(andando a spasso con Uga in centro, alla fine dello scorso anno, vidi questo accorato appello affisso alla statua di Pasquino, che dopo tanti secoli, evidentemente, è ancora in funzione...)
(...e l’Argentina? Ma
cosa succede in Argentina? E perché non facciamo come in Argentina? Ma quanto è
brava l’Argentina! Ecc.
Ragazzi, dire “l’Argentina”
è come dire “la Germania”, ovvero non dire niente. Esistono molte Argentine e
molte Germanie, nello spazio e nel tempo. Vi ho già comunicato, tramite un corposo articolo
di Roberto Frenkel, qual è la sua analisi, che mi aveva riportato di persona
qui,
e che non ho motivi di non far mia, per la fiducia che mi ispira Roberto. Molto
semplicemente, la Presidenta, per la quale tanto ci si sdilinquisce da queste
parti, non sta facendo una buona politica macroeconomica. Capita. Non omnes
possumus omnia, e basta farsi un giretto su Twitter per capire cosa intendo.
Ovviamente, dal fatto
che dal 2007 l’Argentina non sia guidata in modo ottimale non si evince che nel
2001, sei anni prima, dovesse restare agganciata al dollaro. La crescita
folgorante avuta dal 2001 al 2007 lo dimostra a sufficienza, e solo gli
imbecilli non lo capiscono, perché non vogliono capirlo – ma la cosa, per
quanto phastidiosa, non ci preoccupa più di tanto: in particolare, dalle nostre
parti le cose finiranno come dico io, perché non lo dico io (ma Meade, Kaldor,
Thirlwall, Dornbusch, Feldstein,... vi risparmio tutta la lista), e poi FAREmo
i conti.
Il fatto è che l’ideologia
non paga.
Non paga né a sinistra
(ricordo la diffidenza degli economisti “de sinistra” italiani verso Frenkel,
basata sul “ma i miei colleghi argentini mi hanno detto che...”, laddove
verosimilmente i colleghi argentini erano aggreppiati al governo attuale, che
sta molto presumibilmente distruggendo il paese), né a destra. In particolare,
ai cretini del “se svalutassimo finiremmo come l’Argentina”, faccio notare che
nell’articolo che segue Martin Rapetti, coautore di Roberto in questo articolo
fondamentale, spiega molto bene che il
problema attuale dell’Argentina nasce dall’aver fatto affidamento sulla
politica del cambio forte per domare l’inflazione.
Cari amici “de destra”
e “de sinistra”, accomunati dal meschino astio ideologico e dal non capire un
cazzo di economia, ve lo dico in un altro modo: la Presidenta contro la quale
vi accanite, se siete “de destra”, sta facendo esattamente la politica
suggerita negli ultimi 40 anni dal
vostro solone Giavazzi (usare il cambio forte per domare l’inflazione), e la Presidenta
che venerate, se siete “de sinistra”, sta facendo esattamente la politica
suggerita dal loro (o vostro?) solone Giavazzi (usare il cambio forte per
domare l’inflazione).
Nell’uno e nell’altro
caso, se non foste quegli imbecilli che siete, capireste che c’è poco da
accanirsi (perché è controproducente per le vostre tesi), cioè c’è poco da
venerare (perché è controproducente per le vostre tesi).
Ma a noi piace
ricordarvi così, brancolanti nel buio della vostra cecità ideologica...
(Quanto ne ho pieni i
coglioni, però... Dovrei nasconderlo meglio?)
Per l’intelligibilità
del testo, ricordo che nel resto del mondo il tasso di cambio nominale è
quotato incerto per certo, cioè come prezzo in valuta locale di un’unità di
valuta estera (ad esempio, pesos per un dollaro), e che il cambio reale è dato
dal rapporto fra prezzi interni e prezzi esteri espresso in una comune valuta.
Se il cambio nominale è quotato incerto per certo, conviene esprimere il tasso
di cambio reale così:
dove Er è
il cambio reale (TCR), P sono i prezzi interni in valuta nazionale, PW
i prezzi esteri in valuta estera, e E il cambio nominale (prezzo locale della
valuta estera), per cui EPW sono i prezzi esteri in valuta locale, e
Er è il rapporto fra i prezzi interni ed esteri espresso nella
stessa valuta – quella locale. In tassi di variazione abbiamo:
per cui se, come dice
Martin, se nel biennio 2010 e 2011 i prezzi interni sono cresciuti del 54%,
mentre il cambio nominale si è svalutato solo del 12%, considerando che l’inflazione
mondiale media è stata del 4%, il TCR dell’Argentina dovrebbe essersi
apprezzato del:
54 – 12 – 4 = 38%
Calcolo assolutamente
approssimativo, perché i prezzi internazionali ovviamente vanno ponderati con
le quote di mercato dei partner commerciali, ma comunque indicativi.
Insomma, lo ripeto: non stanno
male perché hanno la pesetta, stanno male perché hanno il pesone. Che fa rima
con chi non lo capisce...).
Da Martin Rapetti ricevo e volentieri pubblico:
Torniamo a piangere per l'Argentina?
Non molto tempo fa, l’Argentina era considerata un caso di
successo economico. Nel 2001-02 il paese aveva sofferto una profonda crisi –
una triplice crisi che aveva coinvolto il settore finanziario, il debito
pubblico e la bilancia dei pagamenti – la peggiore crisi nella storia
dell’Argentina. Tuttavia, all’inizio del 2002, poco dopo la svalutazione del
peso, il default sul debito pubblico e il collasso del sistema finanziario,
l’economia iniziò una ripresa molto forte, che divenne poco dopo una forte
crescita economica. Alla fine del 2006 il Pil era cresciuto del 46% rispetto al
minimo raggiunto nel 2002 e del 17% rispetto al precedente picco di metà 1998;
la disoccupazione si era ridotta dal 22% all’8.7%, la povertà dal 58% al 28%, e
la povertà estrema dal 28% al 9%. Non è difficile capire come mai questa
esperienza sia diventata un esempio di successo nella soluzione delle crisi,
specialmente per paesi nella periferia dell’Eurozona come la Grecia.
L’esperienza Argentina dopo la crisi rappresentò anche un
esempio di successo in termini di scelte di politica macroeconomica. Nei primi
anni dopo la crisi, le autorità perseguirono politiche volte a mantenere un
tasso di cambio reale (TCR) stabile e competitivo, per promuovere l’espansione
dei settori aperti al commercio estero e attraverso questa lo sviluppo
economico. Il TCR competitivo fu un fattore chiave per la ripresa e la crescita
dell’Argentina. Molti economisti considerano la politica di mantenimento di un
TCR stabile e competitivo più favorevole allo sviluppo rispetto all’inflation targeting tradizionale
(politica di perseguimento di un obiettivo fisso di inflazione, come quella
della Bce, NdC).
Sfortunatamente, il successo economico dell’Argentina
cominciò a dissiparsi gradualmente. Come nella trama del classico libro di
Mario Vargas Llosa, Conversacion en la
catedral, è difficile stabilire in quale momento preciso questa esperienza “è
andata a puttane”. Un possibile punto di svolta è l’inizio del 2007, quando il
governo licenziò i funzionari dell’Ufficio Nazionale di Statistica (INDEC) e
cominciò a manipolare l’indice dei prezzi al consumo, con l’evidente scopo di
nascondere l’accelerazione dell’inflazione (da allora il tasso di inflazione
ufficiale è stato inferiore al 10% all’anno, mentre l’inflazione effettiva ha
oscillato attorno al 20-25% all’anno. Le manipolazioni si estesero in seguito
ad altre statistiche ufficiali, incluso il Pil). Ma indipendentemente dalla
data precisa, il problema è che il governo si è volto gradualmente verso un percorso
sempre più populista, basato su politiche monetarie, fiscali e dei redditi
eccessivamente espansive, che hanno alimentato l’inflazione. Invece di moderare
il ritmo della domanda aggregata, il governo ha sempre di più contato sul tasso
di cambio come principale ancora nominale per domare l’inflazione. Questa
strategia è stata particolarmente intensa nel 2010 e nel 2011. In questi due
anni, i prezzi interni sono cresciuti del 54%, mentre il cambio nominale (cioè
il prezzo di un dollaro US in valuta locale) solo del 12%. Di conseguenza, il TCR si è considerevolmente
apprezzato.
Tanto gli elevati tassi di inflazione quanto l’apprezzamento
del TCD (insieme con altre misure discrezionali) hanno compromesso l’ambiente
economico. In questo contesto Pil, investimenti, occupazione privata e crescita
dei salari reali hanno sofferto una decelerazione significativa. Alla fine del
2011, l’economia è rimasta bloccata nella trappola della stagflazione, dove
tuttora si trova (potete leggere altri dettagli qui).
Molti analisti sono convinti che l’Argentina abbia sprecato
un’opportunità unica per sostenere la rapida crescita raggiunta nei primi anni
dopo la crisi. È diffusa l’opinione che la svolta populista abbia generato
costi opportunità crescenti, che continueranno a essere pagati fino al 2015,
quando prenderà il potere un nuovo governo, che cambierà l’orientamento della
politica economica. Capisco questa valutazione, ma ritengo che i problemi
economici non risiedano tanto nelle opportunità perse, quanto negli squilibri
che si stanno accumulando, i quali verosimilmente alla fine porteranno ad un’altra
crisi economica.
Permettetemi di esporre le mie preoccupazioni cominciando
con lo spiegare la situazione nella quale l’Argentina si trova fin dai mesi
precedenti alle elezioni presidenziali dell’ottobre 2011. A quel tempo, la
percezione generale era che l’economia fosse poco competitiva (prodotti troppo
cari per gli acquirenti esteri), che il TCR si stesse apprezzando molto
rapidamente e che prima o poi il tasso di cambio nominale avrebbe dovuto essere
corretto al rialzo (cioè svalutato). Dato che la svalutazione non è molto popolare,
la gente si aspettava che avrebbe avuto luogo solo dopo le elezioni. Cercando
di anticipare questa mossa, il pubblico corse agli sportelli della banca
centrale per acquistare dollari USA, depauperando le riserve ufficiali.
Tuttavia, una volta rieletta Cristina Kirchner con il 54% dei voti, il governo
decise di non svalutare il peso. L’eccesso di domanda di dollari continuò e la
banca centrale continuò a perdere riserve.
Il governo avrebbe potuto tentare di correggere l’eccesso di
domanda di dollari con una svalutazione. Questa scelta avrebbe sicuramente
accelerato l’inflazione, ridotto i salari reali e contratto il livello dell’attività
economica e dell’occupazione. In altre parole, la correzione della
sopravvalutazione del TCR avrebbe implicato un aggiustamento del salari reali e
una contrazione dell’occupazione. Il governo considerò che questa opzione fosse
poco popolare, anche dopo aver vinto le elezioni, e decise invece di imporre
controlli sulle importazioni e sull’acquisto di valuta estera a scopo di
investimento finanziario.
Anche se queste motivazioni possono essere eque dal punto di
vista sociale, il punto cruciale rimane quello di stabilire se i controlli diretti
rappresentino una soluzione sostenibile. Le economie dell’America Latina hanno
sperimentato diversi controlli in passato. Una lezione appresa da queste
esperienze è che i controlli possono essere molto utili se li si implementa in circostanze
nelle quali i fondamentali macroeconomici sono sani. Per fondamentali sani,
intendo che i prezzi relativi (come il TCR) non siano disallineati (troppo alti
o troppo bassi rispetto a un ipotetico valore di equilibrio, NdC) e che i saldi fiscale e estero non
seguano traiettorie insostenibili. Tuttavia, queste esperienze hanno anche
mostrato che i controlli diretti non solo non sono in grado di correggere gli
squilibri macroeconomici, ma addirittura tendono ad aggravarli.
Considerate, a titolo di esempio, il caso dei controlli
diretti sul mercato valutario per evitare la svalutazione del cambio nominale
quando il TCR è sopravvalutato. I controlli impongono un taglio della
produzione a quelli che hanno necessità di dollari per la loro attività
economica e non hanno più accesso al mercato ufficiale. I controlli implicano
anche che gli esportatori sono costretti a convertire i loro ricavi a un tasso
di cambio che genera pochi profitti, o addirittura perdite (perché se il peso è
sopravvalutato, cambiando in pesos i ricavi incassati in dollari ottengono una
quantità di pesos inferiore, NdC).
Non è difficile vedere che in queste circostanze gli agenti sono incentivati ad
abbandonare il mercato. Perché mai effettuare una transazione nella quale perdo
soldi? I controlli quindi finiscono per indebolire o distruggere i mercati
esistenti, e stimolano la creazione di altri mercati: i mercati neri. Questi, a
loro volta, compromettono le transazioni e accorciano gli orizzonti temporali,
influenzando negativamente il livello di attività economica e occupazione. L’evidenza
storica mostra anche che il premio sui cambi al mercato nero tende a crescere
quanto più fitti sono i controlli e quanto più forti sono gli squilibri. L’allargamento
del premio (divario fra cambio ufficiale e cambio “al nero”, NdC) è particolarmente problematico,
perché incentiva a ridurre l’offerta e aumentare la domanda nel mercato
ufficiale. Gli esportatori sono incentivati a rinviare e sottofatturare i
propri ricavi, e gli importatori ad anticipare e sovrafatturare i propri
acquisti. Anche le imprese e le banche cercano di accedere al mercato ufficiale
per rimborsare anticipatamente i debiti esteri. La proliferazione di strategie
di questo tipo crea un circolo vizioso che amplifica l’eccesso di domanda sul
mercato ufficiale, la caduta delle riserve ufficiali, e la crescita del premio
sul mercato nero. A un certo punto, quando lo stock di riserve è prossimo alla
fine, la banca centrale non ha altra scelta se non svalutare. Nella maggior
parte delle esperienze in America Latina, questa svalutazione ha preso una
forma traumatica, con ampi overshooting
del tasso di cambio (quando il tasso di cambio si svaluta “troppo” rispetto all’ipotetico
valore di equilibrio si dice che overshoots,
cioè va oltre il bersaglio, NdC),
forti accelerazioni dell’inflazione, pesanti riduzioni dei salari reali, dell’attività
economica, dell’occupazione (chi conosce lo spagnolo può vedere il mio articolo
sul populismo macroeconomico nel
mio blog).
In Argentina stiamo osservando questo percorso tipico fin da
quanto le autorità cominciarono a introdurre controlli nei mercati valutari,
alla fine del 2011. Il premio sul mercato nero dei cambi è andato crescendo
sistematicamente, e adesso è attorno al 70% (cioè il tasso ufficiale è di 5.3
pesos per dollaro e quello al mercato nero è di 8.7-8.9 pesos per dollari, circa
il 70% in più). Le riserve ufficiali della banca centrale sono in caduta libera
e ora coprono 6.7 mesi di importazioni, la cifra più bassa negli ultimi 18
anni. Si sentono comunemente storie su sottofatturazioni di esportazioni o
sovrafatturazioni di importazioni, e di rimborso anticipato di debiti esteri.
Sfortunatamente, credo che una crisi da
svalutazione-inflazione sia estremamente probabile. Il governo non sembra né
consapevole della probabilità di una crisi di questo tipo, né disposto a
correggere gli squilibri che possono causarla. La mia paura è che col passare
del tempo la correzione (cioè la svalutazione reale) finirà per essere molto
traumatica (e questo vale anche per noi, NdC).
Ecco perché lo penso: a causa dei controlli, molte imprese e famiglie hanno
investito i propri risparmi in attività finanziarie interne (denominate in
pesos), invece che in dollari USA, che sono lo strumento di investimento dei
risparmi più corrente in Argentina (la dollarizzazione dei portafogli di
investimento è il risultato di una lunga storia di inflazione elevata e persistente.
Per questo motivo, M3 (la moneta in senso largo, che include le varie tipologie
di depositi bancari e di attività finanziarie a breve termine) è cresciuta di
circa il 60% dall’ottobre 2011 (per forza: tutti chiedono attività denominate
in pesos, NdC) e il rapporto fra M3 e
le riserve ufficiali è saltato da 1.9 a 3 (cioè M3 valutata al cambio ufficiale
ora è pari al triplo dello stock di riserve ufficiali della banca centrale). La
mia paura è che questa domanda “indesiderata” di pesos potrebbe venire a
mancare bruscamente se il settore privato si aspetta che il tasso di cambio stia per fare un salto (verso l’alto: svalutazione, NdC). Per dirla schiettamente: non si sfugge a una svalutazione
reale; potrebbe verificarsi tramite una svalutazione, o tramite una crisi
valutaria. In entrambi i casi, il comportamento più probabile del settore
privato sarebbe quello di convertire in dollari i propri investimenti in M3.
Dato lo stock relativamente basso di riserve ufficiali, questa riallocazione
del portafoglio aggiungerebbe una fortissima pressione al rialzo (svalutazione
del peso, rivalutazione del dollaro, Ndc)
sul tasso di cambio, che rischierebbe di spingere verso l’altro i prezzi
interni. Il TCR andrebbe oltre il valore di equilibrio, influenzando
negativamente i salari reali e l’occupazione. Questo è il tipo di crisi
inflazionistica che temo. Spero di sbagliarmi.
(sapessi io...)
Martin Rapetti è ricercatore associato al Centro per lo
Studio dello Stato e della Società (CEDES) e ricercatore all’Università di
Buenos Aires. Si interessa di macroeconomia, finanza, sviluppo economico ed
economia dall’America Latina.
(inutile, vi assicuro,
cercare di far capire ai coglioni che “Bagnai è un voltagabbana” che anche
queste cose le dico da mesi. Ricordatevi: meglio risparmiare i clic del mouse, nonostante non siano esattamente dei soldi, come pensa qualche squinternato dilettante allo sbaraglio...).
Addendum delle 23:08: corretti i refusi grazie a uno di voi (che se vuole essere nominato, si nominerà). Ma ce ne saranno ancora molti...
Tradotto molto di corsa. Segnalatemi i refusi. Corro da Antonio Rinaldi.
RispondiElimina"le autorità cominciarono a introdurre in(?) controlli nei mercati valutari"
EliminaGrazie,
RispondiEliminaera da tempo che chiedevo aggiornamenti sulla reale situazione argentina, adesso ho le idee un po`piu` chiare su cosa stia succedendo laggiu`.
adesso mi rimane da capire meglio cosa sta succedendo in giappone che, da quello che capisco, potrebbe rappresentare un modello di quello che dovremmo fare noi, una volta ridivenuti una nazione normale
quanto piu` si odono critiche sulla abenomics, titoloni e prime pagine quando la borsa di tokio crolla o gli indici di qualsiasi tipo sono negativi, tanto piu` mi convinco che stanno facendo le mosse giuste per risolvere i loro problemi, prova ne sono i dati fortemente positivi che bypassano la censura di regime PUDE
pero` in realta` e` solo una sensazione, mi mancano analisi oggettive in ottica euroexit
Dopo il manifesto di sodidarieta` europea, mi piacerebbe tanto che gli economisti italiani ne facessero uno finalizzato al salvataggio della specie a rischio estinzione cui tengo particolarmente: quella di imprenditori e lavoratori italiani, e delle loro famiglie
io come penso tanti altri, spero che tu possa presto sintetizzare l`idea di un`azione concreta che abbia il potere di riunire le mille voci disperate che chiedono un cambiamento netto e clamoroso in italia, per la vera e propria sopravvivenza di centinaia di migliaia di cittadini inermi
e` una bestemmia chiedere ai migliori economisti italiani (o quelli ancora sani di mente), di abbandonare ideologismi teorici o politici per riunirsi e discutere, e decidere insieme quali sono le azioni urgenti che un governo realmente interessato a salvare l`italia dovrebbe immediatamente prendere, per fermare i suicidi, i licenziamenti, la distruzione della PMI italiana?
sintetizzando: e noi che famo? aspettiamo che passi `a nuttata delle elezioni tedesche a settembre?
nel mezzo ci sono 3 mesi di recessione inarrestabile, non credo che possiamo aspettare cosi` tanto...
Il fraiolismo metodologico è bandito da questo sito. Ho fretta anch'io, quindi vado lento. Se pensi di voler/poter andare più veloce, accomodati. Il mondo è pieno di persone che ti incoraggeranno e ti diranno "Bravo, vieni con noi, cambieremo il mondo, ma quanto sei bravo, ma quanto sei bello, vieni, si fa così...", solo perché vogliono cambiare la loro vita captando il tuo consenso. Una cosa credo sia chiara: del vostro consenso non me ne frega nulla. Guardate il bicchiere mezzo pieno: significa che non ho interesse a prendervi in giro.
EliminaSto lavorando (e credo si veda dal fatto che il blog va lento), ed è questo che fa paura in giro, perché sto cercando appunto la sintesi della quale parli, che non si fa né coi movimenti liquidi né unendo tante persone che non hanno capito un cazzo. Non è semplice, non lo farei se non sentissi di aver preso un impegno con voi, ma il problema è che purtroppo quello che chiedi (cioè l'unione degli economisti italiani) è un'utopia impraticabile.
Quando ti riferisco gli atteggiamenti di economisti stimabili su Frenkel (atteggiamenti poi cambiati conoscendolo di persona) ti faccio capire come stanno le cose, no? Poi c'è anche un altro problema. Io non ho intenzione di perdere tempo con persone che ancora partono dal presupposto che l'euro vada salvato a tutti i costi. Non mi risulta che, a parte Claudio Borghi, ci siano economisti italiani che NON partono da questo presupposto, e se ci sono devono farci la cazzo di cortesia di metterci la faccia e di scriverlo qui sotto: Euro delendum est. Ma non lo faranno, perché non ci sono. Tutti, tutti, tutti, tutti, tutti partono dal presupposto che quello che decine di Nobel e i massimi economisti internazionali mondiali (nel senso di esperti di economia internazionale) denunciano come un progetto fallimentare vada difeso A COSTO DELLA VOSTRA VITA. TUTTI, CAPITO!
Se ce ne fossero di diversi, volentieri mi ci unirei.
Non è colpa mia se persone che partono dal presupposto giusto le ho trovate solo al Queen's Mary College o alla Confindustria tedesca. Avrei voluto trovarle altrove e sono tre cazzo di anni che ululo alla Luna nel tentativo di ottenere risposta. Chiaro? Se non è chiaro, documentatevi, è tutto online.
Sceglieremo strade più razionali. Intanto cerchiamo di vederci al Goofycompleanno, perché parleremo di tante cose. Anche di questo, ovviamente. Stai bene e abbi fiducia.
no problem, quando accumuli troppe incazzature ad un certo punto bisogna sfogarsi! non era certo una critica a te, ma agli altri economisti italiani, ed al loro apparente disinteresse rispetto all`attuale drammatica situazione del paese...
Eliminaoggi ho comunque trovato un modo per fare qualcosa di positivo per la societa` italiana:
da feltrinelli, ho prelevato uno dei 2 Tramonti bagnaieschi esposti nel settore economia, e l`ho sovrapposto al libro col faccione da sberle di letta il nipote!
era nel settore dei saggi/novita` (hanno il senso dell`umorismo pero`).......subito all`ingresso della libreria.....
si fa quel che si puo` per sostenere la causa e, visto che la partita e` agli sgoccioli, tutto e` lecito, anche il fallo in scivolata da dietro, con tacchetti da sei in acciaio, quelli illegali lunghi, da rugby....
ai nostri tempi succedeva anche quello
Il problema è che la ggente non capirà, non capirà e non capirà!!!! Si dirà: "Argentina 2001: è fallita non perchè agganciata all' ariano dollaro ma per corrruzzzione del popolo che dev'essere punito perchè infido e pigro! Argentina 2013: è fallita perchè sganciata dall' ariano dollaro e per corrruzzzione del popolo che dev'essere punito perchè infino e pigro!" Sarà il messaggio "fallimento Argentina" e non certo quello stettamente macroeconomico a guidare l'opinione dei più (anche di coloro che ora sono più convinti!). Mi dispiace dirlo, ma BOLDRIN HA VINTO!!! Ce lo dovremo sopportare per omnia saecula saeculorum! Prevedo per il dopo crollo Euro (ammesso che crollerà mai) un bell'agganciamento al Marco o persino allo Scellino austriaco. Per quanto mi riguarda, io già sto preparendo la mia bella valigetta di cartone per un imminente trasferimento in Inghilterra e, ad essere onesto, ciò non mi dispiace affatto. Bye
Eliminap.s. sto seriamente pensando persino di anglicizzare il cognome. Per evitare problemi in futuro, lo consiglio vivamente anche a voi.
@noMagnaMagna: Purtroppo hai ragione, parlando di questi argomenti ti rendi conto che per l'italiano medio il motivo della crisi è casta-corrrruzione-spesapubblicaimproduttiva ecc... Ieri parlavo con una persona di questi argomenti e insisteva sul costo della politica, gli ho fatto l'esempio di Borghi che la casta è la scabbia e il sitema euro è il cancro, mi ha risposto che prima si cura la scabbia e poi il cancro perchè ci sono tumori che progrediscono più lentamente di altri. Quando ho sentito questo gli ho detto che si merita la situazione in cui ci troviamo. Tu te ne vai e fai bene, mi sono stancato di aspettare che si sveglino dal loro torpore....
EliminaAlberto non dire stronzate! Sii onesto! Tu non solo sei interessato a "redimerci" ma oltretutto ci soffri anche parecchio per sta situazione e non credo che sia così freddo. Sul bloggone ci lanci grandi cazzuolate di roba ma dal video (parlo dell'intervista che hai dato al tuo amico claudione) si nota una certa cumpassione e contrizione per la situazine corrente, insomma il tuo lato umano e umanitario sono peggio celati.
EliminaQuindi grazie che ci hai dis-celato almeno in parte la statua e grazie che non l'hai svelata tutta.
E complimenti per la tua prosa mai noiosa.
Un lettore.
Però guarda che praticano il liberismo spinto pure lì, anzi sono stati loro a riportarlo in auge con la Thatcher.
EliminaProprio articoli come questo mostrano che non c'è un posto dove scappare, questo cancro che sta corrodendo le nostre vite alla fine non è altro che una moda, affermatasi sotto pressioni di gruppi di potere e compagnia bella, ma una moda. Oggigiorno va di moda governare gli stati così e le cose non cambieranno finché qualche evento non cambierà la moda. I piddini sono gente alla moda, quando cambierà la moda cambieranno anche loro.
Agghiacciante, semplice.
E se ci rassegnassimo al fatto che questa è l'unica patria che potremo mai avere e lottassimo per essa?
Non mi è chiara la formula dei tassi di variazione, quella con il puntino sopra le lettere. A naso, mi pare di capire che indicata con X una certa variabile, il tasso di variazione è definito come Delta_X/X. Delta_X è la variazione e X il valore iniziale di riferimento. E' corretto? Se è così mi torna la somma algebrica, altrimenti no e mi sono perso qualcosa.
RispondiEliminaPer aiutarti a dormire questa notte, ti ricordo che l'uguaglainza è approssimata (in particolare, l'approssimazione è meno buona per tassi di variazione rilevanti come quelli considerati nell'esempio). Sai, io non sono solo un traditore del proletariato. Sono anche uno che linearizza. Quanti difetti...
Eliminaecco sapevo che non potevo essere l'unico a non averla capita! da dove esce? Si accettano volentieri link a dimostrazioni o simili :P
EliminaLa formula si scrive anche
EliminaZ = UVW
(con Z = P, e le altre lettere seguono)
il differenziale diventa
dZ = VW dU + UW dV + UV dW
dividendo il membro sx per Z e il dx per UVW (che sono uguali) si ha
dZ/Z = dU/U + dV/V + dW/W
oppure
dZ/Z - dU/U - dV/V = dW/W
Sostituisci i simboli della formula e hai il risultato.
Ecco, io invece dico solo grazie perchè quando si parla di Argentina c'è sempre e solo chi vuole dire "schifo" o "paradiso", di conseguenza cercando di informarmi su quotidiani e simili non ho mai capito un cazzo.
RispondiEliminaAlmeno adesso intuisco per bene quale sia il problema
Siamo qui per questo. Ma non è la prima volta che ne parlo, come dovresti sapere.
EliminaOvvio, ma avere un minimo più dio dettaglio (grazie Rapetti), aiuta a comprendere un po' di più, e ne avevo davvero bisogno visto tutti "quelli che l'Argentina..." tra i troppo pro a prescindere e contro a prescindere iniziavano a confondermi davvero non poco, e in se cercando di informarsi manca sempre un minimo di chiave di lettura. Dopo questo appiglio pero' posso arrivarci da solo. Purtroppo il cambio sembra sempre il grande assente di qualsiasi discussione a proposito...
EliminaSera prof,
RispondiEliminaSolo un paio di chiarimenti, visto che la differenza fra tasso di cambio ufficiale e cambio al mercato nero è del 70%, la futura svalutazione sul dollaro può arrivare a questo valore o si attesterà su un valore diverso?
E il pericolo di aumento dell'inflazione a causa della svalutazione, è evidenziato in quanto, essendo l'inflazione stessa già alta (20/25%), un trasferimento anche parziale del valore della svalutazione sarebbe comunque eccessivo?
Mi spiego, se il pesos dovesse svalutarsi di un 40/50% sul dollaro e di tale valore, una parte dovesse trasferirsi all'inflazione facendola salire anche solo di 3/5 punti percentuali, sarebbe dannoso in quanto l'inflazione è già alle stelle?
Non so se si capisce.
Quello che Rapetti teme è appunto un overshooting, cioè che il cambio nominale sorpassi il suo obiettivo, e quindi, magari che vada oltre il "black market premium". Nota che stiamo parlando di mercati più "sottili" e stressati del nostro, dove le tensioni indotte dal disallineamento dei fondamentali sono molto ma molto minori (perché minori sono i tassi di inflazione).
EliminaAzz! Quasi quasi nel 2007 gli serviva Monti per tenere bassa l'inflazione :-)
EliminaQuello che non si capisce bene è come mai hanno spinto sulla leva fiscale per continuare a crescere all'8% in un contesto di rallentamento della domanda mondiale (ed avendo fino a quel momento fatto affidamento su di essa). Certo, facendo così sono riusciti a far diminuire di un altro punto il tasso di disoccupazione (dall'8% al 7%), ma forse un approccio più graduale avrebbe fatto correre meno rischi al paese.
EliminaIl professor Rapetti (a 'sto punto mi sa che si chiami proprio Martin e non Martín - allora lo chiameremo Mártin) cita il bolivariano Venezuela. Bolivariano, quindi di Chávez. Sotto Hugo Chávez c'era l'allora ministro di Economía y Finanzas di origine italiana, nato nella Repubblica Dominicana, Jorge Giordani all'economia. Nella sua bio si può leggere che si è laureato a Bologna. Ma indovinate in cosa? In ingegneria. Una specie di Giannino, insomma. Questo vi fa capire che la Rivoluzione importasse solo a Chávez ed era lui a decidere tutto. Ma con un capo di Stato che era un militare, ed un ministro dell'economia che era un ingegnere, quanto poteva andare lontano il paese? In questo entra in dettaglio il prof. Rapetti che spiega che l'Argentina sta andando verso la situazione del Venezuela che usa infatti una moneta che con ironia hanno fieramente chiamato "BOLIVAR FUERTE".
RispondiEliminaCerto questi sono esempi che Bisin e altri -in non si sogneranno mai di citare.
Ma l'avete visto il video del ministro dell'economia argentino che ferma l'intervista e a telecamere abbassate dice che non vuole parlare di inflazione perché nei media è tabù?
Il video è questo: https://www.youtube.com/watch?v=v2pVBRGnDI0 (è l'unico che ho trovato con i sottotitoli in italiano).
RispondiEliminaCi tengo a dire a chi lo volesse seguire che il twitter del prof. Rapetti è @mgrapetti
Grazie.
EliminaBuonasera prof.
RispondiEliminaOltre a farle come solito i complimenti e a ringraziarla per il fondamentale lavoro che sta svolgendo in questi anni, vorrei farle una domanda, che forse la farà arrabbiare ma ci provo lo stesso.
Perchè non si riesce a trovare un qualche collante fra la voce sua e di Borghi e quelle dei vari Brancaccio, Giacchè, Cesaratto?
Lo so che avete visioni della situazione differenti, e assegnate ai problemi del paese ordini di grandezza diversi. Però mi pare che tutti individuate l'euro come un problema per il Paese in questo momento.
So che ci sono molte diversità fra voi ma, in un periodo così buio come questo, in una situazione così diciamo pure disperata, cosa impedisce di far fronte comune verso il nemico? dopo di che, una volta posto fine a questo delirio folle dell'eurozona, le strade si divideranno ovviamente...no? sono ingenuo?
Cosa impedisce secondo lei l'unione di un fronte trasversale anti-euro in questo Paese? Chiedo perchè, dal mio punto di vista (sicuramente sono ignorante in materia, ma tant'è), non vale la pena dividersi su cose come le accuse di interclassismo in un momento così serio.
E preciso che, pur sentendomi di appartenenza politica a sinistra (quella vera, mica quella italiana), non ho citato loro perchè la vorrei politicamente schierato in quell'area...faccia lei che io voterei pure Berlusconi se mi promettesse l'uscita dall'euro.
I motivi che impediscono quello che tu auspichi sono stati ampiamente spiegati in questo blog. Uno di questi è il fatto che fra le persone che citi almeno due, se non tre, hanno a lungo negato (per motivi di appartenenza politica) che l'euro potesse essere messo in discussione. Se sei entrato nel dibattito di recente e non hai consultato bene questo blog ovviamente non puoi renderne conto, ma capirai che non posso rifare tutta la storia ogni volta per una singola persona.
EliminaIl punto, che comunque tornerò a sollevare in modo più organico, è sempre quello: la strategia di chi non parla al popolo "perché il popolo non è pronto" (ma in realtà per non sputtanare i propri referenti politici) non è la mia, perché non ho referenti politici, e nemmeno, del resto, quella di Borghi a destra. Questo paternalismo coincide con l'eurismo, con il paternalismo di Aristide (se non sai cos'è, mi dispiace, studia le istruzioni per l'uso) ed è un metodo che considero assolutamente inaccettabile.
I due principi che considero indiscutibili per mettermi a lavorare con qualcuno sono:
1) l'euro DEVE essere smantellato (e me ne fotto se in Italia è stato una conquista della sinistra);
2) il "popolo" capisce se ti degni di parlargli (cosa che questo blog ampiamente dimostra).
Con chi non condivide questi principi non ho intenzione di lavorare perché sarebbe di ostacolo alla mia opera di divulgazione, l'unica che mi interessa. Preferisco unirmi alle persone sbagliate per fare la cosa giusta, che alle persone giuste per fare la cosa sbagliata, cioè coprire le spalle alla sinistra che ha venduto i suoi elettori nella sua vergognosa ritirata, difendendo ad oltranza l'euro, contro ogni evidenze, e al costo di tante vite altrui.
Sì capisco la sua posizione e la condivido anche.
EliminaNon seguo il dibattito da anni ma da abbastanza tempo per essere a conoscenza di questi importanti distinguo.
Il punto è che io ho l'impressione (da profano) che i suddetti abbiano iniziato a spostare l'attenzione dal capitalismo brutto e cattivo all'attuale assetto dell'eurozona (o almeno a rivedere l'ordine delle priorità). Mi pare che sempre più spesso anche i 3 citati sopra e chi condivide le loro posizioni, che in passato si sono spesi in consigli su come "salvare l'euro", stiano accantonando le speranze in proposito e vedano anche essi l'euro come un problema da superare.
Questa almeno è l'impressione che ne colgo dalle apparizioni televisive o dai loro scritti sul web.
Sbaglio? Vedo la luce dove non c'è?
Se hanno cambiato idea basta che ci mandino una cartolina e non ci sono problemi. Posso dirti, per esperienza, che l'atteggiamento di una certa sinistra verso Borghi non è meno spocchioso di quello dell'amico Bisin (ma forse con meno motivazioni curriculari). E questo è un punto. Ti sei dimenticato di nominare Zezza, che si impegna in un'opera di divulgazione seria, ha cambiato idea e lo ha detto. Questo dimostra che si può fare. Il problema di raccogliere, costruire, gestire un consenso non è mio. Se mai lo fosse stato, non lo avrei comunque gestito in base al principio "il popolo non capisce". Questa è la cosa che reputo veramente inaccettabile. Cercherò di creare uno spazio dove chi parte dal principio che il "popolo" possa capire possa svolgere un'attività di divulgazione intelligente e autorevole. A quel punto sarà più chiaro per tutti chi sta giocando a quale gioco e trarre le conclusioni. Io sono molto stanco, non ho tempo per andare in giro a cogliere segni di resipiscenza in persone che tutto sommato hanno un bel po' di strada da recuperare e non vogliono essere aiutati a farlo.
EliminaSono percorsi individuali, che individualmente vanno gestiti e affrontati.
L'unità della sinistra per difendere l'euro o i propri referenti politici NON MI INTERESSA ED È IL CANCRO CHE HA DISTRUTTO QUESTO PAESE OLTRE AD AVER SERIAMENTE COMPROMESSO, NEGLI ULTIMI DUE ANNI, IN MODO FORSE DEFINITIVO, LA POSSIBILITA' DI UN ESITO DEMOCRATICO DELLA CRISI CHE STIAMO VIVENDO.
Quindi, per favore, se non volete farmi incazzare non nominate certa gente qui. C'è tutto il resto del mondo per farlo.
Nel mio piccolo sto distribuendo link e appendendo grafici inquietanti in sala insegnanti. Funziona, non credevo. Continua così Alberto!
RispondiElimina"""Un possibile punto di svolta è l’inizio del 2007, quando il governo licenziò i funzionari dell’Ufficio Nazionale di Statistica (INDEC) e cominciò a manipolare l’indice dei prezzi al consumo, con l’evidente scopo di nascondere l’accelerazione dell’inflazione...."""
RispondiEliminaLeggo bene? "....manipolare l'indice dei prezzi al consumo...."", praticamente in termini macroeconomici un falso in bilancio.
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""" I controlli impongono un taglio della produzione a quelli che hanno necessità di dollari per la loro attività economica e non hanno più accesso al mercato ufficiale."""
Questo è un'effetto collaterale di quanto detto sopra.
Il controllo che andava fatto era quello relativo ai dati prodotti dal governo.
È cosa nota che le statistiche argentine sono manipolate, c'è stata una polemica in merito col cattivo Fmi, che avrà avuto i suoi torti e le sue ragioni, come chiunque. Frenkel e Rapetti NON sono economisti liberisti, Frenkel ha collaborato con Lance Taylor ed è frequentemente invitato al Levy Institute (Wray), ecc. Lo dico ai trotzkisti scalzi perché si informino prima di ragliare. Quindi se loro dicono che c'è qualcosa che non va io ci credo.
EliminaNon sono trozkista, ne comunista, pare che di luogocomunismo e facili equazioni non ne sia completamente scevro.
EliminaIl merito riguardava le norme e i controlli che mi è parso "voi" sosteniate inutili ( è così? mi pare un controsenso contrastare il liberismo e al contempo norme e controlli a livello macroeconomico, mi corregga, credere di aver capito non è aver capito :)
Ma ovviamente non mi riferivo a te con il trotzkismo. Diciamo che ogni annata ha i suoi donaldiani, ma sono sempre di meno e sempre più squinternati. Tu però non scherzi: in che cosa contrastare il liberismo sarebbe un controsenso rispetto al chiedere norme? Oppure l'equivoco è un altro: stai equivocando sulle politiche di controllo diretto (tipo calmiere sui prezzi, cambio fisso, ecc.). Quelle per lo più non funzionano, per i motivi che Rapetti spiega, ma guarda caso spesso le vogliono proprio i liberisti (es.: guarda in Europa chi difende l'eurone!).
EliminaCredo che tu stia facendo una polemica inutile e che le domande che ti poni potresti soddisfarle tranquillamente da te con un buon libro, tipo Acocella.
Allora avevo capito male, avevo capito che il controllo, quindi le norme aggravassero alcune dinamiche economiche (par di capire che sono spesso quelle a valle che sono dannose).
EliminaGrazie per il consiglio, leggerò.
Forse c'è un piccolo problema lessicale. Un conto è la regolamentazione dei mercati (esempio: separazione delle banche commerciali da quelle di investimento) un conto sono le politiche di controllo diretto (esempio: calmiere sui prezzi, o cambio fisso). Le seconde non funzionano. So bene che le leggi del mercato non sono assimilabili a leggi fisiche, ma una certa "fisicità" ce l'hanno, come mostra il fatto che quando le si contrasta troppo a lungo ci scappa il morto.
Eliminapunterò sulla svalutazione del pesos...facciamo stà pazzia.
RispondiEliminaLa situazione in Argentina è peggiorata sensibilmente a partire dal settembre 2011, dopo che Kirchner rispose picche a Lagarde che le comunicava che il Fmi avrebbe raccolto i dati tramite “consulenti privati”, perché riteneva inattendibili i dati del governo argentino sul Pil e tasso di inflazione.
RispondiEliminaPoi c'è stata la questione della nazionalizzazione di Repsol, c'è la contesa con l'UK per la sovranità delle Malvinas, e c'è infine il fattore più importante, ossia che «la Cina sta prepotentemente guadagnando terreno in America Latina, [il presidente cinese] Xi è in visita a Trinidad & Tobago, Costarica e Messico dallo scorso 31 maggio,
[...]
la Cina ha un’eccedenza di capitali che continua ad investire in un gran numero di progetti, come le infrastrutture: nel 2010 ha prestato capitali ai paesi latino americani per oltre 35 miliardi di dollari, più di USA, Banca Mondiale e Banca Internazionale per lo Sviluppo messe insieme
[...]
la Cina si stia facendo largo anche nei paesi sul Pacifico (Messico, Colombia, Perù, Cile), che [...] hanno costituito l’Alleanza del Pacifico (giugno 2012), un’organizzazione di tipo economico volta a creare un ‘ponte’ tra il continente e l’Asia orientale.
[...]
Cile e Cina sono da un anno partners strategici, dopo aver firmato un accordo di libero scambio già nel 2006; un accordo simile è stato siglato tra Cina e Perù nel 2009, mentre il dialogo con la Colombia, tradizionale alleato degli USA, è partito nel 2012. E poi c’e’ il Messico, un altro grande paese emergente il cui commercio con la Cina è cresciuto da 13 milioni a 37 miliardi di dollari tra 1972 e 2012.
[...] Brasile e Argentina, che hanno una solida produzione industriale ed in ciò risentono la concorrenza cinese, restano comunque vicine a Pechino proprio per bilanciare il potere USA».
Curiosamente, da un po' di tempo a questa parte in Argentina si svolgono manifestazioni contro il governo, e proprio in questi giorni sono esplose le rivolte in Brasile.
Va notato che i “movimenti” che negli ultimi anni protestano in varie parti del mondo puntualizzano spesso e volentieri di “non avere leader” - e nemmeno un programma, aggiungerei -, garanzia di un sicuro insuccesso, perché il potere i leader ce li ha – inadeguati e inaffidabili quanto si vuole – ma ce li ha.
E ha pure il “programma”. Che poi è sempre il solito.
Dopo la morte di Kirchner nell'ottobre 2010 alcuni ingranaggi della società argentina hanno cominciato a girare al contrario. I sindacati maggiori, Cga e Cgt, si son spaccati pro e contro Cristina, le opposizioni di destra hanno rialzato la cresta con l'obiettivo di tornare al potere screditandola, e organizzando manifestazioni “spontanee” secondo un cliché già sperimentato in tante altre occasioni in America latina. Ma Cristina è stata rieletta con il 54%, il che ha indotto i suoi oppositori, che poi sarebbero i nostalgici delle passate dittature, ad adottare la strategia della terra bruciata. Ai dati distorti, fasulli e manipolati dall'opposizione di destra si dà ampio risalto qui da noi. Ma nulla si riporta di quanto effettivamente Cristina Kirchner – sia pure commettendo errori - ha fatto e sta facendo in favore di una popolazione reduce dal lungo e turbolento periodo della fine del peronismo culminata nella dittatura Videla-Massera-Galtieri sponsorizzata dai soliti noti, e che tanto piaceva a personaggi come Licio Gelli, che ne era consulente, e che tanto avrebbe voluto esportarla anche in Italia.
EliminaQuesto, a mio avviso, è il quadro entro cui valutare la situazione dell'Argentina di oggi.
Durante una cerimonia in cui «Il Governo ha annunciato lavori pubblici per 1 miliardo 070 milioni di pesos per Buenos Aires [il Capo Gabinetto, Juan Manuel Abal Medina] ha asserito che 10 anni fa " abbiamo recuperato l'idea di Patria; è un orgoglio sentirci argentini, insieme siamo invincibili, malgrado dover affrontare il crollo economico internazionale più brutale. Così come abbiamo vinto quella decade, ne vinceremo molte per tutto il popolo argentino, per assicurare il futuro di 40 milioni di argentini"».
Non saranno tutte rose e fiori, il discorso è parecchio retorico, e la fonte è quella della radio di Stato, ma tra i nostri governanti e i loro io non ho dubbi su chi meglio rappresenta il proprio Paese.
Non credo che la tua valutazione politica sia del tutto incompatibile con la valutazione economica dell'articolo. Sono d'accordo col principio che è necessario recuperare una visione dell'interesse nazionale, e più in generale per il controllo dei movimenti di capitali (che poi significa, in qualche caso, nazionalizzazione).
EliminaVorrei poter avere dei dati un minimo credibili per guardarli. Il fatto che questi dati non esistano mi mette molto a disagio e credo che dovrebbe mettere tutti a disagio. Perché non esistono?
Il mondo è in bianco e nero? Vabbe', io sono il cavaliere nero. I colori del mondo sono i dati. Chi ha spento l'interruttore e perché? Esiste una visione condivisa di questo snodo essenziale?
Perchè è cosi facile imbattresi in paesi che adottano politiche economiche dannose?
RispondiEliminaViene da pensare che gli eletti dal popolo, essendo incompetenti in materia, non riescano a scegliere Ministri dell'economia degni di tale nome. O che esistano pressioni esterne ai Governi i cui interessi vanno in direzione opposta al benessere collettivo, perchè ovviamente prediligono il benessere personale.
Ma esiste in qualche parte del mondo un paese modello, capace di politiche economiche sane ed equilibrate?
borghi asserisce convinto che dilaghi la stupidità, anche in ambienti altolocati...mah! A me sembra già difficile per un normalcosciente spravvivere nella fanghiglia. Credo invece che al solito bisogna riferirsi al Livio e vedersi come si comportavano i legati, sia romani che non nelle province dell'Urbe...
EliminaDa ignorante di economia, butto lì un sospetto: le politiche economiche hanno molto a che fare con gli interessi immediati di gruppi e classi. Spesso, gruppi e classi se ne fregano dell'interesse di lungo periodo, proprio e del paese in cui vivono. Non è una cosa nuova: al tempo delle guerre puniche, le grandi famiglie cartaginesi, temendo che i Barca prendessero il sopravvento a Cartagine, rifiutarono ad Annibale vittorioso i soccorsi e i finanziamenti coni quali avrebbe potuto portare a termine le sue operazioni militari e sconfiggere definitivamente Roma. Lì per lì gli è andata bene, dopo un po' meno. Poi, certo, ci sono anche gli errori in buonafede, come no.
EliminaUna delle cose interessanti di questa attività di divulgazione è stato appunto l'accedere, in modo molto epidermico, a certi ambienti e certi personaggi. Il giudizio di Claudio purtroppo è in gran parte condivisibile, e Antonio Rinaldi potrebbe darvi altre conferme. Non è semplice dare valutazioni nette, però. Cos'è stupidità? Cos'è spirito del tempo? Negli anni '80 erano praticamente tutti monetaristi. Erano tutti stupidi? Erano tutti corrotti? Semplicemente, c'è stato un processo di normalizzazione culturale. Molto colleghi oggi sono convinti che l'economia sia SOLO quella lì (per motivi complessi da spiegare, e non vale nemmeno la pena di farlo).
EliminaPoi è ovvio che esistono livelli nei quali si manifestano precise volontà, che tra l'altro molto spesso sono anche dichiarate, "ree confesse", come abbiamo visto più volte su questo blog e com'è documentato nel testo e in rete pressoché ovunque ormai.
Ma non esiste un unico livello di comando e controllo.
La cosa che vorrei capissimo è che il lavoro dell'economista NON è quello dello storico e NON è quello del magistrato. Credo che sia magistrati che storici avrebbero da lavorare, ma saranno loro a decidere come e quando farlo.
Vorrei anche capissimo che delle intenzioni ce ne frega anche poco. Il sistema euro è fascista nei risultati, perché nega le normali dinamiche democratiche e va contro i principi della nostra costituzione repubblicana (diritto al lavoro, tutale del risparmio, ecc.). I suoi responsabili politici vanno civilmente e democraticamente rimossi e il sistema va cambiato. Punto.
Le loro intenzioni sono cosa che riguarda i magistrati e i confessori. Non capisco proprio perché il tema vi appassioni.
Sembra quasi che il sistema rappresentato dalle leggi economiche sia come un Dio imparziale e che non guarda in faccia a nessuno
EliminaAppena uno degli attori nel gioco economico (finanza,pubblico, imprenditore e salariato) prende il sopravvento il sistema stesso si rifiuta di funzionare o funzionare bene.
Ringrazio il professore ed il relatore per avere esposto quello che succede in Argentina
Sapevo che qualcosa non quadrava in Argentina,ma non avevo focalizzato cosa
Il "sistema delle leggi economiche" in realtà è la composizione spesso imperfetta e scoordinata di moventi individuali piuttosto naturali e ai quali la maggior parte di noi obbedisce. Esempio: se sei argentino e capisci che il paese sta per svalutare, va da sé che cerchi di acquistare dollari (come se sei spagnolo sposti i soldi in Germania). I governi possono opporsi, ma vale il solito principio: il detenuto evade semplicemente perché il suo incentivo a farlo è maggiore di quello del carceriere a tenerlo dentro.
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RispondiEliminaA questo servono la divulgazione, la corretta informazione, gli storify ecc...tutte cose che si fanno lentamente.
EliminaPerò Rapetti parla anche di politica economica eccessivamente espansiva. Su questo cosa ne pensi?
RispondiEliminaChe credo sia corretto.
EliminaE nota bene: cambio forte più politica fiscale espansiva è esattamente il mix di politica economica dell'Italia negli anni '80 fino alla crisi del 1992. Non è mica una novità! Sinceramente non capisco la domanda. Cosa vuoi sapere?
EliminaYou never change things by fighting the existing reality. To change something, build a new model that makes the existing model obsolete."
RispondiElimina―Buckminster Fuller
Mi sembra una riflessione molto vicina al lavoro che stiamo facendo qui, e che andrebbe fatta comprendere a tutti quelli che scalpitano per accedere al potere creando "movimenti", quando l'unica cosa che può aiutarci è un cambio di paradigma che deve procedere da una divulgazione corretta e efficace di percorsi alternativi. Ma purtroppo, ribadisco, il livello della sinistra italiana è ancora "il popolo non è pronto" (da un lato) e "lacadutatendenzialedelsaggiodiprofitto" (dall'altro). Cioè: o non divulgano, o usano categoria che saranno anche sacrosante (non ne dubito affatto), ma che in tanti anni non hanno contribuito a far capire cosa stava succedendo tanto quanto lo ha fatto questo blog e altre iniziative simili.
EliminaForse il cambio di modello parte da un cambio di linguaggio, dalla creazione di un nuovo linguaggio.
Grazie per la sua risposta, con lo spirito della quale concordo pienamente. C'è davvero bisogno di un cambio di linguaggio, e tutto il resto seguirà. Personalmente mi auguro che nuovi concetti filosofici come quelli di 'natura delle cose',di 'proairesi', di 'diairesi' eccetera... possano tornare utili anche in economia (della quale invece sono discretamente ignorante).
EliminaProf, ma a seguito dell'eurexit italiana, un'eventuale svalutazione oltre il livello "necessario" per il riallineamento monetario ai fondamentali del paese, non sarebbe, almeno nel breve periodo, paradossalmente compensato dall'alto livello di disoccupazione e dalla bassa inflazione?
RispondiEliminaO alla luce di quanto ha scritto
"La mia paura è che col passare del tempo la correzione (cioè la svalutazione reale) finirà per essere molto traumatica (e questo vale anche per noi, NdC)"
teme comunque che se dovessimo subire una svalutazione eccessisa, sarebbe comunque controproducente?
La mia riflessione era di ordine diverso, legata al fatto che normalmente i politici hanno tendenza a rinviare i necessari aggiustamenti, il che ovviamente carica di tensione il sistema e rende più violenta la scossa finale.
EliminaUn paese manufatturiero ed esportatore come l'Italia non credo abbia da temere un eccesivo overshooting per i motivi che ha più volte ricordato Guerani: se il nostro cambio si svalutasse "troppo", per i nostri concorrenti sarebbe la rovina.
Va tenuto presente che stiamo parlando di situazioni che hanno dinamiche simili (diciamo che quella dell'Argentina oggi è molto simile a quella italiana del '92: politica fiscale espansiva e valutaria restrittiva), ma ordini di grandezza molto diversi.
In generale, sarebbe meglio che gli squilibri venissero compensati gradualmente (da qui la mia osservazione). In particolare, però, ricordo che un toporagno e un elefante hanno la stessa struttura (quattro zampe), ma peso piuttosto diverso.
Parlando con una bellissima donna venezuelana che vive nel mio paese ho scoperto che il cambio in nero in venezuela è di 100 euro per 24000 bolivar, il cambio attuale è di 100 eu per 6000 bolivar, io sostenevo che questo cambio era folle e che forse sbagliava qualcosa nel calcolo. Leggendo il post e quello che qualcuno ha scritto ho capito che forse è la verità.
RispondiEliminaLa domanda a sto punto è: ma se il cambio a nero è superiore del 400% di quanto cazzo deve svalutare il bolivar? Se il cambio in nero è cosi l" inflazione di quanto sarà nella realtà 30-40-50%.
Inizio a capire perche è difficile capire le crisi attuali e è difficile spiegarle.Seguendo siti finanziari che parlavano di argentina avevo letto che anche li esisteva un cambio fissato dal governo e un cambio nero ma siccome molti scrivevano direttamente dall" argentina e in lingua madre non capivo molto. Mi dispiace per quel paese e dovrò cambiare il mio parere sulla kirchner, la faccenda sulla repsol la avevo apprezzata, ma credo che qua il problema di noi e tutto il mondo sia che chi và al governo in qualsiasi paese spesso non ha la cultura e la capacità di scegliere il giusto per il paese stesso e spesso è anche in malafede perche messo da persone esterne a farne gli interessi propri.
Questo sistema si chiama cadivi in Venezuela, quando ho fatto notare ad un mio amico, che ha parenti a Caracas e ne diceva peste e corna, che era un po' come l'euro un cambio forte per tenere sotto controllo l'inflazione(la lotta di classe al contrario) e aumentare le importazioni, con ovvie conseguenze ha cominciato a ragliare; anche se non è un trotskijsta scalzo! :)
EliminaSai, Alberto, mi piace molto una cosa, di te e di quel che scrivi: che stai lavorando per un cambiamento nel modo di fare economia, ma senza la fretta di trasformare conoscenze (sempre parziali e sempre provvisorie) in azioni di molto cuore e di scarsa testa.
RispondiEliminaProbabilmente non te ne fregherà granché del mio parere - ma su questo stiamo alla pari, se non altro.
Ma credo che questo aspetto sia davvero importante. Ha a che fare con cosa sia la scienza, cosa sia la ragione, e come la si possa mettere d'accordo col cuore.
Io non sono un economista, sono un perito chimico e uno psicologo, un ricercatore in mobilità che tra qualche giorno se ne andrà tra Francia e Belgio, a cercare di fare qualcosa di più utile che guardare le nuvole passare.
Ma l'abitudine alla ricerca scientifica, di laboratorio e sul campo, mi dice che quella che hai intrapreso è una strada molto, ma molto più interessante di tante che mi vengono proposte ogni giorno.
Marx definiva l'ideologia come "falsa coscienza". Io vengo da lì, ma - come un fisico moderno non puà che incazzarsi se lo si definisce "newtoniano" - così io non posso che incazzarmi se mi si definisce "marxista" (e tu, probabilmente, lo stesso se ti definiscono "keynesiano").
E basta guardarsi in giro, o leggere "Il Fatto Quotidiano" - ché, quando mi capita sott'occhi, davvero concordo che è "fatto" e mi piacerebbe conoscere i suoi pushers - o le carriole del PUDE, le cavallette, le MMT, gli austriacanti aurei... insomma, ce ne sarebbe d'avanzo per disperarsi. E poi parlano di "morte delle ideologie"... mai vista tanta ideologia in così poco spazio - e te lo dice uno che ha conosciuto ed apprezzato gente come Curcio.
E poi, il tuo francese è ottimo, e io continuo a pensare che qualche differenza esista pure tra un paese che una Rivoluzione la fece e uno che non ne ha mai fatta una (al museo di Castel Sant'Angelo, anni fa, ebbi modo di vedere un messaggio di un Carbonaro che avvertiva i suoi colleghi cospiratori che "la rivoluzione prevista per oggi è rimandata a causa del maltempo").
Tutto qui. Un grazie.
e buona vita
Guglielmo
Sai, il tuo nickname è quello di uno stratega, e soprattutto di uno che, come me, non era molto sportivo: preferiva vincere a partecipare. Purtroppo le persone che intorno a noi si stanno scalmanando sono destinate a perdere, e non c'è nulla che si possa fare per loro, nemmeno dirglielo, perché ti darebbero del traditore.
EliminaE allora via così, fra partitini, partitucoli, movimentini, comitatucoli, che oggettivamente fanno il gioco del PUDE perché contribuiscono alla frammentazione dell'offerta, distolgono le persone (con l'illusione del fare) dal doloroso e doveroso compito del capire (e da capire c'è ancora tanto), e ostacolano oggettivamente la nostra opera di conoscenza, perché ad oggi è per lo più da queste azioni scomposte che provengono le più insistenti e fastidiose bordate di calunnie contro di noi, cioè a favore del PUDE.
Ma ci vuole pazienza. Le cose andranno come dico io, perché, appunto, non lo dico solo io. E quando arriverà l'onda, tutti, sia quelli che avevano detto che non sarebbe arrivata, sia quelli che, dalle sponde del Clitunno, litigano se sia ideologicamente corretto nuotare a farfalla, sia noi, verremo travolti. Ma noi saremo più preparati. Tutto qui.
E' amaramente divertente constatare che la sinistra è nata e si è evoluta cercando di comprendere la società e i rapporti tra individui (e quindi anche gli scambi, l'economia). Marx è stato un tassello importantissimo. Come Keynes. Ma, ovviamente, non i soli. E oggi la "sinistra" cos'è? Concordo (anche se poco importa che io sia daccordo... credo sia semplicemente fondamentale)sul bisogno di tornare alla comprensione, allo studio e alla divulgazione. Ritengo altresì importanti i movimenti, ma non, come ora, avulsi dall'autocritica e dalla comprensione del presente. Come dice lei, prof. Bagnai, senza la comprensione del funzionamento della società, e quindi dell'economia, che è parte dei rapporti umani, non si va da nessuna parte. E io ritengo fondamentale la democrazia diretta. Ma non c'è democrazia senza conoscenza, senza consapevolezza. C'è solo tifo...
Elimina"Quelli della benzina 7 volte" mi sembra si preoccupino molto del costo delle materie prime e molto meno del fatto che con una moneta troppo forte non e' che conviene importare materie prime, ma i prodotti finiti, saltando il settore manufatturiero in toto. Del resto stando al prezzo della benzina, non mi sembra di aver visto un gran ribasso della stessa quando l'euro era a 1.5 sul dollaro, magari mi sbaglio.
RispondiEliminaUna domanda per Alberto (complottista paranoica):
RispondiEliminaLa trasparenza sui conti correnti è la preparazione della fase dijsselbloen-schaeuble di partecipazione dei cittadini al "risanamento" del proprio paese?
Mi scuso, se deliro
Professore, alla fine confonderanno la teoria macroeconomica con le profezie.
RispondiElimina"il probelma dell'italia è la corruzionlavoroneroevasionefiscale".
ma come si è sin qui detto:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06/24/cina-partito-comunista-corrotto-task-force-inviata-a-maoming-citta-delle-mazzette/634914/
http://www.lettera43.it/economia/macro/germania-il-paradiso-del-lavoro-nero_4367598943.htm
Professò...ma...ma...ma tu...hai scritto un post su come bisogna fare in modo che l'interlocutore legga tra le righe...e tu...tu...ti esprimi così?
RispondiEliminaSalve professore, scrivo per la prima volta e devo dire di sentirmi un pò a disagio, come quando si cammina in un luogo aulico e silente ed il rintocco dei tuoi passi si dilata in un frastuono..... ma mi faccio forza..... ho iniziato ad interessarmi di tematiche economiche da qualche anno, in contingenza degli amari scenari europei e mi sono appassionato definitivamente grazie al suo lavoro di divulgazione; mi ha fatto capire quanto l'economia sia determinante nella vita e nel destino di un popolo e quante siano fitte le trame delle menzogna atte a sovvertirne gli equilibri ed a vincolarne la direzione. Ho delle domande che mi piacerebbe sottoporle riguardo all'articolo ed alle tematiche che solleva, sono sicuro che mi scuserà, visto il terreno per me inesplorato in cui mi addentro, se mi sovrapporrò con quanto già detto in precedenza o se solleverò questioni non propriamente centrali..... d'altronde un professore mi capirà....
RispondiEliminaInizio: "...occupazione privata e crescita dei salari reali hanno sofferto una decelerazione significativa. Alla fine del 2011, l’economia è rimasta bloccata nella trappola della stagflazione, dove tuttora si trova" la mia domanda è se almeno ciò abbia calmierato un'inflazione a due cifre, vista la contrazione dei salari, altrimenti come si spiega ? Poi....
"Il governo avrebbe potuto tentare di correggere l’eccesso di domanda di dollari con una svalutazione. Questa scelta avrebbe sicuramente accelerato l’inflazione, ridotto i salari reali e contratto il livello dell’attività economica e dell’occupazione. In altre parole, la correzione della sopravvalutazione del TCR avrebbe implicato un aggiustamento del salari reali e una contrazione dell’occupazione" ma come è possibile che una svalutazione avrebbe contratto il livello dell'attività economica e dell'occupazione se verosimilmente un riallineamento del cambio avrebbe ridato competitività di prezzo con l'estero ? Non dovrebbe essere il contrario, come lei insegna ?
Più in generale riguardo all'inflazione, ho delle perplessità, non capisco perché una politica monetaria e fiscale espansiva debba necessariamente creare inflazione; certo la pressione della domanda aggregata cresce, ma mi chiedo, perché la produzione non riesca a svilupparsi simmetricamente conservando lo stesso punto di equilibrio fra domanda e offerta ? A questo proposito mi chiedo se non ci siano politiche che un governo possa attuare atte a sostenere lo sviluppo pedissequo di domanda e offerta, con investimenti diretti o con incentivi fiscali per quei settore il cui la pressione della domanda aggregata sale.... magari sto dicendo un' eresia, ma meglio saperlo allora.....
RispondiEliminaSempre sul tema mi premeva un chiarimento sull'effetto che una politica economica votata al surplus commerciale (quindi all'export) ha sul livello di inflazione, partendo dal presupposto che non vi siano politiche tese a comprimere i salari come successo in Germania; il mio è un ragionamento intuitivo (quindi facilmente fallace), una produzione di un bene destinato al consumo interno avrà come sottoprodotto un aumento della domanda interna (lavoratore salariato) e un aumento dell'offerta (bene prodotto), i quali, agendo contemporaneamente su entrambi i fattori (domanda e offera) dovrebbero agire da calmierante fra le asimmetrie delle stesse; certo l'obbiezione è facile, tutti i lavoratori comprano le mele, ma non tutti producono mele, quindi in ogni caso si genera un asimmetria (per questo mi preme il punto sollevato all'inizio) ma mi chiedevo se al netto l'effetto non fosse comunque calmierante; viceversa una produzione per l'export genererà un aumento della domanda interna (lavoratore salariato) non corrisposto da un offerta che si adegua (il bene non accresce l'offerta interna)..... stesso discorso vale per le importazioni che scaricano la domanda all'esterno impedendo all'offerta interna di crescere con effetti recessivi e di esposizione debitoria con l'estero.... al netto di questo (e delle eresie che posso aver detto) mi chiedo se una linea ideale da seguire non sia quella che privilegi il mercato interno con politiche di stabilizzazione dei prezzi focalizzate allo sviluppo dell'offerta in risposta ad un aumento fisiologico della domanda anziché di contrazione dei reddito e dell'utilizzo dell'export come strumento per pareggiare le inevitabili e fisiologiche importazioni. Scusi se sono stato prolisso e la ringrazio molto per quello che sta facendo.
Guardi, capisco che non le sia chiaro, ma voglio aiutarla: lei dovrebbe andare in cima alla pagina, sa dove c'è scritto "Goofynomics"? Ecco, lì. Poi un pochino più sotto, sei righe sotto, dove c'è scritto "Istruzioni per l'uso". Ecco, poi dovrebbe cliccare lì, e verrà portato in un post dove c'è tanto materiale da studiare e ristudiare prima di intervenire nella discussione. Capisce, noi vorremmo ogni giorno inventare l'acqua calda, ma così facendo avremmo grosse difficoltà a portare avanti il discorso, perché l'essere umano è limitato. Quindi: aiutiamoci. Lei provi a studiare quel materiale, poi vedrà se le sue domande le sembrano ugualmente urgenti, e potrà forse anche azzardarsi a immaginare il mio piacere nel trovarne svariate repliche nella coda di moderazione. Anzi, no, meglio che non ci provi: è un piacere inimmaginabile...
EliminaProfessore buongiorno!
Eliminachiedo scusa ma una cosa che mi ha colpito è :
"Il governo avrebbe potuto tentare di correggere l’eccesso di domanda di dollari con una svalutazione. Questa scelta avrebbe sicuramente accelerato l’inflazione, ridotto i salari reali e contratto il livello dell’attività economica e dell’occupazione."
ma ho letto più volte su questo blog (o almeno era quello che pensavo di aver capito) che per quello che riguarda l'euro 1 la svalutazione non è molto correlata con l'inflazione 2 da noi i salari reali crescevano nonostante le svalutazioni 3 una svalutazione dovrebbe ridare aria alle esportazioni e quindi anche alll'ocupazione...
Siccome qui per l'Argentina si afferma l'esatto contrario (o almeno ai miei occhi di ignorante pare così) non capisco dove mi sono perso!
Help please!!
professore per favore non tenga conto della domanda sulla correlazione tra svalutazione ed inflazione.. cercando ho trovato la risposta: non qui non qui non qui (qed 28)
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