.
Si vedono costretti a consumare meno di tutto. Una svalutazione della moneta nazionale anziché dei salari provocherebbe invece un altro circolo virtuoso dove costano di più i prodotti esteri, cosa che aumenta la richiesta di prodotti nazionali e quindi il lavoro nazionale per produrli, e quindi i soldi in tasca al consumatore e quindi la richiesta di prodotti
EliminaCome scrisse lo Stiglitz nei suoi primi famosi studi, un buon livello di disoccupazione è utile e auspicapile, per tenere il pepe al cul del lavoratore, che così,
RispondiEliminasarà meno esigente e, soprattutto più produttivo ( dato che, se fa il lavativo e perde il lavoro, rischia di non ritrovarlo...).
Questa è la filosofia di fondo delle riforme,
TPS docet...
Rimane da capire come la spirale al ribasso degli stipendi si possa coniugare con il necessario incremento della domanda di beni, a meno che non vogliano continuare con l'economia a debito e finire a farci comprare anche il pane a rate
RispondiElimina18.
RispondiEliminaLa maggiore età.
Va abolita per trasformare i salari in paghette. Del resto ce lo chiede mamma UE.
Ah, e per quel che riguarda il diritto di voto...
Euro aumenta disuguaglanze. I più poveri diventano più poveri; e sono la maggioranza.
RispondiEliminaDevi fargli accettare questa cosa. Come? Comprimi democrazia e quindi anche diritti sociali
e sindacali.
versione "spiegata al popolo"
RispondiEliminal'articolo 18 serve per diminuire il costo del, lavoro, pagare meno i lavoratori e pagare meno spese sociali. Questo serve per restare competitivi, cioé vendere all'estero (in Europa) quello che gli italiani non possono più comprare. I prodotti italiani erano competitivi con la lira, con l'euro sono troppo cari e nessuno se li compra: bisogna abbassare i prezzi. Cioé bisogna eliminare l'art. 18= circolo vizioso (detto anche spirale deflazionista)
In macroeconomia esiste un meccanismo chiamato moltiplicatore keynesiano: nei paesi con disoccupazione dove non si ha raggiunto il pieno impiego, l'aumento di consumi, investimenti o spesa pubblica provoca un aumento del PIL più che proporzionale (e la riduzione di consumi, investimenti o spesa pubblica provoca una riduzione del PIL più che proporzionale).
RispondiEliminaIl moltiplicatore keynesiano presuppone che il paese di riferimento abbia una sua moneta con il cambio libero di fluttuare.
L'aumento di spesa pubblica accresce il reddito dei cittadini residenti che potrebbero decidere di comprare prodotti stranieri. A questo punto:
1) se il cambio è flessibile, l'aumento di domanda di prodotti stranieri aumenta la domanda di valuta straniera necessaria per pagarli, la valuta straniera si apprezza, i prodotti stranieri diventano più costosi e i cittadini acquistano prodotti interni, con effetti positivi sull'occupazione interna;
2) se il cambio è fisso o se c'è la monta unica, manca una valuta straniera capace di apprezzarsi, si arricchiscono i produttori stranieri ed il paese accumula un deficit verso l'estero.
L'euro ha rovinato l'economia europea perché, fra i tanti effetti negativi, impedisce il funzionamento del moltiplicatore keynesiano (e ci sarebbe anche il discorso sul ciclo di Frenkel).
In sintesi, se il cambio è flessibile, l'aumento di spesa pubblica favorisce l'acquisto di prodotti interni con effetti positivi sull'occupazione; se il cambio è fisso o se c'è la monta unica, l'aumento di spesa pubblica crea deficit verso l'estero e lo Stato deve impoverire i cittadini residenti per impedirgli di comprare prodotti esteri. Inoltre la disoccupazione abbassa i costi di produzione delle imprese poiché l'aumento di offerta di un fattore di produzione, in questo caso il lavoro, abbassa i salari e le imprese possono quindi offrire ai compratori esteri prodotti ad un prezzo più basso. Nel mondo dei cambi fissi, tutti devono esportare e nessuno importare e per vincere tale gara bisogna abbassare i salari a colpi di disoccupazione.
Per negare l'efficacia del moltiplicatore keynesiano è stata elaborata la retorica del debito pubblico:
“la crescita del passato è stata finanziata col debito, cioè col prendere in prestito le risorse scaricando i costi sul futuro, in particolare sul futuro di chi dovrebbe usufruire del welfare, figli e nipoti, i quali saranno costretti a scegliere tra tagliare i servizi o trovare realmente le risorse aggredendo la grande evasione, le rendite, i grandi patrimoni; bisogna porre fine al periodo in cui abbiamo vissuto al di sopra dei nostri mezzi, lo Stato deve agire come una famiglia, le spese non possono superare le entrate e va introdotto il Costituzione l'obbligo del pareggio di bilancio”.
Se l'obiettivo è la distruzione dello stato per poter instaurare l'impero, e l'€ è il piede di porco per scassinare lo stato, è necessario che l'idea balzana che la Repubblica sia fondata sul lavoro di un popolo cui appartiene la sovranità venga disintegrata, e che i sudditi capiscano che se non si piegano al volere del padrone sono morti - e che anche se si piegano sono morti lo stesso, se al padrone così piace.
RispondiEliminaBisogna controllare l'inflazione ed ogni mezzo x bloccare la crescita dei salari/stipendi è nelle loro corde.
RispondiEliminaLe minacce di licenziamento aiutano questo processo.
Ps: le.unioni monetarie hanno bisogno di lacci e vincoli
COME DICEVA IL COLONNELLO, "LE DOMANDE NON SONO MAI INDISCRETE, LE RISPOSTE LO SONO, A VOLTE"
RispondiEliminaLE RISPOSTE, SONO MOLTO INDISCRETE, IN PARTICOLARE QUESTA: "SE VUOI L' EURO NON VUOI PIU' L' ART. 1 DELLA TUA COSTITUZIONE, (QUELLO FONDAMENTALE, DIRITTO APPUNTO SANCITO DALL' ART 18, E DALLO STATUTO DEI LAVORATORI DEL 1970, BADA BENE, DOPO 23 ANNI DI LOTTE E DI SANGUE VERSATO)
COSA ALTRO C' E' DA DIRE? SE VUOI L' EURO ARRIVERAI AD UCCIDERE TUO PADRE E TUA MADRE CHE HANNO AVUTO L' ART. 18 E TI FARANNO CREDERE CHE E' PER IL TUO BENE, (MA NON AVRAI RISOLTO IL TUO PROBLEMA) CHE HANNO AVUTO LA SANITA' DOVE VENIVI TRATTATO COME UOMO E NON COME BESTIA SUL PAVIMENTO, CHE HANNO AVUTO LA PENSIONE... DEBBO CONTINUARE? GUARDATI INTORNO SE HAI GLI OCCHI E LA COSCIENZA ANCORA VIGILE; FORSE C' E' UNA POSSIBILITA', SE L' EURO E' IL VINCOLO ESTERNO CHE DIVORA LE TUE GARANZIE E LE TUE CERTEZZE, UNA DOPO L' ALTRA (NON CI VUOLE MOLTO A VEDERE COSA STAI PERDENDO, SUVVIA) FINO A RENDERTI SCHIAVO, HAI UNA SOLA VIA D' USCITA, UNA SOLA.
euro=deflazione interna=abolizione dell'art.18... etc.etc.... cioè siamo nella cacca fino al naso!
Eliminaeuro=deflazione interna=abolizione dell'art.18... etc.etc.... cioè siamo nella cacca fino al naso!
EliminaLe salvifiche riforme che ci hanno imposto tramite la lettera di Mister Draghi avevano come unico obbiettivo di rendere la nostra economia e la nostra carta costituzionale funzionali al progetto EURO.Moneta unica e cambio fisso vengono compensate da flessibilità in uscita nel mercato del lavoro,come conseguenza eliminiamo l'articolo 18.La riforma costituzionale che fortunatamente è stata bocciata sarebbe stato il coronamento per plasmare la nostra carta a una visione ORDOLIBERISTA che si contrappone all'attuale carta costituzionale che dovrebbe favorire la piena occupazione.
RispondiEliminaVediamo se ho capito: L'adozione di una moneta comune, pensata per impedire alla Germania di rivalutare il marco, ha comportato per quest' ultima, che già poteva vantare un apparato industriale più produttivo e competitivo (anche grazie alla sleale riforma hartz), un vertiginoso surplus delle partite correnti, che si sono invece progressivamente deteriorate per tutti gli altri paesi dell' eurozona, in particolare quelli periferici.
RispondiEliminaOra, un deficit delle partite correnti, comporta un indebitamento con l' estero: significa che una nazione spende più di quanto riceve e deve chiedere i soldi in prestito o alla BCE o alle nazioni in surplus (sinceramente sento che in questo meccanismo ci sono ancora molti concetti tecnici che mi sfuggono: non so se sarei in grado di spiegarlo ad una persona che di queste cose non ha mai sentito parlare e risultare del tutto convincente). Questa situazione, che già di per sè comporta deindustrializzazione e disoccupazione, potrebbe anche andare avanti per molto tempo (vedasi le nostre regioni del sud), se sorretta da una precisa volontà politica (cioè da trasferimenti fiscali). Nell' eurozona questa volontà è venuta a mancare già dal 2011, quando i creditori tedeschi si sono accorti del rischio di rimanere col cerino in mano (cioè di vedersi rimborsati in lire, dracme e pesos) e hanno deciso di smettere di finanziare i deficit delle partite correnti degli altri membri, pretendendo invece di vedersi rimborsare quanto incautamente avevano prestato. Il famigerato spread è il sintomo di questa situazione e non, come ci dissero, di una presunta debolezza delle finanze pubbliche italiane, spagnole o greche. si decise di ribilanciare i conti con l' estero nell' unica maniera possibile all' interno di una unione monetaria: abbattendo il reddito. (-reddito = -importazioni). I tagli di spesa pubblica per sanità e istruzione, l' abbattimento delle tutele dei lavoratori e delle altre garanzie che ci separano dalla "durezza del vivere" sono tutte misure volte a tenere in piedi l' Euro e sue inevitabili, prevedibili e previste conseguenze.
C' è da dire che l'€ sì inserisce a sua volta in un contesto di trentennale compressione dei salari a livello globale (l' Italia può farcela)
Ps: mi sono astenuto dal commentare per molti mesi, pensando di non avere nessun contributo originale da dare, e adesso esordisco dicendo cose che sanno tutti per il solo gusto di far vedere, nella migliore tradizione piddina, che so. Perdonatemi.
L'unico modo per essere competitivi con i nostri prodotti è darlo attraverso la riduzione del costo del lavoro visto che non possiamo farlo attraverso la flessibilità delle monete. Tieni sempre presente che ho la terza media. ..stamattina splendida corsetta sull'argine innevato! Ciao prof.
RispondiEliminaLa leggo costantemente con un unico obiettivo: non perdere il contatto con il significato profondo dei fatti economici attuali.
RispondiEliminaIl tasso di cambio valuta rappresenta l'indicatore di prima linea del rapporto tra l'economia interna con l'estero ed è in grado, tramite gli aggiustamenti e le fluttuazioni, di influenzare sia i movimenti di merci e servizi sia i movimenti finanziari.
E' evidente che svalutazioni/rivalutazioni del cambio della valuta nazionale, al netto di altri fattori, influiscono sul prezzo (espresso in valuta estera) dei prodotti e servizi nazionali rendendoli più o meno convenienti per gli acquisrenti esteri.
Altrettanto per quanto riguarda i movimenti finanziari: il livello di fluttuazione del cambio, assieme al differenziale di interesse, rappresenta un aspetto critico per chi voglia trasferire capitali finanziari convertendoli da una valuta ad un'altra.
Svalutazioni della moneta in cui si è convertita la propria implicano perdite di capitale, l'inverso vale in caso di rivalutazione.
Vi sono 2 variabili significative che possono differire da economia ad economia: il tasso di inflazione(l'evoluzione dei prezzi) e il tasso di interesse(costo del denaro).
Entrambe, assieme al tasso di cambio, influenzano, in vari modi, i rapporti economici di una economia nazionale con quelle estere, ossia la convenienza degli interscambi commerciali e dei movimenti finanziari.
Questi tre fattori molto importanti si combinano con l'evoluzione di altri elementi economici, sia ai fini della determinazione del prezzo finale di merci e servizi sia ai fini della convenienza finanziaria.
Basti pensare al livello di tassazione, al costo delle materie prime ed ai servizi nazionali, al costo del lavoro(stipendio+contributi); tutti fattori che incidono pesantemente sul costo finale di merci e servizi offerti dalle imprese nazionali e quindi sul prezzo finale espresso in moneta estera.
Al netto di tutto questo il tasso di cambio resta la leva principale attraverso la quale regolare gli squilibri con l'estero e consentire di avere l'autonomia finanziaria attraverso la facoltà di svalutare o rivalutare in maniera appropriata a seconda delle necessità contingenti: la flessibilità del tasso di cambio rappresenta uno strumento potente di gestione dei rapporti economici con le altre economie, in mancanza del quale si dovrà perseguire l'aggiustamento richiesto con altri meccanismi.
Quali ? Tutti quei meccanismi che debbano produrre gli stessi effetti che avrebbe prodotto l'aggiustamento del tasso di cambio;
per un paese che ha necessità di svalutare ma che non lo può fare perchè privo di una propria moneta e con una politica monetaria gestita da una Banca Centrale che non è più sotto il controllo del proprio Stato, gli aggiustamenti possibili non sono più nè valutari nè monetari ma solo reali = riduzione dei costi.
Naturalmente i costi su cui incidere sono molteplici e la scelta su quali, in che maniera, in che proporzione agire dipende dalla competenza, dall'intelligenza ma soprattutto dall'interesse di chi Governa. Puoi agire sul livello dei prezzi dei servizi erogati dallo Stato, dalle società possedute dallo Stato e/o dalle Amministrazioni Locali, sul livello dei prezzi delle merci/servizi delle ditte che operano in regime di concessione, sulla normativa fiscale, contributiva e su quelle norme che permettono un abbassamento dei costi.......
Se ti manca il cambio flessibile e non hai una Banca Centrale propria non hai altre vie.
In Italia cosa si fa ? L'unico costo che si vuole abbassare è quello dei salari = repressione salariale (in accordo con i sindacati).
Con quale sistema ? (potendo contare sul tacito assenso delle organizzazioni sindacali) si favorisce la disoccupazione (Jobs Act) per porre le condizioni favorevoli al calo dei stipendi.
Ringraziandola sempre per il sua volontà di donare conoscenza. Ne avevamo (e ne abbiamo) assoluta necessità.
L'Euro non può sopravvivere in presenza di una bilancia dei pagamenti dei paesi periferici così sbilanciata in favore de(gl)i (imperi ?) paesi centrali quelli dell'ex area marco per intenderci. Quindi il riallineamento può essere effettuato solo tramite sistematica distruzione di reddito e poi di risparmio (a meno che non si rifugi in Alemagna) dei paesi periferici.Produttività mi pare sia molto debole anche nei paesi core. Surplus accumulato fino ad oggi da essi non verrà reinvestito - con buona pace di Varoufakis e del suo Ddiem irae. Jobs Act può avere solo questo effetto distruttivo nessun altro (positivo) in ordine alla produttività.
RispondiEliminaInnanzitutto bisogna definire che:
RispondiElimina1)L'euro è un sistema di cambio fisso tra i vari stati europei che lo adottano.
2)L'articolo 18 è stato imposto dal movimento dei lavoratori che in quel periodo storico stavano "vincendo" la lotta di classe perchè in riferimento al Pil, la quota salari aumentava a discapito della quota profitti e della quota rendita. Per dirla in altri termini la crescita dei salari stava al passo e a volte superava la crescita della produttività.
La svalutazione presente negli anni ‘70 era data dal fatto che il capitale cercava di recuperare le proprie quote aumentando i prezzi.
Già negli anni ’80 le cose cambiarono con il serpente monetario e la sostituzione della domanda dei salariati con la domanda creata dagli interessi sul debito pubblico e finanziata tramite deficit ma non mi dilungo e arrivo al dunque.
Fino agli anni ’70 funzionava che i salariati in Italia chiedevano aumenti di stipendio e le imprese visto che con il lavoro dei salariati facevano profitti (anche in presenza di una quota profitti su pil in costante declino) dovevano concedere. Se gli aumenti di salario erano maggiori dell’incremento della produttività, la differenza si scaricava almeno in parte sui prezzi (inflazione da costo del lavoro). Questo rendeva le merci meno competitive non tanto in Italia (visto che a tutte le imprese avevano le medesime dinamiche) quanto all’estero, visto che ogni Nazione è differente, per esempio in Germania il sistema funzionava all’esatto opposto: la produttività cresceva più dei salari quindi l’inflazione (almeno la componente riguardante il lavoro era molto scarsa). Considerando che:
1)Per una nazione avere una bilancia commerciale in attivo significa che i miei cittadini lavorano ma che parte della loro produzione viene data in cambio di pezzi di carta senza valore intrinseco in quanto moneta fiduciaria (ovvero i cittadini lavorano per far star bene un’altra nazione)
2)Avere una bilancia commerciale in passivo significa che nella nazione in questione i cittadini consumano più di quanto producono e quindi importano disoccupazione (ovvero l’occupazione che potrei avere in casa è in un'altra nazione)
Possiamo affermare che tutte le nazioni hanno interesse ad avere un saldo della bilancia commerciale tendenzialmente a zero.
L’unico meccanismo che può permettere tale condizione è la sensibilità del cambio rispetto al saldo della bilancia commerciale. Tale meccanismo permette, per esempio, alla Lira italiana di svalutarsi e al Marco tedesco di rivalutarsi.
Essendo l’euro quello strumento che ha bloccato il meccanismo sopradescritto, ci troviamo in una situazione di accentuazione degli scostamenti delle bilance commerciali dal punto di saldo zero. Specie per la Germania che ha saldi attivi spaventosi da molti anni.
Gli stati europei con bilancia commerciale in passivo stanno provando a riequilibrare tale situazioni diminuendo i salari reali e nominali dei lavoratori e quindi facendo deflazione salariale per aumentare la competitività. Purtroppo stanno facendo i conti con un elite tedesca che non permette l’aumento dei salari nello stato con maggiore attivo della bilancia commerciale perché essi pensano che tale attivo non sia uno squilibrio.
All’interno di un contesto dove gli stati stanno facendo deflazione salariale (che in democrazia è piuttosto difficile da compiere) bisogna disattivare i sindacati, i partiti che difendono il lavoro, togliere i diritti acquisiti e infine anche quelli costituzionalmente garantiti (non occorre togliere gli articoli, basta disapplicarli). Quindi l’articolo 18 rientra tra i diritti che devono essere tolti, così in una grande azienda chi non accetta tagli al salario può essere licenziato facilmente (adesso basta una manciata di mensilità) inoltre crei quella paura di perdere il posto che fa si che il lavoratore pensi “meglio un buco in più sulla cintola oggi che non avere neppure un tetto e un reddito, pur minimo, domani”
Ringrazio Alberto Bagnai per avermi aperto gli occhi, spero di averle fatto piacere.
Perché col cambio fisso non puoi svalutare la moneta ma devi svalutare i salari, quindi precarizzare il lavoratore lo convince a mangiare la minestra piuttosto che saltare dalla finestra.
RispondiEliminaSaluti
A differenza di quanto abbia tentato di dimostrare qualche illustre geniaccio, il vincoli esterno c'è anche tra Paesi con la stessa moneta. Quando il vincolo chiama, in cambi fissi viene meno una delle 2 possibili risposte, la svalutazione esterna. Resta dunque solo quella interna (deflazione). Come si ottiene? Certo noi nn possiamo far niente per il prezzo delle materie prime, ma possiamo abbassare il costo del lavoro. Come? Via un alto tasso di disoccupazione, che da ciclico si fa strutturale (il famoso esercito industriale di riserva), ed ecco servito uno spauracchio che modera i salari.
RispondiEliminaCome si ottiene la disoccupazione? Basta leggere la domanda...
Diversamente da quanto avviene con la svalutazione esterna, l'aggiustamento per questa via passa non tanto da una ripresa delle esportazioni (non si batte a questo gioco chi ne ha scritto le regole), quanto piuttosto per una diminuzione delle importazioni, causata dalla distruzione della domanda interna. Parlare di quanto sia nichilista e precaria questa logica va oltre quanto richiesto.
Prof., ma sta cercando di capire in che misura sta sprecando tempo? Ancora dubbi in proposito?
"Riforme del lavoro e unioni monetarie" potrebbe tranquillamente essere il tema centrale di un incontro, perchè in effetti, spiegarlo, non è affatto semplice. È evidente che sia al fattorino della pizzeria che al fisico nucleare, risulta difficile capire che l'uso di una moneta condiviso tra più stati è molto più dei semplici pezzi di carta e metallo che usano come bene di scambio per provvedere ai loro bisogni. Ed è difficile come lo sarebbe per un trader o un economista, capire la fisiologia del corpo umano o lo schema elettrico di un televisore: ognuno ha le proprie competenze, più o meno specializzate.
RispondiEliminaVivendo a Roma, immagino sempre il convivente 1 che va al mercato sotto casa ai Parioli a comprare il pesce e, convinto di fare un buon affare, torna con aria trionfante dal convivente 2. Ecco però che sorgono i problemi, perchè si sà che se il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, il convivente 2 ne sa sempre una più del diavolo e ha il superpotere dell'onniscenza dei prezzi di tutti i mercati rionali nel raggio di 10km.
Ai Parioli, abitando gente benestante ed essendo una zona centrale, i prezzi sono più alti. Al Tufello, dove i residenti hanno stipendi più bassi ed essendo una zona di periferia, i prezzi sono più bassi. Quando i commercianti inizieranno ad accorgersi del calo del fatturato, non possedendo l'onniscenza di convivente 2, da dove cominceranno a tagliare? Dai loro profitti che sono già calati? Sui costi fissi di approvviggionamento energetico? Sulla licenza della bancarella? Cambiando fornitore? Sfortunatamente per il ragazzo del pesce, l'unico costo che il commerciante può variare con maggior facilità per limare il prezzo, è proprio lo stipendio del suo dipendente, usando come motivazione il calo del fatturato.
Ora, cosa c'entra con l'euro? Beh, se ai Parioli e al Tufello usassero "monete" diverse, il cui "prezzo" aumentasse quanto più il mercato del Tufello vendesse ai residenti dei Parioli, si arriverebbe ad un certo punto in cui la Lira tufellese costerebbe più del Dollaro pariolo e i pariolini tornerebbero a comprare al mercato sotto casa, senza costringere il pescivendolo a dover mortificare il lavoro del proprio dipendente per far tornare i clienti.
Ce lo dice lo stesso ministro Dell'Economia
RispondiEliminaPadoan cosa c'entra l' euro col mercato del lavoro e quindi con il Jobs act.
Ceduta la sovranità monetaria alla BCE, indipendente dallo Stato e quindi dal popolo, abbiamo rinunciato a uno strumento fondamentale nella competizione sui mercati internazionali : il controllo sul tasso di cambio.
Ciò vuol dire che il Paese per recuperare competitività non puo fare altro che tagliare il costo del Lavoro.
Mentre prima con la lira svalutava il sistema Paese oggi svalutano i nostri salari
L' Art.18 era un ostacolo che era necessario rimuovere per dare corso alla svalutazione salariale.
"laddove non c’è tasso di cambio, l’aggiustamento avviene con la compressione del mercato del lavoro, e la pressione che avviene in un singolo Paese può essere molto forte"
P. C. Padoan
Sole 24 ore
26 gennaio 2016
L'economia dell'eurozona è una "economia (sociale!) di mercato fortemente competitiva" (vedi Trattati), basata sul mercantilismo (cioè vince chi esporta di più, a spese dei suoi competitori). Il cambio è fisso; non potendo svalutare la moneta, per essere più competitivi, bisogna svalutare i salari. Per svalutare i salari occorre convincere i salariati a ridursi lo stipendio. In generale, i salariati non sono d'accordo, quindi occorre convincerli. Un modo efficace è quello di licenziarli, così sperimentano la 'durezza del vivere'. Imparata la lezione, con ogni probabilità saranno disponibili ad 'autoridursi' lo stipendio (come si legge nelle cronache del Ventennio, quando il Paese era tutto teso verso 'quota 90'). Comunque, ho molto apprezzato il commento di @Mattia Siccinio, quello della 'maggiore età', poco più sopra: trasformare gli stipendi in paghette. Al proposito, ricordo che uno dei Decreti Delegati della Buona Scuola prevedeva di ridurre lo stipendio di ingresso dei docenti da 1.350 euro a 800, per tre anni; tanto, erano 'apprendisti docenti'.
RispondiEliminaPerché in un'area valutaria non ottimale come la zona euro di cui fa parte l'Italia comprimere i salari con la paura dei licenziamenti permette di evitare l'importazione di capitali che creerebbe squilibri con l'estero nella bilancia dei pagamenti (v.a. ciclo di Frenkel); questa importazione è all'origine delle crisi di debito estero di Grecia, Spagna, Portogallo ecc. dove si sono adottate misure del genere in risposta, con il risultato di alimentare deflazione e crisi ulteriore.
RispondiElimina2) Perché abbassare i redditi permette di controllare l'inflazione, cioè raggiungere quella "stabilità dei prezzi" che è uno dei fini della politica economica UE, avvantaggiando i redditi derivanti dalle rendite (che calano a causa dell'inflazione) rispetto a quelli derivanti dai salari (che in genere tendono a aumentare in presenza di inflazione), e tagliare i diritti del lavoro, tra cui i salari, diretti, indiretti e differiti, è più semplice da ottenere politicamente in una zona di cambi fissi come l'eurozona in tempo di crisi provocata proprio dalla fissità dei cambi.
Euro--> cambio fisso--> crisi---> disoccupazione---> jobs act--> licenziamenti facili--> immigrazione --> deflazione salariale.
RispondiEliminaCon l'euro e senza la possibilità di svalutazione, la differenza di competitività
RispondiEliminatra le economie dei diversi paesi area euro puo' essere compensata soltanto da riduzioni salariali.
I governi se vogliono ridurre il tasso di fallimento delle aziende devono favorire con la legislazione sul lavoro le riduzioni salariali.
la riforma dell'articolo 18 appartiene a questo tipo di legislazioni.
euro = moneta condivisa tra stati con fondamentali macro economici diversi tra loro (Es. In Italia l'inflazione è stata storicamente più alta che in Germania). Per essere precisi questi stati sono diversi anche culturalmente (banalmente si parlano lingue diverse, e l'unica lingua che si potrebbe considerare in comune, l'inglese, appartiene ad uno stato che non ha aderito all'euro e che addirittura ora sta anche lasciando l'ue)
RispondiEliminaarticolo 18 = legge italiana che disciplina i licenziamenti proteggendo la parte più debole, il lavoratore, da abusi da parte del datore di lavoro. Per poter licenziare ci vuole uno specifico motivo e il lavoratore ingiustamente licenziato può far valere i suoi diritti pretendendo il reintegro nel posto di lavoro. Il licenziamento col solo scopo di permettere all'azienda di aumentare i profitti non è permesso.
Dunque qual'è la relazione tra l'inflazione e la facilità di licenziamento?
L'inflazione produce un aumento del costo dei prodotti e servizi. Se nel paese A l'inflazione è mediamente del 10% mentre nel paese B è zero, significa che dopo un anno il paese A per riuscire a competere con il paese B dovrà in qualche modo ridurre il costo dei suoi prodotti del 10% altrimenti non riuscirebbe più a venderli. Per ottenere questo risultato o si migliora il processo produttivo riducendo cioé il costo del lavoro per unità di prodotto, per esempio investendo in macchinari più efficienti che permettano di produrre un numero di prodotti maggiore mantenendo il numero dei lavoratori a parità di salario, oppure mantieni il tuo apparato produttivo così com'è e riduci il salario dei lavoratori.
Ora se il paese A ha inflazione maggiore del paese B potrebbe essere dovuto anche ad un apparato produttivo meno efficiente. Quindi sperare di colmare il gap inflazione con la riduzione del costo del lavoro per unità di prodoto potrebbe non essere possibile. In questo caso l'unica alternativa è la semplice riduzione dei salari.
Facilitare il licenziamento riduce il costo del lavoro ovvero i salari?
Si, se al tempo stesso siamo in presenza di un alto tasso di disoccupazione. Altrimenti la minaccia di licenziamento non funziona.
Se poi nel paese A manca un sistema di protezione per il lavoratore che perda il lavoro a questo punto la minaccia di licenziamento diventa effettiva: o accetti la riduzione dello stipendio oppure ti licenzio e a causa dell'alto tasso di disoccupazione non sarà facile per te trovare un altro lavoro, e dato che non potrai disporre di un paracadute che ti permetta di vivere in attesa (nella speranza) di trovare un altro impiego, finirai in mezzo alla strada.
In Italia siamo in questo caso. L'eliminazione dell'articolo 18 permetterà di abbattere i salari consentendo alle imprese di abbassare il costo dei prodotti e tornare ad essere competitive con quei paesi con una economia più efficiente (inflazione piu' bassa, costo del lavoro per unita' di prodotto più basso)
Si ma l'euro che ruolo gioca in questo? In assenza dell'euro non sarebbe avvenuto lo stesso?
No, in assenza di una moneta comune tra i paesi A e B il riequilibrio dei prezzi tra i paesi sarebbe avvenuto tramite il riallineamento del tasso di cambio. Il paese A ha inflazione del 10% maggiore del paese B? Il paese A svaluta del 10% ed il prezzo dei suoi prodotti si riduce rispetto a quelli del paese B annullando l'inflazione.
Inoltre nello scenario euro bisogna tenere conto dell'effetto della riduzione dei salari sull'economia del paese A.
Se sono costretto di anno in anno a ridurre il costo del lavoro si ridurranno di anno in anno i consumi, quindi il pil (insieme dei redditi), peggiorando il conto delle finanze pubbliche e costringendo a continue riduzioni della spesa pubblica in un ciclo infinito fino a quando i debiti privati e pubblici accumulati dal paese A non saranno più sostenibili.
Questo effetto negativo, il fallimento del paese A, si produce solo nello scenario della moneta comune.
Quanto vorrei sapere il nome chi ti ha fatto questa domanda.
RispondiEliminaPerché, temo, sia un politico, probabilmente de sinistra.
Siamo nel 2017, sono passati quasi nove, dico, nove anni dall'inizio della crisi, che hanno cercato di "risolvere" con politiche deflattive.
Che c'entra l'euro con l'art.18?
Ma come che c'entra?
Ma sono domande da fare nel 2017?
Piccola sintesi:
l'euro è servito a chi aveva capitali (il nord), e aveva bisogno di investirli in sicurezza; ché fare un previsione su un tasso di cambio a sei mesi o un anno, se uno è bravo, ci azzecca.Ma una previsione a dieci anni devi a avere i superpoteri. E allora fissi il cambio e reinters sono tranquilli.
Mi spiace, ma non erano particolarmente preoccupati della mancata fratellanza tra il portoghese e l'alemanno.
Solo che, come dire...la situazione è sfuggita un po' di mano. Ti danno soldi ad un buon tasso, che fai? Te li prendi, ovvio.
Solo che, purtroppo, il monetone, per il tuo paese, ha delle controindicazioni : compri sempre meno prodotti nazionali, le aziende (nostre) fannno meno profitti e allora o ti pagano di meno o ti licenziano.
E già che siamo, troviamo il collegamento tra euro e austerity.
Monti la spiegò così bene qualche anno fa!
"Distruggere la domanda interna"
Per due bellissimi motivi:
1) Meno importazioni, meno debito estero e metti a posto la BdP. Poco male se la gente crepa
2) meno gente che spende( job act pure qua, eh) = meno inflazione.
Non glieli vorremmo mica fare inflazionare i capitali che generosamente e con spirito caricatatevole ci hanno prestato.
E basta!
E basta= e che cazzo!
(spero che così possa andare bene...)
RispondiEliminaL'adozione di una moneta di cui non ha il controllo, ovvero l'Euro, ha come diretta conseguenza per lo Stato Italiano l'impossibilità di prendere in autonomia qualunque decisione sul come fare fronte alle proprie esigenze, di qualsiasi natura esse siano.
Qualsiasi intervento che richieda risorse economiche viene preventivamente valutato da entità sovranazionali che
a) agiscono fuori dal controllo del Popolo Italiano (al riparo dal processo elettorale)
b) perseguono interessi quasi sempre in netto contrasto con quelli del Popolo Italiano
c) concedono l'accesso alle risorse solo in cambio di progressive cessioni di sovranità (un po' come nelle storielle in cui qualcuno si vende l'anima al Diavolo).
Ecco, potremmo dire che le riforme del lavoro, e tra queste sommamente l'abolizione dell'Art.18, rispondono a quanto indicato nel punto c): sono la contropartita richiesta (per ora) in cambio del privilegio di continuare a far parte del club dell'Euro. Il futuro ci riserverà violenze sempre più efferate, non dubitiamone.
Ecco a cosa serve l'Euro: a consentire ad una ristrettissima élite che agisce fuori dal controllo democratico di imporre regole che consentono al capitale di spogliare progressivamente intere popolazioni di ogni bene, economico, patrimoniale e sociale. In cambio vengono concessi diritti individuali "cosmetici".
Riporto l'Art. 41 della Costituzione, che recita:
L’iniziativa economica privata e` libera.
Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché´ l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.
La cancellazione dell'Art.18 ha portato al diffondersi quasi immediato di situazioni come quella drammaticamente esposta su questo blog; tali comportamenti sono in netto contrasto con quanto previsto dal succitato Art. 41, dove si parla di fini sociali dell'attività economica sia pubblica che privata, e si nega all'attività imprenditoriale di potersi svolgere in modo da recare danno alla dignità umana.
Uno Stato che attuasse pienamente la Costituzione e fosse sovrano nell'emissione della moneta non avrebbe necessità di sottostare ad alcuna condizione imposta in modo arbitrario da entità straniere, pubbliche o private che siano.
La sentenza della Consulta sul referendum dei giorni scorsi è purtroppo la chiara dimostrazione che, come afferma Marco Rizzo, non esiste lo Stato di diritto, ma solo i rapporti di forza tra le classi.
L'Euro è il tonfa al servizio del capitale.
Occorre che chi vive del proprio lavoro lo capisca al più presto e si organizzi per ridimensionare lo strapotere di chi vive di rendita (ovvero quelli che controllano l'Euro).
Innanzitutto bisogna definire che:
RispondiElimina1)L'euro è un sistema di cambio fisso tra i vari stati europei che lo adottano.
2)L'articolo 18 è stato imposto dal movimento dei lavoratori che in quel periodo storico stavano "vincendo" la lotta di classe perchè in riferimento al Pil, la quota salari aumentava a discapito della quota profitti e della quota rendita. Per dirla in altri termini la crescita dei salari stava al passo e a volte superava la crescita della produttività.
La svalutazione presente negli anni ‘70 era data dal fatto che il capitale cercava di recuperare le proprie quote aumentando i prezzi.
Già negli anni ’80 le cose cambiarono con il serpente monetario e la sostituzione della domanda dei salariati con la domanda creata dagli interessi sul debito pubblico e finanziata tramite deficit ma non mi dilungo e arrivo al dunque.
Fino agli anni ’70 funzionava che i salariati in Italia chiedevano aumenti di stipendio e le imprese visto che con il lavoro dei salariati facevano profitti (anche in presenza di una quota profitti su pil in costante declino) dovevano concedere. Se gli aumenti di salario erano maggiori dell’incremento della produttività, la differenza si scaricava almeno in parte sui prezzi (inflazione da costo del lavoro). Questo rendeva le merci meno competitive non tanto in Italia (visto che a tutte le imprese avevano le medesime dinamiche) quanto all’estero, visto che ogni Nazione è differente, per esempio in Germania il sistema funzionava all’esatto opposto: la produttività cresceva più dei salari quindi l’inflazione (almeno la componente riguardante il lavoro era molto scarsa). Considerando che:
1)Per una nazione avere una bilancia commerciale in attivo significa che i miei cittadini lavorano ma che parte della loro produzione viene data in cambio di pezzi di carta senza valore intrinseco in quanto moneta fiduciaria (ovvero i cittadini lavorano per far star bene un’altra nazione)
2)Avere una bilancia commerciale in passivo significa che nella nazione in questione i cittadini consumano più di quanto producono e quindi importano disoccupazione (ovvero l’occupazione che potrei avere in casa è in un'altra nazione)
Possiamo affermare che tutte le nazioni hanno interesse ad avere un saldo della bilancia commerciale tendenzialmente a zero.
L’unico meccanismo che può permettere tale condizione è la sensibilità del cambio rispetto al saldo della bilancia commerciale. Tale meccanismo permette, per esempio, alla Lira italiana di svalutarsi e al Marco tedesco di rivalutarsi.
Essendo l’euro quello strumento che ha bloccato il meccanismo sopradescritto, ci troviamo in una situazione di accentuazione degli scostamenti delle bilance commerciali dal punto di saldo zero. Specie per la Germania che ha saldi attivi spaventosi da molti anni.
Gli stati europei con bilancia commerciale in passivo stanno provando a riequilibrare tale situazioni diminuendo i salari reali e nominali dei lavoratori e quindi facendo deflazione salariale per aumentare la competitività. Purtroppo stanno facendo i conti con un elite tedesca che non permette l’aumento dei salari nello stato con maggiore attivo della bilancia commerciale perché essi pensano che tale attivo non sia uno squilibrio.
All’interno di un contesto dove gli stati stanno facendo deflazione salariale (che in democrazia è piuttosto difficile da compiere) bisogna disattivare i sindacati, i partiti che difendono il lavoro, togliere i diritti acquisiti e infine anche quelli costituzionalmente garantiti (non occorre togliere gli articoli, basta disapplicarli). Quindi l’articolo 18 rientra tra i diritti che devono essere tolti, così in una grande azienda chi non accetta tagli al salario può essere licenziato facilmente (adesso basta una manciata di mensilità) inoltre crei quella paura di perdere il posto che fa si che il lavoratore pensi “meglio un buco in più sulla cintola oggi che non avere neppure un tetto e un reddito, pur minimo, domani”
Ringrazio Alberto Bagnai per avermi aperto gli occhi, spero di averle fatto piacere.
Un spiegazione che definirei chiarissima, grazie!
EliminaPerché se non puoi svalutare il cambio per essere competitivi devi svalutare per forza il lavoro ed il lavoro non si svaluta solo abbassando i salari ma anche togliendo diritti per costruire un esercito di riserva che si deve piegare a qualsiasi offerta pur di lavorare.
RispondiEliminaCaro Alberto,
RispondiEliminaho 29 anni e dopo una laurea in Economia, lasciai la materia per ridar voce ad un'essenza che in realtà si interessava di aspetti psicologici. Un po' come per lei è la musica. Recentemente sento il richiamo di quel che si può definire un senso di responsabilità e che mi porta a riprendere in mano ciò che misi da parte 7 anni fa. Mi interesso di economia perchè non la voglio subire e cerco di condividere con gli altri i frutti delle mie ricerche. Il mio percorso mi porta poi a collegare le tematiche economiche con quelle intrapsichiche. Del resto sono entrambe interconnesse. A mio parere l'unica vea crisi che stiamo vivendo è una crisi di empatia e di buon senso (derivante da un pensiero critico). La crisi economica è un effetto e non una causa.
Perchè le scrivo? Per molteplici ragioni. La prima è per ringraziarla di tutto il suo lavoro. Le mie ricerche si basano moltissimo sulla mole di dati che lei fornisce. Ho molta stima di lei.
La seconda ragione per cui le scrivo è per chiederle un favore. Lei è dotato di moltissime abilità, soprattutto di tipo logico - matematico e mi piacerebbe che le utilizzasse anche per rendersi conto di una cosa: dell'importanza delle parole. Lei sa meglio di me che chi vuole imporre sovrastrutture ideologiche si aggrappa a qualsiasi appiglio. Faranno di tutto (probabilmente l'hanno già fatto) per screditarla e per farla apparire come una persona non affidabile. Si aggrapperanno anche a delle frasi che lei pronuncerà e che potrebbero essere incasellate nella termilogia di arroganza.
Il suo lavoro è magnifico e sappia che non è da solo. Forse è vero, chi utilizza il proprio pensiero, non è la maggioranza della popolazione ma storicamente sono state delle minoranze ad apportare cambiamenti significativi. Là fuori è pieno di persone che hanno ristabilito il contatto con il proprio cuore e che utilizzano il cervello per porsi delle domande. Domande che consentono loro di uscire da meccanismi di schiavitù più o meno evidenti. Forse il problema principale è che esiste ancora un certo grado di separazione. Tuttavia la rete ci può venire in aiuto, fornendoci un'enorme possibilità di comunicazione e quindi di unione. Quindi le ripeto: lei non è il solo. Non lo è nemmeno nella comprensione delle dinamiche economiche che stanno avvenendo. Perchè pongo queste premesse? Per chiederle di prestare maggiormente attenzione al registro comunicativo che utilizza. Non faccia in modo che diventi un pretesto per farla apparire per quello che non è (Non stia al loro gioco). Utilizzi la sua logica anche in questo. Del resto ne ha così in abbondanza. Il mondo ha bisogno di eleganza altrimenti continueranno a perpetuarsi all'infinito dinamiche di conflitto non risolte a livello di umanità. Suoni la sua musica in autonomia e non faccia in modo che si creino delle melodie che non sono sue. Melodie che potrebbero essere solo la reazione a stimoli esterni non piacevoli.
Continuerò a seguirla con molto piacere. Le auguro una buonissima vita.
Un caro saluto.
Alex D
Alchimia moderna - Economia Integrata
Salve Alex, anche io sono Alex
EliminaVista la sua “essenza”, sono certo non le dispiacerà il mio commento, a supporto della sua gentile e costruttiva esortazione.
Quindi, orsù Alberto, dai, non fare il “tigrone dentone”: utilizza il registro comunicativo giusto, non gli darai il destro di attaccarti e finirai per convincerli!
Si certo, e della beata fava non ne vogliamo parlare? Come già rilevato qui in passato, questi il non capire un cazzo ce l’hanno cablato nel cervello
… altro che “tigrone dentone”…
Alex
Impiegato
Vado di corsa ci provo in estrema sintesi: Perchè l'eurozona non essendo un area valutaria ottimale scarica le crisi di competitività interne sul lavoro in assenza del naturale riequilibrio del tasso di cambio. In pratica se il mio latte costa più del tedesco i consumatori compreranno il latte tedesco (comportamento razionale) apprezzando il marco tedesco fino a trovare un ri-equilibrio che non renda troppo favorevole comprare il latte tedesco. In presenza di una moneta unica non posso fare altro che licenziare lo stalliere ed assumere un rumeno (o produrre in Romania) e quindi l'articolo 18 mi è d'ostacolo sia per delocalizzare che per licenziare.
RispondiEliminaNegli anni ottanta nacque l’esigenza di conferire al diritto del lavoro una maggiore flessibilità, imponendo una sorta di delegificazione e riorganizzazione, in rapporto alle mutate situazioni economiche. Si iniziò, allora, a parlare di terziarizzazione dell’occupazione e allentamento delle rigidità e dei vincoli del diritto del lavoro, imposti dalla legge 604/1967 e dall’art.18 della legge 300/1970, per consentire l’eliminazione di qualsiasi ostacolo alla flessibilità e mobilità del lavoro. La situazione attuale, quindi, è figlia di un lento e inesorabile processo iniziato nel 1981, con il divorzio tra la Banca d’Italia e il Tesoro, passando dal taglio della scala mobile e dai tanti tentativi di abrogazione dell’art. 18. L’idea liberista, per funzionare , ha bisogno che ci sia un certo tipo di forma di governo e che il lavoratore perda completamente qualsiasi tipo di forza contrattuale. L’euro, quindi, è la forma di governo che consente di completare le riforme del lavoro non attuate e garantite dalla politica.
RispondiEliminaLa domanda è: perchè le riforme del mercato del lavoro sono organicamente connesse all'integrazione monetaria, ne sono la necessaria (e perversa) conseguenza?
RispondiEliminaRisposta: essendo l'UE in piena logica neoliberista, il lavoro è una merce qualsiasi, di conseguenza i salari nelle varie zone dell'area valutaria si devono uniformare alla produttività della zona.
Quindi il CLUP si deve uniformare in tutta Europa, i salari devono diminuire in base alla produttività.
Praticamente per stare dietro alla Germania bisogna fare politiche di restrizione salariale e di disoccupazione.
Potremmo avitare tutto questo rendendo flessibile il cambio, ma noi Euristi preferiamo di gran lunga rendere flessibili i salari; inoltre i crucchi non vogliono certo venirci incontro aumentandosi gli stipendi e facendo investimenti, bensì hanno pure la pretesa che si faccia flessibilità salariale verso il basso.
Una domanda... Ma keynes in Germania se lo è mai filato qualcuno? Perchè non capiscono che è molto più semplice la flessibilità dei salari verso l'alto?
Scritto in italiano. Un assaggio
RispondiEliminaMISERIA
di Giovanni Papini
Non m' importava di andar vestito cogli spogli del
babbo, consumati, lisi e infrittellati; con toppe ben messe
dietro e in fondo ai calzoni, né di avere in testa cap-
pellucci sbertucciati, né di camminare con scarpe troppo
strette, risolate e rimontate più volte. Le gioie della mia
vita eran piuttosto rade e modeste. Un soldo di ci-
liege o di fichi d'estate e di bruciate o pattona l'inverno
bastavano alla mia ghiottoneria. Al teatro [stenterello] e
al caffè [gelato] una volta l'anno — forse due, se c' era
qualche invito di mezzo. E una domenica l'anno a man-
giare in campagna, sempre al solito posto [Fiumiciattolo
stracco con poc'acqua, sassi, canneti, prati bruciati, pesci
fritti].
No vabbè....ha vinto lui !
RispondiEliminaHa scelto il post migliore pe sta sorta de prosopopea.....
Paradossalmente è un processo iniziato molti anni fa. Se si legge attentamente il TFUE (Trattato di Lisbona) si può intuire facilmente come la liberalizzazione estrema del lavoro sia l'obbiettivo ultimo (o primo?) Dello stesso trattato. La nostra ex repubblica sin dala fine degli anni 80 riceveva pressioni alias direttive dalla ex CE affinché rendesse il lavoro più flessibile. Si passa dalla legge Biagi, l'accentramento di quel che restava dei sindacati sino alla riforma fornero che ha praticamente fatto da breccia per il Jobs Act. Ci sono missive inviate direttamente dalla bce al governo dal 2009 2008 circa affinché limitasse le tutele dei lavoratori. Dal punto di vista giuridico è tutto scritto nei trattati, solo che dovevano trovare terreno fertile per poter distruggere quel poco di stato sociale rimasto. Come molti ben sanno la cessione di sovranità era una reato del codice penale fino a poco tempo fa, giustappunto quando andava ratificato il TFUE fu "limitato" come delitto alle cessioni di sovranità violente e quindi le occupazioni finanziarie e sovranazionali sono purtroppo il nuovo esercito nazista che marcia anche sulla ex giurisprudenza italiana da più di dieci anni. Io ci vedo un semplice adeguamento alla giurisprudenza liberale europea serva quest'ultima di quelle politiche che fecero innestare le baionette per tre quattro volte in Europa.
RispondiEliminaNel sistema economico 'europeo', ingessato dalla rigidità del cambio nominale, l'unica alternativa per competere in un'economia mercantilista è ridurre i prezzi delle proprie merci, per tentare di vincere la 'guerra alle esportazioni'(che tra poco volgerà al termine), svalutando i salari dei lavoratori. Con l'abolizione dell'art. 18 ciò è diventato possibile in quanto, con l'opportunità di licenziamenti più facili e veloci, si rende il dipendente più ricattabile in vista di diminuzioni stipendiali(o accetta un determinato salario o viene licenziato). In più, potrebbe essere un tentativo da parte del sistema finanziario di recuperare parte dei crediti deteriorati, scaricando sui lavoratori l'onere del debito delle imprese verso le banche.
RispondiEliminaGentile Professore,
RispondiEliminaho provato a fare questa domanda alla mia ragazza, per vendicarmi, dal momento che non perde occasione per lamentarsi del mio essere ripetitivo sull'argomento euro. Purtroppo non è riuscita a collegare le due cose, fermandosi tuttavia al fatto che le riforme del mercato del lavoro hanno l'obiettivo di ridurre il costo di merci e servizi attraverso la riduzione dei salari. L'altra parte l'ho aggiunta io : in un sistema di cambi fissi (quindi nell'impossibilità di svalutare la propria moneta), in risposta ad uno shock esterno, l'unico modo per dare un impulso all'economia (tornare a vendere) è quello di svalutare il costo del lavoro.
Andrea
Buona sera,
RispondiEliminala riforma del lavoro e la conseguente svalutzione salariale sono l'unico srumento rimasto in mano al governo italiano per restare competitivo sul merato estero.
Dovendo concorrere sul mercato unico con con beni prodotti e venduti a prezzi più bassi dai paesi trainanti(Germania in testa), per restare competitivi dobbiamo diminuire i prezzi dei nostri beni(se non si vende si chiude baracca e si licenzia). Dato che i fattori di produzione sono "capitale,lavoro e materie prime", essendo bloccato il riaggiustamento del cambio(svalutazione)il lavoro è l'unico fattore di produzione svalutabile per recuperare competitività.
Saluti
L' articolo 18 e' motivo d' impedimento alla compressione dei salari che si rende necessaria in quanto una valuta a cambio fisso non riesce ad assorbire shock esterni ( caldo di domanda dei beni dall'estero)
RispondiEliminasono arrivato tardi?