(...la traduzione in italiano del mio intervento sul magazine That sinking feeling. Enjoy responsibly...)
Secondo il Wikizionario, si intende per austerità un “atteggiamento
e comportamento personale rigido e, a volte, intransigente nel contenere i
desideri, le esigenze, le abitudini e il contegno”. La prima domanda che
dovremmo porci quando parliamo di austerità è perché mai per descrivere uno
strumento di politica economica (sostanzialmente, politiche di tagli alla spesa
pubblica) si utilizzi una parola che trasmette un giudizio di valore positivo. L’austerità,
in linea di principio, è una virtù, o per lo meno sono percepiti come vizi
alcuni suoi antonimi, come la licenziosità, o la lussuria.
La scelta delle parole è importante. Ogni
volta che una parola connotata positivamente in termini emotivi viene
utilizzata in un dibattito nel quale dovrebbe prevalere la razionalità, la
manipolazione è all’opera, e il disastro incombe. Il “sogno” europeo e
l’“austerità” sono due ottimi esempi (e il secondo è ampiamente una conseguenza
del primo). La favoletta morale suggerita dal termine “austerità” è semplice:
la crisi con la quale conviviamo da anni sarebbe stata causata dalla
prodigalità dello Stato ladro. La medicina amara dell’austerità, somministrata
da tecnocrati virtuosi, è l’unico rimedio per simili eccessi del passato.
Inutile dirlo, questa favola è sembrata plausibile a quelli che Keynes chiama
“the ordinary unistructed person”, e che noi forse chiameremmo l’uomo della
strada, o la società “civile”. Tutti siamo chiamati a pagare le imposte, e
molti reagiscono considerando lo stato come un nemico. Una favola in cui il
cattivo è un tuo nemico indubbiamente è seducente. Tuttavia, non per questo
rispecchierà la realtà.
Fin dall’inizio della crisi un ristretto
gruppo di economisti ha posto in evidenza come la
favola dell’austerità non rispecchiasse la realtà fattuale: nella maggior
parte dei paesi in crisi il debito pubblico era stabile o decrescente. In ogni
e ciascun caso era il debito privato con l’estero ad essere cresciuto, ovvero
il debito delle imprese e delle famiglie residenti verso creditori (ovviamente
privati) non residenti. Quindi ciò cui assistevamo non era una crisi di debito “sovrano”,
ma di bilancia dei pagamenti con l’estero (che amara ironia – o che scaltra
manipolazione! Chiamiamo “sovrano” il debito di stati che sono sempre più
spossessati della propria sovranità economica dall’applicazione selettiva delle
regole europee…). La crisi quindi non era stata causata dalla prodigalità dei
governi, quanto dal fatto che l’euro, troppo debole per i paesi del Nord e
troppo forte per quelli del Sud, aveva favorito l’accumularsi di enormi
squilibri commerciali: le esportazioni dei paesi del Nord erano state favorite
da una valuta relativamente debole, così come le importazioni dei paesi del Sud
lo erano state dalla stessa valuta, che per loro era, però, relativamente
forte. In più, l’euro aveva favorito l’incauto finanziamento di questi
squilibri. In effetti, era proprio per questo che l’euro era stato fatto: per
favorire l’integrazione finanziaria, cioè la capacità dei residenti di un paese
di indebitarsi coi creditori di un altro paese.
Nel periodo più caldo della crisi (era il
2011) nessuno ci stette a sentire. Ma poi, il 23 maggio del 2013 il
vicepresidente della Bce, Vitor Constâncio, confermò, in un suo celebre
discorso tenuto alla Banca nazionale greca, che il
debito pubblico non era la causa della crisi. Dopo solo altri due anni, il
7 settembre 2015, Francesco Giavazzi, il sommo sacerdote degli “austeriani”, è giunto
alla stessa conclusione, su Voxeu.org. Ciò significa forse che l’austerità
fosse una politica sbagliata? Per quanto ciò possa sembrare paradossale, l’austerità
è risultata essere la
risposta (provvisoriamente) giusta alla domanda sbagliata. La domanda (come
risanare la finanza pubblica?) era sbagliata, perché il debito pubblico
inizialmente non era un problema. Ma la risposta era giusta, perché “destroying
domestic demand” (“distruggendo la domanda interna, nelle parole di Mario
Monti), l’austerità ha riequilibrato i conti con l’estero, che erano il vero
problema. La caduta del reddito nei paesi del Sud ha ridotto le loro
importazioni; si supponeva inoltre che la caduta dei redditi da lavoro (che dal
punto di vista dell’impresa sono il costo del lavoro), favorita da una disoccupazione
alle stelle, potesse dare impulso alle loro esportazioni.
Tanto per fare un esempio, in Italia dal 2010
al 2014 il saldo della bilancia dei pagamenti (partite correnti) è migliorato
di 5 punti percentuali di Pil. Ma per questo risultato si è pagato un costo: il
debito pubblico è aumentato di 17
punti di Pil, e la perdita di Pil cumulata è arrivata al -2.6%. Perché mai l’austerità
ha deteriorato le finanze pubbliche, invece di risanarle? Bè, perché, come non
era difficile capire, “distruggendo domanda” si causa una crisi di domanda, e
quindi deflazione. Mentre
l’onere del debito in termini reali stava aumentando, la raccolta fiscale stava
diminuendo, e il rapporto debito/Pil è esploso. Improvvisamente la domanda
sbagliata è diventata quella giusta! Il debito pubblico sta diventando un
problema pressoché ovunque nell’Eurozona. Ma a monte di tutto questo, la
strategia che consiste nel rispondere a shock esterni distruggendo domanda
interna elimina il principale vantaggio dell’unione economica, che è appunto l’opportunità
di sostenere la crescita dei paesi membri attraverso con la domanda espressa da
un grande mercato unico (come aveva giudiziosamente evidenziato un altro “austeriano”,
Alesina,
nel 1997).
C’è una strategia alternativa? Ma certo che c’è!
Qualsiasi libro di testo vi dirà che è la flessibilità del cambio nominale. Esatto:
avete capito! Nell’Eurozona, l’applicazione di questa strategia passa per la
fine dell’euro. Naturalmente i credenti nella religione dell’euro da questo
orecchio non ci sentono. La reazione dei più fanatici consiste nel proporre un’altra
favoletta morale, nella quale il cattivo è l’austerità malvagia, imposta da
perfidi tecnocrati. Ma ora, continua la favoletta, gli ardimentosi politici
combatteranno l’austerità, e come sempre sarà il bene a vincere e il male a
perdere. Definisco “appellisti” questi contafavole, per la loro abitudine
seccante di scrivere lunghi appelli. Per motivi non meglio specificati questi
colleghi sembrano non capire che una espansione unilaterale del reddito nei
paesi del Sud comprometterebbe sia le bilance dei pagamenti che (dopo l’austerità)
i conti pubblici di questi ultimi. E si rifiutano anche di capire che politiche
espansive coordinate a livello dell’Eurozona non sono politicamente fattibili.
Certo, ognuno è libero di auspicarle, e di scrivere un bell’appello per
chiederne l’applicazione, ma il caso greco è un eloquente esempio dell’uso
cui son destinati gli appelli.
Riassumendo:
con gli “austeriani” e le loro tardive conversioni la scienza economica ha
perso la propria credibilità. Con gli “appellisti” sta perdendo la propria
dignità. Ogni libro di testo del triennio vi spiegherà
che a meno che non si ripristini un certo grado di flessibilità del cambio, un
eccesso di importazioni può essere rettificato sono tagliando i redditi (e per
questa strada portando l’intero sistema al collasso). Il rifiuto di riconoscere
questo semplice dato di fatto rischia di riaprire in Europa la stagione buia
delle guerre di religione, con l’unica differenza che questa volta la storia è
cominciata quando i politici europei hanno deciso che “(una poltrona a) Bruxelles
val bene una moneta unica”.
Infatti,oggi sciopero e scontri ad Atene:
RispondiEliminahttp://www.ilpost.it/2015/11/12/oggi-ce-uno-sciopero-generale-in-grecia/
Vabbè ho provato a discuisire anche sul termine 'svalutazione' (che ha necessariamente una valenza negativa), ma poi ho rinunciato per manifesta incapacità.
RispondiEliminaComunque ieri dalla Lilli c'è stata l'unica che ha detto le cose come stanno, purtroppo non una economista, ma una comica: Sabrina Guzzanti
Cuando ai discuisito?
EliminaChe figura. I correttori mi hanno fatto diventare diversamente italiano. Poi è Sabina non Sabrina. Per un po' non scriverò più commenti. Però il suo nuovo spettacolo è molto interessante.
EliminaA proposito, che cosa ha detto la Guzzanti sull'euro?
EliminaNon ricordo se siano andati sull'argomento Euro però ha parlato di perdita di democrazia determinata dalle politiche neoliberiste europee portate avanti anche dal nostro governo. Ha detto che il problema è 'politico' non economico. Che la riforma del senato è un mezzo per ridurre potere democratico a favore delle politiche europee. Il suo spettacolo affronta il tema della circuizione operata dai sistemi mediatici di questo periodo. Mi sembrava che avesse colto quelli che sono le questioni di fondo. Poi non le hanno dato modo di parlare molto e non ho visto lo spettacolo, ma il punto di partenza è interessante.
EliminaLa cosa disgustosa è che un appellista ha firmato il monito del 2010 e poi qualche anno dopo ha firmato un altro in cui si sconsigliava l'uscita dall'euro.Alcuni intellettuali sono più preoccupati,ideologicamente e non solo materialmente, di un'asfaltata elettorale anziché delle classi sociali da rappresentare.
RispondiEliminaAvete ormai gli elementi per capire che quando un collega esce dal solco dei libri del primo anno (che sono un patrimonio sostanzialmente condiviso dalla professione) dietro ci sono sempre motivazioni di "politique politicienne"...
EliminaProf, io ho una domanda che mi pongo da quando ho iniziato a capire tutto il meccanismo diabolico. Magari l'ha giá affrontata varie volte e se cosí fosse me ne scuso. Se nessuno puó vincere le elezioni con un programma che preveda l'uscita dall'euro, perché se i sondaggi dessero in vantaggio tale partito si scatenerebbe la madre di tutte le fughe di capitali. Secondo me l'euro break up arriverá solo con la distruzione del paese piú debole(Grecia, Portogallo) oppure ancora dopo quando crollerá un paese abbastanza grande(Spagna, Italia o Francia). L'unica altra maniera é una vittoria elettorale in bluff euro possibilsta e poi svolta con: uscita dall'euro, corallito, nazionalizzazione alcune banche, nazionalizzazione banca centrale, etc. Concludo dicendo che chi ci ha messo consapevolmente in questa situazione merita di bruciare all'inferno(ma esiste? Non credo)
EliminaAh dimenticavo ceterum censeo euro delendum esse
EliminaSalve Prof!
RispondiEliminaSono un architetto abruzzese di 34 anni, la seguo da circa 3 ed è grazie a lei, e a tutti i suoi (pochi) colleghi che hanno avuto il coraggio di dire apertamente che il Re è nudo, che in me è nata una grande passione per i temi economici. Ormai è da 3 anni che occupo buona parte del mio tempo libero, quando non sono impegnato con la musica, a studiare i fondamenti e, più in generale, a cercare di capire come funziona l'economia (come insegnava Maffeo Pantaleoni). Questa è la prima volta che scrivo sul suo blog e non le nego che sono anche un po' emozionato! Spero ci sia tempo di poterla quantomeno conoscere e salutare di persona in occasione del Goofy4 che stavolta non perderò!
Vengo alla domanda:
Abbiamo assistito a diverse crisi negli ultimi 35 anni e in occasione di ognuna di esse contemporaneamente crollava un modello economico di fatto insostenibile. E' crollato nel '92, insieme allo SME, un modello capitalistico obbligazionario e nel 2001 ne è crollato un altro di tipo finanziario. Con la crisi del 2007/2008 speravo crollasse anche quello che stiamo vivendo da 14 lunghi anni e, insieme, anche questa scriteriata e antidemocratica unione monetaria.
Ahinoi, a differenza degli altri precedenti storici, stavolta le Banche Centrali si son messe in mezzo e attraverso autorizzazioni monetarie illimitate hanno prima salvato il culo alle banche (peraltro senza chiedere nulla in cambio...cioè di smettere con le loro attività speculative) e adesso stanno continuando a tenere in piedi la giostra eurocratica in questo capitalismo iperspeculativo.
Ormai "Il tramonto dell'euro" ha spento 3 candeline e va per la quarta (come direbbe mio nonno), ma sembra che questo modello economico, palesemente insostenibile e forse il peggiore tra quelli sperimentati dal '79 in poi, non voglia proprio cadere.
Ci sono degli elementi che possono dirci in qualche modo come ne usciremo e soprattutto quando? Grazie.
Con immensa stima.
Piero.
Risponderò io se mi consenti:
EliminaIl sistema è intrinsecamente instabile, difficile prevedere con maggior precisione di quella già usata dal prof quando e quale sarà il modo con cui il tavolo verrà rovesciato (e cosa verrà dopo, perché il dopo potrebbe essere anche Zingy).
Zingy potrebbe essere anche il meno peggio, visto che le cause di uscita più gettonate sono: una crisi di liquidità del sistema bancario di uno Stato nell'ez con massa sufficiente a non essere sbriciolato, o direttamente una guerra.
Quello che continuo a chiedermi è questo: ce la faremo, in qualche modo, a cambiare pagina pur dovendo attraversare un altro periodo di estrema recessione, oppure andremo dritti verso un vero e proprio conflitto?
EliminaSe si continua su questa strada il rischio diventa sempre più una certezza. A 34 anni questa prospettiva sinceramente mi toglie ogni speranza e ogni stimolo...
Notizia di ieri:
Eliminahttp://www.wallstreetitalia.com/bce-potrebbe-comprare-bond-di-citta-e-regioni/
Fino a che punto sti maledetti si spingeranno per mantenere in piedi l'eurozona? Stavolta, rispetto alle crisi del passato che ho citato nella mia prima risposta, non se ne vede proprio la fine...
Edit: a parte la cazzata su Hitler, ma va beh, se devi disinformare è ovvio che lo fai fino in fondo.
EliminaCaro Professore, ma Fassina e company hanno scelto la narraffione? Perchè se è così, siamo veramente alla fine di ogni tipo di svolta politica per la Sinistra, almeno quella che intendiamo io e Lei.
RispondiEliminaGrazie di tutto, of course.
PS Qualche notizia sulla diretta streaming? Vorrei organizzare un gruppo d'ascolto del goofy tra pochi ma buoni Italiani ex piddini.
Fassina disse che non c'e' sinistra nell'euro, pero' vuole salvare l'euro.
EliminaDi che sinistra parla, dunque?
La risposta e' nei fatti, fara' la foglia di fico di renzi, fornendo l'ennesima replica di tsipras ai piddini delusi.
Io spero ancora in una cosa: che l'incontro con Lafontaine piuttosto che con Melenchon lo convinca a rompere gli indugi sull'euro.
EliminaOT
RispondiEliminaNel tweet di @nero che compare di lato, leggo "la grecia ha bisogno di nuove elezioni: tsipras contro tsipras"
e mi chiedo a quale Oscar il greco si candidi.
L'allusione che ho taciuta sopra, altrimenti non sarebbe stata allusione, è al film "Kramer contro Kramer", con Meryl Streep e Dustin Hoffman (forse), che ebbero l'Oscar (forse).
Bagnai thatcheriano!
RispondiEliminaOT
RispondiEliminahttp://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2015/11/11/boldrini-contro-i-mali-non-servono-muri_d022003f-04ed-4b0c-8740-17d3d106c411.html
Gli schizzi di sangue si notano meno sul grembiule rosa,ma anche sulle quote(sempre rosa):le AngelE,le ElsE,le LaurE,le MariE ElenE,le CamussE,le ConcitE,tra poco le IlariE ClintonNE...
È la modernità,bellezzE!
Il link su destroying domestic demand alla famigerata intervista di Monti concessa alla CNN non è più valido, come notavi su Twitter.
RispondiEliminaQuando cambia il Presidente del Consiglio spostano su Siti Archeologici il sito del precedente governo.
La trascrizione dell'intervista è reperibile a questo nuovo link: Trascrizione dell’intervista rilasciata dal Presidente del Consiglio alla trasmissione GPS della CNN, andata in onda domenica 20 maggio, a margine del G8 (lingua inglese).
Non è altro che una copia della trascrizione della stessa CNN: FAREED ZAKARIA GPS - Interview with Italian Prime Minister Mario Monti (scorrete per arrivare al testo, è una pagina un po' sgarrupata).
È disponibile, grazie a Byoblu, anche la porzione di video dove Monti pronuncia quella frase («We're actually destroying domestic demand through fiscal consolidation»).