martedì 28 febbraio 2017

Les présidentielles 2017








Quand on est hypocrite
Qu’on sort du PS
(Mélenchon),
tous les jeunes blancs-becs
prennent les vieux mecs
pour Hamon,
quand ils sont d´venus
des têtes chenues
des Fillon,
tous les vieux fourneaux
prennent les jeunots
pour Macron
moi, qui balance entre deux âges
j´leur adresse à tous un message
le temps ne fait rien à l´affaire
si on aime l’euro, on est con
néolibéraux, pseudogauchistes,
quand on est con, on est con
entre vous, plus de controverses
traitres caducs ou débutants
petits cons d´la dernière averse
vieux cons des neiges d´antan.


(...da un'idea di colei che sola a me par donna...)

domenica 26 febbraio 2017

Interrogazione: Francia e Germania

(...che fa rima con Melensone, e forse pure con te...)

(...da Roissy, tornando finalmente a casa...)

Il professore cattivo vi ha mortificato perché ha un caratteraccio? Cose che capitano. Vi viene offerta una opportunità di riscatto. Adesso farò vedere anche a voi (perché anche? Perché fatevi i fatti vostri!) un paio di disegnini, dove il massimo che farò sarà darvi la definizione delle variabili.

La storia la racconterete voi. Compito a casa, naturalmente: siete quasi 4000, e interrogarvi assicurandomi che non sbirciate nei fogliettini mi costerebbe un po' troppo...

Disegnino uno: recessioni americane e disoccupazione francese e tedesca

Sono dati annuali, le barre indicano il tasso di variazione del PIL statunitense, la linea arancione il tasso di disoccupazione francese, quella grigia il tasso di disoccupazione tedesco.

Tasso di cambio reale bilaterale franco-tedesco

Per le barre, vedi sopra. Per il tasso reale bilaterale, l'ho approssimato come rapporto fra i tassi di cambio effettivi reali della Francia e della Germania. Se volete ne parliamo, ma il senso è che la variabile misura, come dovreste sapere, il prezzo relativo dei beni francesi in termini di beni tedeschi (vi ricordate dove ho spiegato il tasso di cambio reale? Ce l'avete Gooooooooooooogle? E allora siete a posto...

Tasso di cambio reale franco tedesco e scarto fra i tassi di disoccupazione di Francia e Germania

Qui la linea arancione corrisponde a quella gialla del grafico precedente (è il cambio reale bilaterale franco tedesco), cosa che molti di voi avranno visto a colpo d'occhio, ma attenzione: cambia il significato delle barre, che non sono più il tasso di crescita del Pil americano, ma la differenza fra il tasso di disoccupazione francese e quello tedesco (cioè lo scarto fra le linee arancione e grigia del primo grafico).

...e la morale è?
Ah, io non lo so, me lo dovete dire voi. Melensone è assente giustificato, passa il giorno a leggere le lettere anonime che gli arrivano da Vichy o da Casal Bertone. Valerio, per favore non fare il secchione (neanche sotto falso nome, tanto ti tano) perché non è il caso! Gli altri si sentano liberi di esprimersi: tanto, dopo quello che vi ho detto ieri, oggi la strada è tutta in discesa... cioè in salita!


(...sentite: io vi voglio bene e si capisce. Non si capisce perché, ma non è importante. Quello che mi dà molto fastidio non è la lieve dissonanza cognitiva che alcuni di voi dimostrano e confessano - casi di scuola: Nat e Antonello - quando si tratta di spiegare perché hanno capito. E chi se ne frega! Il problema è che però, una volta capito, ci si dovrebbe regolare di conseguenza. La prima cosa che vi esorterei a fare, se potessi pensare di essere ascoltato e quindi capito, è evitare di farvi ventilatori di tanta roba che c'è in giro. Chiedere a me, a un professionista, di confutare per vostro conto le tesi di un dilettante è una mancanza di rispetto. Ai dilettanti pensateci voi, anzi, no... non pensateci! Se in qualche modo, in qualsiasi modo - valutandone l'insussistenza dei titoli scientifici, rilevandone l'incoerenza delle argomentazioni, constatandone la piccineria - vi siete accorti che una persona è inaffidabile, mi volete spiegare qual è la porca rogna che vi porta a regalargli contatti e attenzione? Li trovate divertenti? A me i film dove la gente inciampa e cade nella fontana non fanno ridere. Questa comicità triste, che ci è stata tramandata da un periodo triste - la grande crisi del XX secolo - a me non fa ridere. Su questo temo che non ci incontreremo mai. Quindi scrivermi per chiedermi di confutare il simpatico e certamente dotato sarto di provincia che il 12 aprile 2013 mi chiamava per spiegarmi che le aziende del suo distretto avevano uno scarto di competitività di prezzo del 10% con il prodotto cinese di analoga qualità, e che sarebbe bastato tanto poco per mettere le cose a porto, e che la rigidità dell'euro era una iattura, e mi tampinava per avermi nel suo simpatico distretto industriale a convincere quelli che lui non riusciva a convincere, mentre oggi che l'euro gli ha risolto il problema crollando di quasi il 40%, improvvisamente, è diventato proeuro, abile e arruolato nell'armata Brancaleone... Ma devo occuparmene io? Siete proprio sicuri? La storia di cosa fa l'euro in termini economici è nei tre disegnini che precedono. Quella di cosa fa l'euro in termini umani è nell'aneddoto che vi ho regalato - io conservo tutto. Ma sappiamo tutti che il problema non è questo. Il problema è politico. Il problema è che un burocrate non eletto può mettere in ginocchio un paese come la Grecia, o può ingiungere - magari senza riuscirci, dati i diversi rapporti di forza - a un paese come l'Italia di abolire le province, la cui utilità diventa improvvisamente evidente quando arrivano due metri di neve, e alle strade provinciali non ci pensa nessuno, o può decidere che il tasso di cambio deve scendere per tenere i cocci insieme, anche a costo di mandare il tasso di interesse a livelli tali da portare persone non esattamente tolleranti al potere - il legame fra tasso di interesse basso e destra al potere è spiegato qui e comunque ne abbiamo parlato, e via discorrendo. Questi sono i problemi che l'euro crea. Che il simpatico Melensone non voglia capirli, o che il brillante operatore tessile di provincia voglia accantonarli ora che riesce a stare a galla - talento in alcuni naturale - lo posso anche capire. Che voi non facciate, nel dibattito, l'unica operazione salutare e corretta, che è quella di riportarlo nei suoi giusti termini - quelli politici - ecco, questa cosa mi dà un po' più ai nervi, e anche a quel che resta dei corpi cavernosi, ma tant'è: né io né voi scriveremo né orienteremo la storia. Però non avvicinate alle mie auguste narici ecc. ecc. mai. Grazie. E ora al lavoro: avete da scrivere la storia che i tre grafici eloquentemente raccontano. Io mi imbarco, non ho tempo di rileggere: fate voi anche questo...).

sabato 25 febbraio 2017

Melensone

Il mio visiting a Parigi volge al termine: ho lavorato molto, vi ho trascurato troppo.

Va anche detto, per riequilibrare, che i dubbi su quanto valga la pena di spiegarvi "lebbasi" dell'economia crescono col passare del tempo, per motivi soggettivi ed oggettivi.

Quelli soggettivi li spiegavo ieri ai lettori parigini, convocati nel ristorante sbagliato (quello giusto era questo): sottrarvi al vostro stato di beatitudine è un'impresa titanica, e sono costretto ad ammettere il mio fallimento. Un fallimento congiunto ad un miracolo: riuscire a convincere di aver capito una legione di persone (sareste voi) che in effetti non ha capito una beneamata fava, ma che per qualche motivo ha trovato convincenti argomenti che non sa utilizzare, proprio perché non ne afferra il fondamnto (da qui una infinita serie di frustrazioni e relative querimonie quando uscite sconfitti dall'ordalia col piddino di turno...). Non è colpa vostra (l'economia, come il pianoforte, va studiata da piccoli) e non è colpa mia (da solo e in pochi anni non si sovvertono quarant'anni di propaganda).

Possiamo restare amici, soprattutto considerando che intervengono i motivi oggettivi: sbattersi per spiegarvi, ad personam o coram populo, cosa c'è che non va nelle idiozie dei propagandisti, è del tutto inutile, perché la SStoria sta facendo il suo porco lavoro. In tempi rapidi (se Trump vince la guerra civile che vediamo imperversare in America), o meno rapidi, saranno i media a dire a voi, e a quelli che voi non riuscite a convincere (vedi alla voce: motivi soggettivi) come stanno le cose. Paesi diversi non possono avere una stessa moneta, l'imperialismo tedesco è pericoloso per la pacifica convivenza dei popoli europei, ecc. Banalità, insomma. Ma proprio per questo, quando la televisione ve le dirà (venit autem fortior me, cuius non sum dignus solvere corrigiam calceamentorum eius...), le troverete limpide come acqua di fonte: un liquido relativamente banale, per esempio rispetto al Beaumes-de-Venise che ha accompagnato la mia parca cena, ma fisiologico. Ne siamo fatti, anche se non ce ne rendiamo esattamente conto. Ecco: oggi il vostro corpo è fatto del 60% di acqua, e il vostro cervello dell'80% di propaganda (non è colpa vostra: ci siete immersi). Domani il vostro corpo non so, ma il vostro cervello sarà fatto per l'80% di una diversa propaganda...

(...so che voi non sapete di non sapere che i balsami non c'entrano nulla, e ancor meno c'entra Venezia: ora lo sapete: piccolo gradino nel gradus ad Parnassum che dovrebbe farvi membri della cosiddetta élite...)

E la cosa più divertente (anche se oggi si deve dire "ironica", che secondo me è un barbarismo... ma lasciamo perdere) sarà che il compito di battezzarvi con questa nuova verità sarà affidato a persone totalmente inadeguati e incompetenti. Ma, appunto, l'incompetenza (documentata) ne sancirà l'inadeguatezza soggettiva, che però sarà ampiamente compensata dal fatto che oggettivamente il capitale avrà deciso di servirsi dei soliti scagnozzi per ammannirvi una diversa propaganda. Voi penserete di aver cambiato i suonatori: sarà cambiata invece la musica... perché i suonatori restino gli stessi!

Non vi disturbi il mio pessimismo, e non temete: torneranno i post tecnici, quelli che vi fanno sentire intelligenti (son qui per servirvi). È solo che sono reduce dal dibattito televisivo nel quale Melensone ha presentato ai francesi il proprio programma: un dibattito che mi ha insegnato solo cose che sapevo, ma va bene così: anche le conferme hanno un loro valore pedagogico.

La prima cosa è che per essere giornalista "economico" bisogna essere laureato nella qualunque, tranne che in economia, e non avere un intelletto particolarmente brillante. Il giornalista economico di riferimento per la Francia è questo qui (quello per l'Italia lo conoscete e non lo nomino). I colleghi di Paris XIII mi hanno riferito che in un dibattito questo povero infelice ha dichiarato che la BCE non poteva continuare a stampare moneta perché i biglietti di banca devono mantenere un certo rapporto con le riserve auree. Non so se sia vera, non mi hanno dato la fonte, ma senz'altro collima con la fisiognomica del personaggio.

A fronte di questo sonoro pezzo di fesso, troneggiava (si fa per dire) Melensone. Uno scontro fra Titanic del quale ho visto solo la parte che mi interessava, quella sull'Europa: il famoso piano B.

Tallonato dal vulcaniano e dalla belloccia libanese, il povero Melensone snocciolava le sue coglionaggini, che suonavano più o meno così: "No, io non sono come la Le Pen, che è populista, perché io ho un piano B, il che significa che per me l'Europa è un valore, ma non può essere dominata dagli interessi germanici: quindi noi andiamo a negoziare, e poi se ci dicono di no noi ce ne andiamo dal tavolo, e vedrete: la Francia è un grande paese, quindi se ce ne andiamo ci inseguiranno nel corridoio per dirci di restare, e così avremo delle condizioni migliori". E la belloccia: "Ma se non vi inseguono? Lei prenderebbe questa decisione autoritaria?" E Melensone: "Non sia mai, io non sono come la Le Pen, che è fascista: la parola spetta ai cittadini, ai quali faremo fare un referendum!" E il vulcaniano: "Ma insomma, lei e la Le Pen avete tanto in comune nel programma economico, ad esempio il protezionismo!" E Melensone: "Ma il mio non è un protezionismo nazionalista, come quello della Le Pen: è un nazionalismo solidale!" E il vulcaniano: "Sarebbe?" E Melensone: "Sarebbe che noi prima negoziamo....".

Un inetto, un perdente che vuole trascinare nel fango l'onore del proprio paese, i cui abitanti ha tradito appoggiando a suo tempo Maastricht (così non fecero tutti), un povero illuso (o un falso) che si avvia a un ovvio fallimento, ma che se riuscisse (cosa impossibile) potrebbe al massimo far percorrere alla Francia la stessa traiettoria che ha percorso con Tsipras la Grecia. Perché alla fine questo gegno della politica cosa riusciva a trasmettere, col suo palpabile impaccio? Semplice! Quello che la comunicazione incentrata sul concetto di piano B ti trasmette naturaliter, ovvero che il piano A sarebbe l'alternativa preferibile, per cui l'uscita sarebbe comunque l'esito di una sconfitta politica. Mi sembra un'ottima idea, nel paese di Vichy (nota stazione termale) impostare un percorso politico ponendone le basi sulle sabbie mobili del revanscismo. Questi apprendisti stregoni scherzano col fuoco, nel vano tentativo di nascondere le proprie responsabilità. Ho orrore di loro, e del futuro cui ci condannano...

Ma di quale pasta fosse fatto quest'uomo abbiamo già parlato quando servì da utile idiota di Hollande (qui in francese e qui in italiano), capendo che non era esattamente cioccolata. E di quale Caporetto comunicativa fosse il piano B, anche di questo, abbiamo sufficientemente parlato (qui in francese e qui in italiano). Quindi per voi (e soprattutto, se permettete, per me) nulla di nuovo, anche se, a dire il vero, qualcosa ci sarebbe. Intanto, è spettacolare che dopo la lessata presa in Grecia gli "altreuropeisti", quelli che pensano che il dialogo col capitalismo tedesco sia possibile, siano ancora lì, imperturbabili. Il colonnello Melensone non si arrende mai, nemmeno davanti all'evidenza (non a caso il protagonista era francese). Poi, ma di questo non parliamo oggi, sono esilaranti i metodi vichysti coi quali questo personaggio e i suoi accoliti fanno intorno a sé pulizia etnica del buon senso. Ma oggi volevo parlarvi del colonnello Melensone: del maresciallo Melensone vi parlerò, se avrò tempo, un altro giorno.

Una cosa è certa: al secondo turno questo perdente chiederà di votare per l'Europa. Avevo, lo confesso, qualche dubbio, ma me lo sono tolto guardandolo parlare.

E così sia...




(...e la morale della favola è fatta di un bicchiere mezzo vuoto, e di un bicchiere mezzo pieno. Comincio dal secondo, per consolarvi: voi non avete capito una fava - vi sfido a dimostrarmi il contrario - ma tanti hanno capito meno di una fava, come quanto precede ampiamente dimostra. E il bicchiere mezzo vuoto? Ah, sì, ci sarebbe quel dettagliuccio: quelli che hanno capito meno di una fava sono la classe politica che governerà, o farà l'opposizione. No way. Colgo l'occasione per ricordarvi che quest'anno si festeggia un centenario. M'ha detto micuggino che un nostro amico lo celebrerà con un bel libro...)

sabato 18 febbraio 2017

Il debito (che ti) pubblico

Poc'anzi, su Twitter, commentando gli ultimi exploit della piccola vedetta lombarda, rosa d'invidia per il successo di questo blog, e perché tutte le interlocuzioni politiche che ha con tanta alacrità cercato si sono rivelate fallimentari, mi sono reso conto di non avervi mai raccontato uno dei più gustosi fra i tanti aneddoti che sei anni di dibattito mi hanno consegnato.

Un fardello a volte un po' pesante, che condivido con voi, senza fare nomi (perché io sono il piccolo scrivano fiorentino, non la piccola vedetta lombarda), dato che ritengo essenziale farvi capire qual è il modus operandi dei volenterosi carnefici dell'euro: tutte brave persone, ma con una lieve torsione nel loro codice etico.

Quale?

Ve lo dico subito.

Dunque: il de cujus, che fa parte su Twitter della compagnia di giro degli Scacciavillani, dei Giannino, e di equipollenti economisti, pur avendo uno standing accademico molto superiore (con un h-index che è il doppio del mio, e presto capirete perché...), aveva fatto un bello studio sulla relazione fra dimensioni del debito pubblico e crisi economiche, dimostrandone la sostanziale inconsistenza (che per voi non è un segreto), e mettendo in evidenza i rischi della finanza privata. Lo studio mi era piaciuto, e siccome a quei tempi ci parlavo e a me piace poter fare un complimento sincero a un collega, gli chiedevo dove lo stesse pubblicando. Risposta:

Siamo stati rigettati piu' o meno da tutti i top journal[...]. E' abbastanza frustrante, soprattutto perche' il piu' delle volte la motivazione e' che il "topic is not of general interest" (!!!) o che i risultati non sono sufficientemente innovativi[...]. Al solito, c'e' una certa distanza tra l'accademia e la relata', che stando qui noto ancora di piu'.

(nota: "qui" era una prestigiosa istituzione internazionale...)

Ecco, parliamone...

Io, per dire, a un top journal non ho mai nemmeno mandato un paper (anche se ho pubblicato su Energy Policy che come ranking sta eventualmente un filo sopra ad alcuni di essi... ma è "di field", e quindi meno considerata, per quello strano ossimoro che fa sì che nel mondo dell'iperspecializzazione all'ammeregana vieni considerato di più se scrivi su riviste specialistiche generaliste - cioè: American Economic Review va bene, ma Energy Policy no...). Il motivo è semplice, ed è lo stesso per il quale non mi spreco a inviare a Repubblica una confutazione delle sciocchezze scritte oggi da Taddei (peraltro, tutte già ampiamente confutate in questo blog), e lo stesso che il mio ex amico evidenziava: la distanza fra l'accademia e la realtà, ovvero il fatto che chi cerca di portare nel dibattito (scientifico o mediatico) temi rilevanti viene "rigettato".

Se avessi mandato ad American Economic Review quella che ad oggi è l'unica spiegazione coerente coi fatti del declino dell'economia italiana, me l'avrebbe respinta, esattamente come Aghion (l'economista di Macron) ha respinto questo nostro paper, nonostante i fatti abbiano dimostrato che quanto meno esso aveva previsto in modo accurato il fenomeno che intendeva descrivere (per rendervene conto, andate a vedere cosa è successo in Vietnam da quando è stata pubblicata la versione working paper...): ma siccome il modello era post-keynesiano, la rivista top lo ha semplicemente desk rejected, non ritenendolo degno di passare per un referee (e l'editor di JPKE ci ha messo due anni a esprimersi...).

Ora, dopo aver guardato il bicchiere mezzo pieno (almeno oggi è passato di moda dar fuoco a chi non la pensa come te... ma se andasse al potere la piccola vedetta lombarda, non escluderei che ci facesse un pensierino!), voglio però sottolineare un punto. Forse un economista, ma diciamo, allargando l'obiettivo, un uomo, dovrebbe avere un obiettivo un pochino più ampio dei top journal. Certo, se gli parli di debito privato i top journal non ti pubblicano (per ora), e magari l'ANVUR ti valuta zero per rappresaglia i lavori che ne parlano (soprattutto ora che i loro amici sono stati costretti ad ammettere che avevano torto!), ma nella vita non ci sono solo i top journal.

Forse c'è una cosa che sfugge a certi miei colleghi, anche bravi. Siamo passati dal publish or perish al publish and perish: I publish (rubbish) and (you) perish.

Lo scollamento dell'accademia dalla realtà non è una cosa irrilevante. È un ingranaggio cruciale nella macchina delle fake news. Io non riesco più a prendermela con i giornalisti (limitandomi a non toccarli nemmeno con uno stecco) per le scemenze che dicono, quando vedo che personaggi nei quali loro hanno tutti il diritto e i motivi di avere la massima fiducia si esprimono in modo tanto impreciso. Pubblicare pattume conformista solo per far carriera poteva andare benissimo quando la nostra professione era irrilevante in termini di crescita sociale e civile di una nazione. Ma oggi le menzogne di certi economisti, lo stravolgimento della realtà fattuale, i riferimenti partigiani, incompleti e inattuali a teorie o studi economici datati, stanno avvelenando i pozzi della democrazia. Le imprese muoiono perché c'è qualcuno che si è divertito a raccontare che i moltiplicatori erano negativi, e che quindi tagliando redditi l'economia sarebbe cresciuta, quando gli studi che avvaloravano questa astrusa tesi si basavano su un sistematico e intenzionale travisamento della realtà (come dimostra, nel caso del Canada, questo studio di un collega parigino, che offro ai francofoni del blog).

Insomma: questa gente che ci racconta che paesi che hanno svalutato del 20% e fischia sono ripartiti "perché hanno fatto austerità" non può sottrarsi alla responsabilità morale e politica di aver mentito, ma soprattutto i loro allievi più giovani e bravi, come il de cujus, quello che ora uggiola nella muta di Scacciavillani, loro, dovrebbero prendere atto che se l'accademia è scollata dalla realtà, la colpa è anche loro, del loro conformismo, del loro desiderio di entrare nei "salotti buoni" accademici, della loro generale, assoluta e irredimibile mancanza di attributi.

Insomma: si parla ancora e solo di debito pubblico, nell'accademia e a ricasco nel dibattito, anche e soprattutto perché è il debito (che ti) pubblico se sono un editor di un top journal.

Resta il fatto che i top journal sono letti solo dai top economists, mentre i bottom journal sono letti (spesso) anche da chi ha problemi da risolvere. Ed è soprattutto questo che ai nostri amici comincia ad incutere qualche timore: sanno che presto saranno sorpassati, e non possono accettare che una vita passata a s'offrire possa essere così beffardamente ripagata dalla SStoria.

Me ne spiace per loro, ma non posso farci niente. Se si arriverà a una risoluzione violenta del conflitto in atto è anche e soprattutto in conseguenza della loro rinuncia a svolgere in modo minimamente spassionato ed equanime il loro ruolo di intellettuali. Il rischio di gravi perturbazioni dell'ordine democratico cresce ogni giorno di più (come dimostrano i tentativi di legge bavaglio), e in generale cresce ogni giorno di più il rischio che si arrivi alla violenza, al sangue, per la feroce determinazione del potere e dei suoi giullari di non riconoscere quello che la limpida razionalità economica aveva tanto chiaramente enunciato: una sola moneta per paesi diversi porta fatalmente al conflitto.

Peraltro, qui vediamo un'altra radice del male. I miei colleghi non sono solo dei Cuor di Coniglio, incapaci di prendere posizione contro l'ortodossia dalla quale dipendono le loro carriere, anche quando sanno che essa emette messaggi fuorvianti: sono anche piuttosto ignoranti. Che l'euro avrebbe portato ad un aumento di conflitti, e che quindi fosse tutt'altro che una garanzia contro un conflitto intra-europeo (cioè, in definitiva, che esisteva un serio rischio che l'euro portasse a spargimento di sangue) non è certo una mia idea: è stato argomentato in sedi prestigiose da un economista top ten. Il fatto che la piccola vedetta lombarda mi stia stalkerando citando una mia frase in cui ricordavo questa analisi (ed invitavo i miei colleghi a farsi una piccola iniezione di testosterone, ed esporsi, invece di continuare a sussurrarmi all'orecchio o nell'email che sono d'accordo con me...) dimostra solo che lo spessore etico di certi personaggi è commisurato all'estensione della loro cultura economica. Per un economista, soprattutto se "ortodosso", non conoscere Feldstein non è esattamente un ottimo biglietto da visita.

Ma, e qui la chiudo veramente, oltre al conformismo e all'ignoranza il male ha una terza radice: l'ambizione politica. Se e quando rileggerete questo blog con calma, vedrete che tutti quelli che sono entrati inutilmente, sterilmente, tendenziosamente in polemica con noi avevano una cosa in comune: il bisogno di compiacere il potente (ma anche l'impotente) di turno per soddisfare la propria ambizione di essere parte attiva del processo politico (vuoi come rappresentante dei cittadini, vuoi come "consigliere" del "principe").

Conformismo, ignoranza, ambizione...

Lasciamo dietro di noi questo miserando spettacolo, e prepariamoci alle vere sfide che ci attendono. Nervi saldi, e non rispondete alle provocazioni, come non faccio io, sapendo meglio di voi chi ho di fronte.

lunedì 13 febbraio 2017

J'ai plus de souvenir...

A pochi metri da me dorme un illustre collega che ci ha lasciato troppo presto:


Di lui resterà qualcosa. Lo stesso non può dirsi di tanti colleghi che ci lasceranno troppo tardi. A tutti loro sia lieve la terra (prima o poi) e a me pesante il sonno (meglio prima che poi), che domani presento a Paris XIII davanti a Lang, Lavoie, ecc. 


(...que si j'avais mille ans...)




Il paradigma dell'inganno (isomorfismi)

(...ricevo una lettera interessante che voglio condividere con voi...)



Gentile Prof. Bagnai,

le scrivo dopo aver assistito ad una lezione sui cambiamenti climatici, nell’ambito di un ciclo di conferenze sulle crisi della globalizzazione, che fino ad ora era stato di discreta qualità, con picchi eccellenti.

Il relatore della lezione è professore di questi temi al Politecnico di Pastrufazio.

La lezione è stata di livello scadente.

L’urgenza di scriverle è nata dal fatto che ho riscontrato durante l’incontro che il paradigma dell’inganno si coniuga nello stesso modo di quanto accade con i temi economici, ed ora, grazie anche al percorso fatto tramite lei, di cui la ringrazio, lo riconosco in pochi minuti e precipitevolissimevolmente metto mano alla pistola.

I temi del sottotesto sono stati questi:


  1. IL GOMBLOTTO: La maggioranza ha sempre ragione: detta così sembra l’inno alla democrazia, ma la maggioranza di cui si parla è quella dei media e degli stakeholders, che si palesa col la  proiezione di foto di capi di stato alla conferenza di Parigi e di effige di Papa Benedetto, in una sinfonia concorde di menti superiori unite nel riconoscimento di una teoria scientifica che assurge ad intoccabile: si rintani nei suoi atrii muscosi qualsivoglia professore di provincia che complotta altrimenti…e qui la foto mi evoca subito per antitesi Galileo: ogni teoria scientifica minoritaria porta facilmente lo stigma del complotto, fino a prova contraria
  2. TINA + E’ COLPA NOSTRA, CI STA BENE: i migranti arrivano a frotte perché noi abbiamo rovinato il clima che porta conseguenze soprattutto a casa loro, fatevene una ragione, perché comunque è ineluttabile
  3. REDUCTIO AD HITLERUM: Trump mette in dubbio i cambiamenti climatici? E’ perché è una bestia, di cui non vale la pena parlare, bastano due foto di sue espressioni facciali tra il clownesco e lo psicopatico, chiusa lì
  4. L'INDIVIDUAZIONE DI UN NEMICO SPORCO E CATTIVO: gli inquinatori, ovviamente indifendibili, ci hanno messo in questo guaio. Altrove i corrotti. Sono quei nemici che, come l'Epifania, tutto il resto si portano via, per prima la dialettica tra gli interessi in gioco.
  5. IL DUBBIO: LO E’ O LO FA?: viene detto che con pannelli solari sul tetto abbinati a macchina elettrica il benzinaio può chiudere. Ordini di grandezza in fuga, qui a neutralizzarlo bastava uno studente di scuola superiore, ma mi chiedo, come spesso di fronte economisti Corraliti, questi divulgatori, piazzati anche a livelli alti , sono veramente così impreparati o subdolamente mistificano? Cioè i decisori mandano avanti i più scemi o i più furbi a fare pesca a strascico?
  6. STAY HUNGRY, STAY PROUD OF IT: la conferenza si conclude con un inno alla decrescita felice. Niente macchina: così si fa moto, casa fredda: è più sana, blablacar: conosci gente, fai cose. Quindi se siete diventati poveri siate contenti, che così inquinate meno… Ehh sempre allegri bisogna stare, ché il nostro piangere fa male al re, fa male al ricco e al cardinale, diventan tristi se noi piangiam…
  7. COLTURA (NEL SENSO DI COLTIVAZIONE) DEI COMPLESSI DI SUPERIORITA’: si, è un disastro, ma voi che siete qui avete capito tutto, potete uscire con il nasino all’insù, se vi lasciate abbracciare dal morbido conforto del mainstream nessuno si farà male e potrete sempre guardare gli altri, quelli in direzione ostinata e contraria, con compatimento, scuotendo la testa: occhio a mettere in discussione queste teorie la cui condivisione  vi nobilita, che vi tocca scendere dal cocchio.

La ringrazio ancora, spero al prossimo Goofy di riuscire a stringerle la mano, vincendo la paura che ho avuto nelle precedenti occasioni di sbagliare qualcosa nella procedura di presentazione ed essere smaterializzata.

Cordiali saluti

Lucia Mondella


(...io non sono un climatologo, quindi non mi pronuncio sul merito. Viceversa, io sono un intellettuale quindi devo pronunciarmi sul metodo. Abbiamo più volte, in questo blog, evidenziato come la verità abbia un suo spessore non solo etico, ma anche estetico: il valore estetico dell'onestà e del raziocinio, la coerenza interna - e quindi la consonanza musicale - di un discorso veritiero... Questo non può che renderci scettici nei riguardi di chi, per difendere una tesi - vera o falsa che sia, questo in fondo è irrilevante, moriremo tutti lo stesso - fa appello ad argomenti ad personam, vellica i peggiori sentimenti dei propri interlocutori anziché sollecitarne il pensiero critico, si barrica dietro un'appartenenza razzisticamente proclamata come superiore, e la consolida indicando un uomo di paglia. Stranamente, chi agisce in questo senso, alla fine promuove sempre uno stile di vita compatibile con quel progetto di deflazione salariale che, come credo di avervi spiegato, costituisce il sale della terza globalizzazione, cioè di quella proposta di organizzazione della società contro la quale si stanno sollevando, in modo non pienamente cosciente, confuso, velleitario, le masse popolari di mezzo mondo. Insomma, è un po' come gli "errori" degli operatori informativi: quando profferiscono una abominevole menzogna, questa, stranamente, è sempre nel senso di difendere il progetto eurista, mai nel senso di indebolirlo. Non credo ci sia bisogno di test non parametrici - ma si potrebbe farli - per lasciar intuire che questa cosa non può essere casuale. D'altra parte, non c'è nemmeno bisogno di un complotto per spiegare questa strana distorsione: basta semplicemente ricordare che l'uomo è un animale sociale, e quindi, in buona parte, gregario e conformista. Non sarei troppo reciso nel considerare queste caratteristiche un difetto: forse, se è così, è perché milioni di anni di evoluzione hanno dimostrato che questa strategia ha un suo valore. Certo, né in economia né in natura qualcosa è solo positivo o solo negativo. Siamo arrivati a un momento della storia in cui il conformismo è intrinsecamente distruttivo. Ma di questo parliamo con calma un'altra volta. Per ora, teniamo presente che il paradigma dell'inganno è riconoscibile: la sua forma è una, e questa lettera la riassume compiutamente. Ricordatevene...)

(...ah, giusto: scusate se ho sprecato tante parole! Come posso pensare che capisca il paradigma dell'inganno chi non capisce questo? Dovete dirmi chi cazzo siete come prima cosa, e dirmelo guardandomi negli occhi, altrimenti vi mando subito a stendere, come il bel giovine dal rossore virginale che mi si è messo davanti al convegno di Milano. So io perché lo voglio. Ho detto voglio. Se ritenete che io non possa dirlo, perché non posso permettermelo o perché non è elegante, il problema è risolto alla radice: non mettetevi sulla mia traiettoria. Ho già elaborato il lutto. E voi?...)