venerdì 6 novembre 2015

Federalismi

Come sapete, sono qui. A differenza di quanto mi accade di solito ai convegni, dove, se non sono l'organizzatore, vengo invaso dal demone della cecagna, questa volta sono arrivato sveglio alla fine. Credo dipenda dal fatto che i giuristi (e gli scienziati politici), a differenza degli economisti, parlano di cose, anziché di parole. Il dibattito verte sui diversi modelli "federali" adottati in giro per il mondo: dal Belgio al Brasile, dall'India all'Italia. Quali soluzioni sono state adottate per definire e far funzionare i diversi livelli di governo (quello centrale, quello locale)? Quali norme regolano i rapporti fra i livelli inferiori di governo? Ad esempio: quanti livelli di governo locale ci sono? E hanno rilevanza solo amministrativa, o anche politica (con organi eletti, ecc.)? Quali relazioni ci sono fra la politica nazionale e quella locale? E via dicendo.

Quindi non il solito pappone autoreferenziale che Paul Romer ha opportunamente battezzato "mathiness", ma questioni rilevanti, concrete. Poi magari vi dico anche cosa ho detto io, sia nella mia relazione, che al bistrot (un bistrot che a voi è noto).

Ora i lavori stanno per ricominciare e quindi ho tempo per condividere con voi un'unica riflessione.

I problemi che sottostanno ai diversi modelli di federalismo "intrastatuale" sono gli stessi ovunque nel tempo e nello spazio. Si va dal problema (di ordine geografico) posto dal fatto che le "frontiere" interne evolvono, mentre gli ordinamenti in genere tendono a considerarle come un dato immutabile, al problema (di ordine politico) di conciliare le aspirazioni all'autonomia con la necessità di un coordinamento efficiente. Così vediamo che in Portogallo, in mancanza del livello "provinciale", i comuni hanno tentato (fallendo) di coordinarsi per offrire in modo più efficiente servizi di area vasta, che in Germania il governo centrale ha tentato (riuscendo) di comprimere i poteri del Bundesrat, cioè della loro "camera delle autonomie", che in Ungheria la regionalizzazione ha sostanzialmente abortito come in Portogallo, che in Svezia, come in Italia, il ritaglio amministrativo è estremamente irrazionale, con comuni che talora sono più vasti di province (da noi Roma, che ora è città metropolitana, e i risultati si vedono!), che in Finlandia le regioni sono state messe su in fretta e furia per spartirsi i fondi europei (distribuiti a livello regionale), mentre i Lapponi, popolo con un'identità ben precisa, non è riuscito a farsi riconoscere un proprio territorio, pur avendo un proprio parlamento, che però ha sede in Norvegia (preclaro esempio di regionalizzazione senza regionalismo), e via dicendo.

Tutte cose che abbiamo fatto o stiamo per fare anche noi.

La domanda allora sorge spontanea, e la porrò oggi.

Visto che ogni stato nazionale europeo ha scelto strade proprie, estremamente diversificate, per gestire la "propria" dimensione federale (in pratica, il proprio modello di "regionalizzazione"), siamo proprio sicuri che sia fattibile e auspicabile "federarli" in base a un modello comune? Credo che, come al solito, prevarrebbe il modello del più forte, cioè quello tedesco, un modello che fra l'altro, come vi ho ricordato, sta attualmente tendendo verso un neocentralismo molto simile al "neocentralismo praticato" in atto in Italia, dove la riforma del Titolo V nei fatti è stata sostanzialmente ignorata, e le riforme di province e Senato in corso d'opera non lasciano molti dubbi circa le tendenze in atto (giustificate, ovviamente, dalla necessità di tagliare la spesa pubblica ricentralizzando - ignorando il fatto, che ieri ho ricordato, che la nostra non è una crisi di debito pubblico).

Una federazione fra stati che non sanno nemmeno come federare se stessi non può che risolversi in un impero: l'impero della banalità del male.

E così sia.



(...e infatti la prima relazione esordisce dicendo che l'Europa delle regioni è un'utopia...)


38 commenti:

  1. Un modello federalista europeo potrebbe funzionare solo se l'Ue fosse un'area di libero scambio, senza parlamento sovranazionale e quindi leggi sovranazionali. Non sarebbe l' utopia dell'Europa delle Regioni ma forse ci si avvicinerebbe. I confini comunque cambiano, dopo la Grande Guerra nacquero nuovi stati, dopo la II pure. Nulla e' eterno e vista l'epoca in cuo viviamo qualcosa succedera' (non per forza con la guerra, speriamo).

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    1. Leggo la storia dell'Impero Ottomano e quella degli Asburgo avendo in mente come passa il tempo un parlamentare/membro commissione di Bruxelles.

      Cadono le braccia

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  2. buongiorno. Il federalismo italiano è meschino. Dalla Regione Emilia Romagna sei considerato artigiano (e quindi paghi i contributi) mentre dalla Regione Basilicata no; un giudice di Matera, pertanto, può escluderti dai creditori privilegiati di un fallimento rovinandoti la vita.

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  3. Spetta a Federico Chabod, nelle sue due opere, L'idea di nazione e L'idea di Europa, avere posto in luce la differenza fra popolo, stato e nazione.
    Popolo è una collettività umana omogenea che condivide usi, lingua, leggi o credenze; stato è una comunità umana che si costituisce in entità politica territorriale e strutturata; nazione è un popolo che prende coscienza di sè come qualcosa di distinto dagli altri. Le tre accezioni quindi possono non coincidere e quasi sempre non coincidono. Lo stato nazione, di cui anche alla locandina, è solo uno dei modelli possibili (un modello comunque tendenziale), e concretamente quello che si è affermato dal 1800 in poi ma non l'unico: esistono Stati composti da piú popoli o nazioni piú ampie del territorio dello Stato.
    Laddove esiste, il senso del regionalismo o della federazione sta nel comporre politicamente l'individualità dei popoli con l'unità complessiva dello Stato, e ha senso solo se rispetta quella identità (chi abbia varcato il confine etnico del Lazio all'altezza di Terracina, o a 40 km da Roma si sia inoltrato in territorio sabino sa a cosa mi riferisco).
    La regionalizzazione d'Europa non puó funzionare perchè, come è stato più volte fatto notare, le singole individualità nazionali sono troppo marcate e si oppongono all'assimilazione, che necessariamente conduce al dominio del più forte. Del resto può esistere un popolo europeo, inteso come comunità culturale e spirituale, che ci differenza dall'uomo asiatico, africano o americano, ma non una nazione europea, il che anche se di per sè non impedisce una "statualizzazione" forzosa dell'Europa, denota questo processo appunto come antidemocratico e fascista, destinato a morire perchè non sorretto da nessun elemento spirituale.
    L'uomo europeo è per vocazione uomo libero, e la sovranità nazionale è la culla della libertà perchè ti protegge del primo di tutti i sopprusi: quello dello straniero che viene a comandare a casa tua.

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    1. Prima di tutto ti faccio i complimenti.
      Scusami, ma mi sembra più che una roba fascista, qualcosa di Socialista di tipo sovietico, ergo molto richiesto da Internazionalisti e sovranazionalisti. Sempre con attenzione rigorosa alle considerszioni contenute in IPF.

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    2. Si potrebbe discutere sulle radici comuni tra fascismo e socialismo, ma non andiamo fuori tema :)))

      Secondo me, questa che abbiamo di fronte è una nuova ideologia, che può avere punti in comune con quelle vecchie, ma tanto quanto ad esempio il fascismo poteva averle con la romanitas e il nazismo con Nietzche.
      Cercare di capire l'eurismo con le vecchie categorie (osteggiate dagli euristi stessi) secondo me rischia di essere fuorviante.

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    3. Please niente complimenti che qui se li meritano altri.
      Se per sovietico intendi l'esaltazione della oligarchia al potere sono d'accordissimo con te: lì era una oligarchia di tipo politico, qui abbiamo i cosiddetti tecnici "al riparo del processo elettorale". La differenza però è valoriale ed è che il socialismo è cosmopolita il fascismo è misogeno: tutti possono essere proletari ma non tutti possono essere europei; e se gli altri non sono come noi una guerra contro di loro non appare così moralmente inaccettabile (oggi c’è la Ciiiiina, ma anche la Ruuuussia)

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    4. @ Marvin Dertliu

      A quanto mi risulta, per le oligarchie UE e la loro ideologia dominante TUTTI, lapponi o ghanesi che siano, possono essere e/o diventare europei: basta che si domicilino in Europa, proprio come tutti possono essere e/o diventare americani, basta che si domicilino colà (la logica delle leggi di cittadinanza basate sullo ius soli il più possibile automatico e immediato è questa).
      La UE mi piace meno di zero, ma a mio avviso definirla fascista è fuorviante: comodo come slogan, perchè rimanda al tradimento dei valori di sinistra compiuto dalle sinistre europeiste, che così implicitamente vengono definite fasciste, cioè "il contrario/nemico assoluto dell'autentica sinistra"; però fuorviante, perchè storicamente e culturalmente falso.
      Il razzismo, motivato non solo biologicamente ma anche etnicamente e culturalmente, è severamente proibito dall'ideologia UE; vivamente incoraggiati, invece, il mètissage e la riduzione al minimo comun denominatore economicista (DNA, capacità di acquisto, adeguamento alle "regole") delle etnie e delle culture. Il nazionalismo, idem. Questo atteggiamento culturale e politico con il fascismo e il nazismo, pur così diversi tra loro, è affatto incompatibile. Hitler voleva costruire la Festung Europa sulla base di una gerarchia razziale, alla quale avrebbe corrisposto una gerarchia di nazionalità dominanti, subalterne, asservite, in via di cancellazione. La UE vuole costruire una cittadinanza europea, teoricamente onninclusiva fino ad abbracciare l'intera specie umana (e forse anche gli extraterresti, se disposti a pagare le tasse), basata sulla omologazione etica e culturale, ottenuta per via di decostruzione delle identità e guidata da un consesso di tecnici legittimati dal saper fare tecnico (costruttivismo sociale estremo, ecco dove sta la somiglianza con l'esperimento sovietico). Lo dice chiaramente il più presentabile degli europeisti, Habermas.
      La UE è un'altra cosa dal fascismo. Nasce per filiazione diretta da altri padri e da altre culture, anzitutto anglofone. Che poi possa usare metodi totalitari di stampo sovietico o fascista non ci piove, ma quelli sono a disposizione di chiunque abbia voglia di usarli.
      Quanto alla guerra, la UE non può e non potrà autonomamente fare la guerra a nessuno, neanche a San Marino o al Liechtenstein (e figuriamoci a Russia e Cina), perchè non ha sovranità militare, nè si propone minimamente di averla. Potrà invece essere trascinata in guerra su iniziativa USA, quello sì, eccome! E ancora più probabilmente, potrà essere usata come campo di battaglia e "cintura di sicurezza" dai medesimi americani qualora gli saltasse in mente di provocare una guerra con la Russia: che avrebbe come principale teatro di operazioni il territorio europeo.
      A questo proposito, segnalo che pochi giorni fa si sono tenute al Senato USA alcune audizioni di esperti militari del Pentagono. Vi si è parlato di III guerra mondiale contro Russia e Cina come di cosa banale, scontata e prossima. Mai sfiorato nel dibattito, invece, il problemino della sua possibile (probabile) degenerazione in conflitto nucleare strategico (!). Faccio notare a margine che (ottenebramento mentale completo escluso, perchè in quel caso si rischiava la fine di UN mondo, e non DEL mondo) una delle principali ragioni che diedero la vittoria al partito della guerra, nelle potenze tedesca e austriaca alla vigilia della IGM, fu il timore di perdere il vantaggio sulla potenza russa, allora come oggi in fase di rapida riorganizzazione politico- militare e industrializzazione: "O adesso o mai più".

      http://www.dedefensa.org/article/la-routinisation-de-la-troisieme-guerre-mondiale

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    5. Come volevo far intendere prima, se consideriamo il fascismo=nazismo allora ha ragione Buffagni, ma se consideriamo storicamente il fascismo come qualcosa di diverso dal nazismo, forse nemmeno Dertilu non ha tutti i torti.
      Riposto qua il link, non so perchè ma blogger non me l'ha caricato:
      https://en.wikipedia.org/wiki/Liberal_Fascism

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    6. @Roberto Buffagni

      Accosto alle Sue ben più articolate e degne considerazioni quella secondo cui la discriminazione modello totalitarista classica si basi sostanzialmente sull'esclusione, mentre quella "egualitarista-globalista-europeista" sull'inclusione (dinamica che poi rimanda al Goofyiano leitmotiv della salita-discesa): nel primo caso si escludono forzosamente i difformi, nel secondo si includono i conformi (in un qual modo lasciando coloro che non vogliono essere inclusi ad auto-mostrarsi da se stessi come difformi - vedete, non volete integrarvi, non volete far parte della grande famiglia che vi vuole aiutare, vi comportate come PIGS sociopatici, nazionalisti e illiberali). In ambo i casi il processo giunge ad essere comunque selettivo, poiché in realtà lo è sin da principio, ed intenzionalmente (Quarantotto riportava la frase di Attali: ""Ma cosa crede, la plebaglia europea: che l'euro l'abbiamo creato per la loro felicità?"): nel primo caso dunque si eliminano da subito, e sulla seggiola, gl’inabili alla corsa prolungata, nel secondo li si fa correre democraticamente ma dopo aver trovato il modo di legar loro i piedi (le classiche due facce della stessa medaglia). Anche l'impiego della coercizione è palese e dichiarato nel primo modo, giustificato ipocritamente come necessario nel secondo, ciò che mi pare lo avvicini a quanto Lei definisca "costruttivismo sociale estremo", ravvisandovi reali somiglianze con l'esperimento sovietico.
      Credo poi vada da sé che il secondo modello sia alquanto più subdolo del primo: dopo che dei tali con la Totenkopf e la doppia Sig al colletto si siano mostrati apertamente a casa minacciandomi, o prendendomi e infilandomi su un treno piombato, per quanto tempo occorre domandarsi, sul tipo Fantozzi: "Che cosa desiderano lor signori...?". Ora invece rischio d'essere considerato labile di mente da chi dichiara di farlo per prendersi giusta e umana cura di me stesso.

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    7. "basta che si domicilino in Europa": 'spetta pure che spargiamo la voce oltre mari e fiumi. Senza il minimo intento di dare un giudizio positivo o negativo in merito, sia chiaro.

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    8. @ Luca

      Grazie della segnalazione. Non ho letto il libro di Goldberg; da come lo riassume wikipedia, dubito che concorderei dopo averlo letto. L'interpretazione storica e ideologica del fascismo è questione complessa che trascende sia le mie conoscenze sia le dimensioni di un post.
      Sintetizzo il mio parere.

      1) fascismo e nazismo sono profondamente diversi. Convergono senz'altro su un punto chiave: l'opposizione al liberalismo classico, con la sua accentuazione esclusiva sull'individuo a scapito della società o collettività, organicamente o costruttivamente intese che siano. Che il fascismo abbia attuato, specie agli inizi, politiche economiche di tipo liberale, è vero ma non mi pare sufficiente a definire il fascismo "liberale", neanche nel solo campo economico. Tutt'altro che liberale è, nel campo economico, l'interventismo e dirigismo statale in economia attuato dal fascismo.
      2) fascismo e nazismo sono fenomeni moderni, NON reazionari nel senso compiuto ed esatto del termine, come sarebbe il legittimismo maistriano, ad esempio (Trono & Altare). In questo senso è corretto, a mio avviso, dire che fascismo e nazismo partecipano della forma mentis "progressista", o forse sarebbe meglio dire "illuminista", perchè non si propongono il ritorno a una legittimità perduta nè si basano su principi metafisici, ma basano nietzscheanamente il loro progetto su una Volontà di Potenza ontologicamente non fondata. Il richiamo alla Tradizione che in forme diverse fascismo e nazismo tentarono mi pare sia rimasto un'aspirazione minoritaria piuttosto che una effettuale realtà. Va anche ricordato il ruolo di esempio negativo, ma pur sempre di esempio, che per fascismo e nazismo rappresentò la rivoluzione bolscevica.
      3) quel che è ideologicamente e politicamente attivo nell'Italia e nell'Europa di oggi 2015 non è "il fascismo" o "il nazismo" in quanto fenomeni storici concreti o essenze ideali. E' l'interpretazione prevalente che del fascismo e del nazismo propongono o meglio impongono le forze progressiste eredi dell'antifascismo, che attualmente sono politicamente e culturalmente dominanti in Europa e in Occidente. Si tratta di una formulazione semplificata in slogan dell'interpretazione azionista del fascismo, quella gobettiana del fascismo come "autobiografia della nazione" e degli italiani fascisti come "popolo delle scimmie". Terra terra, questa interpretazione sostiene che il fascismo è il precipitato chimico di tutte le arretratezze e i provincialismi italiani, a partire dalla mancata riforma protestante, per continuare con l'assenza di un equivalente della rivoluzione francese, dell'illuminismo, del liberalismo, etc. (l'appello degli assenti è lungo, mi fermo qui). Nella vulgata ideologica, questa interpretazione lamenta che l'Italia non sia un "paese normale", cioè che non sia l'Inghilterra, o almeno la Francia o la Germania. Il fascismo viene inteso, dunque, come forza reazionaria, di ritorno al passato, di maialesco ristagno nel brago delle proprie tradizionali, ridicole insufficienze e impotenze (viene da qui, l'autorazzismo conforme al quale noi italiani siamo forever corrotti e ridicoli lacchè & mandolinari). Il nazismo invece viene inteso come "male assoluto", in questo senso: che sarebbe la metafisica+le Panzerdivisionen, addizione dalla quale risulterebbero necessariamente gli stermini, etc. La cura sarebbe: demolizione illuminista della religione cattolica (complimenti, missione quasi compiuta), annichilimento dell'eredità greca e romana (idem), economicismo liberale a pacchi, immigrati a fiumi, tecnici al governo, abbonamento obbligatorio a "La repubblica" e "L'Espresso", matrimoni e filiazioni same sex, Sogno europeo, all'orizzonte Governo Mondiale. Cura che può anche funzionare, però implica la morte del paziente (l'Italia e la civiltà europea D.O.C.).
      [segue]

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    9. [continua dal post precedente]

      Il mio giudizio su questa interpretazione è il seguente: chi ci crede non capisce NIENTE dell'Italia, dell'Europa, del mondo e di se stesso. E' di qui che, per li rami di Berlinguer, Andreatta, Scalfari, Veltroni, Furio Colombo e i circoli ARCI, discende, matura e per nostra disgrazia si schiude l'Uovo di Lombrico del Piddino Ideale Eterno, questo capolavoro della natura e della storia.
      Se ci sono andato almeno vicino, dire che la UE è "fascista" ha il suo perchè tattico (perchè così anche il Piddino Ideale Eterno, della conversione del quale è peccato disperare, può forse prestare orecchio alla verità) ma è falso: e sul piano strategico, la falsità non paga, specialmente se chi la diffonde ci crede anche lui.

      @ citodacal

      Anzitutto mi scuso se in altro post le ho dato del tu senza chieder permesso. Concordo con il suo commento. L'odierna imposizione della "libertà" (libertà da tutto ciò che, determinandolo eteronomicamente, impastoia l'individuo astratto e ne coarta la volontà arbitraria, dalla famiglia alla religione al matrimonio all'etnia alla nazione, per tacere di Dio o della Gerarchia dell'Essere) mi pare un chiaro esempio di dialettica del liberalismo, che come la dialettica dell'illuminismo descritta da Adorno e Horkheimer comincia sotto forma di autentica liberazione di energie, vitalità, possibilità, e termina nel suo contrario, cioè in una claustrofobica e deprimente prigionia.
      Tutto è iniziato "per amore dell'umanità", come dice il don Giovanni di Moliére. Purtroppo - lo insegna Dante - per amore (mal diretto) si può benissimo finire all'inferno.

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    10. @Roberto Buffagni
      In quest'occasione le scuse mi mettono in uno stato d'imbarazzo (anche se ritengo essere un'autentica tragedia umana sia imporne la richiesta, che il non saperle offrire). In effetti sono io che mi costringo a dare del Lei inizialmente per non correre il rischio di debordare. Possiamo benissimo darci del tu, e volentieri.

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    11. @Roberto Buffagni
      Grazie per le suo osservazioni, Mi permetto di correggere un malinteso di fondo nella primissima parte della sua analisi.
      Il termine "liberal" nel gergo politico americano non ha lo stesso significato di quello in Europa. Negli USA la dicotomia destra e sinistra ha un significato ben preciso: dx vuol dire individualismo e sx collettivismo. In particolare per liberale sono intesi tutti quei partiti e quei movimenti che propongono un intervento dello stato nell'economia. Quindi come giustamente ricorda lei, in quanto il fascismo proponeva un intervento dello stato e dirigismo economico secondo Goldberg l'etichetta liberal non è scelte a caso.

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    12. @ citodacal
      Grazie, e allora diamoci del tu.

      @Luca
      Grazie per la precisazione. Giusto, nel mondo politico USA i liberal sono a favore dell'intervento dello Stato federale (santo protettore, F.D. Roosevelt), gli altri contro. Sono poi, a mio avviso, liberali entrambi, nel senso europeo del termine: liberali "di sinistra", liberali "di destra".

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  4. Professore c'è modo di seguire il divattito via web?

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  5. Ad ottobre è stato diffuso uno studio analitico dell'Irpet (Toscana), sulla fusione dei Comuni toscani.

    http://www.irpet.it/storage/pubblicazioneallegato/416_S&A_Dimensione%20dei%20governi%20locali%20_Iommi_05_02.pdf

    In particolare, a pag. 22 c'è un'interessante tabella, che riporta le caratteristiche dei Comuni in alcuni Paesi europei.
    Si mostra come la Gran Bretagna sia il Paese col minor numero di Comuni (437), con una popolazione media per Comune di 139.000 abitanti.
    L'Italia sta a metà classifica, all'incirca.
    In fondo c'è la Francia, con 36.000 Comuni, ed una popolazione media per Comune di 1.720 abitanti.

    "La scelta dell’organizzazione territoriale sub-
    nazionale è dunque controversa e in Europa vi
    sono soluzioni molto diverse. La Gran Bretagna
    e la Francia rappresentano in qualche misura i
    due modelli agli antipodi, ma i confronti tra g
    li assetti non sempre sono agevoli, perché il
    numero degli enti va confrontato con il peso decisionale di cui essi sono titolari e con il ruolo,
    maggior o minore, assunto dagli enti associativi. Nel caso di enti che mantengono formalmente
    la loro autonomia, ma di fatto delegano la ges
    tione di tutte le loro funzioni all’associazione
    sovracomunale, occorre infatti interrogarsi su quale
    sia il vero numero degli enti locali, come
    evidenziato nella tabella precedente (si veda
    Tab. 3.4), come pure occorre riflettere
    sull’opportunità di mantenere solo sulla carta il
    riconoscimento di enti ormai svuotati delle loro
    funzioni. Il caso francese è in questo senso esemp
    lare. Esso viene di solito presentato come un
    caso di successo dell’applicazione di pratiche
    cooperative, trascurando il fatto che tale modello
    comporta, nella pratica, l’accettazione di un ruol
    o di scarso rilievo delle istituzioni comunali
    (gli amministratori dei piccoli comuni finiscono per essere mediatori sociali, più che
    organizzatori e gestori di servizi pubblici locali in
    novativi) e non è esente da alcune criticità. In
    particolare, la duplicazione del livello locale e l’
    intensificazione dei poteri riconosciuti agli enti
    associativi (tra cui il potere impositivo), indispen
    sabili per rendere sostenibile la gestione dei
    servizi, si traducono in un aumento della pressione fiscale locale, rendendo allo stesso tempo
    più opaca l’individuazione delle responsabilità. Pr
    oprio quest’ultima criticità ha recentemente
    stimolato in Francia un dibattito sulla necessità di introdurre l’elezione diretta degli organi
    dell’intercomunalità. Se ciò dovesse
    avvenire, però, si rafforzerebbe
    la legittimazione del livello
    sovracomunale, ma si renderebbe ancora più
    evidente la ridondanza dei piccoli comuni
    (Fraschini e Osculati 2006)."

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  6. Mathiness. Einstein : " As far as the laws of mathematics refer to reality there are not certain; and as far as they are certain, they do not refer to reality".
    from Fritijof Capra - Tao of the Physics

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  7. Resto dell'opinione che è la lingua a determinare la geografia. Regionalizzando l'Italia, cosa dirà il nostro caro violoncellista borbonico?
    La questione è dannatamente complessa, ma non sarà che i giuristi parlano di cose proprio perché parlano di parole?

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  8. Risposte
    1. Negli atti del convegno (lo svizzero ci ha dato buca, doveva ricevere una delegazione mongola - non è uno scherzo).

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    2. Leggeró.

      Ps: eccerto che da noi non ci si annoia, con l'eurone ttanto bbuono ttanto bbello ed il nostro amato lidermacsimo che sbraita contro chi osa fargli opposizione...

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  9. Caro Prof. e carissimi tutti,
    a Firenze, invece MoreEU..., ohimè, lasciatemi morire...

    (Alessandra/Cassandra in gabbia da Firenze e tourbillion prossimo venturo...da Papa Francesco alla Giornata di consapevolezza europea...mi rifarò la testa con Goofy4. La settimana finirà in Gloria. References, Claudio Monteverdi, "Lamento di Arianna" per Rinaldo Alessandrini e il Concerto Italiano; Claudio Monteverdi, "Zefiro torna, e di soavi accenti" per William Christie e Les Arts Florissants)

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  10. Discorso intra-statuale a parte, confesso che il federalismo già solo in Italia mi ha sempre lasciato perplesso. Non parlo della riforma del titolo V, intruglio inutile e dannoso che tra l'altro ha inaugurato le riforme costituzionali a colpi di maggioranza: è proprio l'idea di federalismo che non mi torna in un paese "forzato" all'unità un secolo e mezzo fa e da allora piuttosto centralizzato.
    Che ci siano territori che necessitano di maggiore autonomia è indubbio: le Regioni a Statuto Speciale erano state inventate apposta e non vedo perché non proseguire su quella strada, valutando singoli casi invece di approntare fantasmagoriche "confezioni" politiche che accatastano disagi su disagi, con plotoni di regole e regolette diversi tra regione e regione.
    Ignoro tra l'altro - e mi scuso per la mia ignoranza - le ragioni che abbiano portato alla scelta degli ambiti di autonomia o concorrenza con lo stato. Capirei la piena autonomia sulle risorse territoriali, sul turismo, sui beni culturali... Qui di certo la Liguria avrà esigenze un pochino diverse dalla Basilicata.
    Non colgo invece il perché un cittadino di uno stato non debba avere identici trattamenti sanitari qualsiasi sia il luogo in cui accidentalmente vive o si trova. Idem per l'istruzione.
    Semplificando all'osso, la mia impressione è che si sia voluto costruire un enorme castello sulla base di quella che era una singola pietra, ovvero la destinazione delle tasse. Argomento tra l'altro che per la politica locale era in leggero conflitto di interessi, non per niente è stato portato avanti da movimenti locali. Erano tra l'altro gli anni in cui si stava partorendo l'Euro e, con il senno di poi, forse il tempo passato a discutere di federalismo lo si sarebbe potuto impiegare meglio.
    Saluti

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  11. Euro: il sostegno dei cittadini sale al 61%, solo in Italia sotto il 50%
    Su Milano finanza on line è uscita questa notizia. È vero che siamo sotto al 50% in Italia ma la percentuale dei sostenitori cresce. Per me è allarmante, Lei cosa ne pensa?

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  12. OT
    Ma Boeri Tito è davvero un economista? Comincio ad avere dei grossi dubbi!

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    1. Lo è e ha un ottimo curriculum scientifico, che puoi consultare qui. Poi è anche un uomo politico, e quindi va dove lo porta il cu-
      ore.

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    2. Le ore calano, il fattore cu non è eterno.
      Ma oltre le battute, conti sballati sui risparmi effettivi e ipotizzati, ipotesi di logiche redistributive controproducenti, irrealistiche sottostime delle norme costituzionali e sottostima pericolosa delle conseguenze civili ed amministrative, mi portano appunto alle considerazioni che facevo.

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  13. La famigerata cecagna che se te pia te se magna!

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  14. Le argomentazioni di Quarantotto sui trattato di funzionamento dell'UE sono convincenti: al momento non solo non è preconfigurato un assetto federale europeo ma, sostanzialmente, è negato in alcuni articoli. Quindi sono tentato di pensare che il federalismo europeo sia una trovata propagandistica per giustificare le politiche UE.

    Un progetto di avvicinamento ad una Europa federale è irrealizzabile, a mio avviso, non tanto per le marcate individualità nazionali, quanto per la completa mancanza di valori condivisi su cui costruire un destino comune. I fatti, fino ad ora, hanno dato continuamente esempi di mancanza di intenti comuni.
    Poi, su una ideale via di avvicinamento ad un ipotetico federalismo europeo, si potrebbe fare a meno di passare dall'abbattimento dell'UE, così come è stata costituita?
    Ed ancora, quale l'assetto rispetto ai trattati ed accordi internazionali? Se ipoteticamente Cipro sud invadesse Cipro nord, noi saremmo NATO (pro Turchia) od Europei (pro Cipro)?

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    Risposte
    1. Senza entrare nel merito degli argomenti di Quarantotto, che sono sempre illuminanti, prendo la scorciatoia Majone e vi segnalo un dato molto semplice: nel momento in cui prevede la possibilità di secessione di uno stato, con l'articolo 50 a voi noto, il Trattato di Lisbona di fatto sancisce il passaggio da un sistema federale a un sistema confederale. Punto. Quindi è chiaro che chi parla di federalismo europeo parla a vanvera e per motivi propagandistici (il che ovviamente non esclude l'ottima fede).

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  15. Mi rifaccio a quello che scriveva Marvin Dertliu più in alto: da un lato osserva l'esistenza di un "confine etnico" nel lazio (e ce ne sono molti altri in Italia), dall'altro ammette la possibilità di esistenza di un "popolo europeo" per confronto con africani, asiatici, etc.

    Questo vuol dire che esiste una gerarchia, ricca ed intrecciata, di appartenenze che determina l'identità culturale, etnica, linguistica, politica e civile di ciascuno di noi. Chi si fissa su di un singolo livello (p.es. quello della città) commette un grave errore. Chi nega l'esistenza degli altri livelli sta asfaltando un'autostrada che porta al disastro.

    Ho allora due domande alle quali non so dare risposta:
    1) C'è un livello ottimale di questa gerarchia al quale è più opportuno che si collochi la struttura statale?
    2) Quale tipo di strutture di coordinamento e collaborazione al livello sovra-statale sono auspicabili se l'obiettivo è quello della pace e della reciproca prosperità? (e qui devo ammettere che una maggiore conoscenza della storia, non solo europea, mi sarebbe utile...)

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  16. Cito qui forse a sproposito una teoria non mia ma di Alberto Magnaghi. Senza assicurare fedeltà all'originale ma per come l'ho capita e vissuta io. Il problema dei federalismi si pone principalmente perché si parla degli stessi - quando va bene - in un'ottica di devolution (ovvero la stato centrale che concede - a sua discrezione e con modalità spesso confuse e contraddittorie - una sorta di autonomia alle comunità locali identificate non si sa bene come). Magnaghi (o quello che io ho capito del suo pensiero) sostiene che al contrario bisognerebbe seguire un approccio bottom-up, ovvero che sono i singoli territori che dovrebbero sviluppare una loro autonomia e poi federarsi in un'ottica solidale tra di loro.

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  17. Chiedo sinceramente scusa Prof. se sarò un pò fuori argomento: ho provato a cercare un articolo precedente del Prof. dove venisse affrontato l'argomento ma senza trovarlo.
    In più occasioni, ricordo della riflessione circa i meccanismi che la classe politica italiana attua nel governarci all'insegna del "ce lo chiede l'europa" e con questo, poter fare le peggio cose senza mai "sentirsi" e presentarsi i responsabili di tali azioni e conseguenze.

    Non importa se ciò che un ente sopra (superiore?) a me chiede di fare, non importa se tali direttive dall'Alto (il richiamo alla moralità delle cose che arrivano dall'alto?) poi distruggano vite e diritti. Ce lo chiede l'europa! Ce lo chiedono le organizzazioni internazionali! Quindi, non ci resta che fare ciò che ci viene chiesto (imposto). (TINA?)
    Che bella scusa che hanno li' ben servita sul piatto d'argento..

    Demandano la loro Responsabilità a terzi.. a gente "sopra"... la banca centrale "indipendente", un trattato, l'unione europea, le organizzazioni internazionali, la NATO e via discorrendo..
    Un bell'alibi quindi l'organismo europeo/internazionale, non c'è che dire; che poi è sempre la stessa storia: organismo sovranazionale che non risponde a nessuno se non interessi privatistici e oligopolistici. E il bene pubblico, la collettività se ne escono a pezzi, nel silenzio impunito.

    Volevo condividere con voi la visione di un filmato, che secondo la mia opinione è un esempio davvero calzante di tale comportamento, totalmente irresponsabile nel senso pieno della parola, impersonificato in questo caso da un Ministro della Repubblica, il quale davanti al dover prendere atto di qualcosa che non va e quindi dover decidere, interrogarsi, attuare azioni precauzionali verso la sanità pubblica, si dissocia dal suo ruolo e dagli interessi collettivi che ha il dovere di rappresentare, richiamando l'organizzazione internazionale di turno.


    Ascoltate le sue parole al minuto 8:02

    http://www.video.mediaset.it/video/iene/puntata/pelazza-filtri-diesel-salute-a-rischio_573314.html?$p=autoplay$i=1$n=1$ck=YXV0b3N3aXRjaCwxLDAsMTAsMjAwLDU3MzMwMCxpZW5lLCw_

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