(sì, ho capito, mi faccio un culo come un secchio tutto il
giorno... e allora vorrete privarmi di un quarto d’ora di sano divertimento?
Suvvia, ho capito che la crisi è una cosa seria, ma non facciamone una
malattia. A rilassarci ci aiuta l’ironia involontaria di tanti orecchianti, e
anche quella, volontaria, lucida, disperata, del buon Basilisco.... per non parlare di quella buona pezza di santo subito che mi ha fatto modificare il titolo...).
Caro Alberto,
non so se ricordi una fantastico film di Elio Petri del 1973
"La proprietà non è più un furto" dove Flavio Bucci interpreta un
personaggio che si definisce marxista-mandrakista. Come sai io sono decrescista-leninista. Non
si tratta di una scelta ma di una condanna inflittami dalla mia fede nelle
leggi della termodinamica e dall'importanza che attribuisco all'epistemologia
(non posso non stimare uno che dovendo fare la rivoluzione d'ottobre si
preparava studiando l'empiriocriticismo di Mach). E tu sai bene quante
discussioni abbiamo fatto e quante ne faremo su questi temi. Sono però
costretto a riconoscere che gli ambientalisti di sinistra in Italia generano in
me il più profondo sconforto (al di là dei casi estremi come Chicco Testa e
Nichi Vendola per i quali forse la psicoanalisi può dare una risposta).
Va
bene, vogliamo fate la rivoluzione e farla verde. Avanti compagni! Ma cosa
facciamo in attesa dell'ordine nuovo che verrà? Per esempio sull'euro che
scelta bisogna fare? A me pare che su queste questione ci sia il più grande
caos tattico mascherato con visioni epicamente strategiche (come tu stai
facendo vedere nel blog). Qualche giorno fa ho mandato una lettera al Manifesto
che non mi sembra sia stata pubblicata. Te la mando, magari ti può interessare.
Marco Basilisco
Aspetta, Marco: prima permettimi di dirti una cosa. Ci sono
in Italia due partiti, o meglio due movimenti (più o meno riferiti a partiti), fautori di politiche pinochettiane di riduzione del “government
footprint”, due schieramenti di nemici dello Stato e dell’intervento pubblico nell’economia. I loro orientamenti politici sembrano diversi, sembrano opposti: pensa, uno sembra di
sinistra, e l’altro sembra di destra. Ma sono entrambi di destra. Li accomuna
una cosa: l’incomprensione strumentale di cosa ha veramente detto Keynes (e di
cosa ha veramente detto Keynes ci siamo occupati qui e qui), e, naturalmente, l’odio
ideologico verso la contabilità nazionale.
Oggi non voglio parlarti dei pinochettiani di destra,
lasciamoli ragliare in pace perché non abbiamo bisogno di loro. Avremmo bisogno
dei pinochettiani di sinistra, se gli si riuscisse a far capire due cose:
1)
la prima, più difficile, che è arduo proclamarsi di sinistra propugnando politiche pinochettiane. Sì, per un po’
puoi farlo, perché la gente si ricorda di quando eri giovane e berciavi slogan
sconclusionati (ma esteticamente riconducibili alla sinistra). Solo che per l’Italia
gira uno al quale non glie ne frega un cazzo e che per hobby grida “il re è
nudo”... sicché, se non fai attenzione, prima o poi le tue striminzite pudenda
vengono richiamate all’attenzione generale. Ma questo non riguarda te, caro
Marco, né le tue floride ecc.
2)
la seconda cosa, che invece riguarda te,
dovrebbe essere più facile da capire, ma tu non la capisci. Anzi, aspetta:
nemmeno tu la capisci (quanto affetto in un avverbio). Eppure è semplice.
Aspetta, ti faccio una domanda: un cavatappi è di destra o di sinistra? Ardua
la risposta, vero? La contabilità nazionale è di destra o di sinistra? Io
continuo a non capire gli orecchianti (ma capisco benissimo, oh. se li capisco,
i furbetti) che hanno intrapreso una crociata contro il concetto di Pil. Le
leggi della termodinamica, amico caro, non c’entrano un beneamato cazzo. Lo so
benissimo, tesorino mio, che prima o poi le risorse finiranno e che di questo
dobbiamo preoccuparci adesso. Il fatto è, però, che una impostazione razionale
e non demagogica di questo discorso non ha più relazioni col concetto di Pil di
quanta ne abbia una cernia con la pratica del tennis da tavolo, capisci?
L’equivoco sul quale giocano i furbi, per
strumentalizzare i grulli, è Pil=prodotto= beni fisici=monnezza. Non è così, ovviamente.
Sarebbe così se si potessero sommare le mele con le pere. Ma invece non si può,
e allora il Pil è una misura di valore, nella quale non rientrano solo le
produzioni “materiali” (quelle che i furbi incitano i gonzi a identificare con
spreco e inquinamento, perché qualche volta è così), ma anche e soprattutto le
produzioni immateriali. Un mondo più verde sarà un mondo nel quale aumenterà il
valore e il Pil crescerà. Lo hai capito? Ti faccio un disegnino? Bene: questo
occorre che fra noi sia chiaro. Latouche è un simpatico demagogo che ha trovato
un buon brand. Onore al merito. Preferirei che lo avesse usato per vendere una
marca di birra, o qualsiasi altra cosa della quale posso fare a meno. Di un
discorso serio sull’ambiente non posso fare a meno, e trovo deprecabile che
esso sia inquinato da dei cialtroni opportunisti e demagoghi (non mi riferisco
specificamente a Latouche, ovviamente), esattamente come trovo deprecabile che
il discorso sulla moneta sia inquinato dai donaldiani.
Quindi, siccome tu non sei un cretino (forse: al dubbio
bisogna lasciare sempre aperta la porta), siccome sei aperto a un ragionamento
scientifico (forse: quelli che tu sai fare sono talmente complicati che io non
li capisco, quindi potresti semplicemente starmi facendo una supercazzora), siccome
tu sei interessato al futuro di questo paese su questo pianeta (forse: potresti
anche essere un fan dell’algonchino e del samoiedo, chissà...), converrai con
me che non puoi essere un “decrescista”, perché questa etichetta non ha alcun
fondamento nella contabilità nazionale.
Dice: sì, vabbè, lo so, basta che sse capimo...
No.
Non basta.
Perché vedi, carino, voi animelle verdi bisognerà pure che
impariate a esprimervi con rigore scientifico quando vi avvicinate non dico all’economia
(non ce n’è bisogno) ma alla contabilità. Perché se non lo fate succede una cosa
molto semplice: i miei colleghi vi accolgono con una salva di pernacchie, vi
danno (purtroppo meritatamente) dei dilettanti e dei cialtroni, e il dialogo
non parte mai. E purtroppo c'è bisogno dei miei colleghi, da un lato, come dall'altro ci sarebbe bisogno di portare i temi dell'ambiente in primo piano, ma in modo non dilettantesco.
Solo che perché il dialogo parta è necessario fare un’operazione di
verità, che deve partire da questo semplice concetto: lasciate in pace la
contabilità nazionale. Il Pil non c’entra. Il Pil può tranquillamente crescere
in un mondo più verde. I modelli di crescita economica, del resto non prevedono
una crescita eterna del prodotto, lo sapevate? E allora non pensiate di aver
scoperto grandi cose. Avete scoperto il protossido di idrogeno caldo.
Va bene così?
D’accordo: possiamo cominciare.
Scrive un lettore dello Sibilifesto a Guido Viale (dove la notizia cattiva è che lo Sbilifesto ancora esiste – e noi paghiamo – e quella buona è che i suoi lettori stanno cominciando a ragionare)
In riferimento all’articolo di Guido Viale pubblicato
sul Manifesto del 25 luglio scorso, con mio grande dispiacere ho notato che ha
riconfermato la sua abitudine a proporre azioni politiche che guardano al
lontano futuro e mai al presente (oggi, domani, subito). Io sono stato, fino a
poco tempo fa, un estimatore del pensiero di Viale. Condivido il discorso
sull’ambiente e la riconversione ecologica, ma non può ignorare la necessità di
dare risposte, ora, su ciò che accade.
L’Unione europea e l’euro stanno saltando e la
proposta che riformula è quella solita di una costruzione della società futura.
Se non si interviene correttamente subito, con un’azione politica che miri ad
affrontare il problema cruciale, per evitare che l’Europa o, almeno l’Italia,
non sprofondi nel precipizio, la stessa società futura che propone (e che io
condivido), non si potrà realizzare mai. Non si può separare, come fa, gli
obbiettivi a lungo termie con quelli immediati, a breve, medio e lungo termine.
Pena la sconfitta su tutti i fronti. Non può liquidare il ritorno alle valute
nazionali con due righe. Addirittura «Alba» (il nuovo soggetto politico a cui
ho aderito) ha un atteggiamento di sufficienza verso chi la considera una
possibile opzione.
Ritengo che sia un atteggiamento sbagliatissimo per
degli intellettuali, per giunta di sinistra, che dovrebbero scandagliare e
analizzare tutte le possibilità, senza scartarle a priori. Ci sono tanti
economisti di sinistra che condividono e/o auspicano questa possibilità e la
analizzano nel dettaglio. Sono tutti rimbecilliti? E poi ci sono tanti modi per
uscire dall’Euro, non solo quelli che propone la destra. E ci sono anche
soluzioni intermedie (Jacques Sapir «Bisogna uscire dall’Euro?»). E poi non è
sufficiente, a mio avviso, giustificarlo dicendo che non è più possibile
riproporre il Keynesismo.
Ci sono tante strade percorribili, ma debbono comunque
mirare, ripeto ora, a liberarci dalle catene della finanza internazionale e,
quindi, dai vincoli che l’Unione europea ci pone (e che saranno sempre più
stretti fino a strangolarci). E non ci si può limitare, come fa Viale, a un
confronto con il potere della finanza semplicemente «imponendo» una radicale
ristrutturazione dei debiti (ma come? e poi? vedi Grecia).
A questo punto chiedo a Viale (e suo tramite anche ad
«Alba»): come intendete affrontare la situazione oggi? Se vi ostinate a non
proporre un’uscita controllata dall’Euro (quantomeno studiatene l’eventualità e
quindi le possibili modalità), cosa proponete perché l’Italia si liberi da
subito, dalle grinfie dei mercati finanziari?
Valerio, Modena
Risponde Guido Viale
Fuori o dentro l’euro? Non è una decisione che dipende
da noi, qualsiasi cosa si intenda con quel «noi». Ma è comunque una scelta
ineludibile per la costruzione di un programma di governo e, soprattutto,
preliminare alla costruzione delle forze necessarie per potersi porre il
problema del governo. Nell’assemblea di Alba a Parma è emerso un orientamento
generale che ricalca quello di Syriza: dentro l’euro – fin che si può; non
dipenderà mai solo da «noi» – rinegoziandone radicalmente le condizioni. Con in
più la cautela di non affrontare isolatamente il problema, ma di trattarlo come
un tema per costruire un fronte di tutti i paesi sotto scacco e di tutte le
organizzazioni che condividono questo approccio. L’esatto opposto della pratica
dei «compiti a casa»: che vuol dire competere perché a cadere per primo sia
qualcun altro, accelerando così il collasso di tutti. Ma il problema è
tutt’altro che chiuso e merita alcune precisazioni.
Un ritorno al passato, cioè alle svalutazioni
competitive per riaprire la strada alle esportazioni, è precluso. Il modello
mercantilista tedesco è vincente perché gli altri partner europei, dentro e
fuori l’eurozona, ne sono le vittime; ma proprio per questo non è replicabile:
soprattutto se a mettersi in competizione tra loro a suon di svalutazioni
fossero tutte le economie oggi schiacciate dalla supremazia tedesca. Né la
congiuntura mondiale offre molto spazio a un’espansione delle esportazioni
fuori dai confini europei. E d’altronde, che cosa esportare? Le imprese
italiane che hanno prodotti e tecnologie vincenti hanno continuato a farlo con
successo. Ma si può pensare che con una svalutazione del 20, o anche del 50 per
cento, dovendo pur sempre pagare a prezzi maggiorati gli input produttivi
importati, la Fiat possa esportare in Europa un milione di auto, o la Merloni
qualche milione di frigoriferi prodotti in Italia, e così via? In molti casi il
treno della competitività è stato perso per sempre.
In secondo luogo, un aumento della domanda aggregata
prodotta da una politica salariale e da una spesa pubblica meno restrittive, in
mancanza di una politica industriale mirata a produzioni «a kmzero»,
rischierebbe di tradursi solo in un peggioramento della bilancia delle partite
correnti perché è difficile ormai, per molte produzioni nazionali a basso
costo, competere con quelle sfornate dalla fabbrica globale del sudest
asiatico. Lo schema keynesiano della domanda aggregata che sostiene
l’occupazione funziona in un sistema economico chiuso; ma quello attuale non lo
è più da tempo.
In terzo luogo, l’alternativa tra «euro sì» ed «euro
no» non è un confronto tra teorie economiche contrapposte, tra una scienza
buona e una scienza cattiva, come a volte sembra emergere dai testi dei fautori
del ritorno alla lira (per es. nell’e-book di Micromega «Oltre l’austerità»).
L’euro non è nato da una teoria errata, ma da una scelta politica, ancorché non
del tutto consapevole per tutti i suoi promotori, tesa a sottrarre agli Stati
nazionali, dopo averla sottratta ai governi con l’autonomia delle banche
centrali, il controllo su alcune variabili decisive delle politiche economiche:
base monetaria, tasso di sconto, cambio. Il tutto in funzione del contenimento
delle spinte salariali e degli istituti del welfare. Che poi gran parte di quei
poteri siano stati di fatto consegnati alla finanza internazionale era per
alcuni un lucido disegno e per altri una conseguenza imprevista da cui non si
sa più come sottrarsi. In ogni caso non sarà un ripensamento della teoria
economica a riportarci alla situazione quo ante: cioè, non ci sarà una
transizione graduale dall’euro alle valute nazionali come c’è stata da queste
all’euro: ci si arriverà, caso mai, attraverso un crollo dell’intero edificio
europeo provocato, passo dopo passo, dall’inconcludenza dei «vertici» europei
che si susseguono da due anni a questa parte.
Il problema è allora quello di prevenire quell’evento,
senza illudersi che il risultato, la rifondazione su nuove basi dell’Unione
europea, possa realizzarsi senza passare attraverso uno scontro frontale con i
poteri della finanza, e non solo con i vincoli (pareggio di bilancio, fiscal
compact, ispezioni della troyka, ecc.) che l’Europa ha eretto a loro difesa.
Cioè, in termini economici, senza passare attraverso una radicale
ristrutturazione di gran parte dei debiti pubblici e privati (cioè di Stati e
di banche) e una riforma profonda del credito, del sistema bancario, della
moneta per sgonfiare la bolla finanziaria che sovrasta il pianeta. Come? Per
l’Italia, che peraltro ha un avanzo primario consistente, sarebbe sufficiente
la minaccia delle conseguenze di una moratoria o di un default non negoziato:
una cosa che Monti e i suoi sostenitori non faranno mai, preferendo portarci
verso il disastro greco a piccoli passi più o meno omeopatici.
Ma in entrambi i casi quello che ci aspetta è un
periodo prolungato di grande turbolenza politica e sociale. Che per molti, in Grecia
e in Spagna, è già iniziato. E per noi è alle porte. Grande turbolenza e grandi
rivolgimenti comportano spostamenti ed emersione di nuove forze sociali e
rapide scomposizioni e ricomposizioni di forze politiche; cioè grandi
opportunità e tremendi rischi, come insegnano la impressionante ascesa di
Syriza e, dal lato opposto, quella del movimento fascista Aurora (e non Alba)
Dorata in Grecia. O il successo di Grillo.
Per questo la conversione ecologica non è un programma
da rimandare al futuro (il futuro è già qui, anche se molti non se ne sono
ancora accorti), ma un orientamento generale che può e deve impegnarci già
oggi, se è, come dovrebbe, uno strumento di promozione di un’alternativa reale
tanto ai diktat della finanza quanto al vano inseguimento di una «crescita»
contabile del Pil; ma soprattutto uno strumento di aggregazione e di
organizzazione delle forze necessarie a sostenere questa alternativa. Come
continuare la lotta contro la privatizzazione dei servizi pubblici,
rivendicandone la gestione come beni comuni, se non si promuovono forme di
partecipazione sostanziali alla loro gestione? Per l’efficienza energetica e le
fonti rinnovabili, per una gestione delle risorse a rifiuti zero, per
un’agricoltura e un’alimentazione ecologiche, per una mobilità sostenibile, per
una gestione partecipata del territorio, per un’educazione permanente e aperta
a tutti. E come salvaguardare il serbatoio di professionalità, di esperienza,
di impiantistica presente in aziende oggi votate alla chiusura se non si cerca
di coinvolgere le comunità che ne dipendono in una gestione fondata sulla loro
riconversione? E come far fronte alla stretta dei redditi se non si promuovono
fin da ora nuove forme di consumo condiviso che offrano uno sbocco concreto
alle imprese convertite e riterritorializzate? Sono temi che si può cominciare
ad affrontare subito: convocando in ogni territorio delle conferenze di
produzione per discuterne.
(commovente il modo in cui difende il suo brand: loro sono l’Alba, gli altri l’Aurora...)
Incalza Marco Basilisco:
Guido Viale a Stalingrado (Lettera inviata al Manifesto il 16 agosto 2011)
Sul Manifesto di ieri, mercoledì 15 agosto, è apparsa una
interessante lettera a firma di Valerio, un lettore di Modena. La lettera
faceva presente a Guido Viale (e ovviamente non solo a lui) che il tema di una
fine dell'euro è discusso da numerosi economisti e che appare non eludibile per
qualsiasi forza politica che si proponga sulla scena. In sostanza Valerio
sostiene che mentre ci prepariamo a una rivoluzione ambientalista che trasformi
completamente il pianeta (tutti d'accordo) non possiamo sfuggire ai problemi
dell'oggi, la strategia non può dimenticare la tattica. Insomma che ne pensa
Viale dell'euro? Cosa deve proporre, qui e ora, una forza politica di sinistra
su questo tema?
Trovo la risposta di Viale sconcertante e tale da alimentare
pienamente i dubbi e le critiche del lettore di Modena. Colgo alcuni punti
dell'argomentazione di Viale:
1) "Fuori o dentro l’euro? Non è una decisione che
dipende da noi, ... Nell’assemblea di Alba a Parma è emerso un orientamento
generale che ricalca quello di Syriza: dentro l’euro – fin che si può;
..."
Ma perché mai? E' in grado Viale di spiegare la convenienza
di una permanenza dell'euro per i salariati e disoccupati greci, spagnoli,
portoghesi e italiani?
2) "Un ritorno al passato, cioè alle svalutazioni competitive
per riaprire la strada alle esportazioni, è precluso. ... In molti casi il
treno della competitività è stato perso per sempre ... è difficile ormai, per
molte produzioni nazionali a basso costo, competere con quelle sfornate dalla
fabbrica globale del sudest asiatico. Lo schema keynesiano della domanda
aggregata che sostiene l’occupazione funziona in un sistema economico chiuso;
ma quello attuale non lo è più da tempo."
Su quali dati Viale basa la sua analisi? Su quali serie
storiche? Non mancano economisti che dicono l'opposto mostrando come la
rigidità del cambio appaia direttamente legata alla diminuzione della
produttività italiana. E non credo si possa sostenere che prima dell'euro o
dello SME il nostro mondo economico fosse un sistema chiuso.
3) "In terzo luogo, l’alternativa tra “euro sì” ed
“euro no” non è un confronto tra teorie economiche contrapposte, tra una
scienza buona e una scienza cattiva, come a volte sembra emergere dai testi dei
fautori del ritorno alla lira (per es. nell’e-book di Micromega Oltre
l’austerità). L’euro non è nato da una teoria errata, ma da una scelta
politica, ancorché non del tutto consapevole per tutti i suoi promotori, tesa a
sottrarre agli Stati nazionali, dopo averla sottratta ai governi con
l’autonomia delle banche centrali, il controllo su alcune variabili decisive
delle politiche economiche: base monetaria, tasso di sconto, cambio. Il tutto
in funzione del contenimento delle spinte salariali e degli istituti del
welfare. Che poi gran parte di quei poteri siano stati di fatto consegnati alla
finanza internazionale era per alcuni un lucido disegno e per altri una
conseguenza imprevista da cui non si sa più come sottrarsi. In ogni caso non
sarà un ripensamento della teoria economica a riportarci alla situazione quo
ante ..."
Qui la confusione di Viale raggiunge forse il suo
massimo. Da un lato sostiene
(giustamente!) che l'euro non nasce da un "errore" degli economisti
ma da una precisa scelta politica che viene descritta come un momento
dell'attacco alle condizioni di vita dei salariati. Poi evoca un presunto
"ripensamento della teoria economica ..." Ma quale ripensamento?
Secondo la teoria delle Aree Valutarie Ottimali (AVO) l'euro è un'assurdità. E'
proprio dando ascolto agli economisti che alcuni paesi dell'unione si sono
guardati bene dall'aderire all'euro. Non c'è bisogno di nessun
"ripensamento" come l'ebook di MicroMega spiega chiaramente. C'è
invece bisogno di far pagare il conto politico a quelle forze e a quei
personaggi che ci hanno condotto nella presente situazione esattamente per gli
scopi così ben descritti da Viale. Conniventi o incompetenti scelga lui.
Evidente: Viale "Oltre l'austerità" lo ha solo
sfogliato
4) "Per questo la conversione ecologica non è un
programma da rimandare al futuro (il futuro è già qui, anche se molti non se ne
sono ancora accorti), ma un orientamento generale che può e deve impegnarci già
oggi, se è, come dovrebbe, uno strumento di promozione di un’alternativa reale
tanto ai diktat della finanza quanto al vano inseguimento di una “crescita”
contabile del PIL; ..."
Viale conclude con un pistolotto ambientalista con cui non
si può dissentire: ma che c'entra con l'euro? Posso anche concordare che i
problemi ambientali e sociali a livello planetario non verranno risolti dall'uscita
dell'euro, ma non capisco quale vantaggio ricaverei io (per esempio) come
salariato dalla permanenza dell'Italia nell'area euro. La posizione di Viale
assomiglia a quella di uno che trovandosi a Stalingrado nel gennaio '43 faccia
presente che prendere a fucilate la sesta armata di Von Paulus non risolverebbe
l'inquinamento del Volga. Caro Viale con l'euro puntato alla testa mi riesce
difficile progettare e pensare a un economia solidale, con la filiera corta,
con una bassa impronta ecologica,...
Sulla prima pagina del Manifesto c'è ancora scritto
Quotidiano Comunista. Si tratta di un vecchio ricordo del passato, qualcosa
rimasto a marcire in soffitta? Avete uno splendido modo di dimostrare che così
non è: fate un bel dibattito, approfondito, sulle conseguenze dell'euro per le
classi subalterne, usate il vecchio linguaggio relativo alla lotta di classe e
invitate gli economisti che su questo hanno qualcosa da dire (vedi sempre
"Oltre l'austerità"), un bel dibattito ma con alla base i dati e non
le chiacchiere. Dopotutto i fondatori del pensiero comunista moderno hanno
passato la vita a studiare l'economia politica. O no? Evitate invece le
scandalose interviste "neutre" a coloro che in questo caos ci hanno
portato: qualsiasi riferimento all'intervista a Giuliano Amato fatta da Rossana
Rossanda il 30 agosto 2011 non è puramente casuale.
Caro Marco, non sarai stupito di sapere che non è mica la
prima volta. Guarda infatti cosa scriveva l’amico al tramonto sul Manifesto a
settembre dello scorso anno:
Nel pozzo del nostro debito
COMMENTO
13/09/2011
Guido Viale
Ora si comincia a parlare di default (fallimento) come esito
- o come soluzione - del debito pubblico italiano. La discussione assume
aspetti tecnici, ma il problema è politico e merita approfondimenti sui due
versanti. Dichiarare fallimento imboscando dei fondi, è truffa. Ma è truffa
anche se una condizione insostenibile viene protratta oltre ogni possibilità di
recupero; in particolare, per spremere quelli che si riesce a spennare con la
scusa di rimettersi in sesto, prima di dichiarare che «non c'è più niente da
fare». Proprio quello che l'Unione
Europea e i suoi governi (e non solo la Bce) stanno chiedendo a Grecia,
Portogallo e Irlanda, ma forse anche all'Italia.
C'è chi, senza escludere il default, vede una soluzione alla
crisi del debito nell'uscita dall'euro. Il problema, vien detto, non è tanto il
debito pubblico quanto il debito estero; in cui si riflette la perdita di
competitività del paese, costretto dalla propria inflazione e dalla minore
"produttività" a finanziarsi all'estero per importare più di quanto
esporta. L'uscita dall'euro consentirebbe un recupero di competitività
attraverso la svalutazione - oggi resa impossibile dalla moneta unica -
riequilibrando così, con maggiori esportazioni, i conti con i paesi che, come
la Germania, possono evitare di rivalutare la loro moneta e perdere
competitività proprio grazie all'appartenenza all'eurozona. L'aumento delle
esportazioni produrrebbe, sostiene per esempio Alberto Bagnai, «risorse
sufficienti a ripagare i debiti, come nel 1992. Se non lo fossero - aggiunge -
rimarrebbe la possibilità del default ... come hanno già fatto tanti paesi che
non sono stati cancellati dalla geografia economica per questo». Ma una
svalutazione - posto che l'uscita dall'euro sia praticabile - basterebbe a
riequilibrare la bilancia dei pagamenti dell'Italia, o quella di altri paesi
dell'eurozona in difficoltà? In altre parole, costando il 15 o il 20 per cento
in meno le auto della Fiat prodotte con il metodo Marchionne - a cui forse
Bagnai attribuisce eccessiva credibilità - potrebbero ancora sottrarre
consistenti quote di mercato alla Volkswagen? O costando il 15 o il 20 per
cento in più l'Italia cesserebbe di importare turbine eoliche dalla Danimarca e
pannelli fotovoltaici o impianti di cogenerazione dalla Germania, mettendosi
finalmente a produrli in proprio? O ancora, con la lira l'Italia potrebbe
tornare a esportare arance - raccolte con manodopera schiava - nei paesi dove
l'organizzazione commerciale degli agricoltori spagnoli le ha portato via il mercato?
Eccetera.
Non siamo più nel '92; da allora non è cambiato solo il
secolo, ma tutto il contesto. Forse ora, e in futuro, il problema non è
esportare (o tornare a esportare) di più, ma importare - per quanto è possibile
- di meno: produrre di più in loco (o il più vicino possibile) quello che si
consuma; e consumare o utilizzare di più quello che ogni comunità è in grado di
produrre. Non con il protezionismo, predicato a fasi alterne dalla Lega (e un
tempo anche da Tremonti), ma inattuabile nel contesto odierno; bensì con una
progressiva riterritorializzazione dei processi economici con cui accompagnare
l'inevitabile e non più rimandabile conversione ecologica di produzioni e
consumi.
Ma in Italia ogni possibilità di recupero risulta inibita dalla
scomparsa del concetto stesso di politica industriale, che altri paesi hanno
invece in qualche misura mantenuto, nonostante che sulle scelte di fondo la
delega ai "mercati", cioè all'alta finanza, sia per tutti totale.
Quello che ora manca è una politica industriale adeguata ai tempi, cioè a una
crisi ambientale planetaria che rende inutile e dannoso rincorrere chi ci ha da
tempo superato in settori - come quello dell'auto - destinati a immani crisi di
sovrapproduzione. E che impone invece di attrezzarsi per svolte
improcrastinabili con progetti e produzioni ecologiche dal sicuro avvenire
(anche di mercato, se per "mercato" si intende non lo strapotere del
capitale finanziario, ma uno dei modi per mettere in rapporto produzione e
consumo).
In gioco ci sono questioni come efficienza e conversione
energetiche; agricoltura e alimentazione a chilometri zero; mobilità
sostenibile (proprio mentre Fiat chiude l'unica fabbrica di autobus urbani del
paese); manutenzione del territorio e del patrimonio edilizio e storico
esistente; gestione accurata di risorse e rifiuti; accoglienza ed educazione
per tutti; e una ricerca mirata a tutti questi obiettivi. Se iniziative del
genere venissero finanziate invece di dissanguare i lavoratori per pagare gli
interessi sul debito, ben venga il default; costringerebbe i responsabili
dell'eurozona a correre ai ripari.
Diversi economisti pensano invece che il default degli Stati
membri si possa evitare, e non solo procrastinare, se un organo dell'eurozona
rilevasse - magari "sterilizzandoli" con un rinvio a lungo termine
del loro rinnovo - i debiti degli Stati membri in difficoltà; o una loro quota
consistente. È la proposta degli eurobond; per alcuni sono "la
soluzione"; per altri - come l'agenzia di rating S&P - non farebbero
che trasferire lo stato comatoso dai paesi beneficiati a tutta l'eurozona.
Default per tutti.
Ma gli eurobond difficilmente potrebbero risolvere il
problema; nemmeno nella versione proposta da Prodi e Quadrio Curzio, che ai
bond emessi a copertura dei debiti di alcuni Stati ne affianca altri per
finanziare un programma europeo di Grandi opere. Con l'intento di promuovere
quello che l'Italia e altri paesi non riescono a fare da soli: "rilanciare
la crescita" - da tutti considerata la strada maestra per azzerare il
deficit e ridurre il debito - avendo però messo "al sicuro" i conti
pubblici. Ma quella crescita non è così facile "rilanciarla": in
Italia non c'è più da tempo e sta non a caso svanendo anche in paesi fino a
ieri considerati "locomotive" economiche.
Inoltre, la principale iniziativa europea per produrre
crescita si chiama Ten (Rete transeuropea di trasporto). Anche se con gli
organi di governo che l'Unione si è data non sembra che per ora ci siano molte
altre modalità di intervento praticabili, proposte del genere sono comunque
inaccettabili.
È con quella iniziativa, infatti, che oggi si cerca di
giustificare lo scempio del Tav in Valsusa, che persino l'Economist considera
uno spreco. Ma non è di Grandi Opere che c'è bisogno, bensì di tante
"piccole opere" di manutenzione del patrimonio esistente e di
conversione ambientale nei settori portanti della vita economica e sociale.
Interventi concepiti, progettati, realizzati e gestiti a livello quanto più
decentrato; e sottoposti a un controllo dal basso - analogo a quello richiesto
per la gestione dei "beni comuni" - imponendo a tutti regole di
trasparenza integrale. Esattamente l'opposto di quel che succede sia in Valsusa
che altrove. Il Tav infatti non è un caso isolato; rappresenta in modo
paradigamatico il modus operandi di un'economia governata dalla grande finanza.
Dove, proprio come in Valsusa, progettazione ed esecuzione
di opere gigantesche - costose, inutili, altamente dannose e completamente
dissociate dalle esigenze del territorio - vengono realizzate a spese delle
finanze pubbliche mediante una catena senza fine di appalti e subappalti
sottratti a qualsiasi controllo; e devono essere imposte con la forza - o, in
altri casi, fatte svanire con una improvvisa delocalizzazione - tanto che in
Valsusa si è arrivati a schierare i carri armati (sì, i carri armati) e 2000
militari per aprire un cantiere.
Il problema allora non è "costituzionalizzare" il
pareggio di bilancio per soddisfare il capitale finanziario che tiene in pugno
le politiche, non solo economiche, degli Stati con il controllo dei debiti
pubblici; né promuovere, con interventi senza senso e prospettiva - e senza
ricadute per lavoro e occupazione - una crescita del Pil evanescente, nel vano
tentativo di azzerare il deficit con le imposte ricavate da un ancor più
evanescente aumento dei redditi.
Il problema è invece quello di imporre con lotte e
mobilitazioni le misure necessarie per recuperare risorse da chi le ha e non ha
mai pagato. Ma non per buttare il ricavato nel pozzo senza fondo degli
interessi sul debito. Quello che occorre è mobilitare le risorse sia finanziare
che umane - le conoscenze e i saperi diffusi; la fiducia reciproca che si crea
nella lotta - necessarie alla riconversione ecologica del tessuto produttivo.
Non saranno né questo governo né il prossimo a promuovere o consentire una
svolta del genere. Ma se non si mette in chiaro che quel debito non va saldato
e che è inevitabile affrontare il rischio di un default, ancorché selettivo, si
lascia la palla in mano a chi sostiene, e sempre sosterrà, che ai diktat della
finanza "non c'è alternativa"; azzerando così qualsiasi prospettiva
di riscatto sociale e politico. Per questo è bene capire a che cosa si va
incontro e come far fronte a un default; e qui un maggiore impegno degli
economisti che condividono queste prospettive sarebbe benvenuto.
Dove il problema era il solito: una serie di cose condivisibili, per le quali si vorrebbe veramente poter interagire con chi le dice, vengono intruppate in una lettura superficiale e totalmente dilettantesca del quadro
europeo che fa cadere le braccia e toglie ogni speranza di possibile dialogo con chi proprio non ce la fa.
E anche allora qualcuno intervenne a far notare che si poteva fare di
più:
Caro Viale, la ringrazio per l’attenzione che ha dedicato al
mio intervento. Mi permetta però di farle notare che nelle mie due asserzioni
che lei cita le nostre posizioni sono in realtà molto più vicine di quanto lei
sembri credere. Seguendo il suggerimento di un amico, ricorrerò, per farlo, ai
pensieri di Pippo: “è strano quanto una discesa vista dal basso somigli a una
salita”. Anche una svalutazione, vista dall’estero, somiglia a una
rivalutazione. Voglio dire che se la nostra valuta costasse di meno per i
nostri partner commerciali, ovviamente la loro valuta costerebbe di più per
noi. E quindi la svalutazione, favorendo le nostre esportazioni, al tempo
stesso sfavorirebbe le loro, cioè le nostre importazioni. La sua osservazione
secondo cui “dovremmo importare di meno” è quindi già contenuta nel mio
articolo, in un modo assolutamente ovvio per chi abbia un minimo di familiarità
con l’economia. Il debito estero è definito in termini netti: è la differenza
fra i nostri debiti e i nostri crediti verso l’estero, cioè fra i soldi che
dobbiamo restituire e quelli che ci devono essere restituiti (qualcosa
prestiamo anche noi all’estero). E così anche le risorse destinate a ripagarlo
vanno definite in termini netti. E infatti io non dico che la svalutazione produrrebbe
risorse “attraverso l’aumento delle esportazioni”, come dice lei riportando
infedelmente il mio contributo e facendomi dire cose per le quali sarei
costretto a bocciare uno studente di secondo anno. Perché è assolutamente ovvio
che l’aumento NETTO di risorse deriverebbe sia dal fatto di ricevere più soldi
vendendo beni all’estero, sia dal fatto di spenderne di meno per acquistare
beni esteri.
L’economia, purtroppo, è una scienza complicata perché
occorre sempre tener presenti i due lati di ogni transazione. Io li ho ben
presenti e spero di averle chiarito il mio pensiero. Aggiungo che sono convinto
della sua buona fede. Un po’ meno di quella della redazione di sbilanciamoci,
che ha affibbiato al mio articolo un titolo che non riflette minimamente il mio
pensiero. Io non dico da nessuna parte che l’Italia “dovrebbe uscire”
dall’euro. Dico (1) che non ci sarebbe dovuta entrare; (2) che l’euro esploderà
per colpa della Germania; e (3) che questo non sarà una tragedia perché il
recupero dell’autonomia monetaria e valutaria doterà gli stati di strumenti
utili per reagire a shock esterni come l’ultima recessione mondiale. Mi
preoccupava cioè il furto di democrazia evidente non solo nella costruzione
dell’euro (governato da una Bce priva di responsabilità politica e prona alle
telefonate della Merkel), ma anche nella sua adozione (sottratta alla decisione
democratica dei cittadini e accompagnata da una campagna di disinformazione su
vasta scala). Gli economisti (non quelli pagati dalla Commissione Europea,
ovviamente!) si erano pronunciati in modo abbastanza univoco, prevedendo quello
che ora sta succedendo. Ma mi sembra che la risposta che la “sinistra” dei
Bersani ha in mente sia un nuovo governo tecnico (cioè un nuovo furto di
democrazia, nuove manovre recessive, nuove privatizzazioni, ecc). Questo mi
preoccupa.
Chiamando il mio articolo “l’uscita dell’euro prossima
ventura” e riassumendone il contenuto con la frase “chi è in deficit può
cavarsela svalutando” (frase che non mi rappresenta minimamente) la redazione
ha cercato di farmi passare per un “catastrofista-complottista” da autobus. Ma
dai commenti dei lettori mi pare che non ci sia riuscita quasi con nessuno, e
questo nonostante io non sapessi che il mio articolo sarebbe stato pubblicato
sul Manifesto, e avessi quindi adottato un linguaggio relativamente tecnico.
E per quanto riguarda Marchionne, caro Viale, a me sta molto
meno simpatico che a lei. Ma mi sta ancora meno simpatica la stupidità (o la
furbizia?) di chi, avendo imposto al nostro paese il bias deflazionistico
dell’entrata nell’euro, se la prende con gli imprenditori che ne traggono le
conclusioni. Sarò più esplicito: chi ha voluto e vuole l’euro vuole anche
Marchionne (che lo sappia o meno). Nel mio articolo è detto apertis verbis. La
Fiat non è mai stata un modello di democrazia e lungimiranza nelle relazioni
industriali. Ma finché il sistema economico italiano ha avuto un minimo di
fisiologica elasticità valutaria, il ricatto non è mai stato così esplicito.
Chiaro? La sinistra italiana, come dico nell’articolo, è in trappola perché ha
fatto una scelta fascista nel merito e soprattutto nel metodo (paternalistico):
ora gli elettori se ne stanno accorgendo. Nonostante questo Berlusconi se ne
andrà, ma a causa di questo le cose non miglioreranno molto. E, come vede,
molti lettori del Manifesto se ne rendono perfettamente conto.
Ho aperto con Pippo, e mi permetta di chiudere con Proust:
“j’ai vu tout de suite que vous n’aviez pas l’habitude”, dice il barone di
Charlus alla signora Verdurin. Le regalo l’unica cosa veramente di sinistradetta in Italia negli ultimi quaranta anni.
Dopo venti anni passati a fare
ricerca e a insegnare in ambito accademico produco sicuramente molti, troppi rifiuti.
Ma parlo mai di rifiuti io?
Amici come prima (non di Marchionne).
Ecco, Marco.
Gli ecologisti di sinistra sono persone che
ignorano cosa sia il Pil, o che, come Viale, ignorano che una svalutazione non
ha effetti solo sulle esportazioni lorde (aumentandole), ma anche sulle importazioni
lorde (riducendole). La svalutazione, o la rivalutazione, a seconda dei casi e
dei punti di vista, insomma: la flessibilità del cambio, rimane uno strumento
essenziale per perseguire proprio quelle cose che a chiacchiere questo qui dice
di voler perseguire.
Cioè, scusa, compagno Viale, che da giovane andavi ai cortei
mentre io leggevo Proust, fammi capire, compagno: tu vuoi accorciare la filiera
all’interno di un sistema monetario che oltre al trascurabile (per te che hai
fieno in cascina) difetto di scaricare tutti gli shock nominali sulle classi
subalterne, di fatto ci impone di importare praticamente tutto dall’estero,
perché non possiamo ripristinare condizioni di convenienza per le nostre
produzioni interne?
Ma questa cosa è geniale! Certo, fare la filiera corta con
la moneta forte è come fare la rivoluzione da qualche salotto buono: una cosa
che a certe persone può sembrare naturale, ma dalla quale non ci si posson certo aspettare grandi risultati.
Questi sono gli intellettuali della sinistra italiana.
Quelli che non capiscono che le esportazioni di qualcuno sono le importazioni
di qualcun altro. E non capendo questo, a valle, cosa pensate che possano
capire? Per questo rinuncio a entrare nel merito delle sottili esegesi
keynesiane del nostro. Questa gente deve aver il buon gusto di scomparire, di non inquinare più, con la sua presenza, un dibattito che merita di essere condotto ad un altro livello, e che può essere condotto ad un altro livello, come lo sforzo che qui stiamo facendo dimostra.
Avete un animo ecologico? Ecco, fate qualcosa per l'ambiente: andatevene. Anzi: no: restate. A giudicare dai commenti dei vostri lettori, l'utilità che arrecate divertendoli è maggiore del danno che arrecate disinformandoli.
Una cosa però ve la posso dire: Alba, come gli ortotteri, se parte così è un
movimento nato morto. Un movimento che oggi non ha una posizione sull’euro non
può essere che un movimento pinochettiano di traghettatori del vecchio regime
in un vecchissimo regime, tutto Statobrutto e distintivo (arcobaleno).
Oh, questa è una mia opinione, e avendo tempo potrei anche motivarvela meglio. Ma comunque fate voi. Ripeto: viviamo tempi complessi, ma capire con chi si ha a che fare è diventato straordinariamente semplice.
Savonarola, aspetta, che il prossimo sei tu... Ma ora torno al libro...
Orpole, una cosa che spesso usano per smontare l'argomento svalutazione è quel "ma poi svaluteranno tutti e non ci saranno benefici ecc. ecc.
RispondiEliminaIn pratica mi sembra sia comune la percezione della svalutazione come una scelta consapevole ed un azione attiva... Perchè non capiscono mai che dove uno svaluta un altro invece dovrebbe rivalutare?
La mente religiosa è anelastica.
EliminaPerchè non inventare una figurina che mostri Pippo nel mezzo della pettata (salita ripida in toscano) mentre considera la reciprocità della pendenza nelle due direzioni?
Solo con le figure certa gente capisce.
Ecco un paio di esempi di filiera corta: su materie prime secondarie (rifiuti per i gonzi) ed energia abbiamo già ottime tenconogie tutte italiane. Lasciamo ai francesi le loro costose centrali nucleari e a tedeschi e olandesi gli inceneritori (termovalorizzatori per i gonzi).
RispondiEliminaGrande Basilisco. Anche potrei etichettarmi decrescista/marxista, potremmo fondare un partito con Badiale, patendo però dalle basi di Georgescu-Roegen . Su Viale e la banda dell’Alba non pensavo tanta superficialità e tanta inconsistenza. L’accostamento a Syriza è perfetto. Infatti il partito greco ha preso bastonate proprio perché non si è mai dichiarata per l’uscita dall’UME. Le stesse bastonate che prenderanno alle prossime elezioni italiane tutti i partiti che non vogliono uscire. Infine, perfino Latouche ha dichiarato l’incompatibilità tra teoria della decrescita e unione monetaria. Tale affermazione mi pare non abbia fatto calare le vendite dei suoi libri.
RispondiEliminaE allora Marco leggi questo breve articolo di Matias Vernengo, economista argentino (eterodosso):
Eliminahttp://nakedkeynesianism.blogspot.it/2012/02/farewell-to-growth.html
--
Se mi permettete un motto di spirito: Viale se la suona e se la canta, ma in playback, perchè si vede che non ha gli strumenti.
Quanto ancora deve passare perché capiscano che il piùEuropa o l'altraEuropa non esistono? Sta diventando morboso il loro pensiero, contro ogni evidenza, puro feticismo europeista. Feticismo europeista + proposte di coinvolgimento delle comunità e riorganizzazione su base locale dell'economia. Ma non è quantomeno contradditorio e confuso?
Ma poi, il "consumo condiviso" cosa è?
Grazie per l’articolo. Come vedi già negli anni 70 (e anche prima) si parlava di questi argomenti con il Club di Roma. Riguardo al contenuto bisognerebbe aprire una parentesi lunghissima (casomai ne parliamo in privato).
EliminaIl “consumo condiviso” penso si riferisca all’acquisto condiviso, o meglio “acquisto solidale”. Diverse famiglie scelgono di unirsi con l’obbiettivo di effettuare acquisti di grandi dimensioni, presso produttori locali di solito biologici (meglio se biodinamici e se certificati dal G.A.S. stesso invece che dalle aziende private di certificazione). In questo modo aiuti l’economia locale (in Sicilia ce ne è bisogno considerato il deficit di partite correnti con il nord Italia), accorci la filiera, mangi sano e ti becchi uno sconto sul prezzo perché effettui grandi quantitativi di ordine. Ma la cosa più importante, e ne parlo per esperienza personale, è quello che Ivan Illich definisce negli anni 70 con il concetto di “convivialità”. Con i compagni del GAS infatti sperimento nuove forme di gestione sociale: ci scambiamo informazioni, esperienze, condividiamo un percorso comune nel consumo critico, organizziamo corsi di autoproduzione, usiamo buoni sconto come monete complementari. Aborriamo e cerchiamo di combattere con i comportamenti e con la divulgazione quello che Pasolini chiama il “potere del consumismo”, perché riconosciamo altri valori, anche quelli popolari che l’Italia ha dimenticato con la “borghesizzazione” (per usare sempre Pasolini) del boom economico. Ma ovviamente questi comportamenti di sporadici gruppi non sono sufficienti. Allora ecco che bisogna cercare nuove forme di economia (ovviamente dopo essere usciti dall’Euro e dopo essersi riappropriati di un po’ di sovranità nella gestione dell’economia politica). Ad esempio interessante una teoria che ho trovato di recente sulle autogestioni e che ancora devo metabolizzare (http://www.controlacrisi.org/index.php?option=com_content&view=article&id=16046&catid=35&Itemid=68 se ne parla da decenni e ci sono delle cose da rivedere in termini di economia aziendale e diritto societario). Insomma come vedi caro Istwine nella letteratura economica e filosofica marxista c’è già quello che con retorica e demagogia cerca di spiegare Viale nel suo articolo e Latouche (almeno quest’ultimo in maniera più articolata ed incisiva). Questi di Alba hanno rinnegato il loro passato e credono che il cambiamento si possa attuare restando nell’Euro e battendo il pugno dalla Merkel, come voleva fare il leader di Syriza.
Secondo me Viale, ma in genere chi parla di "consumo critico" come soluzione a problemi macroeconomici, suggerisce una lettura subdola e vagamente aristocrica (nel senso etimologico di "proprio dei migliori", onanisticamente parlando) sopratutto quando, dando per (vagamente) immutabili le regole del gioco imposteci dall'euro, alle persone non resterebbe che la responsabilità di scegliere ogni giorno al supermercato il destino economico del proprio paese, scegliendo la filiera corta e la merce nazionale col sovraprezzo anzichè la merce importata ma meno costosa (comportmamento nobile ma che non può spingersi fino alla privazione). Quasi a dire che in questo referendum quotidiano che è la spesa, alle casse dei negozi si decidesse da che parte si vuole far pendere la bilancia commerciale. Tutto giusto, ma se le cose si potessero risolvere così non servirebbero governi e una moneta varrebbe l'altra, un po'come per i liberisti. E infatti il corollario è lo stesso: la colpa è dei poveri perchè sono poveri ma non accettano di esserlo: consumando meno ma prodotti nazionali/non accettando di lavorare per un salario inferiore.
EliminaSono d'accordo con ambedue, in particolare Alessio dice una cosa giusta, ovvero che è una lettura subdola e aristocratica. Ricordo una bella intervista a Marco Passarella (coautore del libro der Brancaccio) sulla decrescita dove diceva:
Elimina"Ricordo, due anni fa a Berlino, di aver assistito a un convegno in cui un economista tedesco proponeva teorie vicine a Latouche. Ci fu una reazione furibonda di economisti indiani, cinesi e brasiliani che lo accusarono di neo-colonialismo: “Per voi europei con la pancia piena è facile dire agli altri paesi che devono conservare l’ecosistema”, era il succo del loro discorso. La teoria della decrescita è portata avanti quasi esclusivamente da pensatori occidentali, e attecchisce fra le classi medie. Difficilmente un operaio o un immigrato si appassionerà a queste idee."
http://www.nuovavicenza.it/2012/06/passarella-il-marxista-la-decrescita-come-lausterita-di-monti/
Certo poi anche lui finiva su idee sull'Europa discutibili, ma sempre meno ingenue di Viale.
In sé Marco tu hai ragione, è un problema sentito da molti questo del riprendere a consumare ciò che si produce a venti metri da casa. è un discorso molto complesso in realtà, perché se penso ai racconti di mio zio (sindacalista del comparto agricolo) sul mercato interno e i continui tentativi di fottersi l'un l'altro, rimango un po' scettico anche su quest'idea del "coinvolgere la comunità". è bello e condivisibile, ma ci devono essere le condizioni. Il pastore che si vede offrire un prezzo superiore per il latte (quindi coi costi di trasporto) rispetto alle offerte degli imprenditori locali, penso che tenda a "fottersene" della comunità, laddove è evidente che sia lui il primo a essere fottuto.
Sacrosante parole. Ambiente e risorse non possono prescindere da un discorso macroeconomico, altro che bidone dell'umido.
EliminaIndividualizzare il cambiamento è solo un altro modo di proporre la colpevolizzazione del singolo, e soprattutto l'inutilità dello Stato.
Vado da mesi a faticare in giro per questa cosa, mi sono sentita rispondere dai grillini "Ma che ce frega a noi della macroeconomia e della politica internazionale, noi agiamo a livello locale sotto casa".
I noglobal dicevano "think global, act local", ma ormai si è riusciti a tagliar via la prima parte della frase dalla testa della gente, così non si impiccia delle cose serie. :-(
Alessio ha ragione sui tipi come Viale, ma non generalizzerei. Ci sono quelli (mi scuso per l’eccessiva semplificazione per motivi di spazio) del consumo critico ma che non rinuncerebbero ai propri privilegi, i cosiddetti radical-chic che negli anni 60 facevano la guerra ai propri genitori e che poi hanno fatto carriera in politica, editoria, pubblico impiego, banche, ecc. Questi giocano a fare gli intellettuali di sinistra che leggono un giornale “comunista” che di comunista ha solo il nome. Se gli chiedi di rinunciare ai loro privilegi economici per un po’ più di giustizia sociale ti rispondono che i “traguardi” li hanno raggiunti con il duro lavoro.
EliminaPoi però ci sono altri intellettuali del “consumo critico” e sono quelli ai quali mi riferivo. Il problema centrale in tal caso è più profondo, più antropologico. Si tratta di acquisire quella coscienza non più di proletari (termine ormai desueto per ovvi motivi storici ed economici) ma di lavoratori/consumatori (oggi “lavoratori indebitati” per usare un termine moderno coniato da Bellofiore). Si tratta di capire se il metodo di produzione attuale (e quindi consumo) sia un metodo che tiene conto della centralità della persona o è orientato solo al profitto (anche in situazioni redistributive vantaggiose per la classe lavoratrice – vedi i meravigliosi 30 anni del boom economico). La forza lavoro cosa è? Un fattore della produzione? Io credo che il lavoratore sia un soggetto che dovrebbe produrre valore sociale che soddisfi bisogni propri e consapevoli, e non merci prodotte per soddisfare bisogni indotti dalle multinazionali.
Istwine: che i paesi sottosviluppati si incazzino quando si parla di decrescita in occidente è ovvio, mica si è mai detto di fare decrescere l’economia del Burkina Faso. Però è anche vero che non possiamo pensare che tutte le economie del mondo possano crescere. Una rinuncia, per fare stare meglio qualcun altro, la devi per forza fare. La coperta è sempre la stessa e tira da un lato si scopre l’altro.
Sul fottersi a vicenda, il problema è il timone della produzione: consumatori o produttori? Lavoratori o capitalisti? L’articolo che mi hai linkato mi lascia perplesso su molte cose, soprattutto sulle forme redistributive e sulla legge di Okun, accennata dalla redazione, perché: 1. la piena occupazione è una bella cosa ma se in 6 miliardi aspiriamo a consumare quanto un paese G8 bisogna piantare mais e grano e istallare pannelli solari anche sugli altri pianeti del sistema solare; 2. Le tecnologie possono essere le più avanzate, le più precise, le più “sostenibili”, ma devi fare sempre i conti con la termodinamica. 3. Migliorare la redistribuzione non credo risolva i problemi, conosci più di me come si muove la propensione marginale al consumo nella funzione del consumo, quindi ritorniamo al problema dello sfruttamento dei marZiani (non marXiani).
Debora Billi: che l’ambiente e le risorse possano prescindere da un discorso macro mi pare che venga sostenuto non esplicitamente da Viale. Però è scorretto associare Viale alla decrescita e la decrescita ai grillini. Sarebbe più giusto associare la decrescita al marxismo (come fecero egregiamente Badiale e Bontempelli) o, meglio, è il marxismo che contiene la decrescita. Viale è solo un piddino travestito da grillino.
p.s.: mi scuso col prof. per essermi preso troppo spazio. Ma come può notare: commenti lunghi ma sporadici.
"Però è anche vero che non possiamo pensare che tutte le economie del mondo possano crescere. Una rinuncia, per fare stare meglio qualcun altro, la devi per forza fare. La coperta è sempre la stessa e tira da un lato si scopre l’altro."
EliminaScusa Marco ma questo è esattamente il discorso che mi faceva un piddino: la Cina cresce e quindi noi dobbiamo decrescere, per questo dobbiamo essere una Europa unita... il famigerato argomento del pennello grande.
Dove hai preso questa idea che non sia possibile che tutte le economie crescano quando di fatto tutto il mondo nel suo complesso più o meno da un paio di secoli non fa che crescere?
Grazie per avermi dato indirettamente del piddino. In effetti rileggendo la frase me lo merito. Ma capisci che spiegare concetti così complicati (almeno per me) di fretta e in poche righe è davvero difficile. Hai ragione l’economia mondiale nel suo complesso cresce da un paio di secoli e continua a crescere in questi anni (in valore assoluto). E potrebbe continuare a crescere anche per altri 2 secoli, dipende da cosa sta dentro alla produzione di beni e servizi. La metafora della coperta la intendevo applicare alla crescita del consumo di merci. Cioè è fisicamente impossibile che tutte le economie del mondo da domani si mettano a consumare come un qualunque paese occidentale. Ovvero forse si riuscirebbe per qualche anno o decennio, prima che finiscano le risorse o che il pianeta faccia un rutto e stermini qualche miliardo di persone. Ma forse è meglio continuare in privato, sto abusando della pazienza del prof.
EliminaSono greco italofono, e in virtù di entrambi qualità mi sembra opportuno intromettermi nel vostro sub-discorso, e dico sub- non perche di secondo ordine o di poca importanza ma perche si svolge a latere del discorso di questo post e che trovo invece di grande attualità, sopratutto per voi italiani. Noi, da questa parte del Adriatico, ne sentiamo ogni giorno delle migliori: ulteriori tagli di spesa sociale annunciati, pensioni e stipendi tagliati terzo round, ospedali, scuole e università che aprono si e no a settembre, vendite a prezzi stracciati di terre e aziendepubbliche al capitale internazional-mafioso, e non elenco altro. Syriza, il partito che ho votato tatticamente e non strategicamente, come il 26% o quasi dei greci, conduce una opposizione estremamente tiepida finora, tiepida in tutti i sensi, e non solo sulla questione "euro sì, euro no". Marco dice che Tsipras "prende le bastonate" , appunto perchè non prende chiara posizione anti-euro. Io, strategicamente parlando, sono d'accordissimo con lui: la Grecia in Eurozona non ha che il futuro dei paesi che appartengono alla zona CFA, una sorta di Senegal balcanico con le maquilladoras e il sessoturismo e tutto. Dobbiamo uscire, e dobbiamo uscire il più presto possibile. Ma, e adesso parlo tatticamente, la gente qui ha la paura geopolitica propria di uno stato piccolo che si appresta a pestare i calli dei grandi. Che faremmo con i farmaci, non ne produciamo, che faremmo dei pezzi di ricambio, non ne abbiamo le tecnologie per produrli domesticamente, che sbocco avranno i nostri prodotti verso i -fatemelo dire, fottutissimi- partner europei se gli guastiamo il bel mercato unico monetario europeo, alias macelleria sociale continentale? A questa considerazione aggiungere il sistema mediatico stra-svenduto e iper-lealista alle ragioni del blocco pro-euro, bombardando la g(gggggg)ente con le menate sui greci pigri ed evasori e furfanti e troppo ottomaneschi e poco europei ecc. Una stucchevole propaganda molto simile con il pensiero unico piddino che il ns prof così bene a mostrato e decostruito. La dirigenza Syriza, forse tatticamente parlando, ha preferito "non svegliare can che dorme", quindi far la Europa fare ciò che la Grecia dovrebbe fare, e avrebbe già dovuto fare, uscire dal capio dell' Eurozona. Così, ha acaparrato i voti che poteva, creando un fronte politico anti-austerità, indispensabile per la congiuntura apocalittica che vive il paese, e solo eventualmente un fronte anti-euro, tanto saranno gli europei stessi più probabilmente a mandarci fuori la loro bella Zona, e prenderanno loro la responsabilità politica per quello, buono o cattivo che sarà e vedremmo poi per chi, che seguirà alla uscita greca. (segue)
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EliminaQuesta non è la strategia nè la tattica che seguirei io, mi definisco seguace anarcocomunista leniniano, e non leninista, del "partito della ghigliottina", e ministro Finanze Bagnai subito, gli faccio io il traduttore quanto arriva ad Atene per insediarsi, basta che non usi il romanesco stretto, che il mio italiano non basterà. Solo che i greci non sembrano, almeno per il momento, ancora pronti, per soluzioni giacobine, figurarsi leniniste. L' unico partito dichiaratamente anti Europa tout court è il KKE, e l' unico partito comunista europeo che io conosca rimasto fedele alla tradizione staliniana, burocrazia incolata alle sedie da decenni, analisi fideista tutta proletariato-non-ancora-pronto=aspettiamo-la-seconda-apparizione-di-Lenin, vuota retorica contro ogni movimento che proviene al di fuori del Glorioso Partito. Il KKE non ebbe un risultato elettorale positivo, prese meno voti addiritura dalla Crhysi Avghi, il fascio Made in Greece, ma gli elettori non hanno punito tanto la posizione anti-europa quanto la postura settaria e la chiusura totale ad ogni prospettiva di collaborazione con il resto della sinistra, antagonista e non. In un quadro così delineato, siamo sicuri che il-non-ancora-visto-Tsipras-o-se-preferite-Grillos vostrano non farà gli stessi tatticismi, siamo sicuri che i suoi tatticismi politici e comunicativi saranno meno pressanti, meno indotti dalla congiuntura economica e sociale da colasso? come risponderà l'elettore italiano 2013 di fronte al inevitabile martellamento mediatico-catastrofista degli attributi pre-elettorale (faremmo le spese con la cariola, niente iphone per natele ecc)? e nel caso greco, le "bastonate" le ha prese Tsipras perche non ha aderito in modo chiaro al partito antieuro, o perche si è mostrato troppo intransigente e poco "diplomatico" con le paure attuali dell'elettorato, diciamo le paure "da partite correnti"(non produciamo abbastanza per non vivere sotto i diktat della Troyka da stato neo-e-post-coloniale che altro non siamo)?
EliminaA queste domande non ho risposta. Intanto le bastonate le prendono i pakistani dagli energumeni Alba-Dorati, non passa giorno che non si sente per TV un pestaggio qui, un accoltelato là, arresti e deportazioni di massa ovunque, che il popolo vuole svagarsi con le sventure degli ultimi. Prossimamente, seguono bastonate poliziesche alla ben nota Piazza Sintagma, restate incollati al vostro medium preferito!
Scusa Marco, non volevo darti del piddino! :)
EliminaPittagyro, il tuo italiano è assolutamente delizioso e il tuo racconto appassionante e illuminante.
EliminaVorrei suggerirti di aprire un blog in italiano per raccontarci della Grecia, ma francamente mi sento indelicata a farlo...
:-)
Prima di trovare Goofynomics - la vera cura alla mia depressione da regime (perchè il regime dopo anni porta alla depressione), ho cercato per ogni dove (aggravandola), e, da ignorante, mi chiedevo se persone come questa che parlano di scontrarsi con la finanza internazionale per fare piùeuropamamegliodiora e subito dopo di km0 abbiano idea di quello che sta accadendo alle persone normali, quei contadini ad esempio da cui vado a km0 e in bici e che sono disperati perchè se vogliono conservare un minimo di autonomia (decidere cosa piantare, che semi usare), non hanno sussidi, l'unico che sfugge all'UE è un pecoraio che vive a 1300 m d'altezza senza corrente, senza strada e continua a fare il cacio come diavolo gli pare. Si rendono conto tali Signori che avremo servi della gleba che coltiveranno i terreni comprati tramite i fondi di investimento delle pensioni (private)? ma magari salveranno il culatello.
EliminaO forse pensano, forti della vittoria del lardo di Colonnata, di affrontare la finanza internazionale (e la Merkel) per costringerla a mollare l'Europa?
Per quanto riguarda i due partiti, i'mmi' babbo (83 anni) dice da anni che basta leggere il Piano di rinascita democratica di Licio Gelli (che prevedeva 2 partiti)...anche per quanto riguarda i programmi, perché se lo sono spartito (pure quello).
@Debora Billi
Salve, so che sicuramente lei è più preparata di me, la seguo nei suoi blog, mi scuso se dico cose già note, ma mi permetto di precisare che lo slogan "Think globally, act locally", viene dall'ambientalismo degli anni 70, mutuato da Il Cerchio da chiudere (1971) di Barry Commoner.
In Italia fu la parola d'ordine di Lega Ambiente (diventata poi una sorta di agenzia di servizi) che nacque in ambito universitario intorno al 1978, sulla spinta della riflessione dopo il disastro dell'ICMESA di Meda (Seveso) e dei movimenti che si opponevano alla costruzione delle centrali nucleari.
Lo slogan era riferito alle leggi dell'ecologia (pensare globalmente) e al controllo democratico dal basso della produzione e dei modi di produzione di energia e beni con conseguente decentralizzazione (agire localmente), e redistribuzione della ricchezza (a livello locale e globale). Sono di allora ad esempio i primi studi sull'effetto serra e il riscaldamento globale nell'artico.
Il prof. Tiezzi, insieme ad altri, venne in quel periodo nel mio liceo a tenere conferenze su entropia, termodinamica, mutamenti climatici, ecologia ed energia, organizzate dai nostri prof. e assistenti di fisica e scienze.
Silvia (2)
mi ri-scusate la intromissione, e il secondo post apparso più volte, inconvenienze della connessione. Ci sarebbe tanto da dire su Syriza, tanto da rimproverare, in ogni caso la gente lo ha votato e in misura soprendente, da ricordare il tripudio del 1981 di quel gentleman-puttaniere che fu Andreas Papandreu, il fondatore del PASOK e padre del Georgos Papandreu, quest’ ultimo firmatore del Memorandum (notate bene la struttura famigliare del potere). Ma la gente non ha votato Syriza a sufficienza, non gli ha dato maggioranza anche solo relativa di voti, per ottenere il premio di maggioranza“alla greca” dei 50 parlamentari in più a chi arriva primo. Il voto a Syriza era comunicato come un voto contrario all’ Europa dei grandi che ci hanno degnato al loro club, e un voto contrario ai grandi fa venire i Marines, il vaiolo (niente farmaci!), la gotta (mancanza di carburante!) e torneremmo agli anni ’60 (carri armati, magari Leopard. a piazza Sintagma!). Mi ripeto su questa descrizione della comunicazione politica elettorale, e ribadisco che io come io preferisco 5 giorni da Milano che 100 anni da Zimbambue, per rivolgere adesso la questio al professore: in Italia rimane l’ apparato produttivo notevole della quarta-quinta-sesta potenza industriale, non ricordo la classifica esatta, il quale, se proprio in autarchia non riesce, riuscirebbe ad una certa sufficienza a provedere alla contingenza communque non facile post-euro. Con la svalutazione, rilancio dell’ export, forse anche filiere più corte, recupero di democrazia e di sovranità, forse una pianificazione industiale centrale ma non centralistica, e nazionalizziamo qualche settore industriale, che male non farà ad una politica di piena occupazione ecc ecc. In Grecia invece, il fatto della de-industrializzazione quasi totale è compiuto e l’ agricoltura viene sradicata per far posto ai panelli solari Made in Germany pagati con prestiti bancari garantiti con i soldi del fisco Made in Greece, altro che decrescita, altro che filiere corte! La domanda che le rivolgo, gentile, ma non troppo, professore: una uscita dal euro potrà esserci senza sangue, è richiesta una rivoluzione a tutti gli effetti, oppure per il caso greco basta aspettare per vedere che fanno le economie più grandi del sudeuropa, quindi quella italiana e spagnola? Ce la fa una nazione “dipendente”, come Poulantzas mi sembra descrisse, di piccole dimensioni, di postazione geopolitica più instabile, di classe borghese compradora e classe dirigente completamente foederata al Impero Europeo e Ameregano ad uscire comme le bons amis e non con avventure sanguinarie dal clan dei potenti? Insomma, per l’ Italia uscita subito, uscita se possibile concodata, ma consiglia anche per la Grecia l’ uscita, e la consiglia ad ogni (diciamo ragionevole, quindi cost effective!) costo?
Elimina@Pittagyro. I tuoi interventi sono tutt'altro che intromissioni. Come saprai la comunicazione in Italia è identica a quella greca, perciò della vostra reale situazione si sa poco e male. Leggendoti la prima volta mi sono resa conto di come, per quanto non piddini, noi italiani siamo comunque sempre un po' piddini, non fosse altro perchè il tallone della Troika non è così calcato e le pance ancora piene e l'I-pod in carica. Il nostro Gauleiter fa finta di essere italiano, e tanto basta. Avrei anche voluto risponderti, ma tutto quello che scrivevo accanto a quello che avevi scritto tu pareva così piddino...
EliminaNon sono in grado di rispondere alla tua domanda quindi non mi ci metto. Quello che vedo è che, pur avendo l'Italia le risorse per tirarsi fuori dalle secche e riprendersi, gli italiani non ne sono minimamente consapevoli, questo perchè subiscono la stessa informazione terroristica che subite voi, inoltre avendo ancora parecchio da perdere sono ancora più vigliacchi. Se vi aspettate un comportamento da parte delle altre nazioni PIIGS che sia quanto meno volto a tutelare se stesse, temo possiate continuare ad aspettare e sperare a lungo.
Detto questo non credo che il senso di questo blog sia quello di dare direttive politiche (il professore lo dice e certo meglio di me), ma di cercare di produrre un cambiamento di mentalità rispetto a quella mainstream che, proprio perchè si sta rivelando fallimentare su tutti i fronti, diventa sempre più aggressiva e bugiarda. E' un aiuto a tutti noi, che prima non riuscivamo a trovare un riferimento non dico politico, ma neanche razionale, a raggiungere un minimo di consapevolezza di quali siano i termini reali della questione. In questo i tuoi interventi possono contribuire tantissimo e spero tu continui ad intervenire. Per il resto anche solo leggendo i commenti mi rendo conto di quanto l'attuale situazione senza sbocchi sia frustrante per molti italiani, non riesco neanche ad immaginare quanto lo sia per te e il tuo popolo, perciò posso solo farmi da parte e lasciare la parola a gente più preparata.
Se non lo hai letto ti segnalo il famoso rapporto di Merryl Linch - Game theory and euro breakup risk premium - Non so quanto sia attendibile come fonte, dopo tutto quello che è successo, ma tant'è... una lettura in più.
EliminaMerryl Linch = Merrill Lynch... argh!
EliminaSì, quello del linciaggio, giusto?
Eliminama cosa ci importa della svalutazione,riavendo in mano la propria moneta lo stato puo creare lui la domanda interna..non possiamo dipendere sempre dall'export...e se un giorno gli stranieri non comprano piu niente da noi che facciamo...ci impicchiamo tutti?
RispondiEliminaMettiamola così: un pezzo della storia questo signore lo sa, quello che fa comodo a lui. Se espandi la domanda interna, aumenta la domanda di importazioni. E va bene così. Poi tutto dipende da mobilità dei capitali e regime di cambio. Se hai perfetta mobilità dei capitali e cambi rigidi (come stiamo adesso) effettivamente vai in deficit senza remissione e importi capitali (cioè ti indebiti). Ma questo succede nel mondo che piace a Viale e che Viale non vuole cambiare. Se i cambi sono flessibili e ci sono controlli sui movimenti di capitale le cose possono andare diversamente. In ogni caso, una svalutazione le importazioni le scoraggia, e noi di questo avremmo bisogno prima di essere totalmente deindustrializzati. Non per vendere le Fiat in Germania (come dice lui), ma per venderle in Italia, ad esempio.
EliminaQuello che vorrei capire è "perchè" non si può rivalutare il pensiero di Keynes. Considerato il conclamato fallimento storico della teoria opposta, attestato dalla crisi attuale, forse sarebbe il caso, invece, di ridarci una letta. Eppure, anche e soprattutto a sinistra i vari Viale ci dicono che "non si può e non si deve". Il mondo è ormai ordinato in chiave liberista e non si può tornare indietro.
RispondiEliminaUn po' dogmatico, a mio modesto avviso. Sarebbe come se, tempo fa, non si fosse messo in discussione il fascismo "perchè ormai il mondo è cambiato"! Perchè non si può? Più passa il tempo, più i cosiddetti "intellettuali di sinistra" mi sembra somiglino ai vescovi di un concilio medioevale: "abbiamo stabilito il "credo" dell'euro. Sei contrario? Allora sei un eretico statalista! Al rogo, al rogo!".
Anche la cosiddetta "decrescita" può e deve essere vagliata criticamente. Ho letto Latouche, posso anche condividere l'opportunità morale di superare il consumismo. Ma non certo in un euro contesto dove mi si vengono a predicare le "virtù della decrescita", mentre pochi ricchi si rubano il mio benessere. Questa si chiama ipocrisia.....
Accorciare le filiere..... Bella idea. Ma io mi domando: in un'unione europea che costringe i nostri agricoltori a buttare il loro latte per poi doverlo importare, questa sarebbe una politica praticabile? A me, da profano, non sembra.
Aspetto con ansia il libro del professore, e lo ringrazio per il suo lavoro e la sua lucidità intellettuale.
Sai, per accorciare le filiere forse sarebbe meglio usare le monete locali, come in Germania (e noi ne abbiamo parlato, perché a noi l'ambiente interessa sul serio, non è solo un po' di fuffa che ci serve per riciclarci in tarda età), piuttosto che una valuta come l'euro, fatta proprio perché a Roma si beva l'acqua Ty Nant e a Cardiff la S. Pellegrino. Ma tutto questo Guido non lo sa... e non diteglielo. Lui appartiene alla sinistra del "fuori dell'euro c'è la guerra", o "gli amerikani" (versione chiesa), o "l'iperinflazione" (versione Bersy). Proprio come dici te: sono strutturalmente fascisti. E a me fanno schifo. Ecco perché è meglio che io non faccia mai, dico mai il loro lavoro.
EliminaIntanto che medito, una piccola osservazione: quando si parla di risorse, la discesa non è "anche" una salita.
RispondiEliminaOvvero: purtroppo nella nostra ottica dovremmo TUTTI calare le importazioni. Nel quadro generale risorse/ambiente non serve a una mazza se io smetto di importare X ma aumento l'export di Y. Il traffico generato è il medesimo, la discesa è una salita, ma il consumo di risorse e di ambiente rimane esattamente lo stesso. E ciò è no buono. Ossia è apocalittico uguale.
Il problema che mi tormenta da due mesi è proprio come integrare queste due scuole di pensiero, la tua e la "nostra" (non mi identifico né con Viale né con Pallante, sia chiaro, altrimenti non starei qui). Sono certa che si può, e che si DEVE.
Se ci riesci tu, ti becchi il Nobel e cambi il mondo.
:-)
Debora, se però continuate a dirmi quello che so, e che peraltro NON è pertinente al significato del post, anzi va nel senso contrario (perché io sto cercando di far capire a questo trombone sfiatato che una valuta più equilibrata farebbe circolare, appunto, meno merci, accorcerebbe la filiera), ecco, se continuiamo così, non andiamo da nessuna parte.
EliminaIo sono d'accordo con voi, per Dio, lo capite o no?
L'ambiente mi interessa, sapete com'è, vivo anch'io su questa cazzo di Terra e vi sotterrerò tutti, uno dopo l'altro, quindi gradirei che me la lasciaste pulita per quando potrò godermela senza rompicoglioni.
Il problema è uno e uno solo: certe frange (pseudo)ambientaliste in Italia danno subliminalmente o meno messaggi di politica economica di fortissima destra. Li ho chiamati pinochettiani, per capirci.
Perché lo facciano non lo so, il problema non è mio, il problema eventualmente è vostro (se siete amici loro, ma tu non credo che lo sia) e non ha nulla, ma proprio nulla, ma proprio nulla, ma proprio nulla, ma proprio nulla, ma proprio nulla, ma proprio nulla, ma proprio nulla, ma proprio nulla, ma proprio nulla, ma proprio nulla, ma proprio nulla, ma proprio nulla, ma proprio nulla, ma proprio nulla, ma proprio nulla, ma proprio nulla, ma proprio nulla, ma proprio nulla, ma proprio nulla, ma proprio nulla, ma proprio nulla, ma proprio nulla, ma proprio nulla, a che vedere con la sacrosanta tutela dell'ambiente e con le leggi della termodinamica.
Ha invece molto a che vedere con gli specchietti per le allodole, e voi dovreste preoccuparvene quanto me.
Seguirà post dettagliato su Savonarola, così capirete bene che tipo di operazione fascista sta facendo certa gente (che, non a caso, è contigua agli altri nemici della contabilità nazionale).
Ripeto: l'ambiente non c'entra, non devi farmi la lezioncina, stai tranquilla.
Non c'è nessun problema di scuole.
Rari i casi in cui non si possa dire che una "discesa vista dal basso somigli a una salita".
EliminaPer quanto attiene alle risorse, non si può creare nè distruggere.
Si può, però, trasformare. Le trasformazioni avvengono secondo determinate regole.
Restando alla superficie, si possono pensare trasformazioni reversibili (ad es. se riempio un bicchiere di acqua pura facendo poi ghiacciare posso essere indotto a pensare che dovrò morire di sete : così non è, perchè basta far sghiacciare e ritorno in possesso della preziosa acqua. Non posso invece ottenere lo stesso unico risultato di dissetarmi se uso acqua proveniente dal raffreddamento di un reattore nucleare).
Ci sono trasformazioni irreversibili nelle quali si parte da risorse che hanno certe caratteristiche per ottenere risorse che hanno caratteristiche diverse (in questo caso si può pensare di percorre la salita e poi, invece di voltarsi indietro e accorgersi della discesa, guardare la discesa al di là, fatti salvi eventuali imprevisti, sempre da considerare).
Buongiorno Professore, la leggo da circa un mese e sono già un appassionato del suo blog e un entusiasta sostenitore delle tesi che lei esprime e argomenta.
EliminaIntervengo quì per la prima volta perchè sono da sempre interessato alle tematiche ecologiche e ai limiti delle risorse e mi sembra che in questo caso lei sia entrato in questo argomento. Partendo dalla sua critica alle tesi della decrescita e alla necessaria diminuzione del PIL, volevo chiederle cosa ne pensava invece delle analisi che erano state condotte dal gruppo di Meadows che avevano portato al rapporto "Limits to growth" nelle sue varie versioni e aggiornamenti.
Io l'ho letto alcuni anni fa e mi sembra che in quel caso gli autori non concludevano che fosse necessaria una decrescita intesa come diminuzione del PIl, ma che la limitazione delle risorse avrebbe condotto a un rallentamento della crescita materiale e che l'unico scenario sostenibile sarebbe stato quello di una stabilizzazione. L'approccio era sicuramente scientifico, perchè gli autori erano scienziati, ma volevo chiederle se in un simile scenario la crescita del PIl potrebbe comunque avvenire dato che, anche se il consumo di risorse materiali fosse costante, gli altri fattori immateriali che agiscono sul PIL (istruzione, sviluppo dei servizi, maggiore efficienza etc..) possono continuare ad agire.
La ringrazio in anticipo
Guglielmo Magri
Io vorrei tanto sapere se certe persone sanno qual è la quota del secondario sul Pil. Così, per curiosità. Certo che se si continua a diffondere l'equazione pil=ciminiera fumante, difficile credere alla buona fede (soprattutto se subliminalmente arriva il messaggio sprsapubblicabrutto) e impossibile stabilire un dialogo. Io mi sono limitato a sollevare questo problema di medio periodo. Dopo di che, nel breve ritengo che le priorità siano altre, e questo blog prova che non sono il solo a ritenerlo.
EliminaPiccola segnalazione tecnica: il link "l’unica cosa veramente di sinistradetta in Italia negli ultimi quaranta anni" non manda direttamente al video perché c'è una parte in più sull'indirizzo web.
RispondiEliminaBuona serata.
Vito
Per Silco:
RispondiEliminaMa io sta cosa ( che percepisco anche in alcuni commenti agli articoli del prof sul FQ) che un' eventuale nuova lira ( cioè una moneta svalutata del 20% rispetto ad ora ) serva SOLO alle esportazioni proprio non la capisco.
Ma un latte italiano(meglio ancora se di filiera corta ) rispetto a un latte tedesco ( che va di moda nei negozi bio ) è più conveniente al consumatore italiano con la moneta nazionale o col cambio rigido? E una media macchina italiana rispetto a una media macchina tedesca?
La farò semplice ma io vedo molti ancora più vantaggi nel mercato interno.
A me sembra talmente evidente che devo dare per scontata la malafede in chi non la capisce. Del resto, anche Marco Basilisco, pur avendomi dato del saccente ecc., concorda con la malafede dell'interlocutore. Non ci possono essere altre spiegazioni razionali, e quelle irrazionali ci spalancano un abisso di latenza di senso nel quale non vorremmo nemmeno affacciarci.
Eliminaa questo punto uno potrebbe anche incazzarsi.
RispondiEliminacome dire al comandante della brigata garibaldi in val d'ossola mi raccomando teniamo puliti i sentieri.
l'€ e fascista e basta e come dice bagnai con i fascisti non si argomenta( lo letto in um post mi pare dopo un incontro a napoli mi pare) ci si scontra e si lotta
...e soprattutto ricordatevi di gettare i bossoli nel bidoncino della differenziata...
EliminaTroppo bella! Posso appropriarmene? :)
EliminaSi si prof tutte quelle parole e nemmeno una figura che due palle... meglio una roba così no?
RispondiEliminahttp://video.repubblica.it/dossier/crisi-euro-merkozy/portogallo-la-crisi-spiegata-ai-bimbi-come-una-favola/103423?video
Scusi professore,
RispondiEliminanon riesco a capire quello che scrive Viale... dopo due o tre frasi il cervello mi va in apnea, si spegne, si addormenta...
“Fuori o dentro l’euro? Non è una decisione che dipende da noi, qualsiasi cosa si intenda con quel «noi». Ma è comunque una scelta ineludibile per la costruzione di un programma di governo e, soprattutto, preliminare alla costruzione delle forze necessarie per potersi porre il problema del governo.”
Fuori o dentro l’euro? La risposta dipende da non si sa chi. Ma la risposta deve essere data per poter decidere quali forze sono necessarie per poter aspirare al governo sulla base di un programma che contenga quella risposta.
Un altro che aspetta la chiamata di Bersy?
P.S.
Oggi niente di nuovo dal fronte quotidiano... i troll sono diventati improvvisamente muti. Ma ieri i moderatori hanno davvero dato i numeri eliminando intere discussioni senza motivo. Probabilmente sarebbe meglio abolire del tutto la moderazione.
E' evidente che loro sono in malafede! occorre veicolare il + possibile questi ed altri contenuti di base in materia di economia CHE MANDANO A GAMBE ALL'ARIA IL SIG. VIALE DI TURNO!! il problema è: 1) come arrivare al grande pubblico??? 2) avranno voglia di ascoltare???
RispondiEliminaSembra che si profili un Monti bis! Atteso che, come si è detto in precedenti post, non esiste tecnicamente un punto di rottura, credo ci avviamo ad una lunga agonia (avete presente i malati cronici? si consumano lentamente!).
@ mauro castagna 22 agosto 2012 22:42
EliminaCredo ci sia un malinteso. Non è che «non esiste tecnicamente un punto di rottura». Alla peggio ci sarà almeno quello ben noto : «La leva, si verificò più tardi, agisce in entrambi i versi.»[*]
Il punto è che la leva viene azionata in luogo diverso da quello in cui manifesta i suoi effetti. Sarebbe quindi assai desiderabile (per noi) mettere sabbia negli ingranaggi quanto prima possibile.
[*] Il grande crollo - John K. Galbraith
Mi può dire dove posso informarmi per capire meglio le sue critiche a Latouche e alla decrescita?
RispondiEliminaSono un po' ambientalista e molto ignorante, inoltre non ho ancora finito di leggere Oltre l'austerità.
Rimango.
Guardi la mia risposta a Debora. Io non critico Latouche perché non lo conosco. Critico l'approccio basato su uno slogan che non ha alcun senso economico, e soprattutto l'uso che se ne fa in Italia da parte di certi personaggi.
EliminaPremettendo, a proposito dell'egr. Basilisco, che l'entropia di un sistema chiuso e' crescente a prescindere dalle politiche ambientalistiche (e di che termodinamica parliamo? Classica? Statistica? O di termodinamica degli stati di non equilibrio, che forse sarebbe piu' calzante, visto che gli esseri umani l'equilibrio lo raggiungono nella tomba?), leggendo quanto scritto da Viale allibisco. E' la malignita' nel mio sguardo a farmi percepire certe uscite (il gia' abbondantemente citato "fuori o dentro") come dichiarazioni di una vigliaccheria politica allucinante? Serve molto a sottoscrivere un semplice asserto cioe' che il cambio fisso e' di destra A PRESCINDERE dal fatto che per l'Italia lo abbia voluto Prodi? Dovrebbe essere una questione dirimente, come si dice, altro che dentro finche' conviene (quando e' gia' insostenibile) oppure no (se l'euro implode, se la germania si stacca e via dicendo, basta che posizione e decisione non siano nostre). Alla faccia dell'autodeterminazione.
RispondiEliminaNotevole il discorso sulle esportazioni italiane. Che diavolo vuol dire "Quelli che esportano tanto esportano comunque"? Che visto che siamo bravi possiamo beccarci il cambio fisso (e tutt'ora sfavorevole col dollaro), una pressione fiscale abbondantemente sopra il 50% etc etc tanto ce la facciamo comunque, bene o male? Mavaffanzum a lui e a chiunque parli di svalutazionecompetitiva.
Grazie professore,
RispondiEliminain effetti, dopo essere stati raggirati tante volte, quando si sentono tante belle parole viene il sospetto che si tratti demagogia, ma a volte non ho le competenze per giudicare.
Viale e Alba Dorata non sapevo neppure che esistessero, comunque sulla sostenibilità ambientale (nell'ambito del disegno industriale) avevo dato un esame e sapevo che spesso sotto le etichette ECO VERDE BIO... c'è solo puro business e ottimo marketing.
Da un po' scelgo prodotti italiani e se possibile locali (cellulare e computer a parte...)
La cosa più triste e grave è che a furia di utilizzare questi begli ideali con finalità di lucro, si finisce con l'intaccare la fiducia negli ideali stessi.
Per fortuna lei ci seppellirà tutti, perché mi fido solo di lei!!!
Quando avrà tempo per cortesia mi può dire se conosce e cosa ne pensa di Noam Chomsky? So a malapena chi sia, volevo sapere se vale la pena di approfondire o se è fuffa pure lui.
GRAZIE!
Salve prof.
RispondiEliminadopo alcuni giorni senza accendere il computer, devo dire che leggere questo articolo mi ha veramente divertito, ma allo stesso tempo mi ha fatto ribollire il sangue.
La ringrazio per il modo in cui ha descritto tale don abbondio, uno dei tanti purtroppo a rappresentare un intellettualismo di sinistra che, invece di rappresentare gli interessi dei salariati e del sistema produttivo, fa oggettivamente gli interessi della finanza, delle grandi banche del nord Europa e delle grandi multinazionali, pronte a rilevare altri pezzi importanti del nostro tessuto industriale particolarmente appetibile.
Non aggiungo altro per carità di patria.
Un saluto dalle vacanze
Forse non sanno o non si sono accorti che la III legge della dinamica è valida anche in economia...
RispondiEliminaA proposito di sinistra che fa politiche di destra. Ecco un ammissione del sig. D'Alemone:
RispondiEliminahttp://www.youtube.com/watch?v=rlO82DYxLas
Questa e' la gente che vorrei scomparisse dal panorama politico, e se possibile andasse a fare danni altrove.
Mi ricordo che un tempo si parlava di sviluppo sostenibile, ovvero di un paradigma politico votato al perseguimento di tre obbiettivi: salvaguardia ambientale, equità sociale intra ed intergenerazionale ed efficienza economica (detto a mò di bignami). Era stato dichiarato in pompa magna come obbiettivo primario dell'umanità dall'ONU, mica cazzi.
RispondiEliminaOra, so che il concetto è stato sterilizzato dal suo uso improprio ad opera di loschi figuri come quei tizi della banca mondiale, o come il sig. Clini, ma continuo a non capire cosa abbia di male in sè e per sè, tanto da meritarsi di essere bandito dal discorso ambientalista.
Ho l'impressione che, non avendo le palle di mettersi a combattere una guerra di posizione per mantenere il controllo simbolico sul concetto di sviluppo sostenibile, questo professorini si siano costruiti il loro ghetto ideale chiamato decrescita, finendo per credere davvero che fosse una bella pensata (Latouche e Pallante ci campano, quindi per loro è sicuramente una bella pensata).
Io penso che non sia questione di malafede questo contorcersi generale dei sinistronzi; bensì che sia il perpetuarsi di una vigliaccheria, di fronte all'alto livello di violenza insito nella politica all'epoca del Washington Consensus, così introiettata e densa di autogiustificazioni mor(t)ali, teoriche e di status, da avere completamente offuscato qualsiasi lume della ragione e principio di coerenza.
E' un vero e proprio vicolo cieco nell'evoluzione culturale della specie che sta portando rapidamente alla sua estinzione.
Indicare Syriza come modello, lo trovo molto triste. Syriza secondo me ha avuto il grande pregio di rimanere coerente su determinate scelte politiche (e la coerenza non la si disprezza mai), ma ha avuto il non piccolo problema di non indicare una exit strategy in merito all'euro. Non lo dico io ora, lo dicevano svariati osservatori politici greci prima dell'ultima tornata elettorale.
RispondiEliminaQuella di Syriza non è stata una trionfante ascesa elettorale, ma una sconfitta, che costerà, presumo, molto caro ai greci. Syriza in questo è stata molto piddina: ha chiesto in modo chiaro la messa in discussione del Memorandum, ma non ha espresso una posizione contraria all'euro, e cosa ancor più grave non ha detto che cosa avrebbe fatto in caso di vittoria elettorale e di uscita forzata dall'EZ.
Se ora si pensa di replicare questa ambiguità di fondo, beh... auguri!
Persino sindacalisti come Landini hanno risposto con PIU' EUROPA!
Mai nessuno che invece invochi PIU' DEMOCRAZIA!
Riguardo ad Alba, mi dispiace leggere che utilizzano il pensiero e il linguaggio di Deleuze&Guattari ("riterritorializzazione" ecc) per fare supercazzole ecologiste economicamente inconsistenti. Come se i filosofi francesi avessero ignorato il ruolo del cambio fisso nei conflitti imperialistici.. esempio: leggo Sartre che parla della sua permanenza a Cuba, e parla solo di quello! Intendo dire: non solo non hanno letto "Oltre l'austerità", ma non hanno letto (o forse non hanno capito) nemmeno gli autori che citano per confutarvi. Che tristezza.
RispondiEliminaForse l'apposizione "leninista" che Basilisco mette al suo pensiero ha in qualche modo a che fare, oltre che essere una sorta di petizione sentimentale di natura generazionale verso una storia dalla storia superata, con un'obiezione mossa da Piga che mi ha fatto riflettere, ovvero se l'uscita (per me imprescindibile) dall'euro avverrà in compagnia dei soliti noti, ossia banchieri e "poteri forti", per dire con un eufemismo, perché il potere o è forte o non è. Ora, credo di capire la ragione "screditante" ogni ipotesi di fuoriuscita per cui Piga ha formulato la sua obiezione, ma il dilemma a mio avviso resta. Ed è un dilemma che naturalmente investe l'aspetto politico della questione, ma che ha corso anche in questa sede nel momento in cui lei, Profe, muove delle (giuste) critiche agli ortotteri o a quelli di Alba, che sono critiche complessive di natura squisitamente politica. Ecco perché mi sembra che il "leninismo" a cui si appella Basilisco appartenga sì a una storia superata, ma ancora latente, per quanto concerne almeno l'élan politico-rivoluzionario.
RispondiEliminaSul decrescismo invece non ho molto da dire perché non l'ho mai studiato in modo approfondito. So solo che anni fa partecipai a un seminario ristretto con Latouche nella foresteria di un convento toscano, e non mi parve affatto un ciarlatano et similia, ma faceva analisi convincenti.
Buon pomeriggio prof.
RispondiEliminale chiedevo se può indicarmi qualche articolo per potermi informare in merito all'argomento che ha accennato nell'articolo:
I modelli di crescita economica, del resto non prevedono una crescita eterna del prodotto...
La ringrazio
Che ne pensi di questa analisi ?
RispondiEliminahttp://www.soggettopoliticonuovo.it/2012/05/24/la-crisi-europea-atene-lo-spettro-della-dracma-tonino-perna-il-manifesto/
Grazie.
Secondo te che ne pensa?
EliminaHai letto questo?
"Ma la storia non riporta indietro l’orologio, come si fa con l’ora legale, ritornando alle condizioni di partenza. Il ritorno alle monete nazionali dracma, peso, lira, escudo avrebbe effetti devastanti almeno nel breve-medio periodo: iperinflazione, fuga dei capitali all’estero, impoverimento ulteriore dei ceti medi e della classe operaia. Ed è proprio tenendo conto di tutte queste conseguenze che un partito di sinistra radicale come Syriza non vuole uscire dall’euro, ma rinegoziare le condizioni con cui rientrare dal debito. Stesse posizioni sono presenti, sia pure minoritarie, anche in Italia, Spagna e Portogallo. Tenere insieme, in un nuovo patto sociale, le popolazioni europee è la via d’uscita da Sinistra alla crisi epocale del vecchio continente
Non voglio mettermi nei panni del prof., ma la sua risposta mi sembra scontata.
Certo, per la Grecia la situazione è difficile, ma quando si sparano dati come inflazione minima del 30% senza un minimo di dati a supporto, viene difficile prendere sul serio l'articolo.
...E non ci scordiamo le politiche postkeynesiane fuori tempo massimo, quelle come il prezzemolo non mancano mai!
EliminaScusa Sandro, ma hai letto quello che ha scritto Pittagyro alcuni post sopra il tuo? Lì c'è come stanno le cose, nell'articolo che hai postato c'è tutta la retorica del terrorismo sull'uscita dall'euro mascherato da solidarietà fra "cugini", perfetta per un mondo delle fate e degli gnomi, mentre nella realtà i greci li stanno spolpando con la connivenza anche di questi qua, purtroppo.
Quanto ha ragione il prof. quando scrive che l'euro è un progetto intrinsecamente fascista! Lo dirò anch'io d'ora in poi, visto che tanto non c'è niente da fare almeno togliersi la soddisfazione di chiamare le cose col loro nome, finalmente!
Prova a rileggerti le due cose una dopo l'altra e se dopo avrai bisogno di una mano per spedire "democraticamente" quest'ennesimo analista da salotto buono in Grecia a nuoto per vedere come se la passano anche senza bisogno di uscire dall'euro, chiamami pure perchè vengo io.
E anche Viale, scusatemi, è vergognoso perchè strumentalizza alcune idee anche condivisibili (ma la situazione attuale è quella di paesi fatti decrescere a forza e infelicemente), per far passare il solito messaggio: "comunque dall'euro non si torna indietro."
Anzi è ancora peggio perchè si mette su posizioni attendiste, stile, vediamo come tira il vento politico che poi ci accodiamo.
A complemento delle parole equilibrate e profonde di Emanuela, aggiungo che ho già detto più volte cosa penso del Manifesto e di chi ci scrive, esprimendomi in modo piuttosto esplicito. Chi mi chiede di esprimermi su un discorso chiuso e piuttosto penoso è evidentemente uno squallido provocatore. Mi riparlerete del Manifesto, a vostro rischio e pericolo, il giorno dopo in cui il titolo della prima pagina sarà esattamente questo: "Abbiamo sbagliato a fate un dibattito pro-euro nell'agosto del 2011, siamo stati delle merde e dei traditori del proletariato e ce ne vergognamo". Il giorno dopo gli do anch'io l'elemosina. Fino ad allora, se volete, parliamo di scarafaggi, pantegane, lombrichi, insomma: di creature utili. Sed de hoc satis...
EliminaFaccio una domanda, per capire bene la dinamica.
RispondiEliminaIl modello di minsky spiega che il "displacement" causato dalla adozione dell'euro e dal conseguente azzeramento del rischio di cambio nell'euro-zona, ha dato il via ad un flusso incontrollato di capitali che, dal centro, sono finiti in periferia a gonfiare bolle di debito privato.
In questa fase (chiamiamola "ascendente") l'euro ha svolto un ruolo utile ai grandi interessi dei grandi capitali del centro.
Ma ora, ora che ci troviamo dopo il "minsky moment" e le bolle sono scoppiate, ora che i paesi della periferia sono costretti a violente politiche di austerity per poter salvare le banche e socializzare le perdite, ora la periferia non "assorbe" più i prodotti e i capitali del centro, che funzione svolge l'euro ?
Sicuramente una funzione diversa da quella della fase ascendente del ciclo. Ma quale ? E, soprattutto, a chi conviene ora ?
Forse nella fase discendente l'euro non è più "necessario" (per il centro, intendo) e potrebbe essere tentato di sganciare i paesi della periferia perchè ormai non sono più in grado di assorbire il surplus commerciale del centro ?
Anzi, forse uno sganciamento dall'euro potrebbe ulteriorimente facilitare l'ultimissima fase del ciclo e cioè l'annessione FISICA della periferia da parte del centro con acquisti massicci di assets e patrimoni pubblici a prezzi di saldo ?
Cioè: non è che uscire ADESSO dall'euro finisce per essere la beffa dopo il danno e favorisce di nuovo gli interessi del centro a scapito della periferia spolpata ?
Pongo questa domanda a tutti gli amici di goofy perchè non riesco a darmi una risposta da solo e perchè credo che questo sia un aspetto cruciale.
Cioè c'è un momento per entrare e un momento per uscire.
Non saremmo dovuti entrare allora, questo è sicuro.
Ma è conveniente uscire ADESSO ? (per la periferia, intendo)
Complimenti, Sandro. Vinci il Brancaccio di stagno alla convention dei cerchiobottisti bandwagoner. Hai letto qualche post di questo blog? O è la prima volta che passi da qui? Ma chi cazzo te l'ha detto che usciamo per svendere? Non è sufficientemente chiaro che stiamo già svendendo, e che solo uscendo da euro e da UE possiamo difenderci? Salutami Guido, quando li incontri, e buona fortuna. La pattumiera della SStoria è grande, e la compagnia è ottima.
EliminaCi riprovo, senza demordere.
RispondiEliminaLasciamo stare la "svendita" facilitata dalla svalutazione (in un tuo post tu hai spiegato che gli asset sono GIA' molto svalutati anche del 60% e quindi una svalutazione monetaria porterebbe ad un ULTERIORE - ma molto esiguo - deprezzamento).
Si tratta di un fenomemo del second'ordine che possiamo trascurare. Hai ragione.
La sostenza della mia domanda ERA diversa. La riformulo perchè NON ho capito la risposta e sono testardo.
Se l'euro è servito ai capitali del centro durante la fase di BOOM (azzerando il rischio di cambio), in che modo è utile al centro in questa SECONDA fase del ciclo in cui il boom è finito e non ci sono più bolle da alimentare e far scoppiare ?
Cioè, chi si sta avvantaggiando dell'EURO ADESSO ? (e sottolineo ADESSO). E come ? Che funzione svolge l'EURO ADESSO, in questa seconda fase ?
Siamo sicuri che alla Germania non possa convenire che ADESSO la Grecia si sganci perchè non le serve più che stia dentro ?
L'ho formulata meglio ? E' una domanda degna di risposta ?
Ovviamente decidi tu che sei il padrone del Blog.
;-)
Evidentemente ti sfugge che grazie all'euro la Germania è in grado di imporre cessioni di sovranità ai suoi fratelli europei. Ma perché a voi intellettuali di sinistra sfugge sempre la dimensione politica dell'euro? Perché il tuo water Branka dice che l'euro NON ha funzionato? Perché tu (e lui) non vedete quello che Emanuela (e tanti altri) vedono, cioè che la Germania sta rifacendo con noi quello che ha fatto coi fratelli dell'Est? E voi siete i fini politici, quelli dotati di visione! Però!
EliminaSandro, tu mi stai simpatico e non so perché. Esci da Alba e tira la catena. Perderai meno tempo e l'Italia sarà migliore. A questi qui non basta aver tradito una classe (il proletariato). Ora vogliono tradire un intero paese. Sono fatti loro. Preferisco non saperlo. E i loro casi di scuola sottoponili a economisti da 30 denari. Ce n'è abbondanza, pare. Io ho altro da fare.
Anche tu mi stai simpatico e non so perchè :-)
RispondiEliminaAnzi, lo so.
Mi stai simpatico perchè condividi la tua conoscenza in modo aperto e trasparente e facendo di tutto per farti capire. E' una qualità molto rara tra gli intellettuali di questo Paese. E io la apprezzo molto.
ALBA è un tentativo di cambiare la sinistra assieme a tanta gente (come te) che si è rotta le palle di QUESTA "sinistra".
Ed è uno spazio in cui si può parlare senza dare nulla per scontato, neanche l'Euro.
Perchè non c'è un vertice che decide la linea e una base che la "subisce".
Io lo so che non ti fidi "a priori" e hai le tue buone ragioni e la tua storia.
Però anche io ho la mia e ci tengo molto a fare i miei "errori" in buona fede e con la passione che riesco a metterci.
P.S.
Grazie, ora la risposta è più chiara. Diciamo che è uno spunto su cui posso lavorare.
Aggiungici un po' di carne al fuoco. Scaricati dal sito del FMI la bella pappardella sulla Grecia, compreso il famoso Memorandum e altri accordi collegati (li trovi tra gli allegati dalla pagina 102 in poi), capirai molto bene PERCHE' conviene ancora per un po' tenere la Grecia nell'EZ.
EliminaFigurati se non mi rendo conto del fatto che sai sbagliare da solo! Ci mancherebbe. Speravo, caso mai, che tu sbagliassi con più originalità. Questa storia del partito aperto, fluido, che si costruisce dal basso, è stantia, non fa più ridere. Se la racconta la base grillina, senza sapere che i vertici decidono tutto nel tinello di Beppe. Avrete un tinello anche voi, dove si decide, e in quel tinello purtroppo non ci sei tu ma Viale. Fra tre mesi verrai a dirmi che avevo ragione. Non ci scommetto, perché non si mischiano sentimenti e denaro (se è poco).
EliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
EliminaNella tua risposta ad un commento di Viale sul Manifesto del 13/09/2011 ( http://www.ilmanifesto.it/archivi/commento/anno/2011/mese/09/articolo/5350/ ) scrivi:
RispondiElimina<<
Io non dico da nessuna parte che l’Italia “dovrebbe uscire” dall’euro. Dico (1) che non ci sarebbe dovuta entrare; (2) che l’euro esploderà per colpa della Germania; e (3) che questo non sarà una tragedia perché il recupero dell’autonomia monetaria e valutaria doterà gli stati di strumenti utili per reagire a shock esterni come l’ultima recessione mondiale.
>>
Adesso, a distanza di un anno, risponderesti in modo diverso ?
Nel senso che - viste come sono andate le cose negli ultimi 12 mesi e come stanno precipitando - secondo te l'Italia dovrebbe uscire al più presto senza aspettare la fine "naturale" dell'Euro ?
Vedo che vogliamo continuare il gioco delle domande delle quali non si vogliono capire le risposte. La risposta in questo caso è: "Certo! Infatti ho telefonato al presidente Monti per dirgli di farlo, ma stranamente ancora non lo ha fatto".
Elimina@Sandro, scusate se mi inserisco. Qui:
Elimina"http://vocidallagermania.blogspot.it/2012/08/lexport-tedesco-continua-crescere.html?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed:+blogspot/mlmqBS+%28Voci+dalla+Germania%29>
trovi qualcosa che spiega il perchè ai teutoni fa ancora comodo una moneta insieme ad altri Paesi ormai spremuti:
-intanto non sono ancora spremuti del tutto;
-sono pur sempre dei discount per comprarsi roba scontata (Ducati);
-ci trasformano in fabbriche cacciavite, ma questo l'ha gia sottolineato qualche post precedente;
-ma SOPRATTUTTO, favoriti da un €/$ a 1,3, aumentano le esportazioni FUORI dall'Europa.
L' EURO è una moneta sovraprezzata per la nostra economia. Il tasso di conversione 1936 lire/1 euro ci ha strozzato. Ha distrutto risparmi pensioni e stipendi a tutti. Ha devastato l economia. Ci ha imprigionato dentro la spirale dell indebitamento con l estero per finanziare le importazioni.In un sistema di cambio rigido infatti se un Paese compra all estero più di quanto venda, non avrà alternative che farsi prestare dall estero la differenza. Il deficit di bilancia dei pagamenti quindi porta a contrarre debiti con l estero. E qui l EURO assolvendo al compito per il quale è stato pensato, traccia il solco verso l inferno. Infatti l Euro non consente ai Paesi in difficoltà di svalutare, lasciando alla Germania il monopolio delle esportazioni. D'altrocanto con lo scudo dell Euro, la Germania evita che la sua moneta si rivaluti notevolmente, come invece dovrebbe accadere ad un Paese in fortissimo surplus commerciale con l estero. L euro in pratica rende impraticabile ogni possibilità che permetta ai Paesi in crisi di rialzarsi. Si finisce dentro la crisi e non se ne può più uscirne. Chi è in difficoltà, andrà ancora e sempre più giù, strozzato dal dover ripagare gli interessi sull indebitamento con l estero. L austerità e i sacrifici si rivelano inutili e peggiorativi. Inutili perchè il ricavato delle tasse e il risparmio dei tagli al bilancio, vanno direttamente a finire in un buco nero, che li risucchia per andare a pagare gli interessi sul debito estero. Peggiorative perchè è pura follia poter pensare alla crescita, all aumento della domanda e dei consumi se adotti la politica di licenziare e tagliare stipendi e pensioni. E perchè alla fine tra cassa integrazione, sussidi di disoccupazione, minore introito fiscale ( chi viene licenziato e una azienda che chiude non pagheranno più le tasse) il debito aumenterà. E infatti è già aumentato dal 120 al 123 %. La Grecia non verrà fatta uscire dall euro, perchè se questo accadesse adotterebbe nuovamente la Dracma, e il debito si svaluterebbe sgonfiandosi come un palloncino. E' importante capire che simile discorso vale anche per l inflazione : una Bce sul modello Fed "potrebbe" creare inflazione. E questa opzione della Bce non sarà mai ammessa. Perchè potrebbe creare inflazione e quindi ridurre di valore il debito. I tedeschi si troverebbero nella condizione di aver prestato una moneta buona, e di vedersi tornare indietro una cattiva, nel senso che hanno prestato una somma con la quale acquistare una certa quantità di beni, e ora incassano la stessa somma con la quale, però, acquistare una quantità di beni minore, essendo aumentati i prezzi. Poi ci sarebbero i salvataggi delle banche ( debiti privati )che vengono accollati allo Stato diventando debiti pubblici. La Spagna ne è un fulgido esempio. Poi ci sarebbero il Fiscal Compact, e poi il Mes, il pareggio di bilancio e altre bestialità economiche simili. Insomma la frittata ormai è fatta. Non resta che aspettare il punto di rottura. Quando sarà ?? Forse quando la disoccupazione toccherà punte del 20/ 25 % come negli anni 30.
RispondiEliminaOk, anche a sinistra della sinistra millantatrice ci sono prevalentemente intellettuali da salotto, che non sentono il dolore ma ne sentono parlare. Bagnai, questa storia la stiamo capendo. Abbiamo forse capito, se ce lo consenti. Non starei sul tuo blog insieme a Sandro se non condividessimo le tue analisi. Bene, per il resto chi ha voglia di cambiare ha voglia anche di agire. Non c'è solo un problema di analisi politica ed economica, o di informazione e controinformazione. C'è un problema politico. Ho 50 anni ed io, figlio di metalmeccanico, ho potuto studiare grazie a quel welfare discutibile che oggi è disintegrato. Il paradigma di riferimento per me è ancora: conoscenza, coscienza e azione. Per quanto mi riguarda, la moneta unica in Europa, strumento privilegiato a tutela di interessi oligarchici di estrema destra, può andare direttamente a fare in culo. Non ti accanire con chi ha voglia di mettere allo scoperto ipocrisie e sinceri convincimenti, se ci sono. Tu ci offri uno strumento di analisi non neutrale, ma finalizzato a obiettivi politici condivisibili, perchè, mi pare,non sei un fascio, nè un populista ma un sincero riformista. Bene! Ci dici chi, oltre noi che ci riconosciamo in questo pensiero che tu esponi, deve interpretare e trasformare in azione politica questo complesso e faticoso processo di analisi storica ed economica ? Ammettiamo pure che certa sinistra fiacca, per pigrizia, opportunismo o ignoranza fa finta di non sentire da un certo orecchio. Prendiamone atto senza prenderci la briga più di tanto di verificare se effettivamente qualcuno ha capito e qualcun'altro fa finta di non capire. Qual'è la fioritura politica dell'agire nella storia in relazione ad un'analisi che tutti su questo tuo meritevole blog, condividiamo? Questa domanda, merita una risposta?
RispondiEliminaSi Prof., Monti stranamente non l'ha fatto, ma ha subito telefonato ala Merkel chiedendo che lo facesse lei. Stranamente neanche la Merkel l'ha fatto. Però ha subito chiamato Samaras che gli ha risposto che i greci hanno chiesto di restare dentro. Sic!
RispondiEliminaLa mia opinione è che il giugno scorso si sarebbe potuto verificare il punto di rottura, ma non è stato ("non era quello il giorno"). A noi toccherà il prossimo anno. Ma dubito che andrà diversamente.
Perciò credo che il Prof. pensi alla Germania. Una cosa è dire ai propri elettori : ci abbiamo provato, per dieci anni ci è andata come volevamo, ora non ci conviene più. Un'altra è dire ai propri elettori : abbiamo sbagliato tutto, ci siamo fatti fregare e vi abbiamo fregato, abbiamo perseverato fino alle estreme conseguenze ora però abbiamo capito e cambieremo ....
abbiamo studiato la nostra posizione geografica, periferica per l'europa ma centrale per il mediterraneo, quindi non torneremo alla lira, stiamo promuovendo il MEM (mercato comune mediterraneo) con una nuova moneta unica (il medit). Da lunedì prossimo saranno disponibili i nuovi kit ...
"abbiamo studiato la nostra posizione geografica, periferica per l'europa ma centrale per il mediterraneo, quindi non torneremo alla lira, stiamo promuovendo il MEM (mercato comune mediterraneo) con una nuova moneta unica (il medit). Da lunedì prossimo saranno disponibili i nuovi kit ... "
EliminaAvevo già sentito parlare di quest'idea, ci sono proposte concrete o è solo una fantasia e tale è destinata a restare?
Non ho niente niente contro il nord Africa, anzi potrebbe essere un'ipotesi interessante... sono assolutamente innamorata del Mediterraneo, ma a sentir parlare di un'altra moneta unica, mi viene un po' di nausea, non so a voi.
Non so chi l'abbia detta questa cosa del MEM, mi sembrava uno scherzo, fino all'editoriale di Scalfari di oggi,. La proposta più sensata a me sembra sempre quella di Bootle: al Nord si facciano il Neuro, e al Sud ognuno per sé. Non voglio diventare la Germania della Grecia.
EliminaProfessore, ma se ho capito bene ci sarebbero anche i paesi del Nord Africa (con il petrolio) quindi non è affatto detto che saremmo noi la Germania.
EliminaComunque in linea di principio sono assolutamente d'accordo con lei: non è importante chi è il lupo, ma non ricreare un sistema lupo-agnelli.
Se quelli del Nord vogliono continuare insieme, facciano pure, Neuro mi sembra proprio un bel nome (da manicomio).
Chiedo scusa, era uno scherzo, fra l'altro intendevo scrivere MCM e non MEM.
EliminaOggi però leggendo il domenicale di Scalfari, ho conferma della mia scarsa immaginazione, la realtà mi supera abbondantemente.
Tra l'altro, a proposito dell'editoriale, l'ho trovato di tono particolarmente dimesso, rassegnato.
Impietoso (e un po' duro da digerire per chi come me all'epoca berciava slogan sconclusionati sottobraccio con lui)... tuttavia amicus Viale sed magis amica veritas.
RispondiEliminaSai, io sono un superficiale, seguo le mie impressioni, ma se lo dici tu che lo conosci...
Elimina@Sandro:
RispondiEliminauscendo svaluti ma sarebbe una cosa una tantum.
la domanda è: ci sarebbe un modo per controllare meglio le svendite dopo che te ne esci dall'euro?
quindi le risposte potrebbero essere date
opzione maledetta: rimaniamo nell'euro.
oggi siamo a -5
domani a -3
insomma, tra 2 anni saremo a meno 50.
Cosa conviene? un meno 25% adesso e basta e un -50% accumulato in 2-3 anni senza poter far nulla per difendersi (saremmo sempre nell'euro)?
la Grecia esce dall'euro?
svaluterebbe del 40% almeno ovvero visto al contrario del 65-70%.
vuol dire che le auto tedesche costerebbero ai greci il 65-70% in più.
la Germania venderebbe 4 cosette in Grecia.
poi usciremmo noi.. bla bla bla.
le dinamiche sono cose differenti dalle analisi super fisse
@Sandro
RispondiEliminail prof dice bene però quando ti indebiti per pagare debiti e interessi in aumento, tutti questi soldi a chi vanno?
ecco a chi vanno le nostre tasse!
quando tagli e crolla il PIL cosa succede? succede che ammazzi i diritti!
e quando svendi gli asset e ti aumentano le tariffe, perdiamo dividendi ed occupazione come la combiniamo?
magari fosse tutto molto semplice.
Oh, quando il Nord ha conquistato il sud oltre a rifilargli il debito (sì, come quello della riunificazione tedesca!) si è preso le aziende.
sarei curioso di sapere i rapporti di cambio per questa unità nostrana
@mariof e @valsandra grazie per i vostri suggerimenti !
RispondiEliminaCaroProfessore, non si può essere di sinistra e neoliberisti allo stesso tempo, e fin qui la cosa è ovvia, anche se nei fatti poi non succede. Non succede perché la contraddizione di voler restare nell'euro viene venduta a "sinistra" per teoria nell'ambito di quello che tu, professore, chiami tinello. Il passaggio successivo vede uno spostamento dal tinello al salotto: la contraddizione si maschera da pensiero intellettuale nel la redazione di un giornale apparentemente insospettabile come il Manifesto che ospita articoli di alcuni intellettuali allineati in assenza di contraddittorio. Ma tu questo lo sai. Generici appelli alla solidarietà e benevoli auspici per una società migliore ed ecosostenibile diventano patetici e infondati se contemporaneamente si sostiene il pensiero unico della permanenza nel sistema della moneta unica. Noi siamo con te, professore! E sappiamo che non possiamo stare con due piedi in una scarpa. Il problema politico è anche quello di aprire gli occhi a coloro che li vogliono aprire e che fin'ora si sono bevuti una serie di cazzate. Tu dirai che non è più un tuo problema, che l'alba è già tramontata e che se vogliamo infangarci ancora sono fatti nostri. Questo è comprensibile. Siamo fermi assertori dell'uscita dalla moneta unica per l'attuazione di politiche realmente alternative: questa è una conditio sine qua non per l'appartenenza ad un'organizzazione politica e non è trattabile. Se alla fine saremo riusciti ad aprire gli occhi anche solo ad una persona, il nostro lavoro non sarà stato inutile. Non è il destino di ALBA il problema, ma il nostro. Se a volte ti vengono formulate domande alle quali indirettamente hai già risposto in varie parti del tuo blog, abbi pazienza. Stiamo facendo una lotta contro i luoghi comuni e il pensiero unico, informazione e controinformazione, perchè intendiamo aggregare politicamente persone attorno ai concetti di economia politica che tu stai divulgando. Quando dico noi, parlo a titolo personale mio e di chi lavora insieme a me su queste cose. Siamo però solo dei modesti portavoce e per niente autorevoli, visto che non frequentiamo i salotti. Ci imbattiamo in una serie di luoghi comuni e leggende, e ci difendiamo come possiamo attraverso le armi che tu ci fornisci. Se a volte ti vengono poste delle domande la cui risposta appare ovvia in questo contesto, è perché ti stiamo chiedendo aiuto anche a sintetizzare le risposte.
RispondiEliminaP.S. Non importa se pubblichi o meno questo commento, se ritieni che toglie spazio ad altri più utili. Io, noi, ti chiediamo sostegno a questa opera di divulgazione, attraverso risposte più o meno semplici a domande più o meno complesse, per aprire gli occhi a chi li tiene ancora chiusi e non si avvantaggia, come noi, della circostanza di seguire il tuo blog. Non ci sono altri fini se non quello di unire più persone attorno a questo pensiero.
Professore, ha ragione: non è nella nostra (attuale) natura sfruttare gli altri, altro che attuale Germania per la Grecia, Spagna, Nord Africa!
RispondiEliminaCuriosità: nel suo libro dedicherà un appendice ad un po' di contabilità nazionale?
così tutti questi equivoci (ok, ci sono i suoi articolari on line ma sa.. a noi piace il cartaceo) potrebbero sparire (o quasi!)
@Silvia
RispondiEliminama tutto dipende dalle dinamiche dei prezzi!
e nell'area Mediterranea siamo stati quelli più "bassi" rispetto a Spagna, Grecia, Portogallo.
non so con il Nord Africa ma il discorso è sempre questo..
e poi sarebbe sempre una guerra a chi ha i tassi di inflazione più bassi e deprime la crescita interna.
Bah
Ciao Valsandra,
Eliminasai che penso che dall'euro si debba uscire amici come prima e ognuno per suo conto (o al massimo con il neuro a nord del 47° parallelo). Però trovavo curiosa questa voce di una diversa (di)visione geografica che si rifà al Mediterraneo culla e centro della cultura.
Non voglio l'euro del sud, xché non voglio essere la Germania di nessuno (mi dà già dispiacere essere stata senza saperlo la Germania del sud Italia... a proposito professore se torniamo alla lira resterà il problema. Secondo lei quale sarebbe il modo migliore di risolverlo?) e soprattutto xché, dopo questa brutta esperienza, spero non ci parlino più di unioni monetarie per un bel po'.
Con i paesi del nord Africa poi la trovo un'ipotesi fantasiosa in tempi brevi. Ne sono contenta, perché solo a sentire parlare di moneta unica mi vien la nausea... cominciamo a uscire da questo cesso di euro!!!
Caro Professore,
RispondiEliminasono d'accordo con lei che gli ambientalisti della domenica facciano più danni che altro, ma devo dirle che alcune cose del suo ragionamento non mi convincono.
E' vero che il Pil misura il valore e non delle quantità di materia ed energia consumate, ma la correlazione tra il Pil e la domanda di energia è fortissima. Questo ad esempio è un dato sull'Italia:
http://www.ergpg.it/CMS400Min/uploadedFiles/IL_GRUPPO_ERG/erg.pdf
Se dal punto di vista teorico è forse possibile immaginare un incremento del Pil disaccoppiato da quello di materie ed energia dovrà però ammettere che l'evidenza empirica al momento nega tale possibilità. Se non erro l'energia rappresenta circa il 10% del Pil mondiale, per cui essa dovrebbe diventare una frazione più piccola per ottenere una crescita compatibile con consumi stazionari (sempre che la popolazione mondiale non aumenti), consumi stazionari che all'attuale livello sono comunque eccessivi rispetto alle capacità del pianeta.
Saluti.
@Silvia
RispondiEliminasai la differenza tra la Germania (attualmente parlando) del Sud e la Germania di tutti gli altri?
che se uscissimo dall'euro potremmo spendere due soldi per permettere a chi vive al sud di trasferirsi al nord (dove si parla la stessa lingua, dove si tifa per la stessa nazione ai mondiali, dove si tifa per la stessa squadra del cuore e sport preferiti e dove sostanzialmente la cultura si è omogenizzata).
oggi come oggi uno che volesse trasferirsi al nord non può farlo!
servono 4-6 mesi per trovare lavoro e nel frattempo chi ha 10k e da buttare in questa avventura (bisogna campare o no)?
i risvolti di questa crisi sono bestiali! io tutto questa mobilità geografica non la vedo.
e so che trasferirsi al Nord non è cosa facile perché obiettivamente viverci non è uno spasso (media delle massime a Brescia a Gennaio è di 4 gradi mentre a Siracusa di 16.. fate voi la differenza).
Ma andare a vivere in Germania? e come si fa?
il Sud ha usufruito di massicci trasferimenti ed è stato ripagato (forse di più? chi lo sa!).
ma non credo che la Germania farà lo stesso..
Ciao Valsandra,
Eliminama l'emigrazione, anche se parliamo la stessa lingua, non è una soluzione.
Poi è vero che l'Italia del nord, a differenza della Germania, ha sempre pagato per il sud ma neanche questo ha risolto i problemi.
Mi chiedevo se esiste il modo di sviluppare l'economia del sud e di avere un certo equilibrio per evitare l'emigrazione obbligata, i continui trasferimenti dal nord (e gli odiosi starnazzamenti leghisti).
Mi piacerebbe però che l'Italia restasse unita come nazione; esiste una soluzione o sto chiedendo l'impossibile? Due monete (e due politiche economiche) sarebbero meglio di una? E' possibile averle all'interno dello stesso stato? O visto che hanno 16° di temperatura invernale media sono dannati alla povertà perpetua?! Non ti dico i giorni di pioggia e di nebbia poi... che sia un'inconscia e perfida forma di invidia? ;-)
@Silvia: ma non ti do torto!
RispondiEliminavolevo sottolineare che avere un mercato monetario unico comporta certe cose!
se tu studi giurisprudenza o economia e commercio e ti abiliti puoi andare a lavorare ovunque ma la tua abilitazione non serve una mazza fuori dall'Italia!
considera la lingua, l'integrazione sociale.. ma questi sono macellai!
sulla doppia moneta il problema andrebbe visto sulla competitività del nord rispetto al resto d'Europa... bisognerebbe vedere le eventuali economie di scala che si perderebbero.
certamente ci faremmo da noi la delocalizzazione.
sul fatto che le politiche di trasferimento non abbiano sortito gli effetti.. va visto l'andamento del PIL che mi pare sia cresciuto rispetto a quello del Nord dal secondo dopo guerra.
e penso che la mazzata della separazione tra BdI e Tesoro sia stato realmente una cosa nefasta
Tutto il mondo fa economia giorno dopo giorno da sempre.
RispondiEliminaPochi privilegiati si sono messi a giocare con l'economia, cercando e riuscendoci a sfruttare i più, ovvero i meno privilegiati.
La conseguenza di tutto questo? Basta guardarsi attorno.
Non a caso fu scritto:" Meno male che la popolazione non capisce il nostro sistema bancario e monetario, perchè se lo capisse, credo che prima di domani scoppierebbe una rivoluzione. Henry Ford.
Salve a tutti, ex collega di Debora Billi, sul blog Crisis.
RispondiEliminaDa peon, geol.ing ambientale, ho qualche base razionale ma mi mancano cronicamente le basi economiche ( un esame di economia politica, inopinatamente, l'ho fatto). Le mie elucubrazioni, quindi, vanno intese come quelle di un uomo della strada, con MOLTA strada davanti per chiarirsi le idee.
Del resto, come altri, sono qui per questo.
Vengo al quid, qualche domanda in forma dialogica:
1)perchè una italia indipendente dovrebbe prendersi piu' cura, d'improvviso, dei suoi cittadini e non dei suoi banchieri/magnati ( chiamarli imprenditori mi pare forte e prenditori banale)?
2) Ok ok stato sovrano, moneta e politica monetaria autonoma, MA se mi mancano lire perche' il mio bilancio statale fa schifo come al solito, come volete che vada a finire? Le lire che non ho e che non mi prestano ( come obbligazioni bond bot, cessioni del quinto degli incassi degli uffizi), le stampo e le giro ai miei creditori vari, ci pago gli stipendi etc etc.
Conoscendo l'italico andazzo e vedendo quel che succede nel mondo ( USA&UK con deficit 10% del pi) mi immagino weimar e collasso statale nel giro di un paio di anni.
3) QUINDI? Beh quindi, ci va qualcuno che giochi a carte scoperte sul tavolaccio da poker con il morto ( la BCE/euro e/o gli Usa/Obama a seconda delle preferenze).
Qualcuno che dichiari che la BCE DEVE coprire il culo ai paesi membri esattamente ESATTAMENTE come la fed fa con il dollaro, e magari già che c'e' chiarire che i rating di S&Poors se li bevono solo i poors di cervello.
Come è evidente e giustamente dice il prof, l'italia dall'uscita dall'euro ha piuttosto poco da perdere COME PAESE, piuttosto molto da perdere come classi regnanti in termini di rendite da interesse su investimenti.
QUINDI anche in nome di una ventina di paesi europei, sarebbe arrivato il momento di mettere la germania al muro: o la BCE diventa per davvero indipendente e con il compito di difendere le economie TUTTE e le banche TUTTE dell'area euro ( quindi anche comprando i bond, quando e se serve, in modo illimitato, come fanno albionici et amerikani) o ALL'ISTANTE L'Italia, SENZA PREAVVISO, chiude le frontiere valutarie e dichiara una moratoria sul debito. SENZA dover ripagare gli interessi l'Italia potrebbe stare in piedi ed anzi avere alcune decine di miliardi da investire in cose sensate, senza chiedere ulteriori soldi a nessuno. Certo: adieu ai risparmi investiti in bot&cct. Ma tanto il default è certo, visto che MAI alcun debito pubblico è stato ripagato e i casi in cui in qualche paese è calato, in termini relativi e/o assoluti si contano sui palmi delle mani ( cioè mi sa che ci sono un paio di casi si e no). Nel proceso, per difendere i cd "rentiers" cancelliamo imprese reali, competenze reali, ricerca e sviluppo reali, etc etc. don la conseguenza di arrivare sempre li, soffrendo di piu e svendendo il paese.
Sono d'accordo che lo scenario poker sia poco probabile, visti Monti & C. ( e gli interessi che coccolano) ma non per questo è impossibile. Basterebbe chiedersi se potremmo mandare al loro posto qualcuno che ci provi.
Esiste una alternativa ai defaults, prima o dopo il tentativo di fare diventare l'euro una moneta "normale"?
domanda 3)
3) L'inflazione, alternativa morbida al default, è PER FORZA un male per l'economia ( per i cassintegrati e pensionati nell'immediato è OVVIO CHE LO SIA)come da mantra ultradecennale? O è piuttosto, a veder bene, uno stimolo AD INVESTIRE capitali comunque rapidamente svalutandi in qualcosa di CONCRETO, laonde farli fruttare piu' dell'inflazione stessa?
Non è che l'inflazione è Keynesiana non come conseguenza ma come conseguenzE che porta al sistema paese?
Non è che tutta la rincorsa antiflazionistica dell'ultimo trentennio potrebbe essere vista anche come una manovra per difendere i magnati stufi di rischiare, la gerontocrazia passata presente e futura? Ahia ( in anticipo) per le bacchettate sulle dita.