sabato 19 agosto 2017

"Social media" vs. "élite media"

Sarà capitato anche a voi di commentare con un giornalista l'inarrestabile declino delle testate italiane (qui Dagospia ex multis). In ogni caso, è capitato a me, ed è sempre un'esperienza interessante, che apre a orizzonti culturali interminati, a sovrumani concetti, ove per poco il cor non si spaura: la sociologia, la storia, le scienze politiche, e, naturalmente, la tecnologia (#hastatoInternet) arditamente vengono combinate in un quadro che, se da un lato, soprattutto quando viene fatto da persone intellettualmente oneste, fornisce importanti spunti di riflessione sul significato odierno di democrazia, dall'altro, anche quando viene fatto da persone intellettualmente oneste, non riesce a sfuggire a un soupçon di intento apologetico. Insomma: #hastatoInternet, #hastatoilfallimentodeicorpiintermedi, #hannostatolemacchiesolari, ma mai uno che dicesse, almeno in camera caritatis: "Forse c'entra anche un po' il fatto che stiamo dicendo troppe fregnacce...".

Questa eventualità, però, non può essere completamente esclusa. Non so se adottare l'assioma secondo cui la qualità del bene (l'informazione fornita) non influisce sulla domanda del bene (le copie vendute) aiuti a capire cosa sta succedendo. Sicuramente aiuta a capire la mentalità di chi da questa ipotesi procede: quella per cui i lettori sono un parco buoi di decerebrati che sarebbero disposti a bersi qualsiasi fregnaccia, e che quindi, se smettono di comprare certi giornali, non lo fanno perché hanno la sensazione di non essere correttamente informati, ma solo perché #hannostatoletestateonline o #hastatolafreepress.

Certo: nessuno nega che la diffusione di outlet alternativi possa avere influito sull'agonia delle grandi (?) testate. Tuttavia, da queste testate ci viene perennemente rinfacciata la nostra incapacità di non cogliere le sfide della globalizzazione, ecc. ecc. (la solfa la conoscete): al rimbrotto, però, non segue un esempio positivo! Noi dobbiamo riciclarci, magari diventando skipper sul Mar Baltico a 60 anni dopo esser stati sportellisti alla posta di Vimercate, perché questo è lo Zeitgeist. Loro invece non avvertono l'esigenza di riciclarsi dicendo, sempre dallo stesso posto di lavoro, cose più interessanti, che mercato ne avrebbero (e questo blog lo dimostra)...

Una eloquente asimmetria messa in risalto pochi giorni fa da Marcello Foa con l'osservazione che "i blogger avevano ragione, la grande stampa aveva torto". Gli esempi fatti da Foa sono eloquenti (lo ringrazio per la citazione) e incontrovertibili. Il fatto che chi dovrebbe informare non si assuma le responsabilità di una serie ormai infinita di epic fail e non si degni di prendere in considerazione che l'andamento sul mercato di certe testate potrebbe esserne condizionato rivela una mentalità radicalmente elitaria, come ho osservato sopra: dire che se i giornali si vendono di meno la loro attendibilità non c'entra nulla, significa considerare esplicitamente i lettori come minus habens disposti a bersi qualsiasi panzana. Significa, insomma, costituire i media tradizionali in media delle élite, in contrapposizione ai social media su cui voci indipendenti possono ancora per poco (e sempre di meno) esprimersi.


Leggendo il post di Foa ripensavo a un episodio di qualche tempo fa.

Come sapete, io sono stato fin da subito molto, molto scettico circa il fatto che Tsipras, osannato qui da noi come il Simon Bolivar dei Balcani, riuscisse effettivamente a liberare il suo popolo dall'oppressione delle insensate regole europee. Il semplice fatto che quel personaggio su cui la storia deve ancora formulare un giudizio si rifiutasse di mettere in questione l'euro dimostrava che non stava facendo sul serio e quindi avrebbe fallito. Fui pressoché l'unico a esprimere questo concetto limpido e inesorabilmente logico, e lo feci in tantissime occasioni:

1) il 5 gennaio 2015 parlando del ruolo dei partiti "radicali" nell'Eurozona (o meglio: nel suo rafforzamento);

2) il 26 gennaio 2015 commentando la vittoria di Tsipras;

e via dicendo (basta googlare "goofynomics tsipras" per vedere cosa pensavo e tuttora penso, ma no sono cose belle).

Mi era capitato di farlo, proprio il 26 gennaio, anche su Omnibus La7, in questi termini:


"Il programma (di Tsipras, ndr) non è verosimile e la prova ce la danno i mercati che non ci credono..." "Tutti sanno che questa è una simpatica, divertente, tragica farsa, perché le contraddizioni del programma di Tsipras non sono tanto sul fronte del debito pubblico, del quale sinceramente non so perché l'informazione italiana continui a parlare, dal momento che lo stesso vicepresidente della Bce, andando ad Atene il 23 maggio del 2013, in un discorso che esorterei gli ascoltatori a leggersi (è stato tradotto in italiano nel sito vocidallestero) ha detto che il nostro problema, il problema dell'Eurozona, non è un problema di debito pubblico... Il vero problema è il crollo totale della domanda interna che anche in Grecia, come in Italia, è stato provocato dal desiderio di recuperare competitività, cioè dal desiderio di rendere i propri beni e i propri servizi meno cari per poterli vendere all'estero..." "Tsipras sta lì a fare il metadone, ma purtroppo la droga dell'Europa si chiama euro e finché non si affronta il problema non si può pensare di risolvere la situazione...".

Un intervento, mi sembra, non solo lungimirante (non devo dirmelo da solo, ma non ho difficoltà a farlo, mentre ho difficoltà a non farlo), ma anche piuttosto chiaro.

La domanda era: "Con Tsipras i greci hanno risolto?"

La risposta era: "Tsipras è solo metadone: non risolve il problema".


Assisteva a quella puntata anche il dottor Bruno Manfellotto, che, due mesi dopo (il 9 marzo 2015), riassumeva così il mio intervento:

Pancani: "Vorrei tornare un attimo da Manfellotto perché, l'abbiamo detto all'inizio, sembrava che per la Grecia tutto fosse stato più o meno risolto..."

Manfellotto (interrompendo): "Pensava il professor Bagnai, qui in questa sede, non è che lo pensavamo noi!" (risatina).

Tralascio la scarsa eleganza consistente nel citare una persona assente: come vedete, nell'epoca di Internet ad essa si può facilmente porre rimedio, mettendo a diretto confronto due interlocutori (anche quando uno dei due il confronto magari preferirebbe evitarlo), e poi, lo confesso: anche a me è capitato di farlo (ma solo dopo aver constatato che questa prassi veniva adottata sistematicamente nei miei confronti), quindi non sarò certo io a scagliare la prima pietra di fronte a un peccatuccio veniale di questa fatta.

Tuttavia (posso sbagliare, e se sbaglio mi corigerete) ma non mi sembra di aver mai (e dico mai) citato una persona attribuendogli opinioni esattamente contrarie a quelle da lei espresse!

Devo dire che quando mi metteste immediatamente a parte di questa caduta di stile io fui talmente avvilito che rinunciai a commentarla. Mi chiesi se era possibile che io fossi stato poco chiaro. Riascoltai il mio intervento. Io mi capisco, ma questo vuol dire poco. Anche voi, però, avevate capito cosa volevo dire: volevo dire che Tsipras non avrebbe risolto nulla, che era metadone, un palliativo, un modo per eludere la radice del problema.

Uscendo da quella trasmissione (quella del 26 gennaio) mi ero congedato da Manfellotto con toni cortesi, peraltro ricambiati. Allora perché travisare così le mie parole? Ero veramente allibito. Forse era distratto mentre parlavo? Forse non ero stato chiaro? O c'erano altri motivi che non riuscivo ad immaginare per denigrarmi in mia assenza attribuendomi opinioni che i fatti avrebbero smentito, quando ero stato pressoché l'unico in Europa (certamente in Italia) a prevedere il fallimento di un personaggio sul quale invece tutti i grandi media all'epoca avevano puntato, acclamandolo addirittura come un modello per cambiare rotta (dall'iceberg alle scogliere)?

Non so: questa cosa mi ha intristito, ci son rimasto veramente male, tanto che ho rinunciato ad approfondirla con l'interessato, del quale ho da qualche parte i recapiti, anche perché nel frattempo mi sono dovuto dedicare ad altri interlocutori.

Certo, quando poi leggo articoli come questo io, che, come sapete, in generale non sono entusiasta di spiegazioni "neoluddiste", non posso che rinsaldarmi nel mio convincimento che la tecnologia sarà sicuramente importante, ma, ancora per qualche millennio, ad essere veramente determinante resterà il fattore umano...

36 commenti:

  1. Se posso esprimere un'opinione prof.
    Perché amiamo il nostro prossimo.
    E crediamo in lui.
    Crediamo nella nostra grandezza.
    E questo ci salverà.
    E se il ns prossimo è meschino? Se non se lo merita?
    La sua piccolezza non sminuisce la nostra fiducia.
    A me questa coerenza asimmetrica piace.
    E mi basta.
    Per non arrendermi.
    A torto.
    O a prescindere.

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  2. Il discorso della qualità andrebbe fatto però a parità di supporto. Ovvero cartaceo vs cartaceo e online vs online. Le grandi testati mi pare siano comunque le più visitate online, e bisognerebbe capire se i ricavi si sono semplicemente spostati (abbonamenti online) o se sono comunque in perdita viste le minori copie vendute. Ma su questo punto bisogna scorporare le copie perse in ragione di lettori persi in assoluto (o nuovi lettori mancati, in prospettiva il fattore decisivo), o in ragione di lettori che hanno smesso di pagare per leggere più o meno le stesse cose online.

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    1. Esattamente. Diciamoci la verità: l'unica spia sullo stato di salute del pensiero dominante, in questa "democrazia", è la forza numerica, voti alla mano, dei partiti che di tale pensiero sono espressione.

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  3. La selezione darwiniana farà piazza pulita di queste testate.
    Io da buon torinese mi devo sorbire le varie amenità della ''Busiarda''(appellativo affibbiato dalla saggezza popolare al principale quotidiano sabaudo) e non posso che constatare il progressivo impoverimento di questo giornale.

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    1. Tutto il mondo è paese :il giornale locale d' Ancona (corriere adriatico di proprietà attualmente di caltagirone) è chiamato" EL BUGIARDO' "

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  4. Come per tutti i fenomeni di una certa entita', e' ragionevole pensare a molteplici fattori scatenanti. La scolarita' di fatto si e' abbassata, leggere un intero articolo di giornale e' un'impresa non piu' alla portata della maggioranza. Le forme di accesso alla tecnologia hanno reso apparentemente inutile l'esercizio di comprensione di un testo articolato. I miei figli non leggono a vent'anni anni i libri che io leggevo a sedici. Per la scuola ci sono in rete le sintesi precotte, il sogno di Reader's Digest si e' avverato!

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  5. Il link al FT porta (come accade quasi sempre) non all'articolo di cui si è fatto il copia incolla dell'indirizzo ma alla pagina di sottoscrizione. Per il FT meglio usare il link della copia cache di google (suppongo questo https://webcache.googleusercontent.com/search?q=cache:sfkjKaDd1eIJ:https://www.ft.com/content/6d67cf26-08b2-11e7-97d1-5e720a26771b%3Fmhq5j%3De4+&cd=1&hl=en&ct=clnk&gl=it ).

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  6. La risatina del dr. Manfrellotto da fastidio, mi consola pensare che certi falli grossolani di solito vengono fatti da chi sta perdendo la partita. Sono insomma sintomo di estrema debolezza. Perdere con onore non è per tutti.

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  7. Pensavo... I quattro amici al bar, quelli che volevano cambiare il mondo e poi come il poeta narra, non ne fecero di nulla, non è che per caso trovavano tutte le mattine La Repubblica sul tavolino del bar? No, perché questo spiegherebbe moltissimo (e inchioderebbe il gestore alle sue responsabilità, tra l'altro).

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  8. Dai, se può consolarti, ma solo "si parva licet componere" (il che non pretendo affatto), non eri l'unico in Italia: post del 6 febbraio 2014
    "per Syriza, come per un qualsiasi partito di (presunta) opposizione italiana, non avere una posizione chiara sulla fine dell'euro e sulla incorreggibilità degli squilibri commerciali in assenza di cambi flessibili, nonchè sulla pratica irrealizzabilità di un governo federale che serva da alternativa e pavida "correzione"...significa prestarsi irresistibilmente, anche e specialmente una volta conquistato il potere, ad adottare "interventi economici che siano tanto ampi e numerosi quanto in una politica pianificatrice". Ma poi, altrettanto irresistibilmente, piegandoli ad una "natura differente".
    (Cit. da ultimo virgolettata tratta dalla teorizzazione del neo-liberismo, nel colloquio Lippmann, enunciata da Miksch in persona nel 1939).

    E ancora (stesso post del 2014):
    "Per quanto ci riguarda, l'idea che si possa essere "radicali", ma rimanendo dentro l'euro ad ogni costo, è pari ad una cosciente enunciazione di propaganda, nella più che probabile consapevolezza che ciò sia non solo uno specchietto elettorale per le allodole, ma, peggio, che ciò costituisca un passaggio non trascurabile della strategia von Hayek di instaurazione della Grande Società (a conduzione elitaria germanica)..."

    Ovviamente tralascio la sequela di post sul tema susseguitisi dall'inizio del fatidico 2015.

    Il punto, in fondo, non è tanto se Manfellotto abbia agito correttamente, o se sarebbe stato nelle sue corde agire diversamente (da questo punto di vista credo abbia tenuto un comportamento "standard", nel suo genere di appartenenza): il punto è che probabilmente non è capace di ascoltare perché non concepisce che si vada in televisione e si possa dire qualcosa che lui già non sappia di sapere...

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    1. Credo anch'io che sia così e... grazie per la compagnia!

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  9. Indipendentemente dai motivi del calo vendite, che saranno sicuramente molteplici, la qualità pessima del prodotto è una scelta.
    Chiaramente pessima è relativo; a me non piace, agli editori evidentemente si.
    E se va bene a loro, finché bastano gli aiuti all'editoria a chi li riceve (spesa pubblica, è Pil, se vogliamo vedere un lato positivo) continuino pure senza il mio contributo, almeno quello volontario, perché sull'altro non decido io.
    Manfellotto?
    Scorretto e superficiale, non un bel vedere per un giornalista ma tant'è...

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  10. Li leggo gratis al bar alla mattina.
    Ma solo per i fatti di cronaca.

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  11. Un esempio di informazione che già mentre sta monitorando gli eventi ne comprende le dinamiche e i propositi.
    “La crisi finanziaria in cui sia l'America che l'Inghilterra versavano nel 1989 si avvicinava alle dimensioni della Grande Depressione degli anni Trenta. Per far fronte all'erosione della propria egemonia gli anglo-americani adottarono una dottrina tanto semplice quanto folle: cercare in ogni modo di distruggere la stabilità dell'Europa continentale per impedire che essa potesse fungere da polo antagonista all'egemonia globale anglosassone. Questo è il contesto in cui si colloca tutto ciò che viene fatto contro l'Italia ed il resto dell'Europa”. William Engdahl.
    Lo stesso progetto della Unione dei paesi europei sotto un'unica moneta si inquadra in questa prospettiva. Per noi tutto inizia con “l’affare BRITANNIA”:
    “La strategia anglo-americana dietro le privatizzazioni in Italia: il saccheggio di un'economia nazionale” 14 gennaio 1993
    Documento diffuso dall'Executive Intelligence Review e dal Movimento Solidarietà
    https://www.movisol.org/09news177.htm

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  12. Penso fu uno dei pochi errori di Keynes (ma chissà perché non ne parlano!)..
    Cmq sia, i robot come ogni altra entità su questo pianeta non possono vendere su Marte (né i loro proprietari).
    Ritorniamo ovviamente al punto di partenza, ovvero dalla politica economica adottata (dagli essere umani)

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  13. Come dice quel proverbio? Chi denigra vuol comprare.
    Manfellotto ha semplicemente l'invidia penis.

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    1. Αllora sarebbe messo male! Non saprei: forse era distratto. Vedi anche il post successivo.

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    2. Lezione recepita:Con certi personaggi si perde tempo oltre a poter perdere molti danari.Ignorarli sarà un piacere.

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  14. Seguo pochissimo la tv e i video in generale .La parola scritta mi e' piu' consona e credo di poter sottoscrivere il pensiero di @Aperfectworld di cui sopra e cioe' che pochi sono in grado o disposti a leggere un articolo sia esso su giornali cartacei o elettronici.
    Di sicuro Lei ne esce alla grande anche sul video e me ne dolgo che NON possano fruirne una quantità maggiore di spettatori dal momento che mi sembra di capire Lei sia andato in onda in momenti non propriamente di "fascia calda".
    Rimane il fatto che i suoi interventi sono disponibili online e fruibili dai giovani piu' abituati ad informarsi su Youtube e simili.
    Ma ... concludo con una considerazione : i DR Manfellotto sono registrati nella memoria elettronica e credo diventino sempre meno arroganti sul tema Eurozona e pensiero critico.
    Sta anche a Noi suoi abituali lettori svolgere il ruolo di cassa di risonanza su quello che è stato fatto e detto .

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    1. La Rete nasconde ma non ruba, e l'opportunità di vedere in tempo reale chi ha detto cosa e quando ha implicazioni che molti non hanno ancora sviscerato. Quando lo avranno fatto, ce la toglieranno.

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  15. Commento da non pubblicare, trattasi di segnalazione di errata corrige da parte di un insegnante pedante.

    Nel post c'è questa frase:

    «Questa eventualità, però, non può ESSERE completamente ESSERE esclusa.»

    Complimenti per lo stile di scrittura. Te lo invidio, sinceramente.

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  16. A me capita spesso nei discorsi in famiglia o con amici di essere frainteso più o meno in buona fede. Mi stupisco sempre di come sia letteralmente impossibile, con certe persone, argomentare su base fattuale senza scadere nelle tifoserie. Trovarsi a parlare con persone che non riescono/vogliono apprezzare la differenza tra un discorso logico ed esposto con evidenze/fonti e uno strampalato è grave ma è una situazione molto comune purtroppo.

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    1. Ma infatti noterete che io mi guardo bene dall'attribuire al dott. Manfellotto un intento malizioso. Certo, quando si riveste un ruolo di responsabilità bisognerebbe essere un po' più attenti.

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    2. Prof sfonda una porta aperta. Sul suo caso specifico devo dirle che io il Dott. Manfellotto non sapevo nemmeno chi fosse e, in tutta onestà, I can live with or without.

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    3. Infatti.... Ma chi è Manfellotto?!?
      È uno nuovo?

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    4. No: è un giornalista di esperienza e prestigio, che ha avuto anche la direzione editoriale di testate importanti (vedi post successivo). Non lo conoscevo nemmeno io, però. Alla fine degli anni '80 capii che per essere informato mi bastava leggere l'Economist quando prendevo l'aereo (e viaggiavo poco), e da allora non ho più comprato in giornale. Molti di voi sono nelle stesse condizioni. Peccato, perché, COL PASSARE DEL TEMPO, ho visto dire al dott. Manfellotto anche cose molto condivisibili. Ma ormai i giornalisti parlano a se stessi e ai politici, e l'unica pagina rilevante è la prima, quella che intravediamo alle rassegne stampa della televisione, che invece parla al popolo.

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    5. Smisi di comprare il Corsera tanti anni fa, dopo l'ennesimo articolo che contrapponeva lo.sfaticato meridionale iscritto a Lettere all'alacre giovane milanese che sgambetta da Mcdonald's e fa carriera senza aver studiato.

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    6. @Alberto Bagnai "L'unica pagina rilevante è la prima".
      Mi capitò di essere a cena con amici sicuramente "colti e informati" (di sinistra) e scoprii che questo significava essere capaci di anticipare con grande esattezza la prima pagina di Repubblica del giorno dopo. Una visione della situazione tanto ben definita quanto enigmatica e misteriosa. Trovai la cosa incantevole.

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    7. (Quasi) smisi Repubblica quando un'amica mi fece notare che, più che un quotidiano d'informazione, sembrava una rivista, causa una frequente paginata di intervista a personaggio dello spettacolo.
      Acquistai qualche volta la Stampa, più puntuale nell'informare sulla guerra in Cecenia e in Inguscezia anche dando, in un medesimo articolo che mi parve ragionato, interpretazioni diverse sulle cause.
      Ma poi mollai in quanto non interessata alla cronacaca torinese-piemontese.
      Qualche volta sono ricaduta su Repubblica, per diversi anni seguita dopo il suo apparire, quando era (o sembrava? - dubbio attuale e vano) il giornale dei "non garantiti", come per un periodo vennero detti i disoccupati in cerca di primo lavoro e i non molti, spero ma non so, licenziati dell'epoca.

      E quando dei disoccupati cominciarono ad accorgersi, per breve tempo, avvocati e medici e altri professionisti senza problemi economici, le famiglie di laureati e laureandi in materie umanistiche cioè le prime lauree colpite.
      Quando molti medio-borghesi cominciarono, adirati e speranzosi per i figli, a votare PCI.
      Quando nella moda andava di moda il finto-povero cioè l'indumento firmato che si prendeva il lusso di essere-sembrare macchiato, sbrindellato, cascante. (Confesso che una maglietta con orlo manica un poco sbrindellato la comprai, resistente tal moda per un bel po', quando lavoravo da alcuni anni).

      Ora evito Repubblica con convinzione, dopo averla presa e posata nel corso del tempo.


      Fine della.cronaca-confessione.

      E del tedio - ma se l'è cercato :-) - di chi non ha smesso di leggere :-) :-) ;-).

      Sogni d'oro.
      Sì, perché possiamo solo sognarcelo.

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    8. Dimenticato di riferire un discretamente lungo innamoramento per il Fatto - acquistato ininterrottamente nel suo primo anno tranne qualche sbandata non non importante (alibi in uso per altro e non so quanto credibile) per la nuova Unità, la vecchia mai acquistata.

      Poi il FQ sempre meno, al punto che anche quando pubblica il Prof. talvolta me ne dimentico.

      Come l'ultima.
      Azione dunque indegna di seguacia oppure marcante varietà nuova dicibile BS, Blanda Seguacia, o a scelta, SD, Seguacia Disratta.

      Mai una soddisfazione, a chi si sbatte.
      Vedrò di non mancare con a/simmetrie, con cui sono già in vistoso ritardo.

      Roba da SI, Seguacia Inaffidabile.

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  17. I giornali sono vittime della ideologia da loro stessi sostenuta (liberismo).

    Nel momento stesso in cui hanno iniziato a propalare l'idea che viviamo nel migliore dei mondi possibili e che non ci sono alternative hanno decretato la loro inutilità.

    Nel mondo TINA basta google con gli applicativi tipo "perspective" (che individua automaticamente la "tossicità" di quello che si posta e lo censura/ 'trolla' in automatico).

    Perdere punti percentuali ogni anno significa decadimento esponenziale, esattamente quello che sta accadendo per gli iscritti ai fondi dei giornalisti, dirigenti e professionisti (dove ormai gli iscritti in quiescenza sono già la maggioranza).

    L'isotopo "giornalismo" ha assunto ormai un tempo di dimezzamento di circa 10 anni.

    Paradossalmente la salvezza del settore dipende dagli eterodossi che vorrebbero sterminare.

    Dipende tutto ormai dalla velocità di creazione di nuovi resistenti, tanto più elevata quanto più cresce la disoccupazione, tanto più elevata quanti più giornali spariscono....

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  18. I disoccupati U6 sono passati da 6,5 milioni del 2007 a 10 milioni del 2015. Quindi in Italia abbiamo 3 milioni e mezzo di persone in più che negli ultimi 10 anni sono state costrette quanto meno a fare più attenzione al bilancio familiare. Se ci aggiungiamo che è stato possibile per queste persone ottenere informazioni di qualità migliore aggratis via web ecco che i conti tornano.
    Non ci dimentichiamo poi il fenomeno m5s: il blog di Beppe faceva 1 milione di visitatori al giorno ed ha cambiato molto nel panorama informativo. Probabilmente molti che leggevano repubblica ed unità (tipo me) dopo aver iniziato a seguire il sito di grillo hanno smesso di comprare i giornali fino a quando è poi comparso il fatto quotidiano.
    Ho trovato questo articolo del 2013 http://www.blitzquotidiano.it/media/vendite-quotidiani-ottobre-2013-repubblica-corriere-crollo-ottobre-2012-1744445/ : dopo un anno di Monti la repubblica perde 50k copie, il corriere 40k. Per non parlare del crollo della pubblicità : http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06/05/editoria-crollano-pubblicita-e-copie-vendute-e-per-prima-volta-calano-lettori/616827/ " Il 2012 è stato il peggiore anno degli ultimi venti: per la prima volta dal 2003 si è scesi al di sotto della soglia degli 8 miliardi di euro a prezzi correnti, con un calo del 14,3% rispetto al 2011. ""
    E poi è arrivato twitter

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