giovedì 4 gennaio 2018

Chi guida contromano? Una critica al complottismo dei tedeschi sul tasso di cambio.



Cominciamo da una nota barzelletta: un vecchietto guida sul Grande Raccordo Anulare di Roma, ascoltando la radio, quando la musica viene interrotta da un’allerta sul traffico: “Un’auto sta guidando contromano sul Raccordo, fate molta attenzione. La polizia sta accorrendo sul posto”. E il nostro anziano amico commenta: “Come, una macchina sola? Ma sono tantissime!”

Adesso, diamo uno sguardo al tweet di questo giornalista tedesco:


“Italia e Francia erano solite risolvere i loro problemi svalutando. Ora dovranno imparare a fare diversamente”.

Prima di qualsiasi commento, guardiamo questo grafico, basato sui dati del PACIFIC Exchange Rate Services:



Sintesi: quando si tratta di economia, nei media ci sono bugiardi, giornalisti, e giornalisti tedeschi (sì, è un crescendo).

Segue disegnino, per quelli che ne hanno bisogno (sperando siano una minoranza sempre più ristretta).

La favoletta corrente sull’Eurozona è radicalmente viziata, perché si basa sull’interpretazione unilaterale di un comune fenomeno economico: l’aggiustamento di un prezzo relativo. I tassi di cambio sono prezzi relativi: il costo di una valuta rispetto a un’altra valuta. Che questo aggiustamento sia una rivalutazione o una svalutazione dipende ampiamente dal punto di vista. Non vorrei ora avventurarmi nell’affascinante campo di cosa sia un tasso di cambio di equilibrio e di come lo si stimi (ne abbiamo parlato un po' qui). Voglio solo osservare che una valuta non può svalutarsi se nessun’altra valuta si rivaluta: in altre parole, ogni svalutazione, vista dall’estero, è una rivalutazione, e viceversa. In termini puramente descrittivi, una svalutazione della lira rispetto al marco tedesco coincide con una rivalutazione del marco rispetto alla lira. Ogni singolo aggiustamento di un prezzo relativo può essere descritto in due modi opposti ma identici.

Non serve però aggiungere che quanto è ovvio in termini puramente descrittivi non necessariamente vale in termini economici.

Occorre un’attenta analisi delle forze economiche sottostanti per capire, ove possibile, quale sia fra, i due movimenti uguali e contrari, il motore dell'aggiustamento di prezzo, e quale delle due valute si stia avvicinando all'equilibrio, o se ne stia allontanando. Potrebbe essere che la valuta forte sia vicina all'equilibrio, mentre quella debole se ne allontani. Ma, a priori, è ugualmente probabile che la valuta forte sia lontana dal suo equilibrio, e la rivalutazione l'avvicini ad esso. Nel primo caso (chiamiamolo caso A), la svalutazione della valuta debole sposta anche quella forte lontano dell'equilibrio: quest'ultima in effetti si trova ad essere eccessivamente forte (penalizzando il paese che la adotta) perché la prima è stata resa artificialmente debole. Questa situazione quindi può effettivamente essere descritta come un tentativo di alterare la competitività attraverso un “dumping valutario” da parte del Paese più debole. Anche nel caso B si osserva una svalutazione della valuta debole, ma questa deriva dal movimento al rialzo della valuta forte per avvicinarsi al proprio equilibrio. In questo caso resistere all’aggiustamento equivarrebbe, per il paese più forte, a praticare un dumping valutario: invece di svalutare il cambio rispetto al valore di equilibrio, si impedirebbe a un cambio sottovalutato di rivalutare per tornare ad esso.
Ci possono, ovviamente, anche essere altri casi.

Si dà il caso che l’intera narrazione della moneta unica europea e del suo preteso fondamento razionale ruoti intorno alla svalutazione delle monete deboli, e alla necessità di bloccarla per restaurare un ambiente sanamente competitivo. Nessuno però presta mai attenzione al suo complemento necessario, la rivalutazione delle valute forti. Siamo immersi nel “caso A”, e per far funzionare questo racconto, nascondendone la natura arbitrariamente unilaterale, è necessario che alla svalutazione venga associato un giudizio morale. Questo giudizio è riassunto da un singolo aggettivo: “competitiva”. Nella favola dell’Eurozona non sentirete mai la parola “svalutazione” senza l’aggettivo “competitiva”, a tal punto che, come sapete, ho coniato un neologismo: svalutazionecompetitiva. Enfatizzando il fatto che ogni svalutazione sia in effetti una svalutazionecompetitiva, i volenterosi narratori dell’Eurozona insinuano che le svalutazioni riflettano l’intento malvagio di governi perversi di alterare la competitività guidando artificialmente le loro valute (e di conseguenza quelle dei loro concorrenti) fuori dall’equilibrio. Insomma: un gombloddone dei paesi piccoli, sporchi, pigri e tanto invidiosi (signora mia!), contro il leale partner del nord. Nessuno sembra notare l'ovvio, ovvero che i paesi deboli sono appunto, per definizione, deboli, e che quindi il loro tasso di cambio è destinato a indebolirsi naturalmente: un aggiustamento che è molto più probabile rifletta il fisiologico operare delle forze di mercato, piuttosto che un malvagio complotto dei paesi viziosi, i quali, accantonando quanto li divide in termini di istituzioni, ciclo economico, interessi commerciali, strategie geopolitiche, retaggio culturale, deciderebbero, con singolare perizia ed efficacia (per dei cialtroni del Sud) di coordinarsi contro quelli virtuosi. In questo frame (nel senso di Lakoff), ignorare la parola “rivalutazione” offre un grande vantaggio retorico. Se ogni svalutazione è per definizione una vergognosa svalutazionecompetitiva, il suo opposto, la rivalutazione, dovrà essere glorioso. Si dà il caso, però, che tutti i paesi tendano a resistere all’apprezzamento delle proprie valute. Se i volenterosi narratori dell’Eurozona dovessero mai menzionare la rivalutazione, sarebbero costretti a spiegare perché nessuno voglia raggiungere una gloria immortale attraverso di essa.

Date queste premesse teoriche, torniamo a leggere il tweet del giornalista tedesco. Il suo senso è estremamente chiaro: Francia e Italia hanno alterato il mercato, danneggiando la Germania. In altre parole, i due maggiori partner dell’Eurozona hanno svalutatocompetitivamente le loro monete per anni (come da caso A), finché l’euro non ha impedito loro di trucccare le carte. Contro questo argomento potremmo sollevare molte obiezioni, e potremmo discutere per ore su come calcolare i tassi di cambio di equilibrio, ma per farla breve preferisco distinguere fra caso A e caso B applicando quella che potremmo definire la “regola del GRA” (Grande Raccordo Anulare).

I dati riportati nel grafico mostrano che nel corso dei decenni non solo le valute “deboli” dell’Eurozona (quelle menzionate dal tweet tedesco), ma più in generale le principali valute mondiali, inclusa l’ancora di fatto del non-sistema monetario globale (il dollaro) e la valuta del secondo centro finanziario globale (la sterlina), e anche quelle dei cosiddetti paesi “virtuosi” dell’Eurozona (ad esempio, il franco belga), hanno perso terreno rispetto al marco tedesco. L’interpretazione data dalla Germania di questa impressionante regolarità empirica è senza dubbio che, tranne lei, tutti stanno guidando contromano nel sistema monetario mondiale. In altre parole, secondo i tedeschi, piuttosto che la forza relativa dell’economia tedesca, i trend discendenti di tutte le maggiori valute mondiali rispetto al marco tedesco (e alla sua triste eredità) rifletterebbero una cospirazione globale contro la nazione ariana tedesca, lo sforzo coordinato degli altri paesi di svalutarecompetitivamente per fottere la Germania. Un atteggiamento che suona sinistramente familiare.

A me pare che, paradossalmente, argomentando in questo modo i giornalisti tedeschi minimizzino i meriti del loro paese. Per definizione, paesi forti devono avere monete forti (è il mercato, bellezza!). Accusando gli altri di indebolire artificiosamente le proprie valute, i volenterosi narratori dell’eurozona stanno in realtà negando la forza naturale della Germania. Un’altra interpretazione possibile è che essi cerchino di distogliere l’attenzione dei lettori dalle politiche praticate in Germania per guadagnare questo vantaggio competitivo. Indipendentemente dalle intenzioni, il suprematismo tedesco ha dimostrato di essere un vicolo cieco alcuni decenni fa e porterà di nuovo la Germania a una rovinosa sconfitta. Se tutte le valute hanno perso terreno rispetto a quella tedesca, è tempo di invertire la favoletta, riconoscendo che da decenni è la Germania che sta rivalutando rispetto al resto del mondo.
Dipingere l'agire delle forze di mercato come un complotto non migliora la comprensione dei fenomeni. Tuttavia, i volenterosi narratori dell’Eurozona persistono nella loro versione palesemente errata, nel raccontino del “caso A”, del dumping valutario da parte dei più deboli. Una simile ottusa visione unilaterale non è razionale: è puramente etnica. E allora lasciamo che la storia segua il suo corso, meglio prima che dopo, e tanto peggio se sarà crudele. Per la terza volta in un secolo, il resto del mondo dovrà cooperare per restituire alla leadership tedesca un minimo di buon senso. Con le buone maniere (o con una guerra mondiale) si ottiene tutto.

Nel frattempo, dobbiamo cominciare a dirlo forte e chiaro: i dati mostrano che l’economia della Germania non può sostenere la leale competizione del resto del mondo senza praticare qualche forma di dumping.


Il dumping valutario, ottenuto progettando un sistema che impedisce la rivalutazione della valuta tedesca verso il proprio equilibrio (il che equivale a produrra una continua svalutazionecompetitiva), è solo l’esempio più evidente. Ma ce ne sono molti altri: dumping tecnologico (pensiamo allo scandalo Volkswagen), dumping ecologico (pensiamo alla Germania che inquina spregiudicatamente il resto d’Europa con il suo carbone), dumping regolatorio (pensiamo alle regole di sorveglianza europee, fatte su misura per nascondere la grande quantità di crediti spazzatura nelle piccole banche tedesche). Per far sì che l’economia globale funzioni, tutto questo deve avere una fine. Gli italiani e francesi (e i britannici, e gli americani) possono anche educatamente ammettere il loro status di esseri inferiori se paragonati al popolo tedesco (in particolare, ai giornalisti tedeschi). Ma è comunque evidente che i tedeschi non sono superuomini. Quando certe forme di dumping furono rimosse, la loro economia ne soffrì enormemente (pensiamo a cosa accadde quando collassò il Sistema Monetario Europeo, un altro meccanismo messo su per ostacolare la fisiologica rivalutazione del marco). Meno di un secolo fa un simile mix di austerity (con lo scopo di ottenere moderazione salariale) e retorica suprematista consegnò la Germania nelle mani dei nazisti. È soprattutto nell’interesse di tutti i tedeschi di buona volontà ricordare questo semplice fatto e comportarsi di conseguenza prima che accada di nuovo.

La prima mossa è semplice: dovrebbero diffidare dei loro giornalisti come noi diffidiamo dei nostri. Solo la libertà ci renderà liberi, e non possiamo aspettarci che la verità arrivi da un sistema mediatico dominato da interessi economici disfunzionali.

PS: Per i cialtroni del "Bagnai fa cherry picking!", ecco un quadro più completo dell’andamento dei tassi di cambio nominali dal 1948 al 1998 (fonte: FMI; i cambi nominali bilaterali sono espressi come indice con base 1948=100). In mezzo secolo, solo le valute di Giappone e Svizzera sono riuscite ad apprezzarsi rispetto al marco (e ora rispetto all’euro), e i motivi spero siano sufficientemente ovvi. Tutte le altre hanno avuto una tendenza decrescente, almeno finché è stato loro possibile. Nell'autostrada monetaria internazionale, il vecchietto sclerotico che guida contromano è uno, ed è la Germania. L’euro non è stato concepito per evitare la svalutazione italiana. È stato concepito per impedire la rivalutazione tedesca.


18 commenti:

  1. gentilissimo,
    questo post mi dà l'occasione di dimostrare,
    avendomi lei spesso e volentieri detto che sono una persona pagata dal Pd, quanto invece fin dall'inizio le abbia dato ragione. Difatti ciò che il giornalista tedesco fa è un uso improprio dell'ideologia: mi spiego meglio. In filosofia per ideologia si può anche intendere ''l'uso strumentale di una visione unidirezionale dei fatti il cui fine sia assolutizzare il proprio punto di vista''
    In questo senso, gentilissimo, il giornalista tedesco assolutizza una parte di verità rendendola l'unica interpretazione possibile dei fatti fino a rendere ideologico il suo punto di vista.
    Naturalmente, se fossi, come lei più volte mi accusò di essere, uno schiavo del Pd, non assumerei tali posizioni.
    Invece sono e rimango antieuropeista, al di là dei decimali che le avevo fatto notare per mia mera curiosità intellettuale(curiosità a cui può credere o meno ma questa è la verità) .
    Ritornando comunque al post, il problema della dimensione del dati riguarda il modo in cui esso viene mostrato: spesso si spaccia per ''scientifica'' una posizione basata sui dati quando un uso strumentale dei dati, come nel caso di questo giornalista, rende tutto tranne scientifica la riflessione dello stesso

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  2. Errata corrige nel grandioso finale (la frase nel paragrafo prima del P.s.): «Solo la libertà ci renderà liberi» deve essere sostituita con «Solo la verità ci renderà liberi»

    Buon anno anche ai tedeschi. E attenzione alle inversioni a U.

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  3. Che poi, nel quadro liberista di riferimento, se l'UE è basata su una "economia sociale di mercato fortemente competitiva" art. 3 (TUE), perchè l'utilizzo di un mezzo competitivo come la (così definita) #svalutazionecompetitiva sarebbe da denigrare?
    Non sarebbe assurdo che me la prendessi con un mio concorrente perchè fa #investimenticompetitivi o #ricercacompetitiva o #ottimizzazionicompetitive o #partnershipcompetitive e decidessi di impedirglielo?

    Inoltre, se è stato necessario creare l'UE e €urolandia per ottenere una economia sociale fortemente competitiva, vuol dire che prima l'Europa non era un'economia "fortemente competitiva" (altrimenti non sarebbe stato necessario fissarne il concetto nei trattati), ma se non lo era, allora la competitività ottenuta tramite #svalutazionecompetitiva non sarebbe stata vantaggiosa per l'Italia, in quanto ci sarebbero stati dei meccanismi anti-competitivi, da rimuovere tramite l'UE, che si sarebbero contrapposti alla #svalutazionecompetitiva annullandone gli effetti e, di fatto, proteggendo chi subiva tale competizione inaccettabile, ossia la Germania, che, pertanto, proprio così forte non era.

    Pertanto siamo di fronte all'ennesima contraddizione €uropea: dobbiamo essere competitivi, ma solo nei modi che non portino uno svantaggio al paese che già è (o almeno si ritiene) più forte, impedendo così a quello stesso paese, la cui forza deriva proprio dalla sua (presunta) superiorità, di sfruttare la competizione per migliorarsi con un beneficio darwiniano di tutti.

    In altre parole, se l'impalcatura narritiva offerta fosse corretta, avrebbero dovuto lasciare l'Italia #svalutarecompetitivamente in modo da indurre la Germania, che in quanto 'superiore' ha i mezzi per poterlo fare, a migliorarsi ulteriormente rendendo vana la #svalutazionecompetitivia e costringendo l'Italia a diventare utlteriormente più competitiva.

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  4. Direi che la frase:
    "per far funzionare questo racconto, nascondendone la natura arbitrariamente unilaterale, è necessario che (...) venga associato un giudizio morale"
    è il metodo di manipolazione mediatica per eccellenza tramite il quale scelte contro l'interesse dei più viene fatto accettare e addirittura anelato da quei più: dall'UE alle ius soli, dall'immigrazione ai gender, da Uber ai sacchetti bio.

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  5. His national pride was evidently wounded.

    “Helmholtz was rather reserved and could not easily be approached by his students, unless they had some physical problem or a question which was unquestionably worthy of his attention.
    I made up my mind to ask him, when suitable opportunity presented itself, why Kirchhoff in his lectures paid so little attentionin to Faraday and Maxwell. It was a very significant sign of those days and I did not understand its meaning. Professor Koenig threw up his hands in holy horror when I informed him of my intention, and prophesied that all kinds of dire consequences would result from my daring proposition; pointing out that such a question would betray a lack of respect on my part both for Kirchhoff and for Helmholtz.
    Koenig himself could not answer my question except to say that he did not see why the German school of physics should worry much about the English school, particularly when there was a radical difference between the two in the realm of the theory of electromagnetic phenomena.
    I admitted that if Kirchhoff was the spokesman of the German school then there was a radical difference, intimating however, in the mildest possible way that, in my humble opinion, the difference counted in favor of the English school. I really did not know enough to express that opinion, but I did it under provocation. Koenig flushed up and there would have been quite a lively verbal contest if Helmholtz had not entered my room at that very moment, like a deus ex machina.“

    From Immigrant to Inventor, Michael Idvorsky Pupin

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    1. Grazie Dragan, non conocevo questo gustoso episodio.
      La ritrosia di Kirchoff ed Helmholtz per Faraday si spiega comunque molto bene.

      Nel 1831 (!) Faraday incappò in un paradosso sperimentale per il quale solo negli anni scorsi si è trovata una spiegazione.

      Mentre sperimentava col suo 'disco di Faraday' (oggetto accuratamente rimosso nei corsi di elettromagnetismo di ogni ordine e grado) si accorse di un assurdo logico.

      Facenso girare solidalmente un disco di rame ed un magnete si generava una tensione tra centro e periferia (la stessa cosa che accade col cambio fisso...).

      Lo stesso accadeva tenendo fermo il magnete e facendo girare solo il disco di rame (come quando la moneta del centro risulta artificiosamente fuori dal cambio di equilibrio con la periferia).

      Faraday lotto' fino alla morte nel tentativo di spiegare perchè tenendo fermo il disco di rame e facendo girare il magnete non si sviluppava invece nessuna tensione (come quando il cambio tra le monete viene lasciato libero di fluttuare).

      https://en.wikipedia.org/wiki/Faraday_paradox

      Gli scienziati del novello impero tedesco, accecati dallo zelo imperiale, non potevano ammettere di fronte agli studenti di non capirci una beneamata fava, e quindi rimossero (come accadde più tardi anche nel mondo anglosassone ed in Italia) il 'disco di Faraday' dall'insegnamento (così come in economia i neoclassici hanno oggi rimosso Keynes).

      Ben diverso fu l'atteggiamento di Tesla, che brevettò vari generatori omopolari (homopolar generator) basati sul disco di Faraday (ed infatti anche Tesla è stato un pò rimosso).

      Peraltro questo rifiuto 'liberista' (così come più tardi quello della relatività, in quanto 'scienza ebraica', da parte dei fisici tedeschi fedeli al nazismo, tra cui lo stesso scopritore della fissione nucleare) ha ritardato il progresso scientifico (ed anche l'atomica tedesca per fortuna).

      Il disco di Faraday, quando correttamente spiegato, aiuta a capire poi bene le dinamiche di base della interazione planetaria del vento solare, dei campi magnetici di pianeti e sole, delle loro variazioni periodiche, del fatto che i campi magnetici possano invertirsi periodicamente, in sostanza spiega pure IL CLIMA.

      Ma occorre avvicinarsi alla scienza con una mentalità aperta (in primis al concetto di lotta di classe), non contaminata dagli interessi contingenti della classe egemone.

      Ancora grazie Dragan.

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  6. Per chi ama le proporzioni e riesce a capire...:

    Germania(euro) : Italia(euro) = NordItalia(Lira) : SudItalia(Lira)

    Anni rispettivi di riferimento : 2002 e 1861.


    La Germania sta facendo con l'Italia (dal punto di vista monetario) quello che per 150 anni ha fatto il Nord Italia con il Sud Italia.

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    1. Sono doverose, a mio avviso, alcune precisazioni:
      - Economiche:
      Compensazioni interne: l'Italia, dotata di sovranità monetaria, provvedeva(-rà [spero]) a ridistribuire in parte la ricchezza prodotta al nord.

      Altrimenti anche California:Vermont=Veneto:Sardegna, eppure negli Stati Uniti d'America non si sono mai registrate eccessive tesioni razziali tra cittadini di stati diversi della federazione.
      Una ridistribuzione è necessaria, a meno di non adottare due monete nella stessa Nazione. Non saprei dirne la fattibilità.

      - Sociali e culturali:
      Io, che sono veneto, riconosco come mio compatriota un sardo (aeterna riconoscenza per quella volta con gli austriaci): abbiamo lingua, religione e cultura comuni (sufficientememte comuni per riconoscerci unitari, sufficientemente diversi per arricchirci senza disgregarci [che sia questo mix la nostra forza inspiegabile?]).
      Un danese, un francese od un tedesco li posso riconoscere come miei alleati, come miei vicini di casa con cui avere ottimi rapporti, ma non come miei fratelli.

      Saluti e viva l'Italia unita.

      Nicola

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    2. Concordo. Tra l'altro dei trasferimenti al sud i (secondi) beneficiari erano le stesse imprese del nord (il forestale siciliano acquistava l'auto prodotta a Torino ecc...)

      Il problema che però non dobbiamo dimenticare riguarda il come è avvenuta l'Unità d'Italia (violenza) e chi ci ha guadagnato o rimesso. Del resto le accuse (del passato?) leghiste di fannulloni a quelli del sud mi ricordano molto quelle attuali dei tedeschi agli italiani. Il nord Italia industrializzato ha potuto beneficiare di una valuta (la lira) fortemente sottovalutata rispetto alla propria forza produttiva e questo la rendeva invincibile nell'export rispetto alle imprese francesi e tedesche. I tedeschi hanno fatto proprio quel modello tramite l'Euro.

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    3. L'Unità d'Italia è avvenuta in maniera violenza, come violentemente avvengono quasi sempre le modifiche dei confini delle Nazioni. Anche per questo sarebbe meglio evitare di continuare a toccacciarli, anche se soprattutto per "abbatterli".
      Chi ci ha guadagnato e chi ci ha perso sono molto difficili da individuare: almeno secondo me.

      Lei dice che per il nord Italia la Lira era sottovalutata? Che per il Sud fosse sopravvalutata mi pare abbastanza chiaro, ma che fosse troppo debole per il Nord non saprei dire.
      Allora su chi era tagliata la nostra Lira? Che fondamentali seguiva? O era una media ponderata più o meno equidistante da entrambi?

      Saluti,

      Nicola

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  7. Da uomo della strada, grazie professore, davvero grazie in quest'ultimo post ne ha messi in fila di puntini.

    Solo una cosa, ho appena ascoltato il suo intervento alla presentazione del libro "Quale Europa? Crisi economica e partecipazione democratica" Sull'ultimo concetto (indipendenza moneta/governo) le voglio dire che ha le palle prof. ma stia attento per carità, è un'argomento che si è dimostrato "pericoloso"
    Saluto Paolo B.

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    1. Rischia chi rimane solo.
      Ma il Prof. non è più solo da tempo.

      Certo, il rischio nullo non esiste, ma allora dovremmo temere pure di attraversare la strada.

      C'è poi un'altra considerazione da fare: la totalità dei nemici della Costituzione 'di rango' (che oggi mandano avanti solo gli ascari, cioè gli inutili idioti) sono entrati nel loro ultimo decennio di vita e risultano nelle sempre più rare apparizioni pubbliche sempre più spenti e rincoglioniti ("a' livella" incombe).

      Probabilmente qualcuno se ne andrà prima delle elezioni e sarà un'altra ottima occasione per ricordare agli italiani la lista delle nefandezze commesse.

      Aver addestrato (e cooptato) solo ascari gli si sta ritorcendo contro.

      E poi, l'amara constatazione che nel mondo distopico (che hanno contribuito a costruire contro gli interessi dei lavoratori) è diventato più importante avere il membro duro che i diritti sociali (senza ricordare però perché,in quanto si rinuncia a curare l'Alzheimer e si impedisce che lo faccia lo stato 'inefficiente'), una qualche accelerazione alla loro dipartita l'avrà pur data....

      Io ci spero.

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  8. Qualcuno potrebbe spiegarmi come mai "In mezzo secolo, solo le valute di Giappone e Svizzera sono riuscite ad apprezzarsi rispetto al marco" ? Grazie

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  9. Questo e' un post che fa' riflettere.
    Non per riflettere o osannare Bagnai.
    Ma perche fa capire che una balla la spari in 150 caratteri.
    Per smontare efficacemente una balla di caratteri ne servono 1500.
    Immagino vali lo stesso per i dibattiti poco approfonditi televisi.

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