domenica 31 gennaio 2016

Rast

Giornata lunga.

Corrispondenza da sbrigare, poi la prefazione per un certo libro, del quale vi parlerò, che spiega quanto è buona l'Europa, signora mia!, che ci dà tanti soldi che noi non sappiamo utilizzare perché c'è tanta coruzzione, poi un paio di telefonate interessanti con persone della nostra rete (cellule dormienti), poi una breve parentesi, poi in macchina per Pescara, regalandomi un paiodi telefonate (Palombi e Giacché, per alzarmi il morale) e ora a letto. Domattina esami, e poi via, da solo, nella solitudine per un paio di giorni. Blog chiuso per ferie. Scendo mercoledì. Fa caldo, qui in riva al mare. Neve non ne troverò, soprattutto sui versanti sud, e nemmeno compagnia. Del resto, non ne voglio. 

Conclusioni (e buoni propositi): siamo tanti, dobbiamo conoscerci, presto potremmo avere bisogno di noi (siccome non sarà una passeggiata, l'ultima cosa della quale abbiamo bisogno è il friendly fire). E poi bisogna smettere di perdere tempo. Il professor Bagnai, da oggi, diventa schivo. "Le faremo sapere, chiamiamo noi" è il suo nuovo modello di business. Ci sono tante cose da fare in associazione, che di girare il mondo non ne vale proprio la pena.

A proposito del perder tempo: rispondete voi agli ultimi arrivati. A me fanno cadere le braccia, e qui siamo già in troppi. Ne basteranno cento. Col resto, famo er partito...

Tre domande

(...rovesciamo la prospettiva. Cari euristi: avete ragione voi. Ma allora...)


Nella “guerra dell’euro” non contano tanto i “dati” quanto come questi vengono utilizzati per sostenere una tesi: la funzionalità e bontà dell’euro. Come dice un noto e intelligente opinionista, non conta il “dato” ma il “fatto”. Posto un obiettivo dialettico (il sostegno all’euro), si ricercano e si utilizzano solo quei dati che possono essere presentati di volta in volta in modo da rafforzare l’obiettivo. Ma i dati raccontano una storia diversa: la disfunzionalità e la distruttività dell’euro.

[...il resto, e le vostre simpatiche discussioni, qui...]

Neoliberismo, s.m.

(...a Davide che ha fatto un intervento molto profondo, che poi magari vi riferirò in interessa...)

Caro Davide,

mi è molto piaciuta la tua analisi del concetto di "neo" liberismo, anche se lì per lì mi ha un po' sorpreso che tu la proponessi commentando il mio libro. Io, in realtà, mi sono sempre scagliato, con il mio consueto garbo contro quello che chiamo il "neismo", ovvero la stucchevole abitudine dei nostri cosiddetti simili di preporre "neo" a qualsiasi parola, ad uso di salutare lavacro della propria coscienza ormai evidentemente lorda di sangue. Ma basta neodire che il neoliberismo ha neosovvertito neola neodemocrazia, e hai così riempito i caratteri a disposizione, per cui, purtroppissimo, sei de iure et de facto esentato dal dire: euro.

Funziona così, e lo sai (e a Napoli ce lo siamo detti, io, te e Nello, facendo anche - io - nomi e cognomi, come al solito).

Ho cercato "neo" nel Tramonto dell'euro e ho trovato le seguenti sei occorrenze:

  1. istantaneo
  2. temporaneo
  3. sotterraneo
  4. momentaneo
  5. neoclassico
  6. neonazisti

mentre ne L'Italia può farcela, il cui linguaggio, peraltro, è solo parzialmente mio (essendo stato sottoposto a non so più quanti estenuanti cicli di miglioramento editoriale) ho trovato:

  1. sottolineo (3 volte)
  2. neoliberale (in una citazione da Featherstone, a p. 126)
  3. neoliberista (p. 126, 2 volte; p. 143; p. 230 con precisazione "come la definisce Featherstone"; p. 339 subito dopo la citazione di Porcaro, vedi sotto; p. 443)
  4. neoliberismo (p. 127, 2 volte; p. 339 in una citazione da Porcaro, che non è un neista; p. 352)
  5. estraneo
  6. neoclassico (5 volte)
  7. Mediterraneo (6 volte)
  8. omogeneo (2 volte)
  9. subitaneo (2 volte)
  10. spontaneo
  11. neolatine
  12. istantaneo
  13. Bagnaineolibberistabbrutto (neologismo evidentemente inteso a distanziarmi da scuola e concetto...)
  14. neolingua
  15. neoassunti

Appare evidente che nonostante gli interventi del sagace editor L'Italia può farcela ha molti più nei, ma sono quasi tutti suffissi anziché prefissi, e quelli liberisti (neoliberale, neoliberista, neoliberismo) sono undici, di cui otto compresi nelle citazioni da Featherstone e Porcaro, o "attratti" da quelle citazioni, cioè necessitati dal bisogno logico di utilizzare per coerenza nel mio testo categorie introdotte nel flusso del mio ragionamento da autori che ritengo per vari motivi crucial, pur non condividendone le premesse metodologiche, perché non sono economisti, QUINDI...

Quindi cosa? Quindi, come tu correttamente rilevavi nel corso del dibattito, non usano il termine che usiamo noi economisti: neoclassico (che è invece quello che uso io quando parlo con parole mie, perché io sono un economista, quindi...).

Il mio atteggiamento, che ho ribadito anche nel corso del nostro dibattito, è di fortissima insofferenza verso quello che chiamo il "neismo" e Nello il "nuovismo". La ho esplicitata, questa insofferenza, a p. 188, come avrai visto, intitolando un paragrafo "Ecce hoc novum est!", e la ho motivata (nuovamente) nella mia replica chiarendo un concetto essenziale: il "nuovismo", l'"oggi c'è la Cina", è semplicemente una autolegittimazione della pigrizia mentale di chi si rifiuta di studiare e possibilmente apprendere (non è la stessa cosa) le lezioni della storia.

Io ho compassione di chi oggi non vuole sottoporsi, come invece facciamo noi, a questo salutare esercizio. Ne ho compassione perché mi rendo conto che nel non sobbarcarsi la fatica di volgere lo sguardo al passato non c'è solo pigrizia: c'è anche orrore. Credo che molti si rendano istintivamente conto di quanto noi, ma anche la stampa americana (con diversa intenzione e prospettiva), affermiamo con consapevolezza: da questa spirale deflazionistica si uscirà nel solito: con un bagno di sangue.

Questo è il dato, dopo di che io non sono un filosofo della storia, quindi mi taccio.

Finché però non saremo arrivati a quel simpatico siparietto, credo che uno dei compiti più urgenti che ci attende sia effettivamente dare un senso al termine "neoliberale", e secondo me la linea che tu proponi è la più interessante, proprio perché rimanda a una riflessione molto profonda sulla progressiva egemonia dell'economico nel pensiero delle scienze sociali, e anche perché (dato accessorio ma non trascurabile) dare un senso "professionale" a questo termine contribuirebbe a escludere dialetticamente chi ne fa un uso fumoso e dilettantesco, con notevole igiene per il dibattito.

Naturalmente, quale sia questa tua prospettiva non lo dico: se i miei lettori avessero voluto saperlo, sarebbero venuti a Napoli, e ora non voglio certo rovinargli il finale del tuo prossimo lavoro (Han Solo muore, ma questo lo aveva già in qualche modo anticipato De Andrè, quindi non è una nuovissima novità...), per il quale ti assicuro tutta la mia collaborazione di insider nel meraviglioso mondo di Hayek e dei suoi inconsapevoli nipotini...

Un abbraccio.

A.



venerdì 29 gennaio 2016

Comunicazzioni di servizzio

Vado per uno, quindi:

1) Ci vediamo oggi pomeriggio alle 16:00 all'Istituto Italiano di Studi Filosofici di Napoli, via Monte di Dio, 14, per una presentazione de L'Italia può farcela. I napoletani dovrebbero già essere stati avvertiti (se sono soci o comunque nel mio database).

2) Mi serve uno che conosca la storia cinese. Astenersi cazzari: uno con pubblicazioni scientifiche. Ho bisogno di capire un paio di cose non difficilissime, ma non voglio perdere tempo con "io non sono uno storico ma...".

3) Come annunciato su Twitter, mi serve uno che:

3.a) viva a Roma;
3.b) abbia bisogno di un po' di soldi;
3.c) sappia usare questo software.

Fino al punto (3.b) sembrava tutto facile, ma al punto (3.c) diventa difficile, perché anche questa richiesta è soggetta alla clausola "astenersi cazzari", il che implica che "saper usare quel software" significa:

i) capire bene cosa fa (cioè essere esperto di teoria dei grafi), e
ii) aver dimostrato il punto (i) tramite pubblicazioni scientifiche.

N.b.: circa il punto (3.b) specifico che oltre ai soldi vi offrirò anche un sacco di risate, perché la rete che sto studiando è la madre di tutti i daje a ride. Però bisogna affrontare il tema professionalmente...

4) Io vi voglio molto bene, però non sono la vostra fidanzata né la vostra segretaria né il vostro psicanalista né il vostro confessore. Se volete dirmi qualcosa, ci sono, ma se volete anche una risposta, vi suggerisco di inviare lettere d'amore, cioccolatini, mazzi di fiori, profferte di lavoro volontario (immediatamente declinate), lezzzzioncine su come si tiene un blog, selfie, scoperte dell'acqua calda, ciocche di capelli (sempre utili), roventi invettive circa i miei tradimenti di non si sa bene quale ipotetico ideale io abbia mai abbracciato (o avrei mai dovuto abbracciare), pacche sulle spalle, tesi di dottorato sulla formazione delle stelle povere di metalli (no: quella hai fatto bene a mandarla a me, è fichisima, mi sto molto divertendo), caciotte, ecc., al seguente indirizzo:

m.galano@asimmetrie.org

Non sono pagato abbastanza per leggere tutto questo, e forse nemmeno m.galano lo è, ma almeno un po' sì (grazie a voi).

Io nemmeno quello.

Chiaro il concetto? Visto che contribuite, avete diritto a una risposta, ma per averla rivolgetevi a chi può costringermi a darvela.

Vale anche per i precedenti punti (2) e (3).


(...e per chi non se ne fosse accorto, il modello era:


J'ai plus de souvenirs que si j'avais mille ans.
Un gros meuble à tiroirs encombré de bilans,
De vers, de billets doux, de procès, de romances,
Avec de lourds cheveux roulés dans des quittances,
Cache moins de secrets que mon triste cerveau.
C'est une pyramide, un immense caveau,
Qui contient plus de morts que la fosse commune.
— Je suis un cimetière abhorré de la lune,
Où comme des remords se traînent de longs vers
Qui s'acharnent toujours sur mes morts les plus chers.
Je suis un vieux boudoir plein de roses fanées,
Où gît tout un fouillis de modes surannées,
Où les pastels plaintifs et les pâles Boucher
Seuls, respirent l'odeur d'un flacon débouché.

Rien n'égale en longueur les boiteuses journées,
Quand sous les lourds flocons des neigeuses années
L'ennui, fruit de la morne incuriosité,
Prend les proportions de l'immortalité.
— Désormais tu n'es plus, ô matière vivante!
Qu'un granit entouré d'une vague épouvante,
Assoupi dans le fond d'un Sahara brumeux;
Un vieux sphinx ignoré du monde insoucieux,
Oublié sur la carte, et dont l'humeur farouche
Ne chante qu'aux rayons du soleil qui se couche.


...ma saranno dei lunghi vermi, o dei lunghi versi?...)


(...io non sono un astrofisico, ma secondo me non è necessario disporre di un modello che rappresenti il trasferimento di massa e la perdita di momento angolare, per riprodurre simultaneamente il periodo orbitale e la composizione chimica delle stelle binarie povere di metalli delle quali siamo in grado di misurare il periodo orbitale. Carlo: benvenuto nel mio mondo!...)

giovedì 28 gennaio 2016

Banche, bail-in e PMI: lettere dal fronte

(...ricevo e immediatamente pubblico. Segue breve commento...)




Questo è lo stralcio di una lettera inviata da una grande banca italiana ad una azienda sua cliente (ormai per poco) con la quale essa richiede il rimborso immediato di una somma consistente precedentemente finanziata dalla banca.

Ma da dove nasce questa lettera? Qual è la storia? Questa azienda aveva avuto l'impudenza di contestare alla banca l'applicazione di tassi d'interesse di poco inferiori al tasso soglia di usura (sono furbi, loro!) e aveva osato ribellarsi alla quotidiana pratica di pressione psicologica esercitata dai funzionari con telefonate sul cellulare dei titolari in qualsiasi momento della giornata per sollecitare versamenti, per comunicare che si rifiutavano di anticipare fatture (pur in presenza di fido disponibile) in assenza di ulteriori versamenti ed angherie varie assortite. Il tutto rigorosamente per telefono, evitando di lasciare tracce in posta elettronica.

La storia di questa azienda può assurgere a simbolo delle PMI italiane massacrate negli ultimi 5 anni:

Settore agroalimentare (uno di quei prodotti che ci invidiano all'estero e che tentano in tutti i modi di imitare), alta intensità di lavoro (35 famiglie, con fatturato tra €5 e €10milioni), imprenditore di seconda generazione geloso custode di un prezioso Know-how produttivo, presente in fabbrica 16 ore al giorno.

Pur lavorando in un settore relativamente stabile e potendo contare su una solida posizione di mercato, il morso della frenata dei consumi ha colpito anche questa azienda, provocando una diminuzione del fatturato del 5/10% per 3 anni consecutivi.

Al culmine della crisi, sono stati più volte sul punto di licenziare, tagliare i salari, chiedere contratti di solidarietà, ma hanno voluto resistere, anche a costo di indebitare la società.

"Non possiamo togliere il pane a questi uomini, il successo del nostro prodotto passa attraverso le loro mani" erano le parole dell'imprenditore quando, spalle al muro, doveva decidere se pagare i fornitori, i dipendenti o chiedere nuovo fido in banca, anche sconfinando sul conto. Si sa come sono fatti i piccoli imprenditori, sono legati ai propri dipendenti, che non sono numeri da tagliare con un tratto di penna nelle stanze ovattate di un consiglio di amministrazione, come invece accade per la grandi imprese. Li conoscono uno per uno, sanno dei loro debiti, delle loro difficoltà famigliari e, molto spesso, sono gli ultimi a lasciare la nave che affonda.

Invece, da parte delle banche, miopia assoluta. Esse si sono ulteriormente accanite e, nel maldestro tentativo di proteggersi dal rischio di perdita del credito, hanno cominciato ad aumentare i tassi ("perchè è peggiorato il rating, sa, noi non possiamo farci nulla, sono le regole di Basilea") hanno proseguito con la riduzione dei fidi, ed hanno effettivamente ottenuto proprio l'avveramento del fatto (la difficoltà dell'azienda) da cui intendevano proteggersi. La cura "Monti", insomma!

E siamo ad oggi. L'imprenditore si è trovato di fronte alla scelta di farsi sfilare l'azienda tacendo o provare a ribellarsi, col rischio di perderla comunque, ma con l'opportunità di sfilarsi dall'abbraccio mortale con l'aiuto di bravi avvocati e consulenti. La guerra è appena cominciata ma le prime bordate hanno avuto l'effetto di un sasso nello stagno. Infatti, gli aguzzini non immaginavano che chi aveva subito per anni incredibili angherie (incluso il "consiglio" di investire in titoli della stessa banca una quota del fido appena concesso) potesse alzare la testa e metterli di fronte alle proprie responsabilità.

La risposta della banca è stata una lettera di due pagine all'insegna de "la miglior difesa è l'attacco" (che termina con la frase riportata all'inizio) in cui si inanellano una serie di "imprecisioni" e termina con il pizzino della frase finale che, ad un non addetto ai lavori potrebbe dire poco, ma hanno fatto balzare sulla sedia l'avvocato. L'inciso "Perdurando lo stato di insolvenza" è un pizzino perché insinua che la società sia insolvente, cioè si è avverato il presupposto per la dichiarazione di fallimento. Per questi fenomeni del diritto a là carte, il rifiuto di rimborsare un credito concesso a condizioni capestro e gestito con metodi intimidatori e di cui si contesta l'ammontare, diventa fatto segnaletico di uno stato di insolvenza, cioè la impossibilità di pagare regolarmente i propri creditori in conseguenza di un insufficienza del patrimonio aziendale. Un'enormità che termina con la minaccia di segnalazione in Centrale Rischi il che equivarrebbe a trasformare l'azienda in uno zombie da cui qualsiasi altra banca si terrebbe lontana.
Questi sono i metodi adottati dalle banche, al di fuori della trita e ritrita retorica ufficiale. Persone che ubbidiscono solo a un sistema di valutazione basato su assurdi rating che mal si adattano alla nostra realtà di PMI per le quali servirebbe più la visita e la stretta della mano nodosa dell'imprenditore, per capire se il tuo credito è al sicuro.


(...breve commento. Come al solito, non entro nel merito. Ogni aneddoto ha torti e ragioni, ma un concetto credo sia chiaro. In un paese nel quale la piccola e media impresa è la spina dorsale dell'economia - e non solo nel manifatturiero, come l'esempio dimostra - l'unica garanzia perché il credito sia esercitato in modo non discriminatorio e il risparmio sia tutelato è che il sistema bancario ritorni almeno in parte in mano pubblica e che il sistema delle banche popolari e di credito cooperativo venga tutelato - come lo è in Germania, dove peraltro funziona notoriamente molto peggio che da noi. Invece, grazie al bail-in, stiamo procedendo a tappe forzate verso in sistema in cui l'esercizio del credito sarà concentrato in pochi colossi privati, che lo praticheranno a condizioni capestro, senza avere alcuna intelligenza del contesto nel quale si trovano ad operare, e agendo in base a parametri assurdi e impersonali, come sono, per definizione, tutte le regole fisse. Peraltro, voglio ricordare ai bancari e ai banchieri che quando avranno sterminato il nostro paese moriranno anche loro, e che gli influencer minori di Confindustria li stanno già attaccando, nel tentativo vano di presentare una crisi sistemica causata dall'euro - cioè dall'integrazione senza controlli dei mercati finanziari - in una serie di sfortunate coincidenze determinate da singoli episodi di malversazione attribuibili a banchieri corrotti. Fateci caso. Dopo la guerra fra poveri, l'euro ci regala anche la guerra fra ricchi (ancora per poco). Il simpatico funzionario di banca si troverà un giorno lontano al cospetto dell'Altissimo. Può anche accadere che si trovi in un giorno più vicino al cospetto di altri tribunali. Ma, comunque gli vada, quest'ultima sarà una passeggiata...)

mercoledì 27 gennaio 2016

Paese che vai, ILVA che trovi...

Caro Alberto,

sono venuto a conoscenza di una storia che mi ricorda l'Ilva di Taranto, ma come al solito in UE 28 pesi (non paesi) e 2 misure.
 
Brevemente: vicino Marsiglia, la fabbrica americana Alteo (a Gardanne), primo produttore mondiale di allumina, riversa nel Parco Nazionale delle Calanques (7 km di distanza dalla costa) 270 mc/ora di fanghi altamente tossici (il volume di un appartamento di 100 mq ogni ora). Per non licenziare 1000 dipendenti "subito" dopo COP 21 il governo gli ha concesso una deroga di 6 anni (14.191.200 mc = 2.365 palazzine di 5 piani). La fabbrica esiste dal 1966 e nel dicembre 2015 avrebbe dovuto interrompere qualsiasi riversamento in mare.
 
Non sono in grado di comparare i danni causati dall'Ilva e dall'Alteo ma avendo vissuto tanti anni fa a Roma un caso di discarica a cielo aperto di fanghi tossici sono convinto che ciò che sta accadendo in Francia è un disastro ambientale e solo più tardi scopriremo che sarà stata la causa di malformazioni e di decessi.
 
Guarda caso cercando su google.it si parla poco e nulla dell'Alteo, mentre è facile trovare notizie dell'Ilva su google.fr.
 
Non se questa segnalazione possa essere utile ma visto che ormai trattate argomenti sempre più vasti, ci provo. Magari vis-à-vis del prossimo europino di turno.

Buon lavoro
Un altro de passaggio.





(...due considerazioni, o forse tre. Evidentemente, oltre alla corruzione percepita, della quale abbiamo parlato qui, in Europa esiste anche l'inquinamento percepito. E notate la finezza, nel link a Libé: la magistratura voleva aprire un'indagine, ma ha rinunciato e ha chiesto "studi complementari" su richiesta del Ministero dell'Ecologia. Quando ero in Francia ho appreso in televisione che la loro Costituzione non ha qualcosa di simile al nostro art. 112. Lì per lì non capivo cosa significasse, ma questo esempio mi sembra sufficientemente esplicativo. Significa, ad esempio, che magari lì il governo può intervenire - within reason - per tutelare l'interesse economico nazionale, mentre qui gli è oggettivamente più complesso farlo. Del resto, abbiamo già chiarito che la bassa percezione della corruzione in molti paesi del Nord è anche, in parte, favorita da un discreto insabbiamento da parte dei rispettivi governi delle inchieste più scomode. Quindi, in effetti, tout se tient. Ah, ovviamente io non sono un giurista, quindi...)

martedì 26 gennaio 2016

La durezza del vivere (ad personam)

A cortese richiesta:


ecco la durezza del vivere:












(...il profluvio di commenti ai post precedenti dimostra solo una cosa: vi prendete troppo sul serio. Si prende troppo sul serio il malcapitato che voleva usarmi da segretaria, si prende troppo sul serio chi si pone domande esistenziali sulla didattica, si prende troppo sul serio chi si affretta a consolarmi senza aver capito che io sono un vero universitario, e che dell'università, che una volta era libera, fa parte - cioè faceva parte - lo spirito goliardico, quello spirito goliardico che qui difendo dai pretini tutti luoghi comuni, menzogna e ipocrisia espressi da certi atenei di prestigio. Sì, una cosa è seria: non usatemi mai come segretaria, perché lì avete veramente chiuso. Ma a parte questo, mi corre l'obbligo di darvi un'informazione di servizio: moriremo tutti. Ah, non lo sapevate? Bè, mi spiace, funziona così. E allora, di questa vita così breve, cosa vogliamo fare? Vogliamo renderla noiosa con la seriosità dei colleghi che oggi ci spiegano che il problema è il debito privato? Vogliamo renderla stucchevole col gentilomismo del Quaresima? Vogliamo renderla pesante con il latinorum involuto di chi vuole semplicemente distrarvi mentre vi sfila il portafogli? Not in my name. Certo, chi mi ha scritto lettere accorate è tanto tenero, come chi mi ha scritto tomi per spiegarmi come si tiene un blog. Gli voglio bene, ma evidentemente non è una cima. Lo è invece Simone Previti, o anche, per quanto mi dolga ammetterlo, il giovine Baroni, i quali hanno capito benissimo che stavo scherzando - come molti di voi - e son stati allo scherzo (come Guido e Nat, gli autori dei due ultimi fotomontaggi)...

Scusate, qui è come la storia degli ortotteri che vogliono mettere il reddito della gleba per ridurre la greppia dello Stato: ma se fossi stato realmente deluso, amareggiato, avrei mai scherzato mimando su Twitter una serie di breaking news sul vostro eccesso di ribasso!? Scusate: ma veramente ritenete sia in vostro potere amareggiarmi!? Eppure questo passo di Proust ve l'ho citato così tante volte... Scusate: ma come mi posso ragionevolmente aspettare che voi capiate le cose pur semplici che vi esprimo in modo relativamente limpido, se abbiamo visto su Twitter, con i nostri occhi, ordinari di università top 20 letteralmente non sapere cosa sia un tasso di cambio!? È del tutto ovvio ed evidente che in queste condizioni solo pochi possano farcela. Ma voi non mi seguite perché capite i miei teoremi (che miei non sono). Voi mi seguite perché intuite la mia verità. La verità di uomo, intendo, quella che a certi interlocutori naturaliter manca. Non è una adesione razionale: è emotiva. Ma tanto basta. Poi, chi vuole, con calma, si prende i libri e se li legge. Ma se lo scopo del gioco fosse quello di essere capito, allora avrebbe avuto ragione chi all'inizio mi faceva le lezioncine di comunicazione: "non mettere grafici, non mettere numeri, laggente non capiscono...".

E invece aveva torto.

Agli esperti di comunicazione mando un abbraccio affettuoso. Voi potete essere esperti quanto vi pare. Ma non potete essere me. E qui la gente viene perché ci sono

IO

Se volete, vi spiego come si fa a essere io. La risposta è - ovviamente - controintuitiva: essendo voi, cioè non leggendo quattro libri americani del cazzo, pieni di scipite banalità, e non venendo a spiegare a me che un blog è un diario di bordo e non un manuale - non avendo voi scritto né l'uno né l'altro. Siate voi stessi. Siete così? Siate così. Meglio usare solo il 2% del proprio cervello che usarne il 100% riempiendo il 98% di roba altrui (e.g.: manuali di scienza della comunicazione...).

Fidatevi. Non di me. Di voi. O magari di Sandro Penna: felice chi è diverso...

Diversi lo nasciamo, comuni lo diventiamo.

Al fine di non diventarlo, al fine di tutelare quella diversità che è poi il bene sommo, il segno della libertà, cioè di quello che il progetto imperiale europeo ci vuole togliere, da me accettate solo un consiglio: non prendetevi sul serio, e soprattutto non prendetemi sul serio. Non ho bisogno delle vostre pacche sulle spalle, credetemi. Quando ne avrò bisogno, ve le chiederò. Non mi vergogno mica a chiedere, se ho bisogno.

Comunque, visto che siamo entrati in argomento, nei prossimi giorni parliamo della dissonanza...)


(...per l'ultima cazzo di volta: solo una cosa seria: non sono la vostra segretaria. Chiaro? Il mio tempo non è vostro, e comunque ricordate: quando si impara, si impara soli. L'apprendimento, come la morte, è un atto intrinsecamente individuale. Senza uccidere (voi) il vostro io ignorante con le vostre mani, non potrete mai far prevalere il vostro nuovo io, quello sapiente. Ma dovete farlo voi. Dovete farlo voi. Dovete farlo voi. La risposta è comunque già dentro di voi. Se poi non ci arrivate, pace. Non riuscirete a convincere i vostri vicini di casa, ma vi ho già detto di non provarci nemmeno, e di non venire qua a piagnucolare se non ci riuscite. State vicino a chi veramente ha bisogno di voi, e resistete. Non può durare...)

lunedì 25 gennaio 2016

La Germania e la crisi

Buongiorno Prof.,

scusi se scrivo qui. Sarei rimasto tranquillo nella mia caverna dei commenti bloccati, MA spero possa essere un'utile aggiunta al post sul grafico dei rapporti pil pro-capite ITA e GER contro media EU.




Tagli/cestini come crede: la parte interessante, perche' meno presente nel dibatto, e' che persino la Germania fa 'sto gran casino e NON vince..

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Con tutto il rispetto, a me 'sto grafico e' piaciuto.

A parte che si vede che (PIL pro-capite ->) l'italiano medio si era infilato in una brutta situazione (e #sesapeva e #fattoapposta, vedi Prodi nel 2001), e' pure chiaro che il tedesco medio, a detta di tutti grande vincitore e piu' meritorio, in 30 anni non ci ha guadagnato NIENTE. Dopo 30 e passa anni e' al livello del 1980. Peggio, il declino del salario tedesco e' compensato quando svaluta o la moneta o il lavoro.

Come aggregato, ovvio.

Chi ci ha guadagnato anche in Germania e' palese, specie durante le riforme Hartz.

Cordialmente, e Grazie per quello che fa e mostra,

Christian A.


(...e gnente, ma proprio gnente... Allora: intanto non ci siamo con la lettura del grafico. La Germania non è "al livello del 1980". Il rapporto fra reddito pro-capite tedesco e europeo è a quel livello, ma naturalmente siccome il mondo è cresciuto, i tedeschi di oggi stanno - in media - meglio di quelli del 1980. Il dato veramente interessante del grafico è che le politiche di austerità hanno interrotto il vigoroso recupero tedesco - in termini relativi, cioè rispetto alla media europea. Per questo io, prima che questo grafico fosse possibile disegnarlo - cioè nel 2011 - parlavo di segare il ramo. Oggi, poi, che la Germania possa essere un modello sostenibile sono veramente pochi a sostenerlo. Lo scandalo VW ci ha dato una mano, e i media stanno sdoganando un pezzo di verità, con calma. Piano piano ci sono arrivati i bocconiani, e poi, buon ultimi, i piddini di rango - tipo il patetico Wren-Lewis, quello che parla di elicotteri.

Peraltro, ci sarebbe da discutere anche sul "vigoroso balzo" della Germania a inizio crisi. Certo, la Germania ha gestito la crisi da una posizione già dominante, ma il suo balzo verso l'alto nel 2008 è molto anche un balzo verso il basso della media dell'Eurozona. Insomma: i rapporti vanno letti come rapporti, e un loro aumento può essere tanto un aumento del numeratore, quanto una diminuzione del denominatore. Sono sempre #lebbasi, sulle quali tanto non c'è nulla da fare: credo che siano come il coraggio, che chi non ce l'ha non se lo può dare.

Anche la morale della favola, sul fatto che in Germania le classi subalterne se la passino male, sì, capisco che possa avere un qualche valore ricordarlo nel dibattito, ricordarlo sempre, ma non è mica una cosa originale! Basta leggere le pag. 222 e seguenti, e 262 e seguenti, del Tramonto dell'euro. Sta tutto scritto lì. Quindi?

Paradossalmente, questa che voleva essere un'opera di divulgazione si sta rivelando ogni giorno di più come un lavoro utile per chi le cose le sa già - e con questo righello per unire  puntini fa anche bei soldi, all'occorrenza, e ogni tanto mi ringrazia (alcuni ringraziamenti sono particolarmente lusinghieri). Un lavoro per iniziati, insomma, che è una cosa diversa da un lavoro di élite - intesa come élite culturale. Io miravo a quest'ultima, ma evidentemente ho sbagliato obiettivo, credo perché l'obiettivo cui miravo non esiste più. Il fottuto XIX secolo ha distrutto qualsiasi residuo di uomo rinascimentale - o almeno enciclopedista/enciclopedico - popolasse questo pianeta. E ora siamo rimasti con quelli che la cultura sono le belle poesie, o la bella musica (quella elencata dai giornali piddini), ma naturalmente di fare due più due non se ne parla, e tanto meno, Dio non voglia!, di fare due diviso due, o magari due virgola cinque diviso due virgola cinque - vedete: ve lo scrivo in lettere, perché se usassi cifre vi metterei in difficoltà (siamo pur sempre quelli che dicono: "parlare arabo", per dire parlare oscuro, e alla fine le cifre sono arabe, cioè, per molti di voi, arabo). Leggere un fottuto grafico? Mission impossible. Eppure siete qui perché vi ho dato quest'opportunità. Ci sarebbero molte riflessioni da fare, sul fenomeno contraddittorio che questo blog rappresenta. Fatele voi. Vi sblocco i commenti fino alle 20. Dite quel cazzo che vi pare, basta che mi lasciate lavorare in pace...)

QED 63 (il QED del post precedente)

Smemoranda,domenica 24 gennaio:

"Lui e' bello dentro, lui e' sensibile; piu' dolce di uno sfacciottino di papa' Barzotti. Cammina a una spanna da terra come un hovercraft d'amore; io l'accompagno al concerto di Telemann anche se in realta' preferisco di gran lunga il Telefunken,poi torno a casa e - con un cuscino sulla faccia - penso a lui ascoltando al buio F. De Gregori e, dato che lui salutandomi mi ha baciato nelle vicinanze dell'angolo esterno della bocca, ritengo a ragione di avere delle possibilita'. Poi lo osservo dalla mia finestra muoversi leggero come un gavettone di idrogeno in direzione della signora RC,e infilarle in bocca due metri di lingua, la lingua dell'amore, ma io - caro diario - sono in una botte di ferro perché lui mi ha assicurato che non la ama. Anzi, mi dispiace per lei perché magari poveretta si fa delle idee!"-cit.-

No,non sto affatto piangendo,mi è entrata una bruschetta nell'occhio,può capitare....







Prof,torniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!:)






(...contenetevi!...)

I grandi classici

Ho rovinato una famiglia (nel solito modo, quello sbagliato: i mariti si innamorano platonicamente di me), e in cambio ho avuto (da una figlia) questo bel regalo:


Ora so che vorreste commentare, già vi vedo fremere. Dopo la vostra sospensione per eccesso di ribasso, sto valutando se riammettervi ai commenti fra le 18:00 e le 20:00 di oggi. 

Stiamo lavorando per noi, scusate il disagio (ma anche no).

domenica 24 gennaio 2016

Un ripasso



(...dice Rockapasso che qui si vede la mia sofferenza, e per questo sta facendo i complimenti all'autore. Non perché mi abbia fatto soffrire, intendiamoci...)














Commento al post: "Un ripasso" di domenica 24 gennaio 2016

Dice? Io l'ho sempre vista, come la profonda umanità che le lega. Ma io sono solo un giovine.
Sally









sabato 23 gennaio 2016

Corviale

Due parole a caldo.

Sono stato alla presentazione del libro di Luciano organizzata dagli ortotteri di Corviale.

 (...se cercate l'evento in rete non lo trovate, non c'è una pagina che ne parli, perché sse sa, er movimento è nato dar basso e su 'a rete che è tanta tanta demogratiga, signora mia, infatti esclude i pensionati, che poi sono quelli che i liberisti vorrebbero eutanasizzare... Vi dice niente questa concidenza? Io intanto oggi ho mandato potentemente a fare in culo in privato uno di voi che mi ha scritto come fossi la sua segretaria - e ho fatto bene - ma riconosco l'oggettiva difficoltà di individuare l'evento in rete...)

Il libro lo sto leggendo e ve lo consiglio caldamente. Espone in modo estremamente cogente e inconfutabile la matrice keynesiana della nostra costituzione e la sua incompatibilità con l'ispirazione liberista dei trattati europei (della quale ricostruisce con perizia e pazienza certosina la genesi), illustrando come l'incompatibilità fra costituzione repubblicana e ideologia liberista fosse ben chiara anche ai costituenti (risulta apertis verbis dai lavori dell'assemblea). Ma soprattutto - ed è questo il motivo per il quale lo sto studiando proprio ora con tanto ardore quanto me ne lasciano le mie forze declinanti - torna sul quadro giuridico dell'uscita dall'euro, proponendo una versione più evoluta del ragionamento che avevo sviluppato, con l'aiuto di Luciano, ne Il tramonto dell'euro (ragionamento condiviso, nei suoi lineamenti, perfino dalla Bce, che ne riconosceva quanto meno la fondatezza pur ritenendolo difficilmente applicabile in pratica).

Ovviamente non entro nei dettagli: sapete già che Han Solo muore, anche in questo caso chi è morto lo sapete (la democrazia), quindi l'interesse sta appunto nei dettagli che non vi riassumo.

Luciano è estremamente abile nel ripercorrere le vene carsiche dell'ideologia liberista, che dopo aver provocato due disastri mondiali dovette evidentemente nascondersi per un po'. Sconcertante, ad esempio, il ruolo del padre della patria Einaudi, sapete, sì, quello fascista con Mussolini, e presidente con la Repubblica, quello della famosa frase che ogni bottegaio sterminato dalla deflazione tiene appesa dietro la cassa: "l'inflazione è la più iniqua delle imposte...".

Ecco, bravo, bottegaio. Continua così...

Certo, non so quanto il pubblico riuscisse a seguirlo in questa opera speleologica.

Il libro è stato introdotto da Zanni, del quale Luciano mi dice un gran bene, e naturalmente io mi spalmo sulla sua valutazione. L'ho bloccato su Twitter come atto di rispetto, per tutelare lui, certo non per ostilità. Rimane il fatto che sì, come diceva Luciano, è piacevole sentire un politico che dice cose sostanzialmente tutte corrette. Ma, come dire: può anche darsi che la vicina di casa che suona "Per Elisa" faccia tutte le note giuste. Sentirai sempre che non è una professionista. Difficile che una persona che non ha fatto dell'insegnamento dell'economia il suo lavoro riesca a trascinare una platea con argomenti anche corretti, per carità...

Però, sì, certo, era tutto giusto.

Ma perché non dirlo anche in modo appassionante?


Comunque, la cosa che mi è piaciuta di più, perché segno, quello sì, di onestà intellettuale, è che avendo raccolto le domande per iscritto, il moderatore ha scelto di porre a Luciano fra le tante quella potenzialmente più urticante per l'uditorio ortottero: cosa pensasse del reddito di cittadinanza (aka reddito della gleba). La risposta di Luciano è stata tanto efficace quanto lapidaria, ovvero che in quanto misura volta a rendere accettabile il livello di disoccupazione strutturale compatibile con l'ideologia deflazionista dei liberisti, il reddito della gleba era misura incostituzionale nel quadro dell'unione monetaria, e auspicabilmente irrilevante al di fuori di essa.

Attenzione! Incostituzionale non secondo la linea argomentativa degli influencer minori, ovvero perché mancando le coperture violerebbe il sacro principio costituzionale del pareggio di bilancio (che, come Luciano ma anche Vladimiro spiegano, non è esattamente quello per il quale i partigiani hanno versato il loro sangue). No. Incostituzionale perché geneticamente incompatibile con la matrice lavorista della Costituzione repubblicana, elemento sul quale Luciano insiste in modo sistematico e estremamente netto fin dalle primissime pagine del libro.

Mentre ero lì, ho ricevuto da Bruxelles una lettera che mi ha fatto sorridere. Non vi rivelo il contenuto, ma mi ha riportato bruscamente alla radice del problema, che poi è sempre quella della quale vi parlo ormai da anni. Insomma, inutile tornarci sopra. Da qualsiasi parte li si guardi gli ortotteri sono, e restano, una gigantesca occasione persa. Ora, si dice da Bruxelles, pare che con il bail-in si siano accorti che nell'euro qualcosa non va, e che vogliano dire, fare, organizzare...

Mi chiedevano cosa ne pensassi.

E cosa ne devo pensare? Voi siete qui, noi siamo qui, da anni. Sarebbe bastato che tre anni fa avessero dato diffusione tramite er sacro blogghe a un'informazione corretta come quella che poi Claudio Borghi è riuscito a fare attraverso la Lega (che tre anni fa ancora non era critica sull'Europa), e oggi il panorama politico italiano sarebbe molto diverso.

Ma non lo hanno fatto perché non lo hanno voluto fare.

Nel frattempo sono morte delle persone.

Chi fa sul serio si vede.

Chi non fa sul serio, se ora vuole fare sul serio, deve spiegare perché si è deciso, e deve anche chiedere scusa. I suggerimenti che ci eravamo permessi di dare al compianto Gallino, e che D'Attorre ha fatto propri qui al minuto 59:40:


valgono anche per chi, fra gli ortotteri, si sia oggi deciso a fare sul serio, e questo tanto più quanto la loro brand leadership nel mercato dell'opinione critica è stata fino ad oggi usurpata, ed essi sono stati, nella sostanza, elementi di intercettazione di un dissenso potenzialmente progressivo, ma di fatto sterilizzato dalla manfrina delle votazioni on-line e di altre amenità del genere.

Cosa deve fare chi in Italia vuole fare sul serio lo sapete. Ma, come prevedibile, la lettera che ho ricevuto mentre ero lì mi spiegava che, appunto, tutta questa voglia di fare sul serio ancora non c'è, nemmeno da parte di chi fa finta di far sul serio.

E allora aspettiamo.

Alla fine saranno costretti.

Dieu et mon droit.























Ah, e siccome un insopportabile saccente che probabilmente ha un blog più visitato del mio mi ha detto oggi che un blog senza commenti muore (vedremo, per ora siete cliccati tutti), metto anche un commento, quello di uno che oggi c'era:



Mi ha davvero moooolto soddisfatto la risposta forte, netta e chiara sulla non costituzionalità del reddito minimo/cittadinanza, domanda che un po' provocatoriamente - vista la platea pentastellata - avevo presentato alla Jannacci (per vedere di nascosto l'effetto che fa ...). Pure l'applauso finale non era per nulla scontato. Anche per gli ortotteri, evidentemente, vale il discorso che la base è più avanti e sopratutto non tenuta in grande considerazione.
Alla prossima, e ancora grazie.

Assertor

PS: mi scuso se ho usato l'email, ma non riesco più a commentare sul blog!



(...ma va! La base non è tenuta in considerazione!? Ciò mi stupisce! Ma non era un movimentodarbasso?,,,)

(...l'insopportabile saccente mi sta molto simpatico: lui sa chi è, lui sa cos'è, lui sa perché...)

Con tutto il rispetto...

Questa è una slide della mia presentazione al Goofy4:


e questi sono alcuni tweet che avrei preferito non leggere (dopo dico perché a chi non lo capisse subito):




Cominciamo dal primo.

Come: "Cosa c'è sulle ordinate?" (per i diversamente matematici, le ordinate sono l'asse verticale). Ma cazzo santo, c'è scritto nel titolo del grafico: è il rapporto fra il Pil dei due paesi considerati (Italia e Germania, lo dice la legenda) e la media dell'Eurozona. Le ordinate quindi sono il rapporto fra il reddito dei paesi rappresentati (Italia e Germania, lo dice la legenda) e la media dell'Eurozona, il che significa che il grafico rappresenta il rapporto fra il reddito dei paesi rappresentati (Italia e Germania, lo dice la legenda) e la media dell'Eurozona, forse a causa del fatto che nel suo titolo c'è scritto rapporto al Pil dell'Eurozona.

I rapporti si esprimono in percentuale, sapete? Avete mai sentito parlare di "regola del 60% del rapporto debito/PIL"? Mai? Allora in quale cazzo di pianeta vivete?

Quello che il grafico rappresenta è un "pattern" che se mi seguite avete visto migliaia di volte. Se non mi seguite, non seguitemi. Mica ve l'ho chiesto io.

Bene.

Quale PIL?

Bè, ovviamente quello pro capite, non è che ci voglia Adam Smith per capirlo. Mi spiego: quando la linea della Germania arriva al 130%, significa che il Pil pro-capite tedesco era superiore del 30% al Pil pro capite (medio) dell'Eurozona. Non significa, ovviamente, che il Pil tedesco fosse del 30% superiore al Pil dell'Eurozona, per lo stesso semplice motivo per il quale se pesate 80 chili un vostro braccio non può pesare 104 chili. Chiaro? Devo anche spiegarvi questo? Ma io lo faccio volentieri, mica mi costa niente. Me l'avete chiesto voi. Poi se non ci fate bella figura, sono anche problemi vostri.

Capirei (a fatica) se, da lettori relativamente assidui, mi aveste chiesto quali fossero le fonti (quelle, effettivamente, in figura potevo metterle). Non le ho messe perché sono le solite: il WEO, citato nella pagina Per cominciare di questo blog.

Questo è lo screenshot del foglio dove ho fatto i calcoli:


Ora vado da quelli che fanno finta.

Voi nel frattempo vergognatevi con calma, e poi io deciderò cosa fare.

Non scrivetemi lettere insulse o vi mando veramente a fare in culo.

Qui bene amat bene castigat.


Addendum di ritorno da quelli che fanno per finta (su cui vi intrattengo dopo)

Siccome in dubio pro reo, ho voluto dare una scusante ai due buontemponi del primo tweet riportato qua sopra, e mi sono detto: "Forse se vengono a rompermi i coglioni per un dettaglio evidente, se osano usarmi come loro segretaria (dimenticandosi che io sono purtroppo per loro privo di un importante dettaglio: diciamo che ho un moderato surplus laddove la segretaria dovrebbe avere un moderato deficit...), sarà perché nell'esporre il contenuto di quella slide a Pescara ho omesso di dire di cosa si trattasse. Orsù, son giovini, forse dovrei essere indulgente: fammi verificare...".

E con la scusa del garantismo, mi sono dedicato all'attività che più adoro al mondo: ascoltarmi. A voi magari piacerà di meno, e quindi vi evito tutta la pappardella. Favorite però ascoltare il seguente video dal minuto 24:36 (cioè da quando chiedo: "Qualcosa è cambiato quando?" - per inciso, avrete notato il grassetto nell'audio):


Cazzo, lo dico cos'è sta roba! Lo dico! Il rapporto fra il Pil pro capite italiano e quello europeo. E nella slide successiva, quella riportata qua sopra, specifico che si tratta delle stesse grandezze, ma misurate a PPA (chi non sa cos'è per oggi si attacca).

Allora, io dico: sapete da dove viene quella slide.

Debbase, ma chi vi credete di essere per chiedere a me una spiegazione che potete trovare da voi? Un conto è chi arriva qui da fuori: si può essere più o meno indulgenti (secondo me su quest'arca di Noè siamo anche troppi, e a me la biodiversità delle opinioni cretine interessa fino a un certo punto - credo anzi che Nostro Signore avesse fatto un certo lavoretto per contenerla un po'; Gen. 6,11), ma con chi sta qui dentro, con chi addirittura è socio e si è proposto di aiutare, non si può essere indulgenti se abusa di un secondo del mio tempo per chiedermi una cosa che

(a) è evidente e

(b) gli ho già detto.

Ecco, ora che ci penso, torno un attimo su Twitter a bloccare il Previti (sarà la trentesima volta...).


Ora gestisco rapidamente gli altri due tweet che non avrei voluto leggere.


Bruno, da ingengngngniere certificato, ne spara una enorme! Ma come cazzo il rapporto fra i tassi di crescita!? Ma come!? Oh, i tassi di crescita possono essere positivi, ma anche negativi, e quando capita anche nulli! Certo, in teoria la probabilità che un numero reale sia esattamente uguale a zero - ipotizzando una distribuzione di probabilità continua - quanto è?

(...vediamo chi lo sa...)

Ma il fatto è che siccome è abbastanza impossibile riportare un dato con infiniti decimali, si tronca, si arrotonda, e quindi la distribuzione di probabilità di fatto è discretizzata, dal che consegue che un valore nullo può uscire. Insomma, può benissimo essere che in un dato anno il tasso di crescita di un paese risulti 0, o magari 0,0, o anche 0,00, anche se in realtà è 0,00000000000000000002000000000000000000000600000000000000001000000000000000000452394209830495680495860459y7809234233523445000000000000000000333333332349874534587983453450000000000000000000656456908904359860459680984560.

Chiaro?

Bene, allora in quell'anno se facciamo il rapporto fra il tasso di crescita del paese che cresce poniamo al 3% e quello del paese che cresce a zero cosa otteniamo?

0,03/0,00

E che faccio? Uso la formula di de l'Hopital dopo che la calcolatrice mi ha mandato al diavolo?

Ma io dico: ma come minchia vi viene in mente! Il rapporto fra due tassi di crescita non si può fare (come non si può prendere, poniamo, il logaritmo del saldo delle partite correnti, soprattutto in Italia).


LEBBASI, CAZZO!

Vabbè, Bruno, ti grazio perché devo incistarmi da te in Transilvania, una volta, prima di morire (e possibilmente a febbraio, quando fa fresco...).

Anche Mons Colombo non ne esce benissimo, però alla fine quello che dice ha meno nonsenso di quello che dicono gli altri.


E ora lo capite, vero, perché siamo spacciati?


Perché persone che mi seguono da anni non riescono a interpretare un grafico banale che ho mostrato loro (in forme sostanzialmente identiche) decine di volte, stante che esso è il segno più evidente del nostro declino e della nostra vergogna.

Perché persone che in teoria mi vogliono bene in pratica mi vogliono al loro servizio, mi vogliono per segretaria, dimenticando quella cosetta del surplus e del deficit, ovvero non hanno la benché minima voglia di fare un minimo sforzo in prima persona. Tanto c'è Bagnai che risponde...

Ma che cazzo di rispetto è?

Ecco.

Pensate a quante volte qui qualcuno ha detto: "Famoerpartito". Bene. Famolo. Così poi alle tre di notte mi chiamerete da Pordenone, o da Enna, per chiedermi come si mette la colla sui manifesti!

Fatelo voi.

Poi quando avete il 51% io se mi chiamate vengo (ma solo se mi date il ministero degli interni).

Dall'Australia, ovviamente...


(...p.s.: la colla è meglio metterla sul muro, e poi ci appiccicate i manifesti. Almeno, a me questa sembra la prassi più sicura. Io non sono un politico, quindi...)