Venerdì scorso ho passato un pomeriggio piacevole in
compagnia della redazione dell’Ultima Parola, per presentare il libro durante
l’anteprima web. Tutti ragazzi giovani, appassionati di politica e di economia,
e decisamente col pollice opponibile: le osservazioni erano tutte di grande
qualità!
Sono grato dell’opportunità che mi hanno dato e mi sdebito
rispondendo alle domande che mi sono arrivate da Twitter durante la
trasmissione. Non è stato possibile rispondere a tutte per ovvi motivi di
tempo, ma non vorrei che qualcuno pensasse che magari ho cercato di glissare!
Per dimostrarlo, oltre a rispondere in sintesi (dando qualche link per
approfondimenti), citerò qualche precedente post o scritto nel quale tratto i
temi, e anche (se permettete), i punti del libro nel quale credo di aver
affrontato gli argomenti sollevati. I commenti del pubblico chiariscono che ora
si preferisce approfondire i temi, motivo per il quale iniziative come quella
dell’anteprima web riscuotono grandi consensi. Peccato che in Italia non
possano raggiungere (per i noti motivi) un pubblico più ampio. Vado in ordine
cronologico, il video con le domande è qui.
Daniele Kesh: “Oggi il vertice europeo è fallito. Si potrebbe recuperare la situazione con un miglioramento politico, ridiscutendo i trattati? La moneta unica potrebbe beneficiarne?”
Caro Daniele, in sintesi: la situazione è irrecuperabile,
per i motivi che ho esposto qui (nel par. 6) e qui.
Hai ragione, l’unione monetaria beneficerebbe da una revisione dei trattati che
prevedesse l’integrazione fiscale fra le economie dell’Eurozona: questo ci dice
la teoria economica, a partire almeno da Meade (1957), come ricordo ne “Il
tramonto dell’euro”. La storia però ci dice che in Europa questa integrazione
fiscale è stata, è, e sarà in futuro, politicamente improponibile. Quindi chi
vi parla di “più Europa” mente sapendo di mentire, e lo fa per restare
aggrappato finché può alla cadrèga (mi adatto all’ambiente milanese).
Spiegazione: per “integrazione fiscale” si intende un
assetto istituzionale nel quale una parte consistente delle risorse pubbliche
di una unione monetaria è gestita dal bilancio federale (come negli USA) anziché
dai bilanci nazionali. Il vantaggio è che in caso di problemi in un singolo
Stato, tali da determinare una caduta dei redditi, il bilancio federale
automaticamente compensa, redistribuendo risorse verso i paesi in maggiore
difficoltà.
Prima della firma del Trattato di Maastricht Sala-i-Martin (Yale) e
Sachs (Cambridge MA) avevano fatto notare che negli USA, in media, ogni
dollaro di reddito perso dai cittadini di uno Stato dell’Unione a causa di una
recessione “locale” veniva compensato da una riduzione automatica di imposte
federali per 34 centesimi, e da un aumento di trasferimenti federali (sussidi
di disoccupazione, ecc.) per altri 6 centesimi. Totale: 40 centesimi venivano
recuperati dal contribuente, tramite un meccanismo “assicurativo” di
condivisione del rischio fra Stati, che agiva in automatico via bilancio
federale, evitando il crollo della domanda negli stati in recessione.
Nell’Unione Europea questo effetto di compensazione
automatica era stimato pari ad appena mezzo centesimo di dollaro, e le cose da
allora non sono molto cambiate. Con una compensazione fiscale così esigua,
rinunciare alla flessibilità del cambio era evidentemente stato pericoloso. Sala-i-Martin
e Sachs concludevano che il progetto europeo era a rischio, e ora lo vediamo
anche noi.
Al di là di questi fattori “congiunturali” (capacità di
reazione a uno shock recessivo), Jacques
Sapir calcola che per consentire ai paesi del Sud di colmare il loro
divario “strutturale”, i paesi del Nord dovrebbero trasferire loro 250 miliardi
di euro all’anno per dieci anni (per investimenti in ricerca e sviluppo e
infrastrutture) da aggiungere all’aiuto finanziario di emergenza e ai normali
trasferimenti comunitari già in atto. Queste risorse semplicemente non ci sono
o, se ci sono, chi le ha se le vuole tenere.
Precisiamo: questi meccanismi di compensazione congiunturali
o strutturali nell’Eurozona sono assenti non perché non se ne capisse
l’utilità, ma perché mancava la volontà politica di attuarli. Del resto,
pensateci: per i paesi del Nord, che hanno guidato il processo di integrazione
europea (il famoso asse franco-tedesco), non sarebbe stato razionale adottarli.
Nel medio periodo, infatti, ciò avrebbe comportato la necessità di trasferire,
in caso di problemi, risorse verso i paesi meno avanzati dell’Unione, e nel
lungo periodo avrebbe significato trovarsi a competere con dei pericolosi
concorrenti. Non è quindi per cattiveria ma per semplice calcolo economico (dei
paesi del Nord) che le istituzioni europee sono state disegnate in un altro
modo.
Del resto, se esistesse una volontà politica di cooperare
nell’Unione Europea, questa si sarebbe potuta manifestare anche senza modifiche
ai Trattati: sarebbe bastato che i paesi del Nord facessero politiche più
espansive, invece di deprimere i propri consumi interni. La Germania, in
particolare, non lo ha fatto, e non è
la prima volta. Manca chiaramente una volontà di cooperazione, perché il
progetto di Unione in realtà è un progetto di annessione. Chi lo guida non ha
alcun interesse a colmare gli squilibri strutturali: preferisce conservare il
proprio vantaggio, e usare i problemi congiunturali degli altri Stati sovrani
come strumento di ingerenza nelle loro politiche. In questo contesto, privarsi
del tasso di cambio come strumento di reazione a shock esterni è estremamente
dannoso.
Paolo Cardenà tramite Giuliano Olivati: “Se si torna a una new lira, e quindi si svaluta, i tuoi ricavi resterebbero in new lira, ma i costi degli input esteri aumenterebbero a causa della svalutazione, e quindi sconteresti questo differenziale”.
Ovvero: aumenterebbero i costi a parità di ricavi e
l’impresa andrebbe in difficoltà. Sembra un ottimo argomento, ma i dati lo
smentiscono. Le esperienze storiche ci dicono che quando il cambio si riallinea
ai fondamentali di un paese, l’economia riparte e non ci sono massicce ondate
di fallimenti. Non è successo in Italia nel 1992, e direi che non è successo
mai: qui
trovate una sintesi di alcune esperienze storiche di svalutazione, e vedrete
che generalmente la svalutazione è seguita da una ripresa (che non ci sarebbe
se le imprese fallissero!).
Il motivo è banale: esattamente come noi non mangiamo panini
di gomma imbottiti di catrame e non ci beviamo su un bel bicchiere di greggio,
allo stesso modo il processo produttivo non si alimenta solo di input esteri.
Il costo variabile più rilevante è in molti casi quello del lavoro, che
normalmente si allinea all’inflazione importata con un certo ritardo. A sua volta,
l’inflazione importata non rispecchia
(per gli stessi ovvi motivi) tutto
l’importo della svalutazione (qui uno
studio esteso sull’argomento). Quindi, se il paese svaluta del 15%, per gli
acquirenti esteri lo sconto del 15% è immediato, e loro ricominciano a
comprare, facendo alzare il fatturato dell’azienda. Per l’impresa, invece i
costi non aumentano subito e non del 15%. Questo è il motivo per il quale
generalmente a una svalutazione segue un aumento del prodotto nazionale.
Aggiungo due osservazioni.
La prima è che se il dr. Cardenà avesse ragione, allora, di
converso, per un paese in surplus sarebbe conveniente rivalutare: pagherebbe
meno le materie prime, e potrebbe offrire prezzi ancora più bassi sui propri
prodotti, andando ancora di più in surplus, senza contare che i suoi cittadini
avrebbero maggior potere di acquisto sui mercati esteri. Ma perché chi è in
surplus, come la Germania, fa di tutto per conservare un sistema nel quale non
si può rivalutare? Perché purtroppo ho ragione io, cioè hanno ragione i dati:
chi svaluta recupera Pil, e chi rivaluta invece generalmente raffredda
l’economia.
La seconda è che la svalutazione del cambio (svalutazione
esterna) ha effetti uniformi su tutti i cittadini (ugualmente colpiti dall’eventuale
inflazione importata) e rilancia la domanda estera. La svalutazione del salario
(svalutazione interna) colpisce solo i salariati e uccide la domanda interna.
Questo è il motivo per il quale esperienze come quella della Lettonia sono
fallimentari (vedi l’articolo citato sopra), ed è anche il motivo per il quale
un governo di banchieri naturalmente è portato a prediligere lo strumento della
svalutazione interna.
Edoardo Petiziol: “L’austerità in recessione è fallimentare. I benefici sono attesi per il 2020, secondo l’onorevole Galletti. Tra qui e il 2020 cosa ci aspetta?”
Lo ho chiarito a suo tempo nel mio blog. Che le politiche di
austerità siano fallimentari è cosa nota, ieri riconosciuta
da me (con tantissimi altri),
oggi riconosciuta anche dal Fmi (guarda qui la
discussione a p. 21 e seguenti). In questa follia c’è del metodo: indebolire
l’economia italiana perché essa sia più facilmente aggredibile dai capitali
esteri, favorendo così il passaggio in mano tedesca, francese, olandese ecc. di
aziende private e pubbliche italiane (eventualmente privatizzate) capaci di
generare profitti una volta avviata la ripresa. Profitti che a quel punto
sarebbero reddito interno, ma non nazionale, perché andrebbero evidentemente
agli imprenditori stranieri (causando ulteriori problemi in bilancia dei
pagamenti). Il crollo degli indici azionari (teleguidato via spread) e il crollo della redditività
aziendale (indotto dall’austerità e dalla svalutazione interna) favoriscono
oggettivamente questo processo, mettendo gli imprenditori italiani in condizioni
tali da accettare qualsiasi offerta di acquisto della propria azienda, come ho
spiegato qui.
Se non usciamo, quindi, ci aspetta la svendita della nostra economia.
Andrea De Mauro: “C’è molta indecisione, paura di uscire e paura di restare. Ci si sofferma sempre sull’aspetto economico, ma forse è tutta la costruzione europea a essere asimmetrica, a non garantire politiche adatte ai singoli Stati”
Ottima osservazione. Il problema esiste ed è anche questo
ampiamente riconosciuto dalla letteratura scientifica. Il percorso di
integrazione europea attraverso Trattati “monolitici”, uguali per tutti, è
funzionale in realtà a una penetrazione dei grandi interessi economici del Nord
nei paesi del Sud, come riconosceva Giacchetti
prima della firma del Trattato di Maastricht. Nel “Il tramonto dell’euro”
affronto questo aspetto e la sua relazione con le dinamiche della corruzione in
Italia. Anche in questo caso sarebbe esistito e tuttora esiste un percorso
alternativo di integrazione, basato sul sistema delle giurisdizioni funzionali
sovrapposte, descritto ad esempio da Frey
dell’Università di Zurigo. Un approccio veramente liberale, perché scegliere ai
paesi le aree nelle quali intendono rafforzare la cooperazione, e efficiente,
perché meno vulnerabile al gioco dei veti incrociati. Purtroppo, sarebbe anche
meno utile ai vasi di ferro dell’Unione Europea, e per questo si è scelta la
strada “sovietica” dell’Unione Europea, che enfatizza le asimmetrie anziché
combatterle.
Matteo Berta: “Oltre alla sua alternativa, c’è l’alternativa della MMT”.
Passo. Intanto le teorie che espongo nel mio blog, come la
discussione precedente chiarisce, non sono mie, ma riflettono il pensiero di
altri qualificatissimi esponenti del pensiero economico internazionale. Sto
sempre molto attento a citare le fonti e a non “personalizzare” il dibattito. Quindi
non esiste una “mia” alternativa. Circa la MMT, mi sono espresso nel video e
nel blog: la mia critica alla divulgazione italiana di questa teoria è riferita
all’efficacia e all’opportunità politica di certi messaggi (inclusa l’eccessiva
personalizzazione del dibattito).
In ambito teorico è tuttora in corso un dibattito su quale
sia l’effettivo apporto teorico di questa scuola di pensiero. Posso solo dire
che l’affermazione più volte ripetuta da uno dei suoi esponenti, Randall Wray,
circa il fatto che nell’attuale regime monetario internazionale, basato sul
corso forzoso (perché il dollaro non è più convertibile in oro), i paesi non
sono soggetti a vincolo di bilancia dei pagamenti, è evidentemente falsa, come
dimostrano le varie crisi dei paesi emergenti e non, inclusa la crisi
statunitense. In particolare, il motivo delle ricorrenti crisi statunitensi è
stato spiegato nel 1960 dall’economista Triffin e chi fosse interessato ad
approfondire trova una spiegazione qui (nel par. 4). La
dipendenza persistente dalle altrui merci o fattori di produzione storicamente
si è sempre rivelata un problema per i paesi, incluso, oggi, quello che per
pagare deve semplicemente stampare dollari (cioè gli Usa).
Luca Battanta: “Siamo entrati truccando i conti: quale futuro poteva avere la moneta? La produttività è limitata dalle tasse sul costo del lavoro. La Gran Bretagna vuole addirittura uscire: non è forse il modello britannico che potrebbe essere adatto all’Italia?”
Molte domande. Sul
“truccare i conti” ho risposto in video: che Italia, Belgio, Grecia e altri
paesi fossero “fuori scala” rispetto ai parametri di Maastricht era
perfettamente noto. Il “trucco” non era necessario. Ne “Il tramonto dell’euro”
ricordo come la decisione di ammetterci (volevo dire: annetterci) all’Eurozona
sia stata presa per precisa e documentata volontà dei governanti tedeschi,
contro il parere delle relative istanze tecniche, sostanzialmente perché
l’Italia interessava come mercato di sbocco, e tanto più quanto più l’unione
monetaria rischiasse di indebolirla. Questo oggi è placidamente
ammesso dagli stessi politici italiani che hanno gestito il processo.
L’incidenza del cuneo fiscale potrebbe avere effetti sulla
competitività, e quindi indirettamente sulla produttività: in linea di
principio sono d’accordo. La relazione però non è così lineare, come ci ricorda
spesso Claudio Borghi su Twitter, perché, guarda un po’, il paese con il cuneo
più alto è il Belgio (che teoricamente
sta nel gruppo dei “buoni”) e quello con il cuneo più passo è l’Irlanda (che decisamente sta nel gruppo dei
“cattivi”, anche se in via di redenzione). Qui
i dati, per non parlare al vento. Va da sé che finché paghiamo interessi
sul debito pubblico esorbitanti semplicemente per restare dentro l’Eurozona
rinunciando alla nostra sovranità monetaria, non ci sarà mai spazio fiscale per
fare una politica fiscale meno penalizzante per le imprese italiane.
Circa il modello britannico, bisogna intendersi. Se parliamo
del tirarsi fuori dall’Eurozona, e forse dall’Unione Europea, io ritengo che
sarebbe un’opzione percorribile anche per l’Italia, per motivi che argomento nel
mio libro.
Stefania: “Gli ascoltatori sono contrari a questa Europa e a questo euro”
Il fatto è che un’altra Europa è possibile (vedi sopra il
lavoro di Frey), ma un altro euro no, come argomento nel mio libro,
semplicemente perché i paesi europei non
hanno le caratteristiche che consentono di sostenere una moneta unica e non hanno fatto alcun passo decisivo per
conseguirle (uniformando le economie reali, cioè i sistemi educativi, i mercati
del lavoro, i sistemi di welfare, le dotazioni infrastrutturali, ecc.).
Aggiungo che per loro stessa amissione i governanti europei non hanno fatto
questi passi, sapendo che sarebbero stati necessari, perché erano consapevoli
del fatto che ciò avrebbe condotto a crisi che avrebbero reso più accettabili
da parte dei cittadini certi programmi di riforma. Non è una teoria del
complotto, sono, come sapete, ammissioni degli stessi governanti. I lettori del
mio blog hanno raccolto una lunga lista di queste confessioni in
questo post.
Marco Mantovani: “Bloomberg ha detto che rimpiange la lira ma l’euro è comunque irrinunciabile. Il problema dell’euro è che è troppo forte. Ciò favorisce gli Usa. Quelli che crescevano erano però anche quelli con la moneta più forte. Non è che l’economia cresce quando c’è la domanda interna, come accade in Germania che sta rallentando meno degli altri?”
Anche questa osservazione dimostra profondità e ampiezza di
vedute. Non si può considerare il problema dell’euro al di fuori del contesto
monetario internazionale. Il diavolo, però, si annida in alcuni significativi
dettagli.
Intanto, Marco, a differenza di altri, interpreta
correttamente l’articolo di Bloomberg: la tesi sostenuta non è esattamente che
bisognerebbe tornare alla lira, ma che l’euro dovrebbe comportarsi come la lira
(cioè cedere) piuttosto che come il marco (cioè rivalutarsi). Nell’articolo
originale non troviamo però l’affermazione che “non è possibile
reintrodurre lire, dracme o pesetas senza produrre default e inflazione a
doppia cifra”, che figura invece nella presentazione
italiana. Anzi: l’articolo di Bloomberg conclude citando
un esperto il quale afferma: “The peripheral economies absolutely must be able
to devalue and at the moment they are not able to do that”. Si riconosce
cioè che il problema è che i paesi del Sud non possono svalutare, perché non
hanno una propria valuta. Quindi Bloomberg ammette implicitamente quello che
molti ormai vedono, cioè che la svalutazione dell’euro sarebbe solo un
palliativo per i problemi dell’Eurozona, perché non compenserebbe i divari
regionali.
Vorrei dare a Marco due stimoli.
Il primo è che nell’ultimo anno l’euro ha ceduto rispetto al
dollaro di circa l’11%. I dati si trovano qui. Questo, se da un lato non ha
causato iperinflazione (segno che non mangiamo solo petrolio), dall’altro non
sembra aver dato un particolare sostegno alle nostre economie. C’è da chiedersi
se una ulteriore correzione del 5% sarebbe veramente risolutiva per i nostri
problemi.
Il secondo è che la Germania non è stata, come Marco
ritiene, la locomotiva, ma piuttosto il rimorchio dell’Eurozona. Nel periodo
dal 1999 al 2007 l’unico paese che è cresciuto meno della Germania è stato
l’Italia, e la Germania è cresciuta poco per via di una domanda interna particolarmente
repressa, come testimoniano economisti italiani, tedeschi,
e anche il
sottoscritto.
Non è una novità: chi cresce molto, di solito importa anche
molto, il che indebolisce il cambio. Di converso, se vuoi esportare molto, non devi
consumare tu i beni che produci (è abbastanza ovvio). Questo risultato la
Germania lo ha ottenuto contenendo fortemente i salari. Ciò ha causato una
serie di squilibri sia all’interno del paese che all’interno dell’Eurozona. Il
fatto che la Germania sia cresciuta meno di quanto le sue forti esportazioni
avrebbero permesso, è legato al fatto che i suoi salari sono cresciuti meno
della sua produttività. I lavoratori tedeschi, insomma, non hanno beneficiato
particolarmente dei successi dell’industria tedesca, e questo ha determinato
una situazione di squilibrio nell’intera Eurozona, come riconosce
l’Organizzazione Internazionale del Lavoro nel suo rapporto 2012
(vedi il box 4).
Daniele Kesh: “L’Unione Europea chiama Bagnai per uscire dall’euro”.
Come ho detto in trasmissione, sarebbe bello, ma è
irrealistico, e renderebbe comunque inutile il mio libro, che considera quello
personalmente ritengo lo scenario più probabile: quello di uscita unilaterale
di un paese (verosimilmente la Francia), piuttosto che di “smontaggio”
concordato dell’euro. Certo, se la razionalità prevalesse la cosa migliore
sarebbe mettersi d’accordo. Uno scenario simile, quello di uno smantellamento
concertato e simultaneo dell’Eurozona, è stato considerato da un gruppo di
economisti francesi ed è riportato qui.
C’è anche chi favorisce l’ipotesi di una divisione dell’euro in due, con
“fuoriuscita” dei paesi del Nord, come nell’articolo che mi è stato
recentemente inviato da due colleghi polacchi e che trovate qui. Molti
sostengono che l’uscita di un paese (o gruppo di paesi) “forti”, con la
creazione di un Neuro (euro del Nord) sarebbe meno traumatica rispetto ad altri
scenari, e forse è così. Nel mio testo però ho analizzato il caso di una uscita
non concordata di un singolo paese del Sud, prendendo come riferimento
l’Italia. Va ricordato che secondo Merril Lynch (in uno
studio commentato qui)
l’Italia sarebbe il paese più avvantaggiato da un’uscita unilaterale, e nel
blog cito diversi studi che descrivono possibili percorso di uscita, come
quello di Bootle
e quello di Tepper,
utili per farsi un’idea sulle modalità pratiche e sulle precedenti esperienze
storiche.
Dal web tramite Olivati (ambasciator non porta pena): “Per venirne fuori non dobbiamo uscire dall’euro ma azzerare i debiti”
Questa mi sembra un’osservazione un po’ semplicistica. Va da
sé che nella storia dell’umanità i debiti si sono sempre fatti, ma li si è
pagati solo ogni tanto. Il default,
cioè la bancarotta, non è un’invenzione moderna. Nel nostro caso però penso
sarebbe saggio chiedersi di quali debiti si parla, e come si sono accumulati.
Ora, il dato è che in tutti i paesi in crisi i debiti che
hanno causato tensioni sono quelli di debitori privati (famiglie e imprese)
verso creditori esteri. Il debito pubblico in Irlanda, Spagna, Italia stava
diminuendo, in Grecia era stazionario, e in Portogallo era in lieve aumento,
mentre il debito estero (privato) era in aumento ovunque. L’euro è parte di
questo processo. I debiti sono stati contratti dal settore privato del Sud per
acquistare beni prodotti al Nord (automobili, sottomarini, ma anche carne e
latte), e l’euro ha favorito questo processo due volte: la prima, perché
ingessando il cambio, ha reso per i paesi del Sud più conveniente l’acquisto
dei beni del Nord; la seconda perché, sempre eliminando il cambio, ha favorito
il prestito al Sud da parte delle banche del Nord, che non temevano più il
rischio di svalutazione e ritenevano più “credibili” i paesi entrati nella
moneta unica.
I debiti “pericolosi” (quelli di famiglie e imprese) si sono
accumulati direttamente e indirettamente a causa dell’euro. Possiamo anche
decidere di condonarli (il che obbligherebbe a salvataggi bancari ancora più
massicci di quelli in corso), ma mantenendo l’euro, in capo a pochi anni ci
ritroveremmo nella medesima situazione.
Con la flessibilità del cambio i paesi del Sud avrebbero
acquistato meno beni al Nord (perché il cambio del Sud si sarebbe svalutato,
rendendo meno convenienti i beni altrui), e i paesi del Nord avrebbero prestato
con meno incoscienza al Sud (temendo di ricevere indietro moneta svalutata). La
flessibilità del cambio, in questo senso, è un meccanismo che naturalmente
disciplina i comportamenti dei mercati. Rinunciarvi è pericoloso. Il debito
pubblico è andato fuori controllo dopo, sia per la necessità di salvare la
banche (soprattutto in Germania, Belgio e Irlanda), sia perché la crisi di famiglie
e imprese ha fatto cadere il gettito fiscale e aumentare i trasferimenti dello
Stato (in Italia ecc.). Il debito pubblico quindi è l’ultimo dei problemi, nel
senso che arriva dopo gli squilibri
causati dalla rigidità del cambio e dopo
i debiti privati che hanno finanziato questi squilibri. Ragionare in termini di
“cancelliamo il debito pubblico” quindi è un po’ come curare la polmonite con
un antistaminico. Buona fortuna!
Edoardo Petiziol: “Il barista bravo e l’agenda Bagnai”
Solo una precisazione: l’esempio del barista me lo ha fatto
il mio amico Alessandro Guerani, e rende esattamente l’idea della nostra
situazione. L’economia è fatta di offerta e di domanda, e l’euro trucca le
carte a nostro svantaggio.
Circa l’agenda, se ci riferiamo alle modalità “tecniche” di
uscita, ne ho parlato sopra. Nel testo entro in tutti i dettagli e le cifre
relative all’Italia, che non sono
preoccupanti perché in effetti, come segnala Merril Lynch, l’Italia sta messa meglio di tanti altri paesi (non solo
del blocco periferico).
Se ci riferiamo invece al percorso da intraprendere dopo, la mia idea (non originale, perché
viene addirittura da James Meade, 1957) è che bisognerebbe proseguire un
percorso di integrazione europeo, ma basandosi sull’equilibrio dei conti esteri,
non di quelli pubblici. Un’idea abbastanza banale, visto che i paesi in
difficoltà, come Irlanda e Spagna, erano quelli con debito pubblico in calo e
debito estero in crescita!
I tre assi sui quali definire la politica di integrazione
europea nel medio periodo dovrebbero essere:
1)
mantenimento della flessibilità del cambio;
2)
allineamento dei salari alla produttività;
3)
quantificazione del deficit pubblico in funzione
del tasso di crescita dell’economia compatibile con l’equilibrio esterno.
Parto alla fine: nei paesi in surplus di bilancia dei
pagamenti, i governi dovrebbero spendere di più, sostenendo così direttamente i
redditi dei propri cittadini, e indirettamente quelli dei cittadini degli altri
paesi. Nei paesi in deficit di bilancia dei pagamenti i governi dovrebbero fare
tagli, ma questi sarebbero meno dolorosi perché le economie colpite
beneficerebbero dell’espansione della domanda proveniente dai paesi in surplus.
Si tratta di un semplice principio di coordinamento delle politiche fiscale.
L’allineamento dei salari alla produttività ha
sostanzialmente la stessa funzione (ne ho parlato sopra) ed è al centro di
numerose proposte di economisti italiani
e tedeschi (ancora
una volta, niente di originale).
Quello che gli illustri colleghi però non vogliono vedere è
che queste misure richiedono una volontà di cooperare che potrebbe non esserci.
In questo senso diventa essenziale mantenere la flessibilità del cambio: se un
paese infatti deviasse dalle regole sul coordinamento della spesa pubblica o
della dinamica delle retribuzioni (praticando una politica aggressiva di
“svalutazione” dei salari e repressione della crescita, come ha fatto la
Germania dal 2003 al 2007), agli altri paesi rimarrebbe l’arma della
svalutazione difensiva. Si vis pacem para
bellum. Un’agenda molto semplice.
Se poi la volontà politica di proseguire un cammino di
integrazione mancasse (ma non lo credo), comunque meglio soli che male
accompagnati. Come documento nel testo, in giro per il mondo ci sono decine di
paesi delle nostre dimensioni economiche, in varie latitudini, con o senza
materie prime, tutti dotati di autonomia monetaria e valutaria. L’idea che
l’Italia sia “troppo piccola” per permettersi questa autonomia è un’idea un po’
sciocchina, che si sbriciola al confronto coi dati.
Andrea De Mauro: “Se uscisse solo l’Italia come potrebbe affrontare i mercati finanziari: il tasso di interesse diventerebbe elevatissimo”.
Ahi, ahi, ahi! Qui però Andrea mi cadi nel luogocomunismo! Le
cose stanno in realtà in modo assolutamente opposto, come riconoscono i
migliori studi internazionali (vedi Merril Lynch). Il
tasso di interesse è elevato adesso perché i mercati sanno quello che succederà
e stanno prezzando il rischio di una nostra uscita con svalutazione. Una volta
materializzatosi questo evento, succederebbero due cose: (1) all’interno
redditi e risparmi crescerebbero, riducendo il bisogno di ricorrere a
finanziamenti esteri (un bisogno già relativamente contenuto in Italia rispetto
ad altri paesi dell’Eurozona, visto che siamo fra i primi sia come avanzo
pubblico primario che come tasso di risparmio delle famiglie); (2) i tassi di
interesse non dovrebbero più incorporare un premio per il rischio, perché il
debito emesso nella nuova valuta sarebbe liquido, avendo lo Stato italiano
recuperato sovranità monetaria.
Per questi due motivi ci si aspetta che lo sganciamento
dall’euro avrebbe un effetto propizio sui tassi, facendoli scendere, come lo
ebbe nel 1992 l’uscita dallo Sme, in seguito alla quale i tassi scesero,
anziché salire, come racconta qualche disinformato. Dettagli e ordini di
grandezza li trovi nel testo o nel mio blog.
Matteo Berta: “È possibile restare nell’euro con una Bcesimileallafed?”.
No, per i motivi che ho spiegato qui
e qui.
In sintesi, siccome l’inflazione non
è causata dalla crescita della moneta, moneta unica non significa inflazione
unica, e qualsiasi politica monetaria centralizzata di qualsiasi tipo non può
risolvere gli squilibri dell’Eurozona, che sono squilibri fra un paese e l’altro.
La stessa cosa è successa in Italia, dove avere la stessa Banca centrale
sovrana per 150 anni non ha risolto
gli squilibri del Mezzogiorno.
Luca Battanta: “Una doppia circolazione fra una nuova lira e l’euro potrebbe essere un modo per uscire in maniera soft”
La moneta unica vantaggi non ce ne ha dati (a meno che non
crediate alla bufala del dividendo, per la quale vi rimando all’amico Claudio
Borghi), quindi non vedo il
punto di mantenerla. Non capisco cioè a cosa serva usare la sovranità solo a
metà, mettendo su una doppia circolazione che sarebbe estremamente difficoltosa
da gestire.
Stefania: “Marta sostiene che l’euro ha compromesso la democrazia nel nostro paese”
Secondo me questo è il vero problema. Il rifiuto dell’euro
deve essere un rifiuto senza se e senza ma di un metodo di governo, quello
basato sull’uso della crisi economica come manganello per costringere i popoli
europei ad accettare “riforme strutturali” a senso unico. Se anche fuori
dall’euro ci fosse la catastrofe economica (e invece c’è la ripresa),
bisognerebbe comunque abbandonarlo per riappropriarsi del potere di decidere
democraticamente sul proprio futuro.
Marco Mantovani: “Riccardo Puglisi chiede per quale ragione gli Usa sarebbero un’area valutaria ottimale e l’Eurozona no”.
Vedi sopra. Non esiste e non è politicamente proponibile un’integrazione
fiscale, e sono comunque difficilmente praticabili, e richiedono un lungo
cammino, le altre “integrazioni” che la teoria economica richiede come
propedeutiche per una efficace unione monetaria: quella culturale, dei sistemi
educativi, di welfare, e del mercato del lavoro, senza le quali una effettiva
mobilità del lavoro (altro elemento portante di un’unione monetaria efficace)
non è possibile. L’esperimento è fallito perché non poteva riuscire. Forse è
fallito anche perché doveva fallire, nel senso che, come nel caso dell’annessione
della Germania Est, chi ha guidato questo processo sperava di poter più
facilmente inglobare i paesi limitrofi se li avesse schiacciati sotto un cambio
insostenibile.
Personalmente credo che l’identità europea nasca dall’interazione
fra le identità nazionali. Preservare sovranità mi sembra il modo migliore di
preservare l’Europa. Migrare dalla Grecia alla Finlandia non è e non sarà
ancora per parecchi decenni come migrare da San Diego a New York. La moneta
unica non ha aiutato e non aiuterebbe questo tipo di evoluzione. Al contrario,
essendo una scelta economicamente irrazionale, la sta ostacolando. I politici
che vogliono “volare alto”, sopra le leggi dell’economia, sono come degli
ingegneri che vogliano volare alto, sopra le leggi della fisica. Non passerei sopra
un ponte costruito da simili ingegneri, e non voglio vivere in un paese
governato da simili politici
E tu, Riccardo?
(spero sia tutto chiaro, altrimenti chiedete e aggiungo dettagli)
Prof, è questo che la rende rivoluzionario. Il sapere lei lo usa per comunicare e non come uno strumento di potere per dominare l'altro. Solo da persone come lei può venire il cambiamento.
RispondiEliminaUna cosa mi inquieta: che tra le possibili vie di uscita dall'euro, alcune rischino di fornire alla politica italiana (attuale) un modo per perpetuarsi.
RispondiEliminaMi spiego: qualsiasi modalità di uscita che non comportasse una chiara denuncia delle ragioni per cui questa si è resa necessaria, rischia di fornire un assist all'attuale partito pro-euro:
- esce la Francia: loro cattivi ci hanno rotto il giocattolo, solo noi ora possiamo lavorare per ripararlo;
- smantellamento concordato: è solo una pausa di riflessione, ci rimbocchiamo le maniche e ve lo facciamo più bello e più grande che pria.
- doppio euro: rischiamo ci facciano il culo a strisce per portarci in quello del nord.
Non è disfattismo, il mio. Solo un modo contorto per dire che il suo blog ha una doppia utilità: quella di smascherare i vizi insiti nella moneta comune e un antidoto ad eventuali futuri aneliti di restaurazione (senza prima gettare le necessarie fondamenta).
Franco
esce la Francia: loro cattivi ci hanno rotto il giocattolo ....
EliminaPerché di fronte a questa ipotesi mi viene in mente il Lebensraum?
A proposito di Francia e di quanto e come si discute nel consiglio di analisi economica del Primo Ministro francese di cui fa parte Jean Pisani-Ferry...
EliminaCose già dette nell'arco dell'anno di vita del blog, ma raccolte qui e inanellate tra loro (previa campionatura delle domande) in una sintesi analitica di estrema chiarezza, fanno di questo post una sorta di pietra miliare goofyana.
RispondiEliminaConcordo al 100% con Roberto! Grande post da aggiungere assolutamente nelle istruzioni
EliminaMa allora devo almeno correggere i re fusi!
Elimina"Non è successo in Italia nel 1992, e direi che non è successo mai: qui trovate una sintesi di alcune esperienze storiche di svalutazione". Il link che riporta, professore, è una critica alla svalutazione internia della Lettonia; ci dev'essere un errore.
RispondiEliminaNo, non c'è un errore: leggi l'articolo e vedrai.
EliminaHa ragione, perdoni la fretta ma l'ora era tarda! ;-)
EliminaMi è sorta una domanda, però, ed è questa: se per caso si valutasse l'ipotesi di una doppia circolazione, quindi lasciando i c/c in Euro con la possibilità di ogni correntista di convertire i suoi soldi nella nuova lira o fiorino o quello che è, non si avrebbe una rivalutazione della stessa piuttosto che una svalutazione? Voglio dire, ci sarà una grossa attività di acquisto di lire con vendita di Euro (soprattutto perché lo Stato pagherà e tasserà in lire), e di conseguenza questo farebbe svalutare l'Euro rispetto alla lira; sbaglio? Oppure sarebbe solo un movimento transitorio che si riporterebbe in equilibrio (sval lira - rival Euro) dopo che tutti gli intenzionati avranno acquistato la quantità di lire richiesta e avranno ricominciato gli scambi con l'estero (es. Germania)? Se non è così, può spiegare cos'accadrebbe ai due cambi con doppia circolazione? Grazie mille.
Garavaglia caro, ma non ti ha risposto in lungo e in largo Borghi su Twitter? Mi spieghi poi come fai a lasciare i c/c in euro senza lasciare anche i mutui in euro? Credi converrebbe? Lo capiamo che ogni debito è anche un credito? Mi spieghi a cosa serve la "sovra" (sta per mezza sovranità?). Con la doppia circolazione come la pensi tu normalmente succede che la moneta cattiva scaccia la buona... Questa cosa dell'apprezzamento della "new lira" è un'anatroccolata, e tu lo sai. Capisci perché farei a meno di Donald?
EliminaQuello che ha detto è ciò che penso. Ho fatto solo il servizio di farle una domanda per avere "la risposta dell'economista" a quelli che fanno il discorso donaldiano! ;-)
EliminaProfessore, nell' intervista lei afferma, "ingenuamente" dico io,per quale motivo i liberisti prefiscono, non si capisce perchè, il cambio fisso a quella variabile
RispondiEliminaLa risposta la sappiamo tutti i due, ma per quale motivo ha preferito fare il diplomatico ?
Gentile professor Bagnai, v'è anche il paper di Patrick Artus. Nell'improbabile caso non ne fosse a conoscenza, spero di fare cosa gradita a lei e ai membri di goofynomics nel postarlo qui nel blog:
RispondiEliminaLe rôle du taux de change dans les sorties
de crise des balances des paiements
In risposta alla domanda di Puglisi (perchè gli USA sono un'Area Valutaria Ottimale e l'Europa no) c'è un punto interessante da aggiungere.
RispondiEliminaGli USA hanno lingua comune, mobilità del lavoro, legislazione omogenea e un sistema di trasferimenti compensativi interni (tramite un bilancio federale predominante rispetto a quello degli Stati) (*)
Se l'Europa avesse tutto ciò, mancherebbe ancora un elemento: l'omogeneità di reddito tra le varie aree. I trasferimenti compensativi sarebbero unidirezionali (nord verso sud) e alimenterebbero nel sud una situazione di dipendenza e di ritardo di sviluppo permanente. La situazione dell'Italia in altri termini.
La moneta unica in questo scenario è sostenibile ma rimane estremamente inefficiente.
Prevengo l'obiezione: ma non ci sono anche negli USA aree economicamente meno avanzate ? risposta: pesano molto meno che in Europa. Gli stati USA con un reddito procapite 20% o più sotto la media sono tre, Mississippi Arkansas e West Virginia, pari al 3% della popolazione totale. Se dividiamo l'eurozona in una cinquantina di regioni, scopriamo che in questa situazione sono Grecia, Portogallo, Estonia, Slovenia, Slovacchia, tutta l'Italia meridionale e più di metà della Spagna: 25% della popolazione, non 3%.
Lingua comune a parte, gli elementi di cui a (*) in teoria si possono introdurre anche in Europa. In teoria perchè la volontà politica manca totalmente. Ma se si facesse, otterremmo in Europa una "questione meridionale" come quella italiana in versione king size. Non si vede quindi alternativa al ripristino della flessibilità monetaria.
Grazie per l'integrazione. Che lo scopo del gioco sia la mezzogiornificazione del Sud Europa è chiaro a tutti qui, direi dall'inizio, come anche il fatto che negli Usa si parla qualcosa che somiglia all'inglese. Mi riferivo a quest'ultimo aspetto quando parlavo di integrazione culturale. I due dati vanno però sempre ricordati a quelli che "ma gli Usa", come pure gli andrebbe ricordato che negli Usa c'è stata la guerra di secessione. È chiaro che l'accesso all'Eurozona di paesi dell'Est acutizzerebbe questo tipo di tensioni.
EliminaL'intervento sul cuneo fiscale tuttavia apre una possibilità a mio parere molto interessante. Il PIL italiano è circa 1.550 mld e i costi di lavoro 850.
RispondiEliminaImmaginiamo una detassazione (o sgravio contributivo) sui costi di lavoro per circa 150. Abbiamo nello stesso tempo ridotto il costo del lavoro a parità di reddito netto percepito dal lavoratore del 17%, e immesso potere d'acquisto e competitività nel sistema per quasi il 10% del PIL.
E' un'operazione sotto vari aspetti isomorfa a un riallineamento valutario, e spingerebbe potentemente domanda, competitività e PIL. Nel giro di un paio d'anni, ci potremmo aspettare il recupero dell'output gap che si è creato tra 2009 e 2012.
Come finanziamo questo sgravio senza incrementare (nell'immediato) il debito ? emettendo a favore di dipendenti e imprese Certificati di Credito Fiscale, utilizzabili a scadenza breve-media (es. due anni) per pagare imposte (o oneri di qualsiasi tipo dovuti allo Stato). In tal modo l'utilizzo avverrà quando la ripresa avrà prodotto sufficiente gettito compensativo. Nel frattempo i Certificati saranno scontabili (presumibilmente a un tasso BOT) da chi abbia bisogno di liquidarli prima dell'utilizzabilità.
A me pare la via per recuperare il necessario grado di flessibilità all'interno del sistema, senza arrivare al breakup dell'euro. Preciso: condivido in toto il goofypensiero sui difetti strutturali dell'euro, ma ho il fortissimo timore che non si riuscirà a coagulare il consenso politico e di opinione pubblica che porti all'exit, se non quando le conseguenze in termini di crisi economica saranno diventate MOLTO più pesanti. Scenario che mi preoccupa moltissimo.
Non esiste un goofypensiero, e non è necessario consenso politico per uscire dall'euro. Per entrare hanno creduto di contare gli sprovveduti piddini ignari di tabelline, hanno pensato di aver deciso loro. Sorpresa, amici! Non contate niente. Comandano i mercati, e decideranno loro. Questo è il punto che sfugge agli ortotteri.
EliminaPer consenso politico intendo che in Italia ci dev'essere un governo deciso a procedere e fortemente supportato dall'opinione pubblica. E serve poi la definizione dei meccanismi (che fine fanno i Target2 ? ridenominiamo in neolire i titoli posseduti dalle banche italiane, a fronte dei quali ci sono gli LTRO in euro ? e poi facciamo fallire le banche ? chi e come li ricapitalizza ?)
EliminaQueste cose mi sembrano molto difficili senza un'interazione con i partner europei, e non solo (anche USA e Cina sono fortemente interessati a che non nascano casini, of course). E tutto dovrebbe poi essere finalizzato in gran segreto, idealmente in un weekend.
Le dinamiche mi preoccupano perchè sono imprevedibili... un'alternativa che renda flessibile il sistema euro senza romperlo mi pare assolutamente da valutare.
Scherzi? L'Italia finché è nell'Euro non può permettersi di fare credito, aumenterebbe comunque il debito di pari ammontare. Oltretutto ti assicuro che di crediti fiscali le imprese ne han tanti, con le perdite accumulate negli ultimi anni. Quello che serve è cash, finanziamenti e recupero competitività. Incidentalmente, è quanto ha fatto l'Inghilterra, svalutando e seminazionalizzando le banche e stampando moneta. Sarebbe facilissimo farlo, basta volerlo.
EliminaMi sembra di ricordare che gli USA volessero imporre sanzioni a paesi con persistenti squilibri della bilancia commerciale, non credo gli USA siano felici dei tedeschi, oramai da anni, con le loro politiche mercantiliste e le loro posizioni sulla guerra preventiva. Si ricordano bene il siparietto di Schroeder, Chirac e Putin.
EliminaWorld Citizen, ti chiarisco meglio: io sto parlando di emettere certificati che possono essere utilizzati in futuro per pagare imposte. Non sono debito perchè lo Stato NON si impegna a rimborsarli. Li accetta a estinzione di tasse e altri impegni verso lo Stato medesimo - che è esattamente la comune accezione che si dà alla moneta.
EliminaHai ragione che le imprese hanno tonnellate di crediti fiscali, ma non sono trasferibili, sono prevalentemente utilizzabili a compensazione di utili futuri (che rischiano di non esserci) e dopo qualche anno scadono. Io sto parlando di finanziare una grossa riduzione del cuneo fiscale, che riequilibra la competitività Italia-Germania, emettendo uno strumento liquido (quasi) quanto la moneta - perchè E' un equivalente monetario.
La stessa azione la possono effettuare (in misura varia) tutti i paesi non-area-ex-DM. Ritengo sia il sistema (altri non ne ho sentiti nè letti) per rendere sostenibile ed efficiente il sistema monetario europeo senza arrivare al break-up.
Grazie per queste lezioni che, giorno dopo giorno, stanno sgretolando convinzioni che, dopo anni di propaganda, parevano inattaccabili.
RispondiEliminaPerò è dura, è dura discutere con chi si sta attaccando disperatamente all'euro come alla sua rassicurante copertina di Linus e dimostra di non ragionare sull'evidenza del suo fallimento ma solo di difendere ostinatamente un dogma. I parabolani dell'euro.
Vorrei porre una domanda più sul versante storico-politico (non mi azzardo ancora ad avventurarmi nel campo dell'economia, sono ancora alle aguglie): non pensa che alla Germania, in meno di un secolo e per la terza volta, sia stato consegnato in mano il cerino acceso?
Cara papera, alla Germania è stato dato un cerino, ma stavolta lo ha acceso lei. Credo che il giudizio della Storia sarà più duro, anche se alla fine dovessero esserci meno morti.
EliminaParabolani dell'euro? Sperimo ben che non se la prendano con Ipazia Bagnai...
EliminaDopo questo post vi sarà più facile apprezzare una prosa limpida e accattivante come " lo scivolone logico sta nell’assumere che l’affermazione che politiche di austerita’ peggiorino la recessione implichi che esse non siano desiderabili. E’ uno scivolone che potrebbe infatti darsi il caso che le altre politiche non siano implementabili o siano ancora peggio. Et voila’, la forza della logica."
RispondiEliminaChe è poi il "Potrebbe andare peggio, potrebbe piovere (tuono)" che se potessi vi linkerei. Un vero economista pop.
Domanda prof. Se non sbaglio Fantacci a Pescara illustrerà un progetto di doppia circolazione (lira in Italia ed € per gli scambi internazionali). Di fatto questo non annullerebbe i vantaggi di una svalutazione?
RispondiElimina@Franco F
RispondiEliminapremesso che leggerò (ci provo!) il lavoro di Roberto Frenkel sulla situazione in Argentina.
ad ogni buon conto ha ragione! non serve uscire dall'euro ma servono tante cose: rimatrimonio, regolamentazione finanziaria, rigetto di alcuni trattati, legge (serie) anticorruzione, riordino delle procedure burocratiche (maggiore trasparenza e tutto il discorso fatto dal prof nel suo libro) etc etc etc..
a questo serve la DIVULGAZIONE!
gli slogan lasciamoli a chi vuole andare in discoteca per rimorchiare
@Marco Cattaneo
RispondiEliminail problema è pensare sempre ai conti dello Stato come fossero dicotomici!
quindi, da una parte loro e dall'altra noi.
E MAI (perché pare che nel 99% dei casi sia così) considerarli congiunti!
mi spiego: se per la pensione serve che le aziende paghino il 30% di contribuzione (il 9-10% ce lo mette il dipendente) ma se abbassi al 20% tale contribuzione MA COME SI contribuisce per LA PENSIONE?
la risposta sarà: PRIVATIZZIAMO!
e allora prenderai il 10% del tuo stipendio (che vale poco! perché mica le aziende ti girano il risparmio!) e lo dovrai devolvere a qualche fondo pensione. e a questo punto vogliamo parlare degli effetti del lavoro nero (che non è altro che un modo per ridurre il costo del lavoro)?
ma il punto a questo punto si fa chiaro:
I FONDI PENSIONE TI DICONO CHE DOVRANNO PAGARE LE PENSIONI E ALLORA SARANNO AGGRESSIVI.
ovvero, è giusto (per loro) che gli Stati mettano il proprio debito tutto sul mercato perché va sempre "giudicato".
Bella questa: ad ogni raffreddore i lavoratori pagano le tasse per interessi per avere la pensione dai fondi pensione!
per me questa è masturbazione mentale e obbrobrio sociale!
E allora W lo Spread! W l'austerità e W gli Stati Uniti d'Europa!
altro discorso: tagliamo la sanità del 40% e prevediamo le assicurazioni sanitarie.
il discorso fila lo stesso (certo, lei parla di costo del lavoro ma evidentemente allo stesso modo, se abbassi le tasse perché hai fatto tagli allora il discorso ci rientra).
l'esperienza è che negli USA si paga il 17% del PIL per la sanità contro il 9,4% italiano ma con la differenza che da loro 45 ml di persone non hanno assistenza.
beh, però evidentemente lo Stato (americano) ha un bilancio intonso da questo punto di vista!
I BENI COMUNI non possono (o meglio: non dovrebbero) essere privatizzati perché come ci spiega il prof, i pascoli comuni vengono brulicati in 2 gg!
@Prof
RispondiEliminale confido una cosa.
da bambino ero scettico nei confronti della storia perché (a livello inconscio) mi pareva parecchio banale in quanto una sequenza di fatti (beh, quasi come le ricette per le varie pietanze).
poi, ho visto 3 annetti fa qualche documentario sul nazismo e la cosa che mi colpiva non fu tanto la narrazione di fatti bestiali quanto il contesto storico in cui si venne a formare e il percorso di vita di molti di questi personaggi (nonché la differenza di profilo e motivazioni).
la storia.. la storia va rispettata.
E non si può parlare di USA contro EUE (in francese.. ahaha) bensì di concetti diversi.. ma forse c'è più similitudine tra gli USA e l'Italia!
dico questo perché noi avevamo lingue con il medesimo ceppo, una storia comune per parecchi secoli, una religione comune e via dicendo.
e poi mi pare che seppure con grandi disagi le persone dal Sud si siano trasferite al Nord (ma non centinaia.. una transumanza!).
le persone ignorano questo! ignorano la guerra di secessione americana, l'invasione di Garibaldi e tante altre cose.
e dimenticano che il nord "sovvenziona" il sud (dopo averlo scippato).
A cosa serve la scuola? serve ma servono anche ottimi prof e maestri!
Leggendo il post mi sono ricordato del seguente sito: http://web.mclink.it/MC1166/euro/main.html il quale, pur essendo un po' datato (febbraio 2012), riporta diverse posizioni critiche tra cui Sapir e il prof. Bagnai e alcune riflessioni su Monti davvero inquietanti. Interessante è anche la roadmap (molto dettagliata) di Sapir per l'uscita dall'€ anche se mi sembra eccessivo che si parli di svalutazione del 25% per la Francia e di tassi di inflazione al 10% (il pass through non sembra ipotizzato). Non sono riuscito a capire chi fosse l'autore; il prof. o qualcuno di goofynomics ne sa qualcosa?
RispondiElimina@Marco Cattaneo
RispondiEliminaL'informazione serve a questo.. a far capire che le centinaia di mld accumulati dalla Germania (sotto forma di Target2 o.. insomma, ci siamo capiti) sono frutto di un'espropriazione INDEBITA!
ma se si esce con 10 ml di italiani che credono che stiamo "barando" (che per questi sfigati pare l'unica arte in cui eccelliamo) allora siamo fritti in partenza.
si esce e si estinguono i debiti svalutandoli.
Avete voluto fare i furbi care Olanda e Germania?
beh, ora beccatevi lo sconto in faccia!
cosa bisogna concordare? che usciamo pagando i debiti denominati in marchi 1:1?
ecco..
Stefan Pan presidente di Assoimprenditori Alto Adige sul fondo di questo articolo de ilSOLE ci fa sapere che: ' Eravamo sull'orlo del baratro – chiosa l'industriale – e senza Monti, che ci ha ridato credibilità, forse non ci saremmo salvati' http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-11-26/bolzano-primato-crescita-zero-064442.shtml?uuid=AbNb6Q6G insomma sto stefan pan sembra tabacci: eravamo ad un passo dal baratro, non c erano soldi per pagare pensioni e stipendi.
RispondiEliminaCavolo,stavo commentando sul blog di Grillo
RispondiEliminache Monti ha fatto peggio del già pessimo Berlusca,
tutti gli indicatori economici sono peggiorati,
e ho detto smentitemi con i dati,se riuscite,
e mò mi salta fuori uno che dice che abbiamo recuperato credibilità
quindi sarà più facile ripagare il debito.
Io gli ho consigliato di venire qui' ad informarsi
speriamo bene di togliere un'altro dalla strada.
Oltretutto visto che Monti si vorrebbe ripresentare
con l'appoggio dei soliti,Bersani,Casini,Berlusca
ed il PD secondo sondaggi dovrebbe avere la maggioranza
facevo presente che i votanti PD,sarebbero direttamente responsabili della continuazione del lavoro di Monti:
lo smantellamento del tessuto industriale italiano.
Quindi sarebbe ora che la smettessero di fare finta di niente
ed aprire gli occhi,altrimenti sarebbe collaborazionisti trinariciuti.
Ma se io vi dico che il mio timore è solo quello che Grillo e Monti stiano facendo lo stesso lavoro, quello di smantellamento dello Statocriccacastacoruzzzzzionebbrutto (che poi sono pensioni, ospedali, scuole, ecc.), mi volete credere? Se il messaggio fosse meno ambiguo, non mi sarei proprio posto certi problemi (non nel senso che mi sarei candidato: io voglio fare il lavoro mio. Nel senso che non avrei espresso perplessità). Il punto è che se uno attira certa gente, bisogna capire:
Elimina(a) perché lo fa, cioè perché decide di emettere un messaggio che attira certa gente, e
(b) come gestisce la situazione, cioè come si comporta quando per mantenere il potere deve soddisfare quelli che pensano che Monti ci ha salvato.
Non so se è chiaro. L'onestà di buona parte della base, la voglia di cambiamento che esprime, tutti i buoni sentimenti del mondo, è tutto vero e tutto bello. Ma il problema che sollevo esiste, e come...
Grazie professore, con queste parole mi fa sentire meno solo.
EliminaD'altra parte, se il movimento vincesse alla politiche, in quanto tempo sarebbe (ce lo chiede l'Europa) "commissariato" da un Monti Bis?
@Mossler
RispondiEliminachiedete ad un trentino o bellunese cosa ne pensano dei crucchi di buzen e dei favori fiscali che hanno! ahahahhaa
secondo me, premettendo che non so se chi parla sia serio oppure opportunista (beh, c'è differenza sostanziale nei toni del giudizio) io penso che qua si rilevi sempre di più una verità (ringraziamo a chi ci fa notare la differenza tra realtà e verità).
ovvero quella del recinto.. in questo caso "intellettuale".
Ovvero, siamo presi dall'idea che vale il "marketing" sociale per cui servono slogan, credibilità e concetti ameni vari.
da questo punto di vista, io vedo queste persone come se fossero per strada a prostituirsi.. una volta, con la mia ex ragazza, capitava che si passava di sera per la strada della stazione dove alcune donne battevano la strada.
e bisogna vederle.. chi mostrava la coscia, chi ammiccava..
Ecco, la situazione attuale mi sembra questa: uno vive concettualmente in un mondo che è fatto solo di quella strada, dove battere è normale!
e quindi la soluzione per sopravvivere è quella di essere più "tr..." delle altre per avere più persone che si fermano a chiederti le prestazioni.
Se qualcuno ti spiega che oltre quella strada ce n'è un'altra allora le cose possono cambiare.
non è detto che tutti si convincano che bisogna andarsene ma di certo qualcuno lo capirà oppure ci proverà a farlo.
Qui a nessuno viene in mente il fatto che lo stato debba (tramite BC) monetizzare il debiti e fantredici ai mercati.
ma per fare questo bisogna cambiare tutto!
bisogna cambiare appunto, strada!
Ancora una volta un post esemplare. Grazie prof.
RispondiEliminaavrei una domanda: sebbene sia sempre difficile fare previsioni, parlando di tempistiche, lei crede la rottura potrà avvenire in tempi relativamente brevi (mesi)? oppure, con le toppe che stanno cercando di mettere, ci dovremo sorbire un mostro moribondo fagocitante sovranità per altri anni?
RispondiEliminaÈ molto difficile fare previsioni. Mi sembra che molti comportamenti lascino capire che al di là delle dichiarazioni il problema è evidente e la soluzione chiara. Anni non credo, ma potrei sbagliarmi. Evidentemente dipende anche da noi, ma quando l'anno prossimo saremo al terzo anno di recessione (su quattro) voglio vedere come si metteranno le cose anche in Italia, per non parlare della Francia, i cui abitanti, come è noto, si incazzano (dalla nota canzone).
EliminaIo ho un timore MOLTO grosso: la capacità di mettere toppe (principalmente via BCE) è ben lungi dall'essersi esaurita. Non è uscita dall'euro nemmeno la Grecia ! Quindi è davvero pertinente la domanda di Filippo Bombini: "ci dovremo sorbire un mostro moribondo fagocitante sovranità" (e generatore di depressione economica permanente) "per altri anni?"
EliminaMeritoria l'attività svolta per aprire gli occhi alla gente, ma raccomando di sviluppare un action plan alternativo allo stare seduti sulla sponda del fiume.
Bravo, Cattaneo, ce lo mandi, e ne parleremo...
EliminaL'avevo sintetizzato qualche post sopra, ma eccolo qui in forma più elaborata.
Eliminahttp://www.facebook.com/home.php#!/notes/marcocattaneo-ccfperrisolvereeurocrisi/certificati-di-credito-fiscale-lo-strumento-per-la-soluzione-delleurocrisi/101096640054008
E' pure uscito sul Sole24Ore, in forma però scorciata (e si perde un po' il concetto che è la soluzione dell'eurocrisi, non solo un meccanismo d'intervento sul cuneo fiscale).
http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2012-10-31/certificati-credito-cuneo-064018.shtml?uuid=AbIPEbyG
Claudio Borghi dovrebbe farvene un accenno il 1° dicembre (scusa Claudio, spero di non averti rovinato lo scoop... e grazie ancora per gli ottimi pensotti in salsa di noci !)
Posso dire la mia ??
RispondiEliminaAllora,come ho detto faccio trading usando l'analisi ciclica,
e questa mi ha fatto uscire dalla mia attività autonoma prima di
entrare in un'agonia perenne(non si vendeva più un cazzo).
Premetto che non sono il mago di Arcella,
ne tantomeno Otelma(mi piacciono le femmine).
Ma tenendo conto statisticamente dei movimenti ripetuti del marcato(ritmica)anche se non sempre di facile lettura(come in questo periodo),
si"presume"che ci dovrebbe essere un minimo di grossa entità nell'estate del 2013.
Di solito questi minimi coincidono con grossi sconvolgimenti nella vita reale,e SPERO vivamente che il minimo in arrivo sia legato alla dissoluzione dell'euro.
Premetto,che di questa analisi,non ne sono ancora convinto,non avendo tutti i dati che mi convincono,
visto che il trading,è un "work in progress".
Comunque torno a ripetere,tanti trader,"prevedono"ossia si aspettano un tracollo con un minimo entro quest'altro anno.
Sprando nella fine dell'euro,vi saluto
Eccellente!
RispondiEliminaMi associo a chi ritiene che questo post sia da inserire nelle istruzioni per l'uso.
Questo commento e un po' OT, accetto cancellazione e ammonizione se l'arbitro decide cosi' :-)
RispondiEliminaIl riferimento al Frey di L'Europa senza l'Euro mi ha scatenato per associazione d'idee il ricordo di uno dei migliori articoli che abbia mai letto in tema di valutazione della ricerca: Evaluations: Hidden Costs, Questionable Benefits, and Superior Alternatives. Siccome in questi mesi e' un tema caldo per gli accademici lo segnalo.
Non solo per l'euro un'altra strada e' possibile e migliore...
Disclaimer: a febbraio 2012 non mi ero ancora imbattuto in questo blog.
Vorrei segnalare un'altra caduta dal pero:
RispondiEliminahttp://www.ilgiornale.it/news/interni/wwwfreefoundationcomla-verit-viene-galla-moneta-unica-crisi-859303.html
Arriva un anno dopo Bagnai: sarà colpa delle gambe corte (come le bugie)?
Comunque, è sempre meglio tardi che mai.
La lettura dei commenti postati è esilarante.
Eh... Questi mi sa che si sono messi ad annusare il vento che tira...
EliminaQuando penso a Brunetta mi vien sempre in mente Fabrizio De Andrè...
Ma no, semplicemente si sta prenotando il posto per il Club de "Io ve l'avevo detto" . Il nostro compito è quello di segnarci i nomi e ricordarceli anche se, in questo caso, non sarà difficile.
EliminaChe spettacolo indecente.
EliminaAlmeno lui ci provava...
Franco
Non mi sembra corretto analizzare anche a fondo una determinata situazione e cercarne e promuoverne le soluzioni, senza analizzare molto bene le cause che la hanno determinata…Una volta risolta, si correrebbe il rischio che le cause che la hanno in precedenza determinata, riescano a determinarne una nuova e magari anche peggiore…Le difficoltà italiane nascono da decenni di governi che hanno esclusivamente operato per arricchire e privilegiare in modo divenuto insostenibile tutti i banchettatori dello Stato. Politici, dirigenti statali, consulenti statali e…innumerevoli statali e sovvenzionati vari ed esentati e e e …..che hanno beneficiato e beneficiano di condizioni di privilegi remunerazioni pensioni e…improduttività insostenibili…Se riuscissimo a ridurre tutti questi costi, queste spese parassitarie e tutte le altre malespese sempre ai vari governanti collegate, l’Italia e gli italiani sarebbero probabilmente lo Stato ed i cittadini più ricchi del pianeta. Abbiamo infatti infiniti politici e variamente statali ricchissimi e superprivilegiati ed improduttivi e loro sono il debito pubblico…e servizi statali ed infrastrutture spesso da terzo mondo…questa è l’Itali e la sua storia…nessuna soluzione può ritenersi interessante se non analizza e risponde correttamente a queste cause…
RispondiEliminaGrazie per l'interessante lezione di metodo, che ha il merito di attirare la nostra attenzione sul valore di certi argomenti, confermandoci nelle conclusioni raggiunte in un anno di duro lavoro.
EliminaRingraziamo anche per l'interessante lezione di stile, in particolare per quanto concerne l'elegante utilizzo dei punti di sospensione, nonche' della congiunzione coordinante copulativa positiva "e".
EliminaGrazie a lei ricordiamo inoltre la grande utilita' della china nella terapia di alcune affezioni debilitanti l'organismo umano, con la significativa eccezione di certi organi pari e simmetrici deputati alla produzione di (8R,9S,10R,13S,14S,17S)- 17-hydroxy-10,13-dimethyl- 1,2,6,7,8,9,11,12,14,15,16,17- dodecahydrocyclopenta[a]phenanthren-3-one, che risultano resistenti a questo tipo di terapia.
(professore, so che non pubblichera', ma quando ci vuole...)
Happy hour con Marianna?
EliminaMa tu prof,
Eliminanon c'eri arrivato ????
Neanche male che all'inizio del blog,
hai messo le istruzioni per l'uso.
Senza dimenticare le poderose lezioni di logica e dialettica che lo stesso utente elargisce, nella sua prodiga benevolenza, in questo contributo, che dobbiamo ahimé invidiare a Grillo, cui viene dedicato.
EliminaO chi loderà mai a sufficienza la di lui memorabile lezione sul debito, non saprei dire se più tributaria del versante sapienzial-giubilare (e le innumerevoli, pregevoli ...esitazioni... parrebbero attestare tale metafisica, pneumatica κένωσις), o al contrario radicata nella immediatezza di esperienze d'allucinata (eppur consapevole) scatofagia.
L'elefante del post precedente m'ha fatto sorridere. Con questa non mi reggo, ... vado a farmi un pisciata statale!
EliminaMi piacerebbe molto che migliorasse sensibilmente la qualità della spesa pubblica (o l'equità), ma da pizzaiolo ho il problemone di comprendere che le pizze me le comprano tanti lavoratori statali, come tanti idraulici che vengono pagati da gente pagata dallo stato. Ovviamente se tagliano... io quei soldi in pizzeria non li rivedo, come pure l'idraulico (che non vedo da un po' tra i clienti).
Elimina@Valsandra, si è cosi. Sono perfettamente consapevole che non basterà uscire dall euro. Se è vero che il ritorno ad una valuta libera di fluttuare ripristinerà il rischio del cambio e quindi limiterà quella spudorata circolazione di capitali che ha fatto mortalmente montare il debito estero, lo Stato ha altresì la necessità vitale di riprendere il controllo sulla Banca d'Italia, sulle altre banche e sui fondi pensione in modo da gestire e mettere un limite all indebitamento privato, oltre che riuscire a finanziarsi senza essere costretto dai mercati a offrire rendimenti distruttivi. Ma quello che volevo dire è che ormai è lapalissiano che ai posti di comando ( perchè anche essere pres. di Assoimprenditori Alto Adige è un posto di comando ) SONO INSERITI individui che hanno il compito di vendere 24hsu24 il mantra del pensiero unico pro-euro pena la loro immediata rimozione. Quello che trovo ancora più preoccupante è il rapporto che definerei Feticista che il popolo italiano ha instaurato con i partiti e con gli uomini politici. Voglio dire che risulta chiaro che milioni di elettori trasformatisi in uomini-sandwich del partito e degli uomini politici, i quali a loro volta diffondono il dogma dell euro, rendono praticamente impossibile la soluzione del problema. Il gregge che si spende per le primarie, per sostenere questo o quello ne è il recente esempio vivente più abbagliante. Gli italiani, consapevolmente o meno, si sono trasformati in un esercito di adepti che perorano le sciocchezze, le frasi ad effetto infarcite di nulla dei vari De Magistris, Vendola, oppure Montezemolo, Casini, Samorì. Il momento storico è sconfortante : ci si vende ai partiti e alle loro icone, azzerandosi cerebralmente. A me spaventa che a grandi masse di persone è stato loro ficcato in testa che basterà andare nelle piazze per raccogliere firme contro la sterilazzione dell ART 18, oppure per abolire l art8 o ancora per abrogare la riforma delle pensioni, per porre fine alla devastazione dell economia.
RispondiEliminaSappiamo tutti cosa dobbiamo chiedere a Babbo Natale...vero?????
RispondiEliminaAssolutamente si!
Elimina@ Alex,
Eliminain quale centro commerciale si può prenotare?
Non cominciamo con questi centri commerciali! Se dobbiamo rilanciarci ci dobbiamo rivolgere alla sana piccola distribuzione, basta andare da questi creatori di posti di lavoro sottopagati e sfruttati!!!
Elimina@unviaggiatoreblog
RispondiEliminanessuno ha scritto che bisogna uscire dall'euro e si risolvono i problemi.
purtroppo servono riforme strutturali (BdI DIPENDENTE, regolamentazione finanziaria, ripudio di alcuni trattati) ma anche settoriali (su corruzione, regolamentazioni varie, equità..).
ma la domanda è la solita: se non si riparte come si investe?
i modi migliori per ridurre corruzione e delinquenza è far lavorare le persone
Mi comunicano le mie amichette di shopping compulsivo che presso la libreria Mondadori del centro commerciale La Romanina (roma sud near Tor Vergata), ci sono copie del Tramonto in bella vista: settore Marketing.
RispondiEliminaPs: Messaggio criptato, non ci sono più le Aston Martin di una volta...
Gentile prof. Bagnai
RispondiEliminanell'intervista lei dice che per uscire dall'euro il governo dovrebbe attuare in segreto e poi farlo con un decreto un finesettimana, suppongo per non creare un subbuglio finanziario di proporzioni mondiali. Ma noi tra poco voteremo, se esistesse una forza politica che si presentasse dicendo di uscire dall'euro (ma dove sta?) che succederebbe? siamo condannati ad aspettare un'uscita imposta cosí come fu l'entrata? e se cosí fosse perché in un altro post critica duramente Grillo per il fatto di nn prendere posizione chiara sull'uscita dall'euro? (ma nn vorrei passare per Grillino o ottentotto.. com'é che li chiamate?)
Grazie mille e complimenti
Alessandro
http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2012-11-15/europa-forte-leuro-debole-064010.shtml?uuid=AbKAJ32G
RispondiEliminaItalia, Francia e Spagna in crisi di deficit. L'unica via è svalutare l'euro del 20% e metterlo a pari con il dollaro
di Martin Feldstein
Caro Professore,
RispondiEliminaquindi è d'accordo con quello che ha scritto Krugman sul suo blog, e cioè che l'attuale crisi ci sta dimostrando nuovamente che i salari nominali sono rigidi verso il basso e che la svalutazione della corona islandese ha funzionato enormemente meglio (in termini di tasso di cambio reale, recupero dei livelli pre-crisi del Pil e soprattutto di tasso di disoccupazione e di non forzata emigrazione) rispetto alla svalutazione interna della Lettonia?
@Nino Magazzu
RispondiEliminada quello che ho capito, l'economia deve sfogarsi sempre su un certo lato...
chiamasi cambi, chiamasi salari, chiamasi tassi di interesse.
Ad ogni buon conto, l'inflazione quando non è iper (ovvero anche se elevata accettabile) permette la cosa più semplice del mondo: sapere che una cosa che oggi ti è costata 100 domani la potrai vendere per 110 (per dire).
la deflazione significa che una cosa che hai comprato oggi 100 domani varrà 90.
significa che i debitori non pagheranno i loro mutui, gli imprenditori falliranno e le banche con loro.
e le banche avranno a patrimonio come garanzia, valori immobiliari crollati!
con la svalutazione, a livello interno cambia poco o niente e i problemi si trasferiscono verso l'estero.
ma spesso l'estero ti fa scontare queste cose in anticipo.
Insomma, quando le cose sono previste (svalutazione nel caso dei tassi di interesse italiani o inflazione nel caso dei rapporti all'interno) non succede niente di clamoroso
Ciao valsandra.
EliminaBeh la deflazione, come dice anche lo stesso Bagnai (citando gli economisti neoclassici) non è l'unica conseguenza possibile di politiche fiscali restrittive in momenti di crisi se s'innesca la fiducia dei consumatori e dei mercati esteri (indotta dal fatto che lo Stato è austero oggi ma domani si pagheranno meno tasse per via dei tagli alla spesa). Il problema, come si dice dagli scritti di Keynes in poi, è che i mercati finanziari non funzionano perfettamente. Ma oltre a questo si può anche dire che una politica fiscale restrittiva di uno Stato può essere compensata da una politica monetaria espansiva della BCE (come lo è quella attuale, quindi si parla di aggiustamenti solo di alcuni paesi, non di tutta l'area Euro; poi è vero il problema è che la Germania non coopera facendo, a sua volta, politiche ancora più restrittive, rispetto alle sue reali possibilità di spesa).
Il punto però sembra un altro. Se un paese ha una situazione di deficit delle partite correnti prolungato, sembra che la svalutazione del tasso di cambio sia più rapida nel far scendere i salari reali in moneta estera rispetto alle politiche restrittive e quindi sembra influire prima sul tasso di cambio reale (poichè i salari nominali sono rigidi verso il basso) e le esportazioni e sembra compatibile con un tasso di disoccupazione minore.
Insomma, come dice Krugman, sembra che questa crisi mostri, per l'ennesima volta, che i salari nominali sono abbastanza rigidi e che politiche restrittive producano i loro effetti solo dopo molto tempo e con costi più elevati in termini di disoccupazione.
Sono d'accordo che i mercati scontino in anticipo (e lo stanno già facendo) e che una svalutazione è efficace se è inattesa sui mercati internazionali.
@Nino Magazzu
RispondiEliminaper carità.. comprendiamo le idee dei neoclassici ma la cosa che trovo raccapricciante è quella del "wishful thinking".. ci pensavo l'altro giorno discutendo con la mia ragazza..
in poche parole le dicevo che non si può ragionare affermando (la mia ragazza! ahaha) che gli altri debbano fare ciò che tu ritieni sia giusto!.
purtroppo bisogna prendere buono ciò che la natura umana offre e come si comporta!
Se ti tolgono lo stipendio e non lavori che cosa spendi?
la realtà va interpretata mica sognata!
Professore, a proposito di Euro volevo porle questa domanda che mi hanno fatto (forse banale) alla quale non voglio dare una risposta banale: se con l'introduzione dell'Euro nel 2002 molti prezzi sono stati convertiti con rapporto a 1 a 1 per mancanza di controlli sulla conversione, allora perché comunque l'inflazione era bassa?
RispondiEliminaGentilissimo Professor Bagnai,
RispondiEliminagrazie mille per le esaustive risposte. Il primo punto è un concetto che mi ha sempre lasciato sbigottito e non ho mai ben compreso perchè non si sia posto rimedio a questo "gap"; anzi i nuovi trattati hanno solamente ridotto formalmente il "deficit democratico" ma poco o nulla hanno fatto per rendere l'Unione Europea un qualcosa di armonioso e solidale in tutti i singoli Paeis. La seconda domanda era frutto di una lettura in merito che prospettava questa situazione e, non avendo un curriculum economico ma giuridico, volevo proprio avere una delucidazione in merito.
Grazie ancora,
Andrea De Mauro
@Stefano Garavaglia
RispondiEliminala conversione fu 1936,27 ad 1...
ad ogni buon conto, i dati si possono "barare" e ponderare.
faccio un esempio.
se gli affitti aumentano del 30% ma ciò vale solo per il 10% della popolazione io posso piazzare 3% (su un budget di 1/3 diventa l'1%).
cmq sia, non so come ponderino e rimango dell'avviso che i prezzi andrebbero forniti per tipologia (ad esempio anche per l'essenziale che non deve tenere conto dell'elettronica per esempio).
Le mie ipotesi:
1) svalutazione con il dollaro del 30%.
e l'inflazione si fosse ribaltata di colpo?
TUTTI quanti ricordano (coloro con cui ho parlato) il drammatico incremento del vestiario
2) aumento tariffe per privatizzazione
3) aumento smisurato dell'offerta monetaria.
questo causa inflazione?
di certo ha drogato il mercato immobiliare!
4) io ricordo (ipotesi residuale) l'aumento dei cocopro e quindi l'adeguamento dei prezzi dei piccoli imprenditori
5) crisi.. per ritornare nei margini cosa succede se aumentano i costi e si fattura meno?