(sempre per la serie ce l’avevano detto, e per l’altra serie “pe’ malati c’è la china...”)
Vi ricordate Pantegana? Il mio più tragico fallimento
didattico? Il piddino che mi sono covato in seno? Dai, non è proprio così... Non
siamo mai più tornati sul suo discorso, c’erano tante e tante cose da dire, ma
in fondo l’idea del ripristino del Glass-Steagall, per esempio, non è mica
cattiva. E poi, quando parlavo di fallimento didattico, io scherzavo, va da sé.
Fosse stato vero, avrei preferito tacere: i fallimenti, di solito, si tende ad
occultarli. Invece io so che lui ha imparato molto da me, e anch’io ho imparato
molto da lui. Per esempio, l’uso dell’accordo di settima di quarta specie (ma
anche di quello di nona), non preparato, a scopo di rimorchio. Pensa, Panty,
che poi, quando ho preso il mio secondo diploma, ho fatto una gran bella figura
con l’insegnante di lettura della partitura grazie a te, perché tu mi avevi insegnato
che in questa musica decadente che piace a voi un accordo dissonante può avere
funzione di tonica. Quattro note (ma giuste) e da cembalista puoi riciclarti
pianista jazz (si fa per dire)... Che poi, volendo parlare a molti (come pochi
mi chiedono) indubbiamente sarebbe una strategia vincente. Mi scuserai, Panty,
se non ho ancora trovato tempo di far tesoro dei tuoi insegnamenti: ormai temo
sia tardi.
In compenso tu hai fatto tesoro dei miei, e non sai quanto
sono fiero di te.
Ecco che ricevo quindi dalle cloache della finanza un altro
sms del buon Panty, che sottopongo alla vostra attenzione, perché si pone una
domanda che credo qualcun altro si ponga (certamente l’amico del tornese, ma,
ne sono certo anche molti altri).
Ti leggo almeno una volta a settimana... Un
abbraccio profondo e sincero, su alcuni temi non sono sempre allineato ma ti
leggo sempre con gusto. Ti auguro sempre il meglio! Alla fine se gli squilibri
di bilancia esistono in qualsiasi sottoinsieme del sistema: paesi, regioni,
province... città... Ma allora qual è il perimetro di taglio per le valute?
Facciamo la valuta dei Parioli? Hugs!
La mia risposta sintetica:
Te mi sa che la dogana
di Piazza Ungheria lunedì non la passi.
Ma ora ci vuole una risposta analitica. Spererei fosse
inutile. In fondo, avrei diritto di sperarlo da uno studente di economia: insomma:
è stato dato un premio Nobel su questa storia. So bene che non è esattamente la
stessa cosa (per quanto...), ma voi, 67 anni dopo il Nobel a Fleming e
compagnia, se avete un’infezione seria gli antibiotici li prendete, no? Mettetevi comodi.
I tre moschettieri
Nell’ottobre del 1990 esce su European Economy, rivista della Direzione generale per gli affari
economici e finanziari della Commissione Europea, uno studio dall’incisivo
titolo: One market, one money, e dal sottotitolo
chiarificatore: An evaluation of the
potential benefits and costs of forming an economic and monetary union. Lo
studio era stato commissionato, che poi significa pagato, dalla Commissione ad
alcuni economisti. Vale la pena di nominarli, visto che, a differenza delle
valute nazionali, gli autori di questo bel rapporto sono ancora in circolo: il
coordinatore era Michael Emerson (strutturato alla Commissione come Direttore
per la valutazione economica delle politiche comunitarie), i principali autori
erano Jean Pisany-Ferry e Daniel Gros (consulenti), e giù a seguire una sfilza
di altre figure minori (olandesi, inglesi, tedeschi, francesi, belgi).
La decisione di avviare il processo che avrebbe condotto all’euro
era sostanzialmente già stata presa (Consiglio europeo di Dublino, aprile
1990), ma certo, così, pro forma, c’era
bisogno di uno studio “scientifico” che “dimostrasse” che era una buona idea.
Siamo in un’economia di mercato: basta pagare, ed ecco lo studio adatto.
Perché, insomma, ci sarà ancora qualche piddino in giro per queste stanze
(nonostante la disinfestazione), ma voi capite bene che i solerti autori,
ispirati dai soldi che avevano ricevuto, non potevano che giungere, come
infatti giunsero, alla conclusione che l’unione economica e monetaria (UEM)
avrebbe avuto effetti mirabolanti. L’asino, si sa, lo si attacca dove vuole il
padrone. Mi sembra una elementare norma di buon comportamento.
Il buongiorno si vede dal mattino. E qui, già il
sottotitolo, invece di parlare di costi e benefici (come nella formula
standard: costs-benefits analysis)
parla di benefici (prima) e costi (dopo). Dettagli? Forse... Intanto, se
cercate con Google “costs and benefits” trovate quasi otto milioni di pagine.
Se cercate “benefits and costs” ne trovate circa un quarto. Una scelta un po’
anticonvenzionale, quella di mettere avanti i benefici.
Pensate! Secondo gli
autori di questo bel rapporto l’unificazione monetaria avrebbe fatto risparmiare
lo 0.4% del Pil europeo di costi di transazione! Accipicchia: all’epoca
sarebbero stati circa 25 miliardi di euro per l’intera Europa (feci il calcolo
in questo mio articolo).
Barry Eichengreen, che non è esattamente uno di passaggio
(top 5% a livello mondiale secondo praticamente tutti i possibili criteri di
valutazione – numero di opere, numero di citazioni, ecc. – professore all’Università
della California a Berkeley, ecc.) in un suo articolo sul Journal of Economic Literature del 1992 (all’epoca fra le prime due
o tre riviste per impact factor)
notava però che un guadagno simile poteva difficilmente essere considerato
adeguato, al confronto dei rischi che il progetto comportava. Sagge parole,
inascoltate come di consueto.
Ma i rischi, per i nostri amiconi, non c’erano. Certo,
sempre pro forma, qualche costo
bisognava menzionarlo (altrimenti lo studio non sarebbe sembrato abbastanza
scientifico, e invece bisognava che lo sembrasse). E infatti i nostri tre
moschettieri cosa fanno? A pagina 11, punto (iv), sciorinano la solita
pappardella:
“Reazione a shock economici. Il
principale costo potenziale dell’UEM è rappresentato dalla perdita delle
politiche monetarie e valutarie nazionali, come strumenti di risposta a shock
esterni. Questa perdita però non va esagerata, perché sarà sempre possibile
aggiustare il tasso di cambio della moneta unica rispetto al resto del mondo,
mentre all’interno del Sistema Monetario Europeo le variazioni del tasso di
cambio nominale di fatto sono già state abbandonate come strumento di politica,
e l’UEM ridurrà l’incidenza di shock specifici sui singoli paesi membri. E poi,
il costo del lavoro potrà sempre cambiare, le politiche fiscali nazionali e
comunitarie potranno assorbire parte degli shock e aiutare gli aggiustamenti, e
il vincolo della bilancia dei pagamenti scomparirà.”
L’intento, è ovvio, è quello di minimizzare. Eppure...
Dai, contiamole...
Una... due... tre... quattro... cinque affermazioni lievemente imprecise
in nove righe. Bisogna impegnarsi, ma, come i fatti dimostrano, ce la si può
fare. Vediamole rapidamente.
Cinque pezzi facili
Numero uno: l’Unione monetaria non sarà un gran problema
perché “sarà possibile aggiustare il cambio della moneta unica rispetto al
resto del mondo”. Sì, amico caro, sarà possibile, ma il fatto è che i paesi
dell’Unione commerciano soprattutto fra di loro (sai, ci sono i costi di
trasporto, e quindi si commercia di più con chi ti è vicino, anche perché è più
facile capire che gusti ha). Quindi, come dire, amico mio, per un paese come l’Italia
o la Spagna l’aggiustamento del cambio verso il resto del mondo non risolve
nemmeno la metà del problema, se il problema è determinato dagli scambi con gli
altri paesi europei (come era già allora, ed è adesso). E ancora! Bisogna che
il cambio si muova in una direzione che fa comodo a tutti, e non sempre questa
direzione esiste. Magari un paese avrebbe bisogno di rivalutare e un altro di
svalutare, e allora cosa si fa?
Numero due: ma comunque l’UEM ridurrà l’incidenza di shock
specifici, cioè tutti i paesi saranno insieme nelle stesse condizioni: o tutti
in recessione, o tutti in espansione, e quindi il problema di differenziare le
politiche non si porrà. Ah sì? A giudicare da quello che sta succedendo non si
direbbe (Germania e Grecia non mi sembrano nelle stesse condizioni), e del
resto all’epoca di Emerson questa affermazione era del tutto campata in aria:
una petizione di principio, wishful
thinking. Quando poi, a danno fatto, si sono potuti osservare i dati,
qualcuno (Spennacchiotto, ve lo ricordate?)
ha provato a dimostrare che in effetti questo effetto di “omogeneizzazione” dei
cicli si era verificato. Ma ricorderete anche che il suo studio faceva schifo e gli è valso tante ma tante mazzate sui denti (da Persson, da Baldwin, e via dicendo). Povero Spennacchiotto...
Numero tre: “be’, a cosa serve aggiustare il cambio
nominale? Già non lo stiamo più facendo! Abbiamo abbandonato il cambio come
strumento di politica...” Ah sì? Questione di punti di vista: dal 1980 al 1989
c’erano stati nove riallineamenti dei cambi all’interno del Sistema Monetario Europeo.
Dire che il cambio nominale non veniva più usato... era un po’ azzardato. Un
azzardo del quale del resto furono vittime due altri importanti economisti:
Jeffrey Frankel e Steven Phillips. Poracci! Avevano preparato per gli Oxford Economic Papers (mica per Lancio
Story) un bell’articolo dal titolo: “Il Sistema Monetario Europeo: finalmente credibile?”
nel quale dicevano che la credibilità degli accordi di cambio europei era
andata aumentando dal 1988 al 1991... ed ecco che nel settembre del 1992
succede il putiferio che sappiamo, la lira si sgancia e svaluta, la sterlina
pure... e a ottobre esce l’articolo di Frankel e Phillips! Il nostro lavoro,
non sembra, ma è pericoloso. O meglio, lo sarebbe se ci fossero più bastardi
come me che raccontano cosa succede dietro le quinte delle riviste
scientifiche... Sintesi: il cambio nominale serviva come strumento di politica
economica, e come se serviva, e dire di no era un po’ come fermare il vento con
le mani. Solo che non era il ponentino, era un tornado.
Numero quattro: le politiche fiscali nazionali e comunitarie
potranno assorbire gli shock. Daje a ride’, dicono a Roma. Che le politiche
comunitarie non potessero assorbire un bel nulla lo avevano fatto adeguatamente
notare Bayoumi e Eichengreen nel loro articolo “Aspetti ‘scioccanti’ dell’unione monetaria europea”.
In questo articolo essi facevano notare che rispetto agli Stati Uniti gli stati
dell’Eurozona erano molto più soggetti a shock “idiosincratici” (ovvero: poteva
benissimo capitare che un paese fosse in recessione mentre altri erano in
espansione), e quindi l'Eurozona avrebbe avuto molto più bisogno degli Stati Uniti di politiche
che compensassero questi squilibri del ciclo fra l’uno e l’altro paese. Sì:
avete capito: è esattamente quello che sta succedendo adesso, con la Grecia in
crisi e la Germania (ancora) no.
E i due impietosi autori continuavano osservando che nonostante l’Europa avesse più bisogno degli Stati Uniti di meccanismi compensativi, di fatto mentre negli Usa questi meccanismi esistevano, in Europa ce n’erano per nulla! Negli Usa uno shock negativo sul reddito di uno stato veniva compensato per almeno un terzo da trasferimenti federali (sussidi, riduzioni automatiche delle imposte, ecc.). In Europa nulla di tutto questo. E in Europa i bilanci nazionali, spesso schiacciati dal peso dei pagamenti per interessi (che si erano alzati per difendere i tassi di cambio “credibili”) non avevano spazio per difendere in qualche modo i propri cittadini dagli effetti di shock avversi. Così come non ne hanno adesso. Solo che ora lo vediamo anche noi, e allora lo vedevano solo gli economisti non pagati dalla Commissione. Non c’è che dire: una mazzetta di marchi (a quei tempi gli euro non c’erano) è proprio un bel collirio: te la applichi sugli occhi, e non vedi più nulla...
E i due impietosi autori continuavano osservando che nonostante l’Europa avesse più bisogno degli Stati Uniti di meccanismi compensativi, di fatto mentre negli Usa questi meccanismi esistevano, in Europa ce n’erano per nulla! Negli Usa uno shock negativo sul reddito di uno stato veniva compensato per almeno un terzo da trasferimenti federali (sussidi, riduzioni automatiche delle imposte, ecc.). In Europa nulla di tutto questo. E in Europa i bilanci nazionali, spesso schiacciati dal peso dei pagamenti per interessi (che si erano alzati per difendere i tassi di cambio “credibili”) non avevano spazio per difendere in qualche modo i propri cittadini dagli effetti di shock avversi. Così come non ne hanno adesso. Solo che ora lo vediamo anche noi, e allora lo vedevano solo gli economisti non pagati dalla Commissione. Non c’è che dire: una mazzetta di marchi (a quei tempi gli euro non c’erano) è proprio un bel collirio: te la applichi sugli occhi, e non vedi più nulla...
And the winner is...
Numero cinque: il vincolo della bilancia dei pagamenti
scomparirà (per la precisione: “the external current account constraint will
disappear”). Questa, ragazzi, è talmente enorme, ma talmente enorme... Non so
nemmeno se riesco a spiegarvela. Insomma: i nostri amiconi dicevano che quando
avremmo avuto una moneta unica, di fatto i paesi membri non avrebbero più avuto
alcun vincolo esterno (beninteso, fra di loro).Certo!
Questo sarebbe stato possibile se ognuno avesse mantenuto un proprio istituto di emissione! Compro duecento milioni di euro di cantate di Bach dalla Germania, ma gli vendo solo 100 milioni di euro di triosonate di Corelli. Che problema c’è? Stampo a Roma gli euro che mancano... Ma... Amici! Le cose non vanno così, e lo vediamo ogni giorno, e lo vediamo anche in Italia. Il vincolo esterno esiste. Appunto, come dice l’amico Panty! Ogni sottoinsieme del sistema ha un vincolo della bilancia dei pagamenti: Panty dice “paesi, regioni, province, città”... e io aggiungo: “persone”.
Scusate tanto...
Faccio un esempio per far capire di cosa stiamo parlando. Uscite di casa e andate al bar. Prendete un caffè. Un euro. Cacciate l’euro dalla tasca. Andate dal notaio e comprate un appartamento. Centomila euro (siete di poche pretese). Li cacciate dalle tasche? Non credo. E allora? E allora ogni unità economica (persona, città, provincia, cosa, o animale) se deve fare una spesa ha due possibilità: o la finanzia con i propri redditi, o si indebita (e poi prova a rimborsare il debito). Punto. Si chiama vincolo di bilancio, o, se volete, bilancia dei pagamenti, e ce l'hanno tutti. Prima di spendere o guadagnate o prendete in prestito (o comprate a credito, che è esattamente come prendere soldi in prestito dal venditore).
C’entra qualcosa il fatto che il debito venga contratto in lire, euro, perline colorate o foglie di tabacco? No, no, no, no, no, mille, diecimila, centomila volte no. Il fatto che se vogliamo disporre di potere di acquisto prima dobbiamo procurarcelo, vuoi come reddito (lavorando), vuoi come prestito (indebitandoci), è del tutto privo di relazione con l’unità monetaria nella quale quel potere di acquisto è definito. Il che, di converso, significa che cambiare unità monetaria (ad esempio, in seguito a una Unione), non dispensa le unità residenti in un paese dalla necessità di soddisfare agli obblighi contratti con unità non residenti.
Altro che "the external constraint will disappear"! Ma come si fa! O Signore...
Insomma: dopo l’Unione monetaria, il debito che un greco contrae con un tedesco rimane un debito estero e va (cioè andrebbe) ovviamente rimborsato. Il vincolo continua ad esistere. E quindi la persistenza di squilibri commerciali (con la necessità di indebitarsi per pagare le importazioni che non riesci a finanziare vendendo beni all’estero) continua ovviamente a costituire un problema, un enorme problema, anche in una unione monetaria. Anzi: il problema, invece che scomparire, come dicono i tre amiconi, si amplifica, perché naturalmente se la moneta è unica non c’è verso di utilizzare il cambio per rimettere le cose a posto. Prima, se ti stavi indebitando con l’estero, dopo un po’ o svalutavi tu o rivalutava il creditore (nove volte in nove anni...). Dopo... ecco: ora siamo al dopo!
Insomma: cinque enormi, solenni, inequivocabili,sfolgoranti, adamantine affermazioni lievemente imprecise.
L'intrusa
Ma attenzione!
Perché fra quelle righe si era infilata, così, di soppiatto,
in punta di piedi, per non disturbare, un po’ arrossendo, poverina, una unica
verità. Una verità che ora tutti capiscono, anche perché ora, ora che i giochi
sono fatti (crede lui) perfino il giornale dei padroni ce la sbatte in faccia.
Ma prima, prima, be’, per completezza questa verità bisognava dirla, sapete, la
scienza... Ma la si diceva, come dire, un po’ in sordina, la si diceva in modo
molto tecnico, perché non venisse capita da tutti, ma solo da chi, pur
capendola, non aveva alcun interesse a trarne le conclusioni.
E qual è questa verità? Semplice: “relative labour costs will still be able to change”. Cosa
vuol dire? Semplice. Vuol dire quello che ci dice da “La voce del padrone” il simpatico Da Rold (leggete il punto 6 e guardate chi nomina al punto 4): in un’unione monetaria non puoi più svalutare il cambio (un
euro italiano è uguale a un euro tedesco), e quindi, se ci sono problemi, devi
svalutare il salario (cioè se i tedeschi decidono di pagare di meno i loro lavoratori, gli italiani devono fare la stessa cosa o soccombere). Ecco. Questa
è l’unica cosa giusta detta dai tre amiconi, e credo che oggi, con i tagli dei
salari del 30% in Grecia (ai quali perfino alcuni dei miei lettori hanno
osannato, poracci...), credo che tutti capiamo di cosa stiamo parlando. E non
dite che non ce lo avevano detto: perfino gli “economisti” “pagati” (perché il
termine giusto è prezzolati, ma non è politicamente corretto) dalla Commissione
ve lo avevano detto! E perché non li avete letti?
Bene.
Anzi, male.
Perché se questa è l’unica cosa giusta, allora nell’articolo
dei tre moschettieri c’è un’altra cosa sbagliata. Il titolo. Che non avrebbe
dovuto essere “One market, one money”, ma “One labour market, one money”.
Ovvero: visto che con una unione monetaria gli shock si scaricano sul mercato
del lavoro, la dimensione ottimale di un’area che adotta una moneta unica è
quella che corrisponde a un mercato del lavoro omogeneo. In questo modo, quando
lo shock arriva, il lavoratore può spostarsi, a parità di contratti di lavoro,
di tutele, ecc. da una regione all’altra, e lo shock viene assorbito. Nei
confronti del resto del mondo occorrerà però mantenere i meccanismi di aggiustamento
tradizionali: politica monetaria, politica valutaria (flessibilità del cambio).
Quindi, caro Panty, è inutile che fai tanto lo spiritosetto
con me. La moneta dei Parioli, il tornese... sentite: se lo volete capire, va
bene, altrimenti vi banno, perché qui non stiamo parlando di chi vince il
campionato (cosa della quale, come sapete, a me non importa una bella sega):
qui stiamo parlando della vita delle persone. Potrebbe forse importarmene anche
meno del campionato, chissà... Ma troverei molto poco corretto scherzarci sopra
come fate voi, carissimi.
La dimensione ottimale delle aree valutarie è evidentemente
dettata dalla segmentazione (legislativa, previdenziale, linguistica,
culturale) dei rispettivi mercati del lavoro. Che poi coincide, più o meno, con
quella degli Stati nazionali. L’Eurozona aveva (all’inizio) una dozzina di
membri ognuno con mercati del lavoro profondamente diversi. Metterli sotto il
tetto di una moneta unica ha significato scaricare sui salari i costi degli
aggiustamenti macroeconomici, cioè far sì che in caso di crisi l’unica risposta possibile fosse la
svalutazione dei salari, non essendo più possibile aggiustare né il tasso di
cambio, né quello di interesse. E questo si sapeva perfettamente che sarebbe
successo. Se i tre moschettieri (Emerson, Pisani-Ferry e Gros) lo dicono (quando
gli sarebbe convenuto nasconderlo), è solo perché nasconderlo era impossibile. E
quindi, se lo si poteva prevedere, aggiungo, questo esito, fortemente
sfavorevole ai salariati, è stato voluto, ed è stato voluto perché era
fortemente sfavorevole ai salariati.
Robert Mundell lo aveva detto in modo cristallino quasi
trenta anni prima: alla domanda “what is the appropriate domain of a currency
area?” (quali sono le dimensioni appropriate di una unione monetaria) risponde “an
essential ingredient of a common currency area is a high degree of factor
mobility”: un elemento essenziale è un livello elevato di mobilità dei fattori.
Cosa vuol dire? Vuol dire che una moneta unica può essere sostenuta da un’area
geografica all’interno della quale sia facile per i lavoratori (il fattore
lavoro) spostarsi da zone depresse a zone in espansione. Voi direte: “beh, ma
anche in Europa, prima dell’euro, c’era stata tanta mobilità!”
Certo
Marcinelle qualcuno sa ancora cos’è, giusto?
Duecentosettantaquattro morti, la maggior parte italiani (non pariolini, capisci...). Quindi la mobilità c’era, e aveva enormi costi umani. Per ridurre questi costi, per uniformare i mercati del lavoro, per uniformare i sistemi educativi, per uniformare i sistemi previdenziali, cosa è stato fatto? Nulla. Nulla a parte quella riforma merdosa dell’università, quella che mi impedirà per sempre di poter insegnare qualcosa alle persone brillanti che ancora continuo a incontrare. Nulla. Ma la teoria delle aree valutarie ottimali da lì parte. Non da “facciamo la moneta, il resto seguirà...”. Non dalla realpolitik di Aristide e di Prodi. Dal buon senso di Mundell.
Certo
Marcinelle qualcuno sa ancora cos’è, giusto?
Duecentosettantaquattro morti, la maggior parte italiani (non pariolini, capisci...). Quindi la mobilità c’era, e aveva enormi costi umani. Per ridurre questi costi, per uniformare i mercati del lavoro, per uniformare i sistemi educativi, per uniformare i sistemi previdenziali, cosa è stato fatto? Nulla. Nulla a parte quella riforma merdosa dell’università, quella che mi impedirà per sempre di poter insegnare qualcosa alle persone brillanti che ancora continuo a incontrare. Nulla. Ma la teoria delle aree valutarie ottimali da lì parte. Non da “facciamo la moneta, il resto seguirà...”. Non dalla realpolitik di Aristide e di Prodi. Dal buon senso di Mundell.
Appunto.
Ora chiedono “più Europa”. Ma invece di chiederla dopo,
bastava farla prima. Questo dice la teoria economica: creare uno spazio
economico nel quale i fattori di produzione possano muoversi, come lo fanno
negli Stati Uniti. No, non si poteva! Perché? Semplice. Perché si sapeva che tanto i costi degli
aggiustamenti si sarebbero scaricati sui più deboli, non più protetti, né a
livello economico, né a livello politico, dalla presenza degli Stati nazionali.
Eh già, perché come per caso, via via che questo processo andava avanti, siamo
passati dal proporzionale al maggioritario col “voto utile”, e dal “voto utile”
al non voto, quello che ci ha regalato l’ultimo governo.
Coincidenze.
Sintesi: il perimetro di taglio (come lo chiami tu), cioè la dimensione dell’area valutaria ottimale (come la chiama Mundell) è data da quella entità geografica che dispone di un mercato del lavoro ragionevolmente omogeneo (in termini giuridici, previdenziali, linguistici, ecc.). Quando questo confine viene travalicato, la mobilità dei lavoratori sarà impedita, e gli aggiustamenti si scaricheranno sul tasso di disoccupazione e sui salari (col meccanismo della curva di Phillips).
Certo, ora molti ingegneri spagnoli vanno a lavorare in Germania...
Ma credi che questa mobilità basti a riportare in equilibrio
l’Europa?
Basterà a salvare poche persone estremamente acculturate, come siamo io e te (io grazie a te, tu grazie a me). Ma sai, Panty caro, io e te cadremmo sempre in piedi. Ti ricordi? Chiesero ad Aristippo di Cirene quale fosse la differenza fra il sapiente e il non sapiente, ed egli rispose: "manda tutti e due nudi a gente che non li conosce e la saprai". Sai, noi sapienti siamo così: alle brutte, ci metti davanti a una tastiera, una settima di quarta specie, un paio di none, e la serata la svoltiamo. E allora la domanda è: Panty caro, ora hai figliato anche tu, mi sento come se avessi un nipote (che non ho mai visto, 'tacci tua): ma per te gli altri esistono?
Quelli meno versatili di noi, intendo.
Ecco, faccio la stessa domanda a Alessandro: vuoi andare a spiegare la storia del tornese in un bar di Atene, anziché di Bagnacavallo? Così, per vedere come la prendono.
Ragazzi, non prendiamoci in giro...
Mica avrete creduto che qui si parlasse solo di El Greco? Quello lo uso per disinfettare, ma il lavoro che devo fare è un altro. E ho poco tempo per farlo. Quindi chi capisce capisce, e chi non capisce lo banno. Comments welcome? Certo! Ma solo se prendono in considerazione l'esistenza degli altri, dei diseredati, dei miserabili. Vogliamo ammazzarli? In un mondo nel quale l'obesità è un serio problema (casualmente, nel paese che assorbe i due terzi dei risparmi netti di tutti gli altri paesi messi insieme)! In un mondo nel quale ce ne sarebbe per tutti... O vogliamo pensare a un mondo meno assurdo? Ma cominciando da casa nostra, però...
Caro Schneider, sì, in effetti ho barato. Non conosco solo il Protagora. Ma rimango comunque un dilettante, ci mancherebbe! E tu, visto che mi parli di togliersi soddisfazioni, ti ricordi chi era Mabeuf?... Sai, quello che fa capire a Marius che padre aveva avuto. Insomma, non è roba da piddini... Se non te lo ricordi tu, poco male: Claudio se lo ricorda di sicuro!
Ricordo confusamente le barricate di Hugo, ma le ricordo. Sappia che è da un po' che mi ha fatto voglia di rileggere i Miserabili e Delitto e Castigo, questo piccolo merito può prenderselo.
RispondiEliminaComunque un post da ripasso vedo. Teme lacune pregresse e/o si avvicina la data della battaglia di Megidda, pardon, dell'esame?
Sento bisogno di aria fresca, faccio un salto fuori dalla caverna ma torno presto, in attesa del post su moneta e inflazione.
Distinti saluti.
Schneider ()
Joie est mon caractère,
EliminaC'est la faute à Schneider,
Misère est mon trousseau,
C'est la faute à Rousseau.
Je suis tombé par terre,
C'est la faute à Schneider,
Le nez dans le ruisseau,
C'est la faute...
Crisi Euro. World Bank: “Spagnoli e italiani, emigrate in Germania”
RispondiEliminaL’unica prospettiva rimasta è una maggiore mobilità all’interno dei confini europei. Detta così sembra un’opzione come un’altra, anzi, per le figure professionali qualificate dovrebbe rappresentare un’opzione scontata. La circostanza che in Germania scarseggia la manodopera, specie non qualificata, induce il presidente uscente della Banca Mondiale a consigliare ai disoccupati spagnoli ad emigrare lì. Robert B. Zoellick ha sostenuto che non ci sono alternative per alimentare la crescita europea: il consiglio ai governi europei è proprio quello di facilitare i trasferimenti dei lavoratori di paesi con alta disoccupazione verso i paesi dove c’è domanda. Un ragionamento sensato negli Stati Uniti, impervio nell’Europa delle nazioni. Torneremo ai contratti tra stati tipo voi ci mandate i braccianti del mezzogiorno noi vi vendiamo carbone a prezzi scontati come nel dopoguerra che preparò i boom economico? Non importa se economici trolleys sostituiranno le proverbiali valigie di cartone: una nuova generazione di emigranti spagnoli e italiani rimetteranno indietro le lancette dell’orologio europeo.
ps:non volevo postarlo io....
Ma ad esempio: se uno va in Germania, o in Francia, che fine fanno i versamenti che ha fatto alla sua previdenza nazionale? E i suoi figli dove ce l'hanno l'interruttore per cambiare lingua? E quando ti dicono quanto ti pagano, ti dicono anche quanto costa un chilo di pasta? (6 euro al Monop della rue de l'horloge... ma onestamente è un caso limite, se vuoi quella che si scuoce la trovi anche a 3 euro).
EliminaE soprattutto: visto che la mobilità del lavoro è la precondizione, perché non siamo voluti partire da lì? Perché stanno tagliando tutte le borse Erasmus? Perché per me, da presidente di corso di laurea, è più facile accogliere uno studente marocchino che uno studente belga? Perché ci facciamo prendere in giro?
Scusi professore...
Eliminaun dubbio: se noi dobbiamo ridurre il nostro costo del lavoro (con più disoccupazione) perché i tedeschi competono contro di noi moderando la loro dinamica salariale allora la direzione dell'emigrazione, l'unica direzione che potrebbe portare a un riequilibrio, non dovrebbe essere dalla Germania verso l'Italia?
:)
Ad esempio, importare i pensionati tedeschi non potrebbe aiutare?
:)
Cordiali saluti.
Giorgio
P.S.
Daniel Gros mi stava antipatico a pelle... ora so perché!
:)
Professore,
Eliminaforse ho messo troppe faccine ma la domanda era seria (non so se intelligente): anche su lavoce.info avevo letto un articolo (che non ritrovo) che diceva che la causa del mancato aggiustamento è che i lavoratori non si spostano da un paese all'altro, suggerendo che i lavoratori italiani disoccupati dovrebbero emigrare in Germania.
Scusa, affettuosamente, che minchia di domanda è? Guarda, faccio un post apposta per risponderti.
EliminaTroppo gentile... non mi massacri troppo... :)
EliminaLa domanda mi sembra chiara ma se serve la preciso: se i disoccupati italiani emigrassero in Germania il risultato non dovrebbe essere una diminuzione dei salari in Germania e un aumento dei salari in Italia?
(Prescidendo dal tipo di disoccupati cioè dall'analisi settoriale di cui ha già parlato)
L'emigrazione non rinforzerebbe quindi gli squilibri attuali?
P.S.
I pensionati non c'entrano con la domanda, quella sì era una battuta.
Ma ormai il post l'ho scritto: domani verrai esposto al pubblico ludibrio. Peccato, avevi detto una cosa intelligente... Un economista keynesiano sa benissimo che la mobilità dei fattori di per sé non è risolutiva. Infatti, come ho più volte detto, l'analisi di Mundell ha il valore che ha, e che abbiamo analizzato in un post precedente, ma io trovo concludente l'impostazione di Fleming, che si sofferma sulla convergenza dei tassi di inflazione come criterio essenziale per la sostenibilità di una moneta unica. Quando non c'è succede questo. La tua osservazione spiega perché il Sud Italia ancora non abbia trovato un equilibrio, "nonostante" (direbbe un economista omodosso) tanti lavoratori se ne siano andati (cioè "a causa" del fatto che tanti lavoratori se ne sono andati, direbbe Thirlwall).
Elimina"testa da sempliciotto, cuore da Bruto", rispose Enjolras.
RispondiEliminaGuarda che i nostri gentili ospiti pensano che "Bruto" sia un insulto... Ora devi anche aggiungere la didascalia...
EliminaEh no porcavacca, le Idi di Marzo sono descritte anche in molti libri con le figure
EliminaGiulio Cesare diceva
RispondiElimina"meglio essere il capo in un villaggio di barbari, che essere secondo a Roma"
ovvero, siamo sicuri che un ingegnere greco in Germania, pur con tutta la sua cultura, possa continuare a fare l'ingegnere?
Mejo testa d'alice che coda de storione...
Eliminain effetti Alberto, l'altro giorno mi son letto l'articolo del 1961 di Mundell sulle OCA e lasciatelo dire, il tuo blog è un plagio mal celato. togli le digressioni umoristiche e di palato fino e hai quell'articolo. sei un truffatore!
RispondiEliminao a parte le cazzate, va detto che Mundell era entusiasta dell'euro all'inizio, poi ha lentamente cambiato idea definendola una pessima area valutaria. ma perché all'inizio era entusiasta?
e quindi io ripropongo questo, visto che è in tema:
http://www.ft.com/intl/cms/93cf9a44-57ec-11e1-ae89-00144feabdc0.pdf
Ma io sono un "economista"... Però, per dirla tutta, anche te non sei mica così acuto! Non ti sei nemmeno accorto che tutta la mia complicata matematica, quella per la quale Qui, Quo e Qua mi danno dell'elitario, è in effetti un plagio della tabellina del due...
EliminaNon è un Post di ripasso, ma un post di ulteriore chiarimento. Ora emerge con chiarezza la sintesi di latri commenti precedenti.
RispondiEliminaUn punto fondamentale delle aree valutarie ottimali è la mobilità del lavoro. Ora in un paese come L'Europa dove l'operaio della FIAT (giusto per rimanere nel manifatturiero) prende in busta paga 1.200 euro in Italia e 400 in Polonia, l'operaio delle poste circa 1300 in italia e 200 in Bulgaria ecc..ecc..a questo si aggiungono servizi di Welfar (salario differito) diversi, DOVE SI COLLOCA L'AGGIUSTAMENTO SALARIALE? E CON I MERCATI COSI APERTI AMMESSO CHE L'EUROPA SI AGGIUSTI AL LIVELLO PIU' ALTO NON E' CHE A QUESTO PUNTO IL PROBLEMA SI RIPETE?
In fondo abbiamo letto che dal momento che gli operai Cinesi chiedono aumenti,il Capitale internazionale delle multinazionali si sta spostando in Cambogia ( le chiamano fabbriche del sudore) lavorano 60 ore settimanali per poco più di 150 $.
MI SORGE UN DUBBIO (ma lancio anche un'idea).
Non è che i criteri delle aree valutarie ottimali andrebbero estesi anche a una teoria delle "aree commerciali ottimali" ( leggi aree commerciali democratiche dove la parola progresso economico è rivolto ai molti e non ai pochi che se la possono cavare comunque grazie alle loro competenze).
In conclusione:
Questo post ci voleva perchè se i dati sono importanti per il ricercatore economico, i concetti economici che danno un senso alla teoria sono sempre concetti politici in quanto la loro attuazione è rivolta al popolo degli umani.
Ma con quali assurdi argomenti i tre economisti hanno potuto sostenere che il vincolo della bilancia dei pagamenti sarebbe sparito??
RispondiEliminaSai che mi è passata la voglia di leggerlo? Però, ora che mi fai la domanda, me lo stampo e ci facciamo due risate. Anche perché se l'argomento che usano fosse corretto potrei usarlo col mio carrozziere: "caro, io e te abbiamo una valuta comune, quindi io non ho un vincolo di bilancia dei pagamenti nei tuoi riguardi: hai fatto un bel lavoro, dammi le chiavi, arrivederci e grazie....".
Eliminami accodo alla domanda!...è la stessa cosa a cui ho pensato io, come giustificarono la loro affermazione??
Elimina"(..)L’Eurozona aveva (all’inizio) una dozzina di membri ognuno con mercati del lavoro profondamente diversi. Metterli sotto il tetto di una moneta unica ha significato scaricare sui salari i costi degli aggiustamenti macroeconomici, cioè far sì che in caso di crisi l’unica risposta possibile fosse la svalutazione dei salari, non essendo più possibile aggiustare né il tasso di cambio, né quello di interesse.(..)
RispondiEliminaColgo l'occasione per una riflessione ad usum discepoli di San Paolino da Rimini ? Che c'entra? C'entra!
Voglio dire: o quanto sopra quotato dal post di Alberto
A. è una minchiata (e magari qualcuno spiega anche perché)
B. è un punto cardine per la comprensione della crisi attuale
Per via di quanto illustrato e soprattutto documentato molto bene su questo blog in questi mesi, personalmente tenderei ad escludere sia una minchiata; dunque è un punto fondamentale. Bene!
C'è traccia di questo punto fondamentale nel testo sacro di Paolino Paperino?
Anzi, vista la cardinalità del concetto, traccia una beata fava! Riformulo la domanda: E' spiegato con dovizia di spazio, particolari e riferimenti documentati, cosa che tra l'altro il noto giornalista investigativo sa fare benissimo quando vuole?
Se qualcuno ha letto il vangelo secondo San Paolino, me lo sa dire per piacere!
Qualora non ci dovesse essere, questo punto cardine, io personalmente ne concluderei
A. che San Paolino, nel migliore dei casi, è un cazzaro perchè omette un punto fondamentale.
B. che Don Alberto De La Vega fa benissimo a vestire i panni di Zorro e disegnare sul culo dei malcapitati Sergenti Garcia una bella Z, pardon una bella B (come Baghné).
Allora amigos, quelli che l'hanno letto: 'sto imprescindibile riferimento, al ghé o al ghé no?
Alex
Vile Maramaldo, tu uccidi un papero morto...
EliminaMa che ne deve sapere, quel decerebrato? Questa è economia, son premi Nobel, mica sono i tre re magi, gli "eroi" del pensiero economico! Non è mica materiale da slogan semplici per anime semplici...
Le quali, se decidono di complicarsi, hanno sempre il benvenuto...
piatto ricco mi ci ficco, la risposta alla domanda è..si ne ha scritto! ovviamente con contorno di affermazioni complottiste non suffragate da dati certi, ma c'è ed è anzi un nodo piuttosto importante dell'intera "opera omnia".
EliminaNel frattempo, nel paese di Frans Brüggen, sono forse almeno più "democraticamente attenti" se, con problemi che non sembrano ancora paragonabili ai nostri, comincia a sentirsi un certo profumo di elezioni anticipate.
RispondiEliminahttp://www.bloomberg.com/news/2012-04-22/dutch-face-elections-as-rutte-seeks-majority-for-measures.html
Seguivo, tra l'altro, qualche anno fa, per personale amicizia con un giornalista incaricato di curare le telecronache dei viaggi diplomatici della regina Beatrice, le vicende relative alla sistemazione dei "possedimenti d'oltremare". Non essendo un economista e non avendoti ancora letto Alberto, non avevo dato alcun peso a questo particolare che, oggi, si può ricavar da Wiki alla voce Paesi Bassi di cui copincollo quel passo che trovo interessante per le ultime parole
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I Paesi Bassi adottarono una Costituzione fin dalla fondazione del regno (1815).
Il sovrano ha un ruolo largamente cerimoniale; i suoi compiti principali sono la scelta del primo ministro e la nomina dei giudici. Il sovrano può essere sia un re che una regina, ma curiosamente tutti i sovrani del XX secolo sono stati delle regine.
Una commissione congiunta ha proposto alcune riforme significative per le Antille Olandesi che ha portato il 28 novembre 2005 a siglare un accordo tra il Governo federale e i Governi di ognuna delle isole che entrerà in vigore il 1 luglio 2007[7]. Secondo queste riforme, Curaçao e Sint Maarten adotteranno uno status aparte (divenendo due nuovi Stati entro il Regno dei Paesi Bassi)[7]. Bonaire, Saba e Sint Eustatius diverranno parte dello Stato dei Paesi Bassi come openbaar lichaam[8] o municipalità speciali (bijzondere gemeente)[9]. Queste municipalità somiglieranno sotto molti aspetti ad ordinari Comuni olandesi (avranno un sindaco[10] ed un consiglio comunale), e introdurranno la maggior parte della legge olandese, sebbene mantenendo transitoriamente le leggi delle Antille Olandesi[8] Ci saranno, comunque, alcune deroghe per queste isole a causa della loro distanza dai Paesi Bassi continentali, e non saranno obbligate ad adottare l'euro[10].
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Avranno inteso con questo non obbligo evitare alle loro colonie la sorte dell' "Africa francese"?
Gentile prof. mi piacerebbe capire meglio
RispondiElimina1) quale differenza comporta nell'economia reale la svalutazione dei salari rispetto alla svalutazione della moneta? Uno potrebbe pensare che nel momento in cui i salariati guadagnano meno diminuisce anche la domanda di beni e servizi, quindi c'è un aumento del costo della vita "dall'interno" che però dall'esterno diventa un abbassamento dei prezzi, che poi è lo stesso che succede quando si inflaziona la moneta locale, quindi le due cose sembrano più o meno produrre effetti analoghi... o no?
2) come fa uno stato a svalutare "a tavolino" i salari? I salari non sono decisi dalla legge della domanda e dell'offerta (del lavoro)?
La saluto e le rinnovo i complimenti per questo blog spettacolare.
Partiamo dal 2: diciamo di sì, ma sul meccanismo di domanda e offerta si può interferire, ad esempio come dico qui.
EliminaCirca il caso (1), l'impatto della svalutazione "esterna" (del cambio) e "interna" (dei salari) sulla competitività di prezzo delle merci nazionali verso l'estero è simile. L'inflazione, come la riduzione del salari, abbatte il salario reale, ma porta anche a un deterioramento della competitività. In questo senso una politica che produca inflazione non è equivalente a una che moderi i salari nominali: lo è forse dal punto di vista dell'imprenditore nostrano, ma non da quello del cliente estero, e quindi anche l'imprenditore, come dire...
Ma se l' impatto di aggiustamento dei salari e dei tassi di cambio é simile allora non mi é chiaro quale sarebbe il problema di avere il cambio bloccato potendo comunque aggiustare i salari. forse il problema é che per abbassare i salari devi aumentare la disoccupazione?
EliminaGuarda, non so se capisco la domanda. La mia risposta provvisoria è: vai avanti tu, che a me viene da ridere! Di quanto posso tagliarti il salario, caro? Così è più chiaro qual è il problema?
EliminaBeh in linea teorica se ad esempio si dimezzano tutti i salari e contemporaneamente anche i prezzi dei beni e servizi non importati (ammesso che ciò sia realizzabile) per il salariato la situazione mi pare più o meno analoga a quella di una consistente svalutazione monetaria. Mi rendo conto però che con la svalutazione monetaria tutti i debiti "reali" sarebbero diminuiti invece così raddoppiano.
EliminaMarcuccio caro, ma tu vuoi fare il salariato o l'imprenditore? Perché per l'imprenditore, ad esempio, non credo che le due soluzioni equivalenti. Ovviamente nel bene e nel male. Quanto ai debiti, bisogna vedere in che valuta sono definiti. Ma il problema non è nemmeno quello. La rivalutazione/svalutazione del cambio, se viene lasciata agire in modo fisiologico, è un elemento di flessibilità che consente aggiustamenti relativamente graduali, generalizzati e quindi relativamente meno dolorosi che andare da uno dirgl "te ne vai", o "da domani guadagni di meno". Questo in termini sociali. Perché l'esercizio teorico che tu fai in pratica non si può fare... se non, appunto, svalutando!
EliminaCome è bello fare lezioni di Politica Economica in questa maniera. Almeno l'e-learning funziona.
RispondiEliminachapeau
Ma poi, perché un Paese dovrebbe accettare, come un bene, la mobilità del lavoro? Io in questo ci vedo soprattutto un impoverimento del Paese di provenienza. Che ce ne faremo tra trent’anni di un Paese svuotato delle sue intelligenze migliori e riempito di immigrati con la terza elementare?
RispondiEliminaUn utente che desidera restare anonimo mi invia questo commento, che però pubblico perché riassume bene la discussione:
RispondiEliminaAlberto non pubblicarla : adesso ho capito perchè i tuoi colleghi piu' o meno piddini difendono l'euro oltre ogni evidenza in modo ridicolo quasi , avevo il dubbio che fossero un po' fessi e non avessero capito ...pero' mi pareva strano perchè in fondo non è cosi' difficile ...in realta' sanno e hanno capito cos'è l'euro!!! : e gli va' BENISSIMO cosi'com'è !
Non so se interpreto correttamente Alberto ma va detto che il "can del duca", diversamente dai suoi sventurati simili randagi, può usufrurire di comoda cuccia e decente provvigione d'ossi. Mi aggiungi poi che il tempo non è molto. Fosse così, bisognerebbe interrogarsi in fretta su una "pars construens" per i poveri randagi nel novero dei quali ritengo di essere personalmente incluso (così -vedi?- ho comunicato anche il conflitto d'interessi).
RispondiEliminae comunque, mi si permetta di dire che nessuno che ascolti (e suoni) quella musica decadente può finire a fregare le vecchiette. panty boy ha ascoltato le persone sbagliate e del periodo sbagliato (sicuro, poche fondamentali e tanta troppa atmosfera non richiesta).
RispondiEliminaBagnai,
RispondiEliminastavo ragionando sull'Italia ai tempi della lira.
Già allora c'era forti squilibri commerciale fra il Nord e il Sud (anche se credo che ve ne fossero meno di oggi, sarebbe interessante vedere dei dati).
Lo Stato tentava di compensarli in parte mediante la redistribuzione fiscale, ma la soluzione ha sempre funzionato in modo limitato.
E questo perchè lo Stato al Sud i soldi li metteva in circolazione creando impieghi pubblici, mentre i soldi andavano dal Sud al Nord in cambio di merci e servizi prodotti da aziende private.
In pratica al Nord c'era una sovrapproduzione di beni e servizi a domanda individuale, mentre al Sud c'era (e c'è tutt'ora) una sovrapproduzione di beni, ma soprattutto di servizi a domanda collettiva.
In questo modo il Sud ha continuato ad importare prodotti dal Nord ed ha continuato a dipendere dal potere politico che aveva il potere di dispensare posti di lavoro (o meglio dei salari garantiti, non essendoci nulla da produrre) pubblici.
Dal punto di vista dell'economia reale questo sistema era ed è ancora molto inefficiente.
Domanda: ma quale potrebbe essere un modo di bilanciare non solo i conti finanziari, ma anche la produzione economica di aree differenti e distanti fra loro?
La domanda sembra simile a quella posta dal "Panty": qual è l'ambito economico ottimale?
Nell'Italia con la lira non possiamo dire che avessimo un ambito ottimale, anzi...
Nella mia incompetenza di ingegnere ho pensato che forse l'introduzione di una sorta di "tassa di distanza" potrebbe scoraggiare i commerci verso luoghi distanti, favorendo quindi lo sviluppo delle economie locali.
Ad esempio la Puglia non dovrà più importare latte dalla Lombardia, essendo più conveniente produrlo sul posto.
La Sicilia continuerà sempre ad esportare arance verso il Piemonte, dove le arance non crescono, e questo le consentirà di importare del buon vino piemontese.
In pratica gli scambi a distanza si ridurrebbero al necessario, mentre il grosso dell'economia si sviupperebbe localmente.
In questo modo i riequilibri avverrebbero in modo abbastanza automatico. Chiaramente senza essere talebani e con la possibilità di forzare il meccanismo quando fosse utile.
Che cosa ne pensa?
Davide Gionco
P.S. Attendo sempre una risposta sulla mia proposta dei crediti fiscali, che le ho inviato in privato.
Non ce la faccio a stare dietro a tutto. Mundell dice "the optimal currency area is the region". Vede che strano? Ora ci dicono che dobbiamo fare la "svalutazione interna" dell'Italia rispetto all'Europa, ma quando c'era chi proponeva di farla fare al Sud dell'Italia rispetto al Nord ("gabbie salariali") tutti si stracciavano le vesti...
EliminaNon le sembra strano?
E non le sembra strano che mentre additiamo come soluzione per i mali italiani la disintegrazione fiscale (che chiamiamo federalismo), al contempo additiamo come soluzione per i mali europei l'integrazione fiscale (che chiamiamo federalismo)?
Vuole vedere i dati sugli squilibri Nord-Sud? Sono qui.
Caro Prof.
RispondiEliminaè un pò di giorni che mi interrogo su dei dati Istat che fino a qualche anno fa non credevo nemmeno venissero rilevati e che invece in questi giorni sono stati strombazzati da tutti i giornali. Mi riferisco alla crescita vertiginosa della disoccupazione giovanile tra i 15 ed i 24 anni. Poichè nella mia borghesuccia ignoranza credevo che in Italia, ormai, il diritto a conseguire un diploma di scuola secondaria superiore fosse ormai acquisito, così come la frequentazione per almeno un paio d'anni dell'Università, la rilevazione Istat e soprattutto il risalto che è stato dato sui giornali mi hanno spiazzato. Che è un messaggio subliminale sul futuro degli Italiani? Scuola dell'obbligo e poi tutti a Marcinelle a fare i minatori?
Professore , secondo lei la Sicilia e il sud in generale potrebbero essere una dimensione ottimale di area valutaria ?
RispondiEliminaUna moneta siciliana o del sud potrebbe migliorare la situazione ( anche solo parzialmente visto gli altri fattori critici ) non solo adesso con l'euro ma anche eventualmente in futuro con ritorno alle monete nazionali ( visto che st'euro non penso proprio durerà con queste condizioni, figuriamoci col fiscal compact e pareggio di bilancio).
Grazie
Grazie
Dalla UE all'Ausonia, anzi alla Trinacria. Ma una via di mezzo no?
Eliminanon mi sembra una domanda cosi strana date le profonde differenze tra nor e sud
EliminaQuelle differenze potranno essere medicate solo salvando l'insieme. E per salvare l'insieme è necessario tornare alla moneta degli italiani (tutti, però!)
EliminaMah...
EliminaSenti... Io dopo che tanti presidenti, baciando la bandiera (e io di picchetto) e versando la lacrimuccia sull'unità d'Italia, ci hanno consegnato (e continuano a consegnarci) a questo delirio di irrazionalità... forse avrei un atteggiamento più sfumato.
Intendiamoci: sono per prioritizzare i problemi: è chiaro che dobbiamo uscirne insieme. Però... perché in Europa ci può essere il Belgio, un paese che è una pura espressione geografica, composto da due popolazioni che si sono odiate fino ai tragici fatti di due mesi or sono, e che forse hanno già ricominciato a farlo, e che però erano dotati di sovranità monetaria, mentre il Sud Italia, un'area geografica molto più estesa, culturalmente più omogenea, e sufficientemente disomogenea strutturalmente dal Nord, non dovrebbe avere le stesse opportunità?
Forse perché il Petrarca (che come ricorderai era neoliberista!) ha scritto "Italia mia"?
Ma l'Italia di Petrarca, con svariate decine di monete sovrane, era all'avanguardia della tecnologia (inclusa quella finanziaria), e l'afflato di Petrarca non aveva nulla a che vedere con l'imporre un giogo finanziario.
Capisco uscirne insieme.
Ma un macroeconomista può anche vedere le cose così: l'Unità d'Italia è una guerra di conquista (e di rapina) che dal punto di vista macroeconomico non ha funzionato, tant'è che il Sud continua a essere in deficit strutturale e con una disoccupazione altissima, nonostante la mobilità ci sia stata e come, e che i prezzi fra Sud e Nord ancora non hanno ultimato il loro processo di convergenza DOPO 150 ANNI.
Sai, se chiedi a un poeta cosa ne pensa, può avere le sue idee. Ma se lo chiedi a un macroeconomista... ecco... forse è meglio se non glielo chiedi...
Ribadisco la mia fedeltà al principio di autodeterminazione dei popoli, ma dato che si sta parlando del mio penso di poter sollevare anche il principio della fratellanza e della reciproca convenienza. Non credo ci guadagni nessuno, alla lunga, a spaccare l'Italia.
EliminaIn ogni caso, se in futuro sorgerà un forte movimento indipendentista meridionale lo rispetterò. Parlo sul serio. Ma per ora vedo come miglior candidato la Sardegna ( anche se qui ho dei dubbi che l'operazione sia economicamente sensata)...
grazie per la risposta prof.
Eliminaqui nel profondo sud comunque qualcosa si muove. Si capiscono oggi molte cose in più sull unità d'italia e su quello che era il regno delle due sicilie prima dell unità.
E forse qualcuno capisce anche di non essere un italiano di serie b come molti sono portati a credere un pò come l'italiota crede di essere un europeo di serie b ( inferiore per razza ai tedeschi).
Ma se dovessi scommettere , scommetterei sulla presa di coscienza del siculo che dell italiota.
Ma ovviamente il mio giudizio è di parte.
p.s.
l'indipendentismo può essere evitato se l'unita di italia si fa realmente ( solo se si vuole )
Gli "ariani" ci sono riusciti in 2 decenni anche se sappiamo come.
vi allego questo video , un pò "romanzato"
all'interno del quale si parla anche di una ricerca dello svimez : http://www.youtube.com/watch?v=xS0QrK2mK50
Grazie
Va bene, Bagnai, ma cerchiamo di non essere sempre così seriosi, così cupi ... ogni tanto qualche sana risata, o sorriso, fa bene. E le cose non sono poi così terribili come lei dice, legga qui, si rischiari la serata:
RispondiEliminahttp://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2012-04-22/sacrifici-stanno-salvando-151454.shtml?uuid=Abx5CzRF
Mi ricorda il Paolo Poli di tanti anni fa, con la TV in bianco e nero, quando faceva lo studente delle medie ... "all'erta stò!", "Capitano! Un pesce strano".
"I sacrifici che ci stanno salvando", questo il titolo. Peccato che questi sacrifici stanno facendo vittime proprio tra le fasce più deboli, proprio quelle che uno stato moderno, democratico, con una costituzione come la nostra dovrebbe tutelare.
EliminaDi questi tempi, mi spiace dirlo, ma ottimismo fa rima con individualismo... ci si aggrappa al ramo sperando di non far parte di quella parte di popolazione spazzata via dagli eventi, icrociando le dita nella speranza che la burrasca finisca presto.
Non è forse così?
Paolo L.
Certo che è così. L'euro sta distruggendo il tessuto sociale dell'Europa a livello aggregato (risorgere dei nazionalismi) come a livello individuale (io speriamo che me la cavo). Questo è il grande afflato, la visione dei politici lungimiranti alla Prodi prima e alla Vendola poi...
EliminaSiamo alla terza guerra mondiale, praticamente. Per metterla in termini ortofrutticoli: prima ci sventolavano davanti la carota e ci infilavano dietro la banana, adesso hanno levato la carota e dietro vogliono farci entrare pure un cocomero.
RispondiEliminaE sì che qualche voce mi era arrivata.
http://www.youtube.com/watch?v=TNlPXm_n9Zw
Salve, una domanda un po off topic : che ne pensa della nazionalizzazione del sistema bancario ?
RispondiEliminaPerché ho scoperto il suo blog solo da poco? (però mi sto dando da fare per recuperare rapidamente e avidamente).
RispondiEliminaRitrovo nei suoi post moltissimi miei pensieri, però esposti in modo chiaro ed efficace (d'altro canto lei è un professore ed io solo un progettista, più incline al fare che al parlare).
Lodi a parte, volevo dirle che anch'io mi ritengo un privilegiato, uno di quelli che, per dirla con le sue parole, cade sempre in piedi (anche se spesso mi faccio male ai piedi cadendo).
Ho lavorato all'estero, e tuttora ricevo molte offerte per andare in Germania, Inghilterra, Svezia e altrove. La mia età (55, ahimè) mi consente di ricordare il tempo in cui i miei zii, emigravano dal povero paesello in provincia di Pescara, per andare a lavorare a Brema e poi a Milano. I loro racconti di emarginazione e solitudine, i loro sogni di ritorno che alla fine hanno realizzato.
Voglio dire che emigrare è duro. Lasciarsi alle spalle affetti e amici non è mai indolore, anche quando, come nel mio caso, si è ben pagati (ma lei m'insegna che i soldi non sono tutto nella vita).
Il paese dove mi sono trovato meglio è stato l'Uruguay, dove ho vissuto come in un'Italia di trent'anni fà. Sarà perchè il 40% della popolazione è d'origini italiane, perchè il cibo è molto simile (se non migliore) al nostro, perchè sono solo 3 milioni in un territorio grande come mezza Italia, bello e (ancora) incontaminato. Certo, sono più poveri di noi, e forse questo li rende migliori di come siamo ora noi. Sono abituati alla crisi, anche se crescono ad un tasso dell'8% negli ultimi anni.
Sono tornato perchè la mia famiglia non se l'è sentita di andare via dall'Italia (ho 2 figlie di 26 e 19 anni), e io non me la sentivo di vivere dall'altra parte del mondo senza di loro.
Ora lavoro (poco), sempre a centinaia di Km da casa, pendolando nel fine settimana, ma nel nord Europa non mi va di trasferirmi.
Concludo con l'affermazione di mia figlia maggiore, a giustificazione del suo rifiuto di trasferirsi in sudamerica: "Sono nata in Italia e sento l'obbligo morale di impegnarmi perchè le cose migliorino qui e non in Uruguay".
Ho mixed feelings rispetto a quest'ultima affermazione. Ma il discorso sarebbe lungo. Grazie.
EliminaDiscutendo delle tue idee e della citazione di Mundell ad un economista europeista mi ha portato questo link:
RispondiEliminahttp://ec.europa.eu/education/jean-monnet/doc/conf11/mundell_en.pdf
Avra' cambiato idea Mundell?
Assolutamente no, non c'è particolare contraddizione. Mundell oggi è per la moneta unica mondiale. Lo ho sentito esporre queste tesi a una conferenza a Dublino nel 2007. Va da sé che anche lui si fa ispirare dai soldi che riceve. Io, personalmente, nei miei lavori, ho sempre detto che ritengo molto ma molto più determinante e pregnante ai fini dell'analisi di sostenibilità di una zona valutaria ottimale l'analisi di Fleming (vedi il mio wp per le Nazioni Unite).
EliminaQuello che ci sta uccidendo non è l'insufficiente risposta a uno shock (via mobilità del lavoro): sono i persistenti differenziali di inflazione.
Europeista non significa eurista, e "economista eurista" è un ossimoro. Mandalo da me, che ci parlo io...
Beh questo ragazzo lavora per il CEPS (Centre for European Policy Studies), finanziato dalla commissione e da varie lobbies. Quindi trovo difficile che la sua opinione possa diventare antieurista, e antieuropeista.
RispondiEliminaIl ragazzo e' italiano, poi se vuoi in privato ti do i riferimenti. In ogni caso ti riporto un estratto di quello che mi ha detto:
"a push back to national currencies would dissolve the contractual power of the region in a global economy where resources are rebalancing towards the East side of the world. No way Europe will survive as a bunch of belligerent and closed states.
China won't feed Europe and can't become China-dependent . World's resources will be dominated by macro regions, not small countries, especially if you don't own them (Europe) . Germany is exploiting a temporary competitive advantage. It is not due to stay there for decades. Economies are variables, not constant. World is interconnected and you need to deal with it.;)"
Adesso mi leggo il tuo paper.
Questi argomenti sono tipici di un certo modo di pensare convenzionale, non valgono la carta sulla quale sono scritti, identificano (per terrorizzare gli elettori piddini) l'uscita dall'euro con la guerra (un'identificazione che ha un ovvio significato politico ma nessun particolare fondamento scientifico), identificano il successo economico con le dimensioni di uno Stato (cosa smentita da una serie infinita di precedenti storici - e il controllo delle risorse è SEMPRE stato importante), e utilizzano la Cina come uno spauracchio.
EliminaLa casalinga di Voghera, poverina, sarebbe impressionata, e non è certo colpa sua. Io penso solo: "ma chi è 'sto fesso?" e ti prego di non dirmelo perché NON voglio saperlo. Peraltro, è proprio il suo statement finale, così lapidario, che contraddice tutta la pappardella precedente (ma si vede qui la differenza fra istruzione e cultura): interconnessione non vuol dire unione. Interconnessione è ciò di cui parla Frey nel contributo che ti linko. Il tuo amico gnometto di Bruxelles è solo pagato per convincerci che il IV Reich sia una gran ficata, e invece non lo è, tra l'altro, dettaglio non trascurabile, proprio perché i tedeschi dimostrano di non essere in grado di gestirlo!
Sta a te decidere se attribuire maggior peso alla retorica politicante di questi economisti privi di argomenti e in palese conflitto di interessi, o ai dati che ti fornisco io. Siamo in democrazia, purtroppo per il tuo amico.
Alberto, grazie per il tempo che hai dedicato alla risposta. Io sono senz'altro per un'unione senza forzature. Questa e' un unione monetaria voluta dalle elite (tedesche?) che hanno trascurato i dettagli (chiamiamoli cosi') di cui ti parli ottimamente nei tuoi post.
RispondiEliminaNon c'e' pericolo che io mi faccia convincere da queste argomentazioni. Io in realta' non ho piu' risposto a queste ultime affermazioni perche' sarei diventato cattivo nel dire che usa argomenti dogmatici tipici senza alcun fondamento scientifico.
Comunque l'avevo gia' rimandato al post "la germania e la crisi dell'eurozona".
Intanto questo week-end andro' alla conferenza di CEO:
http://www.corporateeurope.org/eu-crisis-analysis-resistance-and-alternatives-corporate-europe
Spero di riuscire a porre un paio di questioni, e cercare di portare gli argomenti letti sul tuo blog.
Grazie. Eventualmente, se a qualcuno interessa, segnala il nostro convegno: "The Euro: manage it or leave it!"
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