venerdì 16 settembre 2016

Una cosa di sinistra

(...letti alcuni commenti al post precedente...)

Su qui e qua l'accento non va.


(...grazie...)

42 commenti:

  1. Nemmeno sul quo del qui pro quo ma invece sul quaquaraquà.
    Ogni tanto bisogna evacuare una stronzata, per non far dell'animo una fogna.

    Marco Sclarandis

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  2. L'equivoco, sapida storiella sezzese, con il qui, tanto per sorridere un po'.
    Anni '30 -'40, il burino sezzese va a Roma per la prima volta e ne resta affascinato, tra l'altro nota a Piazza dell' Esedra (prima che fosse ridenominata piazza della Repubblica nel '53), uno dei grandi locali sotto la galleria dove nell'insegna c'è scritto " caffe concerto". Entra, si guarda intorno con circospezione come è naturale, e poi si avvicina al banco e chiede: "nu caffè concerto"! Il barista resta qualche secondo senza parole, poi signorilmente risponde: signore "ma qui c'è un equivoco!" Il burino, scarpe grosse e cervello fino, immediatamente replica: "non c'è problema, i suordi ce li tengu, che te credi? E mittici puru quisciu".

    Risata generale!

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  3. Una cosa di sinistra sarà non votare questa finta sinistra.
    Buon fine settimana Prof e a tutti i lettori.

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  4. OT

    Intanto continuano a volare ceffoni nel conflitto (economico) a bassa intensità tra il padrone e il servo che si è preso troppa libertà nella gestione del peculio regionale €uropeo.

    http://www.repubblica.it/economia/2016/09/16/news/subprime_deutsche_bank-147872951/?ref=HREC1-1

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    1. Altro OT molto interessante.

      Quando certi annunci vengono fatti non e' mai per caso. Sia la Cina che la Russia e' da alcuni anni che mandano regolari messaggi di questo tipo, probabilmente accelerare un passaggio senza scosse ad un mondo multipolare.

      Non mi meraviglierei piu' di tanto se dopo le elezioni USA venisse indetta una novella "Bretton Woods" per la creazione di un nuovo IMF.

      https://www.rt.com/news/358664-china-quantum-radar-test/

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    2. A quanto ammontava la somma a cui è stata condannata Apple qualche giorno fa? A 13 miliardi di euro se non erro (approssimativamente pari a 14-15 miliardi di dollari, cioè pari alla multa di Volkswagen)...

      Il padrone americano, soltanto a distanza di una settimana dalla reazione, rilancia con un altro schiaffone di pari forza per ribadire chi comanda veramente?

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    3. Infatti oggi tocca a Deutsche Bank! e le cifre sono sempre quelle(13/14 miliardi)è incredibile

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  5. Se la grammatica è di sinistra, la sintassi è di destra?

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    1. che poi, a pensarci bene, questo spiegherebbe finalmente Bersani.

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    2. Grammatica e sintassi, secondo me, sono di sinistra perche' - come la verita' - rivoluzionarie.

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  6. Impressionante. Più del post del 25 dicembre 2014. Col find ho trovato un qui con L'accento e basta. C'è veramente da aver paura. Con estrema osservanza. Bye.

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  7. Visto che siamo in tema, diamo spazio alla maestrina dalla penna rossa che è in me.
    Per dare al proprio testo scritto un minimo di autorevolezza, non scrivere cavolate non basta: bisogna anche cercare di evitare gli svarioni ortografici.
    Una buona regola che io cerco di applicare è NON ESSERE DEI PIDDINI ORTOGRAFICI, ma sapere di non sapere. Abbiate dubbi ortografici (specie se il correttore sottolinea la paroluzza in rosso) e correte volentieri sul sito della Treccani o di un dizionario a vostra scelta a controllare (occhio a limitarvi a uno sciatto googlare perché il web formicola di svarioni).
    Credetemi: non c'è argomentazione brillante che non crolli sotto il colpo di maglio di un errore di ortografia. E purtroppo scappano anche a chi li cerca per mestiere, anche a chi scrive per lavoro, al colto e all'inclita: a tutti. Il segreto sta nel CONTROLLARE.
    Detto questo, eccone alcuni tra i più brutti e comuni.

    Si scrive "qual è" SENZA apostrofo, perché "qual" esiste già così come è: lo dimostra l'espressione "qual buon vento" (oltre che l'immortale verso "qual fior cadea sul lembo").

    Si scrive qualcun altro SENZA apostrofo, perché - come un, nessun e alcun - si tratta di parole che esistono così come sono: un bambino, alcun bisogno, nessun dorma.
    Però invece al femminile l'apostrofo ci vuole: un'altra, qualcun'altra, nessun'altra (infatti non diciamo "nessun bambina".

    Come mi ha insegnato suor Giuseppina, indimenticata maestra delle elementari (ed editrice del mio primo libro): "Fu tre re me no so va sta fa vo sto fo io mai accenterò", "Sul qui e sul qua l'accento non va" (e anche "Ma con gran pena le reca giù", che però qui non c'entra).

    Se stesso (pronome) non si accenta, perché non c'è la possibilità di fare confusione con se non accentato (congiunzione). Però se "sé" si usa da solo, l'ambiguità c'è: e allora bisogna accentarlo.

    Po' , se ci pensate un attimo, sta per "poco": come diceva suor Giuseppina "la 'co' è morta ed è rimasta la lacrimuccia per ricordarla". NON confondetela con un accento, non scrivete *pò, manchereste di rispetto a una povera morta (la sillaba, non suor Giuseppina, anche se temo che a questo punto siano morte entrambe).

    Sufficiente, beneficenza: sapete che vi dico? La cosa migliore, di fronte a un "cie" di questo tipo, è andare SEMPRE a controllare.

    Infine, il vero trucco per SEMBRARE persone colte (anche senza esserlo, come nel mio caso): imparare a usare correttamente le è accentate. Come regola pratica, che risolve al 99% il problema: mentre è e cioè hanno l'accento grave, perché e sé hanno l'accento acuto. Già solo scrivendo perché con l'accento corretto farete un figurone, gli amici vi invidieranno e le donne cadranno a grappoli ai vostri piedi (io no, però, perché a me si sa che mi conquistano di più i risolutori di integrali e comunque ne ho già trovato uno).








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    1. Grazie Nat, una risposta veramente divertente, interessante e, cosa molto importante, in argomento

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    2. sono molto bravo con gli integrali, anche doppi o oscillanti.. vedi tù..

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    3. @Davide È solo una condizione necessaria, come uscire dall'euro... ;-)

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    4. Io avevo alle elementari una maestra molto vecchio stampo, non suora ma signorina, che temperava le matite con un coltellino...
      La filastrocca di Nat non la sapevo, ma non ho mai dimenticato che sul qui e sul qua l'accento non va, sul lì e sul là l'accento va; davanti a P e B va sempre la M; davanti al dittongo IO solo una Z ( la coruZZZione è licenza poetica, ci vogliono due R e una sola Z); dopo GN non va mai la I tranne che in compagnia e nei verbi che ce l'hanno nella desinenza (es. sogniamo); e, fondamentale, la regola per i plurali di cia e gia: se hanno davanti una vocale ci va la I (es. ciliegia, ciliegie); se hanno una consonante niente I (arancia, arance).
      Per il resto, concordo su Nat su tutta la linea. Ma facciamo parte di una minoranza, ça va sans dire...

      PS: Po' con l'accento è un pugno nello stomaco! E chissene se il T9 ve l'accetta!

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    5. Grazie @Nat, sono uno di quelli che purtroppo ha bisogno di ricontrollare ogni parola e anche così lo strafalcione scappa.
      Per aiutarmi stamperò il commento.
      Marittime, Cozie, Graie, Pennine, Lepontine, Retiche, Carniche, Giulie.
      Questo ricordo scolastico è rimasto anche a me.

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    6. Nat - la mia suora si chiamava Angiolina (RIP) ed era una grande donna - lei diceva:

      Sul qui e sul qua l'accento mai non va.

      una doppia negazione che dal latino volgare in poi è un rafforzativo

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    7. Forse il TRUCCO per molti è leggiucchiare la grammatica per sembrare dei grandi letterati.
      Credo che si ha il diritto di esprimersi anche senza conoscerla come le maestrine.

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    8. Io scrivo "qual è" ma sempre sentendomi in colpa, perché diversamente si regolava Tommaso Landolfi. Il quale, nelle lettere (mai nei libri) di tanto in tanto usava à per ha e ò per ho.

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    9. @mario rossi
      «Credo che si ha» fa male alla valvola aortica...

      I diritti sono l'altra faccia dei doveri. Esprimersi correttamente è un dovere se si vuol esercitare con forza il sacrosanto diritto di esprimere il proprio pensiero.

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    10. Solo per cuori forti!
      Cercare su Google “Accademia della crusca uso del congiuntivo”.
      E a questo punto, per quanto detto da me sopra, credo che ci ho/abbia preso in pieno.

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    11. ƃɹɐzıǝ sıƃuoɹɐ ɯɐǝsʇɹɐ

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    12. @Nat
      Un'integrazione alla frase per memorizzare i nomi delle Alpi:

      "Ma con gran pena le reti A TE ca(lo) giù."

      Reti non è vera e propria integrazione perché le Retiche sono già suggerite da RE, solo, il suggerimento diventa più esplicito perché dice RETI, mentre la vera integrazione è A TE, che sta per Atesine

      CA, iniziale di Carniche, ha avuto bisogno di un completamento (CAlo) per dare un senso alla frase.

      Non ricordo se la frase l'avessi trovata in un libro negli anni della scuola elementare o se, come più probabile, risalga alla mia maestra.

      Che sia benedetta comunque: ha dato molto, precisamente e instancabilmente.
      E correggeva sempre a tutte tutti i dettati, i temi e i problemi ogni volta che faceva fare un dettato, un tema o un problema, cioè uno o due lavori fra questi tutti i giorni.

      E' vero che gli insegnanti allora avevano meno appesantimenti burocratici guastatempo e di corsi di aggiornamento obbligatori non si parlava - e non sapevano meno per questo, cioè chi sapeva sapeva e studiava per conto proprio. E non erano colpiti da tutte le lagne/obblighi a cui si deve far fronte al giorno d'oggi, che personalmente trovo devastatori di tempo e di forze.

      Ma non so se ALLORA tutti i maestri lavorassero con la sua intensità e sistematicità.
      Dunque non ha importanza se la frase sulle Alpi l'abbia sentita da lei o no; dunque la (maestra) benedico in ogni caso.


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  8. Anche il sussidiario.net invoca la Troika. Anche loro, seppure antirenziani, assieme a Repubblica sono diventati anti-italiani. Meglio, un altro sito in meno da guardare.
    PS: di questo passo mi resta il suo blog Prof (e non mi dispiace per nulla) e la Gazzetta dello Sport.

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  9. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  10. Ciao Nat, più che uscire dall'euro, dovremmo avere il coraggio di uscire da questo sistema monetario. Le risorse e le intelligenze per farlo ci sono. Tutto cambia, tutto si trasforma. Altrimenti sarà sempre e solo un bla bla bla, verificare la scoperta dell'acqua calda e un piangersi addosso...

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  11. Ma manco penniente! A parte le filastrocche della suoretta che lasciano, con il rispetto dovuto e lei e Nat, il tempo che trovano, anche i ricchi piangono.
    Io divido l'umanità tra chi va all'Aquila e chi a L'Aquila, ovviamente giudicando male i secondi. Nella bio di un 'amico' della comunità, peraltro scrittore di un libro famoso e venduto, si legge che è nato a La Spezia, ignorando, lo scrittore, che invece è nato alla Spezia. Giustifico a fatica chi usa piovere con avere. Odio chi cambia i pneumatici (cosa che qualche grammatica assicura si possa fare) e cerco di non comprare occhiali dai produttori che ignorano che la parola difetta di singolare (vogliamo parlare di forbici e pantaloni?). Per non parlare di tutti i giornalisti che scrivono 'sarebbe dovuto essere' come detto credo nel mio precedente commento. Non sopporto i giornalisti prima perché non scrivono italiano, poi perché mentono.
    Questo per dire che l'italiano così facile non è. O meglio, non è per tutti, men che meno per i piddini. Mi scuso se qualcuno si sente chiamato in causa.

    Però no. Sé stesso si scrive con l'accento anche se la crusca derubrica il caso contrario a non errore e smentisce anche sé stessa.

    Abbi dubbi sì, brechtiani, ma ben risolti.

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  12. Visto che ci troviamo euro si scrive minuscolo e segue le cifre (spero ancora per poco).

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  13. Ci sono lingue e linguaggi.Mi vien meglio la traduzione dei secondi,ad esempio con un bambino autistico mutacico non cerebroleso.All'area di Broca e a quella di Wernicke l'ardua sentenza.
    (la crittografia,l'alfabeto Morse verranno di moda nel prossimo futuro,io mi specializzerei in questi.E se erro un accento pax e amen,così volle Lui che mi fece illitteratus,cioè bisognoso di disegnini).A Dante gli farei comunque un monumento come la statua di Rodi(che poi lui si rode dall'aldilàlallà)

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  14. Pensavo che il Prof. intendesse esprimere altro, con questo post (mi chiedevo cosa).

    Ci sono rimasto male.

    (Comunque, chiamo a correo il telefonino: se lo usi per commentare e sei miope o ipermetrope, l'ortografia è spacciata).

    @non so più chi: la sintassi è logica, quindi non piddina. Il resto conta meno.

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  15. Scusatemi, questo mio post non c'entra nulla con l'argomento, ma sono davvero esterrefatto (anche se forse non dovrei): mi sono "permesso" di postare un commento all'articolo che il sito di Repubblica ha dedicato alla scomparsa di Ciampi (http://www.repubblica.it/politica/2016/09/16/news/e_morto_carlo_azeglio_ciampi-147885047/)... ed apriti cielo! Il solo aver accennato ai fatti del 1992 (attacco speculativo di Soros & Co. contro la lira) mi è costato insulti a non finire.
    Credo che un suo bell'articolo che faccia il punto su quanto accaduto in quei lontani anni potrebbe essere di grande interesse.
    Grazie ed un cordiale saluto

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    1. Questi articoli sono già stati scritti e dobbiamo rispettare chi non vuole leggerli. Punto.

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  16. Ops, chiedo scusa... non avevo cercato in archivio, dove ho trovato questo ottimo articolo: http://goofynomics.blogspot.cz/2012/05/1992-le-lievi-imprecisioni-del-corsera.html
    Grazie mille

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  17. OT.Scusate ma questa la devo postare sul blog.
    Pomeriggio passato all'ascolto di Radio 24,imbiancando casa.
    Agiografie di Ciampi,anche se meno folli che altrove.La Storia riscritta mille volte,livelli orwelliani.Estrapolo la migliore,Prodi intervistato da Barisoni.
    L'Europa,il pennello grande,i grandi statisti,la germagna egoista.
    Meraviglia la chicca finale,a domanda sul cambio lira-euro.
    -Noi volevamo 2000,ed era un sogno,perché la Banca d'Italia si accontentava di 1930,che sarebbe stato disastroso,,l'interesse nostro era di svalutare il più possibile.Avemmo 1990.I giornali di allora,se lei li va a vedere,erano increduli,perché era un trionfo,e Kohl,con cui definii l'ultimo rapporto,mi disse con molta franchezza:"2000 non posso,perché faccio brutta figura;andiamoci vicino:1990".
    Qui potete ascoltarlo con le vostre orecchie,dal minuto 49:22.

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    1. Vabbè dài è totalmente andato. Confonde 1990 Lit/€ (che ovviamente non esiste) con 990 Lit/DEM al rientro nello SME.
      Interessante leggere come 20 anni fa raccontavano la nostra futura rovina

      http://www1.lastampa.it/_WEB/_SERVIZI/speciali/maastricht/ma6.asp

      e guardate qua chi si rallegrava del rientro nello SME...

      http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=/golpdf/uni_1996_11.pdf/23ECO03A.pdf&query=Ninni%20Andriolo

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  18. Feci in tempo a conoscere Giuliano Bonfante, linguista ed indoeuropeista di gran vaglia, che morì a Roma a 101 anni. Lo contattai (con fatica: al telefono era praticamente sordo) per parlargli del suo pervicace monolaringalismo in indoeuropeo (sono di parere diverso, à la Saussure o Kuriłowicz, per intenderci) e perché i suoi articoli su Indogermanische Forschungen comparivano sempre (!) o dopo o prima dei miei – quale coincidenza significativa, quali segno di “affinità elettive”, io dicea fra me stesso (cit.)! I suoi articoli erano di raro acume, tant’è che son validi ancor oggi e li utilizzo nei miei studi (ah, quello sul raffronto tra il nome della dea dell’aurora in celtico e in vedico: assolutamente mirabile, seppur nella sua concisione. Grazie, Maestro!), citandoli immancabilmente in bibliografia. Aveva però un vezzo scrittorio assai particolare, invero un usus scribendi detestabile: accentava l’80-90 % delle parole italiane dei suoi articoli e dei suoi libri con gli accenti tonici, manco fosse una resa fonetica del cinese mandarino con i segni dell’IPA per i tratti soprasegmentali (per i diversamente linguisti: toni), talché il francese al confronto parea una grafia senza apici; il bello gli è che cambiava gli accenti ad ogni giro di bozze, così da ritardare in modo inusuale la pubblicazione delle sue opere e facendo imbestialire i correttori addetti. Lo incontrai nella sua dimora che era già quasi nonagenario, ed ebbi l’improntitudine tutta giovAnile di chiedergli ragione di tale sua incongrua ossessione, la quale andava a collidere con un punto di forza dell’italiano, che è la sua semplicità di connotazione grafica che si risolve in un’economica corrispondenza fonema-grafema davvero invidiabile se comparata alle grafie storiche di lingue come l’inglese o il francese; con fiero cipiglio professorale, mi redarguì quel desso, dicendo: “Ma per indurre a una dizione precisa!”. Non osai controbattere.

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