(dopo Mimmo Porcaro...)
Io: "Che compiti devi fare?"
Uga: "La parafrasi di epica."
Io: "Porta su il libro, che ti aiuto."
Sale, si siede.
Io: "Me la leggi?"
Uga (scolastica):
"Così essi tali parole (...) tra loro dicevano:
e un cane sdraiato là rizzò (...) muso e orecchie"
E chi è? Ma è Argo, naturalmente. Allora mi avvicino, leggo, e non so perché (dovrei essere stabile: ho dormito bene, ho preso un buon caffè, sto per scrivere une lettera di ringraziamento a un editor, ho capito - grazie al mitico Milesi Ferretti - cosa dirò a Bucarest, cenerò all'Osteria del Contadino, riuscirò a portare il cembalo in basilica per la prova: insomma, tutto va bene...), non so perché ma mi viene un groppo alla gola.
Trattengo le lacrime e spiego a Giulia:
"Sai, Uga, io una volta avevo un maestro di composizione, che mi insegnava a scrivere la musica. E lui, a una lezione, correggendomi un esercizio, mi disse una cosa che io non capii subito, che ho capito molto dopo - perché i maestri veramente bravi non sempre si capiscono subito, ma gli allievi bravi devono far finta di aver capito subito. Mi disse: "Ogni volta che fai un esercizio, non importa quanto semplice, devi cercarne la bellezza, devi provare piacere, il piacere di esprimerti, il piacere di comunicarne la bellezza". Ora, capisci cosa sta succedendo? Questo è stato vent'anni in giro, era partito come un re, trionfante, torna povero, vecchio, lacero, nessuno lo riconosce, ha accanto il guardiano dei suoi porci, che un giorno non avrebbe osato rivolgergli la parola, e che ora lo accompagna parlandogli come a un suo pari, senza troppo bene sapere chi sia - ed è anche un bene che sia così, perché Odisseo non è armato, e come sai a casa sua non tutti gli vogliono bene. Ma il cane lo riconosce, il suo cane: non ha nemmeno la forza di andargli incontro, ma riesce a fargli capire che ha capito. Riesce a farglielo capire, un cane, senza parlare. E poi muore, sopraffatto dalla gioia. Et nunc dimittis..."
Uga: "Ma questo è latino!"
Io: "Sì, è latino, ma il punto è un altro: gli uomini ti apprezzano quando sei un re, quando vinci, quando sei ricco, e ti disprezzano quando sei un mendicante, quando hai perso, quando sei povero. Potrebbe succedere anche a me, e potrebbe succedere anche a te. Ma ad Argo questo non interessa: Odisseo è sempre l'uomo dalle cui mani mangiava e che lo portava a caccia. Questo è importante per lui: cosa ha fatto con Odisseo, il loro rapporto, non cosa è diventato Odisseo. Lo ha aspettato venti anni steso sul letame, capisci?"
Poi realizzo che Uga ha undici anni, e quindi vent'anni non le dicono nulla, così come i miei studenti, per (miei) raggiunti limiti di età non possono ricordarsi, come io ricordo, i titoli sul "governatore in trincea" (quel Ciampi del quale mi dicono che mentre difendeva la lira comprava marchi. Sarà vero?).
Forse è per questo che ci ho messo così tanto a intuire cosa volevano dirmi prima Costanzo e poi Fabio: un cantus firmus è una sfida estetica, il problema non sono le ottave parallele (altrimenti questo dovremmo toglierlo dalla storia della musica: batt. 33 a 1:40, p. 84 del Contrappunto di de la Motte per la spiegazione), ma il problema è decidere cosa vuoi dire, e come dirlo in modo convincente, qual è la direzione, qual è il punto culminante.
Cosa vuole dire Omero?
Questo Uga temo non possa ancora capirlo.
Sopraffatto una volta di più dalla difficoltà delle cose semplici, capisco il privilegio di essere uno scrittore: quello di offrirsi all'istinto dei lettori. Solo l'istinto di un cane, o quello di un lettore, possono riconoscerti, più di quanto tu non conosca te stesso.
Voi avete mangiato dalle mie mani, e insieme siamo andati a caccia di piddini (capre selvatiche, li chiama Omero).
Sarà un lungo viaggio.
Non omnis moriar.
Forse.
(...sarà lungo anche per Uga, che è stata costretta a rileggere il testo una decina di volte, togliendosi l'inflessione da "Violetta" e restando sul pezzo: per scrivere devi saper leggere... Suppongo che eviterà accuratamente qualsiasi occasione futura di farsi assistere da me nelle parafrasi...)
Da me i piddini sono entrati in casa, da poco per giunta.
RispondiEliminaAnche io sono stato assente per un paio d'anni, cercando di essere "solo anche senza me stesso"; come accettare di essere il solo ed unico (se solo avessi saputo che non lo ero...) a non credere che sarebbero stati i nobili alti e biondi che hanno investito tanto che non sono corrotti a salvarci? I miei amici più stretti accecati dalla visione berluscocentrica dei mail dell'Italia... e nella solitudine mi sono chiuso, ho perso di vista molte persone che ritenevo amiche e che ho invece iniziato a disprezzare, ho evitato per anni il parlare di politica, allontanavo chi solo la nominasse o solo facesse discorsi che iniziassero con "in Italia.." o "gli italiani di oggi...", chi parlasse di morale (perché mi ricordava i moralisti che tanto hanno fatto, per l'Italia, prendendosela col Berlu), qualunque cosa pur di non fare i conti con l'essere circondato da deliranti rabbiosi.
Pensavo di essere solo e in realtà ero solo assente, la situazione mi è sfuggita di mano: le capre selvatiche mi sono entrate in casa. Poche sere fa uno che conosco da ventidue anni ho saputo che da la colpa della crisi economica ai quarantenni che hanno deciso di smettere di zappare e hanno voluto la terziarizzazione, e ora le università sono piene di fannulloni fermi al primo anno... povero fratello.
È veramente duro accorgersi che persone che stimavamo meritano il nostro disprezzo. So cosa si prova.
EliminaE' stancante e molto deprimente, ma tocca sorbirselo...
EliminaIn cambio, chi come me ne era privo, ha ricevuto un dono.
Da qualche parte, credo su questo blog, tempo fa hai scritto una frase molto bella e un po' struggente, che mi sono segnato: "..quando si capisce, si capisce soli, come quando si muore."
Non ho capito tutto nè tanto (non so nemmeno se questa frase è tua o una citazione), anche se in questi due anni ho letto molto, ma (qui) ho appreso un metodo, di cui mi avvalgo, per valutare le persone che mi trovo di fronte.
Vedo la superficialità, ecco.
Mi serve, eccome se mi serve, ma che desolazione!
Ciao
Paolo
Argo.. tante volte mi è passato davanti agli occhi questo nome che mi suonava affascinante ma, la pigrizia e l'ignoranza non mi permettevano di capirne il significato e la lezione di vita che porta con sè.
RispondiEliminaSe da un lato mi sento per l'ennesima volta un grande ignorante che tante occasioni ha perso e sciupato nella propria vita (messo davanti a queste autentiche perle di bellezza), dall'altro lato non posso che essere felice di una cosa che mi rimane: riesco ancora a commuovermi, a sentire "certe cose".
Non avevo idea di cosa potesse esserci dietro al quel nome, non ho mai capito cosa realmente potesse donare una "parafrasi".. quelle lezioni di letteratura alle medie mi devastavano l'anima perchè mi sentivo tanto stupido, per non capire cosa stessi leggendo, per non capire cosa volessero dirci quelle storie.. e non capivo la fredda spiegazione che la professoressa cercava di trasmetterci. Semplicemente non capivo.
Ho perso moltissimo.
Pero' la ringrazio anche questa volta sinceramente, perchè immedesimato in quella meravigliosa undicenne che l'ascoltava, ho provato qualcosa che non avevo mai provato prima: ho sentito qualcosa, ho capito e mi sono commosso.
Grazie..
"Argo" è nome nobile e si connette a un patrimonio intellettuale e umano che risale a temi remoti.
EliminaPovero compagno fedele d'un re decaduto: non poteva più per l'età fare onore al suo nomen che era stato il suo omen, fiaccato com'era dagli anni trascorsi. Infatti "Argos" significa "lucente", come si dice dell'argento che è un termine imparentato dalla radice *rg-, ma con slittamento semantico anche "veloce"; nel RgVeda si trova un re che si chiamava Rjiśvan, ossia "che possiede cani veloci", protetto dal dio Indra: ho sempre pensato che i nostri antenati rimanessero impressionati dal brillio del pelo dei loro fidi segugi quanto essi correvano dietro alla preda durante la caccia.
Voi capite perchè porto la mano alla pistola quando sento un Serra qualsiasi che dice che oggi per essere cool e vincente non servono le lettere e la filosofia ma basta la matematica...con tutto il rispetto per i numeri, sia chiaro.
RispondiEliminaMa povero Serra... Quelli come lui ci sono sempre stati, Dragan ce ne ha parlato. Normalmente però nei romanzi stanno un po' in secondo piano!
EliminaUna lacrimuccia me l'ha fatta scendere anche a me.
RispondiEliminaFaccio fatica a digerire che dei Thomas Manfredi qualunque vogliano togliere il latino (e secondo me anche la cultura classica) dai licei.
La cultura, quella che non seppi apprezzare, e che ora corteggio senza successo ma della quale provo a comprenderne quanto più possibile la bellezza.
La cultura logora chi non ce l'ha.
Sono ancora esterreffatto se ripenso alle affermazioni del caro Boldrin al Goofy....
RispondiElimina"Tutta colpa del Liceo Classico e del pomodorino Pachino!"
Poi...leggo questo post nella malinconia di una domenica uggiosa e provo la pace.
Buona serata Prof!
Ed è talmente convinto di questa cosa (l'amico Boldrin) che lo va ripetendo in giro...
RispondiElimina"Aboliamo il liceo classico?" con Michele Bordrinnne e Panunzi....by Bocconi.
Ma quanto siamo lontani dai tempi in cui un Olivetti metteva i filosofi nei CDA Aziendali? Tristezza infinita e disprezzo verso quella massa di ottusi che ho scoperto mi circondano da anni.
RispondiElimina"...gli uomini ti apprezzano quando sei un re, quando vinci, quando sei ricco, e ti disprezzano quando sei un mendicante, quando hai perso, quando sei povero."
RispondiElimina...o anche quando sei piccolo, cosa che potrebbe essere successa a lei. Per quel che mi riguarda, noi non abbiamo nessuna intenzione di perdere, no?
EliminaMai
Elimina...ma io ero il bomber della squadra e piacevo alle ragazzine, mica suonavo il piffero...ciò detto, mi ha colpito la frase perché è vero che l'avere supera l'essere nella considerazione altrui, e la forma di gran lunga la sostanza. Ma come credo tu sappia bene, degli altrui apprezzamenti molti di noi se ne fregavano da piccoli, da adulti, figuriamoci da anziani. L'autostima è cosa diversa dalla stima degli altri. O no?
EliminaCaro Alberto,
RispondiEliminasemplicemente Grazie!
Con gratitudine e stima.
Ivan da Torino
Questo è la politica. Finalmente!
RispondiEliminaLa morte di Argo è commovente, ma è dalle 12 scuri in poi che la faccenda si fa interessante... il canone estetico della nemesi, direi. Fossi un piazzaleloretista ci farei un pensierino.
RispondiEliminaWISŁAWA SZYMBORSKA
RispondiEliminaAUTOTOMIA
Alla memoria di Alina Poswiatowska
In caso di pericolo, l'oloturia si divide in due:
dà un sé in pasto al mondo,
e con l'altro fugge.
Si scinde in un colpo in rovina e salvezza,
in ammenda e premio, in ciò che è stato e ciò che sarà.
Nel mezzo del suo corpo si apre un abisso
con due sponde subito estranee.
Su una la morte, sull'altra la vita.
Qui la disperazione, là la fiducia.
Se esiste una bilancia, ha piatti immobili.
Se c'è giustizia, eccola.
Morire quanto necessario, senza eccedere.
Rinascere quanto occorre da ciò che si è salvato.
Già, anche noi sappiamo dividerci in due.
Ma solo in corpo e sussurro interrotto.
In corpo e poesia.
Da un lato la gola, il riso dall'altro,
un riso leggero, di già soffocato.
Qui il cuore pesante, là non omnis moriar,
tre piccole parole, soltanto, tre piume di un volo.
L'abisso non ci divide.
L'abisso ci circonda.
(da Ogni caso, 1972)
Perché, in ogni caso, in questo momento (altri direbbero "fase storica") a questo siamo costretti.
Buona vita.
Guglielmo
Grazie.
RispondiEliminaCome qualcuno qui, devo recuperare il tempo perduto. Oltre l'economia mi dovrò rileggere i testi scolastici, ma ora sono sicuro che li capirò meglio.
RispondiEliminaGrazie.
E' davvero così, l'ho riconosciuta in mezzo a tanti altri, e ne sono orgogliosa.
RispondiEliminaps: è la prima volta che scrivo (finalmente ho capito come si fa), approfitto per ringraziare il padrone di casa e molti di voi, che mi state insegnando tanto.
Benarrivata!
EliminaI Proci che usurpavano la casa di Penelope, di cui si narra nella rappresentazione poetica di Omero, erano in realtà una nuova classe emergente , gli aristocratici, poi brutalmente sterminati da Telemaco e Ulisse; insomma, speriamo che la storia greca si ripeta anche oggi dato che ci sono milioni di figli che aspettano il loro Padre nella casa occupata da coloro che non avrebbero il diritto di farlo
RispondiEliminaMi hai fatto commuovere. Grazie.
RispondiEliminaecco il motivo per cui, da sempre, leggo questo blog.
RispondiEliminaMa lo sa prof. che lei è veramente un fenomeno? Spesso mi stupisce. A volte è anche commovente. Le voglio dedicare una poesia.
RispondiEliminacon la speranza di poterla incontrare, magari sulla cresta di Pesco Falcone.
Preghiera
Dacci crani di brace
crani bruciati dai fulmini del cielo
crani lucidi, crani reali
e attraversati dalla tua presenza
Facci nascere ai cieli del di dentro
crivellati da voragini in tempesta
e che una vertigine ci attraversi
con un’unghiata incandescente
Saziaci abbiamo fame
di commozioni inter-siderali
versa lava astrale
al posto del nostro sangue
Staccaci. Dividici
con le tue mani di braci taglienti
aprici quelle strade brucianti
in cui noi si muore piú lontano della morte
Fa vacillare il nostro cervello
dentro la propria scienza
e strappaci l’intelligenza
con artigli di un tifone nuovo
Antonin Artaud
Scusi Professore, ma allora sono capre selvatiche? E io che mi credevo che erano tutti Proci. Questi piddini.
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