domenica 15 luglio 2018

Lepensioni e limigranti: narrativa e realtà

(...da Charlie Brown ho ricevuto - ieri - e pubblico oggi con colpevole ritardo alcune ovvietà. Certo, c'è sempre lo scenario Soylent Green. Ma se facciamo finta di essere umani, e razionali, allora le parole di Charlie Brown ci aiutano. Circa il ritardo, come avrete capito, il periodo in cui potevo dedicare a voi una quantità decente di tempo è ormai definitivamente tramontato. Tornerà, certamente, ma ora, in questo momento, le mie giornate passano in un lampo. Il lavoro da fare è inimmaginabile dal di fuori, ed è soprattutto un lavoro di coordinamento, per evitare di essere di ostacolo, o di mettere in difficoltà, altre istituzioni, o altri partiti, o altri colleghi. Gli obiettivi ci sono, e sono condivisi, ma anche quando sembrano - o sono - cose molto pratiche, la loro implementazione è qualcosa di lievemente intricato. Giusto per darvi un esempio: la 6° Commissione ha diversi membri in comune con la 4°, e la maggioranza in Commissione è di un voto, il che significa che a inizio settimana dobbiamo sincronizzare i calendari dei lavori in Commissione, per evitare che, in attesa di ottenere l'ubiquità (in cambio delle auto blu) come privilegio della casta, l'opposizione ci metta sotto laddove si debba votare. Quindi, di domenica ci scambiamo i programmi... anche se dovremmo farlo venerdì... ma non si riesce mai ad arrivare in tempo per mille e uno motivi - per esempio, questo venerdì ho incontrato iMercati, poi sono andato alla presentazione della relazione annuale dell'UIF, poi ho ragionato col segretario di commissione su cosa c'era da fare la prossima settimana - è arrivato anche il decreto di cessione unità navali alla Libia, dobbiamo dare un parere! Purtroppo, come presidente di Commissione non posso bloccare chi mi chiede "che ne pensa?" - poi ho visto una delegazione di bancari, poi ho presentato all'ufficio del personale un futuro membro della mia segreteria tecnica, poi ho visto una persona che si è presentata in due, e che doveva stare mezz'ora ma è stata un'ora e mezza (e ho imparato molte cose), e così mi sono perso la lezione Grilli di Paolo Savona, che era nel palazzo accanto, e poi erano le 19:30. Quindi non sono riuscito a mandare al presidente della 4° il programma della 6° - l'ho fatto ora - anche perché sabato sono stato tutta la mattina a Palazzo Carpegna da solo, riordinando le carte (o almeno provandoci) e scrivendo un paio di memo sugli incontri fatti durante la settimana, poi sono corso da una parte (sarebbe molto divertente raccontare dove, ma prima dovrei essere morto: faremo dei bei mémoires, avendo tempo: oppure basterà rivolgersi a Google), e poi da un'altra parte, e poi ho portato Ro a cena. Oggi volevo studiare, e invece ho messo in ordine gli armadi - per non inciampare nei vestiti e nelle scarpe ogni volta che rientro barcollante a casa. Comunque, oltre al coordinamento fra Presidenti di Commissione del Senato, che è il minimo, c'è anche quello fra Presidenti di Commissione omologhe - 6° Camera e 6° Senato. Ad esempio, per evitare al ministro di venire due volte, abbiamo cercato strenuamente di audirlo con le 6° Commissioni riunite... ma poi alla Camera è arrivato il decreto dignità, e quindi, per evitare di "dar buca" al ministro, d'accordo con Carla Ruocco abbiamo deciso che il Senato procederà con l'audizione in 6°, e la Camera provvederà in un secondo momento. E poi c'è tutto il resto: assegnare i relatori ai provvedimenti, rispettando un minimo di proporzionalità e di alternanza, poi leggerseli, poi calendarizzare gli emendamenti, in accordo con i capigruppo di Commissione, poi valutarne l'ammissibilità, poi verificare la linea politica, in accordo con gli altri economisti del partito, ma anche con il Governo, ecc. Insomma: qui era uno one man show, lì sono una rotella di un ingranaggio. La prima cosa che cerco di spiegare a iMercati è proprio questo, cioè come funziona... Mezza giornata per divertirmi a scrivere non ce l'ho più, e quindi voi non vi divertite più a leggere, ma almeno io mi diverto ad agire. Ma torniamo a Charlie Brown...)




LA STORIA:
La narrativa di un popolo che invecchia e si spegne, ma viene salvato e rinvigorito  praticamente ed idealmente  dal meticciato  è dura a morire.
Limigranti servono - recita la narrazione - per pagare Lepensioni italiane. Ciò  poiché i (maledetti)  vecchi-improduttivi litaliani li dobbiamo in qualche modo "mantenere".

Vecchio italiano =  decadenza e debolezza.
Giovane limigrante =  salute e forza.


LA MORALE DELLA STORIA:
Lepensioni sono l'archetipo della spesa-pubblica-improduttiva: un fardello (al pari, ovviamente, di chi le pretende). La dannazione.
Limigrante è l'archetipo del giovane produttore di surplus: poche pretese, molto vigore. La salvezza.


LA REALTA':
McKinsey & Company è  una multinazionale americana della consulenza strategica.  Fucina di CEO (Google, American Express, Boeing, IBM, Westinghouse Electric, Sears, AT&T, PepsiCo), si stima abbia di 27.000 dipendenti e più di 10 miliardi di dollari di ricavi (fonte: Wikipedia inglese all'omonima voce).
Nel suo studio  "Urban World : The Global Consumers to Watch" (Qui in stampa.   Qui in video ) McKinsey ci dice che:

1) i pensionati ed anziani nelle economie avanzate aumenteranno di 58 milioni da qui al 2030. Gli over 60 rappresenteranno il 60% della crescita dei consumi nei centri urbani dell'Europa occidentale.

2) questo gruppo demografico (anziani e pensionati)  contribuirà per il 40% alla crescita dei consumi per  edilizia, trasporti, e svago negli USA. Ciò senza contare la spesa medica;

3) Nel 2011 in USA gli over 50 hanno acquistato 2/3 delle auto nuove, e gli over 55 hanno contribuito per il 45% alla spesa per il  miglioramento dell'abitazione.

4) insieme al lavoratori attivi americani e cinesi questo gruppo (vecchi ed anziani nei paesi sviluppati) genererà il 50% della crescita di consumi globali urbani da qui al 2030. Questi tre gruppi insieme ridisegneranno il consumismo nei prossimi 15 anni. Ciò poiché  il 75% dell'incremento dei consumi nel mondo deriverà non da nuova popolazione ma da consumatori che spendono di più.

LA MORALE DELLA REALTA':
Vuoi vedere che da noi il nonno  non è una scoria tossica ma invece una preziosa risorsa?  Che sarà largamente lui a "mantenere" noi?

Vuoi vedere che i suoi consumi possono aiutarci moltissimo a uscire dal ventennio di massacro eurista ed a ricostruire una adeguata domanda interna ?

Vuoi vedere che la tasca del nonno è meglio riempirla con pensioni più alte?

Vuoi vedere che il rispetto per i propri Anziani e per il proprio Popolo alla fine paga?




(...chi bazzica da queste parti sa che gli economisti amano i ragionamenti controintuitivi, e sa anche che l'eutanasia dei pensionati, chissà perché, è proposta da quelli, fra gli economisti, che riescono a vedere solo l'offerta, e non la domanda. Ma un mondo di offerta senza domanda è un mondo in cui le aziende chiudono. Una cosa da tenere presente quando il decreto dignità passerà da noi...)

venerdì 13 luglio 2018

La matematica

Sono entrambi numeri dispari. Sono entrambi numeri primi. Sono entrambi numeri difettivi, cioè maggiori della somma dei rispettivi divisori propri (e fino a qui...). Sono entrambi numeri primi di Eisenstein (non questo Eisenstein: questo Eisenstein), ma questa non ve la posso spiegare perché ho una certa allergia agli anelli (niente di personale). Sono entrambi primi permutabili l'uno nell'altro. Sono entrambi numeri omirp (Wikipedia è un'autentica libidine), che, se ci fate caso, è "primo" scritto al contrario (un po' come Etarcos, filosofo familiare ai lettori di questo blog), e il motivo lo scoprirete presto. Sono entrambi numeri interi privi di quadrati.

Con tante cose che li accomunano, i due numeri di cui qui si tratta hanno anche tante cose che li separano. Per esempio, uno è un primo troncabile a sinistra, e l'altro troncabile a destra. Uno è palindromo nel sistema binario, e l'altro nel sistema settale (a base sette). Uno è un numero di Leyland, e l'altro no (cos'è un numero di Leyland? Questa cosa bellissima qui). Uno è un numero di Perrin, e l'altro no. Uno è il numero atomico del cloro, e l'altro del lutezio. Uno è il numero NGC di una galassia spirale nella costellazione della Balena, e l'altro di una galassia lenticolare nella costellazione di Andromeda.

Ma, soprattutto, col 71 (nel senso di 71%) fai quello che vuoi, e col 17 (nel senso di 17%) fai quello che puoi.

Chiaro?


(...ho esposto in modo meno elaborato questo concetto ai mercati, e hanno mostrato di intenderlo. Intendami chi può, ch'i m'intend'io...)

giovedì 12 luglio 2018

Il cerimoniale

Villeroy prit son temps de l'issue de l'affaire des bâtards et de cette prétendue noblesse, dont on avait su faire peur au régent, pour lui représenter la triste situation de Tallard et profiter du malaise qui troublait encore ce prince. Le moment fut favorable; il crut s'acquérir Villeroy et les Rohan en traitant bien Tallard. Il imagina que, tenant tous aux bâtards, et par conséquent à cette prétendue noblesse, le bon traitement fait à Tallard plairait au public et lui ramènerait bien des gens. Les affaires, importantes avaient déjà pris le chemin unique de son cabinet, et n'étaient presque plus portées au conseil de régence que toutes délibérées, et seulement pour la forme. Ainsi, le régent crut paraître faire beaucoup et donner peu en effet, en y faisant entrer Tallard, qui de honte, de dépit et d'embarras, ne se présentait que des moments fort rares au Palais-Royal. La parole fut donc donnée au maréchal de Villeroy, avec permission de le dire à Tallard sous le secret, qui, dès le lendemain, se présenta devant M. le duc d'Orléans. Il avait voulu se réserver de lui déclarer et de fixer le jour de son entrée au conseil de régence. Un peu après qu'il fut là en présence, parmi les courtisans, le régent lui dit qu'il le mettait dans le conseil de régence, et d'y venir prendre place le surlendemain.

Dès que je le sus, je sentis la difficulté qui se devait présenter sur la préséance entre lui et le maréchal d'Estrées qui y venait rapporter les affaires de marine, et qui d'ailleurs y entrait avec les autres chefs et présidents des conseils quand on les y appelait pour des affaires importantes. J'aimais bien mieux Estrées que Tallard, et pour l'estime nulle sorte de comparaison à en faire en rien. Le public même n'en faisait aucune, et tout était de ce côté-là à l'avantage du maréchal d'Estrées, mais j'aimais mieux que lui l'ordre et la règle, et sans intérêt (car je n'y en pouvais avoir aucun entre eux), l'intégrité des dignités de l'État. Tous deux étaient maréchaux de France, et dans cet office de la couronne Estrées était l'ancien de beaucoup; mais il n'était point duc et Tallard l'était vérifié au parlement; il est vrai qu'Estrées était grand d'Espagne, beaucoup plus anciennement que Tallard n'était duc, et que, comme aux cérémonies de la cour les grands d'Espagne, comme je l'ai expliqué ailleurs, coupaient les ducs, suivant l'ancienneté des uns à l'égard des autres, Estrées précédait Tallard aux cérémonies de l'ordre et en toutes celles de la cour. Mais, dès la première fois que le conseil de régence s'était assemblé, il avait été réglé, comme je l'ai rapporté en son lieu, que le maréchal de Villars précéderait le maréchal d'Harcourt, celui-ci duc vérifié beaucoup plus ancien que l'autre, mais Villars plus ancien pair qu'Harcourt, parce que les séances du conseil de régence se devaient régler sur celles qui s'observent au parlement, et aux états généraux et aux autres cérémonies d'État où la pairie l'emporte. Il en résultait qu'entre deux hommes qui n'étaient pas pairs, mais dont l'office de la couronne qu'ils avaient tous deux se trouvait effacé par une autre dignité, c'était cette dignité qui devait régler leur rang. Ils en avaient chacun une égale, mais différente: l'une était étrangère, l'autre de l'État. Cette dignité étrangère roulait à la vérité par ancienneté avec la première de l'État dans les cérémonies de la cour; mais comme telle, elle ne pouvait être admise dans une séance qui se réglait pour le rang par la pairie, parce qu'il s'y agissait de matières d'État où elle ne pouvait avoir aucune part; au lieu que la dignité de duc vérifié en étant une réelle et effective de l'État, avait, comme telle, plein caractère pour être admise aux affaires de l'État, et ne l'y pouvait être que dans le rang qui lui appartenait, d'où il résultait qu'encore que le maréchal d'Estrées eût dans les cérémonies de la cour la préséance sur le maréchal de Tallard, celui-ci la devait avoir sur l'autre dans les cérémonies de l'État, et singulièrement au conseil de régence établi pour suppléer en tout à l'âge du roi pour le gouvernement de l'État.

Je ne pus avertir Tallard qu'aux Tuileries, un peu avant le conseil. Sa joie extrême allait jusqu'à l'indécence, et ne lui en avait pas laissé la réflexion; il en dit un mot au maréchal d'Estrées qui devait rapporter ses affaires de marine, et tous deux en parlèrent à M. le duc d'Orléans, quand il arriva un moment après, qui leur dit que le conseil les jugerait sur-le-champ. On se mit en place; les deux maréchaux se tinrent debout derrière la place où j'étais. Estrées parla le premier; Tallard, étourdi du bateau, s'embarrassa. Je sentis qu'il se tirerait mal d'affaire, je l'interrompis, et dis à M. le duc d'Orléans que, s'il avait agréable de prier MM. les deux maréchaux de sortir pour un moment, je m'offrais d'expliquer la question en deux mots, et qu'on y opinerait plus librement en leur absence qu'en leur présence. Au lieu de me répondre, il s'adressa aux deux maréchaux, et leur dit qu'en effet il serait mieux qu'ils voulussent bien sortir, et qu'il les ferait rappeler sitôt que le jugement serait décidé. Ils firent la révérence sans rien dire, et sortirent.

J'expliquai aussitôt après la question en la manière que je viens de la rapporter, quoique avec un peu plus d'étendue, mais de fort peu. Je conclus en faveur de Tallard, et tous les avis furent conformes au mien. La Vrillière écrivit sur-le-champ la décision sur le registre du conseil; puis alla, par ordre du régent, appeler les deux maréchaux, à qui La Vrillière ne dit rien de leur jugement. Ils se tinrent debout au même lieu où ils s'étaient mis d'abord; nous nous rassîmes en même temps que M. le duc d'Orléans, qui à l'instant prononça l'arrêt que le maréchal d'Estrées prit de fort bonne grâce et très honnêtement, et Tallard fort modestement. Le régent leur dit de prendre place, se leva, et nous tous, et nous rassîmes aussitôt. Tallard, par son rang, échut vis-à-vis de moi, quelques places au-dessous.

L'excès de la joie, le sérieux du spectacle, l'inquiétude d'une dispute imprévue, firent sur lui une étrange impression. Vers le milieu du conseil, je le vis pâlir, rougir, frétiller doucement sur son siège, ses yeux qui s'égaraient, un homme en un mot fort embarrassé de sa personne. Quoique sans aucun commerce avec lui que celui qu'on a avec tout le monde, la pitié m'en prit; je dis à M. le duc d'Orléans que je croyais que M. de Tallard se trouvait mal. Aussitôt il lui dit de sortir, et de revenir quand il voudrait. Il ne se fit pas prier, et s'en alla très vite. Il rentra un quart d'heure après. En sortant du conseil, il me dit que je lui avais sauvé la vie; qu'il avait indiscrètement pris de la rhubarbe le matin, qu'il venait de mettre comble la chaise percée du maréchal de Villeroy, qu'il ne savait ce qu'il serait devenu sans moi, ni ce qui lui serait arrivé, parce qu'il n'aurait jamais osé demander la permission de sortir. Je ris de bon coeur de son aventure, mais je ne pris pas le change de sa rhubarbe; il était trop transporté de joie pour avoir oublié le conseil, et trop avisé pour avoir pris ce jour-là de quoi se purger.



(...è un'arte complicata, ma riserva delle soddisfazioni, come dire... prorompenti!...)

(...a Versailles mi sarei divertito molto, ma forse sarei stato meno utile...)

(...uno solo di voi sa perché oggi vi infliggo questo: è passato a trovarmi oggi. E voi, quando passate?...)

(...notazione sconsolata: tre secoli fa riuscivano, con una certa scioltezza, a risolvere casi molto più complessi di quelli sui quali oggi si inciampa con incredibile leggerezza. La fiducia dei mercati è importante, ma anche quella degli uomini non la trascurerei, e la mia, in particolare, si basa su un principio vecchio come il mondo, che i romani esprimono così: "come me sòni, te canto!" Io non scelgo mai la musica, e, soprattutto, non la impongo. Questo però non vuol dire che non abbia un orecchio delicato...)

mercoledì 4 luglio 2018

I mercati

Lo so che per molti di voi sono speculatoribbrutti, banksters, squali della finanza, ecc., però io con i mercati mi ci trovo bene, e se anche non fosse così, mi ci dovrei trovare bene per forza, dato il lavoro che faccio. Li incontro spesso, perché loro sono molto curiosi di capire chi siano questi barbari populisti, le lance spezzate del fearless Salvini (cit.). Allora io li accolgo con un bel sorriso, e gli faccio un bel discorsetto in tre parti: perché sono qui, cosa faccio qui, e cosa vogliamo fare.

La prima parte è semplice. Sono qui perché ho detto nel 2011 quello che solo nel 2015 sarebbe stato ammesso dai colleghi pavidi e conformisti, nonostante nel 2011 la Bce lo avesse chiarito un mese prima di me (!). Siccome mi so esprimere e ho un minimo curriculum, e siccome Salvini non usa la testa per separare le orecchie, e usa le orecchie per ascoltare chi parla, sono finito qui, da dove vi sto scrivendo (scaldando la poltrona).

La seconda parte è più complicata. Spesso ho l'idea che i miei amici mercati si trovino un po' a disagio coi classici: l'idea che io sia (per scelta, prima vostra e poi mia) un parlamentare e non un membro dell'esecutivo sembra stupirli, pare non ne afferrino (ma io gliele spiego con un sorriso) le ovvie implicazioni, come ad esempio il fatto che io non posso emettere decreti, sembrano ignari (nonostante io dai miei libri abbia appreso che essi sono onniscienti) del fatto che io sono l'ultimo arrivato nel mio partito, e sono all'oscuro (ma anch'io lo sono, per ora!) di cosa esattamente faccia un presidente di commissione (decide insieme all'ufficio di presidenza l'ordine dei lavori, valuta l'ammissibilità degli emendamenti, nomina i relatori per i singoli provvedimenti, ecc.). Diciamo che do il ritmo, cercando di far esprimere e di ascoltare tutti, con l'aiuto di una struttura di grande livello (cui si aggiungerà presto una segreteria tecnica che sto insediando). Per fortuna sono amico di tutti (con alcune eccezioni, altrimenti sarebbe preoccupante), e comunque sono qui per costruire, non per distruggere, e so stare al posto mio.

Sul cosa vogliamo fare, bè, non mi soffermo: lo state vedendo. Chi è qui da un po' ha gli strumenti per valutarlo. Andiamo avanti.

Una delle ultime volte che li ho incontrati, dopo una serie di domande che vertevano su quello che sembra essere il loro assillo principale, senz'altro comprensibile nella loro ottica (dove trovate i soldi?), mi sono permesso di fare questa osservazione: "Amici, abbiamo due problemi: il primo è che le agenzie di rating non credono a noi, e il secondo è che voi credete alle agenzie di rating!"

Risate, e immediato disclaimer: "No, guardi, veramente noi non ci crediamo! Gridano 'al fuoco!' quando l'incendio è ormai spento, siamo anche stanchi di dar loro retta. Il problema è che ci crede la Bce".

Ci siamo così fatti insieme due amare risate sullo strano mondo in cui viviamo: un mondo nel quale un ente che ha la responsabilità principale di assicurare la funzionalità del sistema dei pagamenti, cioè di svolgere quello che in fondo resta un servizio pubblico, viene condizionato nella sua politica monetaria dalle valutazioni di società private cui altre società private, incaricate del più importante compito di gestire il risparmio, non credono ormai più.

Che strano gioco delle parti...

Ma i mercati, credetemi, non sono cattivi. In fondo, anche loro preferirebbero vivere in un mondo meno irrazionale. Possono fallire, e se non fallissero io non sarei mai diventato professore di politica economica prima, e senatore poi, ma il loro interesse, per quanto ad alcuni possa sembrare strano, spesso coincide con quello dei cittadini, che poi sono, quando guadagnano abbastanza, anche risparmiatori (e hanno quindi a loro volta interesse che chi si prende i loro soldi cerchi di capire se potrà restituirli). Non è più complicato di così, anche se le cose semplici, come sa chiunque abbia provato a suonare questo, sono spesso le più difficili.

E ora, al lavoro (ci sarebbero un paio di decreti da convertire in legge...).


(...risparmio commenti sulla corte dei miracoli che si sta sfilacciando: fanno i fenomeni, e poi ignorano i più elementari fatti stilizzati della storia economica recente. Cose che riconciliano con la bibliometria: il loro h-index, quando non è nullo, è comunque inferiore a quello di chi vi scrive, e un motivo ci sarà: evidentemente, le agenzie di rating accademico sono meno influenzabili di quelle di rating finanziario, o almeno si basano su fatti documentabili, come le pubblicazioni, che o ci sono, o, come nel caso dei nani e delle ballerine da talk show, non ci sono!...)

domenica 1 luglio 2018

Che cos'è Salvini (e Goofynomics)

Di ritorno da Pontida, seduti in Freccia Rossa, Claudio mi dice: "Ma hai visto questo post di Lorenzo Marchetti?" E io: "Chi? Il mio lettore?" E lui: "Sì, è lui: dovresti leggerlo perché dice delle cose giuste...".

Obbedisco (a Claudio si obbedisce), e in effetti trovo che l'analisi di Lorenzo sia per molti versi condivisibile. Ovviamente non lo è quando si avventura nelle solite minchiate da epistemologo della domenica (tipo: "io ho capito cos'è l'economia", "l'economia non è una scienza", e similari). Resta pur sempre austri-ano.

Tuttavia, il fatto che Salvini sia, come lui dice, semplicemente un uomo coraggioso che ha studiato, corrisponde a quello che io ho visto e vedo coi miei occhi. La sconfitta della sinistra, in altri termini, è una sconfitta in primo luogo culturale (ignoranza) e in secondo luogo etica (pavidità). In quanto tale è una sconfitta profonda, secolare, come del resto era emerso dal lavoro fatto qui lungo tanti anni. Ma questo lo sapete e lo avete tante volte constatato anche voi, qui, o nelle vostre esperienze quotidiane, comprese quelle che avete voluto condividere con me. E, aggiungo, il post di Lorenzo, che certamente non è assimilabile a un pensiero progressista (gli austri-ani, per capirci, sono quelli secondo cui la moneta trae il proprio valore dalla scarsità: vorrebbero cioè che la gestione dei biglietti di banca mimasse quella del metallo prezioso, la cui disponibilità, come sapete, è limitata dall'esplosione delle supernovae - le altre stelle nascono come idrogeno e muoiono come carbone - con l'unico risultato di riuscire a produrre a intervalli regolari delle simpatiche esplosioni di supernovae finanziarie - la prossima è dietro l'angolo), il post di Lorenzo, dicevo, è in qualche modo una conferma di una diversa tempra etica che caratterizza il pensiero conservatore. La sinistra, così come sta emergendo nel dibattito mediatico, è il regno dello gnè gnè gnè, del rancore meschino, o della demagogica, deamicisiana mozione degli affetti (da "Franti, tu uccidi tua madre!" a "Salvini, vuoi morti i bambini!" il passo è breve, anzi: nullo. La stessa moralità scipita, un tanto al mazzo, in funzione di strumento di controllo sociale, cui da sempre ci hanno abituato gli utili idioti della finanza).

Lorenzo, invece, nonostante abbiamo litigato aspramente, a causa del profondo dissidio ideologico e metodologico che ci separa, non porta rancore e mi riconosce il ruolo che ho avuto nel contribuire anche alla sua, di crescita intellettuale, oltre che a quella di persone più rilevanti di me, e di lui.

Credo che sia anche perché, in fondo, lui, come altri (tutti e soli quelli il cui spessore etico permetteva loro di arrivarci), hanno capito che il mio modo personale di affrontare il dibattito con voi, quando il tempo mi permetteva di farlo, oltre a essere un ovvio segno di disponibilità (il tempo dedicato a voi era sottratto ad altro), era anche un segno di rispetto, e in qualche modo di affetto. Ho litigato molto con Lorenzo, e sicuramente ci litigherò di nuovo, ma litigo con voi come si litiga con le persone cui si vuole bene. E questo, se non lo aveste capito, non sareste qui. Questo è goofynomics.


(...p.s.: e comunque, l'astrofisica non è una scienza...)

(...l'etica invece sì. Ha delle regole inflessibili, e la prima è che il coraggio fa paura. Dimostrazione qui. E quando queste parole sono state dette, io c'ero, anche se un po' in disparte, lontano dal palco, a perculare una serie di bloccati...)