giovedì 5 maggio 2016

Georgia on my mind (vita vissuta)

(...dopo aver parlato così a lungo di un falso problema, per il quale adesso sapete anche a chi rivolgervi, vorrei darvi una umoristica, ma ahimè veritiera descrizione del vero problema, a cura del nostro amico Marco Basilisco...)


Caro Alberto,

di recente la mia Honda Civic Turbodiesel, orgoglio dell’industria meccanica giapponese, ha un po’ esagerato. Dopo 180.000 km di onorato sevizio pretendeva di avere un cambio di frizione piuttosto costoso. Abbiamo deciso di abbandonarla al suo destino e, messo un annuncio scandalosamente basso, l’abbiamo piazzata, vendendola  a una coppia georgiana. Non si trattava di seguaci di Fratelli d’Italia ma di immigrati da quel lontano paese. Il mio caro erede, alias Wikipedia (versione rigorosamente inglese), alias l’uomo a cui dobbiamo Septemberprogramm e la tecnica di abbattimento del debito pubblico secondo Hermes Cassiodoro, non si è fatto mancare l’occasione di fare sfoggio di erudizione spiegandomi che Stalin era georgiano, che Shevardnadze era georgiano, che la lingua georgiana appare come una lingua isolata e non indoeuropea, … (signore abbi pietà). Conosciuti i signori (marito e moglie) in questione sia la creatura che mia moglie commentavano sul fatto che erano molto simpatici, affidabili e perfettamente indistinguibili, a parte l’accento, da una qualunque coppia italiana. D’altro canto Wikipedia-creatura commentava che in effetti noi siamo bianchi-caucasici e perciò … (sì, è un tantino saccente, ma come padre gli perdono tutto).

E che fine avrebbe fatto la nostra cara vetturetta? i signori georgiani l’avrebbero portata con lungo e periglioso viaggio in Georgia per usarla lì, per esempio durante le vacanze. Estiqqatsi pensa, dirai tu … 

Beh, il fatto è che, mentre facevamo il passaggio di proprietà presso la Motorizzazione Civile i signori si sono lanciati in una serie di arditi paragoni. Gli avevo spiegato che la frizione era da cambiare e quindi mi informavo su quanto ci fosse da spendere. Tranquilli mi spiegavano che avevano avuto un eccellente preventivo da un meccanico rumeno: “Sa i meccanici italiani … cari e incompetenti”. Proseguendo nell'attesa del disbrigo delle pratiche burocratiche mi raccontavano di essere stati in Germania: “Sa in Germania avremmo già finito … vuoi mettere la burocrazia tedesca con quella italiana”. Mentre annuivo con un sorriso falso e cortese la cosa prendeva una piega delirante: “D’altronde anche in Georgia sarebbero stati più veloci … la burocrazia italiana è assurda”.

Ecco, ho contato fino a dieci per non sentirmi dire la seguente: “Ma perché non ve ne andate in Germania, in Romania, in Georgia e state qui, in un paese che disprezzate, a frantumarci i cojoni con la superiorità dei suddetti sistemi sociali?” 

Sono contento di essere stato zitto. Alla conclusione erano felicissimi dell’acquisto, ci hanno voluto offrire un caffè e ci siamo lasciati come se fossimo vecchi amici. Ho fatto proprio bene. Quella coppia georgiana non voleva offenderci. Al contrario. Parlando male dell’Italia, degli italiani e di ogni stramaledetto prodotto dell’ingegno locale loro volevano solo essere cortesi e dare prova di essersi integrati. E qual è il tratto caratteristico degli italiani se non il più becero e generico autorazzismo? 

When in Rome, do as the Romans do.

Dove abbiamo sbagliato?

Un abbraccio
 
 
 
(...dove abbiamo sbagliato? Bò? Oggi parlavo con l'insegnante di storia der Palla. Dice: "Io cerco di farli riflettere su come un paese che era così ricco e all'avanguardia si è ritrovato in condizioni miserevoli e ha trovato solo dopo parecchi secoli la propria unità - posto che sia stato un vantaggio...". Magari aiutando er Palla a ripetere mi viene qualche idea intelligente su questo problema, che è il problema...)

66 commenti:

  1. Mi succede lo stesso, con l'operaio rumeno o l'idraulico albanese; ci sentono parlare sempre male dell'Italia così pensano che qui sia una norma di educazione parlarne male, quindi si sdeguano. Io però in genere non resisto. Un garbato "però mi sembra che, nonostante tutti questi difetti tu abbia scelto di vivere in Italia come mai?" non glielo leva nessuno e, in genere, si scrollano rapidamente di dosso l'abito di italiofobi e diventano italentusiasti (mi si consenta il neologismo non credo più brutto di petaloso). Diverso è con gli italiani, un po' perchè io reagisco in modo meno grabato, e un po' perchè restano arroccati sulle loro posizioni autorazziste, sono inamovibili. Però credo che non dobbiamo tollerarlo più. Parte del degrado delle nostre città è dovuto al fatto che noi stessi lo tolleriamo, tolleriamo il maleducato e lo sporcaccione in un modo che per i nostri nonni sarebbe stato inimmaginabile (mio nonno poi!); allo stesso modo (per quieto vivere) tolleriamo il degrado culturale che alimenta l'autorazzismo che ci soffoca.
    Talvolta mi è sembrato che il prof. qui reagisse in modo un po' troppo "marcato" nei confronti di alcuni soggetti che, proprio perchè vittime del germe dell'autorazzismo, si presentavano e si presentano come pisquani a mettere in dubbio l'indubitabile; in realtà ha ragione, non una ma dieci, cento mille volte. Vanno sputtanati alla velocità della luce. Sempre.

    p.s.

    Piuttosto mi domando come faccia, professore, a rimanere calmo in alcune occasioni televisive (e non solo) a sentire ripetere delle corbellerie così grossolane da persone talvolta anche spacciate per esperti.

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    1. un collega (lasciamo perdere) definiva gli italiani "stupidi" o altro.. al che mi sono alzato (eravamo a pranzo) e me sono andato.
      Obiettivamente, a volte può essere costume e a volte deficienza.

      Esempio degli essere "stupidi"..
      1) se sei italiano pure te allora sei stupidi pure te
      2) essendo stupido, come fai a distinguere la stupidaggine dall'intelligenza
      3) visto che sei stupido non hai capito nemmeno i tre punti precedenti.

      La variante potrebbe essere anche quella di "malfattori" o cose simili (ma non arrivano a pensare che sputano e urinano contro vento)

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    2. 4) i punti precedenti al punto 3 erano 2 ma tanto non te ne accorgi perché sei stupido ;-)))

      Una curiosità senza importanza.
      Nella mia piccola città all'autorazzismo nazionale si aggiunge quello locale. Cioè qui siamo ancora peggio del resto di Italia (almeno del nord), soprattutto di Milano, ma perfino di Gallarate!
      Lo giuro, una volta uno mi ha detto che a Gallarate non c'è crisi perché non sono come noi.

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  2. Mha, l'unica cosa che ho capito studiando un po' di storia...e che le unioni vengono fatte per derubare i più poveri...

    Vedi Unità D'Italia...ancora oggi nelle nostre scuole si celebra il mito di Garibaldi...bha...

    E un domani per l'Europa unita chi verrà celebrato? Quali bugie racconteranno i libri?

    Ma c'è di peggio, sono proprio gli insegnanti che prendono per buono tutto quello che la storia racconta, senza un minimo di senso critico!



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    1. @Antonio Giuffrida

      "...sono proprio gli insegnanti che prendono per buono tutto quello che la storia racconta, senza un minimo di senso critico!".

      Giusto. (Sono insegnante).

      Due domande per spiegare il fenomeno.

      1) Chi ha insegnato agli insegnanti?
      2) Di quali interessi sono portatori gli insegnanti? (Gli abbagli non rilevano: si agisce orientati a quello che ci appare come il nostro reale interesse - e spesso i comportamenti socialmente irrazionali sono anche manifestazione di irrazionalità individuale, alla faccia della sacratissima Legge di Natura à la von Hayek e di altri rutti).

      Preciso: le due risposte, se corrette (ma è già tanto se si pongono le domande giuste), non sono assolutorie, ma aggravanti.

      Te ne anticipo, intanto, una più rozza: non hai idea di quanto poco studino gli insegnanti. Leggono, ché sono il ceto medio riflessivo, loro (noi), e raccontano cos'hanno letto (cioè i titoli - e scazzano pure la bibliografia, alla grande). Non studiano dal giorno del centoddieciellòde e anche per ottenere quello, nelle parti generali degli esami di storia andavan di Bignami, da parer canto e trionfo...

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    2. @Luca Pasello vero è che purtroppo per molti l'insegnamento è una scelta di ripiego, dopo aver magari fallito (o rinunciato dal principio) in progetti di carriera diversi. Di questo è complice anche lo stipendio basso e in generale la poca stima in cui la società tiene questa professione. Da dove cominciare a sciogliere la matassa?

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    3. E proprio quello che spesso lamenta il Prof. , il fallimento di quella classe di intellettuali (quasi sempre in modo inconsapevole) che si sono uniformati al pensiero unico...

      e anche quando la storia racconta in modo palese delle "bugie" nessuno ha il coraggio di cantare fuori dal coro per paura di essere etichettato o peggio isolato!

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    4. che poi pare che tra Nord e Sud italia, prima dell'unità, la ricchezza a livello statale fosse al sud, per questo i savoia....

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    5. Preciso che nel caso in questione non mi pare ci fosse una valutazione acriticamente positiva dell'Unità. Peraltro, nel bene e nel male il risorgimento non può più essere assunto a Mito Fondante: da un lato perché lo vedi come espressione di nazionalismo (vs. l'Europona che ci protegge) e dall'altro perché lo vedi come espressione di nazionalismo (sabaudo). Quindi non credo il tema fosse questo (ma ultimamente ho difficoltà a far capire di cosa sto parlando)...

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    6. Oh cazzo! Volevo togliermi di torno i signoraggiai, e chi mi ritrovo!? I meridionalai! Ma porca puttana, dobbiamo ripeterci sempre le stesse cose? Lo sappiamo qui come è andata. Ma il punto è un altro. Peraltro, tanto per chiarirci, vi rassicuro sul fatto che l'insegnante di mio figlio sa che il primo stato nazionale è stato l'Inghilterra dopo Hastings, e sa pure contare i secoli che sono passati fra l'unità inglese e l'affermazione inglese. Quindi il problema non è unità=bello. Chiaro? Tranqui, please, che ho altri impegni...

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    7. Della serie: "Non sono uno storico, ma..." Io sono un meridionale e mi sono rotto i coglioni di questi piagnoni vittimisti. Intanto la speranza di vita italiana, tra le più alte del pianeta (ma l'Unità non c'entra nulla, no, no) è scesa per la prima volta. Guarda caso, al Sud è scesa più che al Nord, sintomo del fallimento totale del federalismo sanitario. Giuffrida, quando parla di Garibaldi non ha proprio idea. Inizi a farsela qui, con un vero storico https://www.youtube.com/watch?v=OWzF87YJzJs

      Terenzio Longobardi

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    8. Caro Terenzio, è difficile trovare un equilibrio, mentre, come gli ultimi due post stanno dimostrando, è facile sembrare squilibrati (o esserlo). Per quello che può valere, ti segnalo che il neoborbonico, di cui al post successivo, la pensa esattissimamente come te. Io sono in una posizione intermedia.

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    9. Quella di parlar male degli insegnanti mi sembra una variante minor dell'italico autorazzismo. Ma avete presente i sistemi scolastici del resto del mondo?
      Ammetto che in alcune materie (quelle tecniche ad esempio) ci sia parecchia polarizzazione (nel senso che o trovi gente davvero in gamba (magari ex direttori R&S in cerca di un lavoro migliore ma pagato peggio), o trovi gente improponibile (che un lavoro normale non l'avrebbe trovato neppure ante crisi con la disoccupazione negativa, come era a Modena).
      Ma basta vi prego parlar male della scuola italiana; in USA ho visto corsi di laurea per camionisti!
      Almeno fino al 2008 era una eccellenza italica. Ora si resiste...

      P.s. a proposito di Finlandia: m'ha detto mi cugggino... No, un collega con la moglie finlandese, che mai manderebbe i suoi pargoli a scuola in Finlandia (nota per essere il n°1 nelle statistiche OCSE Pi.Sa.). A suo autorevole parere il trucco sta che escluduno i meno bravi dai test Pi.Sa., visto che hanno classi differenziali come se piovesse. Noi in Italia stiamo escludendo dalle prove INVALSI i cosiddetti DSA (sovradiagnosi pazzesca) dal 2010. Chissà, forse risaliremo nella classifica...

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    10. Ma anche basta difese corporative, soprattutto dove non c'è nessun attacco anche perché non c'è un nemico uniforme.

      Distinguerei fra:

      1) la scuola di Gentile, senza dubbio la migliore al mondo, e infatti smantellata quando siamo diventati subalterni;

      2) gli insegnanti come figura professionale, molto disomogenea perché proveniente da percorsi di selezione estremamente differenziati e aleatori, che in generale hanno avuto l'effetto di scoraggiare l'eccellenza (per fortuna senza riuscirci, poiché questa è premio a se stessa)

      3) gli insegnanti come corpo sociale che "sa di sapere" (cioè strutturalmente soggetto ai paradossi della "motivated numeracy"), in auanto tale COLPEVOLMENTE (data la dua funzione) resiliente al pensiero critico e per questo connivente col sistema politico che lo sta schiacciando (per il male di tutti).

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    11. Scrivo da iphone, scusa i refusi, ma oggi non meriti di meglio.

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  3. Non sono dietrologo ma perché rimpiango gli anni che, nonostante la inflazzzione a due cifre: mi son sposato, comprato casa, fatto patente e acquistato automobile.Il tutto con rate a 24 mesi?

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  4. Io rimpiango i tempi in cui la scuola non doveva essere asservita all'azzzienda e tutti i ragazzini non facevano il linguistico per andare a lavare i piatti a Londra.

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    1. Questo, ti assicuro, lo rimpiangono anche molti insegnanti, avvelenati di dover fare i programmi in fretta per via del tempo sacrificato all'alternanza scuola/lavoro (della quale gli studenti a loro volta non sempre sono entusiasti).

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  5. Oh, pardon, quasi scordavo la più bella: chi li (ci) ha assunti? Come? E perché?

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  6. Anni bellissimi! Io, bancaria in un Istituto di Credito di Diritto Pubblico, ero in viaggio tutti i fine settimana, compravo in boutique, e facevo perfino acquisti in oreficeria....gli straordinari erano, udite, udite, retribuiti e pur vivendo fuori casa, riuscivo a risparmiare qualcosina...c'era la scala mobile.
    Come cassiera in una Agenzia, ho avuto davanti a me i correntisti che versavano sui conti che avevano con noi, i fondi detenuti presso il Banco Ambrosiano...in faccia portavano scritto "questa è una Banca pubblica e non può fallire".
    Quella banca non esiste più, è stata privatizzata, smembrata, liquidata ma...non un solo depositante, obbligazionista, detentore di titoli ci ha rimesso.

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  7. La domanda dell’insegnante di suo figlio mi sembra mal posta. Tra i due eventi (la situazione economica italiana e l’Unità) non c’è necessariamente un collegamento, come se l’uno dipendesse dall’altro.
    Sulla situazione economica tutto quello che c’è da sapere lo ha già scritto il grande Cipolla. Il grande declino economico italiano avviene nella prima metà del Seicento in modo abbastanza rapido. Vado a memoria: un fattore, pur minoritario, è la una “crisi di domanda estera” nei mercati tradizionalmente sbocco delle merci italiane (in Germania e Europa del nord per la Guerra dei Trent’anni, in Oriente per la crisi dell’Impero Ottomano). Più decisiva però è la concorrenza delle merci inglesi e olandesi che sbaragliano quelle italiane. L’industria italiana, anche a causa di una struttura rigida e corporativista, si era cristallizzata in produzione di manufatti di alta qualità ma costosi. Gli inglesi e olandesi, dall’altro lato, producevano merci di qualità relativamente minore ma molto più economiche, rendendo fuori mercato quelle italiane.
    Sul ritardo dell’Unità si potrebbe parlare a lungo ovviamente. Tra i fattori mi viene da citare il Papato, che ha sempre agito da “bilanciere” tra i vari stati pre-unitari, assicurandosi che nessuno prevalesse sull’altro; non esitando a invitare il potente straniero di turno quando gli equilibri stavano per rompersi. Si può partire da Papa Adriano I (che invita i franchi per sopprimere il regno longobardo) fino a Papa Giulio II (che organizza la Lega di Cambrai coalizzando Francia, Austria e Spagna contro la Serenissima ormai egemone in Italia del Nord), passando per Urbano IV (che chiama Carlo d’Angiò contro il regno degli Hohenstaufen).

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    1. Ho capito che cinque anni di professorechennepenZa e iononsonouneconomistama son passati invano, ma vi segnalo che io non ho l'abitudine di fare lezzioncine ad alcuno, eccezion fatta per i miei colleghi quando mentono sapendo di mentire (cioè nella maggioranza dei casi sempre). Ti immagini che avendo letto qualche libro di Cipolla e tornando ora da Lisbona due cose da dire le avrei avute, ma credo le avesse altresì l'insegnante, che, a sua volta, non voleva farmi una lezzioncina, ma spiegarmi il suo approccio, che sostanzialmente non consiste nel mandare a memoria alberi genealogici (la mia passione) quanto nel porre ai ragazzi domande di fondo. Sul nesso fra i due fenomeni credo che lei la pensasse abbastanza come Hume (se mi segui mi capisci, altrimenti quando atterro davanti a un PC ti giro il link che è molto istruttivo)!

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    2. (Prof., se sono presenzialista mi cassi).

      Convengo con Dandolo (serenissimo?). Soprattutto sulla crisi ottomana: c'era la Ciiiiina, prima, e tutto andava bene (toh!); poi non c'è stata più (né altri Orienti più prossimi) perché mamma li Turchi, vera barriera-non-doganale. Venezia è sazia e "compra" terra, che per mare non è giornata, come dire...
      Aggiungerei, alla tesi antipapale di Machiavelli sostanzialmente suffragata dalla storiografia seriore (che tuttavia lascia un tantino in ombra il fattore strutturale - in senso marxiano), una cosuccia da niente come il viaggio di Colombo. E lì vedi la differenza tra i Veneziani, mercanti veri, e le potenze atlantiche, colonialiste perché mercantiliste o viceversa o le due cose sono una sola. L'altra differenza è tra affacciarsi su un catino ora trafficatissimo e fuori rotta, oppure sull'oceano di faccia al Nuovo Mondo.
      Sull'unità tardiva causa declino economico sono perplesso anch'io. E ribalterei le questione: altri raggiungono prima l'unità perché...? E qua a er Palla je tocca prenderla un po' larga. Un itinerario potrebbe essere Strasbourg (le Serment de) - Hastings - Crécy - Bouvines... Son solo le prime tappe. Ma il prof. di suo figlio è un sadico: non son domandone da farsi, quelle. Gli storici stessi ci vanno piano, a spiegare processi tanto vasti e complessi. Hai voglia a unire i puntini, lì!

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    3. No, non sei presenzialista, ma sia te che er Doge credo sappiate che la scoperta della Merika (tanto per dirne una) certi equilibri li ha sconvolti, ecc. Se il tema è questo, aspè: torno su e cambio titolo al post. Peraltro, una legione di miei colleghi sarebbe lieta di poter far rimontare il declino italiano a Assurbanipal (evitando l'euro). Poi mi spiegate in quale lingua la congiunzione "e" significa "a causa di" e andiamo a farci un'aperitivo (con lapo strofo).

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    4. Ecco... Scusi prof., davvero. Mi son fatto trascinare dalla corrente delle interpretazioni (in)autentiche. No: "e" congiunge solo, e io torno a studiare (lei), che è meglio.

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    5. Forse mi sono fatto prendere dalla passione per la materia, e mi sono spinto un po' troppo in là.
      Ovviamente non ero presente al dialogo fra lei e l'insegnante, ma non lo ho mai inteso come una sua lezzioncina. Se ho dato quest'impressione mi spiace, perché non era mia intenzione.
      Per quanto riguarda il suo ultimo punto: confesso che Hume lo conosco poco, se ha tempo e voglia di girarmi il link mi farà senz'altro un piacere.

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  8. Per chissà quale corto circuito del cervello,ogni santa volta mi torna in mente il titolone di un quotidiano sportivo,mondiali di calcio,1982:Il Brasile siamo noi!
    Invece il Brasile erano loro,motivo per cui,quella partita,la persero.

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  9. E' appena uscito dal mio ufficio un rappresentante e abbiamo parlato, male, dei nostri governanti e di come abbiano in pochissimo tempo distrutto il comparto fotovoltaico in Italia....era difficile parlarne bene..

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    1. Non lo contesto. Ma quello dell'autorazzismo è un problema un po' diverso. In quasi tutto il mondo i governati sono scontenti dei governanti e spesso hanno ragione. Solo in Italia puoi strappare l'applauso dicendo che gli italiani sono delle merde. Se hai un altro esempio estero (o se altri ne hanno) mi fai (fate) felice smentendomi b

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    2. Un mio amico di ritorno dagli States mi disse che uno dei primi suggerimenti di cui venne fatto partecipe fu: "Se parli di politica con un americano, fai attenzione al tono con cui esponi le tue critiche, soprattutto se rivolte al governo e al Presidente; se anche sono vere e fondate, benché possano essere esposte a un soggetto della parte all'opposizione, egli potrebbe risponderti seccato: Si, hai ragione, però così stai parlando male del mio paese...".
      (quand'è corretto riconoscere il giusto anche a delle teste di legno come gli americani, e prenderne spunto, è doveroso il farlo)

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  10. A proposito si affossamento del fv questo articolo mi pare abbia spunti interessanti... Il fatto che - guarda caso - solo una ditta tedesca ne tragga vantaggio è senz'altro un caso. http://www.greenstyle.it/fotovoltaico-cina-approva-dazi-del-42-per-cento-su-import-da-italia-e-germania-86726.html

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  11. Un esempio recente di autorazzismo lo abbiamo oggi sul Corriere, dove Fubini intervista la presidente tedesca del consiglio di risoluzione delle banche.
    Strabiliante la conclusione dell'intervista alla Konig:
    Da Berlino centinaia di miliardi di aiuti di Stato alle banche. Ora che toccherebbe all’Italia, in misura molto minore, l’Europa lo impedisce. Due pesi e due misure?
    «La Germania non è fiera degli aiuti di stato che ha dovuto dare. Ma Gorbaciov una volta disse: chi arriva tardi viene punito dalla storia. Onestamente l’Italia ha attraversato la prima e seconda ondata della crisi senza interferire con le sue banche».
    A Napoli si dice "chiagne e fotte", come sono dispiaciuuuti degli aiuti di Stato che hanno concesso alle loro banche. E ora noi italiani, esseri inferiori, siamo fottuti.
    Possibile che nessuno abbia il coraggio di risponderle per le rime? Sarà per autorazzismo?

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    1. Certamente l'unico che avrebbe potuto rispondere per le rime era l'intervistatore stesso. Ma in quel caso non e' autorazzismo ma linea editoriale (per ora).

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  12. Penso al fatto, già più volte ricordato in questo blog, che oggi non ti puoi più permettere nemmeno di essere povero, a dispetto della tanto predicata decrescita felice. Al mio paese, una frazione del Comune di Cortona, viveva Bruggiamanne, cantastorie dialettale e fisarmonicista ad orecchio, che da bambini ci faceva scompisciare dal ridere con i suoi spettacoli improvvisati e che ha sempre vissuto facendo al massimo piccoli servizi in nero nell'agricoltura. E' morto ottantenne una decina di anni fa con una casa che, per quanto diroccata, era di sua proprietà e con dei risparmi che – si dice – faceva gestire dal farmacista di fiducia. Oggi uno come lui sarebbe spazzato via in tre secondi.

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  13. Iononsonounostoricoma… sarebbe bello che uno storico facesse uno studio (ammesso che già non ci sia…) che indagasse su QUANDO è INIZIATA a diffondersi la lebbra dell'autorazzismo italico. Magari insieme al QUANDO si scoprirebbe anche il PERCHE'… il che potrebbe essere utile per debellarla.
    Certo è un affare lungo, ma ci sono alternative?

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    1. Ooohhh! Qualcuno dimostra la sua intelligenza restando on topic (sulla topa)! Strano, non succedeva da un po'. A questo punto, se qualche storico ci aiuta, vi ricordo che secondo Giorgio Dell'Arti, nelle note ai Quaderni di Dossi, questa lebbra era iniziata dopo l'esito non proprio esaltante della III guerra d'indipendenza. Qualcuno può confermare/smentire/spiegare?

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    2. GrazzZie dell'apprezzamento Sire!

      Sempre stare ON TOPAC, o almeno provarci!

      Bacio la pantofola

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    3. Tempo fa mi era capitato di leggere questo, sul tema. Forse non troppo rigoroso nelle argomentazioni, ma credo corretto nelle conclusioni.

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    4. Se può servire...
      Nella sua "Storia del lavoro in Italia dagli inizi del secolo XVIII al 1815", Luigi Dal Pane : «Triste condizione d’Italia! Essa era condannata a iniziare il suo Risorgimento senza il concorso delle moltitudini; a fondarlo sull’eroismo di pochi e sull’interesse generale europeo. Era destinata ad avere una libertà, che la plebe non sentiva come bene suo, una libertà scritta nelle leggi, ma priva di quel contenuto sociale che ne costituisce l’unico fondamento sicuro» (Dal Pane 1958, p. 455)

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    5. “Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie, ma bordello!” . Ed era l’inizio del trecento, nel periodo ritenuto il più fulgido della nostra storia dalla fine dell’Impero Romano. Diciamo che l'autorazzismo è iniziato abbastanza presto (certo con toni più elevati di quelli odierni).

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    6. Link ad un articolo sull'autorazzismo europeo. Potrebbe essere collegato...

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  14. Sono uno di quelli che si lamenta di molte cose e potrei appartenere, mio malgrado, alla categoria degli autorazzisti.

    Ma in realtà il mio è solo desiderio di veder migliorare ciò che, con buona volontà e spirito costruttivo, potremmo rendere semplice ed efficiente, ma per qualche motivo rimane irritantemente malfunzionante.

    Io, al contrario di molti, però riesco a vedere anche i progressi e riesco anche a capire che molti dei malfunzionamenti di questa Italia sono dovuti AL DENARO.
    Quando l'austerità toglie soldi, ti devi tenere le strade sgarrupate, gli ospedali sovraffolati, i furti impuniti, i tribunali lenti, gli interventi medici con liste d'attesa eterne e pure gli impiegati scorbutici perchè il salario basso non riesce a dargli quel pò di voglia di essere gentili.

    Ma sono sicurissimo, che l'impronta autorazzista è talmente profonda che pure se tutto fosse uguale ad uno dei paesi invidiati, avremmo tanti pronti a lamentarsi per il solo fatto di essere in Italia.

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    1. Ravviso una sostanziale differenza tra lamentarsi d'essere in Italia e lamentarsi degli/d'essere italiani. Oggettivamente il proprio paese può far cacare e la gente mediamente essere preda d'un decadimento storico, genetico etc... (e ciò non è autorazzismo, ma constatazione) (1), eppure nulla di questo giustifica la calata di brache totale. Esistono pur sempre dei tratti caratteriali complessivi forti a cui poter e dover fare riferimento, soprattutto nei momenti difficili e oscuri: il che vale per ogni cosa.

      (1) a voler ben vedere, anche il considerare autorazzista l'italiano può essere letto o considerato come una forma d'autorazzismo, in cui si sostituisce un'accusa con un'altra. Ma, come afferma correttamente Mario Amabile nel suo intervento, la differenza la fa l'intento: un conto è cogliere la magagna per migliorarla o emendarla, un altro per disprezzare e basta. Peraltro, questo gioco al disprezzo è assai ambiguo e serve comunque agli spiriti mediocri (non è il caso di chi possieda capacità mediocri, ma spirito elevato, perché costui è già all'opera per una soluzione), i quali spiriti mediocri possono sentirsi un poco più elevati della media, per semplice contrasto elementare, oppure nascondervisi più agevolmente.

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  15. Mi viene in mente che non ho mai conosciuto un "italiano" autorazzista.
    Mi spiego: io sono salentino.
    Il salentino, specialmente leccese, non è autorazzista! Al contrario, proclama il suo popolo il migliore del mondo. Anello di congiunzione fra questo e tutti i barbari sono gli ppòppiti (da post oppidum, dicono i filologi dopo il limoncello).
    Se è articolo di fede che nessun luogo è paragonabile al Salento (Pugliesi mai, Salento regione, è scritto anche sui muri) e che nessuno è bravo e spièrto e accogliente come i salentini, i prossimi nostri, i baresi, sono oggetto di spietato odio razziale. Li riconosci già dalla faccia, che secondo i soliti beninformati dell'osteria presenta inequivocabili tratti slavi, perché le loro madri vendevano i loro corpi a corsari affetti da malattie veneree per due soldi, e davano anche il resto. Ovviamente l'odio è più che ricambiato, e diventa acerrimo fra chi apprezza quella guerra simulata che è il calcio.
    Non so se queste osservazioni siano generalizzabili al resto dei borghi d'Italia, lo chiedo a voi, ma dalle mie osservazioni sembrerebbe proprio di sì.

    My point is: non sarà che se ogni italiano disprezza gli italiani, è perché nessun italiano si sente italiano?
    E non tanto o non solo per la benemerita prima legge di Scannavacca (quella per cui itaGliani sono tutti meno IO) ma perché l'unica appartenenza veramente sentita è quella della propria provincia o città (insomma itaGliani sono tutti, meno i paesani miei).

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    1. Da Veronese confermo tutto (riguardo agli amati Bresciani).

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    2. Confermo da Genovese (riguardo all'appartenenza alla propria provincia).

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    3. Durante il servizio militare conobbi un simpatico neo-avvocato di Montecatini, garbatamente dandy e snob, che "abitava" la branda in fronte alla mia. Quando qualcuno gli diceva amichevolmente: "Ah, Montecatini! Ho un amico di Montecatini", lui lo osservava con pacato distacco e richiedeva: "Un momento. Di quale parte di Montecatini...?".

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  16. Ipotesi (lette forse qua o altrove) su origine/contributi all'autorazzismo:
    1) con l'antifascismo, come opposizione alla retorica fascista della grandezza italiana;
    2) similmente, come spiegazione del consenso che aveva o aveva avuto il fascismo (=popolo bue) anche visti gli esiti tragici
    3) all'interno degli intellettuali di area PCI, quando è crollato l'URSS ed è venuta meno l'interpretazione della contrapposizione politica DC - PCI come lotta di classe, per spiegare come mai gli italiani non votassero a sx (=popolo bue)
    4) similmente, popolo bue che vota DC indottrinato dai preti, o addirittura vota Berlusconi, mentre noi comunisti abbiamo ragione e siamo più intelligenti
    5) l'incapacità di ammettere i propri errori: io sono tanto intelligente, epperò le cose vanno male, è colpa degli altri (popolo bue)

    Personalmente, ricordo che a scuola il clima era di orgoglio per gli scienziati inventori poeti artisti e geni italiani (sulla musica ero ignorante); l'influenza auto razzista (e quindi europeista) l'ho presa più o meno nel periodo di mani pulite


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  17. Per la serie non sono uno storico ma ... per me l'autorazzismo italico ha le sue profonde radici nell'8 settembre. Una popolazione rintronata dalla propaganda fascista, che si riteneva lanciata alla conquista di un impero (!) si ritrovava invece sconfitta dopo sconfitta (anche umilianti, ricordiamoci le sberle prese persino dai Greci) lacera e affamata alla mercé dello straniero sul suolo patrio, per di più con un sud "liberato" e un nord "repubblichino" e collaborazionista. Vecchi e nuovi “alleati” accomunati dal disprezzo che provavano gli uni per un popolo di traditori, gli altri verso gente dai troppo facili, quasi osceni, entusiasmi per degli invasori. Si passò pure in un lampo dal consenso al fascismo all'antifascismo, con la benedizione di Santa Madre Chiesa, che aveva dato a sua volta un considerevole appoggio al regime (si pensi solo al forzato allontanamento di Sturzo). La compagine che aveva dato origine alla Resistenza era troppo minoritaria per dare un diffuso senso di reale riscatto al paese e per di più presto si divise - dopo averci dato un'eccellente Costituzione - tra la fedeltà atlantica e quella a Mosca. Non ci fu alcuna rielaborazione delle proprie colpe, solo una troppo rapida autoassoluzione e un antifascismo per molti opportunistico, divenuto ben presto retorica. Secondo me nel fondo delle coscienze, dopo quella repentina caduta, rimase il terribile dubbio di essere antropologicamente diversi e soprattutto inferiori agli altri popoli, che vincitori o sconfitti si erano comunque battuti fino alla fine e soprattutto rimanendo sempre dalla stessa parte. Un tarlo che ha profondamente leso l’autostima di quegli Italiani, che poi lo trasmisero alle successive generazioni. Gli anni ’60 – quelli del boom economico italiano – portarono invece un ritrovato e legittimo orgoglio. Le grandi qualità degli Italiani stavano finalmente riemergendo, anche per merito di uomini eccezionali come Mattei. Forse eravamo avviati ad un superamento di quell’immanente senso di colpa, dovuto al trauma della sconfitta e del tradimento. Ma qualcuno non voleva tutto questo. Gli Italiani non dovevano autodeterminarsi. Un popolo dalla ridotta autostima è più facilmente gestibile e condizionabile, dentro e fuori i confini. Così presto giunse “la strategia della tensione” e da lì in poi riprese massicciamente la propaganda tesa a dimostrare l’incapacità degli Italiani anche di governarsi. Io, ragazzo nei ’70, ricordo gli adulti che reagivano di fronte al caos di quegli anni (c.d. di piombo) invocando un governo di stranieri per “raddrizzare” gli Italiani. Non a caso prende forza proprio in quegli anni il mito salvifico dell’Europa. In definitiva l’autorazzismo da allora è straordinariamente funzionale al “più Europa” che ne è l’esito voluto e desiderato.

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  18. Solidarietà alla frizione. Si, lo so che c'entra poco, ma dal suo racconto ho dedotto che la frizione in questione ha subito il magic touch di un sinistro piede sinistro femminile. The one and only auto familiare è stata inavvertitamente lasciata alle cure dell'azionista di maggioranza del ménage familiare (mia moglie) per una settimana. Rientratone in possesso, ho constato che nel cambio tra la prima e la seconda la frizione ha staccato giusto il tempo di arrivare da Roma a Como Brogeda.

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  19. Ma va? Aho, ma davero!
    Nun io' risposto perchè se no me scappava la frizione!

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  20. Sono un emigrato, con doppio passaporto....sono anche neozelandese. Da quando sono qui, mi sono reso conto dell'eccellenza relativa dell'educazione scolastica e Universitaria che ho avuto (ATTENZIONE...ho finito l'università' nel 1980 !), e, ovviamente spinto dalla curiosità', mi sono anche studiato la Storia del nuovo Paese (facile...questi han cominciato nel 1830....'na quisquilia..). Poi mi sono reso conto in quanti campi quest'eccellenza si e' estesa...dal banale taglio dei pantaloni e delle giacche (la roba che tagliano qui..anche upscale, anche dal sarto...nun se po' vede'....) alla cucina (insisto, noi abbiamo letteralmente una cultura culinaria del cibo..) al design, a tutta una serie di cose, mi cura dagli elementi di autorazzismo su base quotidiana. Allo stesso modo, non si può' non vedere che tutti i rapporti che ho con lo Stato, qui, sono principalmente su Internet, tasse incluse, e disegnati per facilitare e non complicare/punire, e che la truffa e la "furbizia" in genere sono considerate cose moralmente e penalmente deprecabili e perseguibili. Fino a un po' di tempo fa....abbozzavo alle loro occasionali battute irridenti, dal bunga bunga alla qualità' delle FIAT alle vecchie battute sulla II GM...adesso rispondo a tono, visto che se io rispetto loro e conosco la loro Storia meglio di loro....loro sono tenuti a informarsi e uscire dallo stereotipo..altrimenti prendono sapide sabongie ( come diceva un mio caro amico di Albenga..). E poi "loro" o io non conta...io sono anche "loro" e quindi contribuisco a creare un filo di coscienza sul fatto che anche gli Italiani qui per lavoro, non sono esattamente WOPS (Without Papers....) come nel secolo scorso, ma vengono qui a insegnare architettura all'università' o aprire aziende e assumere locali (rigorosamente a libri e condizioni contrattuali standard..). ma molti turisti/visitatori occasionali mi rendono la vita complicata portando grosse dosi di autorazzismo dal Bel Paese. E siamo chiari...fino al 1996 il Mittelstand tedesco era ridotto al lumicino dalle sberle che prendeva dalle PMI e dai distretti produttivi italiani. Poi la generosa concessione a Prodi di farci entrare nella combine dall'inizio...commentabile solo come il Primo Ufficiale del sottomarino Konovalov (Caccia a Ottobre Rosso) pochi secondi prima di essere centrati dal loro siluro : " ci hai ammazzati tutti, stronzo", ha dato origine alla catena di eventi per cui sono qui...e per ora me la sono cavata. Il futuro...chissa', si naviga a vista...ma scappare più' lontano di qui, dall'euro, non potevo. Geograficamente impossibile. E se hai un nome Italiano e non sei in Italia...l'autorazzismo lo disimpari in fretta.

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    1. Prima o poi vengo a trovarti. Cercano insegnanti di italiano come L2 in New Zeland? O formatori sulla pedagogia Montessori?

      P.S. la scuola di Gentile è stata la migliore del mondo non solo per merito di Gentile (al quale non possiamo perdonare l'adesione al fascismo).

      Prima di indurla ad andarsene il fascismo cerco di collaborare con la Montessori (Benito era maestro, e sapeva riconoscere le cose che funzionano, almeno in quel campo). Poi con il consolidamento del potere fascista, le mire fasciste sulla scuola come strumento di indottrinamento prevalsero. E la Montessori fu indotta all'esilio, prima in Spagna (dove pubblicò prima in spagnolo che in italiano alcuni suoi libri fondamentali su geometria e aritmetica), poi in India.

      La scuola italiana deve molto ad antifascisti di sinistra come Mario Lodi e a cattolici come Don Lorenzo Milani (travisato in modo scandaloso dalla "sinistra" di governo).

      Loro e tanti come loro (Malaguzzi, Manzi, ecc.) hanno aiutato a trasformare una scuola d'elite come quella creata da Gentile in una scuola popolare di qualità come quella che era fino a pochi anni fa la scuola italiana.

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    2. Anche se quando ti sei laureato tu l'università Italiana era ancora più difficile (e più formativa) e da allora è calata un po', la preparazione che ha in media un laureato italiano è molto più alta e rigorosa rispetto a un qualsiasi laureato non italiano. Anche se vogliamo fare il confronto (per quanto riguarda le materie tecnologiche) con le realtà che vengono considerate eccellenze mondiali (tipo MIT, Caltech, Stanford ecc) l'Italia non ne esce sicuramente distrutta, anzi a livello di triennale (undergraduate) la preparazione teorica e di approfondimento è mediamente più alta per un laureato italiano. Poi certo, in quelle università che ho nominato vengono da tutto il mondo e c'è una grande selezione all'ingresso, oltre al fatto che hanno un budget di millemilamiliardi più alto, ma questo non può fare altro che spingerci ad apprezzare di più le nostre università. Se poi provassimo a fare il confronto con le scuole d'eccellenza italiane che applicano una dura selezione all'ingresso (tipo la Normale di Pisa), penso che davvero non ci sia nulla da invidiare.
      Quando poi vedo certe classifiche mi viene da ridere. Il primo criterio utilizzato è sempre quello di paragonare il numero di immatricolati con il numero di laureati... ma scherziamo? D'accordo che più difficile non è per forza uguale a migliore (e quelle italiane sono mediamente più difficili) ma nemmeno puoi dire che la qualità di un'università è più alta solo perchè è più facile laurearsi (che è quello che misurano molte classifiche).
      Se poi consideriamo la qualità dell'istruzione di base non c'è proprio paragone (soprattutto considerando i costi bassissimi se paragonati ad altre realtà).

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  21. L'origine dell'autorazzismo credo sia antica, da quando i popoli italici chiamavano princip stranierivl'un contro l'altro.
    Ad oggi io vedo due fenomenologie diverse: il Romano (da li vengo e di altri non posso parlare per diretta conoscenza) che di tutto si lamenta ma non si schioda dal suo quartiere, dalle passeggiate per Trastevere e dal sole dicembrino; l'emigrato alle prime armi, che per superare il dolore sparla di casa sua (il bel paese) per almeno uno o due anni, dopodiché inizia a capire che poi il mondo è tutto un teatrino e al primo svizzero (qui ora sto) che racconta le solite favole sull'Italia gli risponde a tono (certo Renzo con lenaue gaffes non aiuta...)

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  22. Credo venga da più lontano - dalla seconda guerra di indipendenza (a naso ché non è il mio campo specifico. La Resistenza (con tutte le sue componenti) era motivata - anche da parte comunista e socialista - come una guerra di liberazione nazionale. Molti protagonisti, subito dopo il Quarantacinque - l'hanno descritta come "secondo Risorgimento" - mi scuseranno gli amici neoborbonici . Le brigate Garibaldi non si chiamavano così per via della camicia rossa del nostro ma lo vedevano come quello che aveva liberato il paese dallo straniero. Poi c'è stata anche una durissima guerra civile tra chi - a mio parere a torto - pensava che gli interessi del paese fossero meglio difesi sotto l'ala della Germania nazista. La repentina "conversione" da pro ad anti non è uno specifico italiano: capita in tutti i paesi vissuti a lungo con una dittatura. Per altro nessun regime può sopravvivere a lungo senza il consenso di una parte più o meno ampia della popolazione. La repressione non basta. Per molto tempo - penso per tutti gli anni Settanta del Novecento - la critica anche dura ai governi aveva una componente autorazzista del tutto marginale: il punto era migliorare l'esistente e si credeva che gli italiani fossero in grado di farlo. Da questa angolazione il punto di rottura è stato il post-tangentopoli con la narraffione casta-cricca e corruzione, i girotondi etc. etc.

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  23. Scusate il commento off topic. Ma con qualcuno mi devo sfogare e mia moglie ha già i suoi problemi.

    Stamattaina, RaiNews24, il solito tipo (non so il nome e non voglio saperlo, sarebbe come dargli una dignità che non merita), dicevo il solito tipo commentava l'articolo di un giornale (mi scuso per la vaghezza delle fonti, ma tanto un giornale vale l'latro). Nell'articolo (riassumo) si diceva che dobiamo fare il SSE (Super Stato Europeo) perchè così possiamo 'dettare le regole del gioco' (ma a chi?) e difendere i nostri valori democratici.
    Qui parte il commento del suddetto tipo e dice: queste cose ce le continuano a dire in due, la Commissione Europea (organo notoriamente eletto democraticamente) e il Parlamento Europeo (organo notoriamente in possesso di ogni potere sostanziale). E se non abbiamo messo in pratica questi suggerimenti non è colpa degli stati (cambio di rotta?), ma dei governi che per rispondere agli elettori non l'hanno ancora fatto (ma non si chiama democrazia questa?).
    Ricapitoliamo: dobbiamo fare il SSE per difendere (o esportare?) la democrazia, ma per farlo dobbiamo sopprimere la democrazia stessa che però dobbiamo difendere con il SSE.
    Io li odio.

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  24. L'Italia è il paese migliore del mondo e gli italiani sono il popolo migliore del mondo.
    I nostri governanti sono quello che sono, ma sono 2500 anni che sono fatti così, praticamente ogni cosa degna di nota negli ultimi 25 secoli o giù di lì ci ha coinvolti e ne siamo sempre usciti e ci siamo sempre rialzati, a volte più ricchi, a volte più poveri.
    Ma poi, in tutta onestà, i governanti degli altri paesi li credete migliori? Sono feccia della peggior specie, prostrati a 90° e offrenti le loro terga a chiunque sia dotato di potere e pecunia a sufficienza per rendere le loro vite "da privilegiati". Sono dei cessi sporchi dell'autogrill che si atteggiano a tazzine di ceramica con bordi in oro zecchino, ma la puzza si sente eccome.

    Io non andrei mai via dal mio paese, neanche se ci fosse una guerra, perché difenderei le persone che ci vivono e non possono proteggersi da sole.
    Io consiglio sempre agli autorazzisti di andare a vivere all'estero o di andarci a lavorare, per esempio in Germania, paese del mobbing diffuso e delle condizioni contrattuali pseudo criminali (neanche troppo "pseudo" in certi casi) o degli USA, dove oggi lavori e domani chissà se potrai pagare il dottore.

    Lo dico con il cuore agli autorazzisti: andatavene via da qui, nessuno si accorgerà della vostra mancanza, oppure iniziate a fare il vostro dovere da cittadini rispettosi delle leggi e della costituzione, magari il paese lo cambiate voi insieme ai vostri compatrioti.

    Una volta non era così, eravamo fieri di questo paese. Io ho 42 anni, non 130, eppure ricordo bene quanto lo amavamo. Forse è stata Tangentopoli + Mani Pulite a creare le prime forme di autorazzismo?

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    1. Tangentopoli & Mani Pulite è forse l'inizio di questo "esperimento" di condizionamento di massa. L'autorazzismo viene spinto dai media, come dai media è stata spinta Mani Pulite finchè servì i loro scopi, poi netta inversione a U (che ricordo bene, e che allora non capii). I media appartengono quasi tutti ai poteri finanziari che avevano (notare purtroppo l'imperfetto) come obiettivo di "riavvicinarci alla durezza del vivere" (cit. T.P.Schioppa). E non è facile distruggere uno stato se i cittadini lo amano.

      P.S. Ogni volta che sento in TV un "giornalista" blandire gli spettatori dicendo che i cittadini sono più intelligenti di chi li vuol condizionare con programmi di parte... La pubblicità funziona, infatti ci investono miliardi. la propaganda funziona. Punto.

      P.P.S. Brutta notizia che la FIAT esca dal Corriere e da La Stampa. Però entri ne The Economist. Vuol dire che l'Italia non conta più nulla.

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    2. Boh, a me non sembra che si spinga verso l'autorazzismo su tutti i fronti. Anche nei media, alcune volte si, altre volte no, a seconda di quello che vuole trasmettere l'interlocutore. Anzi ultimamente mi sembra l'insofferenza verso l'Europa sia un po' cresciuta e non solo verso i paesi dell'est, ma anche verso i paesi che di solito si portano come esempi da seguire, di converso viene rivaluta l'Italia. Non a caso la lega negli ultimi anni guadagna punti cavalcando l'onda.

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    3. Sì condivido, a parte le considerazioni storiche su un fenomeno che può avere radici ben più profonde, a livello di antropologia sociale, resta il fatto che l'accelerazione è riconducibile al periodo di crisi del sistema della cd. Prima Repubblica (già il fatto di voler sottolineare una netta separazione è sintomatico), anche se si forma probabilmente prima, per favorire il processo di svendita di asset pubblici e le prime cessioni di sovranità.
      Il catalizzatore è stato di fatto il sistema dei media e la cd. sfera intellettuale del paese.
      Oltre a essere funzionale ad un cambio di regime politico, il tutto è servito anche ad imporre radicali cambiamenti nei rapporti tra cittadini e istituzioni (Stato in primis) e tra cittadini e cittadini.
      Penso che si sia però trattato di un fenomeno che va al di là della realtà italiana... lo stesso è stato fatto in Grecia, anche in Spagna.
      L'obiettivo finale era probabilmente quello della destrutturazione dell'identità nazionale (piccola nota a margine - io continuto a credere che quello della Lega Nord fu un fenomeno alimentato dall'esterno) e dell'imposizione di un'identità europea che di fatto NON ESISTE e si basa su concetti falsi e mistificatori.
      Ci sono vari leitmotif ricorrenti:
      - casta-cricca-corruzione (vedi il proliferare di ONG in merito, fondate da una miriade di fondazioni filantropiche - sic - il fior fiore del capitalismo occidentale e non - e il proliferare di talkshow e format in tema)
      - mito dell'Unione Europea con tutti i suoi simboli a corredo (i gemellaggi, l'euro, le competizioni sportive, progetto Erasmus, omologazione di massa, contaminazione delle lingue nazionali, miriade di progetti finanziati etc...)
      - il mito del "vincolo esterno" ben chiarito dal prof. da anni
      - il "fate presto" e il mito delle "riforme", di recente diventato "riforme strutturali"
      - il "vivere al di sopra delle proprie possibilità" (tranne poi incentivare, con bombardamenti mediatici continui il ricorso al credito al consumo, che ricordo molto bene come fosse in passato una cosa del tutto estranea a noi italiani etc...)

      Le responsabilità dei media, della stampa, degli intellettuali, superano di gran lunga quelle della politica, quando ancora la politica aveva autonomia (pur con tutte le sue contaminazioni). La cosa che mi fa sorridere sempre, è che i cacca-cricca-corruzionisti non si rendono conto che della politica questi soggetti non sanno che farsene, quando sarà il momento se ne libereranno (spacciandola per una conquista della lotta alla corruzione), così come del giornalismo.
      Più la comunicazione si rende complessa, e maggiore dovrebbe essere la consapevolezza del cittadino, quindi l'importanza dell'istruzione è assoluta, così come la sua indipendenza da logiche del consenso politico (l'ultima riforma va nella direzione opposta).
      Poi è chiaro che, nel momento in cui esasperi una crisi economica, o terrorizzi con informazioni distorte, ottieni poi sempre il peggio dalle persone.

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  25. Nonostante la tristezza e il malessere che provo nel sentire tutti i giorni, milioni di volte al giorno, quanto ci "autoschifiamo", continuo a sperare in noi che viviamo qui, parlando con le persone mi capita spesso di trovarne qualcuna non affetta da questa psicosi collettiva autorazzista, e questo è già un risultato. Tuttavia l'esterofilia pervade ogni campo, persino il campo cinofilo è stato contagiato, basta curiosare nel sito dell'Enci e vedere quanti sono gli allevatori che allevano razze italianee vedere quanti sono gli allevatori che allevano razze italiane, pochissimi! Abbiamo fatto quasi estinguere una splendida razza, il volpino italiano, che all'estero è molto più diffuso che in Italia.

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  26. Penso che una delle possibili motivazioni sia quell'effetto psicologico per cui la maggioranza delle persone tende a sopravvalutarsi (di cui non ricordo il nome), credendo di essere superiori alla media - ma così come non è possibile che tutti i paesi dell'europa siano contemporaneamente esportatori netti, non è possibile nemmeno che siamo tutti più intelligenti della media (e mi dispiace per tutti quelli che non sono me :)). - Partendo da questo assunto non dovremmo parlare più autorazzismo, ma forse di autoclassismo? Nel senso che se si parte da presupposto che l'autorazzista pensa di essere meglio degli altri italiani, probabilmente non include se stesso nelle critiche che fa, ma le fa per elevarsi dal resto della massa.
    Potrebbe anche essere però che il motivo sia un pessimismo diffuso, un'immagine di sè piuttosto critica, che porta a pensare che "se nel mio piccolo sono così cattivo io, sai quanti ce ne saranno come me e peggio di me?".

    Ipotesi psicologiche a parte, non credo che tutti quelli che criticano Italia ed Italiani lo facciano avendo in mente che i Paesi stranieri siano superiori (e infatti penso che chiedendogli se credono che siano meglio altre nazioni, in molti risponderanno di no).
    Si è parlato dei governanti che vengono criticati spesso a ragione. Sono italiani anche loro o non lo sono perchè sono brutti e cattivi? Io tante persone incompetenti e atteggiamenti da castacriccacorruzzione le/li vedo anche in contesti molto ma molto più piccoli: sicuramente sarebbe stupido pensare che in italia siano la maggioranza a comportarsi così, ma magari la classe politica è una buona rappresentante di una parte della popolazione (come ho detto sono italiani anche loro). Ma non mi sognerei mai di dire (e di pensare) che noi siamo da meno di qualsiasi altro paese.
    Chiariamo bene allora che il problema sono gli adulatori dei paesi esteri del tipo "in Italia non funziona niente... se fossi in Culonia invece" e non chi critica il proprio paese perchè gli vuole bene e vorrebbe di più. Classico esempio il mio vicino emigrante nella magica e funzionale Germania, che critica l'Italia in cui non funziona niente e gli italiani che non si sanno comportare, mentre osanna la Germania in cui funziona tutto e sono tutti bravi e onesti... però quando sta in Italia non si comporta da bravo tedesco, ma come il peggiore degli italiani. Oppure quelli tipo lampretizio che non ricordo come si chiama, che si sente figo perchè lui è meglio degli italiani che vivono in italia perchè è emigrato.
    Comunque il fatto che uno straniero si senta libero di parlare male dell'Italia non credo sia giustificabile per il fatto che italiani si lamentano da soli, mi sembra più che altro un segno di maleducazione e poca intelligenza: io mi posso permettere di parlare male di un mio parente o di un mio amico, ma anche se lo faccio davanti ad un'altra persona di certo non mi sta bene se quest'altra persona lo fa a sua volta e di certo non mi permetto di parlare male di qualcuno a casa sua (o di un popolo nel proprio paese).
    A me poi hanno sempre fatto un po' ridere tutti quei film americani che "noi siamo i migliori, noi siamo fighi, noi siamo forti..." con i russi che fanno il tifo per l'avversario "Rocky! Rocky! Rocky!" :), quindi preferisco un po' di autocritica all'autoelogio, purchè non si facciano paragoni... in quel caso vale solo una regola: ITALIANS DO IT BETTER.

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  27. Sulle radici dell'autorazzismo nell'Italia contemporanea: un contributo “endogeno” (e l’onda lunga della propaganda).

    Dopo la morte di Enrico Mattei, a Londra tirano un sospiro di sollievo. Pericolo scampato. Ma per gli inglesi, l’Italia resta un paese inaffidabile. Anarcoide. Levantino. Ingrato. Sempre pronto a riservare brutte sorprese agli stranieri che ne hanno a cuore le sorti. Un paese sempre uguale a se stesso. Cristallizzato e immutabile. Sembra proprio che gli inglesi guardino all’Italia attraverso gli occhi di Luigi Barzini jr. e di un suo memorabile bestseller, The Italians. O che Barzini, uno dei più grandi giornalisti del Novecento, guardi all’Italia attraverso occhi britannici. […] Nel 1997, presentando l’ennesima edizione italiana, pubblicata dalla Bur, Sergio Romano scriverà: «Le bugie, gli intrighi, i complotti, le società segrete e il "familismo amorale" divennero nel libro di Barzini i necessari ingredienti di uno straordinario "Grand Tour" senza itinerario attraverso la storia d’Italia». Gli stessi ingredienti che, enfatizzati oltremisura e spesso ad arte, alimenteranno per decenni il pregiudizio anti-italiano nel mondo.

    Quel «Grand Tour», del resto, gli inglesi lo conoscono già. E fin troppo bene, avendo contribuito a disegnarlo almeno a partire dal Risorgimento. Come conoscono bene Barzini jr. E da tempo.

    […]

    Subito dopo la guerra, Barzini jr. è al centro di alcune operazioni editoriali promosse dal Pwb, l’ufficio per la propaganda e la guerra psicologica dei servizi angloamericani.
    […] Nel 1958 tenta l’avventura politica nelle file del più anglofilo dei partiti italiani, il Pli, che lo fa eleggere alla Camera dei deputati. […] Ma prima che l’opera veda la luce, Junior ha il tempo di scrivere qualche articolo per il settimanale «L’Europeo». Tra i quali spicca un ritratto al vetriolo di Enrico Mattei tratteggiato subito dopo la sua morte. […] L’articolo, che passerà alla storia come un fulgido esempio di «giornalismo d’inchiesta», viene pubblicato proprio quando l’Italia sta raccogliendo con successo i frutti della lungimirante politica di Vanoni e Mattei. È un paese in pieno boom. Scriverà Sergio Romano nel 1997: […] Quando un editore americano chiese a Luigi Barzini di scrivere un libro sul suo paese, l’immagine dell’Italia era complessivamente positiva e l’«Italian way of life» suscitava simpatie internazionali.

    […]

    Quello che dà da pensare, però, è l’enfatizzazione dei difetti e dei vizi degli italiani da parte della macchina propagandistica di una nazione concorrente (e più forte) che nel corso della nostra storia ha alimentato giusto quegli stessi vizi e difetti a proprio uso e consumo.
    [...] Non che il suo libro non susciti polemiche. Quello che nessuno immagina, almeno nell’opinione pubblica, è che a soffiare nelle vele di Italians sono soprattutto i servizi britannici e le loro filiazioni americane. Lo si saprà soltanto qualche decennio dopo, grazie al lavoro d’archivio di una storica inglese, Frances Stonor Saunders, raccolto in un volume — La guerra fredda culturale. La Cia e il mondo delle lettere e delle arti — pubblicato con grande successo nel 1999 in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, e pressoché ignorato in Italia […] Per la Cia, l’obiettivo è contenere l’influenza sovietica in Occidente. Per i servizi britannici che partecipano all’operazione (nome in codice «Packet») è invece multiplo: contrastare il comunismo, ma esercitare anche un controllo sull’opinione pubblica interna italiana e screditare l’immagine del nostro paese all’estero.

    (M. J. Cereghino, G. Fasanella, Il golpe inglese, Chiarelettere, 2011)

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  28. Mi perdoni visto che il prof di storia non capisce magari provi a ricordargli adrianopoli.....

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